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Sistemi di ritenzione del deflusso lacrimale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21. Occlusione del puntino lacrimale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22. Occhiali a camera umida (moisture chamber) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33. Lenti a contatto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Stimolazione lacrimale: i secretagoghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

Sostituti lacrimali biologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81. Siero autologo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82. Plasma ricco di piastrine (PRP) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93. Gel piastrinico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Terapia antinfiammatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121. Ciclosporina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132. Costicosteroidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153. Echinacea purpurea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174. Fitoestrogeni e fitoandrogeni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185. Tetracicline . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

Acidi grassi essenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

Igiene palpebrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Trattamento dei fattori ambientali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

Trattamento chirurgico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281. Chirurgia palpebrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

Cisternoplastica Tarsoraffia Cantopessia laterale Blefaroptosi indotta

2. Trapianto di membrana amniotica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293. Autotrapianto delle ghiandole salivari sottomandibolari . . . . . . . . . . . . . . . 31 4. Trapianto di mucosa labiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

Approcci alternativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

Indicazioni di trattamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

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1. Occlusione del puntino lacrimale

La teoria del «punctal plug» è iniziata nel1975 con il lavoro di Freeman (1975). Freemandescriveva l’uso di un tappo di silicone a forma dimanubrio, che rimaneva nell’orifizio del puntinoe si estendeva fino al canalicolo. La teoria dell’oc-clusione del puntino lacrimale ha aperto la stradaper lo sviluppo di una varietà di tappi rimovibilia lunga durata per ritardare la clearance lacrimalenel tentativo di trattare la superficie oculare dipazienti con una scarsa produzione della compo-nente acquosa del film lacrimale (Fig. 47). Ilmodello di Freeman resta il prototipo per la mag-

gior parte delle tecniche di occlusione dei punti-ni lacrimali.

I punctal plugs possono essere classificati indue categorie principali: assorbibili e non assorbi-bili. I primi sono fatti di collagene o polimeri edurano per periodi variabili (da 3 giorni a 5mesi). I secondi non assorbibili e «permanenti»includono quelli del modello Freeman e sonocomposti da una fascetta che resta sull’aperturadel puntino, un collo e una base più ampia. Alcontrario, l’Herrick plug ha la forma di unamazza da golf ed è progettato per risiedere nelcanalicolo. È blu per consentirne la visualizza-zione, mentre altre variazioni sono radiopache.Uno Smartplug® cilindrico di nuova progetta-

Sistemi di ritenzione del deflusso lacrimale

Figura 47. Metodica ditrattamento con punctal plug

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zione si espande e aumenta in situ il suo diame-tro lungo il canalicolo, grazie alle proprietà ter-modinamiche della sua composizione acrilicaidrofilica.

Vari studi clinici sono stati effettuati(Tuberville et al., 1982; Willis et al., 1987;Gilbard et al., 1989; Balaram et al., 2001; Baxtere Laibson, 2004) per valutare l’efficacia deipunctal plugs. Il loro uso è stato associato almiglioramento oggettivo e soggettivo sia neipazienti con occhio secco e sindrome di Sjögrensia con deficit della componente acquosa nonassociata a sindrome di Sjögren, cheratite fila-mentosa, intolleranza a lenti a contatto, malattiadi Stevens-Johnson, tracoma acuto, cheratopatianeurotrofica, postcheratoplastica perforante,cheratopatia diabetica e post-PRK o post-LASIK. Il 74-86% dei pazienti trattati con punc-tal plugs ha riportato degli effetti positivi sui sin-tomi dell’occhio secco. Indici oggettivi di miglio-ramento riportati grazie all’uso di punctal plugsincludono il miglioramento della colorazionecorneale, un aumento del tempo di rottura delfilm lacrimale (TFBUT), una diminuzione del-l’osmolarità lacrimale e un aumento della densi-tà delle cellule caliciformi.

I punctal plugs possono essere indicati per ipazienti affetti da occhio secco che non ottengo-no giovamento da altri trattamenti (Baxter eLaibson, 2004).

Le controindicazioni all’uso dei punctalplugs includono l’allergia ai materiali utilizzatinei plug da inserire, l’ectropion del puntinolacrimale e un’ostruzione del dotto nasolacri-male preesistente che presumibilmente neghe-rebbero il bisogno di un’occlusione puntale.Inoltre, i plug possono essere controindicati neipazienti affetti da occhio secco con un’infiam-mazione della superficie oculare, perché l’occlu-sione del flusso lacrimale verso l’esterno prolun-gherebbe il contatto della superficie oculare conlacrime ricche di citochine infiammatorie. Èstato raccomandato il trattamento dell’infiam-

mazione della superficie oculare prima di pro-cedere all’inserzione del plug. Un’infezioneacuta o cronica del canalicolo lacrimale o delsacco lacrimale è una controindicazione perl’uso di un plug.

La complicazione più comune dei punctalplugs è l’espulsione spontanea, fenomeno parti-colarmente comune nel metodo Freeman. Neltempo, è stato riportato un tasso di fuoriuscitapari al 50%, ma molte di queste espulsioni hannoavuto luogo a distanza di parecchio tempo dal-l’applicazione.

Le complicazioni più problematiche includo-no uno spostamento interno del plug, la forma-zione e infezione del biofilm (Sugita et al., 2001)e la formazione di granulomi piogenici. La rimo-zione dei plug che si sono spostati può essere dif-ficile e potrebbe richiedere un intervento chirur-gico sul dotto naso lacrimale (Lee e Flanagan,2001; Gerding et al., 2003).

Molti recenti studi hanno suggerito che l’as-sorbimento delle lacrime attraverso i dotti nasola-crimali nei tessuti adiacenti e nei vasi sanguignipuò portare ad un meccanismo di feedback sulleghiandole lacrimali che regolano la produzionedelle lacrime (Paulsen, 2003). L’installazione dipunctal plugs nei pazienti con una normale pro-duzione lacrimale ha causato una diminuzionesignificativa della produzione delle lacrime nelledue settimane successive all’inserimento del plug(Yen et al., 2001).

Questo particolare dovrebbe essere considera-to al momento di decidere l’inserimento dell’oc-clusione puntale nel piano di gestione dellamalattia dell’occhio secco.

2. Occhiali a camera umida(moisture chamber)

L’uso di occhiali che conservano l’idratazioneè stato per anni considerato un metodo per alle-viare il discomfort oculare associato all’occhio

N. PESCOSOLIDO, M. EVANGELISTA • I principi terapeutici nella sindrome da disfunzione lacrimale

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secco. Tuttavia, il livello di evidenza che supportala loro efficacia per il trattamento dell’occhiosecco è relativamente limitato. Tsubota (1989),utilizzando un sensore di idratazione, ha riporta-to un aumento dell’umidità perioculare in sog-getti che facevano uso di tali occhiali (Fig. 48).L’aggiunta di coperture laterali agli occhiali hadimostrato un ulteriore aumento dell’umidità(Tsubota et al., 1994). L’efficacia clinica di que-sti occhiali è stata citata in vari studi (Savar,1978; Gresset et al., 1984). Kurihashi (1994) haproposto un trattamento con l’apposizione diuna mascherina umidificata per i pazienti conocchio secco.

Sono stati elaborati molti studi con un livellorelativamente alto di evidenza scientifica, circa larelazione tra l’umidità ambientale e l’occhiosecco. Korb et al. (1996) hanno riportato che unaumento nell’umidità perioculare causa unimportante aumento nello spessore dello stratolipidico del film oculare.

I soggetti con occhio secco che portavanoocchiali hanno mostrato degli intervalli diammiccamento significativamente più lunghirispetto ai pazienti che non portavano occhiali, ladurata dell’ammiccamento (tempo di ammicca-mento) era significativamente più lunga in questiultimi soggetti (Korb et al., 1996). L’instillazionedi lacrime artificiali ha causato un notevoleaumento nell’intervallo tra un ammiccamento el’altro e una diminuzione della frequenza di am -miccamento (Tsubota et al., 1996).

Maruyama et al. (2004) hanno dimostratoche i sintomi dell’occhio secco peggiorano neiportatori di lenti a contatto morbide quandodiminuisce l’umidità ambientale.

3. Lenti a contattoLe lenti a contatto possono aiutare a protegge-

re e idratare la superficie corneale in condizioni diocchio secco acuto. Sono stati valutati molti mate-riali e tipi di lenti a contatto, incluse le lenti a con-tatto in gomma siliconica e le lenti a contatto rigidegas-permeabili con o senza fenestrazione (Bacon etal., 1994; Romero-Rangel et al., 2000; Rosenthalet al., 2000; Tappin et al., 2001; Pullum et al.,2005). È stato riscontrato un miglioramento del-l’acuità visiva e del comfort, una diminuzione del-l’epiteliopatia corneale e la guarigione di difettidell’epitelio corneale (Bacon et al., 1994; Romero-Rangel et al., 2000; Rosenthal et al., 2000; Tappinet al., 2001; Pullum et al., 2005). I materiali alta-mente gas-permeabili ne permettono l’uso durantela notte in determinate circostanze (Tappin et al.,2001). Esiste un piccolo rischio di vascolarizzazio-ne corneale e un aumento di probabilità di infezio-ne corneale associato all’uso di lenti a contatto neipazienti con occhio secco.

Figura 48. Occhiali a camera umida

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Molti potenziali agenti farmacologici topicipossono stimolare la secrezione acquosa, lasecrezione mucosa o entrambe (Tab. 4). Questiagenti attualmente in studio sono: diquafosol(uno degli agonisti del recettore P2Y2), reba-mipide, gefarnate, ecabet sodio (stimolante dellasecrezione mucosa) e 15(S)-HETE (stimolantedi MUC-1). Fra questi, un collirio con diqua-fasol è stato valutato positivamente nelle speri-mentazioni cliniche. Il diquafasol al 2%(INS365, DE-089) è risultato efficace nel trat-tamento dell’occhio secco, in una sperimenta-zione randomizzata sull’uomo in doppio cieco,

in quanto nei pazienti che ne hanno fatto usola colorazione della superficie oculare è dimi-nuita (Tauber et al., 2004). Uno studio simileha dimostrato la sicurezza oculare e la tollera-bilità al diquafosol in uno studio in doppiocieco, controllato con placebo e randomizzato(Mundasad et al., 2001). Questo agente è capa-ce di stimolare la secrezione acquosa e quellamucosa in animali ed esseri umani (Li et al.,2001; Murakami et al., 2002, 2004). Gli effet-ti benefici sia sulla funzione di barriera dell’e-pitelio corneale e che sull’aumento della secre-zione lacrimale sono stati dimostrati su un

N. PESCOSOLIDO, M. EVANGELISTA • I principi terapeutici nella sindrome da disfunzione lacrimale

Stimolazione lacrimale: i secretagoghi

Secretagoghi Azione

Diquafosol Stimola la secrezione della MUC-5A5 Incrementa il trasporto di fluidi attraverso la congiuntivaPromuove l’idratazione della superficie oculare

Rebamipide Aumenta la liberazione di mucine solubili

Ecabet sodio Stimola la produzione di mucina

Gefarnate Aumenta la secrezione della MUC-5A5Aumenta il numero delle goblet cellsAumenta lo sfaldamento delle mucine associate alle membrane

15(S)-HETE Aumenta la secrezione di MUC-1Aumenta lo spessore della mucina

Pilocarpina Aumenta il numero delle goblet cells

Cevimelina Aumenta la produzione della componente acquosa del film lacrimale

DA-6034 Aumenta la produzione di mucina

Galectin 3 Stabilizza le mucine di superficiePromuove la riparazione corneale

Moli 1901 Attiva i canali del ClMobilizza l’acqua nell’epitelio corneale

Nucleotidi UTP-ATP Pruomuovono l’idratazione della superficie oculare agendo sul recettore P2Y2

Tabella 4. Secretagoghi e loro azione

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modello murino con occhio secco (Fujihara etal., 2001). Il diquafosol stimola inoltre il rila-scio di mucine dalle cellule caliciforni nelmodello di occhio secco di coniglio (Fujiharaet al., 2001; Yerxa et al., 2002).

