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4 SETTEMBRE 2010 D 188 N on sono poco vestiti, come quelli dei quadri dell’Ottocento e dei film neorealisti. E neppure corrono dietro ai tram, né schiamazzano. Questi scugnizzi siedono invece composti e silenziosi (sicuramente “alla moda”) in circolo, nella chie- sa di San Vincenzo, dove da dieci anni non si dice più messa e si fa scuola di teatro e ballo, taekwon- do, judo e tra poco anche rock acrobatico. Faccia all’al- tare, sta il loro “maestro”, giovanissimo regista della Squadra e di Un posto al sole, le fiction che hanno Na- poli come set. Si chiama Vincenzo Pirozzi e le guance gli si infiammano quando parla di fare qualcosa per il suo quartiere, di istituzioni assenti, di don Antonio Loffredo, «il solo che veramente si occupi della Sanità»: il parroco di Santa Maria della Sanità è autore di decine di iniziative per togliere la patina noir sullo storico quartiere. Su brac- cia e gambe Enzo ha grandi tatuaggi. Ogni tanto gli scap- pa qualche parola in napoletano. Viene anche lui dalla strada, come molti di quelli che porta per mano sul pal- coscenico, pur invitandoli a restare con i piedi per terra. Ha studiato regia teatrale e ha collaborato con i fratelli Taviani, Tonino Capuano, Paolo Sorrentino. Lavora, ma da volontario aiuta i bambini della Sanità a scampare alla camorra. Non tutti saranno famosi, ma tanti di quelli che sono venuti in questa chiesa (da quando nel 1992 è sta- ta fondata l’associazione Sott’o Ponte) per fortuna non sono diventati manovalanza dei clan. Freschi di diploma, alcuni lavorano nelle fabbriche, altri come camerieri nei ristoranti, molti studiano. Quartiere Sanità, in tempi non lontani una di quelle zo- ne di Napoli da un morto ammazzato al giorno. Ha ce- duto il record a Scampia, ma si tiene stretto il degrado. È un vallone che nell’Ottocento i francesi di Murat seppelli- rono sotto un ponte. Da allora, di “sanità” neanche a parlarne, in quell’inferno sotterraneo arrivavano solo i miasmi della città soprastante. Solo un secolo prima grandissimi architetti come Sanfelice ci costruivano pa- lazzi nobiliari con androni e scale a due montanti, archi e portici per abitazioni da villeggiatura, a un passo dalle colline di Capodimonte e dai casali di Napoli: oggi orribili periferie, allora verdi buen retiro. Architetture fantastiche, ora in pessime condizioni, ma che si possono vedere in qualche film di Lina Wertmüller e Nanni Loy. Sanità è To- tò, che qui ci è nato; è teatralità com’è ancora in poche strade di Napoli, quelle più nascoste. Qui sono tante, e si chiamano vico Lammatari, vico Fate a Foria, via Santa Maria Antesaecula. Un quartiere dove il tempo si è fer- mato solo in alcuni casi. Perché le bancarelle di falsi del mercato dei Cristallini sono gestite da immigrati dello Sri Lanka: gli abitanti medi della Sanità ora sono loro. Ma ci hanno preso casa senza paura anche i videoartisti Bian- co e Valente. Si contano quasi cinquanta tra gruppi e as- sociazioni, più di venti blog e decine di siti web sul quar- tiere e sportelli di consulenza psicologica. Presto nascerà anche un’orchestra formata da cinquanta ragazzi tra i 10 e i 16 anni, “Sanità Ensemble”. I ragazzi di Sott’o Ponte che hanno posato per il nostro servizio sugli scogli del Lido Sirena di Posillipo si chia- mano Manuelsebastian, Renato, Ciro, Gennaro, Mario, Giovanni, Vincenzo, Antonio, Salvatore, Giuseppe, Em- manuele. Sono solo alcuni dei 30 bambini che studiano disciplina teatrale e danza a San Vincenzo. Poi ce ne so- no altri 27 che hanno tra gli 11 e i 20 anni, tutti abitanti rigorosamente alla Sanità. Il più lontano vive ai Miracoli, 200 