senza una linea - partitodemocratico.it · ne del pluralismo democratico e informativo dovrebbe...

8
WWW.DEMOCRATICA.COM D obbiamo ammetterlo: Salvini è un vero fenomeno. Ma non lo è solo per il ricorso all’intimidazione come strumento di lotta politica (vedi Saviano), né per la faccia tosta con cui finge di dimenticarsi delle promesse fatte in campagna elettorale. No, Salvini è un fenomeno perché pretenderebbe che i suoi amici del “Circolo europeo dei sovranisti” facessero gli interessi dell’Italia invece dei propri. PAGINA 2 SEGUE A PAGINA 2 Senza una linea Ue L’Italia polemizza con gli alleati europei ma non ha uno straccio di proposta. Salvini blocca una Ong olandese con 400 migranti a bordo L’isolamento che fa male al Paese L’EDITORIALE Andrea Romano n. 212 giovedì 21 giugno 2018 “Ciò che non è assolutamente possibile è non scegliere” (Jean Paul Sartre, 21 giugno 1905) PAGINA 5 PAGINA 4 Assemblea a luglio. Pisa, sfida aperta Saviano: “È il ministro della malavita” PARTITO DEMOCRATICO SALVINI/2 PAGINA 3 L’escalation del leader della paura SALVINI/1

Upload: hoangdieu

Post on 18-Feb-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

WWW.DEMOCRATICA.COM

Dobbiamo ammetterlo: Salvini è un vero fenomeno. Ma non lo è solo per il ricorso all’intimidazione come

strumento di lotta politica (vedi Saviano), né per la faccia tosta con cui finge di dimenticarsi delle promesse fatte in campagna elettorale. No, Salvini è un fenomeno perché pretenderebbe che i suoi amici del “Circolo europeo dei sovranisti” facessero gli interessi dell’Italia invece dei propri.

PAGINA 2 SEGUE A PAGINA 2

Senza una linea

Ue L’Italia polemizza con gli alleati europei ma non ha uno straccio di proposta. Salvini blocca una Ong olandese con 400 migranti a bordo

“L’isolamento che fa male al Paese

L’EDITORIALE

Andrea Romano

n. 212giovedì

21 giugno2018

“Ciò che non è assolutamente possibile è non scegliere”(Jean Paul Sartre, 21 giugno 1905)

PAGINA 5PAGINA 4

Assemblea a luglio.Pisa, sfida aperta

Saviano: “È il ministro della malavita”

PARTITO DEMOCRATICOSALVINI/2

PAGINA 3

L’escalation del leader della paura

SALVINI/1

2 giovedì 21 giugno 2018

L’isolamento che fa male all’Italia

Si dice che la storia sia maestra di vita, ma nel caso di Salvini ci si potrebbe accontentare che le tante lezioni che il Ventesimo secolo ha offerto sul comportamento dei nazionalismi servissero almeno a limitare i danni che la sua azione sta causando all’Italia. Perché quelle lezioni ci dicono tutte la stessa cosa: ogni nazionalismo