Gli effetti del rebamipide (OPC-12759)sono stati valutati nelle sperimentazioni clini-che sull’uomo. Negli studi sugli animali, ilrebamipide aumentava le sostanze simili allemucine sulla superficie oculare degli occhi deiconigli trattati con N-acetilcisteina (Urashimaet al., 2004). Il rebamipide, con il suo radicaleidrossile, ha un’azione protettiva nel dannocorneale indotto da raggi UVB nei topi (Tanitoet al., 2003).

L’ecabet sodio è stato studiato in sperimenta-zioni cliniche a livello internazionale, ma sonostati pubblicati solo dei risultati limitati. Unasingola instillazione di soluzione oftalmica conecabet sodio ha provocato un aumento statisti-camente significativo della mucina lacrimalenei pazienti con occhio secco (Masuda et al.,2003). Il gefarnate è stato osservato in studicondotti sugli animali. Il gefarnate è in gradodi stimolare la produzione di mucine dopo unaferita congiuntivale nelle scimmie (Toshida etal., 2002). Il gefarnate, inoltre, aumenta ladensità delle cellule PAS-positive nella con-giuntiva dei conigli e provoca la stimolazionedi glicoproteine simil-mucine in colture di cel-lule dell’epitelio corneale di topo (Nakamura etal., 1997, 1998). Una sperimentazione in vivosui conigli ha mostrato un risultato simile(Hamano et al., 1998; Toshida et al., 2002).

L’agente 15(S)-HETE, una molecola unica,può stimolare l’espressione della mucinaMUC-1 sull’epitelio della superficie oculare(Jumblatt et al., 2002). Il 15(S)-HETE in unostudio su un modello di coniglio con occhiosecco, ha mostrato capacità protettive sulla cor-nea probabilmente stimolando la secrezionemucinica (Gamache et al., 2002). È statodimostrato che questo agente ha effetti benefi-

ci sulla secrezione di una glicoproteina mucin-simile da parte dell’epitelio corneale dei conigli(Jackson et al., 2001). Altri studi di laboratorioconfermano l’effetto stimolante del 15(S)-HETE (Azar et al., 2002; Ubels, 2002;Gamache et al., 2002; Jumblatt et al., 2002).Alcuni di questi agenti potranno in futurorisultare utili nella terapia dell’occhio secco.

Due agonisti colinergici somministrati pervia orale, la pilocarpina e la cevimelina, sonostati osservati in sperimentazioni cliniche per iltrattamento della sindrome di Sjögren associa-ta a cheratocongiuntivite sicca (KCS). I pazien-ti che sono stati trattati con una dose di 5 mgqid. di pilocarpina hanno registrato un miglio-ramento generale significativo rispetto aipazienti trattati con sostanze placebo, sia nellacapacità di mettere a fuoco durante la letturache nei sintomi di offuscamento visivo (Vivinoet al., 1999). L’eccessiva sudorazione è l’effettocollaterale più spesso riportato durante questotrattamento; si verifica nel 40% dei pazienti. Il2% dei pazienti che assumeva pilocarpina si èritirato dallo studio per effetti collaterali legatial farmaco. Altri studi hanno riportato l’effica-cia della pilocarpina nei segni e sintomi ocula-ri della sindrome di Sjögren KCS (Takaya etal., 1997; Tsifetaki et al., 2003; Papas et al.,2004), tra cui un aumento della densità dellecellule caliciformi congiuntivali dopo 1 e 2mesi di terapia (Aragona et al., 2006).

La cevimelina è un altro agonista colinergi-co orale che, somministrato in dosi da 15 o 30mg TID (Petrone et al., 2002; Ono et al.,2004), sembra migliorare in maniera significa-tiva i sintomi di secchezza, la produzione dellacomponente acquosa del film lacrimale e i dis-turbi della superficie oculare rispetto ai gruppiplacebo. Questo agente potrebbe avere minorieffetti collaterali della pilocarpina orale.

Un recente studio (Choi et al., 2009) havalutato gli effetti del DA-6034 un potentesecretagogo in modelli animali con malattia da

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occhio secco sperimentalmente indotta. I risul-tati hanno dimostrato che il DA-6034 non soloaccellera la secrezione lacrimale, ma anche la

produzione di mucina, presentandosi come unpotenziale agente terapeutico per il trattamen-to della disfunzione lacrimale.

N. PESCOSOLIDO, M. EVANGELISTA • I principi terapeutici nella sindrome da disfunzione lacrimale

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Alcune sostanze biologiche naturali, cioè pro-dotti non farmacologici, possono essere usati persostituire le lacrime naturali e proprio perchénaturali sono in genere senza conservanti.Possono essere di origini autologhe, in questocaso mancano di antigenicità e contengono moltifattori epiteliotrofici, come i fattori di crescita,neurotrofine, vitamine, immunoglobuline e pro-teine di matrice extracellulare coinvolte nel man-tenimento del benessere della superficie oculare.È stato dimostrato che i sostituti lacrimali biolo-gici mantengono la morfologia e supportano laproliferazione delle cellule dell’epitelio cornealenell’uomo meglio dei sostituti lacrimali artificiali(Geerling et al., 2001). Tuttavia, nonostante sia -no presenti somiglianze biomeccaniche e biochi-miche, rispetto alle lacrime esistono importantidifferenze nella composizione e queste hanno unacerta rilevanza clinica (Geerling et al., 2000).Inoltre, per fornire un sostituto lacrimale natura-le alla superficie oculare, si presentano ulterioriproblemi pratici che riguardano la sterilità e lastabilità in quanto è necessario un lungo processodi produzione.

1. Siero autologoIl siero autologo è il risultato della componen-

te liquida del sangue, plasma, senza fibrinogeno.È stato introdotto da Hamilton nel 1940, diluitoin soluzione di Ringer al 10% e da allora è statousato con diverse varianti fra cui da Tsubota et al.(1999) e recentemente l’applicazione topica delsiero autologo per la malattia della superficie ocu-lare è stata rivisionata da Geerling e Hartwig

(2005). Secondo Swobota la preparazione consi-ste nel prelievo di 40 cc di sangue venoso, cheviene poi centrifugato a 1500 rpm per 5 minuti,diluito in soluzione al 20% e diviso in 4 partiuguali. Il siero autologo contiene vitamina A efibronectina e facilita la proliferazione, la migra-zione e la differenziazione delle cellule epiteliali.

L’uso del plasma e delle sue componenti inuna preparazione farmaceutica è limitato in moltipaesi da leggi specifiche. Infatti, per produrre col-liri a base di siero e per utilizzarli, deve esserenecessaria, in alcuni paesi, l’autorizzazione dagliappositi istituti nazionali.

È stato pubblicato un protocollo ottimizzatoper la produzione di colliri con siero che ne spe-cifica anche la composizione e l’efficacia (Liu etal., 2005). Le concentrazioni di siero utilizzatevariano tra il 20 e il 100% e l’efficacia sembradipendere dalla dose.

L’efficacia delle gocce a base di siero neipazienti con occhio secco è stata diversa nei varistudi (Liu et al., 2005). Ciò è dovuto alle impor-tanti differenze tra le popolazioni di pazienti, aisistemi di produzione e conservazione e ai proto-colli di trattamento. Sono stati pubblicati trestudi randomizzati con popolazioni di pazientisimili (con predominanza di sindrome diSjögren). In uno studio basato su un trattamentocon siero topico al 20% diluito in soluzione sali-na allo 0.9% con applicazione 6 volte al giornoTananuvat et al. (2001) hanno riscontrato unatendenza al miglioramento dei sintomi e dei segnidell’occhio secco, Kojima et al. (2005) hannoriportato un notevole miglioramento dei sintomi,del tempo di rottura del film con fluoresceina

Sostituti lacrimali biologici

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(FBUT) e della colorazione con fluoresceina erosa bengala. Noda-Tsuruya et al. (2006) hannoancora dimostrato che colliri di siero autogeno al20% migliorano il TFBUT e diminuiscono lacolorazione congiuntivale da rosa bengala e cor-neale da fluoresceina in un periodo di 1-3 mesi,rispetto ai trattamenti con lacrime artificiali, chenon cambiavano questi parametri.

Una sperimentazione clinica con cross-over hamesso a confronto colliri a base di siero al 50%con lubrificanti commerciali precedentementeusati da ciascun paziente. I sintomi sono miglio-rati in 10 pazienti su 16 e i risultati della citolo-gia a impressione sono migliorati in 12 occhi su25 (Noble et al., 2004).

Altri studi sull’utilizzo del siero autologo pervia topica nel trattamento di difetti epiteliali per-sistenti ne hanno dimostrato l’efficacia, dove l’ef-ficacia è definita come «guarigione del difetto»confermando l’impressione che questa sia un’op-zione terapeutica valida per la malattia dell’oc-chio secco (Schulze et al., 2006).

2. Plasma ricco di piastrine (PRP)

Il plasma ricco di piastrine o PRP è da tempoutilizzato in odontostomatologia, ortopedia, chi-rurgia vascolare e in oculistica per il trattamentodei fori maculari. Uno studio di Troisi et al.(2009) ha valutato l’efficacia di un trattamentotopico con PRP, contenente alte concentrazionidi fattori di crescita, su lesioni corneali persisten-ti di varia origine, con esami culturali negativi,non rispondenti alle terapie convenzionali. Lasoluzione è stata ottenuta a partire da un prelievovenoso di sangue autologo, centrifugato per 5minuti a bassi giri (da 1000 a 1600 rpm), il pla-sma surnatante ricco di piastrine è stato aspiratocon siringhe da insulina e conservato congelato a< 0°C. La concentrazione delle piastrine per ognisiringa da 0.6-0.7 ml era intorno a 500x103/ml.

