scuola superiore per mediatori linguisticierano le più importanti manifestazioni agonistiche...
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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)
Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma
TESI DI DIPLOMA
DI
MEDIATORE LINGUISTICO
(Curriculum Interprete e Traduttore)
Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle
LAUREE UNIVERSITARIE
IN
SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA
“Lo sport, le lingue, la mediazione culturale”
RELATORE: CORRELATORI:
Prof.ssa Adriana Bisirri Prof.ssa Marilyn Scopes
Prof.ssa Marie Françoise Vaneecke
Prof.ssa Claudia Piemonte
CANDIDATO:
Andrea D’Innocenti
Matricola 1651
ANNO ACCADEMICO 2013/2014
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Indice
Introduzione 5
Capitolo Primo
Lo Sport
1.1 Definizione e cenni storici 7
1.2 Sport singoli e di squadra 18
1.3 Sport dilettantistico e professionistico 20
1.3.1 Tra gioco e agonismo 22
1.4 Eventi sportivi 24
1.4.1 Le Olimpiadi 29
1.4.2 I campionati del mondo 35
Capitolo Secondo
La Globalizzazione
2.1 Definizione e cenni storici 37
2.1.1 La globalizzazione della società e della comunicazione 38
2.1.2 La globalizzazione nello sport 40
2.2 La socializzazione e l'educazione 44
2.2.1 La socializzazione nello sport 46
2.2.2 L'educazione nello sport 48
Capitolo Terzo
La mediazione linguistica
3.1 Definizione e cenni storici 52
3.1.1 Le modalità di mediazione 53
3.2 Linguaggio settoriale 56
Capitolo Quarto
Il mediatore linguistico in ambito sportivo
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4.1 Il linguaggio settoriale sportivo 59
4.1.1. Le parole degli sport: origine, vicende 61
e funzioni delle terminologie
4.2 Inghilterra- Germania al fronte 67
4.3 Lo status e il ruolo del mediatore linguistico sportivo 69
4.3.1 Il giornalista sportivo come mediatore linguistico 69
4.3.2 L’atleta come mediatore linguistico di se stesso 70
4.3.3 L’allenatore mediatore dei suoi principi 71
4.4. La mediazione della cultura sportiva 72
Conclusioni 73
Introduction
1. Sport
1.1. Historycal introduction and definition
1.2. Individual and team sports
1.3. Amateur and professional sport
1.4. Sport events
1.4.1. Olympic Games and World Cup
2. Globalisation
2.1.Historical introduction and definition
2.1.2. Sport globalisation
2.2. Socialisation and education
2.2.1. Sport socialisation
3. Language mediation
3.1. Historical definition and definiton
3.1.1. Mediation modalities
3.2. Technical languages
4. Sport lingual mediator
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4.1. Sport technical language
4.2. England vs Germany: the peace match
4.3. The status and the role of sport lingual mediators
Conclusion
Introduction
1.Le sport
1.1. Définition et histoire
1.2. Sport invididuel et d'équipe
1.3. Sport amateur et professionnel
1.4. Les événements sportifs
1.4.1. Les jeux Olympiques
2. La globalisation
2.1. Définition et histoire
2.1.1. La globalisation de la société et de la comunication
2.1.2. La globalisation dans le sport
3. La médiation linguistique
3.1. Définition et histoire
3.2. Les languages techniques
4. Le médiateur linguistique dans le domaine sportifs
4.1. Le language technique du sport
4.2. Le match de la paix
4.3. Les figures de médiateur sportif
Conclusions
Bibliografia di riferimento
Sitografia di riferimento
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Introduzione
Lo scopo che si ripropone di evidenziare questa tesi, tramite tre temi
fondamentali quali: lo sport, la globalizzazione e la mediazione linguistica, è di
individuare le figure alternative al mediatore linguistico.
Il tema dello sport è ampio e articolato; attraverso dei cenni storici dello sport
vengono analizzati socialmente gli eventi sportivi come eventi di massa e di
riunione, rispondendo alla domanda: “Dove potrebbero operare queste figure?”.
Viene anche analizzata la globalizzazione, cioè i movimenti di capitali e di
persone, viene posta l'attenzione anche su temi come la socializzazione e
l'educazione nello sport e il perché questi processi siano fondamentali.
La mediazione linguistica in questo ambito così variegato assume aspetti e
connotati molto interessanti, la scelta e la trattazione di questa tematica è
attuale sia nei contenuti che nella sua esposizione. Con essa si è approfondita la
comunicazione in generale e in questa tesi si pongono in risalto le tecniche che
un mediatore linguistico può attuare in questi processi.
Si è analizzato il linguaggio settoriale dello sport, come vero e proprio punto
cardine per le figure che operano come mediatori linguistici.
Si è voluto raccontare, in onore del suo centenario, la partita della pace giocata
durante la prima guerra mondiale, come vero e proprio simbolo di socializzazione
tramite lo sport.
Tutti questi temi fusi insieme, portano a delineare quali sono le figure che
possono operare come agenti socializzanti e linguistici nel mondo dello sport.
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1.1. Definizione e cenni storici
SPORT:
“Qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o
non, ha per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e
psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in
competizioni di tutti i livelli” (Consiglio d’Europa, Carta Europea dello Sport 1992,
art. 2).
Lo sport è l’attività che impegna, sul piano dell'agonismo oppure dell'esercizio
individuale o collettivo, le capacità fisico-psichiche che viene svolta con intenti
ricreativi o come professione.
La storia dell'attività fisica comincia praticamente con quella del genere umano.
Sin dalla comparsa delle prime civiltà le attività ginniche e sportive hanno sempre
avuto un ruolo di primo ordine. In epoca moderna lo sport si è indirizzato più
sulla cultura e sul sociale. Esso, diventando un fenomeno di massa, si è sviluppato
in differenti campi come: l'economia, la sociologia e l'educazione.
Nella preistoria l'attività fisica era fortemente legata alla sopravvivenza,
bisognava essere atletici, scattanti ed efficienti per catturare il proprio cibo.
Anche attività fisiche come le danze rituali contribuivano all'allenamento del
corpo.
A partire IV millennio a. C., in Mesopotamia si svilupparono una serie di civiltà
nelle quali l'attività fisica era legata ad altri valori di confronto: la forza e la
destrezza. Comparvero discipline come il nuoto, l'equitazione e la lotta, discipline
utilizzate come profitto nelle guerre, ma bisogna puntualizzare che queste
attività venivano praticate solamente dalla classe governante.
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In Oriente venne data importanza alle danze e ai giochi, che spesso venivano
associati a cerimoniali religiosi, che propiziavano la fertilità e l'abbondanza. In
India, ad esempio, nacque il tiro alla fune, nel quale due squadre disposte sulle
rive opposte del fiume cercavano di trascinare gli avversari nell'acqua. Come il
gioco dell'altalena, che con il movimento avvicinava la terra al cielo e il cielo alla
terra. Queste due pratiche rappresentavano l'unione di aspetti materiali e
spirituali.
In tutto il continente asiatico il corpo e lo spirito non erano viste come due entità
distinte, ma una sola cosa, per cui filosofia, religione ed attività fisica sono
sempre state legate tra loro.
Lo Yoga, che significa "unione", aspira ad essere una congiunzione mistica con le
divinità (o Esseri supremi), attraverso esercizi fisici o particolari posizioni del
corpo.
In Giappone tra la nobiltà, nel IV secolo d.C., si cominciò a praticare una speciale
tecnica di lotta tipica: Il Sumo. I lottatori, si affrontavano corpo a corpo,
raggiungendo anche allora stazze considerevoli per avere il vantaggio di una
maggiore stabilità.
Presso i Greci l'armonia la forza e la bellezza del corpo venivano molto
apprezzate ed erano messe al pari di qualità come: l'intelligenza e la generosità
d'animo. Per questo motivo gli eroi greci venivano aggettivati con “belli e buoni".
La grande passione che i Greci avevano per l'attività sportiva, trovava la massima
espressione nei Giochi Panellenici che, avevano assunto un grande valore sociale
e civile. Gli atleti, già al tempo, si sottoponevano a duri allenamenti e rigide diete.
Durante il gioco tutti i partecipanti dovevano rispettare delle regole precise,
mettendo in risalto il senso di lealtà e lo spirito agonistico.
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Col passare del tempo, però, questa ideologia entrò in crisi e si affermarono atleti
professionisti che si allenavano a pieno regime sotto pagamento d'ingaggi
altissimi.
Le feste Panelleniche erano quattro: i Giochi Pitici, che si svolgevano ogni quattro
anni in onore del dio Apollo, quelli Nemei, che si celebravano vicino a Corinto in
onore di Zeus ogni due anni, quelli Istmici disputati sull'Istmo di Corinto ogni due
anni in onore di Poseidone e le gare olimpiche in onore di Zeus. Quest'ultime
erano le più importanti manifestazioni agonistiche nell'antica Grecia e si
svolgevano ad Olimpia, ogni quattro anni, nel plenilunio fra luglio e agosto.
Durante questi giochi veniva istituita la “tregua sacra”: nessun nuovo conflitto
poteva iniziare e le battaglie in corso venivano sospese in modo che gli atleti
potessero gareggiare.
Dalla prima olimpiade, stabilita nel 776 a.C., alla diciottesima, le gare furono
costituite esclusivamente dalla corsa a piedi: si trattava di una gara di velocità, su
una distanza di 192,27 m, detta stadio perché equivaleva alla pista dello stadio
stesso. Nel 724 a.C. venne inserita anche una di 384,54 m, cioè il doppio dello
stadio, che si svolgeva coprendo la stessa distanza andata e ritorno. Nelle
olimpiadi successive vennero introdotte altre specialità come: il Pentathlon
(costituito da cinque prove), il Pancrazio (misto di lotta e pugilato) e le gare
ippiche, inoltre si prevedevano corse con le armi, durante le quali, i partecipanti
indossavano scudo, elmo e schinieri.
Nella trentasettesima Olimpiade fu inserita una gara di corsa anche per i giovani
(12-18 anni) sulla distanza di 96 m (mezzo stadio). Gli atleti che partecipavano
alle Olimpiadi si radunavano per allenarsi un mese prima nella valle dell'Alfeo, nei
pressi di Olimpia, per verificare la loro competitività ed essere ammessi dai
giudici di gara alla competizione. Durante questo periodo l'atleta poteva ritirarsi,
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senza che ciò costituisse una vergona. Gli atleti avevano a disposizione palestre e
massaggiatori. Il recinto dei giochi era accanto al tempio di Zeus e includeva lo
stadio, il quale poteva ospitare fino a 70000 persone. La pista era forma di
rettangolo e vi potevano gareggiare solo 20 atleti alla volta, nei pressi c'era anche
l'ippodromo con il suolo in terra battuta. Ai giochi non potevano partecipare
assolutamente le donne sposate, neanche come spettatrici, se scoperte esse
venivano messe a morte.
A Sparta veniva data grande importanza alla forza militare, i bambini sin dalla
tenera età, vivevano secondo regole militari e dovevano essere in grado di
sopportare la fatica, tollerare il dolore e superare il dolore senza dimostrare di
essere provati. A differenze di quanto accadeva nelle altre città greche , a Sparta,
anche le donne si dedicavano all'attività fisica. La prova più importante era la
corsa, ma praticavano anche il lancio del disco e del giavellotto, inoltre, esse
partecipavano anche alle gare ippiche, in cui ottennero vittorie anche ad Olimpia.
L'abitudine di praticare sport rese le donne di Sparta paragonabili alle mitiche
Amazzoni.
Gli Etruschi, praticavano attività sportive nelle campagne o in aree sacre a ridosso
delle città e costituivano un forte richiamo per uomini e donne di ogni classe
sociale. Gli atleti si cimentavano nelle specialità più conosciute come il lancio del
giavellotto, il lancio del disco effettuato con la variante, rispetto ai giochi
olimpici, della rincorsa, il salto in lungo, la corsa, il pugilato e le gare ippiche.
Secondo un'antica tradizione gli Etruschi inventarono uno degli spettacoli
destinati ad essere più popolari a Roma: i combattimenti dei gladiatori, che si
concludevano con la morte dell'atleta perdente. Ci si può fare un'idea abbastanza
precisa su come potessero essere le gare sportive di questo popolo anche grazie
alle raffigurazioni rinvenute nelle tombe scoperte nei maggiori centri etruschi.
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A Roma l'attività fisica era percepita in modo diverso da come veniva percepita
dai Greci. Finché Roma fu in una fase di conquista, lo sport rimase una
componente fondamentale della formazione morale e fisica dei soldati, gli
allenamenti svolti dai giovani romani al Campo Marzio comprendevano
l'equitazione, il tiro con l'arco, la lotta, il lancio del giavellotto, la scherma, la
corsa con le armi e finti combattimenti, tutte queste discipline erano volte a far
diventare il soggetto un vero e proprio guerriero.
Quando però dal I secolo d.C., le nuove condizioni politiche e sociali favorirono
una vita fondata sull'ozio e sul divertimento, l'educazione fisica non fu più
considerata come una preparazione alla guerra, ma bensì, un mezzo per rilassarsi
e per rendere più bello e forte il proprio corpo. I Romani facevano esercizi ginnici
non solo per mantenersi in forma, ma anche per passatempo, perché le palestre
erano adiacenti alle terme, dove, oltre a fare attività fisica, era possibile rilassarsi,
fare massaggi e incontrare uomini di alto rango. In linea generale, tuttavia, i
Romani amavano lo sport più come spettatori che come protagonisti, preferendo
assistere ai vari spettacoli dell'anfiteatro e del circo più che parteciparvi
attivamente, come invece era costume del popolo greco.
Per questo motivo gli “agoni” , cioè i giochi competitivi dei Greci, nella cultura
romana diventavano “ludi”, cioè giochi di spettacolo. I “ludi” romani, nati come
celebrazioni in nome degli dei, divennero grandi eventi di massa, nei quali il
popolo aveva l'opportunità di sfogare le proprie emozioni e gli impulsi violenti.
Questi eventi venivano utilizzati dai governanti per controllare gli umori del
popolo e per aumentare il proprio prestigio. Questa politica viene riportata da
Giovenale nel celebre motto “Panem et circenses” (pane e spettacoli circensi). I
“ludi” erano di tre tipi: quelli Scenici, che si svolgevano in teatro, quelli Gladiatori
e quelli Circensi, questi ultimi, comprendevano anche spettacoli di cavalieri che si
esibivano acrobaticamente su cavalli lanciati al galoppo e finti combattimenti
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equestri. Erano noti per le corse delle bighe, trighe, quadrighe, chiamate cosi a
seconda del numero di cavalli impegnati. La sede più importante in cui si
svolgevano questi eventi era il Circo Massimo. I giochi dei gladiatori si svolgevano
in anfiteatri, il più famoso dei quali è quello Flavio, detto Colosseo, completato
nell' 80 d.C. e poteva contenere 45.000 spettatori .
Tali giochi nati come riti religiosi, si erano trasformati in occasioni di mero
divertimento. Sull'esaltazione che tali spettacoli destavano fra il popolo, alcuni
politici avevano costruito il proprio potere. I candidati alle cariche pubbliche
organizzavano a proprie spese spettacoli di combattimento fra gladiatori per
rendersi popolari e ottenere l'elezione.
I gladiatori, perlopiù prigionieri di guerra, criminali e condannati a morte,
iniziavano gli allenamenti sotto l'esperta guida di ex-gladiatori. All'inizio si
esercitavano con un manichino, poi incrementavano l'intensità e la difficoltà
dell'allenamento fino ad arrivare al momento in cui erano pronti per entrare
nell'arena. Quando un gladiatore sconfitto si era ben comportato poteva essere
graziato dall'imperatore che alzava il pollice verso l'alto; se invece si era mostrato
vile, il pollice veniva voltato verso il basso e il vincitore lo uccideva tra gli applausi
deliranti della folla. Le ricompense erano alte e qualche volta veniva concessa al
vincitore una spada di legno, simbolo del ritorno alla libertà.
Un altro spettacolo molto gradito al pubblico erano le “venationes”, che
prevedevano la presenza di animali esotici impiegati per esibizioni o veri e propri
combattimenti: si ricreava, con uno scenario, l'ambiente naturale dell'animale,
per rendere il compito più difficile al gladiatore che andava ad affrontarlo.
Durante il periodo medioevale con la nascita dello spirito cavalleresco e per dare
modo ai cavalieri di mantenersi allenati tra una guerra e l'altra questi
cominciarono a sfidarsi in giochi, tornei e combattimenti. Uno di questi giochi era
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la Quintana nella quale il cavaliere doveva colpire un bersaglio a forma di
cavaliere armato, a volte girevole con un'asta stando a cavallo.
A partire dal 1400 in Italia e in Europa si affermò un grande movimento culturale
che prese il nome di Umanesimo e poi di Rinascimento. Gli Umanisti riportano in
auge il concetto greco di educazione fisica intesa come strumento essenziale per
il pieno sviluppo corporeo e spirituale dei giovani. L'azione educativa legata al
gioco e allo sport presupponeva, infatti, comportamenti e regole che portano ad
una pacifica convivenza nella società.
Fra i pedagogisti, colui che dà un impronta fondamentale è Vittorino da Feltre,
che creò nel 1423 la scuola dal nome “Casa Gioiosa” aperta a tutti i ceti. Nei suoi
trattati appare evidente il tentativo di mirare ad uno sviluppo armonico della
personalità dello studente attraverso un giusto equilibrio di esercizio fisico e
attività intellettuale. Si può sostenere a buon diritto che gli Umanisti , dopo i
Greci, sono stati gli unici ad esaltare l'educazione fisica come strumento per
affermare l'ideale dell'uomo nella sua totalità. Tra le principali manifestazioni
sportive che nacquero in quel periodo: il Palio di Siena, la Corsa del Fiore a
Verona, la Festa del Mare a Venezia e il Calcio Storico fiorentino.
Nel XIX secolo in Europa, si svilupparono vere e proprie dottrine basate su criteri
pedagogici che misero l'insegnamento della ginnastica in relazione con
l'educazione intellettuale. Nel 1811 Ludwig Jan fondò a Berlino una scuola il
quale programma di esercizi prevedeva marce forzate, pernottamenti all'aperto e
capacità di resistere al freddo e a tutti i disagi che la natura poneva. Il suo
metodo si basava sulla formazione della forza fisica dell'individuo.
In Francia con Georges Demeny nacque la ginnastica moderna francese. Secondo
lui l'attività fisica doveva mirare all'armonia tra le differenti sezioni del corpo.
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In Inghilterra già nel 1751 nacque la prima associazione sportiva che regolava le
varie corse ippiche determinata da regole universali che introducevano il
concetto di fair-play (gioco corretto). Le attività sportive inglesi erano tutte
basate sulla correttezza sportiva e sull'onestà tra sportivi. Thomas Arnold fu
direttore di un collegio di rugby che cercò di trasmettere ai suoi allievi un
sentimento di lealtà agonistica. Famose in tutto il modo, inoltre, le regate tra
Oxford e Cambridge, la prima si svolse nel 1829, sul Tamigi, tra le due università
delle due città. Tuttora la regata rappresenta un'occasione d'incontro tra persone
e di grande apertura sportiva.
Durante la prima metà del '900 in Italia nacquero una serie di organizzazioni
sportive come i FASCI (Federazione delle Attività Sportive Cattoliche Italiane)
l'ASCI (Associazione Scout Cattolici d'Italia). Nel 1927 fece la sua apparizione
l'ente nazionale per l'educazione fisica, essa venne assorbita dall'ONB (Opera
Nazionale Balilla) che dipendeva da Mussolini. L'ONB , doveva "provvedere ad
infondere nei giovani il sentimento della disciplina e dell'educazione militare, le
istruzioni ginnico-sportive e l'educazione spirituale e culturale". Mussolini era al
centro dell'insegnamento e dell'addestramento e durante i famosi "Sabati
Fascisti" si preparavano dei veri e propri spettacoli teatrali con dei saggi, sfilate,
parate che esaltavano il valore della forza fisica. A presiedere l'ONB fu chiamato il
fascista Renato Ricci, che promise di offrire, " al Duce e all'Italia, dei fascisti al
cento per cento, duri di muscoli e ancor più duri di carattere, preparati nello
spirito e nel corpo a tutti i cimenti". Ricci, aveva il culto dell'educazione fisica e
della disciplina, per rendere autonomo e immediatamente operativo il nuovo
organismo, puntò in primo luogo all'edificazione di una grande rete di strutture
utilizzando le forze giovani e più promettenti dell'architettura italiana, al punto
che nel 1937 si contavano 890 case balilla, 1470 palestre, 2568 campi sportivi, 22
piscine. Nel 1930 tutte le associazioni sportive vennero sciolte e l'ONB acquistò
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un'importanza fondamentale assistendo i giovani in ogni fase dell'età: tra i 6-8
anni i bambini venivano definiti “Figli della lupa”, tra 8-14 i “Balilla” ed infine tra i
14-18 anni erano gli “Avanguardisti”. Nel 1937 l'ONB venne sciolto e subentrò a
questo il GIL (Gioventù Italiana del Littorio) strettamente dipendente dal partito
fascista.
Il grande impegno nell'organizzazione e nella diffusione dello sport portò, nel giro
di pochi anni, a risultati davvero sorprendenti in diverse discipline, come le
vittorie ai campionati del mondo di calcio del 1934-1938, il secondo posto quanto
a numero di medaglie all'Olimpiade di Los Angeles, i trionfi ciclistici di Bottecchia,
Binda, Guerra, Bartali, i primati di Italo Balbo nelle trasvolate oceaniche, i
successi nell'automobilismo, nel motociclismo e nella motonautica, discipline
molto amate dal fascismo per il loro carattere di esaltazione della macchina e
della velocità. Tutti risultati che il regime tentò di sfruttare al meglio sia per
dimostrare il ruolo di grande e temuto protagonista internazionale, sia per
incrementare a dismisura spirito e orgoglio nazionale.
