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Hugvísindasvið Maria Montessori La sua vita, il suo metodo ed “Il bambino in famiglia” Ritgerð til B.A.-prófs Sigrún Ása Magnúsdóttir Maí 2011

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Page 1: Sigrún Ása Magnúsdóttir - Skemman

Hugvísindasvið

Maria Montessori

La sua vita, il suo metodo ed “Il bambino in famiglia”

Ritgerð til B.A.-prófs

Sigrún Ása Magnúsdóttir

Maí 2011

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Háskóli Íslands

Hugvísindasvið

Ítalska

Maria Montessori

La sua vita, il suo metodo ed “Il bambino in famiglia”

Ritgerð til B.A.-prófs

Sigrún Ása Magnúsdóttir

Kt.: 0703852289

Leiðbeinandi: Maurizio Tani

Maí 2011

Page 3: Sigrún Ása Magnúsdóttir - Skemman

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Formáli

Í þessari ritgerð mun ég fjalla um heimsfræga konu að nafni Maria Montessori.

Hún var mikill frumkvöðull, var á meðal fyrstu ítölsku kvenna til að nema læknisfræði

og hún var fyrsta konan til að fá mynd af sér prentaða á peningaseðil, en hún var

prentuð á gömlu eitt þúsund líra seðlana.

Fyrrihluti ritgerðarinnar fjallar um Mariu Montesstori, hennar ævi og frægu

aðferð hennar í uppeldismálum sem notuð er víða um heim og nýtur mikilla vinsælda.

Maria er þekkt fyrir að vera einstakur og frumlegur kennari sem umbylti meintum

hugtökum í kennslufræðum og sýndi fram á hversu mikið býr í börnum. Hún ferðaðist

mikið og lá leið hennar meðal annars um Evrópu, Ameríku og Indland, í þeim tilgangi

að kynna aðferð sína um “uppgötvun barnsins”, en einnig til að læra af menningu og

uppeldisvenjum annarra þjóða og boða frið.

Síðari hluta ritgerðarinnar fjallar um bókina “Il bambini in famiglia” eða “Barnið

í fjölskyldunni” en hún er byggð á fyrirlestrum Mariu Montessori sem haldnir voru árið

1923 í Brussel. Hann hefst á umfjöllun um bókina sjálfa, svo kemur stuttur inngangur

að þýðingarfræði og vandamálum sem ég þurfti að glíma við í þýðingunni og að lokum

þýðing mín, en ég valdi tvo kafla úr bókinni til þýðingar, sá fyrri heitir “Il neonato” eða

“Nýfædda barnið” og sá síðari “Maestro d´amore” eða “Kennari ástarinnar”.

Ég vil þakka leiðbeinandanum mínum, Maurizio Tani fyrir alla aðstoðina. Einnig

vil ég þakka unnusta mínum, Sigurði Jóni Sigurðsyni sem og foreldrum mínum, Auði

Gunnarsdóttur og Magnúsi Rúnari Jónssyni, fyrir allan stuðning og fyrir að hugsa um

börnin mín af mikilli alúð og umhyggju á meðan ég vann að þessari ritgerð.

Kópavogur, 5. maí 2011

________________________________

Sigrún Ása Magnúsdóttir

Page 5: Sigrún Ása Magnúsdóttir - Skemman

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Indice

INTRODUZIONE ...................................................................................................................................... 6

MARIA MONTESSORI ............................................................................................................................. 8

LA BIOGRAFIA .............................................................................................................................................. 8

IL METODO ................................................................................................................................................ 15

IL BAMBINO IN FAMIGLIA .................................................................................................................... 20

INTRODUZIONE AL LIBRO .............................................................................................................................. 20

LA TRADUZIONE ................................................................................................................................... 22

INTRODUZIONE ALLA TRADUZIONE .................................................................................................................. 22

PROBLEMI DI TRADUZIONE INCONTRATI ........................................................................................................... 26

TESTO ORIGINALE ITALIANO ................................................................................................................ 29

IL NEONATO ............................................................................................................................................... 29

MAESTRO DʼAMORE .................................................................................................................................... 30

TRADUZIONE ISLANDESE ..................................................................................................................... 31

NÝFÆDDA BARNIÐ ...................................................................................................................................... 31

KENNARI ÁSTARINNAR ................................................................................................................................. 36

CONCLUSIONI ...................................................................................................................................... 39

BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................... 41

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Introduzione

Il tema di questa tesina riguarda una persona molto famosa nel mondo di nome Maria

Montessori, una delle prime donne a laurearsi in medicina dopo lʼunità dʼItalia. In Italia

Maria Montessori è stata la prima figura femminile a comparire su una banconota

italiana, ossia sulle vecchie mille lire. In questa tesina illustro la vita e le opere di

questa grande personalità.

La prima parte della tesina tratta di Maria Montessori, della sua vita e del suo famoso

metodo. Maria Montessori ѐ conosciuta dal grande pubblico come educatrice di

straordinaria originalità e innovazione, come colei che rivoluzionò le concezioni

scolastiche e rivelò le grandi e fino a quel momento in gran parte sconosciute

potenzialità dei bambini. Il suo famoso “Metodo” ѐ utilizzato in tutto il mondo, per

altro più allʼestero che in Italia, suo paese natale, e trova applicazione anche dove non

viene ufficialmente citato. Maria Montessori ѐ però molto più di questo. Ambasciatrice

di pace, viaggiò instancabilmente in Europa, America, India per realizzare la sua

missione, quella di annunciare “la scoperta del bambino₺(Giovetti 2009, 9).

La seconda parte della tesina parla del libro di Maria Montessori che ho scelto e che si

intitola “Il bambino in famiglia”. Il libro raccoglie una serie di testi tratti da alcune

conferenze tenute nel 1923 a Bruxelles, in cui Maria Montessori traccia le proprie

proposte per una scuola “nuova”. Ho inoltre tradotto due capitoli del libro, “Il

neonato” e “Maestro d´amore”, che ritengo le parti più interessanti della raccolta.

Trattano, uno, del comportamento dei genitori nei confronti dei loro figli e lʼaltro, del

naturale comportamento dei bambini stessi.

Dopo questa introduzione alla vita e allʼopera della Montessori ho inserito un capitolo

in cui cito alcuni dei caratteri generali e delle problematiche collegate alla traduzione

che ho fatto, con particolare rifirimento alla teoria dellʼequivalenza creata da Eugene

Nida, che mi è stata di grande aiuto nellʼaffrontare il mio lavoro di traduzione

dallʼitaliano allʼislandese.

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In una parte a sè elenco i problemi riscontrati nel mio studio, dal testo originale alla

traduzione in islandese, entrambi inseriti nei capitoli conclusivi.

La scelta del tema per la mia tesi è stata abbastanza naturale, dal momento che,

avendo due figli, penso tanto ai bambini e sono molto interessata alla loro educazione.

Quando, durante i miei anni di studio dellʼitaliano, ho conosciuto la figura di Maria

Montessori, è stato immediato pensare di cogliere lʼoccasione della tesi finale per

approfondire meglio la comprensione di questa persona che sicuramente è tra i

massimi protagonisti della storia italiana degli ultimi secoli.

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Maria Montessori

La biografia

Maria Montessori nacque il 31 agosto 1870 a Chiaravalle, una cittadina in provincia di

Ancona. Circa un mese dopo Roma fu annessa al Regno dʼItalia, fatto che segnò la

nascita di questa nazione, e lʼinizio di un nuovo periodo della storia italiana; periodo

questo in cui Maria Montessori divenne una delle protagoniste più interessanti e

originali.

I suoi genetori, Alessandro Montessori e Renilde Stoppani, si aspettavano per lei una

vita diversa e non erano assolutamente dʼaccordo sulle scelte della figlia. Il padre, nato

nel 1832 a Ferrara da una nobile famiglia bolognese, fu educato alla disciplina militare

e con fervidi sentimenti patriottici. Lavorò come impiegato nel dipartamento delle

finanze papali e successivamente nelle saline di Comacchio e Cervia; in seguito ottenne

la nomina ad ispettore dellʼindustria del sale e del tabacco a Bologna e Faenza. Nel

1865 andò a Chiaravalle per lavoro e lì incontrò Renilde. Stoppani, appartenente a una

famiglia di proprietari terrieri, di otto anni più giovane di lui. Si sposarono nel 1866 e

Maria nacque quattro anni dopo. Renilde era una ragazza intelligente, che non

frequentò lʼuniversità perchѐ a quel tempo le donne non vi erano ammesse, ma si

formò da autodidatta, leggendo moltissimo ed acquisendo una solida cultura (Giovetti

2009, 13).

Non si sa molto dellʼinfanzia di Maria Montessori, ma allʼetà di cinque anni, suo padre

fu definitivamene trasferito a Roma. La madre della Montessori tuttavia in un articolo

racconta che da piccola Maria restava spesso indietro a scuola e non riusciva ad

apprendere facilmente. Improvvisamente dal 1880 la situazione caminciò a cambiare;

Maria sviluppò un notevole interesse per la religione, interesse accompagnato da una

grande ´vocazione´, di cui i genitori si resero conto solo quando la figlia contrasse una

grave forma di influenza e il medico disse loro che dovevano essere preparati al

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peggio. In quellʼoccasione, Maria rassicurò la madre che lei non sarebbe morta perchè

“aveva troppe cose da fare” (Giovetti 2009, 14-15).