In seguito alla somministrazione di plasma riccodi piastrine, in sede di lesione oculare come colli-rio, c’è stata in tutti i pazienti una completa riepi-telizzazione corneale in 3-5 settimane e al con-trollo dopo 90 giorni l’epitelio corneale risultavaintegro, con regressione delle opacità stromali emiglioramento visivo. La quantità di sangue lavo-rato permette un ciclo di terapia della duratamassima di 15 giorni (Caruso et al., 2009). Que -sto approccio terapeutico, basato sull’azione deifattori di crescita presenti in elevate concentrazio-ni nel lisato leucopiastrinico, si è rivelato prezio-so nei diversi casi di deficit rigenerativo corneale.In assenza di effetti indesiderati, rappresentaun’utile ed efficace alternativa ad altri interventidi tipo invasivo in lesioni persistenti non settiche.Ciò spiega il razionale dell’utilizzo di questo trat-tamento nelle lesioni corneali in seguito a sindro-me da disfunzione lacrimale di tipo grave.

3. Gel piastrinicoIl gel piastrinico è un nuovo presidio terapeu-

tico a uso topico per tutte quelle patologie cor-neali che si sono dimostrate refrattarie alle con-venzionali terapie con lacrime artificiali o sieroautologo. Il nuovo emocomponente, raccoltomediante prelievo di sangue venoso autologo,viene ottenuto dall’attivazione di una miscela delconcentrato piastrinico e del crioprecipitato (Fig.49). Il concentrato piastrinico contiene i fattoridi crescita, mentre il crioprecipitato è ricco difibrinogeno, fibronectina e altri fattori pro coagu-lanti che sono la base per la formazione della colladi fibrina. Il mix, attivato mediante enzima simil-trombinico in presenza di calcio cloruro, vieneottenuto con sistema automatizzato di spin per15 minuti a 900 giri/min. Il gel piastrinico hal’importante proprietà di portare sulla superficiecorneale i fattori di crescita di origine piastrinica(IL-1, TNF·, EGF, PDGF). Sembra evidente chetali fattori possano avere un impiego mirato alla

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riparazione dei tessuti corneali danneggiati dainsulti di tipo neurodistrofico. La crescita cellula-re delle cellule corneali umane in risposta ai fatto-ri di crescita piastrinici è stata testata in vitro;questi sudi hanno dimostrato l’evidente effettopromuovente la crescita cellulare a livello cornea-le, dei fattori di crescita piastrinici. Pertanto l’usotopico di tali sostanze adiuvanti e potenzianti inormali processi riparativi tissutali permette unapiù rapida ed efficace guarigione del tessuto cor-neale danneggiato (Antoniazzi et al., 2009). Adimostrazione di ciò, nel case report di Anto -niazzi et al. (2009) viene applicato questo tratta-mento in un paziente con GvHD (Graft versusHost Disease), in regime di ricovero ospedalieroper 3 giorni, durante i quali si applica il gel pia-strinico in sede limbare superiore 3 volte al dì tra-mite pinza corneale sterile e bendaggio occlusivo(Fig. 50). Al momento della dimissione il pazien-te ha mostrato un netto miglioramento dei segni(ulcera corneale) e dei sintomi di sofferenza cor-neale (Fig. 51). Se sottoposti a terapia convenzio-nale, la frequenza media di degenza è pari a 7-10giorni e implica l’instillazione ripetuta giornalieradi pomate e colliri antibiotici e cicloplegici asso-

Figura 49. Gel piastrinico e sua preparazione (daAntoniazzi et al., 2009)

Figura 50. Applicazione del gel piastrinico in sedelimbare tramite pinza corneale sterile (da Antoniazzi etal., 2009)

Figura 51. Superficie corneale prima e dopo il trattamento con gel piastrinico. A sinistra in alto: colorazione confluoresceina che evidenzia l’ulcera corneale e presenza di filamenti di muco. A destra in basso: riepitelizzazionecompleta dell’ulcera corneale con riduzione dello staining della fluoresceina (da Antoniazzi et al., 2009)

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ciati a bendaggio occlusivo o a lenti a contattoterapeutiche.

Attualmente il siero autologo arricchito dipiastrine, sia in forma di collirio che in forma digel, è l’unico presidio medico disponibile checontiene livelli così elevati di fattori di crescitautili al processo ripartivo. La differenza tra i duepresidi terapeutici è dovuta al fatto che nel casodel gel piastrinico, mediante attivazione delle pia-strine, si ottiene una dismissione continua dei fat-tori di crescita che trova la sua massima applica-

zione nel caso di ulcere corneali. La conta piastri-nica nel siero autologo arricchito di piastrinesupera le 800000/Ìl se in forma di collirio e le4000000/Ìl se in forma di gel. La forma in gelpermane nella sede più idonea per un tempo piùprolungato, in quanto la sua componente gelifi-cata non viene eliminata dalla clearance lacrimale(Antoniazzi et al., 2009). Quanto riportato spie-ga il razionale sull’utilizzo di questo trattamentonelle lesioni corneali gravi in seguito a sindromeda disfunzione lacrimale.

N. PESCOSOLIDO, M. EVANGELISTA • I principi terapeutici nella sindrome da disfunzione lacrimale

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La disfunzione delle ghiandole lacrimali,come già riportato, induce dei mutamenti nellacomposizione lacrimale, primo fra tutti l’ipero-smolarità, che stimola la produzione di mediato-ri infiammatori (IL-1, TNF·, INF-Á) e metallo-proteasi (MMP) sulla superficie oculare perfosforilazione delle MAP chinasi (Luo et al.,2004, 2005) (Fig. 52-55). L’infiammazione può,a sua volta, causare la disfunzione o la mortedelle cellule responsabili della secrezione o riten-zione lacrimale (Niederkorn et al., 2006).Inoltre, l’infiammazione può anche essere scate-nata da uno stress irritativo cronico (es. lenti acontatto) e da una malattia sistemica infiamma-toria/autoimmune (es. artrite reumatoide).Senza considerare le cause, si può sviluppare uncircolo vizioso infiammatorio sulla superficie

oculare nei pazienti con occhio secco che portaad alterazioni della superficie oculare (Fig. 56-

Terapia antinfiammatoria

Figura 52. Rappresentazione schematica delmeccanismo infiammatorio indotto dall’iperosmolaritàdel film lacrimale

Figura 53. Fosforilazione/defosforilazione delle MAPKcome attivazione della trasduzione o inibizione dellatrasduzione del segnale da cui seguirà liberazione omeno di TNF-·, IL-1, INF-Á e MMP

Figura 54. La pathway delle MAP chinasi (MAPK)attivata tramite recettori tirosin-chinasici da fattori dicrescita quali HGF, KGF ed EGF

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1. CiclosporinaLa capacità curativa della ciclosporina-A (CsA)

nel trattamento della malattia dell’occhio secco èstata inizialmente riconosciuta in modelli anima-li che sviluppavano KCS spontanee (Kaswan etal., 1989). L’efficacia terapeutica per gli esseriumani con KCS è stata documentata in moltepiccole sperimentazioni cliniche randomizzate, indoppio cieco (Laibovitz et al., 1993; Gunduz eOzdemir, 1994) (Fig. 58-59).

Nello studio di Stevenson et al. (2000) sonostate somministrate quattro concentrazioni diCsA (0.05%, 0.1%, 0.2% o 0.4%) due volte algiorno in entrambi gli occhi di 129 pazienti per12 settimane e poi confrontate con un gruppo disoggetti trattato col veicolo. Nella sperimentazio-ne clinica di Fase 2 gli Autori hanno evidenziatoche il trattamento con CsA diminuiva in modosignificativo la colorazione rosa bengala congiun-tivale, la cheratite puntata superficiale e i sintomidi irritazione oculare come la sensazione di sabbiao di corpo estraneo, la secchezza oculare e il pru-rito in un sottogruppo di 90 pazienti con mode-

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Figura 55. Famiglia delle metalloproteasi (MMP)

Figura 56. Circolo vizioso del meccanismoiperosmolarità/infiammazione

57). Partendo dalla teoria che l’infiammazione èuna componente chiave della patogenesi dell’oc-chio secco è stata valutata, in varie sperimenta-zioni cliniche, l’efficacia di un numero di agentiantinfiammatori per il trattamento di questapatologia.

Tra gli antinfiammatori presi in considerazio-ne descriveremo l’efficacia della ciclosporina, deicorticosteroidi, dell’estratto secco di EchinaceaPurpurea, dei fitoestrogeni e fitoandrogeni e delletetracicline.

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rata o grave KCS. Non c’è stata una chiara indi-cazione riguardo alla dose in quanto la CsA 0.1%ha prodotto il miglioramento maggiore in termi-ni di segni oggettivi, mentre la CsA 0.05% haportato il miglioramento maggiore nei sintomidei pazienti.

A proposito di ciò, due sperimentazioni clini-che in Fase 3 indipendenti hanno messo a con-fronto il trattamento con CsA allo 0.05%, 0.1%o solo veicolo due volte al giorno in 877 pazienticon occhio secco moderato o grave (Sall et al.,2000). I risultati hanno evidenziato che i pazien-

ti trattati con CsA 0.05% o 0.1% hanno mostra-to un notevole miglioramento (p<0.05) in duesegni oggettivi di occhio secco (colorazione cor-neale con fluoresceina e valori del test di Schirmercon anestesia) rispetto ai pazienti di controllo. Unmaggior valore del test di Schirmer è stato osser-vato nel 59% dei pazienti trattati con CsA, conun aumento di 10 mm o più nel 15% dei pazien-ti. Solo il 4% dei pazienti del gruppo trattati colveicolo ha registrato questo aumento nel valoredel test di Schirmer (p<0.0001). Il trattamentocon CsA 0.05% ha anche prodotto degli impor-tanti miglioramenti (p <0.05) in tre misure sog-gettive della malattia dell’occhio secco (sintomi divista offuscata, necessità di lacrime artificiali erisposta generale al trattamento). Entrambe ledosi di CsA hanno mostrato un eccellente gradodi sicurezza senza effetti collaterali sistemici ooculari, esclusi i sintomi transitori di brucioredopo l’instillazione che si sono verificati nel 17%dei pazienti trattati con CsA e nel 7% dei pazien-ti trattati col veicolo. Non è stata rilevata alcunatraccia di CsA nel sangue dei pazienti trattati per12 mesi. I miglioramenti clinici dovuti alla CsAosservati in queste sperimentazioni sono statiaccompagnati dal miglioramento degli altri para-metri di malattia. Infatti, gli occhi trattati hannoriportato un aumento di circa il 200% nella den-sità delle cellule caliciformi congiuntivali (Kunert

Figura 58. Trattamento dell’occhio secco conciclosporina A per via sistemica e locale

Figura 59. Meccanismo di azione della ciclosporina Anel trattamento dell’occhio secco

Figura 57. Circolo vizioso del meccanismoiperosmolarità/infiammazione

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et al., 2002). Inoltre, è stata registrata una dimi-nuzione dell’espressione dei marker di attivazioneimmunologica (es. HLA-DR), dei marker dell’a-poptosi (es. Fas) e della citochina IL-6 infiamma-toria nelle cellule epiteliali congiuntivali (Turneret al., 2000; Brignole et al., 2001). Inoltre, i lin-fociti T congiuntivali CD3+, CD4+ e CD8+sono diminuiti negli occhi trattati con ciclospori-na, al contrario gli occhi trattati col veicolohanno mostrato un aumento delle cellule cheesprimono questi marker (Kunert et al., 2000).Dopo il trattamento con ciclosporina 0.05% èstata riscontrata una significativa diminuzione delnumero di cellule che esprimono i markers diattivazione dei linfociti CD11a e HLA-DR, il cheindica una minore attivazione di linfociti rispettoai pazienti trattati col veicolo. Recentemente,Toshida et al. (2009) hanno valutato gli effettidell’instillazione di un collirio a base di CsA allo0.1% sulla secrezione lacrimale in modelli anima-li (coniglio) con resezione del nervo petrososuperficiale, il più importante per l’innervazioneefferente parasimpatica della ghiandola lacrimale.I risultati di questo studio indicano che la CsAnon ha un effetto diretto sulla secrezione lacrima-le in quanto non ha un effetto stimolante sulleproteine di rilascio delle cellule acinari dellaghiandola lacrimale in tutti i tempi testati.Infatti, l’effetto della CsA sulla lacrimazione deri-

verebbe da un incremento del flusso lacrimaleriflesso. Inoltre, un ulteriore studio (Kim et al.,2009) ha messo a confronto l’efficacia della CsAallo 0.05% e della vitamina A nel trattamentodella sindrome da disfunzione lacrimale. Le dueformulazioni si sono dimostrate entrambe effica-ci nel migliorare sia i sintomi come l’offuscamen-to della visione che il BUT e lo Schirmer test.