Nel dopoguerra l'educazione fisica tornò a dipendere dal Ministero della Pubblica
Istruzione. Il 7 febbraio 1958 si arrivò alla legge del ministro Aldo Moro la quale
dettava l'obbligo di praticare l'educazione fisica nelle scuole, la partecipazione
degli insegnanti di educazione fisica al collegio dei docenti e la fornitura delle
palestre degli enti locali.
Durante tutta la storia dello sport, parallelamente nasce la figura dello
spettatore: già nell'antica Grecia le olimpiadi erano manifestazioni che riunivano
gente da tutto il Peloponneso. Si radunavano sul luogo della manifestazione fino
a 70.000 persone.
Anche a Roma i giochi nel Circo Massimo (che poteva contenere fino a 45.000
spettatori) erano motivo d'incontro tra persone di ogni classe sociale.
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Tuttora sport come il calcio e il ciclismo (i più diffusi in Europa) sono motivo
d'incontro e coinvolgimento della folla che, oltre ad assistere allo spettacolo
sportivo, accresce il fenomeno del tifo. Gli odierni mezzi di comunicazione, come
i telegiornali sportivi o i giornali, hanno aiutato la diffusione dello sport fino a
renderlo un evento mondiale. Ma, ancor prima della nascita della televisione, la
radio era stata utilizzata nella diffusione di radiocronache degli eventi sportivi
specialmente tra gli anni 30-40.
Lo sport inoltre, ha influito nel creare nella popolazione un sentimento
patriottico sportivo, un'operazione volta a rinsaldare i legami nazionali attorno
agli atleti della propria nazionalità.
Infine lo sport è stato impiegato anche per unire tutte le nazioni, come nel caso
delle olimpiadi odierne praticate ogni quattro anni. Dopo 2672 anni dalla
celebrazione della prima edizione dei giochi olimpici dell'antica Grecia, il 6 Aprile
1896 si celebrarono ad Atene i "Giochi della Prima Olimpiade dell'Era Moderna".
Riaprire i giochi non fu certo un'impresa facile, resa possibile solo dall'impegno e
dalla perseveranza di un giovane barone francese Pierre de Coubertin grande
appassionato di sport. Esso riuscì così nel 1892 ad ottenere l'approvazione
dell'Unione francese per gli sport atletici e successivamente l'approvazione della
Prima Olimpiade dell'era moderna da parte del Congresso internazionale di Parigi
del 1894. Non restava che stabilire la data e il luogo in cui si sarebbero tenuti i
nuovi giochi olimpici: de Coubertin li avrebbe voluti a Parigi, ma la scelta cadde
su Atene. La Prima Olimpiade e alcune delle successive, si svolsero secondo
regole assolutamente diverse da quelle esistenti al giorno d'oggi. Innanzitutto
erano ammessi solo i dilettanti, per cui parteciparono soprattutto studenti,
marinai, impiegati, e persone che praticavano lo sport come hobby. Per questo
motivo alcune figure restano nella leggenda e di loro non si ha traccia nei
successivi giochi.
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Gli atleti iscritti all'edizione inaugurale furono 249, di cui 168 Greci ed altri 81
atleti in rappresentanza di 13 paesi, secondo la suddivisione politica dell'epoca
(ma 17 secondo quella attuale), che gareggiarono in 43 competizioni suddivise in
nove discipline sportive: atletica leggera, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto,
scherma, sollevamento pesi, tennis e tiro. In realtà erano state programmate
anche gare di canottaggio e vela ma non vennero svolte a causa del maltempo.
Per quanto ben organizzate e sorrette da una buona campagna di stampa, le
rappresentative degli stati stranieri erano ben lontani dall'essere una selezione
dei migliori atleti di ogni paese, in quanto vigeva il principio decoubertiano del
“dilettantismo”.
La maggior parte degli atleti pagò di tasca propria il viaggio e in alcuni casi
parteciparono alle gare anche dei turisti che in quel momento stavano visitando
la Grecia e che si iscrissero ai giochi spinti solamente dall'entusiasmo. Le donne
non potevano partecipare in quanto de Coubertin voleva rispettare la tradizione
classica, tuttavia ci fu una competitrice non ufficiale alla maratona, nonostante
questo gesto, non viene ricordata nei medaglieri ufficiali. Agli atleti non vennero
distribuiti premi e solo i primi due classificati ricevettero un riconoscimento: una
medaglia d'argento e una corona d'ulivo per il vincitore, una medaglia di bronzo e
una corona d'alloro per il secondo classificato.
Tre Olimpiadi non vennero svolte a causa dei due conflitti mondiali: quella del
1916 e quelle del 1940 e del 1944. Delle Olimpiadi furono anche il pretesto di
tregue politiche: come quella nel 1936. Berlino, allora città del nazismo e delle
discriminazioni razziali verso gli Ebrei, diviene con il Fuehrer, per il 1936 (1°-16
Agosto), sede dei giochi olimpici con il timore da parte degli altri stati di una
discriminazione razziale ma divenne una buona occasione propagandistica della
dittatura. Anche quella di Atene 2004 divenne una scusa per una tregua
temporanea tra Palestina e Israele.
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1.2. Sport singoli e di squadra
Una delle scelte più ardue per un bambino o un adolescente rappresenta la
scelta tra uno sport individuale o di squadra, talvolta questa scelta è presa in
modo poco consapevole.
Quando un bambino di 6-7 anni si trova a dover scegliere lo sport da praticare,
nella sua decisione hanno un ruolo determinante le influenze sociali esterne, più
che le motivazioni personali del bambino, ad esempio lo sport più popolare nel
paese o a seconda del fisico del bambino viene scelto uno sport più adatto a lui.
Gli sport di squadra sono consigliati agli adolescenti eccessivamente timidi, che
hanno paura di sbagliare e che temono il confronto individuale e il giudizio di chi
li circonda, e può aiutarli a conquistare una maggior fiducia in se stessi, ma può
anche essere benefica a chi, al contrario, "soffre" di un eccessiva sicurezza. Gli
sport si addicono dunque a varie tipologie di adolescenti, e permettono loro di
conoscere la frustrazione e la delusione di un insuccesso senza trasformarla in
una sconfitta individuale.
Gli sport individuali, invece sono indicati in particolar modo per i ragazzi
eccessivamente iperattivi ed irruenti, quando la responsabilità grava tutta sulle
loro spalle, il ragazzo dovrà mantenere una maggiore autodisciplina rispetto al
coetaneo che ha scelto di praticare uno sport di squadra. Ad esempio le arti
marziali, mirano a formare il ragazzo da un punto di vista tecnico-fisico, ma
soprattutto da un punto di vista disciplinare.
Gli effetti a lungo termine di questi due differenti modi di esercitare la pratica
sportiva sono diversi: la collaborazione, il senso di gruppo, lo spirito di
competizione e il senso di appartenenza sono le doti e le capacità che più si
accrescono in uno sport di squadra. L'atleta deve essere in grado di stabilire con
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gli altri componenti del gruppo le migliori relazioni possibili. Il principio
fondamentale è la cooperazione è più utile della rivalità.
In uno sport individuale, invece, il senso di responsabilità, la disciplina e
l'equilibrio psicofisico sono le qualità che più si sviluppano sin da subito. L'atleta
può permettersi di impegnare tutte le sue energie mentali sul raggiungimento
dell'obiettivo.
Nel caso di sport individuali, l'atleta agisce da solo, come per esempio
nell'atletica leggera, nel tennis; essi fanno comunque parte di un gruppo.
Ovviamente si tratta di una distinzione che viene fatta solo a livello agonistico,
perché negli sport individuali, gli allenamenti si svolgono sempre in gruppo o con
altri. Non bisogna inoltre dimenticare che le discipline individuali prevedono
comunque delle competizioni a squadre, basti pensare alle staffette nell'atletica
leggera o nel nuoto, o il doppio nel tennis. Le azioni degli atleti della stessa
squadra sono indipendenti, e ognuno gareggia singolarmente, ma i risultati
individuali convergono in una valutazione collettiva della squadra.
In pratica aderire ad uno sport individuale significa assumersi la piena
responsabilità del proprio risultato, anche se questo farà parte di una valutazione
collettiva.
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1.3. Sport dilettantistico e professionistico
Nello sport dilettantistico l’atleta non riceve alcun compenso, esercitando la
pratica sportiva solo per funzioni ludico/ricreative, laddove nel professionismo
esso riceve compensi per le sue prestazioni.
La differenza di approccio - dilettantistico e professionistico - ha anche talora
mutato la natura dello sport a seconda del regime in cui vengano praticati. Gli
atleti professionisti vengono pagati per svolgere la propria attività e possono
essere considerati dei lavoratori dello spettacolo a tutti gli effetti. Di solito,
solamente i migliori sportivi di ogni disciplina riescono a diventare dei
professionisti e ciò fa in modo che gli eventi sportivi a cui partecipano i
professionisti possano vantare delle prestazioni di livello più elevato rispetto allo
standard dilettantistico.
Nella realtà dei paesi occidentali, alcuni sport professionistici attraggono la gran
parte dei praticanti, mentre le attività minori si scontrano sia con problemi di
visibilità mass-mediologica, sia con l'insufficiente copertura finanziaria da parte
dei potenziali sponsor. Ciò comporta notevoli costi da sostenere per l’attività
dilettantistica e spesso questo si traduce in difficoltà logistiche difficilmente
superabili senza l'intervento delle autorità pubbliche.
Secondo un'altra visione del problema, professionismo e dilettantismo operano,
o dovrebbero operare, in sinergia. Il primo, mediante l'attenzione che i media e
gli sponsor concentrano sui campioni sportivi, valorizza le caratteristiche
spettacolari dello sport contribuendo a farlo conoscere maggiormente e ad
attrarre, anche verso la pratica attiva, un numero maggiore di persone. Il
secondo in termini di visibilità e possibilità economiche, di riflesso beneficia dei
risultati dell'altro, fornendo nuovi praticanti e possibili nuovi campioni.
21
L'evento in cui il dualismo tra professionismo e dilettantismo ha avuto il maggior
livello di contrasto è stato sicuramente l'Olimpiade, la più importante
manifestazione sportiva a livello mondiale. Le Olimpiadi hanno cadenza
quadriennale e si dividono in olimpiadi estive e invernali. In tale occasione i
migliori atleti provenienti da ogni parte del mondo, si cimentano nelle diverse
discipline olimpiche. In occasione delle prime edizioni delle olimpiadi moderne,
però, alle gare erano ammessi solo gli atleti dilettanti; nel corso degli anni, e
sotto la spinta dell'opinione pubblica e degli sponsor, la regola subì varie deroghe
e alla fine venne eliminata per permettere agli atleti professionisti, di solito i
migliori delle varie discipline, di partecipare alle competizioni olimpiche.
Con questa decisione venne posta una pietra sopra l'ipocrisia che per decenni
tenne in scacco la trasparenza dello sport agonistico, in quanto anche i presunti
dilettanti sia del blocco comunista sia quelli occidentali, si allenavano ormai a
tempo pieno con modalità scientifiche ottenendo rimborsi spese, talvolta,
sostanziosi; queste modalità rischiarono di relegare quasi ad un livello secondario
le attività di studio e di lavoro, sia per il tempo profuso sia per un tornaconto
sociale. Inoltre quella che avrebbe dovuto essere la loro attività primaria per la
loro sussistenza si rivelava, per lo più, a conti fatti, una carriera con le forze
armate o di polizia, che grazie ai loro successi sportivi usufruiva di promozioni
pressoché automatiche (atleta di stato). Nulla escludeva che da queste
promozioni di carriera, gli atleti potessero ottenere, di riflesso, "guadagni" socio-
economici.
Nell'ideale olimpico, definito con la celebre massima dal barone Pierre De
Coubertin "L'importante non è vincere ma partecipare", possono in ogni caso
essere condensati quei principi di lealtà, impegno e rispetto che dovrebbero
essere alla base della pratica sportiva ad ogni livello, sia che si tratti di atleti
dilettanti che di professionisti.
22
1.3.1. Tra gioco e agonismo
Chi pratica lo sport non sempre si cura di percepire a pieno i valori ed i significati
del fatto sportivo: si gioca perché piace o conviene giocare, perché si sente
l’esigenza di competere, senza porsi tante domande. Ma chi opera con
intenzionalità educativa nel mondo sportivo, specie giovanile, sa che i due
elementi essenziali dello sport – il gioco e l’agonismo – possono diventare tappe
di partenza nello sviluppo integrale della persona.
Il gioco è rivincita dell’”homo ludens” sull’”homo faber”: restituire allo sport la
sua connotazione ludica e promuoverne la gratuità significa aiutare l’uomo a
liberarsi dalla morsa dell’utilitarismo, dall’attaccamento idolatrico al lavoro, e,
oltre tutto, a dispiegare le esigenze dello spirito. Favorire l’ingresso del gioco
nelle pieghe dell’esistenza appare un aspetto non marginale per la realtà del
mondo attuale.
E’ la dimensione agonistica del gioco e dello sport che spinge ad andare oltre i
limiti delle prestazioni precedenti ed a superare gli avversari. Ma solo una parte
dell’agonismo si risolve nel lottare contro gli altri: l’altra, quella maggiore,
consiste nel lottare contro i mille volti del negativo annidato nel cuore, come i
raggiri per eludere le regole, i facili vittimismi, le aggressioni verbali verso gli
antagonisti, le ribellioni alle decisioni arbitrali non condivise, il ricorso al doping.
Lo slancio agonistico non educato porta alla ricerca del risultato ad ogni costo, a
cercare la vittoria come valore assoluto, a giocare “contro” anziché “con” gli
avversari e persino a farli apparire come nemici. E’ estremamente provocatorio il
fatto che il pensiero cristiano, a volte a torto interpretato come pensiero debole
ed accondiscendente, inviti a mete impegnative ed elevate. Eppure proprio
questa indicazione può dare alla spinta agonistica il giusto orientamento:
trasformarla da semplice ricerca di risultati tecnici, che pure bisogna
23
tenacemente perseguire, a nostalgia di traguardi più lontani, sconosciuti a giudici
di gara o tifosi.
Ecco perché dovrebbe scomparire una visione dello sport, specie in passato
presente anche fra i cristiani, come semplice passatempo, come semplice mezzo
per togliere ragazzi dalla strada o come occasione fra le tante per dire loro una
buona parola. Se lo sport “è un valore dell’uomo, un luogo di umanità e di civiltà”
non vogliamo cedere alla tentazione di pensare che solo un certo tipo di sport
educhi: quello non agonistico, quello nella natura, quello senza classifiche, quello
senza vincitori né vinti. E’ una tentazione sottile, comprensibile, ma smentita dal
pensiero che “nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore dei
cristiani ”.
Le espressioni di crisi dello sport di oggi evidenziano che l’azione educativa non
possa limitarsi a richiamare alla coscienza dei praticanti astratti valori e principi
etici: evidentemente né una generica ideologia pan-sportiva, né un sempre più
disatteso fair play di facciata, possono rivelare all’uomo, attraverso lo sport, il
significato ed il fine ultimo della propria esistenza.
Con l’attenzione ai valori più alti dell’esistenza umana, lo sport rivela la
dimensione essenziale dell’uomo sia come essere “finito” (sconfitta, infortuni,
incapacità di altruismo o ad accettare un verdetto negativo) sia come essere
“infinito”, capace di risorgere in ogni tentativo di superare i propri limiti. Non si
tratta in sostanza di aggiungere nuovi contenuti allo sport, ma di evidenziarli e
collocarli nella giusta direzione.
Non si tratta tanto di condannare o di sfuggire dallo sport di oggi, dalle sue
contraddizioni, dalle sue disperate corse verso l’onnipotenza o l’immortalità,
dalla sua schiavitù al denaro. L’uomo è competizione, è vittoria e sconfitta, è
tensione alla perfezione e abisso di incertezze e come tale vuole essere
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accettato, capito, amato. E’ una sfida ambiziosa quella di farsi uno, accettando
senza riserve, non tanto con lo sport di oggi, quanto piuttosto con chi lo pratica,
contribuendo ad instillare silenziosamente e con pazienza germi di positività.
1.4. Eventi sportivi
L’evento sportivo è uno dei mezzi di comunicazione più diretti ed efficaci dei
nostri giorni, verso cui gli investitori pubblici e privati rivolgono grande
attenzione e consistenti fette di budget. L’evento sportivo, fenomeno aggregante
e sociale che può favorire la nascita di "tendenze" e "stili" della nostra società, è
anche uno dei migliori veicoli per individuare nuove opportunità di mercato.
Lo sport risulta essere il settore con il maggior peso nell’ambito degli eventi. E’
ben noto infatti che le Olimpiadi e i campionati mondiali di calcio sono, da
tempo, i due eventi più importanti non solo per le presenze in loco ma anche, e
forse soprattutto, per il seguito a distanza attraverso i vecchi e i nuovi media.
Quello che potrebbe esser definito il valore aggiunto degli eventi sportivi, una
sorta di importanza duplice che connota questa particolare tipologia di evento a
differenza di qualunque altra forma di manifestazione culturale e sociale: la
capacità di attrarre il grande pubblico non solo in presenza, attraverso la
partecipazione diretta, ma anche a distanza attraverso il proficuo lavoro di
comunicazione e promozione svolto dai mass media.
Questa è la peculiarità che caratterizza gli eventi sportivi e che li connota
pienamente come media-events. In questa prospettiva dunque, nasce un
binomio importante nel quale l’importanza economica e sociale della pratica
sportiva da una parte e quella degli eventi dall’altra, unendosi, quasi si
raddoppiano. Non a caso infatti gli eventi sportivi si classificano come quelli con i
bilanci economici più elevati, grazie soprattutto agli ingenti apporti finanziari
25
provenienti essenzialmente dagli sponsor internazionali ed all’impegno delle
pubbliche amministrazioni dei paesi ospitanti in termini principalmente di
infrastrutture, trasporti, sicurezza, ecc.
E’ necessario guardare all’evento sportivo al tempo stesso come un’importante
vetrina in cui è possibile esporre la propria offerta territoriale e come potente
mezzo di comunicazione. Sono molteplici infatti i vantaggi nell’uso dello sport
come strumento di comunicazione per una azienda o per un territorio:
- accreditamento presso il pubblico in termini di offerta territoriale (visibilità,
posizionamento, legittimazione),
- rafforzamento del legame con la comunità locale: famiglie, consumatori, ecc.,
- coerenza con i valori che esprime il proprio marchio, brand territoriale,
- controllabilità degli investimenti e dei loro effetti,
- opportunità di comunicazione innovativa, non convenzionale,
- opportunità di comunicazione integrata, interattiva e selettiva,
- occasioni di comunicazione credibile e autentica.
E’ per questo motivo che in letteratura spesso l’attenzione è posta
sull’importanza degli eventi sportivi come strumenti di comunicazione. L’evento
sportivo si palesa al tempo stesso come:
- Comunicatore di valori positivi: in quanto l’evento sportivo, sia a livello di
pratica sportiva che di spettacolo fruito dal pubblico, diviene vero e proprio
dispensatore di emozioni, immagini e valori positivi quali: rispetto, spirito di
squadra, fratellanza, tolleranza, disciplina, ecc. In questo senso dunque l’evento
sportivo si palesa come un’attività in grado di appassionare, coinvolgere
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emozionare ed offrire benessere psico-fisico tanto a chi pratica sport tanto a chi
assiste alle competizioni direttamente o mediante i media.
- Mezzo di comunicazione. La sua efficacia come strumento di comunicazione
trova conferma nella scelta delle numerose aziende che decidono di veicolare la
propria immagine e diffondere la conoscenza dei propri prodotti attraverso la
pratica sportiva. E’ per questo che spesso le aziende sportive entrano
attivamente a far parte degli eventi sportivi in qualità di official sponsor.
- Contenuto. Non bisogna dimenticare che l’attività sportiva e gli eventi che
attorno a quest’ultima orbitano divengono sempre più spesso oggetto
privilegiato, ed in alcuni casi esclusivo, dell’offerta dei media e dei new media.
Soprattutto per quanto riguarda i programmi sportivi gli eventi di questa
tipologia rivestono un ruolo di grande importanza in ragione della popolarità
presso un pubblico molto ampio. Per gli inserzionisti pubblicitari i programmi
sportivi consentono di raggiungere in maniera regolare un target di pubblico ben
identificato e con un elevato potere d’acquisto, garantendo in questo modo il
recupero degli investimenti effettuati. La sostituzione con altri programmi che
garantiscono comunque un’elevata audience non garantisce lo stesso ritorno
economico e di immagine, in quanto si tratta di un pubblico molto meno
omogeneo.
Gli eventi sportivi rispetto ad altre tipologie di eventi socio-culturali, presentano
delle peculiarità che li connotano particolarmente. Queste ultime si palesano al
tempo stesso come elementi di successo ed attrattività e come delicati fattori
che, se mal gestiti, possono facilmente divenire delle importanti criticità. Ci si
riferisce in particolare a tutte quelle variabili difficilmente prevedibili e
controllabili che rendono ancora più complessa la gestione dell’evento sportivo.
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Negli eventi sportivi, oltre all’insieme degli aspetti tecnico-gestionali sui quali è
importante riporre l’attenzione per poter assicurare la riuscita dell’evento (dalla
comunicazione alla promozione, dal marketing alla sponsorizzazione), esistono
alcuni importanti aspetti difficilmente controllabili e gestibili che rappresentano i
più importanti elementi di criticità degli eventi sportivi.
Si tratta in particolar modo de:
- l’imprevedibilità del risultato agonistico che genera accadimenti non prevedibili
in anticipo e dunque non perfettamente dominabili. Si tratta in particolare dei
risultati sportivi delle singole partite (si pensi ad es. ai campionati mondiali di
diverse discipline sportive) che possono solo essere pronosticati con un elevato
tasso di incertezza. E’ proprio questo elevato grado di incertezza a generare la
difficoltà di gestione dei processi. Si pensi, solo per fare un esempio, ai risvolti
avuti dai campionati mondiali di calcio tenutisi in Germania nel 2006.
