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Scheda n. 22 – 3 agosto 2017 Il nuovo blocco del trattamento accessorio nel 2017 Luca Di Donna, Maurizio Delfino

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Scheda n. 22 – 3 agosto 2017

Il nuovo blocco del trattamento accessorio nel

2017

Luca Di Donna, Maurizio Delfino

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Premessa

A distanza di un solo anno dall’entrata in vigore del precedente limite di crescita dei fondi destinati

alla contrattazione integrativa (disposta con la legge di stabilità per il 2016), il legislatore ha

introdotto un nuovo tetto massimo all’ammontare complessivo delle risorse destinabili

annualmente dalle amministrazioni pubbliche al trattamento accessorio del proprio personale.

Il recente art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017 (che abroga espressamente l’art. 1, comma 236,

della legge n. 208/2015, che costituiva la norma valevole, in materia, nel 2016) contiene infatti

una disposizione di carattere transitorio con cui si stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2017,

nelle more dell’armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale dei vari

comparti della pubblica amministrazione, l’ammontare complessivo delle risorse destinate

annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna

delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016 (fatta

eccezione per gli enti locali che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nel 2015, per i

quali, come avremo modo di approfondire in seguito, il legislatore ha individuato un diverso

parametro di riferimento).

Tralasciando alcuni aspetti della disciplina riguardanti casi specifici (come quello concernente

appunto gli enti locali che non hanno potuto destinare nell'anno 2016 risorse aggiuntive alla

contrattazione integrativa a causa del mancato rispetto del patto di stabilità interno nel 2015), i

principali elementi di novità che caratterizzano il nuovo sistema vincolistico (oltre al mutamento

dell’anno base, che slitta al 2016) si esauriscono pertanto nella mancata riproposizione del

concorrente obbligo di riduzione proporzionale alle cessazioni dal servizio (che potrebbe

permettere, a risorse complessive invariate, di incrementare il trattamento accessorio pro capite);

elementi che, a giudizio della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti1, “connotano le

modalità applicative del nuovo tetto di spesa senza incidere sulla struttura di fondo del

meccanismo di calcolo con il quale, dal 2011, il legislatore ha inteso congelare le risorse per la

contrattazione integrativa”.

L’effetto collaterale che l’introduzione di questo nuovo limite di spesa porta con sé è quello del

temporaneo consolidamento delle decurtazioni operate dagli enti nell’anno 2016. Per contro,

però, la pedissequa riproposizione della struttura della prima parte del comma 236 pocanzi citato

ci consente di ritenere certamente ancora attuali gli indirizzi applicativi elaborati in passato dalla

Ragioneria Generale dello Stato e dalla Magistratura contabile con riferimento alla normativa di

blocco previgente, consentendo così agli operatori degli enti locali di avere immediatamente

chiare le regole da seguire per valorizzare correttamente il fondo di quest’anno.

Occorre segnalare, poi, che tale previsione opera, per esplicita previsione legislativa, già dallo

scorso 1° gennaio e, quindi, ci impone di dare corso alla sua applicazione per l’intero anno 2017. Di

conseguenza, le amministrazioni che avessero già costituito il fondo del corrente anno restando

all’interno del tetto del fondo del 2015 e/o dando corso alla riduzione proporzionale dello stesso 1 Si veda la delibera n. 20/SEZAUT/2017/QMIG

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in relazione alla prevista diminuzione del personale in servizio, dovranno necessariamente

rideterminarlo in coerenza con la nuova disciplina limitativa.

Allo stato attuale risulta impossibile fare previsioni sull’effettiva durata del nuovo “blocco” del

salario accessorio imposto dal legislatore ma, vista la complessità del processo di

omogeneizzazione dei medesimi trattamenti fra i diversi comparti di contrattazione, c'è da

scommettere che non sarà certo breve.

Con questo approfondimento proviamo quindi a tirare le fila della questione, fornendo le soluzioni

per la corretta applicazione della normativa sopravvenuta. Nell’ultima parte ribadiremo invece la

nuova procedura di contabilizzazione delle spese relative al trattamento accessorio e premiante.

La latitudine applicativa della nuova disciplina

Da quest’anno, dunque, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al

trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna amministrazione

pubblica, non potrà superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016.

Molti ricorderanno che nel regime normativo antecedente all’entrata in vigore della legge di

stabilità per l’anno 2016, erano sorte talune divergenze interpretative all’interno della Corte dei

conti in merito all’esatta definizione dell’ambito applicativo del tetto di spesa previsto dal già

citato comma 2-bis dell’art. 9 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78. Alcune Sezioni regionali sostenevano

infatti che la norma, non facendo espresso riferimento al “fondo” per il finanziamento della

contrattazione integrativa, includesse nel trattamento accessorio tutti gli emolumenti corrisposti a

tale titolo, indipendentemente dalla loro allocazione in bilancio (fondo o altri capitoli di bilancio

dell’ente). Altre Sezioni, invece, ritenevano che la latitudine operativa della disposizione

vincolistica non potesse andare oltre le risorse del fondo.

Alla base dell’accennato contrasto interpretativo vi era in particolare il fatto che la disciplina

contrattuale del comparto degli enti locali prevede un doppio regime di finanziamento della

retribuzione di posizione e di risultato per i titolari di posizione organizzativa, il quale opera in

ragione della presenza o meno delle posizioni dirigenziali nell’ambito della struttura degli enti.