Maria dimostò interesse verso le materie scientifiche, in particolare alla matematica e

alla biologia. A dodici anni, espresse il desiderio di diventare ingegnere e di

frequentare una scuola tecnica; iniziò quindi a frequentare la Regia Scuola Tecnica

„Michelangelo Buonarroti“ di Roma. Lʼesperienza fu molto dura perchѐ quella scuola,

era frequentata, oltre che da Maria, da unʼunica altra ragazza. Le due compagne

dovettero lottare a lungo per riuscire a farsi rispettare in una scuola di maschi. I tre

anni trascorsi in questa scuola si conclusero con ottimi risultati e furono seguiti da altri

quattro anni di studio al Regio Istituto Tecnico, oggi Istituto Tecnico “Leonardo da

Vinci”, dove si trattennero fino al 1890 (Giovetti 2009, 15).

Contrariamente al desiderio dei genitori, specialmente quello di suo padre, Maria

Montessori si iscrisse alla facoltà di Medicina e si laureò nel 1896. Questi furono anni

molto difficili per Maria, innanzitutto per il fatto di essere la prima donna a

frequentare la facoltà di medicina e ad entrare in un mondo che tutti consideravano

esclusiva maschile e poi perchè la sua scelta non fu ben accetta dal padre che non era

contento della strada intrapresa dalla figlia e di essere proprio lei la pioniera di questi

studi. Egli infatti voleva che sua figlia diventasse una maestra come era consuetudine

in Italia per tutte le donne desiderose di proseguire gli studi. Da una lettera che Maria

scrisse a un amica, tratta dalla biografia di Rita Kramer, si evince la difficile situazione.

Di seguito riporto uno stralcio della lettera sopra citata:

“Ora tutto ѐ finito. Tutte le emozioni sono giunte alla fine. In

questʼultimo esame, che ѐ stato pubblico, un Senatore del Regno si ѐ

congratulato cordialmente con me e si ѐ alzato per venire a stringermi la

mano. Devo dirti però che mi fà unʼimpressione piuttosto sciocca. La

mattina vado al Pincio. Tutti mi guardano e mi seguono come se fossi una

persona famosa. Certe anziane signore chiedono a mia madre se sono

lʼunica studentessa di medicina di Roma. La mia celebrità deriva da questo

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fatto: sembro delicata e piuttosto timida, ma si sa che osservo i cadaveri e

che li tocco, che sopporto il loro odore con indifferenza, che guardo i corpi

nudi (io, una ragazza sola tra tanti uomini!) senza svenire. Che nulla mi

scuote, nulla, neanche in pubblico, che parlo ad alta voce di cose difficili

con tale indifferenza e a sangue freddo e che perfino i miei professori ne

rimangono sconcertati; che posseggo la forza morale che ci si aspetterebbe

da una donna anziana e resa ferma dallʼesperienza; che tocco un corpo

putrefatto e che ascolto le lodi pubbliche di grandi personalità del mondo

della scienza con la stessa impassibilità. E cosí, eccomi qui: famosa! D´altro

canto, mia cara, non ѐ difficile, come vedi. Io non sono famosa grazie alla

mia abilità o alla mia intelligenza, ma per il mio coraggio e la mia

indifferenza nei confronti di tutto. È una cosa che, se si desidera, si può

ottenere, ma ci vogliono sforzi spaventosi₺ (Giovetti 2009, 17-18)

Lʼimpegno femminista di Maria Montessori iniziò alcuni mesi prima della laurea; entrò

infatti a far parte dellʼAssociazione promossa da Rosa-Mary Amadori, responsabile

della rivista “Vita femminile”, che si proponeva di incoraggiare le donne a sviluppare lo

spirito di solidarietà e fratellanza e ad occuparsi direttamente dei loro interessi. Di

questa Associazione Maria Montessori divenne vice-segretaria. Un mese dopo il

conseguimento della laurea Maria Montessori fu scelta dallʼAssociazione Amadori a

rappresentare lʼItalia al congresso femminista che si sarebbe tenuto a Berlino nel 1896

e a Londra nel 1899, congresso al quale parteciparono donne di tutto il mondo

(Giovetti 2009, 19).

In tutti i libri scritti sulla vita di Maria Montessori, ci sono le descrizioni della sua

relazione con un uomo. Questa relazione e questo uomo aveva un grande influsso sulla

persona di Maria Montessori. Questo era cominciata nellʼanno 1898 e da questa

relazione intrapresa con il giovane professore Giuseppe Montesano, nacque un figlio

che chiamarono Mario. Tra il 1897 e il 1898 Maria si trovò spesso allʼestero, in

particolare in Francia per studiare i metodi di Itard e Séguin, e proprio questo la aiutò a

tenere segreta la sua gravidanza, evitando così uno scandalo dal momento che non era

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sposata; in seguito fu addirittura costretta a dare Mario in affido, esperinza questa che

segnerà dolorosamente la sua vita. Tuttavia in futuro Mario diventerà un suo stretto

collaboratore. Giuseppe e Maria si erano conosciuti allʼIstituto di Igiene ed erano

andati a lavorare insieme, nel 1895, in una clinica psichiatrica. Uno dei compiti di Maria

presso tale clinica consisteva nel visitare gli istituti per ragazzi con difficoltà di

apprendimento e scegliere tra loro i soggetti adatti al trattamento in clinica. Qui ebbe

lʼoccasione di venire in contatto con bambini ritenuti inadatti a frequentare la scuola. È

questo, in ultima analisi, lʼimpegno che riempi tutta la sua vita e tutta la sua ricerca.

È Anna Maria Maccheroni che ci racconta come andarono le cose:

“Un giorno Maria venne portata in una stanza dove stava un

gruppetto do bambini con deficit mentali. Erano affidati alle cure di una

donna che senzʼaltro li presentò come ghiotti e sudici. ʼIn che modo?ʼ,

domandò la dottoressa. E lʼaltra subito rispose: ʼAppena finito di mangiare

si gettano per terra , raccolgono le briciole di pane e le mangianoʼ. Maria si

guardò intorno. In quella stanza non cʼera nulla, assolutamente nulla, che i

bambini potessero prendere in mano. Quelle briciole di pane erano lʼunica

occasione che i bambini avevano di usare la mano e il pollice. E Maria capì

in un lampo che i piccoli avevano bisogno di fare, di stabilire un contatto

con il mondo esterno . Erano imprigionati in quella stanza e dovevano

invece essere liberi; erano isolati, ma allo stesso tempo cercavano

disperatamente di sviluppare il corpo, la mente, la personalità. Vide che nei

loro occhi cʼera la fiamma dellʼintelletto che cʼѐ in tutti gli uomini, e per ciò

decise di alimentarla₺ (Giovetti 2009, 21).

Frequentando i bambini mentalmente disabili comprese anche che il loro problema

non era tanto medico quanto pedagogico; e questa scoperta la spinse a documentarsi,

ricercando tutto quanto era stato fatto e sperimentato fino a quel momento per il

recupero e lʼeducazione dei bambini con quel tipo di problemi.

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Facendo ricerca in questo campo Maria Montessori si imbattè nel libro del medico

francese Edouard Séguin “Traitement moral, hygiѐne et éducation des idiots” (1846).

Eduardo Séguin (1812-1880) ѐ stato un vero pioniere della psichiatria infantile. Queste

le parole del libro di Séguin: “Il bambino idiota ѐ bloccato nel movimento, nella

sensibilità, nella percezione e nel ragionamento, negli affetti e nella volontà, ed ѐ

attraverso l´educazione che lo si deve correggere“, queste parole ebbero grande peso

sulla formazione di Maria Montessori, che già da sola era arrivata a intuizioni di quel

genere (Giovetti 2009, 23).

Molto importante per la formazione della Montessori fu anche il lavoro di Jean-Marc-

Gaspard Itard, un medico, che dal 1800 al 1838, anno della sua morte, si occupò di

giovani sordi. Per rendersi meglio conto del lavoro di Itard e Séguin, Maria Montessori

tra 1897-1898 andò a Parigi a visitare quello che era rimasto della scuola di Séguin e a

studiare i metodi educativi ideati dal suo successore Bourneville. Ma Itard e Séguin non

erano le sole guide alle quali Maria Montessori si ispirò in questo suo nuovo percorso.

Il problema dellʼeducazione era già stato affrontato in precedenza da personaggi quali

Jean-Jacques Rousseau, Johann Pestalozzi e Friedrich Froebel (Fresco 2008).

Maria Montessori era una donna molto popolare e sempre molto impegnata.