Ulteriori farmaci immunosoppressivi, riporta-ti nella figura 60, come il pimecrolimus e il tacro-limus, sono stati studiati durante delle sperimen-tazioni cliniche di KCS somministrati per viasistemica e/o topica (Ofri et al., 2009).

2. CosticosteroidiI corticosteroidi costituiscono un’efficace

terapia antinfiammatoria nella malattia dell’oc-chio secco. Ci sono molte pubblicazioni perdiverse formulazioni di corticosteroidi (Fig. 61).In uno studio di 4 settimane in doppio cieco erandomizzato eseguito su 64 pazienti con KCS eritardata clearence lacrimale è stato dimostratoche la somministrazione oftalmica con lotepred-nololo etabonato 0.5%, era più efficace rispetto alsuo veicolo nel migliorare alcuni segni e sintomi(Pflugfelder et al., 2004) (Fig. 62). Il lotepred-nololo etabonato è contenuto in varie formula-zioni in commercio a diverse concentrazioni(allo 0.2%, allo 0.5% e allo 0.5%) associato allato bra micina allo 0.3%.

In uno studio precedente eseguito su 32 pa -zienti con KCS, i soggetti trattati con fluorome-tolone e sostituti lacrimali artificiali (ATS) hannoriportato una minore gravità dei sintomi e unaminore colorazione alla fluoresceina e rosa ben-gala rispetto ai pazienti trattati solo con ATS ocon ATS e flurbiprofene (Avunduk et al., 2003).

Una sperimentazione clinica randomizzata haconfrontato la gravità dei sintomi irritativi ocu-lari e la colorazione con fluoresceina della corneain due gruppi di pazienti, uno trattato con metil-

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Figura 60. Altri farmaci, oltre la ciclosporina, coinvoltinell’immunomodulazione utilizzati per il trattamentodell’occhio secco

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prednisolone topico senza conservanti per due set-timane seguito da occlusione dei puntini lacri-mali (Gruppo 1), e un altro gruppo trattato solocon occlusione dei puntini lacrimali (Gruppo 2)(Sainz de la Maza Serra et al., 2000). Dopo 2mesi, l’80% dei pazienti del Gruppo 1 e il 33%dei pazienti del Gruppo 2 hanno riscontrato unatotale remissione dei sintomi irritativi oculari.La colorazione corneale con fluoresceina eranegativa nell’ 80% degli occhi nel Gruppo 1 enel 60% degli occhi nel Gruppo 2 dopo 2 mesidi trattamento. Non sono state osservate compli-canze relative agli steroidi.

In una sperimentazione aperta, non compa-rativa, la sospensione oftalmica di metilpredni-solone 1% senza conservanti, preparata inmaniera estemporanea, è risultata clinicamenteefficace in 21 pazienti con KCS da sindrome diSjögren (Marsh e Pflugfelder, 1999).

Nella Regolamentazione Federale degli StatiUniti, i corticosteroidi oculari sottoposti a «eti-chettatura di classe» sono indicati per il tratta-mento «...di condizioni infiammatorie dellacongiuntiva palpebrale e bulbare, della cornea esegmento anteriore del bulbo, come congiunti-viti allergiche, acne rosacea, cheratite puntatasuperficiale, cheratite da herpes zoster, iriti,cicliti, selezionate congiuntiviti infettive che

rispondono agli steroidi quando l’inerenterischio di uso di steroidi è accettato per ottene-re una diminuzione dell’edema e dell’infiamma-zione ». Se ne deduce che la KCS è inclusa inquesta lista di stati infiammatori che rispondeagli steroidi.

Numerosi studi su modelli animali suggeri-scono l’efficacia di questi agenti. Infatti, i corti-costeroidi sono gli agenti antinfiammatori piùutilizzati nella ricerca di base sull’infiammazionee quindi anche sull’infiammazione in corso diKCS. In uno studio condotto sui topi, il metil-prednisolone sembra preservare la regolarità del-l’epitelio corneale e della funzione di barriera(De Paiva et al., 2006). Ciò è stato attribuito allasua capacità di mantenere l’integrità delle giun-zioni dell’epitelio corneale e di diminuire la des-quamazione delle cellule apicali dell’epitelio cor-neale (De Paiva et al., 2006). Inoltre, il metil-prednisolone previene l’aumento di proteinaMMP-9 nell’epitelio corneale e l’attività di gela-tinasi nell’epitelio corneale e nelle lacrime che siverifica in risposta all’occhio secco sperimental-mente indotto (De Paiva et al., 2006).

Le preparazioni topiche di ormoni androgenied estrogeni steroidei sono al momento sottoosservazione in sperimentazioni cliniche rando-mizzate. Una sperimentazione sulla sommini-

Figura 61. Diverse formulazioni di corticosteroidiutilizzate per il trattamento dell’occhio secco

Figura 62. Rappresentazione della struttura delloteprednololo etaboato sovrapponibile a quella delprednisolone

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strazione di testosterone 0.03% ha notato unaumento della percentuale di pazienti che pre-sentavano una viscosità normale delle secrezionidelle ghiandole di Meibomio e un miglioramen-to dei sintomi di discomfort dopo 6 mesi di trat-tamento rispetto al gruppo con veicolo(Schiffman et al., 2006). Si è osservato che ilTFBUT e lo spessore dello strato lipidico sonoaumentati in un paziente con KCS che era statotrattato con androgeni per via topica per 3 mesi(Worda et al., 2001). Gli androgeni topici silegano a recettori all’interno delle cellule delleghiandole di Meibomio e agiscono sul genomadelle cellule epiteliali delle ghiandole sebaceeinfluenzando la trascrizione di enzimi lipogeniche producono lipidi o enzimi sessuali. Laghiandola di Meibomio possiede tutti gli enzimisteroidogeni necessari per la sintesi degli or monisteroidei sia androgeni che estrogeni. Nelmodello murino è presente un incremento del-l’attività funzionale della ghiandola lacrimale euna riduzione dell’infiammazione. Nell’uomo èstato dimostrato un alleviamento dei segni e deisintomi e una stimolazione del flusso lacrimale.La produzione di film lacrimale e i sintomi diirritazione oculare sono migliorati dopo il trat-tamento con una soluzione con 17 beta-estra-diolo per 4 mesi (Fig. 63) (Sator et al., 1998).

3. Echinacea purpureaL’echinacea è una pianta della famiglia delle

Composite Tubiflore dalle cui radici si ottengonoestratti per la cura delle malattie da raffredda-mento in quanto dotati di proprietà capaci dicontrastare l’ingresso di batteri e virus nell’orga-nismo. Ne esistono diverse specie che vivonospontanee nel Nord America (angustifolia, atro-rubens, levigata, pallida, paradoxa, purpurea,simulata, tennessensis); quelle importanti dalpunto di vista fitoterapico sono l’Echinaceaangustifolia e l’Echinacea purpurea. L’estratto diEchinacea è considerato uno dei rimedi di origi-ne naturale più potente ed efficace nei confron-ti delle infezioni batteriche e virali. Tale attività,ascritta principalmente alla componente poli-saccaridica, è legata da un lato a un’azione diret-ta di distruzione dei microrganismi patogeni,dall’altro alla stimolazione del sistema immuni-tario e quindi delle difese naturali dell’organi-smo. I costituenti principali dell’estratto di echi-nacea purpurea sono: composti polifenolicicome echinacoside e acido caffeico, olii essenzia-li come echinolone e umulene, glucosidi flavo-noici come quercitina e apigenina, alcaloidi edechinaceina, ai quali è riconosciuta un’attività:immunomodulatrice, antiialuronidasica, stimo-lante la riparazione delle lesioni tissutali. Più indettaglio, l’estratto di echinacea purpurea è ingrado di inibire l’enzima ialuronidasi responsa-bile della diffusione di batteri e virus all’internodelle cellule, di attivare la via alternativa delcomplemento e di inibire la replicazione viraleattraverso un’azione interferone-simile. L’attivitàantisettica posseduta dall’estratto della pianta diechinacea purpurea è legata anche a un’altraazione molto importante, la stimolazione delsistema immunitario che si realizza tramite atti-vazione dei macrofagi, incremento dei neutrofi-li, eosinofili, monociti e linfociti B e delle loroproprietà fagocitiche. Inoltre, l’echinacea possie-de un’azione antinfiammatoria in quanto è in

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Figura 63. Rappresentazione schematica dell’azionedell’estradiolo17-beta

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grado di bloccare la ciclossigenasi e la lipossige-nasi nella cascata dell’acido arachidonico e didiminuire l’infiltrazione leucocitaria nella regio-ne lesa. La letteratura scientifica mondiale sotto-linea anche un’azione positiva sulla riparazionedelle lesioni tissutali per rigenerazione del con-nettivo e dell’epidermide.

Una formulazione in collirio multidose con-tenente l’estratto di echinacea purpurea (0.05%)associato all’acido ialuronico (0.15%) è risultatapiù efficace, in pazienti in politerapia cronicaantiglaucoma, rispetto a una soluzione conte-nente solo acido ialuronico, nel diminuire i sin-tomi clinici dell’occhio secco (secchezza, brucio-re, fotofobia, prurito), nell’aumentare il BUTdopo 90 giorni di trattamento e nella diminu-zione dello staining congiuntivale del rosa ben-gala e corneale della fluoresceina, espressionedell’effetto antinfiammatorio, antistaminico e diriepitelizzazione corneale dell’estratto di echina-cea purpurea. Recentemente è stato introdottosul mercato la stessa sostanza farmaceutica allaconcentrazione dello 0.5%.