Infatti, mentre i Comuni che dispongono di dirigenza devono far gravare il finanziamento della

retribuzione accessoria delle posizioni organizzative esclusivamente sulle risorse stabili del fondo

per le risorse decentrate, i Comuni privi di posizioni dirigenziali, potendo individuare direttamente

in bilancio le relative risorse, non sono tenuti ad applicare, in tale fattispecie, il normale regime

della contrattazione integrativa.

L’evidenziato conflitto è stato poi risolto dalla Sezione delle Autonomie che, con deliberazione n.

26/2014/QMIG, ha evidenziato come l’impiego dell’espressione “…ammontare complessivo delle

risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale” – espressione contenuta

anche nel vigente comma 236 della legge di stabilità 2016 – mostri la volontà di ricomprendere

nella fattispecie normativa ogni genere di risorse funzionalmente destinate ad offrire copertura

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agli oneri accessori del personale, senza alcuna considerazione per l’origine o la provenienza delle

risorse. In questo senso rilevano tanto le risorse del bilancio imputate al fondo quanto le risorse

direttamente stanziate in bilancio a copertura degli oneri relativi alle posizioni organizzative nei

Comuni privi di qualifiche dirigenziali, presentando le medesime caratteristiche funzionali di

destinazione e l’idoneità ad incrementare la spesa per il trattamento accessorio del personale in

ragione del loro concreto utilizzo. Ne discende che nel computo del tetto di spesa rientrano tutte

le risorse stanziate in bilancio con vincolo di destinazione al trattamento accessorio del personale,

indipendentemente da eventuali risorse derivanti da maggiori entrate. Pertanto, come ancora

recentemente ribadito dalla Sezione regionale di controllo della Lombardia (deliberazione n.

123/2016/PAR), se il legislatore ha inteso adoperare locuzioni quali “…l’ammontare complessivo

delle risorse…” destinate al “…trattamento accessorio del personale” è perché ha voluto

comprendere nel limite stabilito anche le eventuali entrate ulteriori rispetto a quelle presenti nei

fondi delle risorse decentrate.

Anche la Ragioneria Generale dello Stato (nota prot. n. 63898 del 10 agosto 2015), del resto, ha

rivelato di condividere pienamente questa chiave di lettura sistematica della norma, affermando

tuttavia che la richiamata delibera della Sezione delle Autonomie non appare prescrivere che le

risorse del fondo siano da “sommare” a quelle iscritte in bilancio per remunerare la retribuzione

accessoria delle posizioni organizzative, determinando un unico “monte-risorse” da sottoporre a

riduzione. Viceversa, appare corretto considerare distintamente la sezione riferita al fondo e la

sezione riferita alle posizioni organizzative (a carico del bilancio dell’ente).

Recentemente, però, sembra essersi definitivamente consolidato quell’indirizzo interpretativo che

ritiene che il limite di spesa in questione vada applicato all’ammontare complessivo del

trattamento accessorio e non alle sue singole componenti, considerato che l’unico vincolo

esplicitato dalla legge è dato dall’ammontare complessivo delle risorse destinate per il 2017 al

trattamento accessorio, che non può appunto superare il corrispondente importo determinato per

l’anno 2016 (Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna con delibera n. 100/2017/PAR,

Sezione regionale di controllo per il Piemonte con delibera n. 135/2016, Sezione regionale di

controllo per la Lombardia con delibera n. 205/2016).

Come in proposito di recente affermato dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti

del Friuli Venezia Giulia (delibera n. 49/2017/PAR), dunque, “appare evidente come il limite

eteronomo riguardi solo la cristallizzazione dell’importo complessivo mentre resta riservata alla

valutazione discrezionale dell’ente la decisione sul mantenimento delle risorse per un eventuale

nuovo incarico di P.O. (nell’ipotesi che il risparmio derivasse da cessazione del dipendente e non

della posizione) laddove necessario o, in alternativa, sull’eventuale destinazione a progetti di

produttività o a processi di razionalizzazione dei servizi”. Su queste basi, la Corte conclude quindi

che le nuove norme concedono ampia flessibilità all’ente locale nel destinare le risorse accessorie

non vincolate, in ragione della propria situazione organizzativa, assicurando in via prioritaria che le

eventuali risorse che si rendessero disponibili siano finalizzate al miglioramento dell’efficienza e

della produttività.

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Occorre per altro evidenziare come quest’ultima interpretazione oggi, grazie al superamento

dell’obbligo di riduzione proporzionale dell’entità delle risorse in discorso in considerazione alla

riduzione numerica dei dipendenti, non presenti più l’inconveniente di dover decurtare le risorse

destinate alle P.O. anche in caso di cessazione di personale non incaricato di posizione

organizzativa.

È noto, infine, che l’Aran e la Ragioneria Generale considerano escluse dal limite di spesa in

questione le risorse utilizzate dagli enti per remunerare le prestazioni di lavoro straordinario rese

dal personale dipendente (parere n. 5401/2013), visto che il relativo fondo è immodificabile in

aumento2.

Le voci escluse dal blocco

Come ricordato in premessa, Magistratura contabile e Ragioneria Generale dello Stato hanno

ripetutamente affrontato in passato il tema della calmierazione del trattamento accessorio del

pubblico impiego, fornendo in proposito dettagliati indirizzi applicativi che possono ritenersi

tuttora pienamente applicabili anche in vigenza del nuovo “blocco” imposto dal D.Lgs. n. 75/2017,

stante la sostanziale identità di regole con la normativa previgente.

