sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015 rg n. 56169/2013 · pagina 1 di 16 n. r.g. 56169/2013...

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pagina 1 di 16 N. R.G. 56169/2013 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO - Sezione specializzata in materia di impresa B - Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Elena Maria Riva Crugnola Presidente dott. Alessandra Dal Moro Giudice Relatore dott. Angelo Mambriani Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 56169/2013 promossa da: FALL.TO NUOV@ PERIODICI ITALIA SRL (C.F.06868120152), con il patrocinio dell’avv. MAIENZA MARIO, elettivamente domiciliato in VIA FREGUGLIA, 8/A 20122 MILANO attore contro ANDREA MARIA ROBBIONI (C.F. RBBNRM72B11F205H), con il patrocinio dell’avv. BIANCHI FIORENZA elettivamente domiciliato in VIA SANTA SOFIA, 14 20122 MILANO convenuto COSTANTINO CIALFI (C.F. CLFCTN60C01F595O), con il patrocinio dell’avv. LONGHINI PIETRO, elettivamente domiciliato in CORSO PORTA ROMANA, 46 20122 MILANO convenuto MARCO ANTONIO MELAI (C.F. MLEMCN65A17F205A), con il patrocinio dell’avv. GARAVAGLIA SILVIA, elettivamente domiciliato in VIA WASHINGTON, 1 20146 MILANO, convenuto MARIO TOFFOLETTI (C.F. TFFMRA62H22F205M), con il patrocinio dell’avv. VERGARA CAFFARELLI MASSIMO elettivamente domiciliato in VIA CESARE BECCARIA, 23 00196 ROMA, convenuto ANGELO GAIARA (C.F. GRANGL47T01C038X), con il patrocinio dell’avv. BERNASCONI STEFANO, elettivamente domiciliato in VIALE BIANCA MARIA, 18 20129 MILANO convenuto Firmato Da: RIVA CRUGNOLA ELENA MARIA MEROPE Emesso Da: INFOCERT FIRMA QUALIFICATA 2 Serial#: 7b626 - Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 98684 Firmato Da: DAL MORO ALESSANDRA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: c5483 Sentenza n. 10652/2015 pubbl. il 23/09/2015 RG n. 56169/2013 http://bit.ly/1JzgYtz

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N. R.G. 56169/2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

- Sezione specializzata in materia di impresa B -

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Elena Maria Riva Crugnola Presidente

dott. Alessandra Dal Moro Giudice Relatore

dott. Angelo Mambriani Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 56169/2013 promossa da:

FALL.TO NUOV@ PERIODICI ITALIA SRL (C.F.06868120152), con il patrocinio dell’avv.

MAIENZA MARIO, elettivamente domiciliato in VIA FREGUGLIA, 8/A 20122 MILANO

attore

contro

ANDREA MARIA ROBBIONI (C.F. RBBNRM72B11F205H), con il patrocinio dell’avv. BIANCHI

FIORENZA elettivamente domiciliato in VIA SANTA SOFIA, 14 20122 MILANO

convenuto

COSTANTINO CIALFI (C.F. CLFCTN60C01F595O), con il patrocinio dell’avv. LONGHINI

PIETRO, elettivamente domiciliato in CORSO PORTA ROMANA, 46 20122 MILANO

convenuto

MARCO ANTONIO MELAI (C.F. MLEMCN65A17F205A), con il patrocinio dell’avv.

GARAVAGLIA SILVIA, elettivamente domiciliato in VIA WASHINGTON, 1 20146 MILANO,

convenuto

MARIO TOFFOLETTI (C.F. TFFMRA62H22F205M), con il patrocinio dell’avv. VERGARA

CAFFARELLI MASSIMO elettivamente domiciliato in VIA CESARE BECCARIA, 23 00196

ROMA,

convenuto

ANGELO GAIARA (C.F. GRANGL47T01C038X), con il patrocinio dell’avv. BERNASCONI

STEFANO, elettivamente domiciliato in VIALE BIANCA MARIA, 18 20129 MILANO

convenuto

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ANTONIO CARLOMAGNO (C.F. CRLNTN69R08E483P), con il patrocinio dell’avv. DELFINO

TOMMASO e dell’avv. CANGEMI ILARIA (CNGLRI76L59A089N) VIA ANDREA SOLARI, 2/A

20144 MILANO; elettivamente domiciliato in CORSO VERCELLI, 42 20145 MILANO

convenuto

ISOLA LAISSU (C.F. LSSSLI60T42F205V), con il patrocinio dell’avv. BERNASCONI STEFANO

elettivamente domiciliata in VIALE BIANCA MARIA, 18 20129 MILANO

convenuto

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.

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Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Il Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl (di seguito, “Fallimento”) ha convenuto gli ex amministratori

(Mario Toffoletti, amministratore dal marzo 2006 al luglio 2010; Costantino Cialfi e Marco Antonio

Meli, amministratori dal settembre 2008 al luglio 2010), i sindaci (Angelo Gaiara e Isola Laissu,

sindaci dal 1995 al maggio 2007, Antonio Carlomagno sindaco dall’ottobre 2006 al maggio 2007)

nonché il liquidatore della società (Andrea Maria Robbioni, liquidatore della società dal luglio 2010

alla data del fallimento), deducendo che gli stessi sarebbero responsabili per aver causato un danno di

circa 3.500.000 euro alla società stessa nell’esercizio delle rispettive funzioni e quindi per sentirli

condannare in solido al risarcimento.

Le condotte contestate dalla procedura riguardano:

1. la prosecuzione illecita dell’attività sociale in presenza di una causa di scioglimento (ritardo nella

messa in liquidazione della società) che si sarebbe verificata almeno a partire dalla fine

dell’esercizio 2008:

a. secondo la curatela tale bilancio si sarebbe dovuto chiudere con una perdita di almeno

600.000,00;

b. il prospetto dei risultati annuali di esercizio della società evidenzierebbe l’anomalia del

risultato 2007 e 2008, che sarebbe in effetti frutto di una strumentale appostazione di poste

attive inesistenti (credito SIAE, e rimanenze finali per euro 512.362) funzionale a coprire

perdite di esercizio (dopo la fuoriuscita del socio americano, IDG, alla fine del 2007 i soci

non avrebbero effettuato alcun apporto di capitale e tuttavia i bilanci del 2007 e del 2008

evidenzierebbero un improvviso incremento di fatturato tale da determinare un utile, seppur

modesto, frutto, in realtà, di artifici contabili funzionali ad evitare una nuova immissione di

capitali da parte dei soci);

c. il danno provocato da tale prosecuzione illecita dell’attività caratteristica in termini di

perdita sarebbe evidenziato dallo “stato passivo” pari a oltre 3.500.000 euro (a fronte di un

attivo di non più di euro 50.000).

