scriptiocontinua - liceo banfi - vimercate · 3.gl si pronunzia col g duro; ph si pronunzia f...
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Gi ornal i no i n l at i no
Horas non numero nisi serenas
Scrive a proposito J. L. Borges Altre inquisizioni,
“Del culto dei libri”.
Confessioni
(Continua a pagina 2)
At grammaticis saltem omnes in hanc descen-dentem rerum tenuita-tem, desinitne aliquae nobis necessariae litterae, non cum Graeca scriba-mus -tum enim ab isdem duas mutamur -, sed pro-
pe in Latinis… an rursus aliae redundent praeter illam adspirationis, quae, si necessaria est, etiam contraria sibi poposcit… Atque etiam ipsis vocabu-lis grammatici est videre, an aliquas pro consonan-
tibus usus acceperit … at quae ut vocale iunguntur aut unam longam faciunt ut veteres scripserunt,
qui geminationem earum ut apice utebantur , aut duas:
(continua a pag 3)
Vexata quaestio
Strane letture di Ambrogio (S. Ambrogio) da Milano
autori
Sommario:
Un bel tacer non fu mai scritto…..
AN N O 1, N U MERO 1
D ATA
Vox autem et lingua quiescebant...
Pagina 2 Anno 1, Numero 1
successiva e ogni frase appariva come un’uni-ca lunga parola.
Ad esempio, la frase:
-Agricola cotidie vitulis et iuvencis aquam prae-bet.-
Poteva essere scritta:
AGRICOLACOTIDIEVITVLISETIVVENCI
Nell’Antichità Classica lo scritto era ritenuto un semplice supporto della lingua parlata; la punteggiatura non esi-steva e le pause erano lasciate all’interpreta-zione del lettore. Ogni finale di parola, poi, era considerato saldato all’inizio della parola
SAQVAMPRAEBET
E veniva sillabata:
A, GRI, CO, LA, CO, TI, DI, E, VI, TU, LI, SET, IU, VEN, CI, SA, QUAM, PRAE, BET.
compito del grammati-co vedere
tra le stesse vocali
se l’uso ne abbia accolte alcune come consonanti … Al con-trario, le lettere che si congiungono come vo-cali danno luogo ad una sola lunga, come scrivevano gli antichi che usavano il raddop-piamento delle vocali come segno di vocale o due: a meno che qual-cuno non pensi che u-na sillaba può risultare da tre vocali, se alcune di queste non compio-
no l’ufficio di conso-nante. Il grammatico studierà anche come non più di due vocali siano naturalmente portate ad unirsi men-tre due consonanti non lo sono a meno che non resti affievolito il suono di una delle due...
Ma almeno tutti i grammatici arriveranno a trattare problemi non profondi, cioè a chie-dersi se a noi manchi-no alcune delle lettere necessarie — non quan-do scriviamo in parole greche (perché allora quella lingua ce ne pre-sta due) - ma proprio tra le latine … o se, vi-ceversa, ne abbiamo altre in eccedenza, a parte il segno di aspira-zione, che, se è necessa-rio, esige anche quello contrario … Ed è anche
S A T OR
A R E P O
T E N E T
O P E R A
R O T A S
Vexata quaestio (traduzione)
scriptiocontinua
STRANE LETTURE...
MITTO TI-BI NA-VEM PRORA PVPPI-QUE CA-RENTEM.
Cic. (attribuita)
Pagina 3 Gnomon
Casus a cadendo dicti; per eos enim inflexa nomina variantur et cadunt,
Nominativus casus dic-tus quia per eum aliquid nominamus ut hic magi-ster.
Genitivus, quia per eum genus cuiuscumquae qua-erimus, ut huius magistri filius vel quod rem signifi-camus ut huius magistri liber.
Dativus, quia per eum nos dare alicui aliquid de-monstramus ut da huic magistro.
Accusativus, quia per eum aliquem accusamus ut accuso hunc magi-strum.
Vocativus, quia per eum aliquem vocamus ut o ma-gister.
Ablativus, quia per eum nos auferre aliquid cui-quam significamus ut aufer a magistro.
Dalle Etymologiae o Origienes di Isidoro di
Siviglia
Isidoro di Siviglia, santo e dottore della chiesa, scrisse attorno al 600 D.C. La sua opera (Etymologiae o Origi-nes ), una sorta di enci-clopedia del tempo, esercitò un notevole influsso sulla cultu-ra occidentale per-
ché conser-va e tra-manda mol-tissime in-formazioni
riguardanti la civiltà classica.
Da:
Marco Fabio Quintiliano,
Institutio Oratoria,
I, 4; 7,9,12
nisi quis putat etiam ex tribus vocalibus syllabam fieri, si non aliquae offi-cium consonantium fun-gantur.