Nellʼanno 1898 presentò al primo Congresso pedagogico italiano, i risultati delle

ricerche che aveva compiuto presso la clinica psichiatrica romana. Dal 1899 al 1900 fu

direttrice della Scuola Magistrale Ortofrenica di Roma e a partire dal 1900 fino al 1913

insegnò antropologia e igiene allʼIstituto Superiore di Magistero Femminile a Roma.

Il 1901 fu unʼanno difficile e doloroso per Maria, in quanto vide la rottura del rapporto

tra lei e Giuseppe Montesano, padre di Mario. Lontana dal figlio e anche dal

compagno, Maria dopo un periodo di sofferenza e disorientamento ricominciò da

capo. Riprese in mano la propria vita e la impostò in maniera diversa; lasciò la Scuola

Ortofrenica dove si occupava dei bambini disabili, e si allontanò da tutti gli incarichi

che aveva avuto in comune con Giuseppe Montesano e mantenenne soltanto quelli

legati allʼimpegno accademico.

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Nellʼanno successivo si iscrisse alla facoltà di Lettere, nello specifico al corso di

Filosofia, per approfondire i principi della pedagogia generale in rapporto con

lʼantropologia e con la psicologia sperimentale, campo a quel tempo del tutto nuovo

nelle università italiane. Nel 1904 conseguì la libera docenza in antropologia e nel 1905

pubblicò il libro “Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio”, e nel 1906 “Lezioni di

Antropologia pedagogica”; nello stesso anno ottenne lʼincarico per lʼinsegnamento di

antropologia pedagogica (Giovetti 2009 e Lamparelli 2008).

I successi ottenuti con i bambini disabili spinsero Maria ad utilizzare il suo metodo

anche con i bambini così detti “normali”. Alla fine del 1906 venne chiamata

dallʼingegnere Edoardo Talamo, per organizzare le scuole materne per i figli di famiglie

operaie del quartiere di San Lorenzo a Roma. Così aprì la sua prima “Casa dei Bambini”

che divenne presto pietra miliare della pedagogia del Novecento; lʼasilo infantile non ѐ

più semplice luogo di custodia, ma una vera e propria scuola dellʼinfanzia, dove il

singolo bambino deve essere osservato con metodi il più obiettivi possibile ed è libero

di muoversi in modo naturale.

Nel 1909 uscì la sua opera più importante, “Il Metodo della Pedagogia Scientifica

applicato allʼeducazione infantile nelle Case dei Bambini”. Da allora in poi si

moltiplicarono le Case dei Bambini che richiamarono lʼattenzione di studiosi di tutto il

mondo, e la Montessori sʼimpegnò a tenere corsi che ottennerò un grande successo

internazionale.

Intanto, nellʼanno 1913, Mario andò a vivere con sua madre ed in età adulta iniziò a

lavorare al fianco della madre come segretario e assistente. Questa collaborazione

sarebbe durata per quarantʼanni. Mario seguì la madre per mezzo mondo, ovunque la

sua vocazione la avesse portata.

La pedagogista, infatti, iniziò ad essere invitata sempre più spesso allʼestero, in Belgio,

Spagna, Olanda e in America. Ovunque veniva accolta come colei che aveva liberato

lʼistinto del bambino. Ovunque si diffusero scuole che adottarono quello che ormai era

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conosciuto come “il metodo Montessori”. Le sue opere furono tradotte in tutto il

mondo. Nel 1913, al suo arrivo negli Stati Uniti, il New York Tribune la definì „the most

interesting woman of Europe“.

Il movimento montessoriano riscosse numerosi successi, e nel 1924 avrà origine la

scuola magistrale Montessori e lʼOpera Nazionale Montessori. Nel 1929 venne fondata

lʼAssociazione Montessori Internazionale (AMI). Oltre ai corsi nazionali per la

formazione degli insegnanti, si moltiplicarono i corsi e i congressi internazionali

(Lamparelli 2008).

Negli anni Trenta, mentre la Montessori si dedicava a diffondere con particolare

impegno gli ideali del pacifismo, il regime fascista tentò di farne uno strumento di

propaganda politica. Ma la Montessori si oppose. Nel 1933, Maria e suo figlio Mario si

dimisero dallʼOpera Nazionale e lʼanno successivo la Montessori abbandonò lʼItalia. Si

trasferì in Spagna, successivamente in Inghilterra ed infine in Olanda, dove erano sorte

numerose scuole montessoriane, laiche e cattoliche.

Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, su invito del teologo George Sidney

Arundale, si recò in India e vi trascorse alcuni anni durante i quali cercò di diffondere

anche lì il suo metodo. Fu in quel periodo che la Montessori mostrò un crescente

interesse per le idee utopiche e profetiche e sviluppò una concezione di „educazione

cosmica“ che vorrebbe da una parte armonizzare tra loro gli uomini e dallʼaltra

armonizzare gli uomini con la natura (Giovetti 2009).

Nel 1946 Maria Montessori tornò in Europa e nellʼanno succesivo andò ad Amsterdam,

per celebrare il quarantesimo anniversario della fondazione della prima Casa dei

Bambini. Di rientro in Italia, fu invitata dal governo per riorganizzare lʼOpera Nazionale

e le scuole Montessori. Nello stesso anno lʼuniversità di Berlino Est le offrì una cattedra

per insegnare ai giovani a vivere in libertà, ma lei preferì tornare in India.

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Nel 1947, allʼetà di 77 anni, fu intervistata dal Time Magazine e alla domanda se

pensava di ritirarsi, lei rispose: “Il lavoro ѐ necessario e deve essere una passione; una

persona ѐ felice solo se si realizza₺ (Kramer 1978, 335).

Nellʼestate del 1949 Maria e Mario Montessori lasciarono definitivamente lʼIndia e

tornarono in Europa. Il viaggio in India diede grande valore e significato al suo lavoro

avendovi dedicato molta attenzione ai bambini piccoli. LʼIndia era un paese in cui,

diversamente da quanto avveniva in Europa a quel tempo, i bambini vivevano

constatemente insieme agli adulti e Maria poteva quindi osservarli con facilità in

ambienti quotidiani naturali dai quali ricevevano forti stimoli. Nei villaggi, nelle

famiglie, ovunque, i bambini erano al centro dellʼinteresse comune. Maria ne rimase

affascinata e osservando i piccoli sviluppò le idee che espose poi nel libro The

Absorbent Mind (Giovetti 2009, 122).

Negli anni tra 1949-1951 tenne una serie di conferenze a Parigi, nei paesi scandinavi,

ad Amsterdam, a Firenze, a Perugia, a Londra e in Austria.

Nel 1952 Maria Montessori morì nella città di Noordwijk in Olanda allʼetà di 82 anni.

Avendo in passato espresso il desiderio di essere seppellita ovunque si fosse trovata

nel momento della morte, la sua tomba si trova ora sulle dune di Nordwjik, vicino al

mare (Fresco 2008, 162-163).

Il metodo

Il metodo di Maria Montessori parte dallo studio dei bambini con problemi psichici,

espandendosi poi allo studio dellʼeducazione di tutti i bambini. Il suo metodo

rivoluziona il modo di pensare riguardo allʼetà infantile ed è una filosofia che rispetta la

personalità unica di ogni bambino. La Montessori stessa sosteneva che il suo metodo

aveva effetti stimolanti sia se applicato su persone con problemi di disabilità, sia sui

bambini “normali”. Il metodo montessoriano non paragona il bambino con la

normalità o con gli standard fissati nel sistema educativo tradizionale; ѐ fondato,

invece, sul credo che i bambini devono essere liberi di eccellere e studiare senza

Page 16: Sigrún Ása Magnúsdóttir - Skemman

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restrizioni. Il metodo montessoriano ѐ anche un avvicinamento ad una nuova

concezione che si fonda sul cuore, sui bisogni, sul talento, sullʼintellligenza e sulla

personalità unica di ogni bambino. Questo ѐ un processo che aiuta i bambini a studiare

a modo e con propria velocità (Montessori 1965).

Con la Montessori molte regole dellʼeducazione consolidate nei primi anni del secolo

cambiarono. I bambini disabili iniziarono ad essere trattati con rispetto e, vennero

organizzate per loro delle attività didattiche; inoltre i bambini dovevano imparare a

prendersi cura di se stessi e venivano incoraggiati a prendere decisioni autonome.

Il concetto principale del metodo montessoriano riguarda la gioia dello studio che

sviluppa una persona irreprensibile e capace di trovare uno scopo nella propria vita. I

bambini che hanno avuto lʼesperienza della gioia nello studio sono contenti. In

particolare la Montessori aiuta a tirare fuori lʼabilità che ogni bambino ha dentro di sè.

Un altro punto fondamentale del metodo è quello in cui viene spiegato che il bambino

deve avere fiducia in se stesso e acquisire la necessaria indipendenza. Il metodo aiuta i

bambini a diventare indipendenti ed insegna loro le abilità che possono usare nella

loro vita pratica. I bambini che seguono lʼinsegnamento della Montessori imparano a

vestirsi, a dare una mano in cucina, a mettere a posto i loro giocattoli e i loro vestiti, e

a participare alla vita quotidiana a casa e a scuola.