2. il ritardo nella dichiarazione dello stato di insolvenza, a fronte “dell’impercorribilità fin dall’inizio

della fattispecie del concordato preventivo” perseguita attraverso l’ipotesi della cessione al prezzo

di euro 1.500.000,00 del ramo d’azienda alla società - Just Be srl - cui nel frattempo l’azienda

stessa era stata affittata al canone annuo di euro 120.000: il curatore in effetti non contesta la

congruità delle condizioni economiche concordate (precisando che l’opzione di acquisto ad euro

1.500.000 “avrebbe potuto far rientrare la fattispecie in dimensioni economiche compatibili con

una normale procedura concordataria” ), ma il fatto che si sarebbe trattato sin dall’inizio di un

escamotage per “tirare in lungo a danno dei creditori” perché la proposta di concordato si fondava

su una lettera di Just Be del 29.6.2011 “cui era stata attribuita una inesistente efficacia contrattuale

di esercizio dell’opzione ”;

anche con riguardo a questa specifica condotta la curatela contesta il medesimo danno, ovvero la

differenza tra attivo e passivo fallimentare, e chiama a risponderne tutti i convenuti .

*

I convenuti si sono costituiti in giudizio contestando la fondatezza nel merito dell’azione di

responsabilità; inoltre:

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1. il sig. Toffoletti (amministratore dal marzo 2006-luglio 2010) ha eccepito l’intervenuta

prescrizione dell’azione per tutte le richieste relative a fatti anteriori al 26 luglio 2008 (essendo

stato l’atto di citazione notificato in data 26 luglio 2013; nel merito in via subordinata, ha chiesto

di limitare la condanna al risarcimento dei danni anteriori alla successiva fase di liquidazione.

2. Il sig. Marco Antonio Melai (amministratore dal 17 settembre 2008-giugno 2010) ha eccepito la

carenza di legittimazione attiva per carenza di autorizzazione ad agire della curatela, e l’intervenuta

prescrizione del diritto al risarcimento (a suo dire in ragione del fatto che tra l’insorgere

dell’insolvenza - 30 agosto 2005 - e la notifica dell’atto di citazione - 31 agosto 2013 – sono

decorsi più di 5 anni); nel merito ha dedotto di essersi dimesso in data 28 giugno 2010, onde ha

chiesto, in via subordinata, di accertare la misura delle singole responsabilità, deducendo, quanto al

danno in termini di differenza attivo e passivo come contestato che vi avrebbe concorso la stessa

curatela omettendo colpevolmente di intraprendere l’azione per il recupero del credito SIAE.

3. Il sig. Costantino Cialfi (amministratore dal 7 maggio 2008 fino al 30.6.2010) ha eccepito la

carenza di legittimazione attiva del curatore tanto per carenza di autorizzazione ad agire quanto per

difetto di titolarità dell’azione di cui all’art. 2394 c.c. non richiamato nella disciplina della s.r.l.;

nonché la prescrizione dell’azione poiché nel momento in cui “l’azione veniva intrapresa sarebbe

già decorso il termine di 5 anni dal momento in cui, secondo la stessa prospettazione avversaria

la società doveva ritenersi sciolta (2007 -2013).

4. Il sig. Andrea Robbioni ha rilevato la propria estraneità agli atti gestori intervenuti

antecedentemente al 29.7.2010 (data in cui ha assunto l’incarico di liquidatore) e l’infondatezza

delle censure mosse dalla curatela alla gestione della fase liquidatoria.

5. I sindaci Angelo Gaiara e Isola Lassù, e Antonio Carlomagno hanno contestato il fondamento della

domanda con riguardo alla correttezza del bilancio al 2007, ed hanno respinto ogni addebito

essendosi dimessi nel 2008. Hanno chiesto la condanna della procedura ex art. 96 c.p.c.

*

Il G.I. ha disposto CTU onde verificare la correttezza delle contestazioni mosse dalla curatela alle

appostazioni di bilancio, quindi il fondamento della censura relativa al proseguimento illecito

dell’attività caratteristica dopo il verificarsi dello scioglimento di fatto della società.

*

Ciò premesso si osserva:

a. anzitutto va distinta - rispetto ad una generico coinvolgimento di tutti i convenuti relativamente ad

un presunto danno identificato nella differenza tra attivo e passivo fallimentare, non in linea con i

principi della responsabilità civile - la posizione degli ex amministratori da quella del

liquidatore: se agli uni può essere in astratto contestato una ritardo nella messa in liquidazione, ciò

non può essere addebitato – ovviamente - al liquidatore; e viceversa un’eventuale colpevole

gestione della fase liquidatoria non è imputabile agli amministratori, che sono evidentemente

cessati dall’incarico e dai doveri verso la società con la nomina del liquidatore; peraltro l’ipotesi di

un colpevole ritardo nella dichiarazione dello “stato di insolvenza” (ipotesi che potrebbe in astratto

coinvolgere in corresponsabilità anche gli amministratori per quei danni al patrimonio sociale

eventualmente verificatisi successivamente, e che essi, quindi, avrebbero potuto/dovuto evitare

rilevando - appunto- tempestivamente l’ “insolvenza”) in questo caso è stata oggetto di una

contestazione del tutto generica, che in effetti non tiene conto neppure dei diversi elementi

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costituitivi della detta fattispecie (impossibilità di far fronte con mezzi ordinari alle obbligazioni)

rispetto alla fattispecie di ritardata dichiarazione dello stato di liquidazione (perdita del capitale

sociale): invero nessuna allegazione è neppure stata offerta in funzione della prova di una

irregolarità sistematica ed irreversibile dei pagamenti manifestatasi anteriormente all’ottobre 2011;

b. a maggior ragione va tenuta distinta la situazione dei sindaci, dimessisi il 7.5.2008, cui pure non

sarebbe imputabile la conseguenza dannosa della gestione colpevole della liquidazione, salvo fosse

stato dedotto (e provato) uno stato di insolvenza conclamato già al momento delle loro dimissioni (

il che nella specie, come detto, non è );

c. sempre sul piano teorico va, poi, sottolineato che il “danno da illecita prosecuzione dell’attività

sociale in presenza di una causa di scioglimento” consiste, in linea teorica, nell’aggravamento della

“perdita netta” ovvero, in quell’erosione del “patrimonio netto” che la prosecuzione dell’attività

caratteristica (non meramente conservativa del valore e dell’integrità del patrimonio ex art. 2486

c.c.) abbia eventualmente prodotto; e non invece nella “differenza tra attivo e passivo

fallimentare”, differenza che attiene a due “grandezze” che non sono riconducibili alla condotta in

tesi illecita degli amministratori, potendo lo stato passivo ricomprendere posizioni debitorie

anteriori al verificarsi dello stato di scioglimento, ed essendo “l’attivo fallimentare” frutto anche

della condotta (recuperatoria/liquidatoria) del curatore1;

tantomeno la “differenza tra attivo e passivo fallimentare” può essere, di regola, criterio per

determinare il danno prodotto da un’attività di liquidazione negligente; il liquidatore potendo,

semmai, eventualmente rispondere del minore danno differenziale che si sarebbe generato dal

momento in cui egli ha assunto la carica fino alla presentazione della domanda di fallimento (al

netto dell’incremento di perdita che si sarebbe comunque verificato se la società avesse subito

proposto istanza di fallimento); nella specie, invece, la curatela – non tenendo conto di questi

ormai consolidati principi teorici - non ha neppure verificato in concreto se nel segmento

temporale compreso tra la data in cui assume che la società avesse perso il capitale e la data della

messa in liquidazione, nonché nel segmento temporale coincidente con la liquidazione, vi sia stato

un aggravamento della perdita netta e di che entità, limitandosi a presumere tale aggravamento alla

luce dell’incremento delle passività ammesse allo stato passivo fallimentare.