Anche se profili interpretativi di carattere letterale, sistematico e teleologico sembravano deporre

univocamente per una applicazione omnicomprensiva della disposizione vincolistica, che

comprendesse, indistintamente, tutte le risorse comunque gravanti sul bilancio degli enti e

destinate a remunerare il trattamento accessorio del personale, si sono progressivamente

consolidati nel tempo orientamenti3 volti ad escludere dal regime vincolistico in parola i seguenti

istituti:

- le economie aggiuntive effettivamente realizzate ai sensi dell’articolo 16, commi 4 e 5, del

D.L. 98/2011 (economie derivanti dai c.d. Piani di razionalizzazione);

- le economie del fondo anno precedente ex art. 17, comma 5, del CCNL dell’1.4.1999;

- i risparmi derivanti dal mancato utilizzo delle ore di lavoro straordinario nell’anno

precedente di cui all’art. 15, comma 1, lett. m) del CCNL dell'1.4.1999;

- le quote per la progettazione ex art. 93, commi 7-bis e seguenti, del D.Lgs. n. 163/2006;

- i compensi professionali legali in relazione a sentenze favorevoli all’Amministrazione con

spese a carico della parte soccombente;

2 Ad opposta conclusione sono tuttavia pervenute la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della

Lombardia (deliberazioni n. 379/2015/PAR, n. 423/2012/PAR, n. 39/2013/PAR) e quella del Friuli Venezia Giulia (delibera n. 17/2014/PAR), le quali ritengono che la latitudine precettiva del comma 2-bis dell’art. 9 del decreto-legge n. 78 del 2010 sia estendibile anche all’ammontare delle risorse destinate al lavoro straordinario. 3 Si veda in particolare la circolare della RGS n. 16/2012, le cui indicazioni sono state poi successivamente sempre

ribadite.

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- le risorse conto terzi individuale e conto terzi collettivo (quest’ultimo riferito ad attività non

ordinariamente rese dall’Amministrazione precedentemente l’entrata in vigore del D.L.

78/2010);

- con solo riferimento al personale dirigente, le reggenze affidate a fronte di cessazioni in

regime di art. 9 comma 2-bis della legge 122/2010.

Rimangono invece assoggettate al tetto di spesa le risorse derivanti dal recupero evasione ICI e le

risorse eventualmente destinate all’incentivazione del personale della polizia locale ai sensi

dell’art. 208, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 285/1992 e successive modificazioni (codice della strada).

Grande incertezza residua, infine, in merito all’esclusione dal predetto limite di spesa degli

incentivi per funzioni tecniche previsti dall’art. 113 del nuovo codice degli appalti,

apparentemente differenti dagli incentivi alla progettazione visti in precedenza.

Al riguardo bisogna infatti anzitutto prendere atto del recente pronunciamento (delibera n. 7 del 6

aprile 2017) con cui la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti è giunta alla conclusione che

gli incentivi per le funzioni tecniche rientrino nel tetto del fondo per la contrattazione decentrata

(“Gli incentivi per funzioni tecniche di cui all’articolo 113, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 sono da

includere nel tetto dei trattamenti accessori di cui all’articolo 1, comma 236, legge n. 208/2015”).

Questo, in sintesi, l’iter argomentativo che ha determinato la Sezione citata ad esprimersi in tal

senso:

a) “la incentivazione delle funzioni tecniche di cui all’articolo 113 del d.lgs. n. 50/2016 non è

sovrapponibile all’incentivo per la progettazione di cui all’art. 93, comma 7- bis, del d.lgs. n.

163/2006, oggi abrogato, in quanto la prima remunera specifiche e determinate attività di natura

tecnica svolte dai dipendenti pubblici, tra cui quelle della programmazione, predisposizione e

controllo delle procedure di gara e dell’esecuzione del contratto escludendo l’applicazione degli

incentivi alla progettazione”;

b) “nei nuovi incentivi non ricorrono gli elementi che consentano di qualificare la relativa spesa

come finalizzata ad investimenti; il fatto che tali emolumenti siano erogabili, con carattere di

generalità, anche per gli appalti di servizi e forniture comporta che gli stessi si configurino, in

maniera inequivocabile, come spese di funzionamento e, dunque, come spese correnti (e di

personale)”;

c) “non si ravvisano gli ulteriori presupposti delineati dalle Sezioni Riunite (nella richiamata

delibera n. 51/2011), per escludere gli incentivi di cui trattasi dal limite del tetto di spesa per i

trattamenti accessori del personale dipendente in quanto essi non vanno a remunerare prestazioni

professionali tipiche di soggetti individuati e individuabili acquisibili anche attraverso il ricorso a

personale esterno alla P.A.”;

d) “evidente l’intento del legislatore di ampliare il novero dei beneficiari degli incentivi in esame,

individuati nei profili, tecnici e non, del personale pubblico coinvolto nelle diverse fasi del

procedimento di spesa, dalla programmazione (che nel nuovo codice dei contratti pubblici, all’art.

21, è resa obbligatoria anche per l’acquisto di beni e servizi) all’esecuzione del contratto. Al

contempo, la citata disposizione richiama gli istituti della contrattazione decentrata, il che può

essere inteso come una sottolineatura dell’applicazione dei limiti di spesa alle risorse decentrate”.

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Più recentemente, tuttavia, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Liguria (con

delibera n. 58/2017/QMIG) ha affermato chiaramente di non ritenere convincente il percorso

interpretativo utilizzato dal massimo consesso nomofilattico, dal momento che lo stesso può dar

luogo ad incongruenze tali da determinare, da un lato, l’inapplicabilità della norma in determinate

fattispecie e, dall’altro, un possibile aumento della spesa di personale, realizzando, in tal modo,

una finalità opposta rispetto a quella perseguita dalla medesima Sezione.