(che ora chiamiamo “sovranismo”, ma sempre di quello si tratta) fa solo e soltanto i propri interessi; rifiuta i vincoli e le opportuni-tà dell’integrazione multilaterale; prima o poi finisce per entrare in conflitto (politico, economico, armato) con altri nazionalismi. E’ esattamente quello che sta accadendo sul dossier immigrazione, dopo che il governo Salvini-Di Maio ha scelto di puntare sull’alle-anza con il gruppo di Visegrad (esteso per l’occasione all’Austria e alla CSU bavarese) contro gli alleati tradizionali dell’Italia. Quel gruppo ha caratteristiche precise – culturali e geografiche - ma so-prattutto condivide una stessa cornice politica dentro la quale ri-troviamo una profonda diffidenza verso la democrazia liberale, la limitazione delle condizioni reali che garantiscono il pluralismo in-formativo, il ricorso a categorie di tipo etnico e la convinzione che la risposta alla nuova dimensione del fenomeno migratorio debba venire dai singoli Stati nazionali e non dall’Unione europea nel suo complesso. Già l’accostamento tra nazionalismo, etnia e limitazio-ne del pluralismo democratico e informativo dovrebbe provocare allarme in qualsiasi coscienza minimamente consapevole della sto-ria dell’Europa centrorientale. Ma usciamo pure dalle le-zioni della storia e restiamo all’attualità. Oggi, in tema di immigrazione, Visegrad significa essenzialmen-te questo: “Ognuno per sé, Dio per tutti”. La stes-sa scommessa su cui ha puntato Matteo Salvini quando ha rilanciato la Lega su basi sovraniste, trovando nell’Ungheria di Orban un modello a cui ispirarsi. Un’operazione politica spregiudi-cata che gli ha garantito benzina elettorale, ma che oggi alla prova del governo si rivela per quella che è: una trappola per gli interessi reali del nostro paese. Interessi che restano quelli di una condivisione comunitaria più ampia possibi-le del fenomeno migratorio, e non certo quelli di un ritorno a chiusure frontaliere che scaricherebbero quel fenomeno solo e soltanto sulle nostre spalle. L’Ita-lia del governo Salvini-Di Maio si trova isolata in Europa non per l’egoismo di Francia e Germania, che perseguono una strategia nazionale compatibile con i limiti e le opportunità dell’integrazio-ne comunitaria, ma perché non può avere dal gruppo di Visegrad una compensazione comparabile con i danni che derivano dall’ab-bandono della battaglia per riformare il Trattato di Dublino. Quella battaglia, condotta con grande fatica dai governi a guida PD contro le resistenza di gran parte dell’Unione europea e contro la granitica opposizione dei paesi di Visegrad, è l’unico binario lungo il qua-le possiamo ridurre la pressione che deriva dalla nostra posizione geografica. Fuori da quel binario c’è solo la propaganda sovranista (che può andar bene in Ungheria e Polonia, dove l’immigrazione è un fantasma lontano) e l’isolamento reale dell’Italia di fronte al fenomeno migratorio (come i fatti di queste ore stanno purtroppo confermando). Perché in fin dei conti non avevano tutti i torti quei leader italiani che nel secondo dopoguerra scelsero di scommette-re sull’integrazione comunitaria: essi compresero bene che, dopo la catastrofe a cui il nazionalismo fascista aveva condotto il nostro paese, l’unica strada per difendere davvero gli interessi naziona-li del nostro paese era puntare sulle responsabilità condivise. Una lezione di pragmatismo che sarebbe utile riportare in superficie in questi giorni.

Europa

Andrea RomanoSegue dalla prima

Lo scontro europeo

entra nel vivo: democratici

contro populisti

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Lo spettro nero di VisegradOggi i leader dei 4 paesi del gruppo di Visegrád - composto da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria - hanno annunciato che non parteciperanno al summit su immigrazione e asilo che si terrà domenica a Bruxelles fra i capi di governo di Germania, Austria, Italia, Francia e altri paesi europei. La conferma del forfait è arrivata prima dal premier Unghere Viktor Orbán e poi è stata ribadita dal premier polacco Mateusz Morawiecki che ha definito “il mini-summit di domenica inaccettabile”. Secondo Varsavia, a Bruxelles “vogliono riproporre una vecchia proposta che avevamo già respinto”.

E mentre annunciano lo strappo con l’Ue, i 4 sottolineano il rafforzarsi dell’intesa con l’Austria. Secondo Orbán il vertice di oggi - che in questa occasione è stato allargato anche al cancelliere austriaco Sebastian Kurz - ha confermato che fra i paesi Visegrád e Vienna c’è accordo sul fatto che “l’Europa deve essere in grado di proteggere le sue frontiere e deve poter garantire sicurezza ai suoi cittadini”. Discorso a parte va fatto per quanto riguarda le quote. Su cui - ha affermato Orbán - Vienna non ha espresso il suo consenso.