In ragione dei predetti principi, onde disporre di corretti riferimenti decisori, pertanto, al CTU è

stato sottoposto il seguente quesito:

“a) verificare se le rettifiche che la Curatela apporta al bilancio dell’esercizio 31.12.2008 siano

corrette e condivisibili sul piano tecnico contabile (e se in ragione delle stesse il patrimonio netto

della società al 31.12.2008 fosse negativo;

1 Peraltro la difesa della curatela richiama del tutto impropriamente la giurisprudenza della Suprema Corte che ammette l’utilizzazione

del criterio del deficit fallimentare quando ricorrano la condizione dell’imputabilità agli amministratori e ai sindaci del dissesto poichè in

tal caso non è neppure affermato che il “dissesto” sia imputabile ai convenuti cui s’è contestato un ritardo nella dichiarazione dello stato

di liquidazione e nella dichiarazione di fallimento.

In tal senso si è pronunciata anche di recente la Suprema Corte a SS. UU., con la sent.. n.9100 del 6.5.2015: “Nell’azione di responsabilità

promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa, l’individuazione e la

liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha

l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende

il risarcimento (…) potendo tale criterio essere utilizzato soltanto al fine della liquidazione equitativa del danno, ove ricorrano le

condizioni perché si proceda ad una liquidazione siffatta, purché siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli

specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore e purché il ricorso a detto criterio si presenti

logicamente plausibile in rapporto alle circostanze del caso concreto”

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b) in caso positivo, determinare il reale risultato d’esercizio anche alla luce delle rettifiche da

apportarsi al bilancio in conseguenza della finalità di liquidazione che avrebbe dovuto essere

perseguita dagli amministratori all’esito dell’ accertamento della perdita del capitale;

c) verificare la consistenza dell'eventuale aggravamento della perdita di esercizio (anche tramite

differenza tra i patrimoni netti relativi a all'esercizio in cui deve ritenersi fosse perduto il capitale

sociale e quello immediatamente anteriore alla dichiarazione di fallimento) al netto o dei costi che

sarebbero stati compatibili (ineliminabili ) con lo stato di liquidazione della società (tenuto conto

del tempo ragionevolmente necessario a liquidare una società avente quell'oggetto e quelle

dimensioni) e, cioe, che sarebbero stati comunque funzionali alla necessità di conservare

l’integrità e il valore del patrimonio come prescritto dall’art. 2486 c.c.; o di quei debiti ( es. debiti

tributari) che dalla stessa prospettazione dell’attore e/o della documentazione prodotta risultino

sorti in data anteriore alla perdita del capitale ma appostati solo dopo;

d) verificare in che misura l'eventuale incremento della perdita si e verificato nel periodo di

permanenza in carica di ciascun convenuto;

e) verificare se nel periodo di attività del liquidatore - cui e imputato un ritardo nella dichiarazione

dello stato di insolvenza e ravvisabile un aggravio della situazione patrimoniale in ragione del

risultato di iniziative da questi intraprese ovvero di costi (quali oneri finanziari passivi) che non

sarebbero maturati con la dichiarazione di fallimento”.

*

Ciò precisato, e venendo alle questioni preliminari si osserva:

a. infondata è l’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo al Curatore per difetto di

autorizzazione ad agire: l’istanza, invero, cui segue il provvedimento autorizzativo prodotta in

copia conforme sub A) nel fascicolo dell’attore, contiene l’esposizione dei fatti che la curatela

intende censurare, esposizione che – a prescindere dalla idoneità dei fatti stessi a fondare la

responsabilità dedotta in giudizio - è completa ed idonea a far ritenere sufficiente il provvedimento

di autorizzazione emesso dal GD in termini sintetici: “Visto, si autorizza il Curatore ad esperire

azione ex at. 146 l. fall. nei confronti dei suindicati soggetti”;

b. infondata è altresì l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del Curatore ad esperire l’azione

dei creditori sociali, dovendosi ritenere – in linea con una giurisprudenza costante di questo

Tribunale, Trib. Milano, 18 gennaio 2011, in Giur. Comm., 2012, 2, 391 - che (a) debba ammettersi

in via analogica la sussistenza anche per i creditori di s.r.l. del diritto di agire contro gli

amministratori per ripristinare la garanzia patrimoniale eventualmente compromessa da condotte

negligenti o dolose dei primi, previsto espressamente per le spa dall’art. 2394 c.c.; e che (b) stante

la sussistenza per analogia di tale diritto, in caso di fallimento si estenda al Curatore la

legittimazione ad agire in nome della massa dei creditori in virtù dell’art. 146 l.f. (“sono esercitate

dal curatore ...: a. le azioni di responsabilità contro gli amministratori, gli organi di controllo,

....”);

c. infondata è infine l’eccezione di prescrizione : premesso che si tratta di eccezione sollevata solo

con riguardo all’azione dei creditori sociali, quindi già perciò del tutto irrilevante a fronte del fatto

che il Curatore esercita altresì l’azione sociale di responsabilità , si osserva comunque che il

curatore ha contestato agli amministratori la illegittima prosecuzione dell’attività sociale dopo il

verificarsi della causa di scioglimento costituita dalla perdita del capitale sociale, che deduce

avvenuta nel 2008: ne deriva che le condotte illecite in tesi produttive di danno sono tutte –

logicamente - successive al 2008; sicchè è del tutto inconferente che i convenuti invochino la

giurisprudenza che fa decorrere il termine quinquennale di prescrizione dell’azione dei creditori

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“dal momento in cui il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei crediti ”

poiché la curatela non afferma che nel 2008 (o nel 2007) si sarebbe “manifestata l’insufficienza

patrimoniale” nei termini predetti, bensì che in quella data si sarebbe verificata – nonostante

opportunistiche risultanze ufficiali di bilancio - la perdita del capitale sociale, per effetto delle

perdite di esercizio: prima di quella data nessuna condotta illecita è ascritta agli amministratori,

onde è solo per effetto della (eventuale) erosione del patrimonio determinata dalla prosecuzione

illecita dell’attività caratteristica (dal 2009 in poi) che, in linea teorica, è ascrivile agli

amministratori un danno ingiusto anche in termini di prodotta insufficienza del patrimonio sociale

rispetto alle pretese creditorie dei terzi.

*

Il merito.