Specialità della norma e puntuali limiti di spesa intrinseci al quadro normativo di riferimento

hanno fatto invece propendere la Sezione ligure per la tesi dell’esclusione del fondo del comma 2

dell’art. 113 del D.Lgs. n. 50 del 2016 dal computo della spesa rilevante ai fini del rispetto del tetto

del salario accessorio.

Gli incentivi alla progettazione, ha osservato infatti il Collegio, non erano ricompresi nella base di

calcolo del limite del 2015 (oggi 2016) riferito alle risorse per il trattamento accessorio.

Includere oggi tali incentivi nella base di calcolo della spesa rilevante ai fini del tetto di spesa per il

trattamento accessorio vorrebbe dire renderne impossibile l’erogazione, se non a scapito del

trattamento accessorio di altri dipendenti, mediante riduzione di altre risorse, al fine di

compensare l’erogazione degli incentivi medesimi.

Tale interpretazione “restrittiva” determinerebbe inoltre la violazione del principio, affermato

dalla giurisprudenza contabile, di omogeneità tra i dati (e i tetti di spesa) oggetto di comparazione.

Non sarebbe logico, né legittimo, contrapporre due limiti di spesa il cui ammontare sia composto

da voci differenti.

Se si ritenesse di adottare tale principio, legittimo e coerente con il sistema dei tetti di spesa, si

potrebbero, tuttavia, verificare conseguenze non coerenti con le esigenze di contenimento della

spesa di personale, con possibili effetti espansivi della stessa, oltre che un fenomeno di casualità

che potrebbe condurre alcuni enti a realizzare una spesa rilevante, ed altri a non poter erogare

alcunché.

Per tutto quanto sin qui esposto, la Sezione ha preferito optare per l’esclusione degli incentivi

tecnici previsti dal nuovo codice degli appalti dal computo della spesa rilevante ai fini del rispetto

dei limiti stabiliti per le risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale

Considerata tuttavia l’esigenza di un’interpretazione uniforme della normativa disciplinante gli

incentivi tecnici di cui al comma 2 dell’art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016, ai fini del rispetto dei limiti

di spesa del personale, i Giudici hanno ritenuto di sospendere la decisione sul parere richiesto dal

Comune istante per sottoporre al Presidente della Corte dei conti, sotto l’illustrata differente

prospettazione interpretativa, la seguente questione di massima: “se gli incentivi tecnici di cui al

comma 2 dell’art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016, debbano essere ricompresi nel computo della

spesa rilevante ai fini del rispetto del tetto di spesa previsto dall’art. 1, comma 557, della legge n.

296 del 2006, nonché ai fini del rispetto del tetto di spesa previsto dall’art. 1, comma 236, della

legge n. 208 del 2015”.

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Vedremo in futuro se la Sezione delle Autonomie deciderà di confermare o meno il proprio

precedente orientamento. Per il momento, comunque, ragioni di prudenza impongono di

considerare gli incentivi per le funzioni tecniche inclusi nel tetto dei trattamenti accessori di cui

all’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017.

Il nuovo vincolo: rispetto del limite 2016

Alla luce di quanto detto finora, è evidente che l’applicazione della nuova disciplina limitativa

impone agli operatori degli enti locali di attenersi ad una precisa sequenza di calcoli e valutazioni

quantitative per una corretta determinazione del fondo di quest’anno.

Come sappiamo, agli enti locali viene chiesto di verificare che il fondo 2017 non superi quello del

2016.

A tal fine, gli enti dovranno innanzitutto determinare il valore complessivo del fondo 2016 che

funge da parametro di raffronto per l’applicazione del vincolo. Quest’ultimo, come di recente

precisato dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Piemonte (con deliberazione

n. 139/2017/PAR), sarà pari all’ammontare del fondo 2016 costituito secondo le regole proprie

della vigente normativa contrattuale del comparto (eventualmente incrementato della spesa per

le indennità di posizione organizzativa e di risultato negli enti privi di dirigenza), dedotto della

decurtazione operata ai fini del riallineamento del fondo medesimo all’importo dell’anno 2015 e

delle voci che non concorrono alla determinazione del limite (vale a dire quelle indicate nel

paragrafo precedente).

E cosa ne è stato invece della decurtazione permanente da applicare ai fondi per la contrattazione

integrativa dal 2015 in avanti in applicazione dall’articolo 1, comma 456, della legge n. 147/2013 (il

quale prevedeva appunto il consolidamento della somma delle decurtazioni effettuate nel 2014

per effetto dell’applicazione del previgente articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge 31 maggio

2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122)?

Secondo la condivisibile interpretazione della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti

della Liguria (cfr. deliberazione n. 64/2017/PAR), l’obbligo di ridurre il fondo per la contrattazione

integrativa in misura pari ai risparmi conseguiti nel quadriennio 2011-2014 (di vigenza della prima

formulazione del più volte citato art. 9, comma 2-bis) non è più operante dal 2016 (anno in cui,

con l’introduzione dell’art. 1, comma 236, della legge n. 208/2015, la norma di finanza pubblica in

materia è mutata), né riprodotto dal 2017 (in cui è stata abrogata anche la norma precedente,

sostituita con altra, anche se similare). Tuttavia, i soli effetti della ridetta decurtazione continuano

ad operare, costituendo uno degli elementi numerici in base ai quali è stato costituito,

concretamente, il fondo per la contrattazione integrativa del 2015, che ha operato come tetto di

riferimento per il successivo anno 2016, e, di conseguenza, per il corrente anno 2017.