Il pensiero montessoriano identifica il bambino come essere completo, capace di

sviluppare energie creative e possessore di disposizioni morali, che lʼadulto ha ormai

compresso dentro di sé rendendole inattive. Montessori lavora in un modo metodico.

Ad ogni passo del processo ne segue uno di livello sucessivo nello studio. Quando il

bambino impara con il metodo montessoriano impara il concetto di studio astratto. La

ripetizione dellʼattività ѐ una parte necessaria in questo processo di studio (Montessori

1964).

Page 17: Sigrún Ása Magnúsdóttir - Skemman

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Il periodo infantile è un periodo di enorme creatività essendo una fase della vita in cui

la mente del bambino assorbe le caratteristiche dellʼambiente circostante facendole

proprie, crescendo per mezzo di esse, in modo naturale e spontaneo, senza dover

compiere alcuno sforzo cognitivo. Il metodo di insegnamento ai bambini piccoli implica

lʼutilizzo delle mani; i bambini infatti devono toccare con le mani per imparare e ciò li

incoraggia a sviluppare la loro abilità di osservazione da applicare poi in altri tipi di

attività. Queste attività includono lʼutilizzo dei cinque sensi. Della scuola tradizionale

infantile Maria Montessori critica il fatto che, tutto lʼambiente sia pensato e realizzato

a misura di adulto. In un ambiente così concepito, il bambino non si trova a suo agio e

quindi non ha le condizioni adatte per poter agire spontaneamente (Lamparelli 2008).

La Montessori definisce il bambino come un embrione spirituale nel quale lo sviluppo

psichico si associa allo sviluppo biologico. Nello sviluppo psichico sono presenti dei

periodi sensitivi, definiti “nebule”, cioè periodi specifici, in cui si sviluppano particolari

capacità (Lamparelli 2008).

Le fasi di sviluppo sono così delineate:

dai 0 ai 3 anni: il bambino ha una mente assorbente, nel senso che assimila

inconsciamente i dati dellʼambiente e costruisce i fondamenti della personalità.

dai 3 ai 6 anni: la mente diventa “cosciente”, nel senso che cerca di mettere

ordine nei dati acquistiti. È a questo punto che sʼimpone, secondo la

Montessori, la necessità di un educazione prescolastica con lʼintroduzione di

esercizi scientificamente studiati.

La Montessori incoraggia i bambini in età elementare a pensare astratto, a scrivere, a

leggere, ad interessarsi di scienza e matematica con lo scopo di incrementare la

propria cultura. La cultura dunque include interazione con la natura, lʼarte, la musica,

la religione e i costumi.

Page 18: Sigrún Ása Magnúsdóttir - Skemman

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Il metodo Montessori educa il bambino allʼautocorrezione dellʼerrore ed anche al

controllo dellʼerrore senza che lʼinsegnante debba intervenire per correggere. Il

bambino è libero nella scelta del materiale con il quale vuole esercitarsi e tutto deve

quindi scaturire dallʼinteresse spontaneo del bambino ecco quindi che lʼeducazione

diviene un processo di auto-educazione ed auto-controllo. Questo metodo

dʼinsegnamento può essere sintetizzato nello slogan “aiutami a fare da solo”, che pone

come centrale lo sviluppo dellʼautonomia e della libertà del bambino. Lʼinsegnante

deve coadiuvare lo studente nella conquista spontanea della scrittura, della lettura e

dellʼaritmetica, senza forzare con il proprio intervento il processo naturale di

apprendimento.1

Il principio fondamentale deve essere la libertà dellʼallievo, poiché solo la libertà

favorisce lo scaturire della creatività del bambino già presente nella sua natura. Dalla

libertà deve emergere la disciplina. Un individuo disciplinato è capace di regolarsi da

solo quando lo riterrà necessario seguire delle regole di vita. La volontà della

Montessori era quella di liberare la mente del bambino affinchè potesse essere libero

di imparare senza informazioni preconcette. I bambini imparano mentre

sperimentano, per cui devono poter lavorare liberi e tutto deve essere costruito nella

loro dimensione e per la loro sicurezza. Per questo Maria Montessori ha chiamato la

sua scuola “La Casa dei Bambini” (Montessori 1965).

Si tratta di una casa speciale, non costruita per i bambini ma “di proprietà” dei

bambini; è ordinata in maniera tale che essi la sentano veramente come loro. Lʼintero

arredamento della casa è progettato e proporzionato alle possibilità del bambino che

interagisce attivamente con il materiale proposto, mostrandosi concentrato, creativo e

volenteroso. Qui lʼinfante trova un ambiente idoneo per potersi esprimere in maniera

originale e allo stesso tempo apprende gli aspetti fondamentali della vita comunitaria.

Lʼintenzione principale di Montessori ѐ di creare un luogo stimolante, dove bambini

1 Corbelli, Franca: http://www.ilpaesedeibambinichesorridono.it/maria_montessori.htm

Page 19: Sigrún Ása Magnúsdóttir - Skemman

19

possono toccare, esaminare e imparare senza paura. I genitori e gli insegnanti hanno

un ruolo fondamentale nel mondo del bambino.

La Montessori realizza del materiale di sviluppo cognitivo specifico per lʼeducazione

sensoriale e motoria del bambino e lo suddivide in:

materiale analitico: incentrato su unʼunica qualità dellʼoggetto, per esempio

peso, forma e dimensioni. Educa i sensi isolatamente.

materiale autocorrettivo: educa il bambino allʼautocorrezione dellʼerrore e al

controllo dellʼerrore, senza lʼintervento dellʼeducatore.

materiale attraente: oggetti di facile manipolazione e uso, creato per invogliare

il bambino allʼattività di gioco-lavoro con esso.

Il bambino è libero nella scelta del materiale e dal suo interesse spontaneo si sviluppa

così un processo di autoeducazione e di autocontrollo.

Il risultato finale è quello di incoraggiare lo studio per la tutta la vita; la gioia dello

studio e la felicità sono la strada e lo scopo di ogni persona umana.

Page 20: Sigrún Ása Magnúsdóttir - Skemman

20

Il bambino in famiglia

Introduzione al libro

Il libro di Maria Montessori che ho scelto di leggere si intitola “Il bambino in famiglia” e

tratta del lavoro che lʼautrice ha svolto e del suo pensiero. Questo testo ha il pregio di

essere chiaro e di coinvolgere costantemente il lettore, che si sente guidato per mano

dallʼautore stesso. Lo studio di Maria Montessori a quel tempo era un lavoro

pionieristico e allo stesso tempo molto importante per lʼeducazione dei bambini e dei

genitori.

Il libro “Il bambino in famiglia” di Maria Montessori raccoglie i testi di una serie di

conferenze tenute nellʼanno 1923 a Bruxelles, in cui Maria Montessori traccia le

proprie proposte per una Scuola dei genitori. Il volume è quindi una guida di “igiene

mentale” a uso di genitori ed educatori, perché non si creino – anche inavvertitamente

– le premesse di quella che si manifesterà un giorno come una penosa incomprensione

nei rapporti tra genitori e figli (Montessori 1956).

Secondo me risulta di grande interesse lʼopinione della Montessori riguardo il neonato

e la nascita e riguardo alla modalità in cui la nostra civiltà li considera.

Tradizionalmente tutti membri della famiglia e della comunità di appertenza, sono

interessati allʼevento della nascita, ma normalmente lʼattenzione è incentrata sulla

madre. Dopo la nascita tutti si preoccupano di sapere come stia la figura materna; il

generale interessamento riguarda la salute della madre, e ci si dimentica del neonato,

del suo sforzo vitale passato, presente e futuro. Questo era particolarmente vero ai

tempi della Montessori; è stata infatti lei stessa a contribuire a mettere anche il

neonato al centro delle preoccupazioni, ricordando quanto grandi e difficili siano per

lui i cambiamenti nel nuovo ambiente. Il neonato, infatti, fino a quel momento ha

vissuto in un ambiente chiuso, al buio, dove non sentiva mai freddo e dove non ha

dovuto fare niente da solo. Ad un tratto invece è venuto alla luce dove tutto è diverso

e nuovo.

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21

Maria Montessori parla anche del carattere dei bambini e di come i genitori non

capiscono adeguatamente i figli. Tante sono le cose necessarie per i bambini che

invece i genitori vedono come capricci; ad esempio il bisogno che i bambini hanno di

avere le cose nel loro posto, motivo per cui i bambini generalmente non sono contenti,

quando vedono le cose in un ambiente diverso da loro scelto.

Unʼaltro punto importante del libro è quello in cui si parla del fatto che gli adulti spesso

fanno lʼerrore di non capire la sensibilità dʼamore che ha il bambino nei nostri

confronti. Il bambino ama dal profondo più che lʼadulto, è un amore vero e sincero. I

genitori devono avere un aiuto per vedere la realtà da un altro punto di vista, devono

vedere le cose attraverso gli occhi innocenti e sinceri del bambino. Un esempio nel

libro in cui questo tema è bene espresso è il seguente: “...il bambino dovrà forse

attraversare stanze ancora buie, chiuse per non far penetrare la luce anzi tempo; il

bambino va, inciampa, non ha paura delle tenebre, non ha paura delle porte

semichiuse ed arriva vicino al padre e alla madre e li tocca dolcemente” (Montessori

1956, 37).