metri oltre. «Alla Sanità abitano tre tipi di ragazzi: quelli che vengono qui, quelli che giocano a pallone tutto il giorno e quelli che si sfastìriano». Voce del verbo “sfastiriarsi”, che significa più o meno: provare fastidio a prendere qualsiasi iniziativa, sostanzialmente restare inerti. Aspettare. «Un’inutile attesa non porta da nessuna parte». Anzi, può diventare estre- mamente pericolosa, dicono le cronache: ti chiama il ca- morrista, ti dice vuoi guadagnare 250 euro senza fare niente? Se lo sfastiriato acconsente riceve un pacchetto, di solito, di droga, lo consegna e ritira il denaro. È il suo esor- dio in un mondo da cui, se uscirà vivo, potrà dirsi fortuna- to. Vincenzo ricorda il suo incontro con Pietro Taricone, at- tore nella Squadra. Ai ragazzi si illumina lo sguardo. Lisa, una di loro, l’ha conosciuto, ha fatto una parte nella fiction che dopo la morte dell’eroe del Grande Fratello si è inter- rotta e ne stanno riscrivendo daccapo la sceneggiatura. Lanciarsi col paracadute, il pericolo è il mio mestiere… Taricone è morto così. «Io mi lancerei solo una volta, per prova- re l’emozione», dice Giuseppe. France- sco, è più cauto: «Non ci penso nemme- no». «Perché? - chiede Giovanni - si può morire pure nel proprio letto». Ma nel lo- ro quartiere si corre anche il rischio di trovarsi nel mezzo di una sparatoria. «Fortunatamente non se ne sentono più di queste cose. Ma i giornali parlano solo dei morti». «Eppure quello che facciamo qui è importante e può spiegare tante co- se a chi conosce solo la Napoli dei morti ammazzati - dice Simone, ciuffo e sorriso alla Massimo Ranieri da giovane - ballare e cantare è la cosa che mi rende più feli- ce». Una passione diventata realtà l’anno scorso, quando i ragazzi più grandi del corso di Pirozzi hanno debuttato con lo spettacolo Strade r’a Sanità al teatro della UniTre di Milano. «Avevamo 15 spettatori - racconta Simone ridendo - ma andaro- no via entusiasti». Francesco fu “scritturato” da Pirozzi qualche anno fa. Aveva già fatto teatro alla scuola materna, «abbandonai per il pallone. Ma il teatro vale più delle paghe miliardarie che danno ai calciatori. Il re- gista mi propose la parte di Benino nella Cantata dei Pa- stori». Meno di una comparsa: Benino dorme per tutta la commedia. «Ma il teatro è bello anche facendo un sem- plice popolano. L’emozione che ti dà il pubblico è diversa da ogni altra». Paura? «Semmai ansia. La paura è del giudizio del nostro regista. Ogni volta che gli chiediamo com’è andata, risponde “potevate fare meglio”». Questi scugnizzi terzo millennio della Sanità, insieme a recita- zione e danza, studiano teatroterapia e gruppi di condivi- sione. Cinquanta hanno varcato la soglia della chiesa. Centinaia sono ancora là fuori, possibili prede di domani di una camorra che riconta continuamente i suoi affiliati. «Il vero problema non è neppure la camorra: è l’ignoran- za. Noi lo diciamo ai nostri amici, cosa si fa qui dentro. Qualcuno risponde: ma che vai a ffà ‘o chierichetto?». «Secondo me non hanno mai provato un’emozione», di- ce Lisa «non vengono stimolati dai genitori». Il regista: «Una volta un ragazzo mi ha risposto: non salirei mai su un palcoscenico, io già mi metto scuorno (vergogna) di guardarmi allo specchio... ». EMOZIONI ALTERNATIVE Una scuola di teatro, danza e taekwondo nel cuore di una zona a rischio malavita. È la sfida di un giovane regista per salvare i giovanissimi dalle cattive compagnie. E dall’ignoranza di Stella Cervasio SCUGNIZZI DI QUARTIERE Alcuni dei ragazzini del Quartiere Sanità, ritratti nel servizio fotografico delle pagine successive. Foto di D. Scarpati - A. Di Nunzio - Styling Annie Lerner