Per fare un esempio numerico, se il fondo per la contrattazione integrativa, costituito in base alle

norme del CCNL, risultava, nel 2015, pari a 100, ed i risparmi stratificatisi nel quadriennio 2011-

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2014 erano pari a 5, le risorse concretamente destinabili nel 2015 erano pari a 95, importo che, in

virtù delle successive norme di finanza pubblica, diventa il tetto da osservare nel 2016 e, di

conseguenza, nel 2017.

Al momento del confronto, poi, si potranno verificare due scenari:

- prima eventualità: il fondo 2017, al netto delle componenti escluse, risulta superiore al

medesimo fondo determinato per l’anno 2016. In tal caso il fondo 2016 dovrà essere

ricondotto a tale minore importo;

- seconda eventualità: il fondo 2017, sempre al netto delle componenti escluse, risulta

inferiore o uguale a quello dell’anno 2016. In questo secondo caso l’ente non dovrà

operare alcuna riduzione.

In sede di costituzione del fondo 2017, alcune amministrazioni potrebbero per altro essere tentate

di escludere in tutto o in parte taluni incrementi (ad esempio la R.I.A. dei cessati), in quanto

eccedenti i limiti imposti dall’articolo 23, comma 2, della D.Lgs. 75/2017.

A ben vedere, tuttavia, questo modus operandi non ci convince pienamente, dal momento che la

volontà calmierativa del legislatore interviene sugli aspetti di contenimento della spesa senza dare

indicazioni di natura ordinamentale. In altre parole, gli effetti calmierativi della norma in esame

devono intendersi come una restrizione di carattere finanziario che nulla innova sul complesso di

norme di legge e soprattutto contrattuali pre-esistenti. Per cui riteniamo preferibile dare

comunque opportuna evidenza nella determinazione del fondo alle suddette risorse aggiuntive,

anche se poi in seguito decurtate.

Da ultimo, vale la pena ricordare che il legislatore considera le risorse destinate al trattamento

economico accessorio in modo unitario, senza distinzione tra risorse stabili e variabili; sicché

l’eventuale decurtazione da apportare riguarderà, complessivamente, la parte stabile e la parte

variabile del fondo.

Speciale disciplina prevista per gli enti locali che non hanno rispettato il patto di stabilità interno

nel 2015 e nozione di “risorse aggiuntive”

Come detto in precedenza, per non penalizzare troppo gli enti locali che nell’anno 2016 non hanno

potuto destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa a causa del mancato rispetto del

patto di stabilità interno del 2015, il legislatore ha previsto per questi enti un diverso parametro di

riferimento cui ancorare il limite di spesa in esame, consistente nell’ammontare complessivo delle

risorse che gli stessi hanno destinato al trattamento accessorio del proprio personale nell’anno

2015, ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio nell’anno 2016.

Come è logico che sia, quindi, anche in questo caso ci troviamo in presenza di un temporaneo

consolidamento delle decurtazioni operate dagli enti nell’anno 2016 per effetto della

corrispondente diminuzione di personale.

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Appare logico a questo punto individuare il significato dell’accezione “risorse aggiuntive” che la

disposizione di cui al secondo periodo dell’articolo 40, comma 3-quinques, del decreto legislativo

n. 165 del 2001 impiega per circoscrivere entro determinati limiti le possibilità per le varie

amministrazioni locali di finanziare la contrattazione integrativa riguardante il proprio personale.

La predetta disposizione persegue invero una finalità di garanzia affinché la discrezionalità di

ciascuna amministrazione nell’attribuzione al trattamento economico del personale di risorse

ulteriori rispetto a quelle definite da altre fonti, sia improntata a criteri prudenziali e si eserciti

previa verifica della compatibilità con la sana gestione finanziaria dell’ente stesso, della quale gli

equilibri di bilancio, i vincoli del pareggio di bilancio e i limiti di contenimento della spesa per il

personale costituiscono profili imprescindibili, essendo principi fondamentali di coordinamento

della finanza pubblica ai sensi dell’articolo 117, terzo comma della Costituzione.

In passato, i Giudici contabili erano portati a ritenere esclusi dal divieto di incremento della parte

variabile del fondo previsto dalla disposizione in esame tutti gli istituti esclusi dal tetto del salario

accessorio. Più recentemente, tuttavia, tale diretto parallelismo è stato superato.

È stato infatti osservato come, sebbene entrambe le disposizioni considerate siano rivolte al

contenimento della spesa in materia di impiego pubblico, esse operano però su piani diversi, non

del tutto sovrapponibili. L’art. 23, comma 2, del D.Lgs. 75/2017 pone un limite all’ammontare

complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, limite

costituito dall’importo dell’anno 2016. L’art. 40, comma 3-quinquies, invece, nella parte che qui

interessa, pone un limite alla possibilità di destinare risorse aggiuntive alla sola contrattazione

integrativa, nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità

fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni.

È evidente, quindi, come la portata delle due disposizioni sia diversa e come, di conseguenza, le

soluzioni sulla operatività o meno dei rispettivi vincoli possa parimenti essere diversa.

Secondo il più recente orientamento della Magistratura contabile4, dunque, la disposizione in

questione si riferisce alle sole risorse che discrezionalmente l’amministrazione può destinare (o

meno) alla contrattazione integrativa, mentre non opera nel caso di risorse aggiuntive destinate

alla contrattazione integrativa direttamente da norme di legge, senza che l’amministrazione abbia

alcuna facoltà di disporre diversamente.

Sono pertanto certamente da annoverare tra le risorse aggiuntive cui si riferisce la disposizione

esaminata, le somme che gli enti locali possono destinare alla componente variabile dei fondi per

il salario accessorio, in applicazione del nuovo art. 23, comma 3, del D.Lgs. 75/2017, per

l’attivazione dei servizi o di processi di riorganizzazione e il relativo mantenimento.