4. Fitoestrogeni e fitoandrogeni

I fitoestrogeni e i fitoandrogeni sono sostanze diorigine vegetale, non steroidee, estratte dallepiante. Sono così chiamate perché hanno unastruttura simile a quelle degli ormoni sessuali,infatti esplicano la loro azione legandosi ai recet-tori per gli estrogeni e per gli androgeni, seppurecon una potenza 1000-10000 volte minorerispetto agli ormoni sessuali umani (Fig. 64).

I fitoestrogeni sono estratti da molte piante, inparticolare dalla soia, infatti l’interesse della ricer-ca scientifica nei confronti degli estratti naturalidella soia si basa sulle osservazioni epidemiologi-che che hanno evidenziato una minore incidenzadei disturbi climaterici, dei tumori mammari,uterini e intestinali nelle popolazioni orientali, la

cui dieta giornaliera è molto ricca di estratti dellasoia. Si ritiene che tali azioni siano mediate pro-prio dai fitoestrogeni, in particolare dalla genistei-na e dalla daidzeina, che hanno una conformazio-ne chimica simile a quella dell’estradiolo. Si ritie-ne inoltre che queste sostanze agiscano attraversoun effetto di modulazione selettiva sui recettoriestrogenici (RE). Si legano alle SBP (proteineleganti gli steroidi sessuali) e all’α-fetoproteina(AFP) per entrare nella circolazione sistemica. Ifitoestrogeni assunti con la dieta sono metaboliz-zati dai batteri intestinali, assorbiti dalla mucosaintestinale e coniugati nel fegato dalla sulfotran-sferasi e dall’UDP-glucoronil transferasi, immessiin circolo nel plasma e escreti con le urine.L’escrezione urinaria degli isoflavonoidi ha unrange di 0.3-30 μM/giorno, ma la secrezione uri-naria dei soggetti vegetariani può contenere valo-ri di fitoestrogeni 1000 volte più alti rispetto altotale degli estrogeni steroidei urinari.

Tra le quattro principali classi di fitoestrogeni,isoflavonoidi, lignani, cumestani e lattoni, solo iprimi due sono dotati di dimostrata attività bio-logica nell’uomo, gli altri sono attivi solo neglianimali (Fig. 65). Gli isoflavonoidi sono assunticon la dieta e contenuti soprattutto nell’olio di

Figura 64. Rappresentazione della formula chimicadegli estrogeni naturali, degli estrogeni sintetici e deifitoestrogeni

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soia e nei fiocchi di soia, mentre le fonti dieteti-che dei lignani sono i semi di lino e in quantitàminori l’avena, il frumento, i fagioli, le lenticchie,gli asparagi e le carote. I fitoestrogeni che deriva-no dal vino rosso sono il resveratrolo, la quercetinae le antiocianine. Essi possiedono un’attivitàantiossidante, antiapoptotica e antinfiammatoria,riducono l’ossidazione delle LDL e aumentano ilivelli delle HDL. Inoltre, migliorano il dannoneuronale dovuto all’etanolo, probabilmente gra-zie all’effetto antiossidante, inibiscono il rilasciodi acido arachidonico indotto dall’etanolo e l’at-tività della ciclossigenasi. La genisteina, la daidzei-na, l’equol, il cumestrolo e in generale i fitoestroge-ni che derivano dalla soia, si legano e attivanoentrambi i recettori degli estrogeni ERβ e ER‚(0.1-10 μM), ma la genisteina ha un’affinità piùalta per l’ER, inoltre quest’ultima inibisce la tiro-sin chinasi e ha sia un effetto estrogenico cheantiestrogenico (Makela et al., 1999). Agisconosulla differenziazione, sulla crescita e sulla pro-gressione del ciclo cellulare, inoltre hanno attivi-tà antiossidante e antiangiogenica. In particolarela genisteina ha un effetto sull’inibizione del17βsteroideossireduttasi, enzima necessario allaconversione degli androgeni in E2 (17βestradio-lo). Gli effetti dei fitoestrogeni che derivano dallasoia possono essere così elencati: inibizione dell’a-romatasi, azione sulla ciclossigenasi, sulla lipossi-

genasi, sulla colesterolo7α-idrossilasi, modulazio-ne dell’attività della topoisomerasi II e di alcunienzimi coinvolti nel turnover del fosfoinositide(PI), modulazione della cascata del segnale delTGF-β e aumento dei livelli dell’EGF edell’EGFR.

I fitoestrogeni sono attualmente utilizzatinelle donne in menopausa con una riduzione del30-50% degli episodi di vampate di calore con ilconsumo di 30 mg al giorno. Inoltre, l’assunzio-ne di fitoestrogeni è utile nella prevenzione del-l’osteoporosi nelle donne in menopausa in quan-to aumentano la densità minerale dell’osso, men-tre gli studi sull’effetto dei fitoestrogeni sulla pre-venzione del cancro sono controversi. Utili anchenella prevenzione degli accidenti che interessanol’apparato cardiovascolare: in soggetti che assu-mono quotidianamente 47g di proteine della soiaè stata dimostrata una diminuzione del 9% delcolesterolo totale e del 13% delle LDL, inoltre lacapacità degli isoflavoni di proteggere le LDL dal-l’ossidazione ostacola l’aggregazione piastrinica,poiché è stato dimostrato che le LDL ossidatefavoriscono tale evento. Gli isoflavoni, in partico-lare la genisteina, ostacolano la vasocostrizionedelle arterie coronarie indotta dall’acetilcolina eriducono l’accumulo di serotonina nelle piastri-ne, le cui proprietà vasocostrittive sono aumenta-te dal colesterolo alto e dall’aterosclerosi. Questirisultati sono stati confermati in uno studio su ungruppo di scimmie, che ricevevano una dietamolto ricca di grassi per un periodo di 6 mesi,addizionata con gli isoflavoni o con un placebo.In questi animali la riduzione del flusso sangui-gno in risposta all’iniezione endovenosa disostanze capaci di causare vasocostrizione erasignificativamente minore nelle arterie coronariedegli animali del gruppo che aveva assunto soiarispetto a quelli del gruppo placebo. Gli isoflavo-noidi inducono ritardi del ciclo mestruale ridu-cendo LH, FSH e progesterone e nei topi maschiesposti ai fitoestrogeni precocemente induconomalformazioni congenite e carcinoma testicolare.

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Figura 65. Rappresentazione della formula chimicadelle principali classi di flavonoidi

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La superficie oculare viene considerata comeun’unità ormono-dipendente e l’equilibrio traandrogeni ed estrogeni rappresenta un importan-te fattore trofico per la superficie oculare.L’effetto prevalente dei fitoestrogeni nel contestodella disfunzione lacrimale è quello di favorire laproduzione lipidica delle ghiandole di Meibomioe di regolarizzare la distribuzione di lipidi polari eneutri facilitando la ritenzione della componenteacquosa del film lacrimale e migliorando i sinto-mi di secchezza delle mucose in generale (Sullivanet al., 2002). A tale effetto si aggiunge la capacitàdi regolare la risposta infiammatoria medianteuna down-regulation dell’attività citochino-mediata (Beauregard et al., 2004; Oprea et al.,2004). In passato si è molto discusso su ipoteticieffetti collaterali dei fitoestrogeni, ma recentimeta-analisi e ben 174 trial clinici randomizzati econtrollati (Tempfer et al., 2009) riportano risul-tati assolutamente tranquillizzanti sull’apparatoginecologico (iperplasia endometriale, cancroendometriale), muscolo scheletrico, neurologico,polmonare e cardiovascolare che unitamente alriscontro di un effetto inibente la carcinogenesiattribuisce al trattamento con fitoestrogeni unampio profilo di sicurezza (Qin et al., 2006). Unvalido contributo alla soluzione degli aspettipatogenetici della sindrome da disfunzione lacri-male è dato dall’utilizzo di una razionale associa-zione tra fitoestrogeni (fieno greco estratto al50%, 200 mg), acido lipoico (100 mg) e DHA(240 mg) presenti in un nuovo prodotto comedimostrato da uno studio clinico randomizzato(Avitabile et al., 2009).

Lo studio di Ong e Tan (2007) ha posto l’at-tenzione sui fitoandrogeni, in quanto a differenzadei fitoestrogeni che sono stati ampiamentedescritti in letteratura, gli androgeni di originevegetale fino ad allora non erano stati studiati.Gli Autori hanno dimostrato che la corteccia del-l’albero di Eucommia ulmoides contiene fitoan-drogeni, sostanze che legandosi ai recettori per gliandrogeni sviluppano un effetto simile agli ormo-

ni steroidei. La nuova scoperta riportata in questostudio aggiunge i fitoandrogeni alla lista disostanze ormonomimetiche di origine vegetale.Tenendo conto degli effetti degli androgeni topi-ci sulla sindrome da disfunzione lacrimale si puòipotizzare come i fitoandrogeni possono miglio-rare la sintomatologia di questa patologia, masono necessari nuovi studi clinici.

5. Tetracicline L’effetto antimicrobico del trattamento orale

di tetracicline è stato riportato da Dougherty etal.(1991), Shine et al.(2003) e Ta et al. (2003).

È stato ipotizzato che una diminuzione dellaproduzione da parte della flora batterica di esoen-zimi lipolitici (Shine et al., 2003; Ta et al., 2003)e un’inibizione della produzione di lipasi(Dougherty et al., 1991) con una conseguentediminuzione dei prodotti di derivazione dai lipi-di di Meibomio (Shine et al., 2003) possa contri-buire al miglioramento dei parametri clinici nellemalattie associate all’occhio secco.

Le tetracicline hanno proprietà antinfiamma-torie e antibatteriche che possono renderle utiliper la gestione delle malattie infiammatorie cro-niche; questi agenti diminuiscono l’attività dellecollagenasi, fosfolipasi A2 e di molte metallopro-teasi e diminuiscono la produzione di interleuchi-na1 (IL-1) e di fattori di necrosi tumorale alfa(TNF-·) in un’ampia gamma di tessuti, inclusol’epitelio corneale (Solomon et al., 2000; Li et al.,2001, 2006). Ad alte concentrazioni le tetracicli-ne inibiscono le citochine e le chemochine indot-te da esotossine dello stafilococco (Krakauer etal., 2003; Voils et al., 2005).

Le tetracicline e gli antibiotici simili sono effi-caci nel trattamento della rosacea oculare(McDonald e Feiwel, 1972; Jansen e Plewig,1997; Stone e Chodosh, 2004), per la quale unasingola dose giornaliera di doxiciclina, derivatodella tetraciclina, potrebbe essere efficace

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(Frucht-Pery et al., 1989). Sebbene le tetraciclinesiano state usate per la gestione di questa malattianon sono state fatte delle sperimentazioni clini-che randomizzate, controllate con placebo, pervalutare la loro efficacia (Voils et al., 2005).

Oltre agli effetti antinfiammatori e antibatte-rici le tetracicline possiedono proprietà antiangio-genetiche che possono essere utili nei disordinicorrelati alla rosacea.