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4 SETTEMBRE 2010D 188

Non sono poco vestiti, come quellidei quadri dell’Ottocento e dei filmneorealisti. E neppure corronodietro ai tram, né schiamazzano.Questi scugnizzi siedono invececomposti e silenziosi (sicuramente“alla moda”) in circolo, nella chie-sa di San Vincenzo, dove da diecianni non si dice più messa e si fascuola di teatro e ballo, taekwon-

do, judo e tra poco anche rock acrobatico. Faccia all’al-tare, sta il loro “maestro”, giovanissimo regista dellaSquadra e di Un posto al sole, le fiction che hanno Na-poli come set. Si chiama Vincenzo Pirozzi e le guance glisi infiammano quando parla di fare qualcosa per il suoquartiere, di istituzioni assenti, di don Antonio Loffredo,«il solo che veramente si occupi della Sanità»: il parrocodi Santa Maria della Sanità è autore di decine di iniziativeper togliere la patina noir sullo storico quartiere. Su brac-cia e gambe Enzo ha grandi tatuaggi. Ogni tanto gli scap-

pa qualche parola in napoletano. Viene anche lui dallastrada, come molti di quelli che porta per mano sul pal-coscenico, pur invitandoli a restare con i piedi per terra.Ha studiato regia teatrale e ha collaborato con i fratelliTaviani, Tonino Capuano, Paolo Sorrentino. Lavora, mada volontario aiuta i bambini della Sanità a scampare allacamorra. Non tutti saranno famosi, ma tanti di quelli chesono venuti in questa chiesa (da quando nel 1992 è sta-ta fondata l’associazione Sott’o Ponte) per fortuna nonsono diventati manovalanza dei clan. Freschi di diploma,alcuni lavorano nelle fabbriche, altri come camerieri neiristoranti, molti studiano.Quartiere Sanità, in tempi non lontani una di quelle zo-ne di Napoli da un morto ammazzato al giorno. Ha ce-duto il record a Scampia, ma si tiene stretto il degrado. Èun vallone che nell’Ottocento i francesi di Murat seppelli-rono sotto un ponte. Da allora, di “sanità” neanche aparlarne, in quell’inferno sotterraneo arrivavano solo imiasmi della città soprastante. Solo un secolo primagrandissimi architetti come Sanfelice ci costruivano pa-

lazzi nobiliari con androni e scale a due montanti, archi eportici per abitazioni da villeggiatura, a un passo dallecolline di Capodimonte e dai casali di Napoli: oggi orribiliperiferie, allora verdi buen retiro. Architetture fantastiche,ora in pessime condizioni, ma che si possono vedere inqualche film di Lina Wertmüller e Nanni Loy. Sanità è To-tò, che qui ci è nato; è teatralità com’è ancora in pochestrade di Napoli, quelle più nascoste. Qui sono tante, e sichiamano vico Lammatari, vico Fate a Foria, via SantaMaria Antesaecula. Un quartiere dove il tempo si è fer-mato solo in alcuni casi. Perché le bancarelle di falsi delmercato dei Cristallini sono gestite da immigrati dello Sri

Lanka: gli abitanti medi della Sanità ora sono loro. Ma cihanno preso casa senza paura anche i videoartisti Bian-co e Valente. Si contano quasi cinquanta tra gruppi e as-sociazioni, più di venti blog e decine di siti web sul quar-tiere e sportelli di consulenza psicologica. Presto nasceràanche un’orchestra formata da cinquanta ragazzi tra i 10e i 16 anni, “Sanità Ensemble”.I ragazzi di Sott’o Ponte che hanno posato per il nostroservizio sugli scogli del Lido Sirena di Posillipo si chia-mano Manuelsebastian, Renato, Ciro, Gennaro, Mario,Giovanni, Vincenzo, Antonio, Salvatore, Giuseppe, Em-manuele. Sono solo alcuni dei 30 bambini che studianodisciplina teatrale e danza a San Vincenzo. Poi ce ne so-no altri 27 che hanno tra gli 11 e i 20 anni, tutti abitantirigorosamente alla Sanità. Il più lontano vive ai Miracoli,200 metri oltre.«Alla Sanità abitano tre tipi di ragazzi: quelli che vengonoqui, quelli che giocano a pallone tutto il giorno e quelli chesi sfastìriano». Voce del verbo “sfastiriarsi”, che significapiù o meno: provare fastidio a prendere qualsiasi iniziativa,