Quest’ultima è stata letteralmente travolta, nel giro di pochi giorni, da un’ondata
di tifosi italiani e francesi che hanno deciso di sostenere la propria squadra
nazionale nella partita finale per aggiudicarsi il titolo di campione del mondo. Con
ogni probabilità, se la finale si fosse disputata fra altre nazionali del mondo
(geograficamente più lontane dall’area tedesca rispetto all’Italia e la Francia), la
Germania non sarebbe stata assediata da migliaia di sportivi (italo-francesi) che
hanno invaso le strade di Berlino quell’ormai famoso 9 luglio 2006.
- La carica emotiva di cui solo gli eventi sportivi sono capaci e che purtroppo,
troppo spesso, diviene la causa di spiacevoli fatti di cronaca che mettono a
repentaglio l’immagine positiva delle manifestazioni sportive. Anche questo
aspetto, al pari del risultato agonistico, è estremamente imprevedibile e può
generare risvolti sportivi assai diversi. E’ infatti proprio la carica emotiva che,
caratterizza fortemente i grandi eventi sportivi, a indurre decine di migliaia di
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tifosi ad affrontare distanze a volte anche assai elevate per poter seguire da
vicino la propria squadra del cuore. Le dimensioni numeriche di queste masse di
sportivi, però, non sono mai note in anticipo, non sono quindi facilmente
prevedibili né gestibili. E’ dunque, ancora una volta, l’incertezza a dominare sulla
necessità di pianificazione dell’evento sportivo.
- La natura fortemente sistemica dell’evento sportivo, che richiede una visione
condivisa del progetto da attuare da parte di tutti gli stakeholders più o meno
direttamente coinvolti nell’event management, in termini di obiettivi, strumenti,
necessità ecc. La sistematicità è caratteristica di ogni tipologia di evento, lo è
ancor di più negli eventi sportivi di grandi dimensioni in cui i ruoli da ricoprire
all’interno del palcoscenico sportivo sono molteplici. La chiave vincente sta nel
creare una solida collaborazione tra le parti in gioco in funzione della
condivisione di obiettivi e strategie. E’ infatti impossibile pensare di realizzare un
evento di successo in mancanza di una solida base condivisa da tutti gli event
stakeholders. La natura fortemente sistemica dell’evento sportivo, a differenza
del risultato agonistico e della carica emotiva, è invece estremamente prevedibile
in anticipo e controllabile lungo tutto il percorso di sviluppo dell’evento; diviene
quasi una condizione per dare avvio al processo di event management stesso.
La natura sistemica degli eventi sportivi è definita una criticità in quanto è
estremamente difficile da controllare e gestire. Essa è direttamente
proporzionale alle dimensioni dell’evento stesso ed al numero di stakeholders
coinvolti; all’aumentare di questi ultimi cresce vertiginosamente la difficoltà di
gestione e controllo della collaborazione tra le parti interessate. Se si pensa al
numero di professionalità coinvolte a vario titolo nell’organizzazione dei mondiali
di qualunque disciplina sportiva, si comprende facilmente la difficoltà di
condivisione di obiettivi, idee, strumenti, strategie, ecc., in altre parole, la
difficoltà di fare sistema.
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E’ necessario, al fine di ottenere un evento sportivo di successo, riuscire a gestire
questi aspetti trasformando, quelle che inizialmente possono sembrare delle
criticità, in elementi di successo. Si pensi ad esempio alla carica emotiva che è
una caratteristica tipica, e forse esclusiva, degli eventi sportivi. Quest’ultima se
non gestita ed arginata là dove serve, potrebbe rappresentare una minaccia per
la buona riuscita dell’evento in termini essenzialmente di sicurezza; ma se
controllata in modo opportuno rappresenta il valore aggiunto degli eventi
sportivi, l’aspetto centrale sul quale poggia l’intera articolazione dell’evento.
Al fine di ottenere un evento sportivo di successo, diviene indispensabile
individuare e conoscere a fondo tutte le potenziali criticità dell’evento affinché
possano essere ben gestite e, dove possibile, convertite in elementi critici di
successo.
Tra i più grandi eventi sportivi troviamo i giochi olimpici, i mondiali di disciplina
ed eventi sportivi continentali.
1.4.1. Le Olimpiadi
I Giochi olimpici nacquero in Grecia nel 776 a.C. nella città sacra di Olimpia per
rendere omaggio agli dei. Da quella data vennero celebrati ogni quattro anni
finché, nel 393 d.C., l’imperatore Teodosio ne decretò la fine in quanto
manifestazione pagana.
Questo evento fu molto amato e costituì un importante momento d’incontro tra i
popoli; per permettere la partecipazione degli atleti alle gare fu istituita la
“tregua sacra”, un periodo di sospensione di tutti i conflitti bellici. Le Olimpiadi
avevano anche un'importanza religiosa, in quanto si svolgevano in onore di Zeus,
del quale una enorme statua si trovava ad Olimpia.
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A differenza dei Giochi olimpici moderni, solamente gli uomini liberi che
parlavano greco potevano partecipare alle celebrazioni, erano esclusi gli schiavi e
le donne, le quali non potevano nemmeno essere spettatrici. Questo forse
dipendeva dal fatto che gli atleti gareggiavano completamente nudi. Si
consideravano giochi "internazionali" poiché partecipavano greci dalle varie città
stato della Grecia, ed anche dalle colonie.
Inizialmente le gare si limitarono alla sola corsa dello “stadio” (distanza: 192 m),
vennero poi introdotte altre discipline: corsa “doppia” (2 volte lo stadio), la corsa
di resistenza, la lotta, il pugilato, la corsa delle quadrighe, salto lungo, lancio del
giavellotto, ecc. .
Si passò nel corso dei secoli ad un manifestazione di 5 giornate e, come accade
anche per i Giochi moderni, si svolgeva una cerimonia di apertura ed una di
chiusura con premiazioni, ringraziamenti e festeggiamenti. Gli atleti vincitori
entravano nella leggenda e acquistavano privilegi importanti, come essere
mantenuti a vita dalla propria città natale ed essere immortalati in poemi e
statue.
Con il passare del tempo, però, l’importanza del premio prese il sopravvento
sullo spirito sportivo e l’ideale olimpico; si affermò il professionismo e la
manifestazione da festa della gioventù, dello sport e della cultura assunse
sempre di più la forma di uno spettacolo dove gli atleti gareggiavano solo per il
proprio interesse personale.
Dobbiamo al barone Pierre de Coubertin, la nascita dei Giochi Olimpici moderni e
la rinascita del motto e degli ideali di Olimpia. La sua iniziativa fu importante non
solo per riaffermare il valore educativo dello sport, ma soprattutto perché
attraverso di esso si concretizzavano i concetti di fratellanza, amore tra i giovani
e pace tra i popoli.
31
Grazie alla tenacia di De Coubertin nel 1896, ad Atene, si aprirono ufficialmente i
primi Giochi Olimpiade dell’era moderna ad Atene e fu fondato il Comitato
Olimpico Internazionale (CIO) per organizzare l'evento. Le prime Olimpiadi
dell'era moderna furono un successo. Con quasi 250 partecipanti (13 nazioni
partecipanti), fu per l'epoca il più grande evento sportivo internazionale mai
organizzato. La Grecia chiese di diventare sede permanente di tutti i futuri Giochi
Olimpici, ma il CIO decise che le Olimpiadi avrebbero dovuto essere organizzate
di volta in volta in una nazione diversa. Le seconde Olimpiadi furono assegnate a
Parigi.
Gli atleti erano impegnati in prove di atletica, ciclismo, lotta, nuoto, ginnastica,
scherma e tiro a segno. Con il passare del tempo, il programma delle gare
divenne sempre più nutrito, fino agli attuali 27 sport. Nel 1924 a Sapporo si
disputarono i primi GIOCHI OLIMPICI INVERNALI, dedicati alle discipline della
neve e del ghiaccio.
Oggi le Olimpiadi rappresentano l’evento sportivo più atteso. Ogni 4 anni migliaia
di giovani provenienti da tutto il mondo, si radunano per misurarsi tra loro nello
spirito di una sana fratellanza.
Il motto olimpico “Citius, Altius, Fortius” in latino significa “più veloce, più in alto,
più forte”. L’espressione fu proposta da De Coubertin in occasione della
creazione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), nel 1894, ma divenne il
motto ufficiale solo durante le Olimpiadi del 1924 a Parigi.
Queste tre parole, che invitano a dare il meglio di se stessi e a vivere tale sforzo
come una vittoria, riflettono lo stesso spirito della celebre frase di De Coubertin:
“L’importante non è vincere, ma partecipare”.
Le Olimpiadi sono il simbolo della pace e della fratellanza tra i popoli che si
riuniscono nel nome dello sport e si confrontano in modo leale. L’ideale olimpico
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viene espresso anche attraverso la bandiera dei Giochi: 5 cerchi di colore diverso,
uno per ogni continente (blu=Oceania, nero=Africa, rosso=America, giallo=Asia,
verde=Europa) che si sovrappongono parzialmente in un abbraccio ideale.
Inoltre, i sei colori dei cerchi rappresentano tutte le nazioni del mondo: le
bandiere nazionali esistenti all’epoca, infatti, comprendevano almeno uno di
questi sei colori.
La cerimonia di apertura di un'Olimpiade è lunga e solenne, preparata con molta
cura e spettacolare nelle sue coreografie. Si articola in varie fasi:
• dopo il conto alla rovescia si comincia con lo spettacolo solitamente tenuto
segreto fino all'ultimo che prevede danze, canti e coreografie ispirate al
folklore e alla storia del paese ospitante;
• si continua con la sfilata dei paesi partecipanti, con gli atleti che marciano
nello stadio divisi per nazione. I paesi sfilano secondo l'ordine alfabetico della
lingua del paese ospitante, con due sole eccezioni: la Grecia entra per prima
(essendo la patria dei Giochi dell'antichità ed avendo ospitato la prima
edizione di quelli moderni), mentre il paese ospitante entra per ultimo nello
stadio. Ogni delegazione nazionale è preceduta da un alfiere con la bandiera
del paese. Fare il portabandiera della propria nazione alle Olimpiadi è
considerato un grande onore, e spesso questo ruolo viene assegnato ad uno
degli atleti più rappresentativi;
• si continua con i discorsi del presidente del Comitato Organizzatore
dell'edizione dei giochi e del Presidente del Comitato Olimpico Internazionale
(CIO). Quindi il Capo di Stato del Paese ospitante pronuncia la dichiarazione
ufficiale di apertura dei giochi;
• poi viene suonato l'inno olimpico e viene issata la bandiera olimpica vicino a
quella del Paese ospitante;
33
• successivamente, la torcia con la fiamma olimpica entra nello stadio, dopo la
lunga staffetta che nei mesi precedenti l'ha portata da Olimpia alla sede dei
Giochi. All'ultimo tedoforo (spesso un atleta famoso o una personalità del
paese ospitante) spetta il compito di accendere il braciere, in cui il fuoco
olimpico arderà per tutta la durata dei Giochi. Contemporaneamente vengono
liberate delle colombe, simbolo di pace;
• infine arriva il momento in cui tutti i portabandiera si riuniscono attorno ad un
podio, dove un rappresentante degli atleti e uno dei giudici di gara (entrambi
del paese ospitante) pronunciano il giuramento olimpico (reggendo il vessillo
dei 5 cerchi), impegnandosi a nome di tutti a gareggiare e a giudicare secondo
le regole che governano i Giochi Olimpici.
Prima dell’inaugurazione dei Giochi, con una solenne cerimonia a Olimpia si
accende la fiamma olimpica. Con essa viene accesa poi una torcia, che viene poi
trasportata fino alla città dove si svolgeranno le Olimpiadi per mezzo di una
staffetta di “tedofori” (che sono in genere atleti vincitori di edizioni precedenti).
Spesso l’ultimo atleta che porta la fiaccola è un campione del paese ospitante.
Questa suggestiva coreografia, che vuole mettere l’accento sulla continuità con
lo spirito olimpico antico, in passato fu criticata, poiché fu introdotta da Hitler in
occasione della Olimpiadi di Berlino (1936), per celebrare il terzo Reich.
L’inno olimpico fu composto per la cerimonia di apertura della prima Olimpiade
moderna, quella di Atene. Successivamente, ogni nazione ospitante commissionò
un inno specifico per la sua edizione dei giochi.
All’inaugurazione dei Giochi, quando il tedoforo ha portato nello stadio la torcia
olimpica e ha trasferito la fiamma nel braciere che resterà acceso per tutta la
durata delle gare, la cerimonia prosegue con il giuramento. Esso viene
pronunciato, in presenza di tutti i partecipanti, da un atleta e da un arbitro del
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paese ospitante. Il giuramento dell’atleta, che s’impegna a gareggiare in modo
leale e sportivo, è stato scritto da De Coubertin e pronunciato per la prima volta
nel 1920; quello dell’arbitro è stato introdotto dal 1972.
La cerimonia di chiusura è più semplice e meno formale di quella di apertura.
• Gli atleti entrano nello stadio mescolati tra loro, senza distinzione per
nazione. Viene spento il fuoco olimpico, e la bandiera olimpica viene calata e
consegnata al sindaco della città che ospiterà la successiva edizione delle
Olimpiadi;
• anche nella cerimonia di chiusura c'è spazio per la parte artistica, con richiami
sia al paese che ha appena ospitato i Giochi, sia alla nazione che li ospiterà tra
quattro anni, la quale viene presentata in un segmento di 8 minuti;
• dai Giochi Olimpici Estivi del 2004 la premiazione della Maratona maschile
avviene durante la cerimonia di chiusura (nei Giochi Olimpici Invernali di
Torino 2006 è avvenuto con la 50 km di fondo maschile).
35
1.4.2. I campionati del mondo
Campionato mondiale o campionato del mondo è un termine usato in molti sport
per denominare un'importante competizione internazionale a cui partecipano
atleti o squadre provenienti da tutto il mondo. Si può trattare di un torneo ad
eliminazione o di un circuito di gare, a cadenza annuale o pluriennale. Qualora
nella stessa competizione vengano messi in palio più titoli in varie specialità o
categorie, come nel caso dell'atletica leggera o del nuoto, si usa generalmente
l'espressione plurale campionati mondiali o campionati del mondo.
Delle 47 discipline olimpiche (13 individuali, 24 miste e 10 di squadra), soltanto il
tennis non ha mai avuto un campionato mondiale. La Coppa Davis trattandosi di
una manifestazione a squadre in uno sport individuale e svolgendosi nel corso
dell'anno nelle varie sedi delle Nazionali ospitanti, non può considerarsi alla
stregua di un campionato.
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2.1. Definizione e cenni storici
La globalizzazione è un processo di interdipendenze economiche, sociali,
culturali, politiche e tecnologiche i cui effetti positivi e negativi hanno una
rilevanza planetaria, tendendo ad uniformare il commercio, le culture, i costumi
e il pensiero.
Il termine "globalizzazione", di uso recente, è stato utilizzato dagli economisti per
riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e
aziende multinazionali. Il fenomeno invece va inquadrato anche nel contesto
delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni
ottanta, in questi ambiti hanno subito una sensibile accelerazione.
Sebbene molti preferiscano considerare semplicisticamente questo fenomeno
solo a partire dalla fine del XX secolo, osservatori attenti alla storia parlano di
globalizzazione anche nei secoli passati, ma erano tempi diversi in cui la
globalizzazione si identificava, pressoché essenzialmente,
nell'internazionalizzazione delle attività di produzione e degli scambi commerciali
comunque ad un livello inferiore rispetto all'attuale.
Tra gli aspetti positivi della globalizzazione vanno annoverati la velocità delle
comunicazioni e delle informazioni, l'opportunità di crescita economica per Paesi
a lungo rimasti ai margini dell'economia, la contrazione della distanza spazio-
temporale e la riduzione dei costi per l'utente finale grazie all'incremento della
concorrenza. Gli aspetti negativi sono il degrado ambientale, il rischio
dell'aumento delle disparità sociali, la perdita delle identità locali, la riduzione
della sovranità nazionale e dell'autonomia delle economie locali e la diminuzione
della privacy.
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2.1.1.La globalizzazione della società e della comunicazione
Il processo di globalizzazione in atto a livello economico è favorito dalla capillarità
dei trasporti che ha ripercussioni anche a livello sociale con lo scambio culturale
tra civiltà anche molto lontane e molto diverse tra loro con possibili scontri di
civiltà (es. conflitto Oriente/Occidente) fino a possibili guerre di religione e
omogeneizzazione culturale.
Con la globalizzazione, ci si riferisce oltre che allo sviluppo di mercati globali,
anche alla diffusione dell'informazione e dei mezzi di comunicazione come
internet, che oltrepassano le vecchie frontiere nazionali. Nello stesso campo il
termine indica la progressiva diffusione dei notiziari locali su temi internazionali.
Il termine globalizzazione è utilizzato anche in ambito culturale ed indica
genericamente il fatto che nell'epoca contemporanea ci si trova spesso a
rapportarsi con le altre culture, sia a livello individuale a causa di migrazioni
stabili, sia nazionale nei rapporti tra gli stati. Spesso ci si riferisce anche
all'elevata e crescente mobilità delle persone con una permanenza limitata
temporalmente (turisti, uomini di affari, ecc.).
Pro e contro la globalizzazione: la globalizzazione può favorire lo sviluppo
economico di alcuni stati, in particolare quelli industrializzati e sviluppati,
attraverso guadagni e profitti provenienti dal decentramento. Esso consiste nello
spostare le industrie nei paesi sottosviluppati, dove la manodopera ha un costo
inferiore. Così facendo si offre un lavoro nei paesi più poveri ma le multinazionali
decentrano le loro industrie nei paesi in via di sviluppo che non possono così
svilupparsi. In ogni caso la globalizzazione "ferisce" le tradizioni popolari,
diffondendo alcune feste che appartengono a quelle di un popolo. Ad esempio
Halloween è una festa di origine celtica che si è diffusa nei popoli anglo-sassoni;
con la globalizzazione si è diffusa nei popoli dei paesi sviluppati. Ciò non accade
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solo per le feste, ma anche per il modo di vestire, soprattutto quello giovanile, il
modo di parlare, i cibi consumati, ecc. Ad esempio prima degli anni quaranta era
impossibile trovare in Italia e in Europa persone che indossassero le T-shirt, ora è
comunissimo.
Nell'immaginario collettivo la globalizzazione è spesso percepita come un
fenomeno progressivo, che si è andato sviluppando nel tempo in modo naturale
e che vede la condizione attuale nei suddetti ambiti come una fase intermedia tra
un generico passato e un vago futuro. Ma se con globalizzazione ci si riferisce a
un fenomeno specifico degli ultimi decenni, il concetto è tutt'altro che univoco e
consolidato, anche se è entrato a far parte del lessico comune e i mass media ne
fanno larghissimo uso.
Per quanto riguarda l'economia, per esempio, diversi autori sottolineano che il
sistema degli scambi internazionali era più globalizzato negli anni precedenti il
1914 di quanto non sia attualmente, che i sistemi economici sono comunque
fondamentalmente a base nazionale e anche quelli di dimensione
tendenzialmente continentale presentano diversi aspetti di chiusura (ad esempio
le politiche protezionistiche dell'Unione Europea in ambito agricolo).
In ogni caso, nella coscienza dei popoli il fenomeno si sta consolidando insieme
alla diffusione del punto di vista globale ed all'impegno concreto per un mondo
migliore al di là dei propri interessi personali e dei confini nazionali. Si parla
sempre più spesso di "globalizzazione dei diritti" e perciò di rispetto
dell'ambiente, di eliminazione povertà, di abolizione della pena di morte ed
emancipazione femminile in tutti i paesi del mondo.
Di pari passo alla diffusione di notizie su scala mondiale ed alla progressiva presa
di coscienza delle problematiche globali, cominciano a svolgersi grandi
40
manifestazioni con la partecipazione contemporanea in numerose località di
decine di milioni di persone.
Infine l'economista Giancarlo Pallavicini afferma che, anche per effetto della
tecnologia informatica, la globalizzazione può definirsi come "uno straordinario
sviluppo delle possibili relazioni, non soltanto economico-finanziarie, pur
preminenti, tra le diverse aree del globo, con modalità e tempi tali da far sì che
ciò che avviene in un'area si ripercuota anche in tempo reale sulle altre aree,
pure le più lontane, con esiti che i tradizionali modelli interpretativi
dell'economia e della società non sono in grado di valutare correntemente,
anche per la simultaneità tra l'azione ed il cambiamento che essa produce".
2.1.2. La globalizzazione nello sport
Lo sport è uno degli aspetti più globali della vita di tutti i giorni: un numero
enorme di persone in tutto il mondo pratica sport, e un evento sportivo come le
Olimpiadi hanno avuto un’audience potenziale di 4 miliardi di persone. La sua
presenza globale è ogni giorno maggiore, ma parte da lontano: nasce decenni
prima delle altre istituzioni che operano su scala internazionale come l'Onu.
Data la sua diffusione, lo sport tende ad assumere le tendenze della
globalizzazione dei consumi, negli aspetti economici, mediatici, culturali, sociali.
Gli sport hanno perso la loro esclusiva dimensione locale: qualunque sport può
essere praticato in qualunque parte del mondo. Questa diffusione, parte da
lontano: le regole dei primi sport moderni (tennis, golf, rugby, calcio, atletica,
canottaggio) furono codificate in Gran Bretagna e esportate tramite i canali
dell’Impero Inglese. Selezioni nazionali e squadre di club britanniche si recavano
nelle colonie inglesi per sfidare le rappresentative locali. La squadra londinese del
Corinthians nel 1910 andò a insegnare il calcio in Brasile. Lo insegnò così bene
41
che la città di San Paolo decise di rinominare la propria squadra di calcio “Sport
Club Corinthias Paulista”.
La parola globalizzazione ha segnato questo fine secolo e con maggior forza sarà
la parola chiave negli anni a venire. Nel c.d. "villaggio globale" la crescita
economica non si ripercuote più solo a livello nazionale ma le decisioni politiche
ed economiche in un Paese hanno conseguenze sull’intero sistema economico
mondiale. Competere con nuovi soggetti comporta, da un lato, continui
aggiustamenti, dall’altro l’abbattimento di barriere all’ingresso ha messo a
disposizione nuovi mercati di enormi dimensioni (Europa dell’Est, Asia,
Sudamerica, etc.).