I fattori che promuovono l’angiogenesi sono:proteasi della matrice extracellulare, l’inattivazio-ne dell’inibitore del fattore di crescita endotelialee il rilascio di fattori angiogenici da parte dimacrofagi attivati (Wilkin, 1994; Sapadin et al.,2006).

Analogamente, è stato dimostrato che la mino-ciclina, derivata della tetraciclina, diminuisce laproduzione di digliceridi e di acidi grassi nellesecrezioni di Meibomio. Questo può essere dovu-to all’inibizione delle lipasi da parte dell’antibioti-co o ad un effetto diretto sulla flora oculare (Shineet al., 2003). Una sperimentazione clinica con-trollata, randomizzata effettuata sulle tetraciclinenella rosacea oculare ha messo a confronto imiglioramenti dei sintomi in 24 pazienti trattaticon tetraciclina o con doxiciclina (Frucht-Pery etal., 1993). Tutti i pazienti meno uno hanno ripor-tato un miglioramento dei sintomi dopo 6 setti-mane di terapia. Non è stato effettuato nessungruppo placebo in questa sperimentazione.

Una sperimentazione randomizzata, in dop-pio cieco, controllata con gruppo placebo e concross-over parziale ha messo a confronto l’effettodell’ossitetraciclina sui sintomi di blefarite con osenza rosacea. Solo il 25% dei pazienti con blefa-rite senza rosacea ha risposto all’antibiotico, men-tre il 50% ha risposto laddove si riscontrava lapresenza di entrambe le malattie (Seal et al.,1995). In un’altra sperimentazione clinica effet-tuata su 10 pazienti sia con acne rosacea e conco-mitante meibomite che con acne rosacea senzaimplicazioni oculari concomitanti o blefariteseborroica, l’assunzione giornaliera di minociclina

50 mg al giorno per 2 settimane seguita dall’as-sunzione di 100 mg giornalieri per un periodototale di 3 mesi ha diminuito sensibilmente laflora batterica (p=0.0013). Sono stati notati deimiglioramenti clinici in tutti i pazienti affetti dameibomite (Ta et al., 2003).

A causa del miglioramento notato in una pic-cola sperimentazione clinica di pazienti affetti dameibomite, l’American Academy of Ophthal -mology raccomanda l’uso cronico di doxicilina otetraciclina per la gestione della meibomite(McCulley et al., 1982). Sono necessarie dellesperimentazioni cliniche più vaste, controllate dagruppo placebo, randomizzate e volte alla valuta-zione del miglioramento dei sintomi, per chiarireil ruolo di questo antibiotico nel trattamento perla blefarite (Voils et al., 2005). I derivati dellatetraciclina (es. minociclina, doxiciclina) sonosta ti raccomandati come eventuali opzioni ditrattamento per la blefarite cronica a causa dellaloro alta concentrazione nei tessuti, bassa elimi-nazione renale, lungo periodo di assimilazione,alto livello di legame alle proteine del siero ediminuzione del rischio di fotosensibilizzazione(Hoeprich e Warshauer, 1974).

Molti studi hanno descritto gli effetti beneficidella minociclina e di altri derivati della tetraciclina(es. doxiciclina) nel trattamento della blefarite croni-ca (Hoeprich e Warshauer, 1974; Gulbenkian et al.,1980; Dougherty et al., 1991; Shine et al., 2003).

Gli studi hanno dimostrato dei cambiamentisignificativi nei parametri delle lacrime, come ilvolume lacrimale e il flusso lacrimale, a seguitodel trattamento con i derivati della tetraciclina(es. minociclina). Uno studio ha dimostrato unadiminuzione della produzione della componenteacquosa lacrimale che si verificava insieme almiglioramento clinico (Aronowicz et al., 2006).

Uno studio randomizzato, prospettico con-dotto da Yoo et al. (2005) ha messo a confron-to le differenti dosi di doxiciclina in 150 pazien-ti (300 occhi) affetti da disfunzione cronicadelle ghiandole di Meibomio che non risponde-

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vano all’igiene palpebrale e alla terapia topicaper più di 2 mesi. Ogni terapia topica è statainterrotta almeno 2 settimane prima dell’iniziodello studio. Dopo aver determinato il TFBUTe i valori del test di Schirmer, i pazienti sonostati divisi in tre gruppi: un gruppo trattato conalto dosaggio (doxiciclina, 200 mg, due volte algiorno), un gruppo trattato con basso dosaggio(doxiciclina, 20 mg, due volte al giorno) e ungruppo di controllo (placebo). Dopo un mese ilTFBUT, il punteggio di Schirmer e i sintomisono migliorati. I gruppi trattati con basso ealto dosaggio hanno registrato un miglioramen-to statisticamente significativo nel TFBUTdopo il trattamento. Questo significa che unaterapia a basso dosaggio di doxiciclina (20 mgdue volte al giorno) può essere efficace neipazienti affetti da disfunzione cronica delleghiandole di Meibomio. In un esperimentocondotto sui topi con occhio secco, la doxicicli-na topica si è dimostrata utile per preservare l’in-tegrità dell’epitelio corneale e la regolarità dellafunzione di barriera (De Paiva et al., 2006). Haanche preservato l’integrità delle giunzioni del-l’epitelio corneale nell’occhio secco e ha portatoad una marcata diminuzione della desquama-zione delle cellule epiteliali corneali apicali (DePaiva et al., 2006). Questo corrispondeva aduna diminuzione della proteina MMP-9 nell’e-pitelio corneale e ad una riduzione dell’attivitàdelle gelatinasi nell’epitelio corneale e nellelacrime (De Paiva et al., 2006).

In definitiva la somministrazione sistemicadelle tetracicline è ampiamente riconosciuta perla sua capacità di eliminare l’infiammazione emigliorare i sintomi della meibomite (Esterly etal., 1984; Browning e Proia, 1986). Non è statastabilita però una tabella del dosaggio ottimale,tuttavia sono stati proposti dei dosaggi che inclu-dono la doxiciclina 50 o 100 mg una volta algiorno (Gilbard, 2005) o una dose iniziale di 50mg al giorno per le prime 2 settimane seguita dauna dose di 100 mg una volta al giorno per unperiodo di 2.5 mesi, in maniera alternata(Dougherty et al., 1991; Shine et al., 2003; Ta etal., 2003; Aronowicz et al., 2003). Sono stati pro-posti altri programmi a basso dosaggio di doxici-clina (20 mg) per il trattamento della blefaritecronica a lunga scadenza (Yoo et al., 2005). Unostudio ha suggerito che l’assunzione di minocicli-na 100 mg/die per tre mesi potrebbe essere suffi-ciente a tenere sotto controllo importanti meibo-miti, nello studio è stato effettuato un controlloper almeno tre mesi dopo la fine della terapia(Aronowicz et al., 2003).

La questione della sicurezza associata alla tera-pia a lungo termine di tetracicline orali, tra cui laminociclina, è stata ampiamente dibattuta. Moltiprotocolli terapeutici consigliano l’uso di tetraci-clina e suoi derivati, tuttavia bisogna considerareun’adeguata e sicura gestione del farmaco a causadelle nuove informazioni riguardo gli effettipotenzialmente pericolosi dell’uso prolungato diantibiotici orali.

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eicosapentaenoico o EPA (20:5 ω-3), l’acido doco-sapentaenoico (22:5 ω-3) e l’acido docosaesaenoi-co o DHA (22:6 ω-3). EPA e DHA sono i piùimportanti acidi grassi a lunga catena della serieomega-3 e svolgono nell’organismo umano fun-zioni strutturali e funzionali. L’acido α-linoleni-co deve essere trasformato in EPA e DHA peresercitare gli effetti biologici determinanti perl’ottimale funzionamento del cervello, della reti-na e delle gonadi esplicando un’azione protetti-va nei confronti del processo aterosclerotico edell’insorgenza di malattie cardiovascolari. Iprincipali acidi grassi omega-6 sono: l’acidolinoleico (18:2 ω-6), l’acido γ-linolenico (18:3 ω-6), l’acido diomo-γ-linolenico (20:3 ω-6) e l’acidoarachidonico (20:4 ω-6). Gli acidi grassi omega-6 sono precursori dell’acido arachidonico e dialcuni mediatori lipidici pro-infiammatori(PGE2 e LTB4) mentre alcuni acidi grassiomega-3 (es. l’EPA che si trova nell’olio dipesce) inibiscono la sintesi di questi mediatorilipidici e bloccano la produzione di IL-1 e TNF-α (Endres et al., 1989; James et al., 2000) (Fig.66-67).

Nella tipica alimentazione occidentale siconsumano quantità di omega-6 maggiori di20-25 volte rispetto alle quantità di omega-3(Fig. 68).

In uno studio prospettico, controllato con grup-po placebo su acidi grassi essenziali, l’acido linolei-co e l’acido gamma linoleinico sono stati sommini-strati oralmente due volte al giorno, i risultatihanno evidenziato un significativo miglioramentodei sintomi dell’irritazione oculare e della colorazio-ne della superficie oculare con verde di lissamina

Tra gli acidi grassi essenziali ci sono gli acidigrassi polinsaturi, omega-6 e omega-3, così dettia causa del fatto che la loro catena comprendevari doppi legami. Il nome di questi compostideriva dalla posizione del primo doppio legameiniziando il conteggio dal carbonio terminale(carbonio ω ovvero carbonio n), contando dalcarbonio ω il primo doppio legame che si incon-tra occupa il sesto rango nel caso dell’omega-6,il terzo rango nel caso dell’omega-3. Questi ven-gono riportati con il numero degli atomi di car-bonio (es. 18, 20...) e con il numero dei doppilegami (es. 3, 4, 5...). L’acido linoleico e l’acidoα-linolenico, rispettivamente precursori degliacidi grassi omega-6 e omega-3, sono acidi gras-si essenziali, in quanto l’organismo umano nonè in grado di sintetizzarli da altri acidi grassi. Gliacidi grassi omega-3 più comuni sono: l’acido α-linolenico (18:3 ω-3), l’acido stearidonico (18:4ω-3), l’acido eicosatetraenoico (20:4 ω-3) l’acido

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Acidi grassi essenziali

Figura 66. Effetto degli acidi grassi essenziali omega3 eomega6

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(Barabino et al., 2003) (Fig. 69). È stata ancheosservata una diminuzione dell’espressione di

HLA-DR congiuntivale. È stato prospettato un suoutilizzo nella sindrome da disfunzione lacrimale.

Figura 67. Rappresentazionedell’azione degli acidi grassiessenziali omega3 e omega6

Figura 68. Rapporto omega3 / omega6 nell’alimentazioneoccidentale (SSO: Sindrome di secchezza oculare)

Figura 69. Riduzione del rischio di occhio secco conl’assunzione di acidi grassi omega3 (SSO: Sindrome disecchezza oculare)

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Nel trattamento dell’occhio secco assume rile-vanza anche l’igiene palpebrale in quanto la dis-funzione delle ghiandole di Meibomio può esserecausa di questo processo. Il paziente va quindieducato alla pulizia del bordo palpebrale, allaspremitura delle ghiandole di Meibomio e a un’a-deguata alimentazione. I detergenti palpebrali

assumono notevole rilevanza in questo processo acui deve seguire una spremitura ghiandolare dellarima superiore e inferiore intervallati da impacchidi soluzione salina calda (circa 45 °C) per 3-4minuti. La durata del trattamento è di 20 gior-ni/mesi a giorni alterni. Per ulteriori indicazionisi fa riferimento al paragrafo sulle tetracicline.