Passi del genere dovettero essere di una novità sconvolgente per i tempi della

Montessori, le cui idee sono valide ancora oggi, rendendo auspicabile la lettura dei

suoi scritti per tutti i genitori dei nostri tempi.

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22

La traduzione

Introduzione alla traduzione

In questo capitolo voglio parlare di traduzione in generale, di che cosa essa sia ed

accennare alla teoria dellʼequivalenza creata da Eugene Nida il cui lavoro ebbe un

ruolo importante nella storia della traduzione.

Le traduzioni sono molto importanti per noi e in un modo o nellʼaltro ogni giorno

toccano la nostra vita. Ci alziamo ogni mattina, leggiamo il giornale e vediamo le

notizie che in molti casi provengono dallʼestero e sono state tradotte dai giornalisti.

Noi conosciamo i fatti non per esperienza personale ma per quanto traduttori e

giornalisti, sopratutto di radio, tv e internet, ci raccontano. Le traduzioni hanno, come

detto, un ruolo importante nella nostra civiltà, nella nostra cultura, nella nostra

educazione e nel nostro lavoro.

Dal momento che nel mondo non si parla solo una lingua, ma ogni nazione ha una o

più lingue, sorgono ovvi problemi nella communicazione; la traduzione offre una

soluzione ad essi.

Questo discorso vale anche per i sordi, tra i quali molti si esprimono tramite un

linguaggio mimico; dal momento che purtroppo non sono in tanti che lo parlano, è

necessaria la presenza di un traduttore che li accompagni nella vita quotidiana.

Possiamo quindi dire che lʼumanità intera, direttamente o indirettamente, dipende in

un modo o nellʼaltro dalla traduzione (Heimir Pálsson e Höskuldur Þráinsson 1988, 9).

Ma che cose è la traduzione? Il vescovo francese Petrus Daniel Huetius definì così la

traduzione nel suo lavoro del 1683: la traduzione ѐ un testo scritto in una lingua

conosciuta per far conoscere un testo originariamente scritto in una lingua meno

conosciuta. Nella definizione di Huetius il testo tradotto e il testo originale si

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riconoscono lʼuno nellʼaltro, come se si trattasse di una fotografia (Arduini e Stecconi

2007, 11).

Una simile idea di traduzione era ancora viva dopo quasi un secolo nelle opere del

tedesco Friedrich Schleiermacher nel suo lavoro “Diversi modi per tradurre”,

presentato per la prima volta nella conferenza di Berlino del 1813. Egli considera le

traduzioni come dei fedeli viatici che portono il lettore ad un incontro puntuale con

lʼautore e il testo originario.

Negli ultimi decenni però le cose sono cambiate almeno dal 1965, quando è stato

pubblicato il libro J.C Catford, “A Linguistic Theory of Translation”, ormai una pietra

miliare nella storia della traduzione. Catford infatti ribaltò completamente le idee

tradizionali sulla traduzione, arrivando a parlare della traduzione come lʼattività che ci

porta a “sostituire il testo” da una lingua meno conosciuta in un testo equivalente in

un altra lingua: „the replacement of textual material in one language (SL) by equivalent

textual material in another language (TL)“, dove „SL“ è lʼabbreviazione di „source

language“, ovvero lingua originale, e „TL“ sta per „target language“, la lingua della

traduzione (Ástráður Eysteinsson 1996, 25-26).

Ancor più innovativa fu la definizione proposta da Roman Jakobson, che nel suo, “On

Linguistic Aspect of Translation” guarda alla traduzione in una prospettiva più ampia e

individua tre tipi di traduzione:

1. La traduzione nella stessa lingua; quando un messaggio viene riportato con lo

stesso sistema linguistico, ad esempio quando una storia viene riletta e

adattata alle situazione usando la stessa lingua.

2. La traduzione tra le lingue; lo spostamento del significato da una lingua allʼaltra.

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3. La traduzione tra lingua e sistema dei segni; quando i messaggi sono riportati

con un altro sistema, ad esempio quando una storia scritta poi viene tradotta in

mimica (Ástráður Eysteinsson 1996, 27-28).

Il dibattito è comunque continuato e la traduzione per molto tempo ha stentato a

imporsi come disciplina autonoma con dignità propria allʼinterno del più ampio

panorama delle scienze umane.

Gli studi sulla traduzione hanno conosciuto nellʼultimo quarantennio un grande

sviluppo e hanno assunto un ruolo centrale nelle discipline del discorso. Ai primi studi

in ambito strutturalista o di teoria dellʼinformazione sono succedute a partire dagli

anni settanta, diverse prospettive di ricerca che hanno prodotto unʼindiscutibile

accelerazione nella crescita di questʼarea, avviando un dibattito internazionale in

molte direzioni (Arduini e Stecconi 2007, 13).

Un decisivo contributo allo sviluppo della traduzione in qualità di disciplina a sè stante

è stato dato dallo specialista Eugene Nida, a cui si deve lʼintroduzione del termine

chiave „equivalenza“, inserendone lʼuso in una prospettiva globale e unificante,

specialmente con il suo lavoro storico “Toward a Science af Translating” pubblicato nel

anno 1964. Nelle sue riflessioni, Nida parte dallo studio della traduzione biblica. Pur

partendo da una riformulazione della grammatica generativa, Nida si è dichiarato per

un approccio linguistico in cui avessero importanza gli elementi testuali e contestuali.

In “Toward a Science of Translating” Nida ha presentato un modello lineare in cui il

traduttore risulta essere membro di due comunità linguistiche diverse: egli è ricevente

nella lingua di partenza e in quanto tale decodifica il messaggio; ma nella lingua

dʼarrivo è emissore, e dunque deve codificare un nuovo testo sulla base di quanto

riceve in una fase intermedia di trasferimento.

“Un modello di questo tipo si fonda su un assunto fondamentale, ovvero che il

messaggio è unʼentità simile a un oggetto che viene trasferito da un individuo a un

altro. In altri termini esso è un messaggio a priori che il soggetto attualizza in base alle

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25

sue intenzioni, aspettative e conoscenza del mondo, esso ha unʼesistenza a sé che

viene realizzata nel concreto rapporto comunicativo. Locutori, messaggi e codici sono

entità separate e separabili. In questo modo il parlante é posto innanzi al linguaggio

come innanzi a un prodotto estraneo, un qualcosa che esiste al di fuori di lui, che ha

vita propria (Arduini e Stecconi 2007, 21)”.

Allʼinterno del suo modello Nida ha distinto un ambito propriamente linguistico e uno

extralinguistico, riconoscendone il ruolo di questʼultimo pur non negando la specificità

linguistica del problema della traduzione. In particolare Nida ha distinto fra

equivalenza formale ed equivalenza dinamica in base ad un concetto di competenza

linguistica che prende le mosse da Noam Chomsky per includervi poi una componente

contestuale. Mentre lʼequivalenza formale ѐ attenta alle corrispondenze di forma e

contenuto, lʼequivalenza dinamica ѐ ottenuta quando vengono ricreate nella lingua di

arrivo le stesse relazioni esistenti fra messaggio e ricevente nella lingua di partenza. In

tal modo Nida ha tenato di ridefinire i principi secondo cui una traduzione può essere

giudicata corretta (Arduini e Stecconi 2007, 22).

La teoria di Nida dei due tipi dellʼequivalenza è molto utile per coloro che descrivono i

metodi di traduzione. Gli specialisti traduttologi negli ultimi anni usano questi termini

sempre piú raramente; tuttavia il discorso sui termini dellʼequivalenza è sempre

attuale e ogni tipo di dubbio è stato fugato sullʼutilizzo di questi termini.

Un altro specialista che ha lavorato molto per la traduzione negli anni ottanta fu

lʼamericano James S Holmes, professore nellʼUniversitá di Amsterdam. Holmes non era

dʼaccordo con Nida e la sua teoria dellʼequivalenza. Secondo Holmes tale teoria non

spiega bene la relazione che cʼè tra testo originale e testo tradotto.

Un rifiuto ancora più deciso della teoria dellʼequivalenza lo si può trovare nel libro di

Mary Snell-Hornby, “Translation Studies. An Integrated Approach”. La disaffezione al

termine coniato da Nida ѐ dovuta al fatto che esso ha un significato troppo ristretto.

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Snell-Hornby cita una definizione precisa del termine dellʼequivalenza e la considera

proveniente da unʼidea incoretta della simmetria delle lingue.

La maggior parte di coloro che continuano ancora oggi ad usare il termine

“equivalenza” credono che la traduzione completa di un significato non ѐ realistica

eccetto per quanto i termini internazionali della scienza e della medicina. Non ѐ

necessario uscire da una lingua per vedere che non tutti gli specialisti danno lo stesso

significato al termine equivalenza così come a tanti altri termini degli studi umanistici.