Mano a mano che sempre più sport si attecchivano nel mondo, le edizioni dei
Giochi Olimpici iniziarono a incorporare anche discipline non europee come le
arti marziali. L’emergere degli Stati Uniti come colosso dell’economia mondiale
ha contribuito all’espansione mondiale di sport nati in America. La crescente
potenza di marketing delle federazioni e delle aziende produttrici di bene sportivi
ha poi dato una ulteriore spinta a questo processo.
Alcuni sport nati in Gran Bretagna o negli Stati Uniti sono diventati così popolari
in alcuni paesi da essere parte integrante della cultura sportiva locale. Basta
pensare al basket, che è lo sport nazionale in Lituania. Oppure al baseball,
l’American Pastime per eccellenza, diventato sport di massa in Corea e Giappone,
mantenendo le regole ma cambiando totalmente lo spirito del gioco: al posto di
spettacolarità e fuoricampo, i giocatori giapponesi preferiscono sacrificio,
precisione e gioco di squadra. Per non parlare del rugby, diventato fonte di
identità e appartenenza per la Nuova Zelanda grazie agli All Blacks.
E anche se non si riesce a praticare uno sport dietro casa propria, nulla vieta di
spendere un paio d'ore per spostarsi: la transumanza invernale per gli amanti di
42
sci e snowboard è l’esempio più calzante; trekking, surf o canyoning mostrano la
semplicità di accesso a sport che in teoria non avrebbero nulla a che fare con la
propria cultura e con le proprie abitudini di vita. In questo modo, nascono
passioni legate a sport le cui eccellenze si trovano dall’altra parte del mondo.
Praticare uno sport è il primo passo per diventare uno sportivo o un
appassionato globale.
La globalizzazione sta interessando, e sempre più interesserà, anche il mondo
dello sport e in particolare quello calcistico. Nuovi mercati di sbocco, nuove
sinergie, nuovi modi di operare: il calcio si sta evolvendo. Ormai ai grandi livelli il
calcio è un business, i "ricchi scemi" non esistono più e hanno lasciato il
palcoscenico a imprenditori di successo che utilizzano il calcio anche a scopi
commerciali.
Le diverse strategie di investimento usate sono:
• Sport come chiave di ingresso per altri business: l’investimento diventa
strategico per altri affari: abbonamenti, pubblicità, merchandising,
fidelizzazione cliente;
• sport come investimento: questo comporta l’investimento per avere ritorni
sul club/giocatore/campionato;
• il ruolo di Agente: quando molti media company hanno investito nei club si
sono anche assunti la responsabilità di trattare gli accordi commerciali;
• crescita delle strategie di marketing globale: sempre più spesso società di
sport diverse con la partecipazione di media companies stanno esplorando
nuove frontiere commerciali.
Infatti, si è visto che il mutamento della società e l’avvento della nuova
economia hanno portato a un grande cambiamento che ha investito interi settori
43
sociali, trasformando profondamente le abitudini della gente e nei giovani in
particolare, così come ha stravolto le tradizioni sportive e gli stessi valori
fondanti. In poche parole è cambiata la struttura economico-sociale dello sport.
Si può dire a pieno titolo che lo sport sta quindi invadendo le sfere culturali di
altri popoli, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, come internet, la
televisione satellitare e via di seguito, grazie questo al contributo e alla presenza
di campioni sportivi, provenienti da tutti i continenti.
La globalizzazione è quindi, uno dei fattori che portano lo sport moderno ad
evolversi con cambiamenti rapidi e veloci che sembrano difficili da controllare.
L’avvento di una nuova economia sportiva, ha trasformato, ad esempio il calcio,
in una grande industria; lo sport è quindi divenuto uno show business e uno
spettacolo per la televisione, in cui i protagonisti sono, calciatori, nuotatori,
cestisti, ginnasti e così via.
Infine, bisogna rilevare che lo sport è diventato a pieno titolo lo show business
per eccellenza, mondiali di calcio, olimpiadi estive e invernali, solo per citare
alcuni, dove milioni di appassionati seguono i grandi eventi attraverso tutti i
media a loro disposizione.
Il mondo economico dello sport, è stato colpito appieno e ha seguito con
naturalezza tutti quei grandi cambiamenti dell’economia globale.
In alcuni casi, lo sport diventa un industria vera e propria, settore che crea
occupazione e lavoro; gli esempi possono essere tra i più svariati come le
Olimpiadi, il ciclismo, il basket e il campionato di calcio, ne sono una
testimonianza reale e concreta di tutti i giorni.
La nuova economia ha avuto l’effetto e il merito di cambiare radicalmente il
mondo dello sport, non si deve dimenticare l’educazione, perché può esistere
44
una grande economia se c’è il senso profondo della cultura a tutti i livelli e lo
sport è uno tra quelli.
2.2. La socializzazione e l'educazione
La socializzazione è il processo sociale di trasmissione e di interiorizzazione delle
informazioni sulla realtà e sull'immaginario sociale (l'insieme di valori, ruoli,
norme, aspettative e credenze) attraverso pratiche e istituzioni dell'organismo
sociale.
La socializzazione si distingue in due fasi: la socializzazione primaria che avviene
nell'infanzia e la socializzazione secondaria, meno intensa ma più diffusa, che ha
luogo ogni volta che l'individuo entra in contatto con nuovi contesti nel mondo
oggettivo.
Una delle interpretazioni attorno al processo di socializzazione è: la funzione
primaria di controllo sociale, come la corrente funzionalista, per la quale il
processo è una sequenza lineare dove l'individuo si conforma all'ordine sociale.
La socializzazione primaria è cosi il processo iniziale attraverso il quale gli
individui acquisiscono le competenze di base per entrare nella società (gli agenti
sono: la scuola, la famiglia, ecc.); mentre la socializzazione secondaria è l'insieme
di pratiche che permettono l'acquisizione di competenze specialistiche e di ruoli
diversificati che formano la differenziazione sociale. Gli agenti di questa seconda
fase sono: il gruppo dei pari, l'ambiente di lavoro, la famiglia, lo sport, i mezzi di
comunicazione.
Il processo di socializzazione è quel processo tramite cui l'individuo diviene parte
della società ed interiorizza le norme, i valori e tutto il patrimonio culturale che la
società gli trasmette, garantendo così la continuità tra le generazioni.
45
Con il termine educazione si intende il processo di formazione della personalità
individuale che avviene attraverso la trasmissione di norme, valori, atteggiamenti
e comportamenti (cultura) condivisi dal gruppo sociale di appartenenza. Quando
si parla di educazione si fa riferimento agli aspetti più formalizzati e
istituzionalizzati della socializzazione, ogni processo educativo è volontario e
consapevole e finalizzato al raggiungimento di determinati obiettivi.
Il concetto di socializzazione è invece più ampio e comprende infatti gli aspetti
più informali e spontanei della trasmissione culturale, vale a dire l'insieme delle
relazioni sociali di un individuo, è una forma di riproduzione della società e di
trasmissione culturale.
L'educazione è invece l'insieme di significati ideali che vengono attribuiti ai
comportamenti umani e che rappresentano un obiettivo universale a cui si
dovrebbero conformare tutti i processi reali di socializzazione. Ma in realtà
attraverso la socializzazione l'individuo può interagire con gli altri andando a
formare un'identità sociale che è strettamente legata all'identità personale.
Questa identità personale è sottoposta a continue sollecitazioni e modifiche man
mano che il soggetto amplia la propria conoscenza del mondo sociale.
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2.2.1. La socializzazione nello sport
In una società improntata all’egoismo, dove è ricorrente la separazione dalle
pratiche tradizionali e dai valori morali, dove la trasgressione si eleva quasi a
regola per poter emergere e sentirsi qualcuno, dove la legge del branco – tutti
contrapposti, ma uniti per attaccare – pare espressione e garanzia di riuscita, lo
sport può ancora essere l’arma vincente capace di educare alla convivenza, al
rispetto degli altri, alla disciplina, al sacrificio; capace di aiutare a capire che ogni
libertà ha limiti sempre definiti, per quanto ampi, e che sempre devono tenere in
considerazione la presenza degli altri.
Un giovane che vuol partecipare a una competizione sportiva, infatti, deve
cominciare ad apprendere un metodo, imparare norme teoriche e saperle poi
tradurre in pratica, applicare una tecnica, conoscere bene il proprio corpo, i suoi
limiti e riuscire a superarli, coordinare movimenti complessi con prontezza di
riflessi per raggiungere un traguardo, compiere rinunce per garantire la forma
migliore, acquistare fiducia in se stesso e agire con senso di responsabilità,
abituandosi a superare ostacoli e avversità, a battersi con coraggio per vincere,
ma anche imparare a perdere senza subire frustrazioni eccessive.
L’esercizio sportivo, quindi, costituisce un mezzo per rivalorizzare e socializzare la
condotta dei giovani, promuovendone il senso di responsabilità e sviluppando le
attitudini a partecipare in maniera costruttiva alla vita della collettività. Lo sport
contribuisce a sviluppare il senso dei valori nei giovani, poiché implica un rispetto
delle regole, un ideale collettivo e l’apprendimento della vita di gruppo. Si può
dunque affermare che non vi sia nulla di così potentemente formativo nell’età
evolutiva dei giovani come la pratica sportiva e la partecipazione alle
competizioni.
47
Manca, però, nella nostra società, un chiaro progetto educativo, rivolto
specialmente ai ragazzi ed ai giovani, che sottragga l’attività sportiva all’ambito
del puro esercizio fisico e la restituisca all’educazione, cui essa deve appartenere.
Un’interessante presa di coscienza ci viene dalla Legge Regionale del Lazio del
29.5.2002 – Testo Unico in materia di Sport – che, proprio nell’ Art. 1, così recita :
“La Regione (…) promuove e sostiene la diffusione della cultura e della pratica
delle attività motorie e sportive, riconoscendone la centrale funzione sociale, al
fine di favorire il benessere della persona e della comunità, la prevenzione della
malattia e delle cause del disagio”.
Appare quindi evidente l’urgenza che lo sport recuperi la sua funzione primaria di
strumento di educazione sociale per le possibilità che offre come scuola di
democrazia, di vita comunitaria, di gruppo e di autogoverno; che si ponga sempre
più nell’ottica di essere occasione per integrare doveri e diritti, classi e culture
diverse, facendo vera promozione umana.
In questo quadro, tra le funzioni più urgenti che può assolvere oggi lo sport c’è il
rapporto con il disagio giovanile; lo sport parla il linguaggio dei giovani e può
quindi provocare interessi ed appartenenze, riproporre obiettivi perduti e ridare
motivazioni concrete al vivere quotidiano.
Nello specifico, la pratica di una disciplina sportiva può divenire un efficace
strumento di prevenzione contro uno dei mali che affligge la nostra gioventù: la
droga. Lo sport viene visto non solo come occasione di divertimento e di
aggregazione, perché libera dalla solitudine e dalla noia, perché contribuisce allo
sviluppo delle energie e al loro controllo ma, fondamentalmente, perché avvia
uno straordinario processo di formazione complessiva, fisica, psichica, culturale.
Questo processo viene attuato, nell’età evolutiva, e può influire sulla personalità
48
e il comportamento, costituendo un robusto scudo preventivo contro le
motivazioni che portano un giovane a far uso di sostanze stupefacenti.
Non è errato, oggi, alla luce dei fatti, considerare lo sport quale ultima spiaggia
per le masse giovanili. Si sente sempre più forte l’esigenza di inserire lo sport in
un quadro di esplicite scelte educative dentro un progetto dove lo sport sia
correlato ad una precisa gerarchia di valori (studi, famiglia,); deve cioè essere un
momento educativo inserito in un vero progetto di libertà, mai di imposizione,
tra l’educatore e l’educando, in un atteggiamento di proposta e di testimonianza
di valori attraverso giusti modelli.
Lo sport, in conclusione, può veramente essere inteso come quel collante capace
di mettere insieme e fondere le agenzie educative più diverse: la scuola, la
Chiesa, lo Stato, la famiglia, il mondo del lavoro, dei giovani e degli adulti.
2.2.2. L'educazione nello sport
L’educazione può definirsi come l’itinerario che l’individuo, il gruppo o la
comunità, compie con l’aiuto dell’educatore o degli educatori, verso un dover
essere, un fine che si ritiene valido per l’uomo e per l’umanità.
E’ proprio allo sport che si tende unanimemente a conferire una valenza
pedagogica particolare, ritenendolo componente essenziale della nostra società,
capace di trasmettere tutte le regole fondamentali della vita sociale e portatore
di valori educativi fondamentali quali: tolleranza, spirito di squadra, lealtà.
Eppure anche se lo sport sembra risolvere dei problemi esso stesso non ne è
privo, e mostra pericolose ed incontenibili tendenze che ne inquinano il valore: la
quotidianità, l’eccessiva spettacolarizzazione, la violenza, il doping. Oltre al
rischio di sottomettersi, se non addirittura di contribuire, alla idolatria ed alla
49
mercificazione del corpo: il giustificato obiettivo del raggiungimento del
benessere fisico, meta possibile grazie allo sport, rischia di porre la buona
condizione fisica come fine anziché come strumento per una salute più globale
della persona intera. La chimera dell’eterna giovinezza riduce la forma fisica a
mera condizione per fruire delle offerte della società dei consumi. E’ dunque
giustificato considerare lo sport itinerario educativo e, come alcuni affermano,
persino itinerario educativo privilegiato?
Ci si può chiedere se lo sport educhi automaticamente, se contribuisca
sostanzialmente allo sviluppo integrale della persona quali che siano le modalità
con cui si pratichi e gli scopi che si intendano perseguire.
La sfida dell’educatore sportivo comincia nel portare a livello di coscienza dei
praticanti i valori dello sport, senza occultarne gli aspetti problematici,
favorendone l’integrazione nella loro vita. Ciò può avvenire per passaggi
successivi. E’ anzitutto necessario e possibile aiutare gli sportivi a partecipare
criticamente agli avvenimenti agonistici, renderli capaci di conoscerne i limiti e gli
aspetti positivi, allo scopo di passare da uno sport come fatto impulsivo ad uno
sport come valore culturale e spirituale. E lo sport diventa fatto culturale quando
è capace di rivelare l’uomo a se stesso: la persona dietro al personaggio, il volto
sotto la maschera, l’uomo al di là dell’atleta. Questo è possibile tenendo conto
che lo sport, esprime bisogni – amore, libertà, creatività, autonomia, giustizia,
felicità e così via – che formano il mistero profondo dell’uomo.
Lo sport è in sostanza ben altro che semplice divertimento o faticoso confronto
alla ricerca di una vittoria: è invece un tempo privilegiato di conoscenza di se
stessi e degli altri, di convivenza con essi, ed anche di apertura ad una visione
integrale dell’uomo. Ma non basta tenerne conto: è necessario portare a livello di
coscienza lo spessore umano e spirituale e favorirne la realizzazione.
50
Lo sport infatti non ha solo capacità rivelatrice. Ha un valenza creativa: rende
presenti alla coscienza i valori umani e, in certo modo, li ricrea, collocandoli nella
sfera esistenziale attraverso esperienze che diventano uno snodo su cui passa il
messaggio educativo. Poche altre attività umane possono vantare una ricchezza
di contenuti come quella sportiva: creatività, coraggio, solidarietà, entusiasmo,
forza, rispetto delle regole e degli altri, attività sociale, lavoro di gruppo, ricerca
di qualità, festa, amicizia, gioia di vivere e così via.
I limiti, gli ostacoli, i fallimenti, gli infortuni, le delusioni, le sconfitte sono materia
prima dello sport: dall’atteggiamento verso di essi dipende il nostro crescere
attraverso di esso. Fuggire, rifiutarli, negarli o affrontarli, superarli, amarli? L’idea
chiave di una educazione capace di portare davvero un aiuto, qualcosa di nuovo
e di utile per affrontare la crisi dello sport spettacolo, business, che ammette solo
vittorie, viene dalla comprensione del mistero del limite.
Anche in campo educativo – in tanti modi – viene spontaneo tendere a forme di
iperprotettività, a preservare specie i più piccoli da qualsiasi difficoltà,
abituandoli a vedere la vita come una strada in discesa, facile e comoda. In realtà,
in questo modo, li si lascia in forte disagio di fronte alle inevitabili prove della
vita, comprese le sconfitte sportive, rendendoli passivi o renitenti di fronte a se
stessi, al prossimo, alla società. Convinti che ogni difficoltà vada affrontata e
persino amata si può tentare di fare della difficoltà una pedana di lancio.
Lo sport è affidabile ed esigente campo di sperimentazione della nostra reale
capacità e volontà di relazione. “La prima caratteristica dello spirito olimpionico
antico come di quello moderno è quella di essere una religione” affermava De
Coubertin. Lo sport non può divenire la nuova religione planetaria che unirà il
mondo, ma esso può rivelare e ricreare risorse forse insostituibili per la
costruzione di un mondo unito.
52
3.1 Definizione e cenni storici
Il mediatore linguistico è un agente che media tra partecipanti monolingue ad
una conversazione, che appartengono a due comunità linguistiche differenti. Il
suo compito è di facilitare la comprensione in ambo le parti, egli deve essere
informato su entrambe le culture.
L'importanza del ruolo del mediatore implica una scelta accurata e non frettolosa
della persona che lo interpreterà, anche perché il buon esito della ricerca è anche
nelle sue mani.
Dal punto di vista dell'intervento sociale quella del mediatore linguistico-
culturale è una figura professionale che ha il compito di facilitare l'inserimento di
cittadini stranieri nel contesto sociale del paese di accoglienza, esercitando la
funzione di tramite tra i bisogni dei migranti e le risposte offerte dai servizi
pubblici.
Se ci si riflette ogni attività educativa e/o sociale costituisce una mediazione.
L'educazione è una forma precisa di relazione comunicativa tra soggetti che , in
posizione asimmetrica, sono implicati in un processo dove la comunicazione è
sempre traduzione, ovvero mediazione. Ma quando ci si trova di fronte ad una
situazione educativa o sociale si ha a che fare anche con operatori che
dovrebbero avere consapevolezza di tale processo e pertanto dovrebbero
adoperarsi non tanto e non solo a tradurre (trasformare un messaggio da un
codice ad un altro) quanto piuttosto inventare un metodo, una zona franca ed
intermedia che permetta agli uni agli altri di comprendersi indipendentemente
dai pregiudizi e dalle convinzioni reciproche.
Il mediatore linguistico è una persona esperta nella lingua e nella cultura del
paese di provenienza altrui. Ovviamente esso non opera solamente sulle
mediazioni verso la propria lingua ma anche sulla lingua e sulla cultura d'origine.
53
3.1.1. Le modalità di mediazione
Una mediazione può essere fatta in modo orale (interpretariato) e in modo
scritto (traduzione). L'interpretariato è l'attività che permette di stabilire una
comunicazione orale o gestuale tra due o più attori di una conversazione che non
condividono lo stesso codice linguistico. Non bisogna confondere
l'interpretariato con l'interpretazione, la prima indica l'attività in generale (intesa
anche come professione), mentre, la seconda si riferisce più nello specifico alla
prestazione stessa dell'interprete, oltre ad avere altri svariati significati in
italiano.
L'interpretazione rientra, insieme alla traduzione, nel concetto generale di
mediazione linguistica e culturale; tuttavia l'interprete non è un traduttore,
queste sono due professioni che svolgono compiti diversi, benché vengano
spesso confuse l'una con l'altra. In linea generale, si può dire che la traduzione sia
la trasmissione di un messaggio da una lingua a un'altra tramite un canale scritto,
mentre l'interpretazione lo fa mediante il canale orale o con l'aiuto della mimica,
nel caso della lingua dei segni. Quindi, nel momento della comprensione della
lingua e del significato trasmesso, le due operazioni sono del tutto simili,
dopodiché le loro strade si dividono. Soffermandosi sull'interpretazione,
interpretare non significa tradurre parola per parola, ma trasporre fedelmente il
senso del messaggio da una lingua ad un'altra.
L'interpretazione si manifesta in varie modalità, diverse per la tecnica e il luogo in
cui si svolge il servizio. In ognuna di esse, tuttavia, l'interpretazione è
caratterizzata da tre fasi:
1. La fase di ascolto, nel corso della quale l'interprete riceve nella lingua di
partenza l'informazione, che dovrà essere resa nella lingua d'arrivo;
54
2. La fase di comprensione ed analisi, durante la quale l'interprete comprende,
decifra e assimila l'informazione da tradurre;
3. La fase di riformulazione, durante la quale l'interprete rende l'informazione in
modo fedele, preciso e completo.
Per quanto riguarda le lingue di lavoro, queste si dividono in attive e passive: le
lingue attive sono quelle verso cui l'interprete lavora e si suddividono a loro volta
in lingua A (solitamente la lingua madre dell'interprete, verso la quale egli
interpreta a partire da tutte le sue lingue di lavoro) e lingua B (la lingua verso la
quale l'interprete lavora, pur non essendo la sua lingua madre, essa è una lingua
della quale ha perfetta padronanza); le lingue passive, o lingue C, sono invece
quelle di cui si ha una perfetta comprensione e a partire dalle quali l'interprete
lavora verso le lingue A,B.
Una delle modalità di interpretazione è quella di trattativa, nella quale
l'interprete lavora per la maggior parte del tempo memorizzando brevi passaggi
e rendendoli nella lingua d'arrivo in presenza di due o più persone.
L'interpretazione di trattativa è caratterizzata dal suo contesto informale, come
riunioni di lavoro, stipulazioni di contratti, manifestazioni sportive, aziende e
musei.
In seguito si trova l'interpretariato di conferenza, che avviene durante
conferenze, congressi e vertici. In tali contesti possono essere impiegate diverse
modalità di interpretazione: l'interpretazione simultanea e consecutiva o lo
chuchotage (variante della simultanea).