4 Si vedano in particolare la delibera della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Liguria n.

31/2017/PAR e quella della Sezione regionale della Toscana n. 130/2017/PAR.

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Le modalità di applicazione del limite di spesa in caso di ricorso alla gestione associata

Come affermato di recente dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Toscana

(con deliberazione n. 59/2017/PAR), la portata generale della formulazione normativa sui risparmi

da conseguire per tali tipologie di spese, consente di poter affermare che il limite di spesa posto

per quegli enti che si “associano” mediante convenzione per l’utilizzo del personale, va calcolato

sul complesso delle spese destinate al salario accessorio sostenuto dagli enti associati.

Pertanto, nel caso in cui l’ente “B” (capofila) metta a disposizione dell’ente “A” parte del servizio

prestato dal proprio personale dietro rimborso dei relativi oneri, l’ente “B”, per la definizione del

proprio limite di spesa, potrà senz’altro portare in diminuzione l’importo rimborsatogli dall’ente

“A”, ma per converso l’ente “A” non potrà neutralizzare tale somma ai fini del calcolo della propria

misura del limite di spesa. Nel caso contrario, infatti, si determinerebbe un aggiramento delle

prescrizioni normative su tali vicoli di spesa.

Non convince, pertanto, la tesi più restrittiva che impedirebbe lo scomputo delle somme ricevute

dall’ente “A” in quanto, la ratio della disposizione che inserisce nell’ordinamento

dell’amministrazione pubblica la facoltà dell’utilizzo di risorse umane a cura di un’altra

amministrazione pubblica è esattamente quello di utilizzare risorse di altre amministrazioni

pubbliche allo scopo di razionalizzare ed ottimizzare l’impiego delle risorse collocate nel perimetro

della pubblica amministrazione.

Qualora invece gli enti decidano di ricorrere ad un’unione di comuni per la gestione associata di

funzioni e/o servizi, si porrà il problema di come costituire il fondo di quest’ultima senza superare i

vincoli di legge.

A questo proposito risulta estremamente interessante la lettura della delibera della Sezione

regionale di controllo della Corte dei conti della Sardegna n. 60/2017/PAR, ove si afferma che “tale

fondo deve essere costituito in modo che sia rispettato il principio contenuto nell’art. 32, comma 5,

del D.Lgs. n. 267/2000, secondo cui “…la spesa sostenuta per il personale dell’Unione non può

comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale

sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti”, nonché il nuovo limite di spesa

contenuto ora nell’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017, così come sopra descritto.

Tali norme vincolistiche devono essere interpretate, secondo l’orientamento prevalente (cfr. Sez.

reg. di controllo Emilia Romagna del. n. 231/2014, Sez. reg. di controllo Piemonte del. n. 102/2016,

133/2016, 138/2016), nel senso che le risorse da trasferire al fondo dell’unione devono essere

determinate applicando il criterio del “ribaltamento delle quote” di pertinenza dei singoli comuni

aderenti all’unione. Pertanto, la costituzione del fondo in oggetto, sotto il profilo strettamente

contabile, deve risultare a “saldo zero” e non comportare un incremento della spesa per il

trattamento accessorio (e, quindi, complessivamente, per il personale) precedentemente sostenuta

dai singoli Comuni aderenti (sul punto cfr. Sezione delle Autonomie del. n. 8/2011). Quindi,

sommando l’importo del fondo per il trattamento accessorio del singolo comune aderente,

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decurtato della quota “ribaltata” sul fondo dell’unione, con la quota di sua spettanza “ribaltata”,

la spesa complessiva per il trattamento accessorio deve risultare invariata.

Sarà però necessario, al fine di garantire l’osservanza dei limiti di spesa in materia di trattamento

accessorio contenuti nel richiamato art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017, che ciascun comune

aderente all’unione proceda, innanzitutto, a quantificare l’ammontare complessivo delle risorse del

proprio fondo nel rispetto del limite rappresentato dal corrispondente importo determinato per

l’anno 2016. Solo successivamente l’ente potrà procedere a scorporare dal proprio fondo, a

vantaggio del costituendo fondo dell’unione, le quote del trattamento accessorio riferibili al

personale comandato presso l’unione”.

Ma cosa accade, poi, in caso di cessazione del vincolo associativo tra uno o più comuni e l’unione,

con conseguente reinternalizzazione delle funzioni e del relativo personale? È possibile

rideterminare in aumento il limite di spesa definito dall’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75 del

2017?

Secondo l’interpretazione prevalente della Giurisprudenza contabile5, in casi del genere i comuni

sono legittimati ad adeguare in aumento l’ammontare delle risorse destinate al trattamento

accessorio del personale, purché l’operazione avvenga anche in questo caso, sotto il profilo

contabile, a “saldo zero”, nel senso che la ricomposizione del fondo delle risorse decentrate del

comune non potrà che essere pari a quella conteggiata applicando il criterio del “ribaltamento

delle quote” dell’unione sui singoli enti in riferimento a quella che era la spesa di personale

sostenuta dal comune stesso per i servizi trasferiti all’unione.

L’applicazione delle nuove regole introdotte dal sistema di contabilità armonizzato

Oltre al dato quantitativo, il contesto normativo del 2017, come già quello dell’anno scorso,

impone di prestare particolare attenzione anche alla corretta contabilizzazione, alla luce dei nuovi

principi dettati dall’armonizzazione contabile, delle risorse che alimentano il fondo.