Tante volte si è discusso del significato e della definizione dei termini e spesso è stata

tracciata una linea di confine tra il significato comunemente attribuito e quello

realmente utilizzato (Ástráður Eysteinsson 1996, 94).

Non ѐ difficile vedere da questa breve introduzione sulla traduzione che ancora oggi

esistono idee assai diverse riguardo alla traduzione. Come si vedrà nel prossimo

paragrafo, abbiamo cercato di tenere conto delle varie teorie esistenti, convinti

comunque che la traduzione stessa risulta un elemento molto importante per tutti e in

tutte le parti del mondo.

Problemi di traduzione incontrati

Ho scelto di tradurre due capitoli del libro “Il bambino in famiglia” di Maria

Montessori. Questo testo non é una storia o un romanzo, ma un saggio pedagogico,

scritto dopo una serie di conferenze che lʼautrice tenne a Bruxelles nel 1923. Secondo

me ѐ un testo molto interessante e ho scelto di tradurre due capitoli, “Il neonato” e

“Maestro d´amore”. Perchѐ credo che trattino argomenti reali che un genitore puὸ

riscontrare subito nei propri figli.

LʼItaliano e lʼislandese sono lingue molto diverse. Ho tuttavia cercato di trovare

lʼequivalenza tra le queste due lingue, con lo scopo di tradurre dallʼitaliano in maniera

che poi la frase in islandese avesse tutte le caratteristiche sintattiche giuste secondo le

regole e gli usi grammaticali della lingua di arrivo. La traduzione non ѐ stata facile e

voglio riportare di seguito problematiche da me riscontrate.

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Ho avuto problemi con la prima frase del capitolo “Il neonato”. “Che cosa è la nostra

civiltà?” Non è possibile a tradurre questa frase direttamente in islandese perchè non

suonerebbe bene. Quindi per la traduzione in islandese ho deciso di usare: “Hvað er

siðmenning?”, che letteralmente significa: “Che cosa è la civiltà?”

Nella seguente frase, “Se è così, chi fa un cambiamento di ambiente più improvviso e

più radicale di quello del bambino che nasce?” ho avuto un problema con lʼespressione

iniziale: “Se è così”, perché se avessi tradotto letteralmente in islandese, la frase

avrebbe potuto confondere il lettore e con conseguente qualche difficoltà ad

avvicinarsi al contenuto del testo. Quindi ho tradotto: “Ef um aðlögun er að ræða,...”

Nel testo originale è scritto: “Ci dovrebbe essere perciò nella storia della civiltà umana

una pagina prima di tutte le altre, che dovrebbe raccontrare che cosa fa lʼuomo civile

per aiutare chi nasce ad adattarsi ad un ambiente del tutto diverso.” Questa frase lʼho

tradotta: “Hinn siðmentaði maður verður að aðstoða nýfætt barnið við að aðlagast

hinu ólíka umhverfi og þess vegna verða að vera til skriflegar leiðbeiningar þar sem

fyrsta blaðsíðan verður að koma á undan hinum.” Come si può vedere, nel testo

originale italiano si parla di una “prima pagina...”; tuttavia, non è possibile usare in

islandese la traduzione letterale di queste parole, per esempio: “fyrsta blaðsíðan

verður að skrifast á undan öllum hinum”, dal momento che questa frase non

suonerebbe bene in islandese. Ogni lingua ha un suo modo peculiare per esprimere un

concetto e questa frase è lʼesempio del fatto che non sempre è possibile usare la

traduzione diretta.

Un altro esempio è la frase: “Per il neonato, invece, nè la natura, nè la civiltà si

prendono cura di alleviare il duro adattamento dellʼessere più nobile e più delicato

della Creazione.” Questa frase è molto difficile da capire ma lʼho tradotto: “Fyrir hinn

nýfædda er það hvorki náttúran né siðmenningin sem tekur að sér það hlutverk að

dempa þá harkalegu aðlögun sem á sér stað eftir fæðinguna, náttúran er hvergi

nálægt til að aðstoða nýfædda barnið sem er göfugast en jafnframt viðkvæmast

sköpunarverkanna.”

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Infine, con la seguente parte del testo originale ho avuto un grande problema di

traduzione; in essa è scritto: “Vi è dunque in noi un vuoto strano: è qualcosa di cieco

nel nostro spirito e nella civiltà che abbiamo costruita: qualcosa che è simile alla

macchia cieca nel fondo dell´ochio: la macchia cieca nel fondo della vita.” Quando

stavo traducendo questa parte ho scritto varie traduzione della frase ma non sono

riuscita a renderne il significato. Quindi ho deciso di parafrasare questa parte per avere

un modo di renderne il significato con il seguente risultato mio è: “Í okkur blundar

undarleg blindni sem heftir allt okkar líf, blindni sem liggur djúpt í siðmenningu okkar

og snertir skilningsleysi okkar á hinu nýfædda barni.”

Spero che gli esempi da me riportati rendano unʼidea chiara riguardo ai problemi che

ho dovuto risolvere e del lavoro che ho dovuto fare nella traduzione.

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Testo originale italiano

Il neonato

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Maestro dʼamore

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Traduzione islandese

Nýfædda barnið

Hvað er siðmenning? Aðlögun mannsins að umhverfi sínu fer að öllu leyti eftir

siðmenningunni. Þegar barn fæðist inn í þennan heim er það að upplifa eina af

harkalegustu breytingum lífsins. En hvernig hefur samfélag okkar annast nýburann?

Einmitt þá mannveru sem með tilkomu sinni verður að aðlagast öllu umhverfinu sínu

þegar það fæðist frá einni tilveru til annarrar.

Hinn siðmenntaði maður verður að aðstoða nýfætt barnið við að aðlagast hinu

ólíka umhverfi og þess vegna verða að vera til skrifaðar leiðbeiningar þar sem

aðalatriðin verða að koma fram á fyrstu blaðsíðunum. En því miður eru engar

leiðbeiningar til, fyrstu blaðsíður þessarar mikilvægu bókar eru enn óskrifaðar, þar sem

enginn hefur áður reynt að uppgötva tilvist hins nýja einstaklings.

En reynslan sýnir okkur hryllilegan veruleika, og sá er að allt það slæma sem

maðurinn upplifir í æsku ber hann með sér ævina á enda. Ævi fósturvísisins og

hverfulleiki barnsins eru það sem ræður úrslitum (það er talin almenn þekking) fyrir

heilsu fullorðins einstaklings og þróun kynþáttarins. Hvers vegna er það svo, að ekki er

veitt því eftirtekt að maðurinn er allt lífið að vinna úr sínu erfiðasta augnabliki, sem er

fæðing hans sjálfs. Hvers vegna virðist enginn velta því fyrir sér að þetta séu þau verstu

og erfiðustu tímamót lífsins, ekki aðeins fyrir móðurina, heldur einnig fyrir nýburann?

Aðskilnaðurinn við móðurina er harmleikur fyrir barnið þar sem fram að

skilnaðinum var séð fyrir öllum þörfum þess. Barnið verður eitt og yfirgefið að takast á

við lífið, þar sem það hafði verið tekið frá móðurinni þegar það var hvað veikast fyrir.

Fram að fæðingunni dafnaði barnið í liggjandi stellingu þar sem volgur vökvi, sem var

myndaður aðeins vegna tilvistar þess, verndaði það fyrir öllum höggum, fyrir öllu

hitamisræmi, og ekkert ljós komst að né nokkurt hljóð.

Svo skilur barnið við sitt umhverfi til að lifa lífinu í loftinu. Breytingin er

skyndileg, án nokkrurra umskipta, barnið sem áður var í hvíld er nú komið í þá erfiðu

vinnu að nálgast ljósið. Líkami barnsins er kraminn, líkt og þegar fullorðinn maður væri

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leiddur undir myllustein sem hamast á öllum hans liðum. Þar sem barnið kemur í

þennan heim, verður það uppgefið vegna þeirra hræðilegu andstæðna sem felast í

hinni fullkomnu hvíld og þeirri ónefnanlegu áreynslu sem það upplifir við að fæðast.

Það er uppgefið, sært eins og pílagrími sem kemur til Rómar frá fjarlægum löndum. Og

hvernig heilsum við honum og hjálpum? Allir eru í reynd uppteknir af móðurinni.

Læknirinn lítur aðeins augnablik á barnið, einungis til að dæma hvort það sé heilbrigt

og með lífi og með augnatilliti sínu vill hann segja, „nú ert þú lifandi og heill heilsu og

ert hér með einn á báti“. Ættingjarnir dást að barninu hrærðir og hamingjusamir,

þakklátir fyrir þessa guðsgjöf. Það hefur fæðst fallegt afkvæmi, barn. Barnið sjálft

fullnægir að öllu leyti væntingum þeirra fullorðnu, fullorðinn einstaklingur hefur

eignast barn og nærvera þess sameinar alla fjölskylduna með kærleika.

Faðirinn mun ef til vill vilja sjá augu þess og reynir að opna þau aðeins til að vita

hvernig þau séu á litinn, augu sem hann veit að munu einn daginn sjá hann.