Nell'interpretazione simultanea l'atto dell'interpretazione del discorso
dell'oratore da parte dell'interprete avviene simultaneamente allo svilupparsi del
discorso stesso. Si parla di simultaneità e non di contemporaneità, poiché,
sussiste uno scarto di tempo detto "décalage", più o meno ampio. Ciò dipende
55
dalla differenza della lingua di partenza da quella di arrivo; ad esempio,
traducendo dal tedesco, arabo o cinese all'italiano, il décalage sarà maggiore, che
a differenza di altre lingue hanno strutture diverse. Nell'interpretazione
simultanea l'interprete lavora all'interno di una cabina insonorizzata, nella quale
attraverso delle cuffie può ascoltare l'oratore, quindi simultaneamente tramite
microfono, trasmette il messaggio tradotto a tutti coloro che non conoscono la
lingua dell'oratore.
Per quanto riguarda la modalità d'interpretazione consecutiva, si parla della più
antica forma di interpretazione. Questa modalità rende il discorso dopo che
l'oratore ha concluso il suo discorso o parte di esso; mentre l'oratore parla,
l'interprete memorizza tutto ciò che viene detto, con l'ausilio di particolari
appunti in modo che la sua traduzione sia fedele al testo di partenza. Il lavoro
dell'interprete di consecutiva non sta solo nel comprendere la lingua, ma anche
nel memorizzare l'intero nucleo del messaggio, ed è qui che assume grande
importanza la presa di note o prise de notes, essa è fatta di simboli, abbreviazioni
e altri elementi. A differenza della stenografia, dove si annota ogni parola del
discorso, l'interprete non prende appunti precisi e dettagliati, ma si appunta il
senso astratto della porzione di discorso ascoltata. L'essenzialità e la schematicità
di tale tecnica deriva dal fatto che qualsiasi oratore difficilmente parla a una
velocità tale da riuscire a scrivere ogni vocabolo da lui pronunciato.
Infine, la sussurrata o chuchotage, è una variante dell'interpretazione
simultanea: l'interprete è a fianco agli ascoltatori, a cui trasmette a bassa voce la
traduzione. Questo tipo di interpretazione presenta il vantaggio di non
necessitare di alcuna apparecchiatura tecnologica, ma è impiegabile solo se gli
ascoltatori della traduzione sono in numero molto ristretto, generalmente o due
o tre.
56
3.2. Linguaggio settoriale
In generale, un linguaggio settoriale è il modo di esprimersi (parole, termini
tecnici, ecc.) in un ambito specialistico, in particolare di natura tecnica o
scientifica. In tal senso, il linguaggio settoriale ha delle affinità con i gerghi
professionali e di mestiere, di cui rappresenta un'evoluzione, anche se ne
distingue per la maggior precisione e in taluni casi (si pensi al linguaggio della
matematica o della fisica) per la formalizzazione esplicita.
Il concetto di linguaggio settoriale come modo di esprimersi tecnico è, in
generale, poco comprensibile per il profano, è ben presente al parlante comune.
Settore non è un tecnicismo né della linguistica né della sociologia, ma un
termine comune con cui ci si riferisce a entità eterogenee. Sono settori, per
esempio, l'idraulica, la teoria delle probabilità, la vulcanologia, ma anche ambiti
più ampi e articolati come quello sportivo, medico, giuridico. Il settore medico
comprende tutto ciò che si attiene alle numerosissime discipline mediche:
linguaggio settoriale medico corrisponde dunque, alla somma dei linguaggi dei
vari settori medici ovvero all'insieme da essi condiviso, tenendo conto però, che
data la dinamica della ricerca e la continua formazione di nuove discipline, i
linguaggi settoriali delle varie branche tendono a costituire piuttosto insiemi
disgiunti. D'altra parte, settori medico, sportivo, giuridico s'incrociano nella
medicina legale e nella medicina dello sport, entrambe composte a loro volta da
sotto discipline come la tossicologia forense, la traumatologia sportiva e altre.
Quanto ai tipi di linguaggi settoriali si possono sommariamente distinguere tre
grandi categorie. La prima si manifesta nella comunicazione relativa ad attività
pratiche, destinate o alla produzione di beni materiali in settori come
l'agricoltura, il ricamo, l'informatica o trasporti ferroviari. La seconda è connessa
alla comunicazione di ordine teorico-scientifico nell'ambito delle scienze umane e
57
sociali (come la storiografia, la filosofia, la linguistica, ecc.). La terza ha in comune
con la seconda la funzionalità teorico-scientifica, con riferimento però alle
scienze esatte e naturali come la matematica, la fisica e la biologia.
Il quadro si complica ulteriormente se si considerano settori come quello
scolastico, militare, religioso. Sia nella comunicazione interna alle istituzioni, sia
verso l'esterno, si riscontra una pluralità di linguaggi settoriali. Al linguaggio
settoriale centrale, legato alla funzione principale dell'istituzione, si aggiungono
difatti come costante quello amministrativo. Nel settore scolastico al linguaggio
settoriale della pedagogia si sommano quelli relativi alle singole materie
scolastiche.
Si pone allora il quesito se i linguaggi settoriali siano da rappresentare
innanzitutto come entità contrapposte nel loro insieme alla lingua comune,
oppure vadano affrontati prioritariamente come entità distinte che, in via
secondaria, condividono, in opposizione alla lingua comune, una serie di tratti.
Certo è che i linguaggi settoriali, seppure di difficile determinazione, risultano
componenti costruttive dei settori in quanto indispensabili per l'elaborazione
concettuale e per la comunicazione in genere.
Conviene pertanto assumere che nell'ambito della lingua contemporanea esista,
in relazione agli innumerevoli settori e sotto settori, un insieme aperto e in
costante espansione di linguaggi settoriali dai confini sfumati, sia al loro interno
sia in rapporto alla lingua comune. Per tutti questi motivi pare opportuno parlare
di linguaggi settoriali al plurale e dare al concetto stesso un valore
principalmente relativo alla ricerca.
59
4.1. Il linguaggio settoriale sportivo
Con lingua dello sport o linguaggio sportivo si indicano sia le terminologie
tecniche e specifiche delle singole discipline sportive (relative cioè agli attrezzi e
alle azioni per svolgere un determinato sport), sia i diversi generi di discorso
orale o scritto finalizzati al resoconto e al commento degli eventi e personaggi
dello sport (in particolare, le cronache giornalistiche e tra queste, in primis,
quella calcistica).
Tale tendenza a caratterizzare il linguaggio sportivo sulla base essenzialmente
delle sue manifestazioni giornalistiche risale ad un articolo di Devoto del 1939
sulle “Cronache del calcio”, primo intervento di una lunga serie di interventi sulla
lingua dello sport da parte dei linguisti italiani: il giornalismo sportivo era
ricondotto e inquadrato tra le lingue speciali (linguaggio settoriale) non tanto per
il lessico tecnico, quanto per l'insieme degli effetti e dei contrasti stilistici, da cui
è animato e soprattutto per gli scambi che è in grado di instaurare con la lingua
comune, a cui apporta non solo locuzioni tecniche ma anche costruzioni
telegrafiche ed espressioni popolari e affettive.
Tale identificazione della lingua dello sport con la lingua del giornalismo sportivo
tuttavia è sostenibile solo a patto di tener conto della particolare natura e
funzione della terminologia tecnica delle singole discipline sportive e,
soprattutto, di alcune peculiarità dello stesso linguaggio sportivo nell'ambito dei
linguaggi settoriali.
Innanzitutto, va osservato che la terminologia di una disciplina sportiva è parte di
essa e, insieme alle regole che ne rendono possibile la pratica, contribuisce in
maniera determinante a definirne la fisionomia. Inoltre, si tratta di un insieme
terminologico stabile e quindi poco esposto a incrementi o mutamenti:
l'introduzione di nuovi termini va a incidere sulle regole che definiscono il singolo
60
gioco/sport, alterandone la specificità, fino al limite, a trasformarlo in
qualcos'altro. Da questo punto di vista, il linguaggio sportivo differisce
radicalmente dal linguaggio scientifico, in cui l'affinamento terminologico è
insieme sintomo ed effetto dell'evoluzione della conoscenza scientifica di una
disciplina sportiva. Nel linguaggio sportivo risulta inevitabile, il ricorso a termini
specifici delle diverse discipline.
D'altra parte, rispetto ad altri linguaggi settoriali, nel linguaggio sportivo, il livello
specialistico appare poco sviluppato dato che è limitato essenzialmente ai
regolamenti ufficiali e a trattazioni o relazioni tecniche, e quindi poco studiato. Di
conseguenza, rilevata la difficoltà di distinguere tra livello divulgativo e
specialistico, si sottolinea, come il linguaggio sportivo conosca di fatto solo il
registro della divulgazione, essendo diretto, attraverso i mass media tradizionali
o i nuovi media elettronici, a un pubblico vastissimo e indifferenziato, da
raggiungere, tanto nello scritto che nel cosiddetto trasmesso, con comunicazioni
insieme attrattive e coinvolgenti.
Nel coinvolgimento della massa degli appassionati e tifosi, assai più folta di quella
dei praticanti, i tecnicismi hanno un ruolo di primo piano: essi, caratterizzando
fortemente la comunicazione sportiva, fino a renderla in diversi contesti
discorsivi come una sorta di gergo esclusivo, contribuiscono ad accrescere il forte
richiamo esercitato dalle discipline sportive.
D'altronde, la crescente diffusione di molti sport, specialmente quelli di squadra,
come il calcio, il basket, il baseball, ha determinato e rafforzato la penetrazione
del linguaggio sportivo nella lingua comune e in altri ambiti settoriali, in
particolare, il giornalismo e il linguaggio dei politici; e al contrario, la sua capacità
di appropriarsi delle tendenze e delle possibilità della lingua, soprattutto
sfruttandole a livello lessicale.
61
4.1.1. Le parole degli sport: origine, vicende e funzioni delle terminologie
La concezione moderna dello sport, intesa non più come mero svago o gioco
legato a feste religiose o ricorrenze civili, ma come pratica rivolta alla salute
psicofisica dell'individuo, articolata in discipline tecnicamente regolate e
governate da una precisa etica, nello specifico, quella della competizione. Essa si
formò nel corso dell'Ottocento in Inghilterra, in Francia, e negli Stati Uniti. Da
questi paesi partirono innovazioni e il relativo linguaggio che a poco a poco si
diffusero nelle altre nazioni, tra cui l'Italia, in prima fila nel movimento sportivo
internazionale: nel 1844 fu fondata la prima società sportiva, a Torino, che nel
1869 confluì nella Federazione Ginnastica Italiana, in cui erano riunite le società
di tiro a segno , di scherma e i circoli ginnastici; in seguito, nel 1878, su iniziativa
del Ministro Francesco De Sanctis venne emanata la legge sull'educazione fisica
nelle scuole; nel 1885 nacque l'Unione Velocipedistica Italiana e nel 1893 il
Genoa Cricket and Football Club, inoltre, nel 1896, due italiani erano nel comitato
organizzatore dell'Olimpiade di Atene.
A un incontro con lo sport moderno l'Italia era sospinta anche da una lunga
tradizione di pratica di giochi e attività di carattere paramilitare e ricreativo-
sportivo (la scherma, l'equitazione, la lotta, le discipline venatorie, ginniche e
natatorie, e i giochi con la palla, dalla pallamaglio ai più recenti pallone o
pallamano, al calcio fiorentino). Tale tradizione, su cui solo da poco si è
soffermata l'attenzione dei linguisti, ha costituito, in particolare nel Rinascimento
alla fine del Settecento, una fonte primaria nella costituzione del lessico sportivo
internazionale. Basta ricordare tecnicismi della scherma quali fioretto, sciabola,
botta, finta, parata e stoccata; termini storici nell'ambito di discipline quali
l'equitazione (carosello, maneggio, palio, pomata), il nuoto e altri sport acquatici
(trampolino, prima d'ambito ginnico, poi passato nello sci, nei tuffi e nello sci
62
d'acqua); o, infine, vocaboli relativi ad attività ricreative para sportive
(boccia/boccino; casino, da cui casinò).
A tale patrimonio lessicale si aggiunse la terminologia delle discipline sportive
moderne (football, ciclismo, tennis, pugilato, alpinismo e automobilismo), che si
diffuse e si definì nel cinquantennio precedente la prima guerra mondiale.
Predominavano nettamente gli stranierismi o forestierismi, anglicismi e i
francesismi, sia per la provenienza dei diversi sport, sia perché le prime società
sportive, i cui primi regolamenti erano di solito traduzioni ed adattamenti da
originali stranieri, erano fondate o animate da dilettanti stranieri residenti in
Italia. Tale prevalenza si rifletteva sin nella ragione sociale dei club (come, il
Genoa Cricket and Football Club) e soprattutto nelle denominazioni delle
discipline sportive, nelle quali la forma italiana si affermò dopo quella straniera.
Così, per il football, che solo nel primo decennio del Novecento venne
progressivamente sostituito dal corrispettivo italiano calcio, sicché la Federazione
Italiana Football nel 1909 assunse l'attuale denominazione Federazione Italiana
Giuoco Calcio.
Analogamente, solo nei primi anni del XX secolo cominciò ad affermarsi la forma
ridotta tennis al posto di lawn tennis. Nel caso della boxe (forma francese),
invece, a livello ufficiale prevalse da subito una denominazione italiana: Club
Pugilistico Italiano, derivata dal tradizionale termine pugilato, a sua volta esito
settecentesco del rinascimentale pugile che, avrebbe sostituito il corrispettivo
francese boxeur. Mentre, nel caso del ciclismo, fu un adattamento dal francese
(cyclisme) a soppiantare la voce italiana velocipedismo.
Contro questa massiccia irruzione di stranierismi, non mancarono reazioni di
quanti la consideravano una moda, alimentata dalla stampa. Ad esempio, si
63
condannò il termine sport, perché si sosteneva che i giornali dovessero arrivare a
tutti non solamente a chi conosceva l'inglese o il francese.
Con l'affermazione di periodici di più ampia circolazione rivolti a un pubblico via
via più vasto e socialmente articolato, la stampa, al contrario, mirò ad avvicinare
il fatto sportivo, anche nei suoi aspetti tecnici, ai lettori. Così, si cominciarono a
smussare le difficoltà degli stranierismi tecnici ricorrendo ad adattamenti grafico
fonetici (ballottata, nell'equitazione, da ballotade; pistaiolo da pistard;
centravantida centre-forward; fuorigioco da off-side; squalificare e squalifica da
disqualifier) o a surrogazioni, cioè traduzioni talora molto lontane dall'originale
(mossiere da starter; rivincita in luogo da return-match o retour-match) o con
soluzioni (colpo di tacco da back-heeler; calcio d'inizio per kick-off; calcio di rigore
da penalty kick; calcio d'anglo da corner kick).
Nel trentennio 1915-45, alla diffusione ormai di massa dello sport (favorita per
finalità propagandistiche dal regime fascista) e in particolare del ciclismo e del
calcio, corrispose una forte espansione e articolazione della stampa sportiva, che
divenne il canale di propagazione e spesso motore dei radicali cambiamenti che
interessarono il linguaggio sportivo. In primo luogo, a livello lessicale, l'adozione
in sede di regolamento di terminologie tecniche interamente o prevalentemente
italiane e il passaggio per estensione di termini da una disciplina sportiva ad altre.
Così nel pugilato il regolamento federale, oltre all'italianizzazione del nome delle
categorie (mosca, gallo, piuma leggeri), prevedeva denominazioni, come
quadrato in luogo di ring, ripresa per round; mentre ebbe minor fortuna
banditore per speaker che venne usato in ambito non sportivo per annunciatore,
oltre a stranierismi d'uso comune come jab. Analogamente, nel calcio, tra i
corrispettivi italiani di goal (rete, porta, punto), per lungo tempo nei regolamenti
prevalse porta (segnare, subire una porta), poi scalzato da rete; è tuttora in uso,
invece, il termine meta nel rugby per tradurre essai.
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Tra i passaggi di termini da uno sport all'altro si posso ricordare: tuffo, esteso
degli sport natatori al calcio; dall'alpinismo al ciclismo arrampicata, scalatore e
scalata; dal tennis al calcio lob, sostituito con pallonetto e servire nel senso di
passare la palla. Forcing ad esempio è un tecnicismo di gioco di carte (il bridge),
esteso con slittamento semantico ad altri sport.
Con ciò si era sconfinato nell'ambito dei tecnicismi collaterali, una delle
componenti espressivamente forti e influenti del linguaggio sportivo, che si
profila e si sviluppa appunto nel periodo tra le due guerre mondiali. Tipico di
quegli anni era il termine traversone per cross, ma anche, marcare e smarcare;
palleggio , effetto, entrata e uscita.
Soprattutto, con l'inizio delle trasmissioni regolari della radio nel 1924, si affermò
il resoconto radiofonico, in particolare nella forma della radiocronaca in diretta.
Lo sport raccontato nelle sue diverse forme divenne dunque prevalente.
Contemporaneamente, letterati e scrittori scoprivano lo sport come soggetto
delle loro opere.
Nel secondo dopoguerra, la tendenza a risolvere il linguaggio dello sport nella
lingua del giornalismo sportivo prende piede anche per la stabilizzazione
terminologica conseguente all'intensa opera di revisione e unificazione dei
regolamenti delle principali discipline sportive condotta, negli anni Cinquanta,
dagli organismi nazionali federali. Da allora il lessico tecnico dello sport italiano,
depurato da stranierismi ormai arcaici (quali free-kick e goal average sostituiti
rispettivamente da calcio di punizione e quoziente reti; tourniquet tornante, nel
ciclismo; crochet per uncino, nel pugilato) quanto da italianizzazioni poco
funzionali (filo rete per net e servizio/ battuta vincente per ace, nel tennis; cesto
invece di canestro, nel basket).
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Il giornalismo sportivo, pur continuando a svolgere la sua originaria opera di
mediazione e divulgazione, negli ultimi decenni è diventato la fonte di gran lunga
più importante del linguaggio sportivo, acquistando impulso e forza di
penetrazione grazie al mezzo televisivo, che a sua volta è risultato fattore
determinante nella trasformazione della pratica sportiva in evento spettacolare
sempre più spesso di impatto globale.
In questo processo di spettacolarizzazione il discorso (scritto e trasmesso) sullo
sport ha svolto un ruolo decisivo, che a livello linguistico si è esplicato
innanzitutto in un forte incremento di numero e funzioni dei già ricordati
tecnicismi collaterali, largamente impiegati sia come segnali distintivi del genere
della cronaca sportiva, sia per la loro valenza enfatizzante e di richiamo. Così, per
esempio nel calcio, si preferisce conclusione a tiro in porta, realizzare al posto di
segnare. Si ricorre a neologismi quali verticalizzare, a neoformazioni quali palla
inattiva, a invenzioni metaforiche quali cucchiaio (tiro a pallonetto) o sombrero, e
a pseudo forestierismi come mister per allenatore (in inglese coach).
Principale luogo e canale di creazione e diffusione di queste e altre innovazioni
sono naturalmente le cronache radiofoniche e televisive, sempre più lontane
dalle telegrafica referenzialità degli inizi: l'unico tratto linguistico che sopravvive
è il frequente ricorso allo stile nominale, però, non tanto per la sintesi delle fasi
di gioco, quanto come componente essenziale del registro sincopato ed enfatico
imposto dall'evoluzione della comunicazione televisiva. Si giunge così alla
telecronaca a due voci, affiancata e amplificata da programmi di commento,
dibattito e svago, in cui le finalità dello spettacolo e dell'intrattenimento risultano
prevalenti su quelle informative, proponendosi in sostanza come la versione
mediatica del “bar dello sport”.
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Veicolato e imposto dalla forza di tali media, il linguaggio sportivo ha acquisito
forza pervasiva nei confronti del linguaggio comune e di altri ambiti settoriali.
Dallo sport alla lingua comune (colpo basso per azione scorretta; in zona Cesarini
per “all'ultimo minuto/momento”); dallo sport ad altri linguaggi settoriali, in
particolare giornalismo e politica (passare la palla per “cedere l'iniziativa”; la
maglia nera per “l'ultimo”; di serie A,B per “di categoria superiore o inferiore”);
dalla lingua comune alle cronache sportive, dai linguaggi tecnico-scientifici ai
resoconti sportivi (filtrare, fluidificare, intercettare) e dal linguaggio letterario o
aulico, di norma con enfatizzazioni (compagine “squadra”; espugnare; svariare;
violare).
Fondamentale è osservare come anche nei nuovi media informatici lo sport abbia
immediatamente trovato una stabile fascia di utenti e come i discorsi sullo sport
risultano prevalenti e caratterizzanti. Di gran lunga più visitati e animati sono,
non per caso, i siti dei campioni delle diverse discipline e soprattutto i blog e i
gruppi di discussione. Fino agli estremi del cosiddetto fantasport, attraverso quali
ogni appassionato può realizzare il sogno di sostituirsi agli allenatori, formando la
propria squadra (di calcio, di basket, ecc.).
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4.2. Inghilterra- Germania al fronte
Uno dei simboli di massima socializzazione nello sport, ma soprattutto il simbolo
che lo sport unì ciò che la guerra separava, fu la partita della pace, giocata il
giorno di Natale del 1914 nella terra di nessuno fra tedeschi e inglesi durante la
Prima guerra mondiale. Il presidente dell'Uefa. Michel Platini, ha commemorato
tale evento inaugurando un monumento a Ploegsteert, in Belgio. Il match fu
vinto dai tedeschi per 3-2 e fu citato in un documento di Kurt Zehmisch, soldato
del 134° reggimento sassone: "Il pallone aveva rimpiazzato le pallottole e per la
durata di una partita di calcio l'umanità aveva ripreso il sopravvento sulle
barbarie". Ernie Williams, un militare inglese, che giocò quella partitala raccontò
in un intervista del 1983: "A un certo punto è apparso un pallone, non si sa se sia
arrivato dalla nostra o dalla loro trincea, prima c'è stato qualche passaggio,
divertiamoci, alla fine è diventata un'unica grande mischia, senza alcun arbitro e
punteggio".