La partecipazione dell’Austria al mini vertice di oggi è importante perché sarà proprio il paese guidato da Viktor Kurz ad assumere, a luglio, la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Il cancelliere austriaco Kurz ha un punto di vista sull’immigrazione vicino a quello al primo ministro ungherese Viktor Orban, al ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer e quello italiano Matteo Salvini. A margine del vertice di oggi anche Kurz, come Orbanm, ha voluto spostare l’attenzione dal tema della distribuzione dei migranti - dove evidentemente c’è distanza con i 4 - per puntare l’attenzione sulla sicurezza delle frontiere esterne della Ue.

AUSTRIA

La posizione del primo ministro Viktor Orbán è quella più intransigente e ferma. L’ha ribadita anche questa settimana, parlando nell’università di lingua tedesca a Budapest: “Nella polemica europea sulla migrazione - ha spiegato il premier

ungherese - non c’è posto per nessun compromesso, le frontiere devono essere difese”. Secondo Orban, il futuro dell’Unione

europea dipende dalla sua capacità di difendere i confini e i migranti già arrivati non devono essere distribuiti fra

i paesi membri con il meccanismo delle quote, ma rispediti in massa nei paesi di origine.

UNGHERIA

Più complessa la posizione della Repubblica ceca. Secondo quanto annunciato lunedì dal premier ceco Andrej Babis, il suo paese sarebbe pronto a

sostenere finanziariamente e materialmente l’Italia e la Grecia nell’affrontare la crisi dei migranti, ma

respinge fermamente il sistema di ricollocazione dei richiedenti asilo. Impensabile – a suo parere – anche l’idea

di riattivare i controlli di frontiera all’interno dell’area Schengen, come prospettato dal ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer.

REPUBBLICA CECA

Anche la Slovacchia si è sempre opposta al sistema delle “quote” sui richiedenti asilo. Come per gli altri paesi il suo contributo all’accoglienza è stato minimo (solo 16 nel 2018 nel caso delle ricollocamenti dalla Grecia) o addirittura assente (nel caso dei ricollocamenti provenienti dall’Italia).

SLOVACCHIA

Il paese guidato da Mateusz Morawiecki è stato più volte sotto la lente d’ingrandimento dell’Unione europea per alcune controverse leggi recentemente varate. Nel dicembre scorso la Commissione Ue ha avviato una procedura mai adottata prima, quella prevista dall’articolo 7 del Trattato di Lisbona. L’azione è stata invocata contro il governo polacco di estrema destra, accusato di aver compromesso lo stato di diritto. L’asse con la Polonia di Orbàn è stato più volte confermato. In un bilaterale dello scorso maggio i due avevano ribadito la piena sintonia tra i due paesi, in particolare nel chiedere lo stop alle quote e ai ricollocamenti di profughi fra gli stati membri.

POLONIA

3 giovedì 21 giugno 2018Salvini

L’ecumenico“La questione culturale

di fondo è se l’Islam, l’applicazione letterale del

dettato di Maometto, oggi è compatibile con i nostri valori, con

la nostra libertà e con la nostra Costituzione. Ho fortissimi dubbi.

Che l’Islam rappresenti un rischio è evidente....”

8 febbraio

Sterminator“Questi zingari

“lavorano” anche a Pasqua... Ho pronta una democratica e

pacifica ruspa.”3 aprile

La pacchia...“Per gli immigrati

clandestini è finita la pacchia, preparatevi a

fare le valigie, in maniera educata e tranquilla,

ma se ne devono andare.”