En á sama tíma og hugað er að því að dempa ljósin og hvísla nálægt móðurinni,

sem er þreytt, hver hugar að því að dempa ljósið fyrir barnið sem einnig er þreytt og

þarf að aðlagast rólega hinu nýja umhverfi? Enginn sér það á barninu sem er nýfætt að

það þjáist né er hugað að því hve litli líkaminn er viðkvæmur þar sem það hefur aldrei

áður verið snert og ekki er heldur hugað að þeim ótalmörgu líkamlegu viðbrögðum

sem barnið upplifir né hversu snertingin er því ókunnug.

Það er sagt að náttúran sjái um sína, að hún aðstoði eftir þörfum en á endanum

verður hver sá sem lifir í þessum heimi að hafa reynt það sama, sem er fæðing

mannsins.

En siðmenningin hefur búið til í manninum nýtt eðli, sem hefur tekið við af hinu

upprunalega eðli og hamlar frjálsa tjáningu hans, en það er saga sem endurtekur sig í

þróunarsögunni. Ef við fylgjumst með dýrunum þá er hægt að taka eftir því að móðirin

felur afkvæmi sín og verndar þau fyrir ljósinu í ákveðinn tíma og býr um þau í hlýjunni

hjá líkama sínum. Móðirin er drottnunargjörn, hún leyfir ekki ókunnugum að nálgast

afkvæmi sín og leyfir ekki að þau séu hreyfð né að á þau sé horft.

Fyrir hinn nýfædda er það hvorki náttúran né siðmenningin sem tekur að sér

það hlutverk að dempa þá harkalegu aðlögun sem á sér stað eftir fæðinguna, náttúran

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er hvergi nálægt til að aðstoða nýfædda barnið sem er göfugast en jafnframt

viðkvæmast sköpunarverkanna.

Sumir halda að við komu barns sé verkefninu lokið, en markmiðið er að

viðhalda þessu nýja lífi sem barnið er. Nýburinn er dreginn frá uppruna sínum, hann er

um leið klæddur í fatnað og eftir það er hann reifaður og viðkvæmir útlimir hans vafnir

með afli.

Barn sem fæðist inn í þennan heim er kröftugt, hefur góða aðlögunarhæfni og

gott þol, og þá strax er það orðið okkur fremra því við höfum sjálf ekki þrek til að

berjast á móti því verkefni sem felst í því að aðlagast umhverfi okkar. Ástæðan er sú að

við hitum upp húsin okkar á veturna, öll gólf eru lögð mjúkum teppum, hús okkar búin

þægilegum sófum og takmarkið er að gera líf okkar eins auðvelt og völ er á. Ættum við

ekki að vera sterkari en nýfætt barnið? Ætla mætti að við gætum búið úti í skógi ein og

yfirgefin vegna styrkleika okkar, er það ekki svo?

Dauðinn, líkt og fæðingin tengist lögmáli náttúrunnar, og er það eitt af því sem

hver og einn þarf að upplifa á sínu æviskeiði. Hvers vegna er ávallt reynt að auðvelda á

allan mögulegan máta þau hræðilegu tímamót sem dauðinn hefur í för með sér þrátt

fyrir þá almennu vitneskju sem lætur uppi að það augnablik muni ekki verða umflúið.

Þrátt fyrir það er leitast við að gera augnablikið sem sársaukaminnst. Mætti þá velta

vöngum yfir því hvers vegna ekki nokkur maður hefur gert viðeigandi ráðstafanir til að

takmarka sársaukafulla fæðingu barnsins.

Í okkur blundar undarleg blindni sem heftir allt okkar líf, blindni sem liggur djúpt

í siðmenningu okkar og snertir skilningsleysi okkar á hinu nýfædda barni.

Þess vegna verðum við að hafa fullkominn skilning á því ástandi sem nýfædda

barnið er í, því aðeins þannig munum við vera hæf til að gera upphaf barns í þessu nýja

umhverfi auðvelt. Skynsamleg umönnun barnsins verður að vera aðalatriðið þar sem

öll snerting við það verður að vera framkvæmd af mikilli varfærni, þar kemur við sögu

meðfæddur skilningur okkar á varnarleysi barnsins þar sem því er leyft að hvíla í friði

og ró fyrsta mánuðinn. Í dag virðist vera aukinn skilningur á því hvernig nýfætt barn á

að vera fatað og er það því klætt eftir hita umhverfissins. Ef það er heitt í veðri verður

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barnið að liggja nakið og kælast af loftinu vegna þess að það hefur enn of lítinn

líkamshita til að berjast á móti hitabreytingum og klæði geta ekki gagnast því.

Sérhver kona gæti sagt mér að sérhvert land hefur sínar hefðir þegar kemur að

klæðnaði ungabarns og myndu þær vilja að ég tæki tillit til þess þegar ég nefni þetta

atriði og þess vegna vil ég ekki gera þessu atriði of hátt undir höfði. En ég vil taka það

fram að ég hef einlægan áhuga á þessu atriði og hef kynnt mér margar aðferðirnar í

þeim fjöldamörgu löndum sem ég hef numið fræði mín í og hef loks áttað mig á því

atriði sem hvergi hefur komið fram áður og vantar inn í almenna þekkingu. Það sem

vantar er nauðsynleg vitneskja mannsins til að sinna nýju barni af vandvirkni. Ef þróun

verður á þekkingu mannsins sem og gjörðum er þá hægt að segja að hann sé að gera

sitt besta? Hvergi, ekki á nokkrum stað í heiminum er verið að sinna barni á réttan hátt.

Í undirmeðvitund okkar blundar kvíði og gremja gagnvart hinu nýfædda barni

og vegna þessara tilfinninga verður til þessi útbreidda fáfræði. Það er í eðli mannsins

að verja eigur sínar, jafnvel þó að þær séu verðlausar og þegar barn kemur inn á

heimilið verja foreldrarnir eigur sínar af öllum mætti. Það má ekki eyðileggja, óhreinka

heimilið eða standa í vegi fyrir rólegheitum í lífi okkar. Fyrsta siðferðilega skylda

mannsins virðist vera að koma í veg fyrir að barnið verði ekki fórnarlamb óþekktarinnar

og mikið er lagt í að berjast gegn henni svo að það verði vel upp alið. Þörf mannsins

fyrir að hlaupa um og bjarga öllum sínum eigum er mikil og veldur oft geðshræringu

svo að fullorðni einstaklingurinn finnur hjá sér þörf til að draga sig í hlé til þess eins að

bjarga geðheilsu sinni. Á meðan við erum upptekin við að siða barnið þá gerum við þau

miklu mistök að meta hegðun barnsins sem óþekkt.

Á aldrinum eins til tveggja ára hefur barnið mikla þörf fyrir að hafa alla hluti á

sínum stað sem og meðhöndlaða rétt. Ef einhver kemur og breytir, setur hlutinn á

annan stað heldur en hann var upphaflega, verður barnið pirrað og reitt. Það gengur að

hlutnum og setur það á þann stað sem hann var upphaflega til þess eins að öðlast aftur

það öryggi sem upphaflega uppröðunin gaf því.

Hér eru nokkur dæmi:

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Barn eitt stóð og horfði á sand sem hafði verið dreift um gólfið. Móðir barnsins

sá sandinn og sópaði honum burt, en við það brast barnið í grát, móðurinni til mikillar

undrunar. Það fór og sótti sama sand og hafði áður verið hent út og kom honum aftur

fyrir á þeim stað sem hann hafði verið á. Móðirin áttaði sig þá á því hvers vegna barnið

komst í svo mikið uppnám en taldi samt sem áður að það væri aðeins óþekkt.

Móðir annars barns fór úr jakkanum sínum vegna hita og lagði hann yfir

handlegg sinn. Barnið fór að gráta en enginn áttaði sig á ástæðunni, móðirin fór aftur í

jakkann og barnið róaðist. Það hafði haft truflandi áhrif á barnið að sjá jakkann á

öðrum stað en vanalega.

Fullorðinn einstaklingur telur að með því að notast við refsingu geti það leiðrétt

galla barnsins, en það er ekki svo, þar sem gallar barnsins verða ekki þeir sömu og

þegar það verður fullorðið. Fullorðinn einstaklingur myndi til dæmis aldrei bresta í grát

aðeins vegna þess að kona í þeirra félagsskap færi úr jakkanum.

Vegna þeirrar staðreyndar að gallar barns munu hverfa með þroska þess og

árum er óþarfi að líta á óskiljanlegar gjörðir þess sem óþekkt. Þegar skilningur okkar

eykst á gjörðum barna okkar verðum við hæf til að elska þau eins og þau eru ásamt

öllum sætu göllum þess sem verða horfnir með öllu þegar það er orðið að fullorðnum

og skynsömum einstaklingi. Ég tel að við ættum að elska þessa litlu galla því brátt mun

tilhugsunin ein um að þeir munu hverfa vekja hjá okkur sorg.