Quaereret hoc etiam , quo modo duobus de-mum vocalibus in se ipsas coeundi natura sis, cum consonatium nulla nisi alteram frangat…
A casaccio (dalle“Etymologiae”)
Vexata quaestio
stro” o perché definiamo una cosa come: “Il libro di questo maestro”. Il dativo perché , per mezzo di esso mostriamo di dare qualcosa a qualcuno, come: “Dà a que-sto maestro”. L’accusativo perché , per mezzo di esso accusiamo qualcuno, come: “Accuso questo maestro”.
Il vocativo perché , per mezzo
di esso chiamiamo qualcuno, come “O maestro”. L’ablativo perché , per mezzo di esso indichiamo che si porta via qualcosa ad uno, come “Porta via al maestro”.
I casi si chiamano così da cadere; infatti per mezzo di essi i nomi flettendosi cado-no in vario modo. Il nomina-tivo è chiamato così perché , per mezzo di esso nominiamo qualcosa come : “Questo ma-estro”. Il genitivo perché , per mezzo di esso ricerchia-mo il genere di uno qualsiasi come “Il figlio di questo mae-
Cane decane canis? Sed
ne cane, cane decane, de
cane, de canis, cane
decane, cane.
Traduzione (Etymologiae)
Accuso hunc magi-strum...
(l’imperatore Claudio) Novas etiam commentus est litte-ras tres ac numero veterum quasi maxime necessarias addidit; de quarum ratione cum privatus adhuc volumen edidisset, mox princeps non difficulter optinuit ut in usu quoque promiscuo essent. Extat talis scriptura in pleri-sque libris ac diuturnis titulisque operum…
Svet. Vite dei XII cesari V; XLI Ideò tre nuove lettere dell’alfabeto e le aggiunse al no-vero delle vecchie come indispensabili. Quando era an-cora privato cittadino aveva pubblicato una relazione a chiarimento di queste lettere , che poi da principe facil-mente ottenne che divenissero di uso comune insieme alle altre. Un tale tipo di scrittura si trova in parecchi libri, negli annunci e nelle iscrizioni pubbliche.
Tre lettere particolari
A E I O V SI OPPORTVNE
DISPONAS E SVMMO DEO
INCIPERE VIDEARIS
L A P R O N U N Z I A
ESISTONO OGGI DUE SISTEMI DI PRONUNZIA DEL LATINO EN-TRAMBI BEN DIVERSI DA QUELLO ANTICO: la Romana (o Scola-
stica, o Curiale), adottata a suo tempo dalla chiesa cattolica e la Restituta (o Skientifika o Classica), proposta da studiosi che, ad iniziare da Erasmo
da Rotterdam, tentarono di ricostruire la parlata dei tempi di Cicerone.
Pronunzia Romana:
1. I dittonghi ae, oe, si pronunziano: e (se però le vocali appartengono a
sillabe diverse, vengono separate)
2. Y si pronunzia: i; H è sempre muta; C e G assumono suono dolce
quando seguiti da E e da I; V può essere vocale (u) o consonante (v)
3. Gl si pronunzia col g duro; ph si pronunzia f (escludendo i grecismi);
4. Ti si pronunzia z quando seguito da vocale (escludendo i grecismi),
tranne che la i sia lunga e accentata o che la t sia preceduta da t, s, x
5. Ph si pronunzia f.
Pronunzia restituta:
1. Tutti i dittonghi si pronunziano aperti, con l’accento sull’ultima vo-
cale.
2. Y si pronunzia come la u francese (o lombarda)
3. H si pronunzia con una leggera aspirazione
4. V si pronunzia sempre u
5. Quu si pronunzia ku
6. C e g hanno sempre suono duro, s è sempre sorda
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GIORN ALIN O IN
LATIN O
Lib.VIII; XXII.
E tuttavia restano alcu-ne sue battute felicissi-me (di Vespasiano), tra cui questa: avvisato da Mestrio Floro, di rango consolare, che era meglio dire “Plaustra” che “plostra”, il giorno do-po lo salutò chiaman-dolo”Flauro”*
* E’ un gioco di paro-le: in greco significava “sciocco”
Et tamen nonnulla eius facetissima e-xtant, in quibus et haec. Mestrium Florum consularem, admo-nitus ab eo “plaustra” potius quam “plostra” di-cenda, postero die “Flaurum” saluta-vit… Svet. Vite dei XII Cesa-
ri
L’imperatore e il saccente...
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Et loquor et scribo magis
quod est fulmine iungo
L iceo B a n fi
Ego sum rex romanus et super grammaticam
Homo qui erranti comiter monstrat viam, quasi lumen de suo lumine ac-cendant, facit; nilo minus ipsi lucet, cum illi accenderit.
Ennio