La tregua di Natale del 1914 fu un gesto spontaneo che riuscì dove altri fallirono:
come la proposta di Papa Benedetto XV "Possano i cannoni tacere almeno nella
notte in cui gli angeli cantano" ufficialmente respinta. Secondo le ricostruzioni,
soprattutto inglesi, furono i tedeschi i primi ad uscire dalle trincee, dopo aver
mostrato cartelli di auguri e intonando canti natalizi. Circa 100 mila furono i
soldati coinvolti in tregue volontarie lungo il fronte delle Fiandre. Tedeschi,
inglesi, ma pure francesi e belgi che si scambiano auguri e indirizzi, seppellivano i
propri morti, ammiravano le armi avversarie e celebravano messe, per molti la
tregua durò solo il 25 dicembre, secondo altri alcuni giorni.
Una delle missive dell'epoca riportò: " Prova soltanto a pensare che mentre tu
stavi mangiando il tacchino, io stavo parlando e stringendo le mani agli stessi
uomini che solo qualche ora prima avevo tentato di uccidere".
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Una tregua che scatenò l'ira dei rispettivi comandi e fu rivelata solo grazie al New
York Times che il 31 dicembre 1914 pubblicò i resoconti dei militari coinvolti. Le
lettere scritte da chi prese parte alla partita furono portate ai giornali dai loro
stessi parenti increduli, con la speranza che l'intesa per una pace fosse vicina.
Episodi simili non si ripeterono, se non in misura molto minore, i comandi
cominciarono a far ruotare i reggimenti perché non prendessero confidenza col
nemico, per scoraggiare una tregua ampia come quella del 1914.
E’ difficile dire se il giorno di Natale di cento anni fa si giocò realmente una
partita di calcio tra le due trincee, forse ne giocarono più di una, forse furono
mischie divertite e divertenti. Resta però l'idea che in mezzo a una guerra alcuni
ragazzi trovarono il coraggio di abbassare le baionette e di guardare negli occhi il
nemico che qualcuno aveva designato per loro, ma questa volta guardandolo
come un avversario sportivo.
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4.3. Lo status ed il ruolo del mediatore linguistico sportivo
Partendo dal concetto che la figura del mediatore rappresenta un ponte culturale
e linguistico tra due o più persone nello sport ci sono varie figure oltre ai meri
interpreti di conferenza sportiva che possono fare la mediazione linguistica.
Non obbligatoriamente il mediatore linguistico deve essere un interprete ma
questo ruolo si può estendere a vari altri campi, ma alla base, ci deve essere
un'alta conoscenza del linguaggio settoriale, nella fattispecie di quello sportivo o
esserne parte nella quotidianità.
Le figure che si possono individuare seguendo questa definizione possono essere:
il giornalista sportivo, l'atleta, l'allenatore e ovviamente l'interprete sportivo.
4.3.1. Il giornalista sportivo come mediatore linguistico
Il giornalista sportivo, di base nei suoi studi, non si focalizza sullo studio delle
lingue, né tantomeno sulle tecniche d'interpretazione. Tuttavia è possibile che il
soggetto conosca, esternamente ai suoi studi, una lingua straniera che, ad
esempio, viene messa a frutto quando il giornalista ha a che fare con un atleta
straniero che non parla la lingua degli ascoltatori o addirittura quando lo stesso
giornalista va all'estero per fare delle interviste a degli atleti stranieri.
Egli si cimenta, quando è in diretta, in una sorta di interpretazione di trattativa,
breve nei tempi e con risposte quasi sempre analoghe nella durata, per fare
arrivare all'ascoltatore in diretta il messaggio trasmesso.
Sempre nel campo delle interviste, il giornalista può registrare l'intervista
interamente in lingua straniera, che in seguito negli studi, verrà adattata nella
lingua di arrivo. Quando non si è in diretta, come ad esempio in una redazione di
70
un quotidiano sportivo, si può elaborare con più calma il messaggio facendo
traduzioni di articoli esteri.
Il giornalista sportivo, inoltre, di base ha sicuramente il linguaggio sportivo e sa
come comunicare con lo spettatore non facendosi trovare impreparato sul
lessico da usare.
Quindi si può affermare che, un giornalista che conosce una o più lingue
straniere, ad alto livello, si possa adoperare nella mediazione linguistica volta alla
diffusione di massa del messaggio. Si deduce che a differenza di un interprete, il
giornalista diffonde il messaggio a un range più alto di persone, ma tuttavia, egli
anche per un fattore di comodità interpreta o traduce testi, in generale, verso la
propria lingua di appartenenza.
4.3.2. L'atleta come mediatore linguistico di se stesso
Grazie alla globalizzazione, specialmente quella sportiva, un atleta fa continui
viaggi, gioca per un club straniero, o si allena in un paese straniero. Gli eventi
nazionali non mettono sotto la luce dei riflettori l'atleta come nel competere a
eventi continentali, internazionali o mondiali, quindi è costretto a fare viaggi e
nuove esperienze all'estero per più tempo.
Chi apprende una lingua, sa benissimo che poter socializzare è indispensabile
poter colloquiare con la gente del posto, ovviamente, prima si impara la lingua
locale prima si riesce a socializzare e adattarsi alla nuova realtà.
Da molti anni ormai, gli atleti si trasferiscono in tutto il mondo per trovare
opportunità migliori per la loro carriera, che siano migliori strutture di
allenamento, migliori ingaggi, richieste dei sponsor o semplicemente per ragioni
familiari. Ma facendo ciò incorrono nel processo di socializzazione e quindi per
71
conseguenza imparano lingue straniere avendo già come bagaglio personale il
linguaggio sportivo. Ma a differenza dei giornalisti sportivi, gli atleti, hanno un
linguaggio molto più specifico, solitamente nello sport in cui hanno fatto carriera.
Non a caso gli atleti che smettono l'attività, generalmente, diventano giornalisti
sportivi nel loro sport di appartenenza.
In ultimo, loro stessi possono fungere da ponte, conoscendo a sufficienza una
lingua e sapendo socializzare autonomamente con essa.
4.3.3. L'allenatore mediatore dei suoi principi
Un'altra figura che nello sport fa uso della comunicazione con gli stessi principi
degli atleti è l'allenatore. L'allenatore prima di tutto è un educatore della
disciplina sportiva e deve trasmettere i suoi principi atletici e morali all'atleta o
alla squadra che allena, in più deve possedere ottime qualità di comunicatore per
trasmettere alla stampa messaggi.
Le difficoltà per un allenatore sono molteplici, dato che trasmettere un
messaggio psicologico o di mentalità, in un'altra lingua, è forse uno degli ostacoli
più grandi. Ogni paese ha le sue dinamiche e le sue modalità di trasmissione di un
concetto, effettivamente l'allenatore parte spesso e volentieri con basi atletiche
e mentali da trasporre nello sport che esercita.
Si può parlare dell'allenatore come un mediatore della cultura sportiva e atletica,
ma può diventare mediatore anche quando si presenta ad una conferenze
stampa, dove rappresenta sportivamente parlando il club di appartenenza e gli
atleti che allena.
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L'allenatore oltre a fare da mediatore in molteplici campi deve adattarsi a far
arrivare alla stampa un messaggio adatto nella lingua del club o nel paese in cui si
è trasferito, quindi alla base, un allenatore deve imparare la lingua locale
4.4. La mediazione della cultura sportiva
Il mediatore sportivo è la conseguenza dell’applicazione dei metodi e delle
tecniche della mediazione sociale nel mondo dello sport; si tratta di una
professione innovativa e di una risorsa che può operare in diverse organizzazioni
e strutture, venendo ad assumere un ruolo fondato sull’ascolto e caratterizzato
da neutralità, empatia ed assenza di potere decisionale.
Dal 1997, questa figura è attiva presso il Settore Giovanile del “F.C.
Internazionale”. Il mondo del calcio infatti, per le strutturazioni tradizionali e
verticali e le pressioni sociali ed economiche che lo caratterizzano, ben si coniuga
con la funzione del mediatore e con l’offerta di uno spazio di ascolto riservato e
professionale. Il servizio si rivolge alle diverse figure che operano ed
interagiscono nel mondo dello sport, quali gli atleti ed i loro genitori, gli
allenatori, i dirigenti, i tecnici e collaboratori, con interventi mirati sulle
problematiche relazionali e sulla conflittualità orizzontale e verticale.
Il mediatore sociale articola il proprio intervento in diversi momenti: colloqui
individuali, riunioni di squadra, incontri con lo staff, momenti di verifica ed
approfondimento, presenza e partecipazione attiva durante gli allenamenti e le
partite. Il senso della mediazione sportiva, oltre al lavoro di gestione e risoluzione
pacifica dei conflitti, mira nello specifico anche ad un miglioramento della
comunicazione ed un’implementazione e consolidamento del senso di gruppo,
aspetti di fondamentale importanza in un ambito di aggregazione quale è il
mondo dello sport.
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CONCLUSIONI
Popoli e lingue diverse tra loro si intrecciano nello sport a livello mondiale, in
esso si tessono interessi economico-commerciali privati, e culturali. Il mediatore
linguistico in questo frangente è una figura professionale importantissima, in
quanto chiarisce, spiega, e traduce la cultura dei popoli in termini
linguisticamente incomprensibili per la maggior parte dei comuni individui.
Colui che ha competenza in lingue straniere diventa una figura essenziale, un
mediatore professionalmente preparato, ingenera tranquillità tra gli interlocutori
i quali si affidano volentieri nelle mani sapienti del traduttore.
La comprensione dei linguaggi è prerogativa di quei mediatori che con la loro
professionalità creano certezze, comprensione e fiducia. La globalizzazione crea e
sta creando enormi barriere, la competenza e la preparazione dei mediatori le
abbatte. Nello sport c’è sempre più bisogno di questa figura, deve rappresentare
un individuo di estremo affidamento.
Non soltanto un interprete sportivo può essere in grado di trasmettere un
messaggio in diverse lingue, ma figure come l'allenatore, l'atleta ed il giornalista,
con le dovute nozioni linguistiche, possono trasmettere messaggi in altre lingue e
riportale agli ascoltatori, atleti o a se stessi nella propria lingua. Queste figure
operano negli eventi sportivi, attivamente come nel caso degli atleti e degli
allenatori, e indirettamente come nel caso dei giornalisti. L'interprete sportivo
nelle conferenze rappresenta un ponte sportivo tra culture e lingue.
Si è posta una particolare attenzione anche sul perché sia fondamentale per
queste tre figure, il fatto di apprendere la lingua locale come strumento di
comunicazione, ma soprattutto di socializzazione. Nello sport attualmente,
linguisticamente parlando, si prendono come riferimento lingue a più alta
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diffusione mondiale come l'inglese, il francese e lo spagnolo, come bagaglio
linguistico personale.
Il ruolo del mediatore linguistico dovrà essere nell’ambito sportivo colui che
abbatterà tutte quelle barriere linguistico-comunicative. Lo sport ed i suoi
professionisti ne trarranno di sicuro grande giovamento.
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Introduction
The purpose of this dissertation is to pinpoint the various kinds of linguistic
mediators, through three fundamental topics - sport, globalisation and language
mediation.
The chapter that examines sports begins with a brief history of sport in general and
goes on to analyse sports events, intended as a mass gathering, from a social point
of view. Sport events respond to a very significant question "Where can these
figures operate?"
The topic of globalisation, that is to say the movement of people and capitals, is also
analysed along with notions of socialisation and education. This dissertation
emphasises topics like socialisation and education in the field of sports, and the
reasons that make these processes fundamental.
Language mediation has interesting aspects and characteristics in the field of sports.
Along with language mediation, we have examined communication in general,
which is important as far as the socialisation process is concerned, and the
mediation techniques that can be used in these processes.
We have analysed technical sports language and the operators that work as
language mediators.
In honour of its centenary, we have analysed the peace match during the First World
War, as the symbol of socialisation through sport. All these topics delineate the
professional figures that can work as socialising and language agents.
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1. Sport
1.1. Historical introduction and definition
Before introducing and explaining what "sport" really is, we need to give a short
definition of the term.
The term sport usually includes "any kind of physical activity, in which the
participants aim at improving their psychophysical condition". Sports are physical
activities that require mental and physical skills with recreational or professional
goals.
Man has been practicing physical training since ancient times and physical activity
has always played a major role in society. Sport has become a mass phenomenon
and today it influences several areas of interest such as economy, education and
sociology.
During Ancient times, it was very important to be fit and efficient in order to be able
to hunt preys and to survive. During the 4th millennium B.C., physical strength and
skills were incredibly important for several tribes that lived in ancient Mesopotamia.
In Asia, body and mind were considered a single entity, therefore, religion and
physical activities were inseparable.
The ancient Greek society started to develop during the 8thcentury B.C. Strength,
harmony and physical fitness were much appreciated and were considered as
important as characteristics like intelligence and open-heartedness. For this reason,
Greek heroes were called "beautiful and good". The PanHellenic games were the
most important social and civil event in which the Greeks had the chance to express
and show all their passion for physical activities. All participants had to respect strict
rules and had to play fairly, but this idea was challenged by professional athletes
who trained full time and earned a lot of money thanks to their skills.
From the 1st edition of the Olympic Games, in 776 B.C., until the 18th edition, the
only discipline was barefoot running. The race itself was called "stadion"(because
the distance the runners had to cover was equivalent to the length of the entire
arena), which was approximately 630 ft. During the following editions, other
disciplines were introduced, namely the Penthathlon (which included five different
disciplines), the Pancratium (a mixture of boxing and wrestling) and horseracing.
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A running race for children (aged 12 to 18) was introduced at the 37th edition of the
Olympic Games; the distance the participants had to run was equivalent to half the
length of the stadium. Athletes had to qualify to be able participate in the Olympics
and they started training a month before the competition. During that period, the
athletes had the chance to train in specialised gyms and masseurs were available for
them. The arena had enough room to seat 70,000 people. Married women not only
could not take part in the Olympic Games, they were not even allowed to watch. If a
married woman were caught, she would have had to face the death penalty.
The Spartans gave priority to military strength. From a very young age, children
were forced to live by following military rules and had to endure pain and fatigue,
without showing any weakness. Sparta was the only Greek city in which the women
trained just like the men, and they were comparable to the mythological Amazons.
The Etruscans practiced sports activities in the countryside or sacred areas, just
outside the cities; these activities were a sign of strength for people belonging to
every social class. Athletes competed in several disciplines such as javelin and discus
throwing, long jump, running, boxing and horseracing. They invented one of the
most popular events, gladiator fights, which ended with the death of the defeated
participant; this event then became the most popular game in ancient Rome.
In ancient Rome, physical activity was interpreted differently compared to the Greek
vision. While the Roman Empire was expanding, sport was a fundamental factor in
the mental and physical training of soldiers. Their training included horseracing,
fencing and fake combat, all disciplines that aimed at producing a true warrior. The
new political and social conditions promoted a new lifestyle, based on laziness and
entertainment. In this particular period, the Romans practised sport not only in
preparation for war but also simply to relax and improve their body. We can affirm
that the population in general loved sports in general, but they preferred to watch
instead of practicing, as opposed to Greek people.
For these reasons, the agones (the competitive Greek games), became ludus in
Rome, that is to say games for entertainment. The Roman ludus were created to
celebrate the gods and became mass events where Roman people had the chance
to give vent to their violent impulses. Rulers promoted these events to appease
discontent and increase their popularity. There were three types of Ludus: Scenic
representations, held in theatres, Gladiatorial combat and Circuses. The most
important site where races were held was Circus Maximus, while the gladiatorial
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games took place in amphitheatres like the Colosseum that could seat 45,000
people. These events were originally religious but they turned into simple
entertainment events.
Gladiators were mostly prisoners of war and criminals, and they started their
training under the guide of former gladiators. At the beginning, they trained with a
dummy then they increased the intensity of their training until they were ready to
enter the arena and fight. When a gladiator was defeated, the Emperor could save
his life if he wanted to. They earned a lot of money and sometimes the winner was
awarded a wooden sword, which represented freedom.
During the Medieval period, the knightly spirit emerged, and to keep in training
between wars, knights started to compete in tournaments, games and fights.
In 19th-century Europe, a high number of doctrines based on pedagogical criteria
flourished. These doctrines correlated physical education with intellectual
education. In 1811, Friedrich Ludwig Jahn opened the first Turnplatz (open-air
gymnasium) in Berlin where young gymnasts’ training included forced marches; they
had to learn to resist the cold and train in all weather conditions. The aim of this
method was to develop moral and physical strength through exercise. In France,
thanks to Georges Demeny, modern gymnastics was born. According to him, the
main goal of physical activity was to harmonise all parts of the body.
Although horseracing had been going on in England for many years, the stewardship
of this sport began to evolve in 1751, and in 1752, Britain’s Jockey Club was founded
and became racing’s first regulatory authority. The rules and regulations were
universal and based on the principles of fair play. British sports activities were all
based on a sporting spirit and integrity between athletes. The most famous English
sports event, the Oxford and Cambridge University boat race on the Thames, was
held for the first time in 1829.
Throughout the history of sports, the figure of the spectator has always played an
important role. For example, in ancient Greece, the Olympic Games were events
that could gather more than 70,000 people. Also in ancient Rome, more than 45,000
people from every social class would gather to watch the games held in Circus
Maximus.
Still today, sports like football and cycling attract huge crowds of people and this has
given rise to the supporter phenomenon. The modern media, like sports news or
79
journals, have helped the spreading of sports, and today they are often worldwide
events. Furthermore, sports events involving national teams are an occasion to
express patriotism, both on the part of the spectators who support their national
team, and on the part of the athletes or players who are representing their nation.
Finally, sports has been used to unite all nations, such as in the case of the modern
Olympics Games. On 6th April 1896, 2672 years after the first edition in ancient
Greece, the first edition of the modern Olympics Games was held in Athens. Thanks
to the perseverance of an important sports fan, Pierre de Frédy baron de Coubertin,
the games were re-launched. In 1892 in Paris, he managed to obtain consensus for
the 1st edition of modern Olympics Games during a Sorbonne congress. He wanted
the games to be held in Paris but the choice fell on Athens. Three editions - 1916,
1940 and 1944 - did not take place because of the two World Wars. In 1936, the
edition held in Berlin became an excuse for a political truce from racial
discrimination. Hitler initially had stated that Jews and Black people should not be
allowed to participate but was forced to change his mind when a number of nations
threatened to boycott the Games; he even allowed one female German athlete with
a Jewish father to participate.
1.2. Individual and team sports
One of the hardest choices for children or teenagers to make is the choice between
an individual or team sport. When children aged between 6 and 7 must choose a
sport to practice, social factors influence a child's choice more than their personal
motivations. For example, children tend to choose the most popular sport in their
country or an activity particularly suited to their physical characteristics.
Team sports are particularly recommended for extremely shy children and those
who are afraid of making mistakes, of one-to-one competition and of being judged
by outsiders. A team sport can help them acquire more self-confidence but it can
also be good for those who "suffer" from excessive self-confidence. Therefore, team
sports give children the chance to experience the frustration and disappointment of
a defeat without transforming it into an individual failure.
On the other hand, individual sports are suitable for excessively hyperactive and
impulsive children; in fact, all the responsibility falls on the child him/herself who
has to be more self-disciplined than children of the same age who practice team
80
sports. The long-term effects of these two different kinds of sports vary.
Comradeship, competitive spirit and a sense of belonging are qualities that develop
in those who practice a team sport, while children who practice an individual sport
quickly develop a sense of responsibility, discipline and psychophysical balance, so
they focus all their mental energy on their objective.
In the case of individual sports, athletes perform on their own. However, Individual
disciplines can also be part of team competitions, just to mention a few, swimming
and athletics, or doubles in tennis. The performance of the athletes who are
members of a team is independent but individual results converge in the collective
result of the team.
1.3. Amateur and professional sport
In amateur sports, an athlete does not earn money, but he/she practices sport only
for ludic/recreational reasons, while professional athletes are paid for their
performances.
The differences between amateur and professional sport have transformed the very
nature of sports depending on the regime in which they are practiced. Professional
athletes are paid to practice their sport and they can be considered entertainers.
Usually, only the best sportsmen/women in every discipline become professional
athletes, and the events in which professional athletes participate are much more
competitive compared to amateur standards. In fact, some professional sports
attract a huge number of participants, while amateur sports struggle with visibility
problems and with economic problems deriving from the lack of sponsors. The only
event where we can see the dualism between amateur and professional sports are
the Olympics Games, the most important sports event worldwide. In this event, the
best athletes from every corner of the world compete in the various Olympic
disciplines.
81
1.4. Sport events
Nowadays, the most direct and efficient means of communication is a sports event
on which public and private investors alike focus and invest in. Sport is a unifying
and social phenomenon that promotes new styles and fads in our society; it is also
one of the best ways to pinpoint new market opportunities.
Sports is the most important sector as far as events are concerned. In fact, the
Olympics Games and the Football World Cup are the most important ones, not only
in terms of the number of people they gather but also for the promotion of the
disciplines in question. Because of these two peculiarities, we can define them
media events. The so-called media sports events are those which both international
sponsors and local public administrations invest in, in terms of infrastructures,
transport and security. In fact, a sports event is an important showcase for a country
and an extremely effective means of communication.
This is why great attention is given to sports events in their capacity as
communication tools. They are bearers of positive values for those who practice
them but also for the spectators for whom they are a form of entertainment; they
transmit emotions, images and good qualities like respect, team spirit, fraternity,
tolerance and discipline.
1.4.1. Olympic Games and World Cup
The Olympic Games were born in Greece in 776 B.C, in the city of Olympia to pay
homage to the Gods. This event was extremely popular and it was an important
gathering moment between populations. A sacred truce, a period when all conflicts
were suspended, was established to allow the athletes to take part in the games.
Thanks to baron de Coubertin, in 1896, the modern Olympic Games were born. His
initiative was good not only to reaffirm the educational virtues of sports, but also
because through sports events we can put into practice principles of fraternity, love
and peace between populations. The tenacity of de Coubertin, led to the 1st edition
of the modern Olympic Games, in 1896 in Athens, and established the International
Olympic Committee (IOC). The first edition was a great success with 250
participants, which at the time, was the greatest international sport event ever
organised. Greece asked to become the permanent location of the Olympic Games,
82
but the IOC decided to organise every edition of the Olympics in a different place, in
fact, the second edition was held in Paris.