1. La Responsabilità di amministratori e sindaci per aver ritardato la liquidazione della società.

La società - dichiarata fallita il 17 novembre 2011 – vedeva il capitale sociale ripartito tra i soci

Toffoletti Mario (20%), Cialfi Costantino (10%) e UBS Fiduciaria spa (70%);

questo assetto della compagine societaria risaliva al luglio 2007: nel marzo 2006 la l’International

Data Group Inc. (IDG), società americana avente sede a Boston subentrata nella compagine

societaria nel 1987, dopo diversi esercizi in perdita che l’avevano costretta a ingenti coperture e

ricostituzioni del capitale sociale, aveva trasferito la totalità delle quote al sig. Mario Toffoletti;

questi infatti, ritenendo di poter mantenere in vita il business, si era accordato con il gruppo

americano per assicurarsi la licenza per l’editazione delle testate e la gestione dei siti di proprietà

della stessa IDG, dietro corresponsione di royalties (cfr. doc. 10 del Fallimento), con l’appoggio del

sig. Cialfi e della Mepe s.r.l. (distributore italiano delle riviste cartacee americane), che in effetti

nel luglio/agosto 2007 entrarono nel capitale della società (la seconda con una partecipazione di

maggioranza tramite UBS fiduciaria).

Il bilancio dell’esercizio 2006 (approvato il 30 aprile 2007), anno del passaggio di mano della

società, evidenziò ancora con una perdita di euro 1.049.345; all’assemblea del 31 maggio 2007 -

fissata per le decisioni circa la ricapitalizzazione o lo scioglimento della società- venne stabilito un

termine per la ricapitalizzazione (30.6.2007) in mancanza della quale sarebbe stato confermato lo

stato di scioglimento della società;

nel luglio 2007, tuttavia, entrarono – come detto - nella compagine sociale il socio Cialfi ( con il

10% del capitale) e nell’agosto 2007 UBS Fidicuaria;

il 25 luglio, quindi, la società decise - legittimamente - di revocare la delibera del 31 maggio 2007

da cui derivava la presa d’atto dello stato di scioglimento della società in mancanza di

ricapitalizzazione della stessa, ed approvò una nuova situazione patrimoniale al 30 aprile 2007,

provvedendo al ripianamento delle perdite inerenti l’esercizio 2006 tramite l’azzeramento del

capitale sociale e delle riserve esistenti e l’apporto dei soci per euro 1.038.720; venne inoltre

deciso di aumentare il capitale sociale da 10.000,00 fino ad 100.000,00 euro con sovrapprezzo di

euro 100.000.

L’esercizio 2007 chiuse con un pur modesto utile di euro 16.112,00;

con l’approvazione del bilancio avvenuta il 7.5.2008 entrarono nel Cda Toffoletti ( Presidente),

Cialfi e Marco Antonio Melai;

il collegio sindacale - in mancanza per due esercizi consecutivi dei limiti dimensionali previsti dal

codice civile - si dimise e non venne sostituito.

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La stessa Curatela dà atto che “L’analisi della documentazione societaria… ha lasciato subito

intravedere un comportamento da parte degli organi gestionali tendente a fare il possibile per

salvare la società, sfruttandone eventuali residue potenzialità, dopo la decisione del socio di

controllo americano di dismettere la partecipazione”; né – se si escludono generiche illazioni sulla

correttezza e prudenza dei comportamenti gestionali - alcuna specifica censura è stata mossa dalla

Curatela stessa alla redazione del bilancio dell’esercizio 2007: solo in via del tutto ipotetica

questa ha contestato che l’utile realizzato nell’esercizio, costituirebbe “un’anomalia inspiegabile”

stante l’andamento precedente del rapporto costi/ricavi, sebbene la stessa curatela evidenzi - pag,

19 citaz.- che, a partire dalla fine del 2006, la società aveva affiancato alla tradizionale attività

editoriale, la produzione di CD e DVD cosiddetti collezionabili, quali corsi di inglese e serie di

film, acquistandone i diritti di riproduzione e i servizi necessari alla loro masterizzazione,

confezionamento e distribuzione in edicola, incrementando così il fatturato 2; il che unito ad una

politica di ristrutturazione e taglio dei costi – illustrata ampiamente in atti anche dalle difese dei

sindaci 3 - rende del tutto “spiegabile” ( tanto più in assenza di specifiche corrette censure) il

risultato dell’esercizio.

Queste conclusioni a proposito del bilancio 2007 escludono qualsiasi fondamento di una

responsabilità dei sindaci, il cui mandato cessò dopo l’approvazione di detto bilancio;

responsabilità sulla quale la curatela ha insistito sin dall’inizio con deduzioni del tutto ipotetiche ed

inconsistenti sostenendo che a fronte di una serie di esercizi in perdita “la continuità aziendale”

fosse compromessa, sulla base di “sospetti” e presunte “anomalie”; ma la consistenza di detti

“sospetti” avrebbe dovuto essere verificata da parte attrice prima di promuovere il giudizio, non

essendo affatto “legittimo e doveroso – come afferma la difesa della curatela in conclusionale –

l’accertamento giudiziale richiesto dal Fallimento per verificare se [neretto del redattore] gli

organi societari si siano comportatati realmente con la dovuta diligenza”4 il giudizio dovendosi

promuovere per ottenere riscontro di ciò che si afferma e non a scopo esplorativo, per verificare

“se” siano stati commessi dei fatti illeciti fonte di responsabilità.

Sotto questo profilo, pertanto, appare fondata la richiesta dei sindaci di condanna della curatela per

lite temeraria.

---

Con riguardo al bilancio 2008 (approvato in data 29 maggio 2009, che chiuse con un nuovo

seppur modesto utile di € 12.673) la Curatela ha, invece, espressamente contestato la correttezza

delle appostazioni dello stato patrimoniale relative al credito SIAE (euro 118.278) “nonostante si

sia rivelato come non incassabile” e al valore delle rimanenze (euro 512.362) relative a DVD

mandati al macero nel 2010 perché ritenuti non riutilizzabili, che la curatela reputa fosse da

azzerare poichè “da cio si deve necessariamente desumere che anche nel 2008 tali rimanenze non

avessero il valore esposto a bilancio”;

2 cfr anche concl.fall. pag. 27

3 che hanno illustrato - in particolare Gaira e Laissu - che l’organo amministrativo aveva elaborato a suo tempo le previsioni di

sviluppo che tenevano conto di tutti gli interventi del piano di ristrutturazione ( cfr tab. pag.4,5 concl.dsindaci) il quale evidenziava come

il bilancio del 2006 non presentava le caratteristiche tipiche di crisi irreversibile richieste dalle font secondarie di redazione del bilancio (

OIC 11 e IAS1 parag.23 e 24) ma che, invece, si era in presenza di un processo di ristrutturazione dell’attività che consentiva il

raggiungimento di un equilibrio economico finanziario nel 2007; ed hanno, altresì, smentito quanto affermato dalla curatela circa il fatto

che la società avrebbe avrebbero fatto trascorrere tutto il 2006 senza dar corso a ricapiatalizzazioni o reperire finanziamenti rilevando

che nel novembre 2006 la società riceveva da Mepe un finaziamneto di 750.000 euro; 4 comp.concl. fall. pag. 23 e 24

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secondo il Curatore tali appostazioni sarebbero state consapevolmente utilizzate in modo scorretto e

strumentale dai redattori del bilancio onde occultare la perdita del capitale che si sarebbe verificata

già a chiusura di quell’esercizio, e scongiurare, quindi, ulteriore immissioni di risorse

finanziarie.