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Igiene palpebrale

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degli occhi per diminuire l’apertura interpalpebra-le e i pazienti dovrebbero essere incoraggiati aprendersi delle pause chiudendo gli occhi durantela lettura o il lavoro prolungato al computer (Fig.70) (Tsubota e Nakamori, 1993). Si raccomandaun ambiente umidificato per ridurre l’evaporazio-ne lacrimale che è di 0.1 μl al minuto, circa l’8%delle lacrime prodotte che corrispondono approsi-mativamente a 1,2 μl al minuto. Ciò è particolar-

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I fattori che possono ridurre la produzionelacrimale o aumentarne l’evaporazione, comel’uso di farmaci anticolinergici sistemici (es. anti-staminici e antidepressivi) e le condizioni am bien -tali sfavorevoli (p.es. scarsa umidità e am bienticon aria condizionata) dovrebbero essere mini-mizzati o eliminati (Seedor et al., 1986; Mader eStulting, 1991; Moss et al., 2000). I terminalivideo dovrebbero essere inclinati sotto il livello

Trattamento dei fattori ambientali

Figura 70. Importanza nel trattamento dei fattoriambientali per migliorare le condizioni nella sindromeda disfunzione lacrimale

Figura 71. Importanza del trattamento dei fattoriambientali, in specie l’aria, per l’occhio secco

Figura 72. Diversi tipi di occhiali protettivi per iltrattamento dell’occhio secco

Figura 73. Trattamento del lagoftalmo notturno per laprotezione dell’occhio secco

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mente utile in paesi con clima secco e ad altequote. A questo proposito è importante che l’ariasia pulita, priva di fumi e inquinanti, umida etranquilla, con un flusso basso evitando di aprirele finestre (Fig. 71). È utile l’uso di occhiali pro-tettivi contro il calore, contro il freddo e soprat-tutto quando si cammina infatti, camminare a 6Km/h equivale a ricevere una corrente d’aria sugli

occhi di 1,6 m/s (Fig. 72). Infine, Il lagoftalmonotturno può essere trattato con l’applicazione diocchialini di protezione, con bendaggio occlusivoo con tarsoraffia (Fig. 73). È anche usata la chiu-sura forzata delle palpebre o il loro massaggio (Fig.74). Da non sottovalutare la sofferenza del pazien-te e il circolo vizioso che si innesta quando non siriesce a placare i sintomi (Fig. 75).

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Figura 74. Chiusura palpebrale forzata e massaggiopalpebrale per il trattamento dell’occhio secco

Figura 75. Circolo vizioso innescato dalla mancatarisoluzione dei sintomi dell’occhio secco

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1. Chirurgia palpebraleGli interventi di chirurgia palpebrale sono

eseguiti a seconda della gravità della patologia.Nei casi di lieve gravità può essere praticata unacisternoplastica dell’angolo esterno tenendo contoche la cisterna naturale contiene 1μl di lacrime.Mentre, nei casi più gravi, si consiglia la blefaro-raffia o tarsoraffia e la cantopessia. La tarsoraffia,completa e parziale, viene praticata quando ilpaziente non è più collaborante e non è in gradodi autosomministrarsi la terapia, mettendo agrave rischio l’integrità della cornea. Nei casi incui le condizioni del paziente migliorino, la tarso-raffia può essere riaperta, ripristinando la classicaconformazione palpebrale. In alcuni casi è diffici-le però poter regolarizzare perfettamente la palpe-bra provocando in questo modo dei danni esteti-ci al paziente, in altri casi, invece, una volta aper-ta la tarsoraffia, può persistere un fastidioso ectro-pion della palpebra inferiore, determinato dallalassità cutanea, con un conseguente lagoftalmocronico. In questi casi e in quelli in cui vi è unlagoftalmo cronico primitivo con presenza di unmarcato ectropion, la cantopessia laterale edeventualmente l’immissione di una placca d’oro alivello della palpebra superiore rappresenta il trat-tamento di elezione.

La cantopessia laterale è un intervento pococonosciuto e poco diffuso. Rispetto alla classicatarsoraffia rappresenta un approccio più idoneoed esteticamente migliore con vantaggi soprattut-to funzionali. Con questo tipo di chirurgia la pal-pebra viene innalzata e messa sotto tensione inmodo tale che la chiusura palpebrale risulti note-

volmente migliorata, le lacrime siano contenutenel fornice congiuntivale inferiore e il sistemalacrimale possa funzionare in modo adeguato. Lacantopessia si esegue facendo un’incisione cuta-nea a livello del canto esterno, tagliando il tessu-to muscolare e il legamento laterale, successiva-mente viene esposto il periostio nella sua porzio-ne zigomatica, la palpebra inferiore viene tagliatacon una incisione verticale a tutto spessore a livel-lo del canto esterno e la parte mediale del tarsoviene agganciata con un filo non riassorbibile alperiostio. Vanno solitamente eseguiti due puntidi ancoraggio per ottenere una maggior tenuta, laferita viene poi suturata sia nei piani profondi chenei piani cutanei. Questa procedura chirurgicaaumenta notevolmente i vantaggi sia soggettiviche oggettivi e in molti casi rappresenta da solaun valido ed efficace presidio chirurgico. A com-pletamento della cantopessia laterale, in alcunicasi di gravità severa, vi è la possibilità di inserireuna protesi d’oro, di diverso peso, a livello dellapalpebra superiore ancorandola saldamente altarso. In questi pazienti è necessario inoltre ese-guire una chiusura ermetica del muscolo orbico-lare onde evitare una possibile estrusione dellaplacca. L’immissione della placca può essere ese-guita contemporaneamente alla cantopessia late-rale, aumentando così la pesantezza e di conse-guenza la capacità passiva della palpebra di chiu-dersi in posizione prona. L’associazione della can-topessia e dell’immissione della placca d’oro portaa un miglioramento del meccanismo volontariodi chiusura della palpebre e conseguentemente sipuò notare una regressione delle alterazioni cor-neali con scomparsa della cheratite e una riduzio-

Trattamento chirurgico

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ne dei sintomi soggettivi di lacrimazione e bru-ciore.

Un ulteriore correzione dinamica detta ancheblefaroptosi indotta (1 mm riduce la superficie di30 mm2), si pratica con il posizionamento di unpesino d’oro nello spessore della palpebra supe-riore di adeguate dimensioni e peso al fine di con-sentire un buon recupero della dinamica palpe-brale. Questi pesini d’oro vengono confezionatisu misura dopo una attenta valutazione del pesomigliore e la presa di un calco della palpebrasuperiore in modo da avere una protesi aurea per-fettamente conformata alla palpebra che la dovràospitare. L’intervento viene eseguito in anestesialocale, si fissa la protesi aurea al tarso dopo averpreparato una tasca cutaneo–muscolare, siappongono dei piccoli punti di sutura cutaneiche verranno asportati dopo una settimana, adistanza di 20-30 giorni non residuano evidenticicatrici.

2. Trapianto di membranaamniotica

La membrana amniotica è lo strato più internodel sacco amniotico, istologicamente è compostadall’epitelio, da una spessa membrana basale e dauno stroma avascolare. Viene ottenuta da madrisieronegative (per i virus dell’epatite B e C, per lasifilide e l’AIDS) sottoposte a parto cesareo.Dopo essere stata separata dal sottostante corion,la membrana amniotica viene preparata e conser-vata in modo da poter essere utilizzata successiva-mente (Fig. 76).

L’epitelio è costituito da un unico strato di cel-lule variabili da piatto a cubico, a cilindrico. Lavariabilità è in relazione al periodo di sviluppofetale e alla localizzazione e infatti le cellule cilin-driche sono osservate vicino al margine della pla-centa, mentre le cellule piatte nelle parti più peri-feriche. Le cellule epiteliali sono ricoperte danumerosi microvilli la cui superficie è ricoperta

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Figura 76. Prelievo e conservazione della membranaamniotica per il trattamento delle complicanze indottedalla sindrome da disfunzione lacrimale

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da glicocalici con un’alta concentrazione di siti dilegame anionici. All’interno delle cellule è statadimostrata la presenza di un citoscheletro chemantiene l’integrità della forma cellulare, forma-to da actina, spectrina, citocheratina, vimentina edesmoplachina. Un sistema specializzato di fila-menti gli conferisce un ruolo nell’integrità strut-turale, nella modulazione della forma cellulare enella permeabilità giunzionale.

La membrana basale su cui poggiano le celluleepiteliali è costituita da collagene tipo IV, V eVII, contiene laminina, fibronectina e proteogli-cani eparan solfato e ha perciò una strutturamolto simile alla membrana basale della congiun-tiva.

Lo stroma sottostante alla lamina basale èinvece formato da uno strato compatto di fibrillecollagene tipo I e III di 18 e 50nm intrecciate traloro e connesse da fibronectina, secrete dalle cel-lule epiteliali. Al di sotto dello stroma vi è poiuno strato di fibroblasti.

L’applicazione della membrana amniotica si èrivelata efficace nel migliorare il grado di infiam-mazione e il danno della superficie oculare(Barabino et al., 2003). In particolare, l’applica-zione di una patch di membrana per le sue pro-prietà di tessuto ricco di fattori di crescita è statain grado di diminuire in maniera significativa sial’espressione di HLA-DR sulle cellule congiunti-vali, sia il grado di colorazione con verde di lissa-mina, oltre ai sintomi dei pazienti. Gli effettisulla superficie oculare sono numerosi, favoriscela riepitelizzazione della cornea e della congiunti-va, ha un’attività antiinfiammatoria, inibisce laproliferazione del tessuto fibroso e i processi dineovascolarizzazione. Il trapianto di membranaamniotica si è dimostrato una tecnica efficace perla ricostruzione della superficie oculare nel tratta-mento di difetti epiteliali persistenti, ulcere cor-neali sterili, condizioni di deficit parziale dellecellule staminali, cheratopatia bollosa e numerosealtre patologie della cornea.