Eitt dæmi enn af tveggja ára gömlu barni sem var alltaf baðað á sama hátt í

sama balanum af sömu barnfóstrunni. En þegar önnur barnfóstra kom í staðinn fyrir þá

sem fyrir var grét barnið ávallt þegar það var baðað en enginn gerði sér grein fyrir

ástæðunni. Þegar gamla barnfóstran kom aftur spyr hún barnið: „afhverju grést þú?“

„var hún ekki góð við þig?“ Barnið svaraði „nei, ég grét því hún baðaði mig á röngunni“.

Þar sem ein byrjaði á höfðinu hafði hin byrjað á fótunum. Barnið hefur mikla þörf fyrir

að hafa alla hluti á sínum stað og bregst barnið illa við ef þeirri þörf er ekki sinnt, þessa

þörf köllum við „óþekkt“.

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Kennari ástarinnar

Barn hefur mikla löngun til að hlýða og skynjar vel allt það sem fullorðnir gera.

Það sem einkennir þau er einmitt þessi mikla löngun til að gegna en við höfum enga

hugmynd um það. Hér er lítil frásögn: barn kemur inniskó sínum fyrir á rúminu og

mamma þess segir við það „þetta er skítugt, maður setur ekki inniskóna þarna“, og

strýkur hendinni yfir sængina þar sem barnið lagði inniskóna. Eftir þetta atvik hugsar

barnið um inniskóna sem skítuga og segir „þeir eru skítugir!“ og dustar af sænginni.

Hvað myndum við vilja meira? Þar sem barnið er mjög viðkvæmt og er svo

fljótt að læra að fullorðið fólk verður að gæta vel orða sinna jafnt sem gjörða, því allt

situr eftir í minni þess. Hlýðnin skiptir það mestu máli í lífinu.

Barnið elskar foreldra sína skilyrðislaust, því af vörum þeirra birtist öll sú

nauðsynlega viska sem það mun þarfnast til að leiðbeina því út lífið. Barnið er utan við

sig líkt og andleg kúla hafi hitt það beint í hjartastað.

Þess vegna verðum við að vera meðvituð um þá hegðun sem barnið sýnir og

gera okkur grein fyrir því að það sem virðist vera óhlýðni sé ef til vill aðeins þeirra þörf

eða einhvers konar vörn, og hafa í huga að barnið elskar okkur og vill allt fyrir okkur

gera.

Mögulegt er að ástin á foreldrunum liggi djúpt í sálu hvers barns. Segjum:

„hvernig er barnið elskað af foreldrunum? Hvernig er barnið elskað af móður sinni?“

Að lokum spyr kennarinn: „hvernig elska börnin?“.

Því hefur verið haldið fram að kenna þurfi börnum að elska náungann, móður

sína, föður og kennara. En hver er það sem heldur því fram, hver er þessi ástarkennari

sem vill að börnin elski alla? En það er einmitt sá aðili sem sér um að refsa barninu fyrir

sína slæmu hegðun og óþekkt. Kennari ástarinnar verður að hafa lokið við sérstök

verkefni, hafa opnað augu samviskunnar og hafa séð allan heiminn.

Þegar barn leggst til svefns hefur það mikla þörf fyrir nánd og hlýju þess sem

það elskar en sá fullorðni neitar og segir „Það verður að koma í veg fyrir óþekktina í

barninu, það má ekki venja sig á þann ósið að geta ekki sofnað án þess að hafa

einhvern hjá sér.“

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Eða: „barnið heimtar að fá að sitja með okkur við matarborðið og fer að gráta

þegar við leyfum það ekki. Við verðum því að þykjast ekki ætla að borða!“. Barnið, sem

er þrátt fyrir allt aðeins ungabarn, vill fá að vera með við matarborðið þó að það sé ekki

enn farið að borða fasta fæðu, það grætur vegna þess að það fær ekki að vera með,

eða það grætur vegna þess að það fær enga athygli á meðan aðrir eru að borða. Barnið

hefur mikla þörf fyrir að vera talið með í samræðunum og fá athygli.

Hver annar myndi gráta af einskærri þrá fyrir að vera með okkur á meðan við

borðum? Og einn daginn verðum við döpur og segjum „Núna hefur enginn þörf fyrir að

hafa mig nálægt sér þegar farið er í háttinn. Allir hugsa aðeins um sig sjálfa og velta

fyrir sér liðnum degi en enginn man eftir mér!“.

Það er aðeins lítið barn sem tjáir hug sinn hvert kvöld: „Ekki fara frá mér, vertu

hjá mér!“ og fullorðni einstaklingurinn segir: „Ég get það ekki, ég hef svo mikið að gera,

og hvaða óhlýðni er þetta?“ Foreldrið hugsar sér að með því að leiðrétta barnið muni

það koma í veg fyrir að það hneppi alla í álög ástar sinnar!

Þegar barnið vaknar snemma flýtir það sér inn til pabba og mömmu sem gera

allt til að halda áfram að sofa, yfir því kvarta foreldrarnir og segja það óþekkt. En barnið

er heilbrigði aðilinn þar sem það rennir sér fram úr rúminu og gerir það sem allir ættu

að gera. Þegar sólin kemur upp halda foreldrarnir áfram að sofa þegar í raun allir ættu

að fara á fætur. Það virðist vilja segja: „Lærið að lifa heilbrigðu líferni, upphaf dagsins

vekur okkur.“ Barnið hefur samt sem áður engin áhrif og eina ástæðan fyrir því að það

leitar til foreldra sinna er sú að það elskar þau. Þegar barnið vaknar og gengur yfir í

svefnherbergi foreldra sinna, í gegnum herbergi sem eru enn lokuð fyrir morgunljósinu.

Á leið sinni getur það mögulega hrasað, en samt sem áður óhrætt við myrkrið og hálf

lokaðar hurðarnar nálgast það pabba og mömmu og snertir þau blíðlega. Þau segja þá

oft: „Barn, ekki vekja mig á morgnana!“ Og barnið segir: „ég var ekki að vekja þig, ég

var bara að kyssa þig!“ Foreldrarnir velta fyrir sér aðferðunum sem eiga að leiðrétta

barnið. En hversu oft gerist það á okkar æviskeiði að einhver vilji hlaupa undir eins til

okkar, án þess að hafa nokkra löngun til að vekja okkur, heldur aðeins vera í nálægð

okkar og kyssa? Hver myndi nokkurn tíma vilja gera þetta fyrir okkur?

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Barnið sem þráir að vera í návist foreldra sinna vekur mömmu og pabba, ekki

aðeins á morgnana. Með komu barns kemur ný manneskja sem vekur okkur og heldur

okkur vakandi með aðferðum sem eru ekki okkar, manneskja sem gerir hlutina með

öðrum aðferðum en okkar og sem birtist okkur á hverjum morgni eins og til að segja

„sjáið, það er til annað líf, lifið betur.“

Það er barnið sem hjálpar manninum að rísa og ef að hinir fullorðnu gera ekki

tilraun til þess að veita þessu athygli, þá týnast þeir og smám saman þá verða þeir

kaldari og kaldari og að lokum verða þeir tilfinningalausir.

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Conclusioni

Maria Montessori è stata una persona speciale e pioniera nel settore degi studi

pedagogici del suo tempo. Tutto quello che ha compiuto ѐ straordinario e la sua vita fu

piena di avvenimenti, come ho illustrato in questa tesina. Il suo metodo e le sue azioni

concrete per i bambini rappresentano una pietra miliare nella storia del sistema

educativo.

Ecco cosa Maria Montessori disse a riguardo della sua scoperta:

“Ho visto che per quanto riguarda il bambino tutta lʼumanità ѐ

ugale: tutti i bambini parlano più o meno alla stessa età, senza differenza di

razza o di condizioni sociali, tutti camminano in una determinala epoca

della loro vita. Anche nel campo psichico essi sono proprio tutti simili. I

bambini costruiscono la loro personalità prendendo dallʼambiente il

linguaggio, le abitudini e le caratteristiche non solo della razza, non solo

della nazione, ma persino della regione particolare in cui si sviluppano.

Lʼinfanzia si costruisce con quanto si trova nel suo ambiente“ (Giovetti

2009, 127).

Dopo aver letto il libro “Il bambino in famiglia”, l´autrice ed il suo metodo mi hanno

affascinato molto. Sono molto contenta di aver incontrato la figura di Maria

Montessori, perchè ho potuto ampliare lʼorizzonte nel rapporto con i bambini e con la

loro educazione.

Dal momento che ero anche molto interessata a provare una traduzione dallʼitaliano,

ho scelto due capitoli del libro sopracitato. Quando ho iniziato a procurarmi le

informazioni riguardo alla traduzione, ho scoperto tanti specialisti nel settore e le loro

teorie, di grande utilità nel mio lavoro di analisi del testo originale, traduzione e

stesura del testo in islandese.

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Una delle cose che la figura di Maria Montessori mi ha isegnato è che i bambini sono la

cosa più importante nella vita per il futuro e per la costruzione della pace nel mondo,

come è scritto sulla tomba di Maria Montessori in Olanda:

“Io prego i cari bambini che tutto possono

di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo”

(Giovetti 2009,130).

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