In relazione a questa contestazione è stato sottoposto al CTU il seguente quesito:

“a) verificare se le rettifiche che la Curatela apporta al bilancio dell’esercizio 31.12.2008 siano

corrette e condivisibili sul piano tecnico contabile e se in ragione delle stesse il patrimonio netto

della società al 31.12.2008 fosse negativo”.

Il CTU, all’esito di un indagine tecnica corretta5, completa, e compiutamente argomentata, le cui

conclusioni il Collegio reputa convincenti e condivisibili, ha affermato, con riferimento al bilancio

2008, che deve ritenersi corretta l’iscrizione da parte degli organi amministrativi sia del credito

verso la SIAE sia delle rimanenze finali; onde ha concluso che le rettifiche al risultato di

esercizio 31.12.2008 apportate dalla curatela non possono condividersi e reputarsi corrette e

che il patrimonio netto della società al 31.12.2008 non era negativo.

a. Quanto al credito verso SIAE – relativo ai contrassegni SIAE pagati per i CD allegati alle

riviste commercializzate dalla società nel periodo 21.9.2000 – 21.6.2001 - il CTU ha concluso,

con un ragionamento approfondito e condivisibile, che l’organo amministrativo, al momento

della formazione del bilancio al 31.12.2008 lo aveva appostato poiché legittimamente riteneva

sussistente il diritto della società al rimborso di quanto indebitamente pagato; e ciò perché,

rispetto al contenzioso in corso con SIAE, era intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia

dell’8.11.2007, che ha cancellato l’operatività dell’obbligo di apporre sui CD il contrassegno

SIAE contenuto nella normativa nazionale (L. n. 248/2000 e relativo Regolamento di

esecuzione D.P.C.M. n. 338/2001) ritenuta dalla Corte sin dall’origine in contrasto con le

Direttive Comunitarie; decisione che legittimava il ricorso in sede tributaria6 contro la SIAE

per la ripetizione dell’indebito: “ne deriva la sussistenza del titolo al credito (cosi come

statuito dal citato paragrafo A.II.b.2 del Principio contabile OIC 15)7 in quanto

correlativamente la SIAE risultava debitrice nei confronti della società avendo riscosso

indebitamente i contrassegni in parola in forza di un obbligo di legge dichiarato dalla Corte di

Giustizia fin dall’origine in contrasto con le Direttive comunitarie 83/189CEE e 98/34/CE”;

(cfr. pagg. 15 e 16 della CTU).

La curatela ha contestato le conclusioni del CTU osservando che la sopravvenienza attiva

derivante da questo credito sarebbe stata erroneamente contabilizzata in conto economico tra

gli “Altri ricavi e proventi” anziché nei “Proventi straordinari”, “non rendendo cosi possibile

evincere, da parte di un terzo soggetto interessato alla lettura del bilancio societario, che l’utile

del periodo era formato da componenti straordinari di reddito e non da proventi generati dalla

5 infondate essendo le critiche mosse sul piano metodologico al CTU che non avrebbe voluto esaminare la documentazione offerta dal

fallimento in corso di perizia, poiché detta documentazione non tempestivamente prodotta in atti non era in effetti consultabile in

presenza di un’opposiziome della controparte. 6 in tal senso in via definitiva Ord. Cass. S.U.civ. 26.1.2011;

7 i crediti sorti per ragioni differenti dai ricavi sono iscrivibili in bilancio se sussiste “titolo” al credito, e cioè se essi rappresentano

effettivamente obbligazioni di terzi verso l’impresa. L’esistenza le caratteristiche del titolo si basano su criteri giuridici

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sola gestione caratteristica d’azienda”; tuttavia - condividendo in toto la risposta in proposito

resa dal CTU - il Collegio osserva, da un lato, che siffatto eventuale difetto di chiarezza sulla

provenienza della sopravvenienza, non era idonea a trarre in errore, essendo illustrata

espressamente come relativa ad un credito verso SIAE, quindi, chiaramente, non all’ “attività

caratteristica”; dall’altro, che un difetto di chiarezza dell’appostazione non equivale ad una

difetto di “veridicità” e non è idonea ad intaccare il risultato di esercizio, per il quale rileva la

sussistenza o meno del “credito” (donde la “sopravvenienza attiva” in conto economico, che

poco importa sia iscritta in un conto o nell’altro della relativa voce).

La curatela ha contestato, altresì, la correlativa iscrizione della posta nello stato patrimoniale tra

i crediti per il fatto che all’epoca non vi sarebbero stati presupposti di tale iscrizione, in

quanto: (a) all’epoca l’unico “titolo” sarebbe stato costituito dalla sentenza di rigetto del

Tribunale di Roma, emessa il 20.9.2006; (b) il D.P.C.M n. 31 del 23.02.2009 aveva fatto venir

meno ogni pretesa di rimborso dei contrassegni pagati e, quindi, la possibilità di iscrizione del

credito verso SIAE (normativa che avrebbe dovuto essere conosciuta dagli Amministratori alla

data della stesura del Progetto di Bilancio in quanto di un mese successiva):

Si tratta di contestazioni delle argomentazioni del CTU che non convincono il Tribunale:

- da un lato, correttamente il CTU ha rilevato che la sentenza del Tribunale di Roma era stata

superata da quella della Corte di Giustizia che, permettendo di ottenere la ripetizione di

quanto indebitamente pagato e costituiva “titolo” idoneo ai sensi dei Principi Contabili8;

- dall’altro, che, sulla base dell’intervento normativo effettuato dal Governo all’indomani della

Sentenza della Corte di Giustizia onde scongiurare rimborsi per il pregresso (intervento che di

per sé rivela il valore di “titolo” idoneo ai sensi dei Principi Contabili della pronuncia) nessun

diverso orientamento avrebbero dovuto assumere i redattori del bilancio: il DPCM è entrato in

vigore il 21.4.2009, dopo la redazione del bilancio, onde era legittimo ritenere che non avrebbe

potuto riguardare diritti già acquisiti (e già fatti valere come nel caso della società fallita);

come, del resto, ha definitivamente accertato il Consiglio di Stato con sentenza 2012

(escludendo che il DPCM potesse incidere sui rapporti patrimoniali pregressi); significativo

inoltre del fatto che la condotta degli amministratori non fu irragionevole e né imprudente è il

parere in proposito espresso dallo studio legale specializzato interpellato dai convenuti e già

trasmesso alla curatela (cfr. doc. 3 conv. Cialfi) dal quale risulta che la richiesta di rimborso

delle somme versate per i bollini SIAE - già avviata dalla società ma non coltivata dalla

curatela – poteva ancora essere avanzata per tutti i bollini acquistati anteriormente al termine di

prescrizione di 10 anni dalla presentazione dell’istanza.

*

b. Quanto alle rimanenze finali si trattava di verificare se – secondo un giudizio ex ante - fosse

fondato quanto allegato in atti dalla curatela a proposito di una consapevole e scorretta

iscrizione della voce “rimanenze” nel bilancio dell’esercizio 2008 da parte degli

amministratori.