Condizioni indispensabili al trapianto della

membrana amniotica sono accertare la naturanon infettiva della lesione e l’integrità del limbusdove sono contenute le cellule staminali dell’epi-telio corneale. L’applicazione della membranaamniotica sulla cornea può essere effettuata dopoaver rimosso l’epitelio danneggiato e in sfalda-mento secondo due tecniche: la “graft” e la“patch”. Mediante la tecnica graft si innesta lamembrana amniotica con l’epitelio rivolto versol’alto, utilizzando così la membrana basale comesubstrato per la crescita dell’epitelio, mentre conla tecnica patch si innesta con l’epitelio rivoltoverso il basso, dal momento che l’epitelio devemigrare sulla cornea e non sulla membranaamniotica. La membrana viene fissata alla corneasottostante con punti singoli in nylon 10/0 e altermine dell’intervento si applica una lente a con-tatto (Fig. 77). Nelle ulcere corneali stromali enelle piccole perforazioni la base e le pareti del-l’ulcera vengono detersi con asciughini di cellulo-sa. L’epitelio lasso viene rimosso sino a raggiunge-re la zona in cui l’epitelio sano è aderente allamembrana di Bowman. L’area esposta serve dabase solida per l’adesione della membrana e sti-mola la sua riepitelizzazione da parte dell’epiteliosano limitrofo. La membrana viene distesa e posi-zionata in modo da coprire l’ulcera (epitelio rivol-to verso l’alto) e a seconda della profondità e dellaconfigurazione del difetto uno o più strati vengo-no sovrapposti l’uno sull’altro per riempire lacavità. Se l’ulcera è profonda si può riempirla conpiccoli frammenti di membrana e ricoprire poitutta la cornea con un unico strato di membrana(tecnica multistrato). Gli strati inferiori rimango-no liberi, senza suture, coperti dallo strato supe-riore della membrana.

Le complicanze riguardo l’utilizzo della mem-brana amniotica riportate in letteratura sono rare.È stato riportato da Gabler et al. (2000) un casodi ipopion dopo ripetizione dell’innesto di mem-brana amniotica in una paziente di 78 anni conun’ulcera corneale trofica profonda. Componentiimmunologiche, tossiche e di ipersensibilità pos-

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sono avere contribuito all’irite con ipopion com-parsa dopo i ritrattamenti, ma non immediata-mente dopo l’impianto. In caso di ripetute proce-dure, l’uso di membrana amniotica da donatoridiversi può aiutare a minimizzare il rischio diun’immediata infiammazione intraoculare.

Quanto riportato spiega il razionale dell’uti-lizzo di questo trattamento nelle lesioni cornealigravi a seguito della sindrome da disfunzionelacrimale.

3. Autotrapianto delle ghiandole salivarisottomandibolari

L’autotrapianto delle ghiandole salivari sot-

tomandibolari è in grado di compensare l’insuf-ficienza delle mucine e della componenteacquosa del film lacrimale. Con un’appropriataanastomosi microvascolare, l’80% dei trapiantiva a buon fine.

Nei pazienti con una totale deficienzadella componente acquosa nel film lacrimale,i trapianti di ghiandole sottomandibolari, nellungo periodo, forniscono un notevolemiglioramento del FBUT, del test diSchirmer, della colorazione rosa bengala, conuna riduzione del discomfort oculare e inol-tre riducono la necessità di sostituti lacrimaliartificiali.

Questo intervento è indicato solo per ipazienti affetti da occhio secco in stadio finaledella malattia con totale deficit della compo-

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Figura 77. A) Il verde di lissamina evidenzia il difetto dell’epitelio congiuntivale e corneale in una paziente affetta dasindrome dell’occhio secco in cui la terapia con sostituti lacrimali e antinfiammatori non aveva prodotto unmiglioramento del quadro clinico. B-C) La membrana amniotica viene applicata sulla superficie oculare e le estremitàtagliate prima del posizionamento di una lente a contatto ad alta permeabilità per l’ossigeno. D) Dopo 48 ore vengonorimosse membrana amniotica e lente a contatto e la superficie oculare si presenta migliorata (da Barbarino et al., 2003)

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nente acquosa (test di Schirmer di 1 mm omeno), un epitelio di superficie congiuntivaliz-zato e dolore acuto persistente malgrado l’oc-clusione dei puntini e almeno un’applicazionel’ora di sostituti lacrimali senza conservanti. Acausa dell’iposmolarità della saliva, rispetto allelacrime, un’eccessiva lacrimazione salivare puòportare ad un edema corneale microcistico, cheè temporaneo, ma può determinare difetti del-l’epitelio (Geerling et al., 2000). Alcuni studihanno evidenziato come per questi pazientiquesto tipo di operazione chirurgica sia ingrado di ridurre il discomfort in manierasostanziale, ma spesso non ha alcun effettosulla difficoltà visiva che questi pazienti lamen-tano (Geerling et al., 1998; Schroder et al.,2002).

4. Trapianto di mucosa labialeLo studio recente di Gomes et al. (2009) ha

valutato l’efficacia del trapianto della mucosalabiale nel trattamento del simblefaron e dell’oc-chio secco in pazienti con sindrome di Stevens-Johnson. I pazienti sottoposti al trapianto hannoeffettuato prima e dopo l’intervento lo Schirmertest. Tutti i pazienti dopo l’intervento chirurgicohanno subito un miglioramento del quadro clini-co, nel 90% dei casi lo Schirmer test è aumenta-to di 0.5 mm, in un solo paziente è aumentato di6 mm. In questo studio preliminare, il trapiantodi mucosa labiale ha presentato buoni risultati neltrattamento dei pazienti con simblefaron severo econ occhio secco secondario alla sindrome diStevens-Johnson.

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In discussione è l’uso di trattamenti alternativicome l’iniezione di tossina botulinica (Botox), dicui l’iniezione della palpebra può in alcuni casi, manon in tutti, migliorare i sintomi mentre l’iniezio-ne nella ghiandola lacrimale induce una riduzione

della produzione lacrimale (metodica usata a scoposperimentale in modelli animali per indurre l’oc-chio secco) migliorando l’epifora. Inoltre, potreb-be avere effetti benefici positivi l’agopuntura, l’e-lettroterapia e la terapia erboristica cinese.

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Approcci alternativi

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Per le indicazioni di trattamento sono statirivisti da Matoba et al. (2003) e Behrens et al.(2006) il Dry Eye Preferred Practice Patternsdell’American Academy of Ophthalmology el’International Task Force (ITF) Delphi Panelsul trattamento dell’occhio secco prima di for-mulare le linee guida a questo riguardo. È statopreferito tra i due metodi quello scelto dall’ITF,che si basa sul livello di gravità della malattia edè stata elaborata una revisione dello schema diclassificazione del ITF che così contiene 4 livel-li di gravità basati sui segni e i sintomi (Tab. 5)(Fig. 78). Per ciascun livello di gravità vienescelto un trattamento tra le varie terapie che

Indicazioni di trattamento

Livelli di gravità 1 2 3 4

Discomfort, gravità Lieve e/o sporadico Moderato, Grave, Grave e/oe frequenza sotto stress episodico o cronico, frequente o costante disabilitante

con o senza stress senza stress e costante

Sintomi visivi Nessuno o lieve Fastidioso e/o Fastidioso, cronico Costante e/ofatica sporadica episodico con e/o costante con possibilmente

limitazione attività limitazione attività disabilitante

Iniezione congiuntivale Nessuna - lieve Nessuna - lieve +/- +/++

Colorazione congiuntivale Nessuna - lieve Variabile Moderata marcata Marcata

Colorazione corneale Nessuna - lieve Variabile Marcata centrale Gravi erosioni puntate

Segni lacrimali/corneali Nessuna - lieve Lievi detriti, Cheratite filamentosa, Cheratite filamentosa,↓menisco grumi di muco, grumi di muco,

↑detriti lacrimali ↑detriti lacrimali, ulcerazioni

Ghiandole palpebrali/ MGD presente MGD presente Frequente Trichiasi,di Meibomio in maniera variabile in maniera variabile cheratinizzazione,

simblefaron

TFBUT (sec) Variabile ≤ 10mm ≤ 5mm Immediato

Punteggio Schirmer Variabile ≤ 10mm ≤ 5mm ≤ 2mm(mm/5min)

Tabella 5. Segni e sintomi della sindrome da disfunzione lacrimale divisi per 4 livelli di gravità

Figura 78. Rappresentazione dei 4 livelli di gravitàdella sindrome da disfunzione lacrimale basati sui segnicorneali e congiuntivali

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hanno presentato efficacia scientificamentedimostrata (Tab. 6). Le indicazioni di tratta-mento per livello di gravità sono presentate nellatabella 7.

Va notato che queste indicazioni possonoessere modificate dagli specialisti secondo il pro-

N. PESCOSOLIDO, M. EVANGELISTA • I principi terapeutici nella sindrome da disfunzione lacrimale

Trattamenti per la sindrome da disfunzione lacrimale

Sostituti lacrimali artificiali

Gel / pomate

Occlusione del puntino lacrimale

Occhiali a camera umida

Lenti a contatto

Secretagoghi

Siero

Agenti antinfiammatori

Immunosoppressori sistemici

Acidi grassi essenziali

Chirurgia (chirurgia palpebrale, trapianto di membrana amniotica, trapianto di ghiandole salivari)

Tabella 6. Trattamenti per la sindrome da disfunzionelacrimale

Indicazioni di trattamento per livelli di gravità

Livello 1

Modifiche comportamentali, ambientali/alimentariSospensione di farmaci sistemici scatenantiSostituti lacrimali artificiali, gel/pomateIgiene palpebrale

Livello 2

Se i trattamenti del livello 1 sono inadeguati aggiungere:

Antinfiammatori Tetracicline (rosacea e meibomite)Punctal plugSecretagoghi Occhiali a camera umida

Livello 3

Se i trattamenti del livello 2 sono inadeguati aggiungere:

Siero autologo topicoLenti a contattoOcclusione del puntino lacrimale permanente

Livello 4

Se i trattamenti del livello 3 sono inadeguati aggiungere:

Agenti antinfiammatori sistemiciChirurgia (chirurgia palpebrale, trapianto di mem-brana amniotica, trapianto di ghiandole salivari)

Tabella 7. Indicazioni di trattamento per livelli di gravità della sindrome da disfunzione lacrimale

Figura 79. Meccanismiprincipali della sindrome dadisfunzione lacrimale. In rosso:analisi di laboratorio proposteper un profilo C lacrimale (daVersura, 2009)

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filo del paziente e l’esperienza clinica e dopoopportune analisi di laboratorio diagnostico(profilo C lacrimale) (Versura, 2009) (Fig. 79).

Le indicazioni terapeutiche per il livello digravità 4 includono interventi chirurgici per

trattare o prevenire complicazioni corneali chepossono mettere a rischio la funzione visiva.

Un ulteriore classificazione della sindromeda disfunzione lacrimale per criteri di gravità èdescritta nella tabella 8.

Gruppi Punteggio sintomi BUT (sec) Punteggio Punteggiocolorazione colorazione

congiuntivale corneale

No SDL ≤ 20 > 7 0 0

SDL 1 > 20 ≤ 7 ≥ 3 ≤ 2

SDL 2 > 20 ≤ 7 ≥ 3 ≤ 8

SDL 3 > 20 ≤ 7 ≥ 3 > 8, inclusa cornea centrale o filamenti

SDL 4 > 20 ≤ 7 ≥ 3 ≥ 12

Tabella 8. Classificazione dellasindrome da disfunzione lacrimale

per livelli di gravità (da Chen etal., 2009) SDL: sindrome da

disfunzione lacrimale. Punteggiodei sintomi calcolato con il

questionario OSDI (OcularSurface Disease Index)

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