Come noto, in base alle previsioni del D.Lgs. n. 118/2011, l’impegno si perfeziona mediante l’atto

gestionale che verifica ed attesta la sussistenza di tutti gli elementi previsti dalla legge oltre che la

copertura finanziaria (L'impegno costituisce la fase della spesa con la quale viene registrata nelle

scritture contabili la spesa conseguente ad una obbligazione giuridicamente perfezionata e relativa

ad un pagamento da effettuare, con imputazione all'esercizio finanziario in cui l'obbligazione

passiva viene a scadenza. Cfr D.lgs 118/2011 Allegato 1. Principio contabile n. 16).

La registrazione dell’impegno che ne consegue, avviene nel momento in cui l’impegno è

giuridicamente perfezionato, ma l’imputazione dello stesso, a differenza del previgente sistema

contabile, avviene a valere sugli esercizi finanziari in cui le singole obbligazioni passive risultano

5 Ex multis Sez. reg. di controllo della Lombardia – delibera n. 157/2012/PAR e Sez. reg. di controllo dell’Emilia

Romagna – deliberazione n. 231/2014/PAR.

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esigibili. Il principio sopra richiamato trova applicazione anche in relazione alle spese per il

personale come quelle riferibili alle risorse da destinare al fondo.

In generale, sul punto, appare utile evidenziare che l’imputazione degli impegni delle spese

correnti del personale, a regime, avviene negli esercizi finanziari in cui le singole obbligazioni

passive risultano esigibili. Di conseguenza, in base a quanto previsto nell’allegato 4/2 al punto 5.2

del D.Lgs. 118/2011, l’imputazione viene effettuata come di seguito:

- per la spesa di personale relativa a trattamenti fissi e continuativi, nell’esercizio di riferimento,

automaticamente all’inizio dell’esercizio;

- nell’esercizio in cui è firmato il contratto collettivo nazionale per le obbligazioni derivanti da

rinnovi contrattuali del personale dipendente, compresi i relativi oneri riflessi a carico dell’ente e

quelli derivanti dagli eventuali effetti retroattivi del nuovo contratto;

- infine, il principio della competenza finanziaria potenziata, specifica che le spese relative al

trattamento accessorio e premiante, liquidate nell’esercizio successivo a quello cui si riferiscono,

sono stanziate e impegnate in tale esercizio.

Si evidenzia, in ordine a tale ultimo punto che, all’atto della sottoscrizione della contrattazione

integrativa vengono impegnate le obbligazioni relative al trattamento accessorio e premiante

(registrazione), imputandole contabilmente agli esercizi del bilancio di previsione in cui tali

obbligazioni scadono o diventano esigibili tramite il neo istituito istituto giuscontabile del Fondo

Pluriennale Vincolato.

Infatti, il richiamato principio contabile prevede che: “…..Considerato che il fondo per le politiche di

sviluppo delle risorse umane e per la produttività presenta natura di spesa vincolata, le risorse

destinate alla copertura di tale stanziamento acquistano la natura di entrate vincolate al

finanziamento del fondo, con riferimento all’esercizio cui la costituzione del fondo si riferisce;

pertanto, la spesa riguardante il fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la

produttività è interamente stanziata nell’esercizio cui la costituzione del fondo stesso si riferisce,

destinando la quota riguardante la premialità e il trattamento accessorio da liquidare nell’esercizio

successivo alla costituzione del fondo pluriennale vincolato, a copertura degli impegni destinati ad

essere imputati all’esercizio successivo”.

Di conseguenza, atteso che il fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la

produttività presenta natura di spesa vincolata, come emerge dal richiamato principio contabile, le

risorse destinate alla copertura di tale stanziamento acquistano la natura di entrate vincolate al

finanziamento della relativa posta contabile, in rapporto all’esercizio cui la costituzione del fondo

si riferisce (cfr. sul punto, Sezione regionale di controllo per il Molise deliberazione n.

218/2015/PAR).

Consegue a tale impostazione che la spesa riguardante il fondo è interamente stanziata

nell’esercizio cui la costituzione del fondo stesso si riferisce, destinando la quota riguardante la

premialità e il trattamento accessorio da liquidare nell’esercizio successivo alla costituzione del

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Fondo pluriennale vincolato, a copertura degli impegni destinati ad essere imputati proprio

all’esercizio successivo.

Da quanto sopra rilevato emerge chiaramente che ancor prima della sottoscrizione dell’accordo

decentrato, atto dal quale scaturisce il vincolo giuridico di prenotazione della posta al Fondo

Pluriennale Vincolato, assume rilievo la costituzione del fondo quale atto unilaterale da parte

dell’amministrazione ed elemento essenziale per consentire la corretta imputazione, in base al

richiamato principio contabile, delle risorse destinate alla parte stabile e alla parte variabile dello

stesso fondo.

Peraltro, da una dettagliata analisi dei contenuti del richiamato punto 5.2 dell’allegato 4/2 al

D.Lgs. 118/2011, possono trarsi i necessari collegamenti tra gli adempimenti necessitati delle

amministrazioni relativi al fondo e le modalità di imputazione fissate dalla nuova armonizzazione

contabile. Infatti, il richiamato punto 5.2, con riferimento ai criteri di imputazione dell’impegno di

spesa corrente del personale, prevede una articolata disciplina che, non solo contempla varie voci

di spesa presenti nella gestione del personale, ma formula anche diverse soluzioni nel caso

vengano in evidenza fattispecie diverse in sede di prima applicazione del sistema armonizzato.