8 Come confermato anche dalla sentenza della commissione tributaria provinciale di Roma emessa nel 2013 su ricorso della società

Edizioni Master s.p.a che chiedeva il rimborso di quanto indebitamente versato alla Siae per il contrassegno da apporre sui CD distribuiti

in abbinamento editoriale alle proprie riviste commercializzate, ove precisa che “il presupposto per la restituzione delle somme

versate(…) si era verificato con il solo deposito della già citata sentenza della corte di giustizia 8 11.2007”; doc. 4 Melai

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La rettifica apportata dalla curatela alle rimanenze finali di magazzino iscritte nel bilancio al

31.12.2008 è consistita nell’azzeramento delle rimanenze stesse (e non in una mera

rideterminazione del loro ammontare scaturente dall’accertamento della loro effettiva

consistenza, questione, in effetti, neppure trattata) e ciò perché la Curatela ha ritenuto che

quanto avvenuto due anni dopo, nel 2010, quando le rimanenze costituite da CD e DVD

“prodotti” dalla società erano state mandate al macero, fosse inequivoco sintomo del fatto che

esse non valevano nulla neppure nel 2008.

Il CTU ha, invece, concluso che le rimanenze in parola potevano essere iscritte nel bilancio

chiuso al 31.12.2008 (peraltro, diversamente da quanto opinato dalla CTP del fallimento, ha

sottolineato che dovevano essere iscritte dove lo sono effettivamente state, cioè alla voce A.2,

relativa delle rimanenze dei prodotti finiti, poichè tali esse erano, e non “merci” come

sostenuto erronemante dal CTP del Fallimento9).

Invero avendo verificato in base al Principio contabile OIC 13 allora vigente10

se, all’epoca

della redazione del bilancio si poteva prevedere che il valore delle rimanenze valutate

“all’ultimo costo d’acquisto verificato inferiore al prezzo di mercato” (vedi nota integrativa al

bilancio chiuso al 31 2008) non potesse essere recuperato negli esercizi successivi, ha

concluso in senso negativo, in quanto, seppure il mercato editoriale stesse attraversando -al

pari di molti altri settori - un periodo di crisi, la società era in piena attività e quindi nessuno

poteva prevedere in quel momento che in futuro il costo delle rimanenze potesse non essere

recuperato11

;

sicchè, non essendo paragonabili i bilanci al 31.12.008 e al 31.12.2010, riferiti a due momenti

completamente diversi della vita aziendale ( “di funzionamento” il primo, con normali

prospettive di vendita e “di liquidazione” il secondo con del tutto improbabili prospettive di

vendita futura) ha correttamente concluso che non è condivisibile la rettifica di bilancio

apportata dalla curatela in ragione di un ingiustificato anticipo dell’azzeramento delle

rimanenze al 31.12.2008.

Come osservato anche dal CTU, invece, negli atti di causa non è stata affrontata la diversa

problematica dell’accertamento della consistenza e della valorizzazione delle predette

rimanenze che - ai sensi della nota integrativa al bilancio 2008 – risulta effettuata “all’ultimo

costo d’acquisto verificato inferiore al prezzo di mercato”: invero “la curatela ha apportato la

rettifica in esame (azzeramento) in via di principio, senza entrare nel merito della

valutazione/ valorizzazione del magazzino”, il cui dettaglio è valorizzato sinteticamente in

nota integrativa per specie (Grandi Miti Film Western, 182.000 euro, CD e DVD, 130.000

euro, speciali 116.000 euro , e Collane, 84.000).

9 cfr.pag. 30 CTU

10 “ Le rimanenze di magazzino sono costi imputabili a beni ancora in giacenza che si rinviano al futuro esercizio in quanto si possono

recuperare tramite i ricavi di futuri periodi”,

“Le rimanenze di magazzino devono essere valutate al minore tra il costo storico il valore di mercato”.

“Il metodo del minore tra costo e mercato serve ad eliminare quei costi di magazzino che si prevede non possono essere recuperati in

futuro”. 11

il c.t.u. è giunto a queste conclusioni anche comparando la prassi di altre società del medesimo settore in cui operava la fallita, come la

Edizioni Master spa., che indicavano nei propri bilanci, tra le rimanenze, anche gli allegati CD o DVD rimasti invenduti, da

commercializzare negli esercizi successivi come “collezionabili ”.

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Il CTU ha, altresì, rilevato che non sono stati prodotti in atti documenti relativi al valore

unitario e alla quantità dei beni registrati, onde poter - anche autonomamente - sindacare la

valorizzazione sintetica che risulta dalla Nota Integrativa.

Sul punto tuttavia il Tribunale rileva:

a. che avendo la curatela proposto una rettifica di principio (sul presupposto che tutti quei

beni non valessero nulla in quanto mandati al macero nel 2010) una volta che tale rettifica è

risultata infondata, mancavano i presupposti - oltre che gli strumenti – perché il CTU

potesse effettuare una diversa ed ulteriore valutazione di quei beni: l’onere di allegazione e

prova infatti compete all’attore che nella specie ha proposto una rettifica radicale su una

base infondata12

;

b. la documentazione contabile relativa alle rimanenze, non era affatto “mancante” - come

affermato dalla curatela all’esito della CTU – ma era in possesso del Curatore sin

dall’inizio, tanto che la sua difesa ha chiesto di essere autorizzata a produrla all’udienza di

discussione dell’esito della CTU, ricevendo una corretta risposta negativa, stante

l’intempestività della richiesta e l’opposizione di controparte: come lo stesso CTU ha

osservato nella replica è stata l’impostazione iniziale della contestazione dell’iscrizione

(anticipare l’azzeramento di valore registrato con il “macero” del 2010) che ha indotto la

Curatela a non avvedersi della rilevanza dei documenti, per la verifica della consistenza e

valorizzazione delle rimanenze.

La Curatela, nella conclusionale, ha contestato comunque la valorizzazione delle rimanenze –

con argomenti del tutto nuovi – osservando che non si comprenderebbe cosa sia successo nel

2009, visto che, secondo i numeri esposti dagli amministratori nei due bilanci, il margine sulla

commercializzazione dei CD ammontava per il 2008 ad euro 475.847 (con un margine sui costi

del 33%), mentre nel 2009 si è trasformato in perdita di euro 311.101, con un margine negativo

sui costi del 25% (i CD rimasti nell’anno 2009 sono stati venduti sottocosto): tale incongruenza

potrebbe imputarsi “unicamente all’impossibile valore delle rimanenze finali 2008”.