2 giugno

Il diplomatico

“La Tunisia è un Paese libero e democratico

che non sta esportando gentiluomini ma spesso

e volentieri esporta galeotti.”3 giugno

Il censimento “Al ministero mi sto

facendo preparare un dossier sulla questione rom in Italia. Dopo Maroni non è stato fatto più nulla

ed è il caos. Occorre una ricognizione per vedere chi, come, quanti sono,

rifacendo quindi il censimento. Facciamo un’anagrafe, una fotografia della

situazione. Se gli stranieri irregolari vanno spulsi, i rom italiani purtroppo

te li devi tenere a casa.”18 giugno

Via la scorta a Saviano

“Sulla scorta allo scrittore Roberto Saviano saranno le

istituzioni competenti a valutare se corra qualche rischio, anche perché mi pare che passi molto

tempo all’estero. Valuteranno come si spendono i soldi

degli italiani. Gli mando un bacione.”

20 giugno

Società aperta

#chiudiamoiporti10 giugno

Il buono del fascismo “Che sotto Benito Mussolini si siano fatte tante cose e si sia introdotto il sistema delle

pensioni è negare l’evidenza - ha detto il leader del Carroccio

- come mi sembra negare l’evidenza che le paludi siano

state bonificate.”26 gennaio

Aquarius? In Spagna

“Non è che adesso possono anche decidere dove cominciare e dove

finire la crociera... ”14 giugno

Fra sinceri democratici

“Con Putin c’è un legame di stima, ritengo abbia fatto

tanto per il suo popolo e con interventi contro il terrorismo islamico, come l’intervento

in Siria: e lo dico gratis, perché lo penso. ”

4 giugno

L’evangelico“... E giuro di

farlo rispettando gli insegnamenti contenuti

in questo sacro Vangelo”

24 febbraio

L’escalation della paura

5 giovedì 21 giugno 2018Partito Democratico

E dopo “appena” 108 giorni, si sono insediate le Commissioni! Finalmente il Parlamento può lavorare. Intanto tre considerazioni molto brevi.

E l’Italia oggi è isolata. La strategia sull’immigrazione di Salvini ha avuto una grande eco in Italia. Tanti commenti positivi, tanti consensi nei sondaggi. Io penso che sia una strategia sbagliata sotto tutti i punti di vista. E lo dico ovunque mettendoci la faccia, senza paura, anche per fare chiarezza su tante accuse che ci hanno rivolto nel passato. La strategia di Salvini è sbagliata innanzitutto in termini di valori. L’ho scritto in un articolo sul Washington Post di oggi (qui la versione inglese, qui la traduzione: una vita umana vale più di un voto). L’ho detto da Lucia Annunziata domenica scorsa in TV. Lo dirò sempre: anche se siamo minoranza certe battaglie vanno fatte. Altrimenti finisce come in America (terribile il pianto disperato dei bambini separati crudelmente dai genitori, ne ho parlato su instagram e su twitter. Ma paradossalmente la strategia del governo Salvini-Conte è sbagliata anche per chi ne condivide i valori. Mi spiego: se ti allei con chi vuole costruire i muri, dagli ungheresi ai baltici, dalla destra austriaca a quella bavarese, finisce che chi ci rimette è l’Italia. Su quel muro rischi di farti male, molto male. La strategia del Governo sta paradossalmente portando all’isolamento del nostro Paese che rischia di diventare il grande hotspot dell’Europa. Io faccio il tifo per l’Italia e quindi spero che il Governo porti a casa dei risultati, ma la strategia di sceneggiate ciniche come quelle legate alla vicenda dell’Aquarius paradossalmente si ritorce contro di noi. Non lo dice nessuno, perché molti commentatori sono impegnati a fare la Ola al Ministro dell’Interno, ma chi conosce come funzionano i consessi europei sa che queste scelte alla fine penalizzano gli italiani. Per difendere l’interesse nazionale bisogna stare ai tavoli, leggere i documenti, combattere per cambiarli, lavorare contro i dazi, contrattare sul Budget UE. Non isolarsi.