sostanzialmente restare inerti. Aspettare. «Un’inutile attesanon porta da nessuna parte». Anzi, può diventare estre-mamente pericolosa, dicono le cronache: ti chiama il ca-morrista, ti dice vuoi guadagnare 250 euro senza fareniente? Se lo sfastiriato acconsente riceve un pacchetto, disolito, di droga, lo consegna e ritira il denaro. È il suo esor-dio in un mondo da cui, se uscirà vivo, potrà dirsi fortuna-to. Vincenzo ricorda il suo incontro con Pietro Taricone, at-tore nella Squadra. Ai ragazzi si illumina lo sguardo. Lisa,una di loro, l’ha conosciuto, ha fatto una parte nella fictionche dopo la morte dell’eroe del Grande Fratello si è inter-rotta e ne stanno riscrivendo daccapo la sceneggiatura.

Lanciarsi col paracadute, il pericolo è ilmio mestiere… Taricone è morto così.«Io mi lancerei solo una volta, per prova-re l’emozione», dice Giuseppe. France-sco, è più cauto: «Non ci penso nemme-no». «Perché? - chiede Giovanni - si puòmorire pure nel proprio letto». Ma nel lo-ro quartiere si corre anche il rischio ditrovarsi nel mezzo di una sparatoria.«Fortunatamente non se ne sentono piùdi queste cose. Ma i giornali parlano solodei morti». «Eppure quello che facciamoqui è importante e può spiegare tante co-se a chi conosce solo la Napoli dei mortiammazzati - dice Simone, ciuffo e sorrisoalla Massimo Ranieri da giovane - ballaree cantare è la cosa che mi rende più feli-ce». Una passione diventata realtà l’annoscorso, quando i ragazzi più grandi delcorso di Pirozzi hanno debuttato con lospettacolo Strade r’a Sanità al teatro dellaUniTre di Milano. «Avevamo 15 spettatori- racconta Simone ridendo - ma andaro-no via entusiasti».Francesco fu “scritturato” da Pirozziqualche anno fa. Aveva già fatto teatroalla scuola materna, «abbandonai per ilpallone. Ma il teatro vale più delle paghemiliardarie che danno ai calciatori. Il re-

gista mi propose la parte di Benino nella Cantata dei Pa-stori». Meno di una comparsa: Benino dorme per tutta lacommedia. «Ma il teatro è bello anche facendo un sem-plice popolano. L’emozione che ti dà il pubblico è diversada ogni altra». Paura? «Semmai ansia. La paura è delgiudizio del nostro regista. Ogni volta che gli chiediamocom’è andata, risponde “potevate fare meglio”». Questiscugnizzi terzo millennio della Sanità, insieme a recita-zione e danza, studiano teatroterapia e gruppi di condivi-sione. Cinquanta hanno varcato la soglia della chiesa.Centinaia sono ancora là fuori, possibili prede di domanidi una camorra che riconta continuamente i suoi affiliati.«Il vero problema non è neppure la camorra: è l’ignoran-za. Noi lo diciamo ai nostri amici, cosa si fa qui dentro.Qualcuno risponde: ma che vai a ffà ‘o chierichetto?».«Secondo me non hanno mai provato un’emozione», di-ce Lisa «non vengono stimolati dai genitori». Il regista:«Una volta un ragazzo mi ha risposto: non salirei mai suun palcoscenico, io già mi metto scuorno (vergogna) diguardarmi allo specchio... ».

EMOZIONI ALTERNATIVEUna scuola

di teatro, danza etaekwondo nel cuore

di una zona arischio malavita.

È la sfida di un giovane regista

per salvare igiovanissimi dallecattive compagnie. E dall’ignoranza

di Stella Cervasio

SCUGNIZZIDI QUARTIERE

Alcuni dei ragazzini del Quartiere Sanità, ritratti nel

servizio fotografico delle pagine successive.

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