Athletes had to compete in disciplines like athletics, cycling, wrestling, swimming,
gymnastics, fencing and archery. However, as time passed, the competition’s
program grew progressively, and today athletes compete in 41 disciplines. In 1924 in
Sapporo, the 1st edition of the Winter Olympic Games, specialised in ice and snow
sports took place. Today, they are the most awaited events all over the world.
The Olympic Games, the symbol of peace and fraternity and fair competition
between populations, is the event par excellence that gathers people in the name of
sport. The Olympic ideal is expressed through its flag - 5 interlaced rings with
different colours, one for each continent Blue for Oceania, Black for Africa, Red for
America, Yellow for Asia, and Green for Europe. If we add white – the colour of the
background – the six colours, in various combinations, appear on all the national
flags in the world
"World cup" is a term used in many sports to describe an international competition
in which athletes and teams, coming from every corner of the world, participate.
Some are held on an elimination basis (single or double elimination), or as a simple
tournament; they can be held yearly, every two years or every four years. Of all the
47 Olympic disciplines, tennis is the only sport that has never had a World Cup.
83
2. Globalisation
2.1.Historical introduction and definition
Globalisation is a process of economic, social, cultural, political and technological
interdependences. Its positive and negative effects have a planetary relevance with
the tendency to conform trade, culture, habits and thinking. Economists use the
term but only when exclusively referring to economic relations between
populations. However, the phenomenon can also be applied in a context of
worldwide interaction.
The economic globalisation process is favoured by the extensiveness of transport
networks that has consequences at social level too, with cultural exchanges
between geographically distant and different populations that can lead up to culture
clashes that can degenerate into religion wars and cultural homogenisation. With
the term "globalisation", we refer not only to global markets, but also to
information dissemination and to communication tools like the Internet. The term is
used even in cultural fields and it generically outlines the fact that by now we should
be building relations with other cultures, both at individual level because of
migrations, and on a national scale. We can also refer to the high and increasing
mobility of people such as tourists and businesspeople for short periods.
There are pros and cons where globalisation is concerned. Globalisation can
encourage the economic development of some states, especially industrialised and
developed countries, through profits and gains coming from decentralisation, i.e.
the relocation of enterprises in underdeveloped countries, where the cost of labour
is lower. Although it is true that they create work opportunities in poor countries, all
the profits go to the multinationals and this hampers the development of the
countries in question. Globalisation may have a negative impact on local traditions
too, “exporting” typical celebrations to other countries. For example Halloween,
originally an ancient Celtic feast, spread to the USA along with the Scottish and Irish
immigrants, and then, with the help of globalisation, gradually spread to other
developed countries. This does not happen only for festivities, but also for clothing,
food and even language. In any case, the phenomenon is also raising people’s
awareness and from an ethical viewpoint is spreading the desire for a better world
for everybody beyond self-interests and national borders.
84
2.1.2. Sport globalisation
Sport is one of the most global aspects in everyday life; a great number of people
worldwide practice sport, and a sports event such as the Olympics Games has had a
potential audience of 4 billion people. Its global presence increases every day, but
its origins go far back in history, long before organisations like the UN were
established. Due to its spreading, sport tends to encourage tendencies of global
consumption from an economic, media, cultural and social viewpoint.
Sports have lost their exclusive local importance, as almost any sport can be
practiced in any part of the world. This spreading started many years ago. The rules
and regulations of a number of modern sports like tennis, golf, rugby, football,
athletics, and rowing, were established in Great Britain and exported via the British
colonies and international tours. National teams and British clubs went out to the
colonies to challenge local teams. In 1910, London’s Corinthians F.C. went to Brazil
to learn how to play football; they learned it so well that the city of Sao Paolo
decided to rename its own local football team "Sport Club Corinthians Paulista".
With the growing number of sports across the world, the Olympic Games started to
incorporate other disciplines like Martial Arts. For example, thanks to its very strong
and stable economy, the United States contributed to the worldwide spreading of
American sports. Some sports originally born in Great Britain or in the United States
became so popular in other countries that they soon became part of the local sports
cultures. A typical example is Basketball, which has become Lithuania’s national
sport. Another sport that is worth mentioning is Baseball, which has become a mass
sport in Korea and Japan where the rules have remained the same but the game’s
philosophy has been completely changed. The most representative example is
Rugby, which has become a source of identification and belonging for the New
Zealand natives, thanks to the national team, the "All Blacks".
2.2. Socialisation and education
Socialisation is a term used to refer to the lifelong process of inheriting and
disseminating regulations, customs and ideologies, providing an individual with the
skills and beliefs needed to participate in his or her own society. The Socialisation
process is when a person becomes part of society and he/she interiorises rules,
virtues and the cultural heritage transmitted by society. By doing this, continuity
85
from one generation to another is guaranteed.
The term education describes the process of individual personality development
that happens through the transmission of regulations, virtues, attitudes and
behaviours shared with social group to which an individual belongs. When we talk
about education, we are referring to the formal and institutionalised aspects of
socialisation, where every educational process is voluntary and conscious with the
specific aim of reaching certain goals.
The concept of socialisation is broader and includes informal and spontaneous
aspects of cultural transmission, that is to say the whole range of an individual’s
social relations. On the other hand, education is a series of meaningful ideas
ascribed to human behaviours. However, in reality, through socialisation a person
can interact with others to create a social identity strictly linked to personal identity.
2.2.1. Sport socialisation
In modern societies, where selfishness is a dominant factor, where transgression has
become a necessity to emerge and to feel accepted, Sports can still represent a
method to transmit the values of respect, discipline and sacrifice. Sports can still be
a way to learn that everybody's freedom is always limited and everyone should be
concerned with other people's freedom rights.
Physical activity can be a way to emphasise and address youth towards moral
values, by promoting a sense of responsibility and by developing the right attitude,
encouraging young people to take part in their society's collective life. We can affirm
that one of the most beneficial things that teenagers can do during their
adolescence is to practice and participate in sports competitions.
It is extremely important for sports to reacquire its original goal that was educating
and offering a chance for democracy, social life and self-management. Sports should
play a major role in balancing obligations and rights, social classes and different
cultures, by acting as a true "human promoter".
In conclusion, sport could really be an ideal link between different fields of life:
school, the Church, the Government, family and the employment world.
86
3. Language mediation
3.1. Historical background and definition
Language mediators are operators that mediate between monolingual participants
in conversations, in which the parts come from two different language communities.
Their task is to facilitate comprehension for both parties and to do this, language
skills are not enough; they must also have good knowledge of both cultures
involved.
If we stop to think for a minute, it becomes clear that any social and/or educational
activity is a form of mediation. When we find ourselves dealing with social and
educational situations, we should find operators that are aware of both these
processes and who, rather than simply translating (transferring a message from one
code to another), should try to create a halfway code that helps both parties to
understand them without being influenced by reciprocal preconceptions and beliefs.
Language mediators are expert operators in other people's languages and cultures.
Obviously, they mediate not only into their language but also into their original
culture.
3.1.1. Mediation modalities
Mediation can be carried out orally (interpreting) or in writing (translating).
Interpreting is the activity that makes it possible to establish an oral or sign-based
communication between two or more actors who do not have the same language
code in a conversation. We must not confuse interpreting with interpretation; the
former is the general activity, while the latter refers to the interpreter’s
performance.
Although interpreting, as translation, is part of the general concept of language and
cultural mediation, an interpreter is not a translator; these are two distinct
professions, although they are often confused. In general, we can say that
translation is the transmission of a message through a writing channel, while
interpreting is via an oral channel or via gesticulating, as in the case of sign language.
On the other hand, when it comes to the question of language comprehension and
of transmitted meaning, the two operations are naturally very similar. Another
important thing to mention is that interpreters do not perform a word-to-word
87
translation although they have to convey accurately the sense of the message.
Interpreting is divided in three stages, the first is the hearing stage, in which the
interpreter receives the information in the source language; the second is
comprehension and analysis stage, in which the interpreter deciphers and
assimilates the information that has to be translated; the third is the reformulation
stage, in which the interpreter accurately and precisely converts the information
received in the target language.
As far as working languages are concerned, they are classified in active and passive
languages; active languages are those the interpreter works into and they are
divided in language A, generally the interpreter's mother tongue, and language B,
the other language into which the interpreter works, generally not his/her mother
tongue, but a language he/she has mastered perfectly.
One of the principal interpreting modalities is negotiation interpreting, in which the
interpreter works on memorizing short pieces of conversation and renders them in
another language. Negotiation interpreting is characterised by its informal context,
such as business meetings, contract stipulations, sports events, corporate situations,
in museums etc.
Subsequently, we find conference interpreting, which is used frequently at
conferences, summits and high profile talks. In these contexts, different interpreting
techniques can be used, such as chuchotage, simultaneous or consecutive
interpreting.
In simultaneous interpreting, the act of interpreting is simultaneous to the
discussion itself. We talk about simultaneity and not of contemporaneity, because
there is a time lag called "décalage" that depends on the differences between the
source and the target language. For example, translating from Arabic or Chinese to
English, the décalage will be longer. In simultaneous interpreting, interpreters work
in a soundproof booth; they hear the speaker through earphones and with a
microphone, transmit the translated message to all the listeners.
As far as conference interpreting is concerned, we are talking about the oldest form
of interpreting. This modality renders the message after the speaker has finished his
or her speech or part of it. While the speaker is speaking, the interpreter memorizes
the entire speech with the help of a particular note-taking technique. The work of a
conference interpreter is not only to understand the language but also to memorize
88
the core of the message; for this reason, it is important to take accurate notes.
Unlike a stenographer who has to write down every single word uttered, the
interpreter uses symbols and abbreviations that summarize the sense of the speech.
The importance of schematizing in this interpreting technique derives from the fact
that seldom will a speaker speak at an appropriate pace to give the interpreter the
chance to successfully write down every single word.
Finally, "chuchotage" or whispering is a variation of simultaneous interpreting; the
interpreter sits or stands next to the listeners, and transmits the spoken message by
whispering the translation. This technique has the advantage of not requiring
technological devices, but it can only be used only for a maximum of two or three
listeners.
3.2. Technical languages
In general, technical language is used in specialised fields, especially in technological
or scientific fields and so it is very similar to professional or working jargon.
The concept of sector is not a language or social technicality, but rather a common
term that refers to heterogeneous entities. Hydraulics, probability theory,
volcanology but also other wider fields like sports, medicine and law can be
considered sectors. After all, the medical, sports and juridical sectors all converge in
forensic medicine and sports medicine, both of which are in turn composed of sub-
disciplines like forensic toxicology and sports traumatology.
Technical languages can be divided into three categories. The first is related to the
communication related to practical activities, intended as the production of goods
or services in sectors such as agriculture, embroidery, IT or transportation. The
second is connected to theoretical and scientific communication in human and
social sciences, like philosophy and linguistics. The third shares the theoretical and
scientific functions with the second category, but refers to exact sciences like
mathematics, physics and biology. Everything becomes more complex in the case of
educational, military and religious sectors as both internal and external institutional
communication comprise a multiplicity of technical languages.
Definitely, technical languages are an essential part of specific sectors and are of
paramount importance for conceptual processing and communication. Not only are
89
they in constant expansion within the specific sector in question, but often cross the
confines of their sector and become part of everyday language.
4. Sports language mediator
4.1. Sports language
With the term sports language, we intend both the techniques and specific terms of
every sports discipline, and the different types of spoken or written language used
to comment sports personalities or sports events.
The particular connection between sports language and sports journalism language
can only be sustained if we consider the form and function of the technical
terminology used to define every single sports discipline. Firstly, we must focus on
the fact that the terminology of a single discipline has the same nature as the
discipline itself, and along with the rules that regulate the sport, is the very core of a
specific discipline. Moreover, sports language is an established combination of
terminology and therefore, rarely undergoes variation or alteration.
If we compare sports language to other technical languages, the specialist level is
not highly developed, and since it is mainly limited to official regulations does not
require much study. The main function of sports language to inform what is often a
huge number of people via traditional or new mass media.
Technical terms play an important role in the captivation of supporters, who are
more numerous than the athletes are. They can be considered part of an exclusive
jargon that can even contribute to popularizing sports disciplines.
After all, the increasing spread of sports, especially team sports, like football,
basketball, baseball, etc., has produced and reinforced the penetration of sports
language in common language and in other sectors, particularly in journalism and in
political language.
4.2. England vs Germany: the peace match
One of the most symbolic socialising events in sports history was the peace match,
played on Christmas day in 1914, in the middle of nowhere between England and
90
Germany during WW1. Above all, it symbolised that what the war had separated,
sport had united. UEFA president, Michel Platini, has honoured this event with the
inauguration of a monument, in Ploegsteert in Belgium. A German Lieutenant of the
134th Saxon Regiment, Kurt Zehmisch, described the match, won by Germany 3-2, in
his diary, "The ball was replacing bullets and for the duration of a football match,
humanity had prevailed over barbarities". Ernie Williams, an English soldier, said
during an interview, "At a certain point a ball appeared, I don’t from where, but it
came from their side. At the beginning there were only some passes, at the end it
had become a single big fray, without a referee or score".
The Christmas truce of 1914 was a spontaneous action that succeeded where others
had failed. According to English reports, the Germans were the first to leave the
trenches, after waving placards containing Christmas wishes and singing Christmas
songs. Around 100,000 soldiers were involved in voluntary truces along all Western
Front; Germans, English but also French and Belgians who exchanged wishes, shared
food and cigarettes, buried the dead and admired each other’s weapons.
In a letter sent home at the time a soldier wrote, "Just think that while you were
eating turkey, I was speaking with the same guys that only an hour before I was
trying to kill". News of this truce, which caused the ire of the commanders of both
sides, was revealed thanks to New York Times, which on 31st December 1914
published the reports of many soldiers involved.
It is hard to say if on the Christmas day of 100 years ago, a match between the two
trenches was really played; maybe they played more than one match, maybe they
were only lighthearted frays. However, the idea remains that in the middle of a war,
some men found the courage to lay down their guns and look their enemy, or at
least whom they had been told were the enemy, in the eye, but this time as sports
opponents.
4.3. The status and the role of sports language mediators
When it comes to sports, there are alternative roles to the traditional sports
interpreter. The language mediator is a symbolic bridge that links different cultures
and languages.
For this reason, sports language mediators do not have to be professional
91
interpreters as long as they have fully mastered sports terminology and are or were
part of its reality.
For example, sports journalists can be good mediators even though their studies did
not include specific language learning or interpreting techniques. However,
journalists might have learned a foreign language not in connection with their
professional training and this knowledge can be very useful when they are
interviewing a foreign sports personality or when they are working in a foreign
country.
When journalists are conducting an interview, they use a sort of negotiation
interpreting by asking the interviewee short direct questions to which they receive
specific answers that they can translate on the spot for the listeners/viewers. If an
interview is not broadcast live, journalists have time and the possibility to translate
the interview. Knowing the technical language of the sport in question, the
journalist is able to convey the message to listeners/viewers using the correct
terminology.
We can affirm that a sports journalist, who has above average skills in two or more
foreign languages, can be employed to transmit sports-related information to a
massive public. Compared to an interpreter, a sports journalist transmits the
message to a wider range of people.
Another example of an alternative sports language mediator is the athletes
themselves. Thanks to globalisation, athletes have the chance to travel around the
world to take part in competitions, play with their club or to train in a foreign
country. National competitions and events do not put the athletes under the
spotlight like continental and international competitions do.
People who are learning a new language know that in order to socialise and meet
new people it is fundamental to converse and adapt to the local reality. For many
years, athletes have been traveling around the world in order to get new
opportunities for their careers, like better training facilities, better sponsorship
chances and higher incomes. Therefore, athletes themselves can be a bridge
between two languages, by socialising independently with other people.
The last example we can mention are trainers who, like athletes, travel for the same
reasons. Trainers also need to have good communication skills, in order to convey
messages during press conferences. They need to be good educators and have to
92
transmit athletic and moral principles to their athletes. We can say that trainers are
language mediators in various situations such as when they participate in press
conferences, speaking about the club and the athletes they represent. Therefore, it
is important for the trainer to learn the local language to be able to communicate
adequately with the press.
Conclusion
Sports gather together people of different nationalities and languages worldwide.
Sport can be the right channel for economic, social and cultural interests.
In this particular context, the language mediator plays a fundamental role because
he/she transmits and explains different cultures and does not simply translate
"empty words".
An operator who has good knowledge and skills can be an essential figure. Knowing
languages and cultures is the most important characteristic of a mediator.
Today, globalisation is creating a lot of doubts and misunderstandings that
can be solved thanks to the professionalism and skills of a good language mediator.
The sports world is always looking for skilled language mediators, and this figure has
to instil confidence.
By analysing alternative sports language mediators, we can affirm that not
only do sports interpreters play a major role, but also trainers, journalists and
athletes can be an alternative way to convey messages, if they have acquired basic
language notions.
We must emphasise how these three figures must learn the local language as
a communication and socialisation tool.
The role of the language and cultural mediator is to tear down all cultural and
social barriers. Sports, the athletes and the spectators will all greatly benefit from
this process.
93
Introduction
Le but de ce mémoire, est celui de trouver des figures alternatives pour le médiateur
linguistique dans le domaine du sport, à travers trois thèmes fondamentaux comme:
le sport, la globalisation et la médiation linguistique.
Le thème du sport est vaste et articulé; à travers une définition historique du sport
on analyse socialement les événements sportifs, en répondant à la question : où ces
personnes peuvent-elles travailler?
La globalisation, le mouvement de personnes et de capitaux, est analysée, mais on
se focalise aussi sur des thèmes comme la socialisation et l'éducation dans le sport
et on se demande, pourquoi ces processus sont si importants ?
Grâce à la médiation linguistique, nous avons approfondi la communication en
général et les techniques de médiation qu'un des médiateurs linguistiques peut
utiliser pour travailler.
Nous avons voulu étudier le langage technique du sport, comme pilier fondamental
pour travailler dans le monde du sport.
Ensuite, nous avons voulu raconter, en l’honneur de son centenaire, le match de la
paix, joué pendant la Iere guerre mondiale, comme le symbole de socialisation à
travers le sport.
Tous ces thèmes confondus esquissent des figures alternatives qui agissent comme
des agents socialisants et linguistiques dans le domaine du sport.
94
1.Le sport
1.1. Définition et histoire
Le sport est l'activité qui engage les capacités physio-psychiques, dans le domaine
de la compétition ou en ce qui concerne l'exercice individuel ou collectif, et qui
s’exerce avec des intentions récréatives ou comme une profession.
L'histoire de l'activité physique commence pratiquement avec celle de l'Homme.
Depuis l'apparition des premières civilisations, les activités motrices et sportives ont
toujours eu un rôle important. Dans l’ époque moderne, le sport a porté plus sur le
domaine de la culture et sur le social. Le sport devenant un phénomène de masse, il
s'est étendu dans d’autres domaines comme: l'économie, la sociologie et
l'éducation.
Dans la préhistoire l'activité physique était fortement liée à la survie, il fallait être
athlétique, rapide pour capturer les animaux. Toutefois, des activités comme les
danses rituelles contribuèrent aussi à l'entrainement du corps.
Pour ce qui concerne les Grecs, peuple dont la discipline du sport commença à se
développer environ du VIIe siècle av. J.-C. Dans ces temps-là, l'harmonie, la force et
la beauté du corps étaient estimées autant que les autres qualités comme:
l'intelligence et la générosité de l’esprit. C'est pour cette raison que les héros grecs
étaient appelés "beaux et bons". La grande passion que les Grecs avait pour l'activité
physique, avait comme symbole les Jeux Panhélleniques qui, avaient une grande
valeur sociale et civile. Les athlètes se soumettaient à de lourds entrainements ou à
de strictes régimes alimentaires. Pendant les jeux tous les participants devaient
respecter des règles précises, ils mettaient en relief le sens de la loyauté et l'esprit
de compétition. Mais avec les années qui passaient, cette idéologie a chancelé et
des athlètes professionnels qui s'entrainaient sous paiement de haut primes se sont
95
toujours plus affirmés.
Dès la première édition des jeux olympiques, établit en 776 av. J.-C., jusqu'à la dix-
huitième édition, les compétitions consistaient seulement dans la course à pieds:
c'était une compétition de vitesse, sur une distance de 192,27m, défini stade, car
elle équivalait à la piste du stade. Dans les jeux olympiques suivants, d'autres
spécialités furent introduites comme: le pentathlon, les courses de chevaux, en
outre il y avait des courses avec les armes, pendant lesquelles, les personnes
courraient avec une armure.
À Sparte la force militaire était considérée très importante, déjà très petit, les
enfants vivaient selon des règles militaires et devaient être en mesure de supporter
la fatigue et la douleur sans faire transparaître d'émotions. À la différence des
autres villes grecques, à Sparte les femmes pratiquaient de l'activité physique
quotidiennement.
Les Étrusques, pratiquaient les activités sportives, dans des terrains ou dans des
zones sacrées, aux alentours des villes. Ces activités représentaient une forte
attraction pour les hommes et les femmes de n'importe quelle classe sociale. Selon
une ancienne tradition, les Étrusques, inventèrent l’un des spectacles les plus
connus dans l’ancienne Rome: les combats des gladiateurs, qui finissaient seulement
quand l'un des deux mourait.
à Rome l'activité physique était perçue de manière différente par rapport aux Grecs.
Tant que Rome était dans l’époque des conquêtes les sports étaient une
composante de la formation militaire et physique des soldats. Mais l'éducation
physique fut considérée, dès le Ie siècle après J.-C., un moyen d’amusement, grâce à
de nouvelles conditions politiques et sociales. Les Romains faisaient du sport pas
seulement pour être en forme, mais aussi comme passe-temps. Toutefois ils
aimaient le sport plus comme spectateurs que comme acteurs principaux, ils
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préféraient assister aux spectacles, plutôt que d'y participer. Ces jeux naissaient
comme des rites religieux, mais ils furent transformés en occasions d'amusement.
Grâce à l'enthousiasme, que ce genre de spectacle, suscitait chez le peuple, des
politiciens y basèrent leur pouvoir.