Il Collegio, fermo il rilievo della novità dell’impostazione della censura, non condivide

comunque queste conclusioni: nella Relazione sulla Gestione al 31.12.2008 l’organo

amministrativo, nel dare atto della lieve crescita del fatturato tra il 2007 e il 2008, , rilevava

“questa crescita del fatturato evidenzia però: un aumento dei ricavi delle collection edicola

(dvd, reprint, speciali) ma purtroppo una forte contrazione dei ricavi pubblicitari sulle testate

storiche della casa editrice, e una non crescita dei ricavi ondine sui siti delle riviste..”; come

osserva il convenuto Cialfi, le rimanenze contestate dalla curatela erano composte proprio da

quei prodotti che avevano fatto registrare nel corso del 2008 un aumento dei ricavi, per la cui

produzione la società aveva investito nel corso dello stesso esercizio per ricevere maggiori

benefici economici anche negli esercizi successivi; quando, poi, detti benefici non si sono

concretizzati, stante un calo della domanda che ha investito fortemente - nella crisi generale –

anche il settore editoriale13

, sono cambiati i margini sulla commercializzazione anche dei CD

e dvd, onde la società – come deduce non smentito il convento Melai - non ha più investito per

12

Peraltro come risulta dall’udienza 31 marzo 2015 la relativa documentazione contabile era in possesso del curatore in quanto

consegnata tempestivamente dal rag. Robbioni liquidatore della società, ma non prodotta tempestivamente in causa dalla curatela. 13

Comprese storiche società, anche di distribuzione come Parrini e CDM, come risulta dal report della Federazione degli Editori sub

doc. 2 Cialfi

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la commercializzazione (attività di confezionamento e packaging), donde la perdita del 2009

di cui parla la Curatela14

.

*

2. La responsabilità di amministratori e liquidatore per aver - in tesi - ritardato la dichiarazione

di insolvenza.

Secondo la Curatela la società, in una situazione ormai difficilmente rimediabile, ha tentato il

salvataggio tramite la stipula di un contratto di affitto d’azienda preordinato ad una proposta di

concordato preventivo, che sarebbe risultata fondata su presupposti oggettivamente insussistenti ed

insostenibili.

Anche sotto tale profilo la domanda, all’esito del contraddittorio e dell’istruttoria, è risultata

infondata:

il bilancio al 31.12.2009, approvato in data 30 giugno 2010, chiuse con una perdita di € 1.084.493;

nella stessa assemblea la società diede atto delle dimissioni del C.d.A. e nominò quale

Amministratore Unico il sig. Toffoletti;

un mese dopo, il 29.7.2009, la società venne posta in liquidazione e venne nominato liquidatore il

rag. Robbioni, che in data 30.9.2010 stipulò con la società Just.Be s.r.l. un contratto d’affitto

d’azienda, dando seguito ad un precedente contratto sottoscritto il 29.7. stesso dall’A.U.;

il 29.4.2011 venne approvato il primo bilancio di liquidazione (al 31.12.2010) e il liquidatore

illustrò anche il risultato negativo emergente dalla situazione al 31.3.2011, comunicando che

appariva “sempre più arduo proseguire la strada del concordato stragiudiziale con i creditori”;

sicchè l’Assemblea gli conferì l’incarico di dare mandato a professionisti di fiducia per

“predisporre un’ipotesi di piano concordatario ai fini di depositare in tempi brevi istanza di

ammissione a concordato preventivo”, che venne depositata il 1.7.2011 con i relativi allegati,

compresa la relazione che attestava la fattibilità del piano basato soprattutto sul verosimile realizzo

della manifestazione di interesse all’acquisto dell’azienda entro il 28.2.2012, espressa il 29.6.2011

da parte dell’affittuaria Just Be; tale manifestazione di interesse era stata espressa al prezzo di euro

1.500.000 dedotti i canoni già pagati, e subordinatamente all’avverarsi di determinate condizioni:

concessione a Nuov@ Periodici da parte di IDG del consenso all’affitto e delle licenze fino al

15.3.2016; aumento di capitale di Just Be da parte del partner industriale; omologa del concordato

preventivo;

con lettere del 27.8.2011 e del 20.9.2011 Just Be recedette dal contratto di affitto e quindi anche

dall’opzione di acquisto, sicchè il liquidatore convocò un’assemblea il 4.10.2011 che diede

mandato al liquidatore di avvisare il GD dell’impossibilità di proseguire nel concordato e di

presentare istanza di fallimento in proprio.

14

Peraltro si può aggiungere che se è del tutto tardivo l’argomentare del fallimento con riguardo al numero dei CD mandati al macero

(che secondo quanto scritto nella conclusionale sarebbero stati 512.000, evidentemente alla luce di risultanze documentali sui dati del

magazzino e sul verbale del “macero” che non sono state prodotte in causa), è comunque significativo quanto se ne ricava a proposito

della valorizzazione delle rimanenze effettuata nel 2008 : infatti se il prezzo di vendita di un singolo CD era, come indicato dallo stesso

fallimento della conclusionale, di euro 9,99, si dovrebbe concludere - ipotizzando che nel 2008 fossero già presenti in magazzino tutti i

cd mandati al macero nel 2010 - che a fronte di un valore complessivo di mercato di euro 5.068.000,00, la valutazione effettuata in

bilancio per euro 512.000,00 era sicuramente assai prudente, anche considerando una valutazione forfettaria “ al costo” del 35% per cui

il valore fosse stato 1.773.800 ( cfr concl. Melai pag. 9) .

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Il Fallimento attore imputa al liquidatore l’aver dato seguito al contratto di affitto del ramo d’azienda

con Just Be e di non aver presentato - invece che la domanda di concordato preventivo - istanza di

fallimento in proprio.

Quanto al primo addebito, si evidenzia - come rilevato anche dal CTU - che il liquidatore, non avendo

possibilità di cedere il ramo d’azienda, ha ritenuto più utile alla liquidazione - anziché procedere a

liquidare i singoli beni – proseguire nel contratto di affitto del ramo d’azienda già stipulato dall’ A.U.,

perché ciò permetteva di valorizzare l’avviamento della società (salvaguardando le licenze con IDG la

cui revoca avrebbe drasticamente fatto crollare il valore dell’azienda) e realizzare i canoni di affitto,

conservando integra la facoltà di procedere successivamente alla sua vendita unitaria: si tratta di una

scelta gestoria del tutto coerente con le finalità della liquidazione, che, non essendo in palese contrasto

con alcuna regola di diligenza e prudenza, non si presta ad alcun altro sindacato da parte del Giudice,

tanto meno di opportunità.

Quanto all’asserito ritardo nella proposizione dell’istanza di fallimento va rilevato – come già ha fatto

il CTU - che la Curatela non ha affatto dimostrato che già al momento della messa in liquidazione la

procedura concorsuale alternativa al fallimento fosse impercorribile: certo, era chiaramente

evidenziato anche nella relazione dell’esperto attestatore, che il Concordato era sostenibile solo se la

manifestazione di interesse all’acquisto di Just Be si fosse poi concretizzata; ma il fatto che detta

manifestazione di interesse fosse sottoposta ad alcune condizioni risolutive molto chiaramente

espresse, non implica affatto che fosse “inattendibile”, bensì semplicemente che essa poteva essere

revocata in mancanza dell’avverarsi delle stesse: ma la Curatela non ha argomentato e provato che

tali condizioni fossero sin dall’inizio irrealizzabili, unico aspetto che avrebbe reso l’istanza di

concordato impercorribile ex ante; ed anzi risulta che all’atto della presentazione della domanda di

concordato la prima condizione – relativa alla concessione delle licenze da parte di IDg fino al

31.12.2016 - si era già realizzata con l’accordo dell’aprile 2011; e che la seconda, quella principale –

relativa all’aumento di capitale di Just Be per euro 1.200.000,00 - che il partner industriale aveva già

versato 250.000,00 a titolo di futuro aumento di capitale, a comprova del suo intendimento.