A Salvini diciamo che una vita vale più di un voto

LEGGI L’ENEWSINTEGRALE

Martina, l’assemblea di metà luglio definirà il percorso dem

L’Assemblea nazionale del Pd si terrà - dice Maurizio Martina a Agorà - “a metà luglio (proba-bilmente la data sarà quella del

sabato 14 anche se qualcuno non esclude una data più hard come quella di domeni-ca 15...), una riunione che secondo le in-tenzioni del “reggente” dovrebbe fissare “il percorso” del dibattito del partito nei prossimi mesi. E’ ancora presto per certi-ficare le possibili decisioni dell’Assemblea ma stando alle voci già rimbalzate su alcu-ni quotidiani la riunione del parlamentino dem potrebbe eleggere Marina segretario effettivo, dunque non più “reggente”, e contestualmente stabilire che il congresso si terrà dopo le elezioni europee di metà 2019. Una scelta che eviterebbe spaccature e conte, inevitabili in un congresso con le

primarie, e che metterebbe al riparo l’unità di un gruppo dirigente allargato - è sempre stata questa l’idea di Martina - in vista del-la sfida cruciale contro i populisti di destra come sarà appunto quella delle europee, una sfida nella quale, anzi, occorrerà in qualche modo costruire un “campo” demo-cratico più vasto del solo Pd. Dopo le euro-pee si vedrà, è il ragionamento che sembra essere condiviso un po’ da tutte le anime del partito: senza escludere - tutt’altro - un’implosione del governo gialloverde, stressato dalla incessante offensiva salvi-niana e prevedibilmente avaro di risultati concreti. Non è detto però che tutti siano d’accordo con questa opzione, e proprio per questo dalla settimana prossima - a ballottaggi effettuati (circola un certo otti-mismo) - si intensificheranno i contatti e le riunioni per capire se l’assemblea di luglio si possa concludere con un’intesa unitaria sull’ipotesi che abbiamo descritto.

Democratica CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

La riunione dovrebbe stabilire che il congresso si farà dopo le europee

Ballottaggi, la sfida aperta di Pisa

Sarà uno scontro serrato e difficile quello che attende i candidati sin-daco a Pisa, Andrea Serfogli del cen-trosinistra e Michele Conti del cen-

trodestra, usciti dal primo turno con una differenza di una manciata di voti (il primo al 32,3% contro il secondo al 33,3%).

In una Toscana dove il centrosinistra ri-schia di cedere sempre più il passo al cen-trodestra e in particolare alla Lega, Serfogli è riuscito a ricomporre la rottura con Leu con l’ex sindaco pisano Paolo Fontanelli che ha annunciato il sostegno al candidato del Pd. Assessore uscente nella giunta Filip-peschi, Serfogli, inoltre, ha annunciato un apparentamento con le tre liste civiche che al primo turno hanno sostenuto i candidati Antonio Veronese e Maria Chiara Zippel. Il fronte del centrosinistra arriva così ampio e compatto all’appuntamento di domenica per cercare di allontanare, dopo Cascina,

lo spettro della crescita del Carroccio in Toscana. Il M5S non ha concordato appa-rentamenti né dato indicazioni di voto, ma resta comunque l’incognita dell’elettorato grillino che potrebbe, sulla scia del gover-no gialloverde, decidere di votare per il rappresentante del centrodestra.

Una delle questioni al centro di questa delicata campagna elettorale è stata la sicu-rezza, in una città come Pisa dove negli ul-timi giorni si sono verificati gravi atti van-dalici e una maxi rissa che si è trasformata in un vero e proprio caso politico. “Pisa ha bisogno di forze dell’ordine preparate - ha commentato Serfogli - nonché adeguate numericamente in funzione dei problemi e delle complessità che la città presenta. Da sindaco porterò 30 vigili in più per garan-tire ai miei concittadini la tranquillità che meritano”

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Il centrosinistra largo in campo per frenare l’avanzata della destra

6 giovedì 21 giugno 20186 Giovedì 21 giugno 2018Il meglio degli altri

“Consip è stato un complotto”

Un complotto che aveva come bersaglio Matteo Renzi e il Pd. E che ha prodotto risultati notevolissimi, se è vero che nel dicembre del 2016, quando iniziò l’operazione-Consip, il Pd era accreditato più o meno del 32 per cento dei consensi elettorali, e da quel momento è iniziata la frana che ha portato via al partito di Renzi più o meno la metà del suo elettorato. È chiaro che non si può risolvere la discussione sul perché della sconfitta storica del Pd con la teoria del complotto. No. Però sarebbe sbagliato non mettere nel conto anche questo.