Pendant la période médiévale, avec la naissance de l'esprit chevaleresque et pour
permettre au chevaliers de s'entrainer entre les guerres, ceux-ci faisaient des jeux,
des tournois et des combats.
À partir du XVe siècle en Europe naissait l' Humanisme et tout de suite après la
Renaissance. Les Humanistes relançaient la conception Grecque d'éducation
physique comme un instrument essentiel pour le développement physique et
spirituel entre les jeunes. L'éducation était strictement liée au jeu et au sport qui
impliquait des comportements et des règles pour une cohabitation pacifique dans la
société.
Au cours du XIXe siècle, se développèrent des doctrines qui se basaient sur des
critères pédagogiques, qui mettaient l'enseignement des gymnastiques en relation
avec l'éducation intellectuelle. En 1811 Ludwig Jan fonda à Berlin une école dont la
méthode se basait sur la formation de la force physique de l'individu. En France
grâce à Georges Demeny, naissait la gymnastique moderne française. Celui-ci
affirmait que l'activité physique devait viser à l'harmonie entre les différentes
parties du corps.
Aujourd'hui des sports comme le football et le cyclisme sont une raison de
rencontre et d'implication des gens qui, en plus d'assister au spectacle sportif,
accroit le phénomène des supporters. Les moyens de communication moderne,
comme les journaux télévisés ou les journaux sportifs, ont contribué
significativement à la diffusion du sport. De plus, le sport a influencé la création,
dans les populations du monde, d'un sentiment d’appartenance nationale, qui sert à
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mieux supporter les athlètes lors d'événement à l'étranger.
Finalement, le sport a été utilisé pour unir toutes les nations, comme dans le cas des
jeux olympiques qui ont lieu tous les quatre ans. 2672 ans après la célébration des
premiers jeux olympiques, le 6 Avril 1896, se déroula la première édition des jeux
olympiques modernes. La réouverture des jeux n'a pas été un exploit facile, elle a
été rendu possible grâce à l'engagement d'un baron français, Pierre de Coubertin.
C’était un grand passionné de sport, et en 1892 il réussit à obtenir l'approbation de
l'Union française des sport athlétiques et successivement celle du Congrès
International de Paris en 1894, pour la première édition des jeux olympiques
modernes. Il restait seulement à décider la date et le lieu: de Coubertin voulait Paris,
mais le choix fut Athènes.
Trois éditions des jeux olympiques n'ont pas eu lieu à cause des deux conflits
mondiaux: celle de 1916 et celles de 1940 et 1944. Les jeux olympiques furent le
prétexte pour des trêves politiques, comme celle de 1936. Berlin, grâce aux pouvoirs
que Hitler exerçait, devenait le siège des jeux olympiques de 1936. Les autres pays
avaient peur qu'il pouvait y avoir une discrimination raciale, toutefois, les jeux
devinrent une occasion de propagande pour la dictature. Même les jeux d'Athènes,
en 2004, furent une excuse de paix temporaire entre la Palestine et Israël.
1.2. Sport individuel et d'équipe
L’un des choix les plus durs pour un enfant ou un adolescent, est celui de choisir
entre un sport individuel ou d'équipe, parfois ce choix est fait de manière
inconsciente. Quand un enfant de 6-7 ans doit décider quel sport pratiquer, les
influences sociales externes jouent un rôle important, plus que les motivations
personnelles de l'enfant. Par exemple, le choix le plus souvent tombe sur le sport le
plus populaire dans le pays ou on choisit un sport adéquat au physique de l'enfant.
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Les sports d'équipe sont conseillés aux adolescents excessivement timides, qui ont
peur d’échouer et qui craignent la confrontation individuelle et le jugement en
général. Ils peuvent aider aussi à acquérir une majeure confiance en soi, mais
pourraient aussi aider qui en a trop. Les sports font connaître aux adolescent la
frustration et la déception d'une défaite sans la transformer en une défaite
individuelle.
Par contre, les sports individuels sont indiqués en particulier pour les jeunes
hyperactifs et impétueux. Quand la responsabilité repose entièrement sur le jeune,
il devra avoir un autodiscipline majeure par rapport à une personne du même âge
qui pratique un sport d'équipe.
Les effets sur une longue période de ces deux modalités de pratique sportives sont
différents: la collaboration, le sens du groupe, l'esprit de la compétition et le sens
d'appartenance sont les qualités et les capacités, qui s'accroissent se développent
plus dans un sport d'équipe. L'athlète doit réussir à établir le meilleur rapport
possible avec les membres du groupe. Le principe fondamental est celui que, la
coopération vaut mieux que la rivalité.
Tandis que, dans un sport individuel le sens de la responsabilité, la discipline et
l'équilibre psychophysique sont les qualités qui se développent dès le début.
L'athlète peut engager toutes ses énergies mentales pour la réalisation de son
objectif.
Dans le cas des sports individuels, les athlètes concourent individuellement, mais ils
font quand même partie d'un groupe. En outre, les disciplines individuelles
prévoient des compétitions en équipe, par exemple, dans l'athlétisme ou dans la
natation avec l'estafette, ou le double dans le tennis. Les actions des athlètes de la
même équipe sont individuelles, et chacun concourt singulièrement, mais les
résultats individuels font partie d'une évaluation collective d'équipe. En bref, choisir
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un sport individuel signifie assumer ses responsabilités de son résultat, même si
celui-ci fera partie d'une évaluation collective.
1.3. Sport amateur et professionnel
Dans le domaine du sport amateur, l'athlète ne reçoit pas de paie, il exerce son
sport seulement pour des fonctions ludiques/récréatives, tandis que dans le sport
professionnel l'athlète reçoit une rétribution pour ses performances.
Les athlètes professionnel sont payés pour leur activité sportive et peuvent être
considérés des employés dans le domaine du spectacle à tous les effets.
Habituellement, seul les meilleurs sportifs de chaque discipline deviennent des
professionnels, et ceci rend les événements sportifs plus spectaculaires, avec des
performances de haut niveau par rapport aux standards des amateurs.
L'événement où le dualisme entre professionnalisme et amateurisme a le majeur
contraste, sont sans doute les jeux Olympiques, la plus grande manifestation
sportive au monde. L'idéal olympique a été définit par Pierre de Coubertin
"L'important ce n'est pas de gagner mais de participer". Dans cette définition, on
peut trouver les principes de loyauté, d'application et de respect qui sont à la base
du sport, dans le professionnalisme comme dans l'amateurisme.
Qui pratique un sport ne s’aperçoit pas toujours des valeurs et de la définition du
fait sportif: on joue parce que cela nous plaît ou parce qu'on a un avantage, parce
qu'on a l'exigence de rivaliser ? Sûrement la dimension professionnelle du sport et
des jeux font dépasser les limites, en améliorant une performance et en surclassant
les adversaires.
Quand un sujet utilise seulement l'instinct, sans avoir reçu d'éducation, il recherche
le résultat à tout prix, il cherche la victoire comme la seule valeur qui compte. Il joue
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"contre" au lieu de jouer "avec" les adversaires et parfois il les fait apparaître
comme des ennemis.
1.4. Les événements sportifs
L'événement sportif est l'un des moyens de communication les plus efficaces,
d'aujourd'hui, dans lequel des investisseurs publics et privés placent de grandes
sommes d'argent. C’est aussi un phénomène de socialisation qui favorise la
naissance des tendances et de nouveaux styles. Parmi tous les évènement sportifs,
les plus importants au niveau médiatique et pour de nombreux spectateurs, sont les
jeux olympiques et la coupe du monde de football. La vraie valeur de ces
événements est, par rapport aux autres événements culturels et sociaux, que le
sport attire un grand nombre de personnes, pas seulement avec une participation
directe, mais aussi une participation indirecte à travers la massive communication
des médias.
C’est la particularité qui caractérise les événements sportifs et grâce à laquelle on
peut les définir des media-events. Les événement sportifs sont classés comme ayant
les budgets économiques les plus hauts, surtout grâce aux sponsors qui placent leur
argent et aux administrations publiques qui fournissent des services comme: les
infrastructures, les transports, la sécurité, etc.. On peut voir aussi ces événements
comme une importante occasion de mettre en vitrine un pays et comme un puissant
moyens de publicité.
101
1.4.1. Les jeux Olympiques
Les jeux Olympiques naquirent en Grèce en 776 av. J.-C., dans la ville d’Olympia,
pour rendre hommage aux dieux. Depuis cette date, les jeux eurent lieu tous les
quatre ans, jusqu'à ce que, en 393 après J.-C. l'empereur Théodose, y mît fin car ils
représentaient un rite païen.
Initialement, les compétitions se limitaient à la course, mais ensuite d'autres
disciplines firent leurs apparition comme: la lutte, la boxe, la course avec les
quadriges, le saut en longueur et le javelot. Les athlètes qui gagnaient, entraient
dans la légende et ils acquéraient d'importants privilèges.
Mais au fil du temps, l'importance du prix eut le dessus sur l'esprit sportif et l'idéal
olympique. Les athlètes rivalisaient seulement pour leur intérêt personnel, en
affirmant leur professionnalisme.
Grâce au baron Pierre de Coubertin, les jeux Olympiques modernes purent avoir lieu
et il reporta les concepts grecs. Son initiative fut importante non seulement pour
affirmer la valeur éducative du sport, mais aussi, parce qu'à travers le sport, les
concepts de fraternité et de respect pouvaient se concrétiser.
Grâce à la ténacité du baron de Coubertin, en 1896 à Athènes, les premiers jeux
Olympiques modernes eurent lieu et en même temps le Comité International
Olympique (CIO) fut fondé. Avec presque 250 athlètes qui y participaient, de 13 pays
différents, elle fut pour l'époque un grand succès. La Grèce demanda de devenir le
siège permanent des jeux , mais le CIO décida que le siège aurait dû changé à
chaque édition. En 1924, à Sapporo en Japon, se disputèrent les premiers Jeux
Olympiques d'hiver, pour les sport sur la neige et la glace.
Aujourd'hui ils représentent l'événement sportif le plus important. Tous les quatre
ans des milliers de jeunes se rassemblent pour rivaliser en gardant l'esprit d'une
102
compétition amicale. Les jeux olympiques sont considérés comme un symbole de
paix et de fraternité, parmi les peuples qui se réunissent au nom du sport et
rivalisent sous des principes de loyauté. L'idéal olympique est exprimé à travers le
drapeau des Jeux: 5 cercles de couleurs différentes, une pour chaque continent
(Bleu (Océanie), Noir (Afrique), Rouge (Amérique), Jaune (Asie), Vert (Europe), qui se
superposent partiellement l'un à l'autre comme dans une étreinte symbolique.
2. La globalisation
2.1. Définition et histoire
La globalisation est un processus d'interdépendances économiques, sociales,
culturelles, politiques et technologiques dont, les effets positifs et négatifs, ont une
pertinence globale, qui tendent à uniformiser le commerce, la culture, les coutumes
et l'opinion.
Le terme "globalisation", a été utilisé par les économistes pour se référé aux aspects
économiques des relations internationales sur échelle mondiale. Bien que, la plupart
des personnes, préfèrent considérer ce phénomène seulement à partir du XXe siècle,
il commença bien avant, seulement sous une forme d'échanges de production ou
commerciale.
Parmi les aspects positifs de la globalisation on peut trouver la vitesse des
communications et des informations, les opportunités de croissance économique
pour des Pays en voie de développement, la diminution espace-temporel. Parmi les
aspects négatifs il y a la dégradation environnementale, le risque de disparité
sociale, la perte des identités locales, la réduction des souverainetés nationales et la
diminution de la vie privée.
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2.1.1. La globalisation de la société et de la communication
Le processus de globalisation qui s’exerce au niveau économique est favorisé par la
capillarité des transports. Il a aussi des répercussions, au niveau social avec les
échanges culturels entre les pays. Avec le terme globalisation, on fait référence à la
diffusion de l'information et des moyens de communication comme internet, mais
en même temps, à la progression de diffusion des bulletins d'informations locales
sur des thèmes internationaux.
Ce terme est aussi utilisé dans le domaine culturel et indique généralement, le fait
de se rapporter avec d'autres cultures, tant à cause des migrations, tant au niveau
national comme pour les rapports entre les États. Souvent, on se réfère aussi à la
haute et croissante mobilité des personnes.
Pour et contre la globalisation: La globalisation peut favoriser le développement
économique, en particulier ceux en voie de développement. En tout cas, la
globalisation "blesse" les traditions populaires, en diffusant des fêtes qui
appartiennent à d'autres pays. Par exemple Halloween est une fête d'origine
celtique qui est répandue surtout dans les pays anglophones, grâce à la globalisation
elle s'est instaurée aussi dans d'autres pays. Cela n'arrive pas seulement pour les
fêtes, mais aussi pour la façon de s'habiller, surtout parmi les jeunes, la façon de
parler, la nourriture, etc. Par exemple avant les années quarante, il était impossible,
en Europe, de trouver des personnes qui portaient des T-shirts, tandis que
maintenant c’est devenu une habitude.
2.1.2. La globalisation dans le sport
Le sport est un phénomène global, un nombre de personnes toujours en hausse
pratique du sport. Grâce à sa diffusion, le sport assume les tendances de la
104
globalisation des consommations, dans les aspects économiques, médiatiques,
culturels et sociaux. Le sport a perdu sa dimension locale exclusive, car le sport peur
être exercé n'importe où dans le monde. Par exemple, les premières règles des
sports modernes (tennis, golf, rugby, football, athlétisme, aviron) furent définies en
Grande Bretagne et ensuite exportées. Des sélections nationales et des équipes
britanniques de football, voyageaient et jouaient contre des sélections locales pour
leur apprendre le football. Par exemple, quand l'équipe Corinthias arriva au Brésil, la
ville de Sau Paulo contente des enseignements, décida de renommer son équipe "
Sport Club Corinthias Paulista".
Des sports nés en Grande Bretagne et aux Etats-Unis, sont devenus si populaires
qu'ils sont rentrés dans les cultures sportives locales, par exemple en Lituanie, le
basket est le sport national. Autrement, le baseball le sport national des Etats-Unis,
est devenu sport de masse en Corée et au Japon. Finalement, en ce qui concerne le
rugby, en Nouvelle-Zélande le sport s'identifie grâce aux All Blacks.
3. La médiation linguistique
3.1. Définition et histoire
Le médiateur linguistique est une personne qui traduit une conversation pour des
personnes monolingues, qui ne parlent pas la même langue. Son devoir, est celui, de
faciliter la compréhension pour les deux parties. Il doit avoir une grande
connaissance, des deux cultures, en effet il peut traduire le message dans les
langues de compétence.
Une médiation peut être faite oralement (interprétation) ou par écrit (traduction).
L'interprétation et la traduction font partie du concept général de médiation
linguistique et culturelle; toutefois l'interprète n'est pas un traducteur. On peut
105
affirmer que la traduction est la transmission d'un message écrit d'une langue à une
autre à travers un canal écrit, tandis que l'interprétation est à travers un canal oral.
En ce qui concerne les langues, elles se partagent en langues actives et langues
passives. Les langues actives sont celles, vers lesquelles, l'interprète travaille, et se
divisent en langue A (habituellement la langue maternelle de l'interprète) et langue
B (la langue vers laquelle l'interprète travaille, en en ayant une maitrise parfaite).
Il y a plusieurs modalités d'interprétation, par exemple celle de liaison, dans laquelle
l'interprète travaille la plupart du temps en mémorisant des passages brefs et en les
traduisant entre deux ou plusieurs personnes.
3.2. Les langages techniques
En général, le langage technique est la façon de s'exprimer dans un domaine
spécifique. On pourrait dire que ce type de langage est similaire au jargon
professionnel, mais il en représente une évolution.
Les langages techniques se distinguent en trois catégories: la première se manifeste
dans la communication des activités pratiques, comme pour l'agriculture,
l'informatique ou les transports. La deuxième, est liée à la communication dans le
domaine théorique et scientifique comme pour la philosophie et la linguistique. La
troisième, a en commun avec la deuxième les fonctions théoriques et scientifiques,
mais elles font référence aux sciences exactes comme les mathématiques, la
physique et la biologie.
106
4. Le médiateur linguistique dans le domaine sportif
4.1. Le langage technique du sport
On peut définir le langage technique du sport, soit comme l'ensemble des mots
techniques et spécifiques de chaque discipline sportive, soit comme les genres
différents de discours oraux ou écrits qui sont finalisés pour une communication
dans le domaine sportif.
Le journalisme sportif est le réceptacle de ce type de langage, qui peut faire partie
des langages techniques, pas seulement pour son lexique, mais aussi pour
l'ensemble des échanges linguistiques avec le langage courant et la linguistique
moderne.
Par ailleurs, par rapport aux autres langages techniques, dans le langage sportif, le
niveau spécifique apparait peut développer vu qu'il est limité seulement aux
règlements officiels. Le langage sportif, en fait, connaît seulement le registre
informatif, étant direct à travers les médias et touchant un vaste nombre de
personnes. Parmi les passionnés et les supporteurs, les technicismes ont un rôle
important, car ils caractérisent la communication sportive, jusqu'à la rendre dans
différents contextes de la conversation. En fait, la diffusion du sport est en graduelle
croissance. Il a permis et a renforcé la pénétration du langage sportif dans la langue
commune et dans d'autres domaines.
4.2. Le match de la paix
Un des symboles de socialisation à travers le sport, mais surtout le symbole que le
sport unit ce que la guerre sépare, fut le match de la paix, qui a été joué le jour de
Noël de 1914, entre les Anglais et les Allemands pendant la Première guerre
107
mondiale. Le président de l’UEFA, Michel Platini, a commémoré cet événement à
Ploegsteert, en Belgique.
Le match, fut gagné par les allemands 3-2 et il fut cité dans un document: « La balle
avait remplacé les balles et pour la durée d'un match de football l'humanité pris la
place des barbaries ». Un autre témoin affirme: « à un moment donné un ballon fit
son apparition, on ne sait pas d'où , au début on commença juste à se faire des
passes, à la fin ça devint une grande mêlée, sans arbitre et sans score ». La trêve de
Noël en 1914, fut un geste spontané, qui avait réussi où d'autres avaient échoué.
Environ 100 mille soldats furent impliqués dans la trêve volontaire tout au long du
front où Allemands, Anglais, mais aussi Français e Belges se présentaient leurs
vœux. C'est difficile de dire si le jour de Noël, il y a un siècle été joué entre les deux
tranchées, peut-être qu’ ils en jouèrent plus d'un. Mais l'idée qui reste est que des
garçons, dans le milieu d'une guerre, trouvèrent le courage de poser leurs fusils et
de regarder dans les yeux l'ennemis que quelqu'un avait désigné pour eux, mais
cette fois en le regardant comme un adversaire sportif.
4.3. Les figures de médiateur sportif
Dans le domaine du sport, il y a différentes figures en dehors des interprètes de
conférence sportive. Un médiateur linguistique dans le domaine sportif ne doit pas
être obligatoirement un interprète, par exemple, les journalistes sportifs, les
athlètes et les entraineurs peuvent être identifiés comme des médiateurs.
Le journaliste sportif, à la base dans ses études, ne se focalise pas sur les langues, ni
sur les techniques d'interprétation. Toutefois, il est possible que le sujet connaisse
une langue étrangère, qu'il utilise quand il va faire une interview à un athlète
étranger, qui ne parle pas la langue des auditeurs ou même quand le journaliste fait
une interview à l'étranger à des athlètes étrangers. Quand il est en direct, il exerce
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une sorte d'interprétation de liaison, brève et avec des réponse immédiates, pour
transmettre le message traduit aux auditeurs en direct. Un journaliste sportif en plus
a le langage technique adéquat et connaît la façon de communiquer avec le public.
Donc on peut affirmer qu'un journaliste sportif qui connaît une ou plus langues
étrangères pourrait être défini comme un médiateur linguistique dans le domaine
sportif, car il diffuse un message traduit à un grand nombre de personnes.
L’entraîneur est une autre figure qui utilise la communication dans le sport. Il a les
mêmes principes de déplacement que les athlètes. Il communique avec la presse et
doit transmettre ses principes athlétiques et moraux à l’athlète ou à l’équipe. Les
difficultés pour un entraîneur sont nombreuses car, transmettre un message
psychologique ou mental dans une autre langue est peut-être l’un des plus grands
obstacles qu’il puisse rencontrer. Chaque pays a ses propres dynamiques et ses
modalités de transmission d’un concept ; effectivement l’entraîneur a des bases
athlétiques et mentales de haut niveau, qu’il transpose aux athlètes, au début, avec
des gestes ou en faisant voir lui-même l’exercice. L’entraîneur peut être considéré
un médiateur de la culture sportive et athlétique ; mais aussi quand il intervient à
des interviews de presse, où il représente le club et les athlètes en devenant un pont
avec la presse. En outre pour réussir à transmettre un message à la presse, il devient
obligatoire qu’il apprenne la langue locale.
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Conclusion
Grâce au sport, les populations et les langues provenant du Monde entier se
croisent, mais toujours plus en fonction d’intérêts économiques, commerciaux et
culturels. Le médiateur linguistique, dans cette situation, devient une figure
professionnelle très importante, car elle éclaircit et traduit la culture, dans des
termes linguistiquement compréhensibles pour la majorité des individus.
Un sujet qui a des compétences en langue étrangère devient une figure essentielle,
un médiateur professionnel porte à une majeure tranquillité chez les interlocuteurs.
La globalisation est en train de créer d’énormes barrières linguistiques, mais les
compétences et la maîtrise des langues du médiateur les abat. Par exemple dans le
domaine du sport, il y a toujours plus besoin de ces figures.
Un interprète sportif ne doit pas seulement être en mesure de transmettre un
message dans des langues étrangères, mais des sujets comme l'entraineur, l'athlète
et le journaliste, avec des notions linguistiques de haut niveau, peuvent remplacer
un interprète, en étant un médiateur linguistique en soi même. Donc on peut
affirmer qu'un médiateur linguistique dans le domaine du sport, est la figure qui
représente un pont linguistique et culturel entre différentes cultures sportives.
110
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