In questo scenario il tentativo di perseguire la strada della cessione dell’azienda appare, ex ante, una

scelta ispirata a criteri ordinari di diligenza e prudenza in vista del conseguimento dell’interesse

sociale e dei creditori, poiché, come è noto, avrebbe permesso di realizzare un prezzo dalla vendita

dell’azienda sicuramente superiore a quello che si sarebbe potuto realizzare con il fallimento della

società; lo stesso CTU ha rilevato che “il liquidatore ha correttamente operato perseguendo la via del

concordato preventivo anziche quella della richiesta di fallimento, poiche in quest’ultimo caso sarebbe

sicuramente sfumata la possibilità di cessione del ramo d’azienda al prezzo di 1.500.000 ( dedotti i

canoni già versati)”.

Peraltro quando a seguito delle lettere del 27 agosto 2011 e 20 settembre 2011 dell’affittuaria, l’ipotesi

concordataria è sfumata, il liquidatore, senza indugio, si è attivato per la richiesta di fallimento; né la

Curatela – ed è questo un aspetto di infondatezza della domanda di risarcimento verso il liquidatore

persino assorbente ogni altra questione - ha allegato:

un danno specifico relativo alla presentazione del concordato (infatti è incontestato il fatto che le

spese del concordato - comprese quelle dei consulenti - sono state pagate dai soci personalmente e

non dalla società)

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un aggravio della perdita, al netto dei costi ineliminabili di liquidazione15

, tra il momento della

liquidazione e il momento della presentazione dell’istanza di fallimento in proprio, cioè una

diminuzione del patrimonio imputabile ad un ritardo nella dichiarazione di fallimento, essendosi il

Curatore limitato a ribadire che quanto rilevato circa la fattibilità del concordato “rende legittimo il

sospetto che tutto fosse archittettato per “tirare in lungo” ai danni dei creditori, se non forse per

preparare il campo ad un depauperamento sistematico della società, come in effetti accaduto”:

affermazioni che, da un lato, appaiono del tutto irrilevanti dato che nel processo civile la parte

attrice ha l’onere di “affermare” (e provare ciò che “afferma”) non di agire sulla base di “ legittimi

sospetti”; e dall’altro oscure, dal momento che non è chiaro a cosa si riferisca la procedura

nell’affermare che quanto “archittettato” fosse servito “a preparare il campo ad un

depauperamento sistematico della società, come in effetti accaduto” dal momento che con

riguardo anche alle conseguenze della presunta condotta illecita del liquidatore la Curatela ha

continuato ad invocare16

un “danno” in termini ammontare di “differenza tra attivo e passivo”

della cui inconferenza in termini di rapporto di causalità con la condotta contestata s’è già detto.

La difesa del sig. Robbioni, peraltro, ha provato (doc. 17) che la revoca delle licenze da parte di

IDG è avvenuta a seguito del recesso dal contratto di affitto del ramo d’azienda da parte di Just Be

che ha interrotto l’aggiornamento dei siti; onde con lettera in data 20 ottobre 2011 il liquidatore ha

subito contestato a Just Be la revoca delle licenze da parte di IDG a causa del mancato

aggiornamento dei siti, ritenendola la sola responsabile della perdita da parte di Nuov@ Periodici

delle licenze necessarie per gestire l’operatività dei siti e del giornale; ed anche che i “contatti”

erano stati salvati tutti su un server che in data 16 gennaio 2012 è stato consegnato al Curatore in

occasione della riconsegna di tutti i cespiti del ramo d’azienda affittato a Just Be: onde, anche sotto

questo aspetto, non si vede di quale interesse particolare dei soci o di terzi, potesse essere

espressione il presunto disegno di depauperamento della società che sarebbe stato infine realizzato.

Le spese

L’onere delle spese segue il principio di soccombenza sicchè il Fallimento va condannato a rifondere

quelle sostenute dai convenuti che si liquidano, tenuto conto dell’ammontare della domanda (che il

Fallimento ha tenuto ferma al valore di 3.500.000,00) dei parametri di legge e dell’impegno difensivo

profuso, in euro 20.000,00 ciascuno per compensi oltre 15% per rimborso forfettario spese e CPA e

IVA come per legge.

Anche le spese della CTU già liquidate in euro 32.000,00 per onorari, oltre CP e IVA come per legge

vanno definitivamente poste a carico del Fallimento.

Il Fallimento attore, infine, va condannato a rifondere ai sindaci convenuti il danno da lite temeraria per

le ragioni già indicate nel passo della motivazione ove la domanda riconvenzionale dagli stessi in tal

senso formulata è stata ritenuta fondata. A questo titolo il Tribunale reputa congruo- in

considerazione del peso della domanda proposta e dell’inconsistenza delle ragioni di responsabilità

dedotte nei confronti di Angelo Gaiara, Isola Laissu Antonio Carlomagno – liquidare il danno in euro

5.000,00 pari a 1/4 delle spese di lite.

15

il liquidatore ha peraltro rinunciato al suo compenso per l’anno 2011 non essendosi insinuato al passivo per la relativa somma . 16

nella conclusionale si legge “ad oggi i debiti societari ammontano a circa € 3.500.000 come emerge dallo Stato Passivo fallimentare

(…) le conseguenze pregiudizievoli nel caso di specie si sono concretizzate proprio nel lievitare dei debiti che in sede fallimentare hanno

portato ad uno stato passivo per oltre € 3.500.000, a fronte di un attivo allo stato di non più di € 50.000 (…).

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P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa -B, così provvede sulla domanda

proposta dal Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl:

1) respinge la domanda proposta da Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl nei confronti dei

convenuti ex amministratori Mario Toffoletti, Costantino Cialfi e Marco Antonio Meli,

degli ex sindaci Angelo Gaiara, Isola Laissu Antonio Carlomagno, e del liquidatore della

società Andrea Maria Robbioni,

2) condanna il Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl a rifondere ai convenuti le spese di lite

liquidate in euro 20.000,00 per compensi oltre 15% per rimborso forfettario spese, CPA e

IVA come per legge, nonché le spese della CTU liquidate in euro 32.000,00 oltre CP e Iva

come per legge;

3) condanna il Fallimento Nuov@ Periodici Italia srl a corrispondere in favore dei conventi ex

sindaci Angelo Gaiara, Isola Laissu Antonio Carlomagno, a titolo di risarcimento danno ex

art. 96 comma 1° c.p.c. la somma di euro 5.000,00 ciascuno.

Milano così deciso nella camera di consiglio del 16.7.2015

Il Giudice Relatore Estensore Il Presidente

dott.ssa Alessandra Dal Moro dott.ssa Elena Maria Riva Crugnola

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