E soprattutto sarebbe sbagliato non porsi la seguente domanda: dunque in Italia, anche con forze molto limitate, si può realizzare un complotto politico in grado di modificare le sorti del paese? Una volta era necessario controllare l’esercito, la polizia, la televisione, la radio, le prigioni. Ora si possono fare grandiosi complotti con mezzi artigianali.

Se le accuse gravissime del testimone Filippo Vannoni, consegnate al Csm, sono vere (e ne hanno tutta l’aria) è esattamente così. Se è vero che il testimone Vannoni - cioè il testimone chiave di questa vicenda - fu indotto ad accusare il sottosegretario Lotti di avere “bruciato” l’indagine Consip (e fu indotto, a quel che lui dice, con metodi assolutamente illegali e del tutto estranei alle consuetudini di un paese democratico), e se è vero quello che dice Vannoni sulla volontà di alcuni inquirenti di colpire direttamente Renzi (circostanza, peraltro, già

prospettata da una magistrata emiliana, e avvalorata dalle informazioni false contenute nell’informativa del capitano Scafarto), vuol dire che alla fine del 2016 e all’inizio del 2017 ci fu una vera e propria congiura contro il primo partito italiano (che era al governo), organizzata da alcuni carabinieri infedeli, e realizzata con l’appoggio (consapevole o inconsapevole) di uno o più sostituti procuratori e di un organo di stampa, cioè Il Fatto Quotidiano, al quale furono consegnate le carte segrete e che si occupò di propagandarle e di renderle una bomba atomica contro Renzi e il Pd, nei primi mesi di funzionamento del governo Gentiloni.

Sarà il Csm, e successivamente la Procura di Roma,

a stabilire come andarono esattamente

i fatti e quali siano, eventualmente, gli aspetti con valore penale di tutta questa brutta vicenda. Noi però oggi sappiamo che un uso distorto

della giustizia, da parte di qualche giornale, o

viceversa (un uso distorto del giornalismo da parte

di qualche magistrato) può portare a danni irreversibili.

La demolizione del Partito democratico e il suo clamoroso e imprevedibile ridimensionamento, e la sua cacciata dall’area di governo, sono frutti di questa operazione, e sono eventi che non possono più in nessun modo essere cambiati. La magistratura ora potrà rendere giustizia a Lotti, e naturalmente anche a Renzi, e probabilmente ai comandanti dei carabinieri che finirono nel tritacarne insieme a Lotti ( forse anche per via di una guerra interna, ferocissima, al vertice dell’Arma) ma non potrà in nessun modo modificare l’andamento della storia politica.

Continua a leggere

Piero Sansonetti

L’inchiesta era una

montatura che ha avuto gravi ripercussioni

politiche

7 giovedì 21 giugno 2018

LA TUA ESPRESSIONE VALE.COME IL TUO IMPEGNO.Con la tua firma, ripartiamo insieme.DONA IL 2x1000 AL PD, SCRIVI M20. A te non costa nulla, insieme saremo più liberi.

8 giovedì 21 giugno 2018

In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Stefano Cagelli, Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace,Silvia Gernini, Stefano Minnucci,Agnese Rapicetta

[email protected]

PD Bob

Società editrice:Democratica srl Via Sant’Andrea delle Fratte 16 - 00187 Roma

www.democratica.comwww.partitodemocratico.it

Per ricevereDemocratica: scrivi su Whatsapp a 348 640 9037oppure vai sul messenger Facebookall’indirizzom.me/partitodemocratico.it

DirettoreAndrea RomanoVicedirettoreMario Lavia

Face

bo

ok

TwitterInstagramSocial