Le ipotesi che possono verificarsi sono le seguenti:

a) si costituisce il fondo entro l’esercizio in essere ed il contratto è sottoscritto entro la fine di

detto esercizio: “...Alla sottoscrizione della contrattazione integrativa si impegnano le

obbligazioni relative al trattamento stesso accessorio e premiante, imputandole

contabilmente agli esercizi del bilancio di previsione in cui tali obbligazioni scadono o

diventano esigibili” (richiamato punto 5.2 dell’Allegato 4/2). In questa circostanza

l’obbligazione sorge a seguito della sottoscrizione del contratto decentrato e le risorse

impegnate confluiscono nel Fondo Pluriennale Vincolato “… imputandole contabilmente

agli esercizi del bilancio di previsione in cui tali obbligazioni scadono o diventano esigibili”

(richiamato punto 5.2 dell’Allegato 4/2). Ciò anche in relazione al fatto che: “…la spesa

riguardante il fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività è

interamente stanziata nell’esercizio cui la costituzione del fondo stesso si riferisce,

destinando la quota riguardante la premialità e il trattamento accessorio da liquidare

nell’esercizio successivo alla costituzione del fondo pluriennale vincolato, a copertura degli

impegni destinati ad essere imputati all’esercizio successivo…”. (richiamato punto 5.2

dell’Allegato 4/2);

b) si costituisce il fondo entro l’esercizio in essere ma il contratto è sottoscritto solo

nell’esercizio successivo: in tale circostanza, non sorgendo l’obbligazione ai sensi

dell’articolo 163 del TUEL, “…Alla fine dell’esercizio, nelle more della sottoscrizione della

contrattazione integrativa, sulla base della formale delibera di costituzione del fondo, vista

la certificazione dei revisori, le risorse destinate al finanziamento del fondo risultano

definitivamente vincolate. Non potendo assumere l’impegno, le correlate economie di spesa

confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione, immediatamente

utilizzabili secondo la disciplina generale, anche nel corso dell’esercizio provvisorio”. Quindi

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le relative risorse confluiscono nel risultato di amministrazione vincolato in attesa della

formale sottoscrizione nell’esercizio successivo del contratto decentrato;

c) la terza ipotesi è quella che si verifica quando, nel corso dell’esercizio in essere,

l’amministrazione non ha né costituito formalmente il fondo né ha provveduto a

sottoscrivere il contratto decentrato. In tale circostanza il principio contabile in questione

prevede che “…In caso di mancata costituzione del fondo nell’anno di riferimento, le

economie di bilancio confluiscono nel risultato di amministrazione, vincolato per la sola

quota del fondo obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva nazionale. (cfr

sul punto anche Sezione regionale di controllo per il Molise deliberazione n.

218/2015/PAR). Ipotesi anche questa, ancor più della precedente, da stigmatizzare per i

motivi di seguito richiamati.

Pertanto, l’effetto della mancata costituzione del fondo è quello di far confluire nel risultato di

amministrazione vincolato la sola quota del fondo obbligatoriamente prevista dalla contrattazione

collettiva nazionale, ovvero la parte stabile: con la conseguenza che tutte le risorse di natura

variabile ivi incluse quelle da “riportare a nuovo” vanno a costituire vere e proprie economie di

spesa.

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TAVOLI DI CONFRONTO IN MATERIA DI PERSONALE

Analisi dei casi dei Comuni partecipanti

Presentazione

Obiettivo dei tavoli di confronto è analizzare con Voi le problematiche specifiche legate ai Vs Enti ed alle

novità normative in materia di personale enti locali.

I tavoli di lavoro saranno svolti presso la sala riunioni di un Comune, che potrà decidere di dedicare l’intera

giornata al proprio ente oppure ospitare altri Comuni con cui suddividere il costo. Per favorire la maggiore

personalizzazione possibile degli incontri e dei casi operativi consigliamo di suddividere eventualmente la

giornata con un numero di Comuni non superiore a 5, fermo restando la massima libertà di ogni ente di

decidere diversamente.

L’argomento oggetto della trattazione verrà concordato di volta in volta con gli Enti partecipanti; a mero

titolo esemplificativo elenchiamo alcuni dei temi principali che, se di Vs interesse, saranno trattati

Quadro normativo e recepimento delle ultime novità in ambito personale enti locali

Verifica capacità assunzionali e rispetto limiti di spesa

Analisi poste costitutive fondi incentivanti e possibili contenuti dei contratti decentrati

Disciplina delle assenze del personale

Relatore: Luca Di Donna – esperto in materia di personale enti locali, dipendente Delfino & Partners spa

Data: da concordare

Orario, da concordare sulla base delle seguenti opzioni: 9 – 14 oppure 9 – 17 con pausa da Voi individuata.

Sede: Presso sala comunale

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Costi

I costi proposti sono da considerarsi “ad intervento” e pertanto saranno da dividersi tra gli enti

partecipanti all’iniziativa e sono:

- intervento 9-14, euro 950,00 (novecentocinquanta/00) esente IVA, oltre un rimborso spese

concordato di volta in volta con l’ente;

- intervento 9-17, euro 1.200,00 (milleduecento/00) esente Iva, oltre un rimborso spese

concordato di volta in volta con l’ente.

TAVOLI DI CONFRONTO IN MATERIA DI PERSONALE

Analisi dei casi dei Comuni partecipanti

Per ulteriori informazioni, eventuali preventivi personalizzati o per essere ricontattati, trasmettete la

presente interamente compilata via fax al numero 0131/52698 o via mail all’indirizzo

[email protected]

Ente: referente:

indirizzo:

e-mail: telefono: