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INCURSIONI NELL’APPROCCIO PROGETTUALEprotagonisti, competenze e strumenti
nell’esperienza educativa al nido
Quaderno di lavoro
scambi nidi d’infanzia 2005_2011
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Hanno coordinato il gruppo scambi nidi Laura Malavasi (2005-2008)e Daniela Martini (2009-2012).
Testi a cura di: Daniela MartiniEditing: Vania Tagliavini
Tutor coordinamento pedagogico provinciale: Cristian Fabbi
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INCURSIONI NELL’APPROCCIO PROGETTUALEprotagonisti, competenze e strumenti nell’esperienza educativa al nido
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Introduzione
di Cristian Fabbi
La riflessione sul concetto di qualità ha impegnato il coordinamento pedagogico negli
ultimi anni, attraverso una serie di opportunità di riflessione e di lavoro comune sia a
livello formativo che di ricerca. I due concetti sono, del resto, fortemente intrecciati.
Al tempo stesso, il percorso di riflessione sul progetto pedagogico, avviato dalla Regione
Emilia Romagna, ha rappresentato e rappresenta una preziosa opportunità di ricerca e
di approfondimento, a livello provinciale, per mettere a confronto differenti modalità di
lavoro e approcci al tema della progettazione.
Tale lavoro, su scala regionale, è approdato al licenziamento delle “Linee guida
sperimentali per la predisposizione del progetto pedagogico e della metodologia di
valutazione nei servizi educativi per la prima infanzia”, il 30 luglio del 2012. Le linee
guida sono basate su un indice del progetto pedagogico che, lungi da intenti di uniformità,
rappresenta invece uno stimolo al dialogo e al confronto partendo da un “contenitore”
condiviso ed aperto. Tale indice è stato sviluppato da un gruppo in rappresentanza di
tutti i coordinamenti pedagogici provinciali.
Nell’ambito dell’indice, sono state individuate alcune parti, ed in particolare una, intitolata
“Progettazione ed organizzazione educativa del servizio”, nella quale vengono declinate
e descritte, tra le altre, le scelte che ogni istituzione educativa ha fatto rispetto a:
- spazi;
- tempi;
- relazioni;
- proposte educative.
Si tratta di un lavoro prezioso per la creazione di uno strumento di dialogo comune che,
al di là delle eventuali funzioni operative (percorso di accreditamento), permette di
descriversi secondo linee comuni.
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Lo spazio di declinazione a livello provinciale di questo tipo di indice è tale da imporre
un percorso riflessivo, che nel nostro caso è già stato avviato dal gruppo scambi, ed in
senso più generale, dal lavoro svolto dal Coordinamento Pedagogico in diverse forme
ed opportunità.
Il Coordinamento Pedagogico Provinciale di Reggio Emilia ha condiviso l’opportunità
di porre l’attenzione sulla voce “Proposte educative”, che viene declinata, nell’indice,
come segue:
“La qualità delle proposte educative è legata all’organizzazione ed articolazione
dell’ambiente, ai tempi con cui si succedono e ai modi con cui vengono
promosse e gestite dall’adulto. I momenti di cura quotidiana e di gioco
rappresentano occasioni educative egualmente importanti, che devono essere
pensate e modulate in relazione alle specificità dei bambini e nel contesto di un
disegno complessivo in cui ogni esperienza infantile possa trovare collocazione
e significato. La varietà, la coerenza, la continuità e la significatività delle
esperienze formative devono essere garantite nell’ambito di una progettazione
delle proposte volte a promuovere autonomia e sviluppo del bambino e ad
arricchirne il patrimonio esperienziale”.
Il gruppo di ricerca sugli scambi ha affrontato, nel percorso di lavoro quinquennale,
proprio questo tipo di tematiche e di strumenti, andando a costruire un confronto
approfondito tra le scelte che i nidi pubblici, convenzionati e privati hanno fatto in materia.
Il lavoro emerso è dunque da considerarsi il primo abbozzo di questo tipo di ricerca.
Questo percorso è stato anche supportato da momenti formativi sul concetto di qualità
che hanno proposto confronti e occasioni di riflessione come quelli sviluppati col prof.
Steve Seidel, col quale abbiamo riflettuto sulla soggettività del concetto di qualità
(percepita), o come quello col prof. Peter Moss, che ci ha offerto un panorama delle
modalità di lavoro sul tema della qualità in essere su scala europea. Questi momenti
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formativi hanno anche costituito l’opportunità per creare un vocabolario comune su una
tematica nella quale morti dei pedagogisti (incluso lo scrivente) non erano e non sono
esperti.
La successiva partecipazione di tutti i distretti e di tutti i coordinamenti gestori ha costituito
la base per la creazione di uno strumento comune a livello provinciale, ispirato all’indice
regionale, attorno al quale costruire i progetti pedagogici dei nidi e della pluralità di
servizi 0-3 anni che oggi possono essere messi in gioco per offrire alle bambine, ai
bambini e alle loro famiglie servizi in grado di riconoscere, valorizzare e promuovere il
diritto ad opportunità formative di qualità.
Il percorso di sperimentazione dello strumento, oggi in atto, rappresenta la ricostituzione
dell’originario gruppo scambi provinciale che ha dato origine alla presente pubblicazione,
a sostegno del valore di continuità che le azioni che il nostro coordinamento ha messo
in gioco negli anni.
La pubblicazione è un immediato strumento a supporto della riflessione non solo sulla
parte che riguarda le proposte educative, ma anche sulla riflessione rispetto alla coerenza
tra teoria e pressi, coerenza che è sostenuta in maniera prioritaria dalla riflessione
periodica e quotidiana di cui gli strumenti progettuali sono una base prezioso e puntuale.
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premessa
1_La cultura degli scambi
2_Origine della ricerca e successivi sviluppi
3_Dal prodotto al processo: approccio evolutivo e strumenti
4_Il valore della ricerca:analisi, interpretazioni, contributi e prospettive
5_Appendice. Strumenti progettuali: strutture e sinergie
indice
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Premessa
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Il gruppo provinciale Scambi Nidi ha iniziato il suo interessante e lungo percorso di
riflessione intorno all’approccio progettuale nell’anno 2005, articolando fase per fase i
diversi confronti ed approfondimenti fra le numerose realtà educative presenti sul territorio
reggiano.
Il gruppo redazione ha inteso raccogliere in questo testo l’analisi approfondita relativa
alla complessità dell’approccio, costruendo un attento collegamento fra le due fasi di
lavoro che hanno caratterizzato lo scambio, nel corso del tempo, ed arricchito le singole
esperienze.
La prima fase relativa al periodo 2005/2008 è stata coordinata da Laura Malavasi; la
seconda fase, relativa al periodo 2009/2012, è stata coordinata da Daniela Martini.
Abbiamo ritenuto opportuno elaborare un documento capace di
raccogliere le tante e diverse riflessioni emerse nel corso del tempo, capace di
trasformarsi in uno strumento utile, flessibile, sollecitante, per riportare all’attenzione
del lettore la ricchezza del confronto nato e costruito sia all’interno del gruppo ristretto
(formato dai soli pedagogisti), che del gruppo allargato (composto dai pedagogisti e
dagli educatori). Uno strumento in grado di scandire le tappe della
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ricerca che ci ha accompagnato nella rilettura degli strumenti progettuali in uso nei
servizi, in coerenza con l’evoluzione delle conoscenze relative al bambino, alle sue
potenzialità, ai processi di costruzione degli apprendimenti.
Ci serviva inoltre produrre un documento in grado di accompagnarci nell’utilizzo
quotidiano di strategie osservative e di strumenti capaci di consentire un ascolto attento
e mirato da parte delle educatrici, dei pedagogisti, per andare oltre a quanto già
consolidato in termini di conoscenza relativa all’infanzia.
Uno strumento dunque capace di assumere una funzione formativa, di “problematizzare”
le esperienze e diventare fonte di nuove sollecitazioni. Aspirazioni complesse, ma al
tempo stesso accattivanti, che ci hanno portato a produrre un importante sforzo e a
ricercare i significati delle parole e del nostro agire quotidiano, fra gli interventi, le
riflessioni allargate, le esperienze e i tanti e preziosi materiali che sono stati analizzati
nel corso del tempo. Un obiettivo che riteniamo necessario per chi sceglie di avventurarsi
nel mondo dell’educazione e della ricerca intorno ai processi di apprendimento, ma
anche una necessità per aumentare il livello di consapevolezza rispetto alle potenzialità
ed alle azioni che ogni giorno sollecitiamo e attiviamo nei contesti educativi. Per i
significati contenuti nell’analisi che portiamo alla vostra attenzione, ci auguriamo che il
documento elaborato si trasformi in un interessante strumento di crescita comune e di
lavoro.
Alcune indicazioni utili a supporto della lettura.
Nell’elaborazione del testo abbiamo proceduto seguendo uno sviluppo temporale
della ricerca, partendo dai primi momenti di approfondimento (relativi all’anno 2005),
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per giungere alla riflessione che ha caratterizzato il lavoro dell’ultimo anno. Questa
scelta, ci auguriamo, permetta al lettore di seguire lo sviluppo del cammino condotto
dal gruppo scambi, di comprenderne l’approccio, di entrare nel merito delle relazioni
via via costruite fra i concetti e i significati emersi, grazie anche ai diversi approfondimenti,
inseriti nell’evoluzione del testo ed elaborati da colleghi pedagogisti, che vanno ad
arricchire i contenuti della riflessione.
Daniela Martini
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1_La cultura degli scambi
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La cultura degli scambi pedagogici è iniziata diversi anni fa sul nostro territorio provinciale,
interessando il sistema dei servizi educativi 0_6, sulla base di un progetto regionale
specifico promotore di un sistema 0_6 integrato, pubblico e privato convenzionato. Il
dialogo tra le diverse esperienze educative del territorio regionale si poneva l’obiettivo
di costruire tavoli di confronto allargati e diversificati livelli di rilettura delle numerose
ricche esperienze educative che contraddistinguono tutto il territorio regionale ed, in
particolare, la provincia di Reggio Emilia.
La presenza storica dei servizi educativi 0\3 anni sul territorio reggiano, il loro sviluppo
nel tempo, la costante evoluzione nella definizione dell’approccio educativo e degli
strumenti progettuali utilizzati, parallelamente al costante bisogno di approfondimento
dei processi di costruzione della conoscenza dei bambini, hanno dunque sollecitato
da un lato e sorretto dall’altro il bisogno dei coordinatori pedagogici di entrare nel
merito delle strutture progettuali, rileggerne la struttura, le caratteristiche e i significati.
Si intendeva partire dalle tante e differenti esperienze costruite nel corso del tempo
all’interno delle istituzioni educative:
-per individuare i significati e le teorie che caratterizzano il progetto educativo dei
servizi educativi 0/3 anni;
-per entrare nel merito dei processi di costruzione della conoscenza dei bambini,
processi complessi e differenti in relazione alle specificità di ogni individuo;
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-per comprendere l’efficacia degli strumenti utilizzati nella costruzione di contesti
significativi, capaci di accompagnare l’evoluzione dei processi d’apprendimento
dei bambini e di rileggere le esperienze attraverso differenti forme documentative;
-per riflettere sul coinvolgimento delle famiglie nell’evoluzione del progetto educativo,
sulla rete delle relazioni e sulle forme comunicative adottate dai servizi educativi.
Entrare nel merito delle esperienze educative significava anche promuovere ed
organizzare diversi livelli di riflessione per i coordinatori pedagogici, trasformando
le occasioni di confronto e di ascolto reciproco in significativi strumenti di formazione
permanente.
Un’esperienza formativa dunque, fortemente connessa alla territorialità, alle sue
sperimentazioni e progettualità, in un processo di ricerca costante, proiettato nel
tempo, quale garanzia di un approccio educativo capace di accogliere le evoluzioni
del pensiero pedagogico e la cultura dell’infanzia espressa dai servizi educativi.
COME ABBIAMO PROCEDUTO?
STILI E APPROCCI DELLA RICERCA.
A fronte degli obiettivi dichiarati abbiamo dunque cercato di creare differenti livelli di
confronto, sia nel rispetto delle diversità di approccio e di realizzazione del progetto
educativo all’interno dei servizi, che nella ricerca di un rafforzamento delle reciproche
rappresentazioni ed individualità in dialogo.
Abbiamo cercato di definire attentamente la metodologia d’approccio, lo stile
attraverso il quale avvicinare le numerose esperienze elaborate, per entrare nel
merito della complessità del progetto educativo.
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Lo scambio fra le diverse identità di educatori e di coordinatori pedagogici, ha
contribuiti alla ricerca dei significati relativi alle esperienze incontrate, attraverso
differenziati livelli di rilettura e di rielaborazione.
Il Gruppo scambi, costituitisi anno per anno dal 2005 al 2010, ha proceduto nella
rilettura delle esperienze, ponendosi come gruppo di ricerca e dii apprendimento
condiviso, con l’obiettivo di affrontare la complessità dell’esperienza educativa nei
servizi educativi, attraverso la messa a fuoco di specifici nodi concettuali, attraverso
il confronto anche sul significato delle parole utilizzate, per cercare punti di incontro e
mediazione nel rispetto delle diversità e delle differenti identità verso la costruzione
di un sapere condiviso.
L’approccio utilizzato ha richiesto la scelta di focus osservativi sui quali concentrare
l’attenzione dei partecipanti durante le visite dialogate nei nidi d’infanzia che ci hanno
accolto nel corso degli anni.
Lo scambio ha visto l’alternanza di riletture analitiche e di sintesi successive all’interno
del gruppo allargato o dei due specifici sottogruppi (educatori da una parte, coordinatori
dall’altra).
Il confronto fra i gruppi è stato arricchito dal materiale elaborato dalle istituzioni educative
e presentato in occasione delle visite guidate; utile ed interessante strumento che ci
ha permesso di ricollocare le descrizioni e i racconti dei colleghi, in contesti specifici
e strutturati di approfondire i focus scelti, individuare questioni o nuove riflessioni che,
riportate al gruppo allargato, hanno sorretto ed arricchito i percorsi di ricerca avviati.
Abbiamo utilizzato una precisa metodologia di lavoro, basata sul “porsi domande”.
Ma quali domande?
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Partendo dal presupposto che la domanda, come costrutto base, si muove all’interno
dell’approccio progettuale e lo contraddistingue come specifico stile di lavoro, il porsi
domande ci ha permesso di accogliere quesiti e formulare nuovi interrogativi, di entrare
nel merito delle esperienze attraverso riletture critiche.
Utilizzare la “domanda” come strumento base ha sottinteso altri quesiti:
Come si impara a porre e ad elaborare domande?
Come allenare il pensiero a pensare e a riflettere?
Esistono “buone domande”, cioè domande più efficaci?
Le domande sono decisive per il processo di costruzione della conoscenza?
Il contesto della ricerca è stato contraddistinto e caratterizzato nel tempo da due concetti
assunti dai differenti gruppi nei loro significati e sviluppi:
il concetto di COMPLESSITA’ del progetto educativo ed il concetto di sistema educativo
come SISTEMA DI RELAZIONI.
IL GRUPPO DI RICERCA.
Il gruppo di ricerca è formato da educatori e da coordinatori pedagogici provenienti
dai nidi d’infanzia della Provincia e del Comune di Reggio Emilia. Ha inoltre collaborato
al progetto il Centro di Documentazione Provinciale.
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2_Origine della ricerca e successivi sviluppi
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Sintesi della prima fase della ricerca.
L’esperienza del gruppo SCAMBI è iniziata nel 2005 con l’obiettivo di avviare un
percorso di ricerca e approfondimento all’interno dei Nidi d’infanzia sui processi
documentativi.
La ricerca, dal titolo iniziale” Escursioni nelle culture documentative della didattica
al nido: da ricerche di significati fra esperienze e confronti, ad un possibile strumento
di formazione”, coordinata da Laura Malavasi si è sviluppata nei tre anni successivi
grazie all’impegno ed al contributo dei diversi partecipanti e ha permesso di costruire
una MAPPA nella quale hanno trovato collocazione significati e concetti caratterizzanti
il progetto educativo dei servizi educativi 0/3 anni.
Ogni parola chiave ha generato nuovi ambiti di approfondimento attraverso la
formulazione di domande articolate, con le quali il gruppo si è addentrato nella
complessità dei processi educativi.
Per evidenziare lo stretto intreccio fra il lavoro condotto dal gruppo nei primi anni e gli
approfondimenti condotti successivamente, risulta necessario recuperare alcune
questioni affrontate.
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Rispetto alla Documentazione educativa:
Quale idea di bambino emerge dalle documentazioni? Quale idea di adulto? Quale idea di
nido?
Che cosa significa documentare?
Quali teorie di riferimento sostengono e sostanziano i diversi strumenti documentativi?
Analizzando i processi di documentazione il gruppo si è interrogato sull’effettiva efficacia
degli strumenti di documentazione più utilizzati nel rendere visibili e comprensibili i
processi cognitivi dei bambini, nel ricostruire il senso dell’esperienza, nel formulare
le domande capaci di sostenere percorsi di ricerca costantemente rinnovati.
Rispetto al concetto di Interpretazione:
In quale modo l’interpretazione delle esperienze può costruire nuovi significati e suggerire
nuove direzioni di osservazione e nuove progettualità?
Quanto e come i riferimenti culturali influiscono sui processi interpretativi?
Come si forma la competenza interpretativa?
Interpretare significa, letteralmente, rendere comprensibile e chiaro ciò che è o sembra
scuro, dare un significato a qualcosa, spiegare, leggere, decifrare, commentare,
assumere una posizione intermedia fra due oggetti, fra due eventi, ma soprattutto
comprendere ed esplicitare un punto di vista. L’interpretazione vive e si alimenta di
interrogativi che l’adulto si pone sui processi e sulle azioni dei bambini nel tentativo di
ricercare in essi le motivazione e le proiezioni successive. Attraverso l’interpretazione
l’adulto crea consapevolmente aspettative e immaginari, costruisce nuovi livelli di lettura
dell’esperienza, ricerca tra le parole dei bambini possibili collegamenti con le
esperienze precedenti, costruisce ponti fra i saperi provvisori propri di ciascuno,
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connette realtà esplorate e mappe cognitive, producendo nuovi ambiti di potenziale
ricerca o approfondimento da proporre ai bambini.
Riflettere sull’interpretazione ha permesso anche la ricerca del senso ed del significato
dell’agire dell’adulto e dei suoi processi di apprendimento, ha fatto emergere gli
aspetti metalinguistici e metacognitivi presenti nel pensiero del bambino,
evidenziandone le potenzialità, ma anche lo stile personale con il quale ogni singolo
bambino apprende ed interpreta il mondo e le sue trasformazioni.
Rispetto alla Relazione tra soggettività ed intersoggettività.
Come valorizzare l’esperienza di ciascun bambino all’interno di un gruppo di
apprendimento?
Come far emergere la peculiarità di ogni bambino all’interno di una documentazione
progettuale?
Come dialogano la documentazione dei processi individuali e di quelli di gruppo nei
differenti strumenti documentativi?
Ragionando del delicato equilibrio tra la dimensione individuale della documentazione
e quella di gruppo, si sono ricercate strategie capaci di costituire mediazioni e punti
di equilibrio all’interno della riflessione. La valorizzazione del singolo, colta in un’ottica
di relazione e reciprocità con il gruppo e con il contesto, è risultata essere la strategia
di pensiero e di azione più significativa ed efficace, per dare voce ad un nido d’infanzia
inteso nell’accezione di comunità educante.
Rispetto alla Quotidianità.
Quale valore assume la documentazione della quotidianità nell’esperienza del nido?
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Quanto la documentazione della quotidianità è connessa agli ambiti di ricerca e di
approfondimento progettuali?
Quali aspetti del vissuto quotidiano si ritiene importante far emergere nella
documentazione?
Il contesto educativo quotidiano è la “zona potenziale” poco esplorata in cui diventa
possibile dare visibilità alle soggettività dei bambini e alle relazioni tra bambini.
La documentazione è stata definita strumento con il quale sostenere ed intrecciare
l’idea di quotidianità intesa come contesto educativo, come luogo generativo, di
sviluppo e di approfondimento dei saperi, offerto ogni giorno ai bambini.
Rispetto agli Strumenti documentativi.
Quali sono gli strumenti documentativi più pertinenti per sostenere la nostra idea di
bambino e di nido?
Quale dialogo tra i diversi strumenti di documentazione?
Quanto intenti diversi generano strumenti documentativi differenti per forma comunicativa
e contenuti?
La documentazione è lo strumento progettuale che favorisce l’incontro e il confronto
fra la cultura dell’infanzia e quella adulta, attraverso la differenziazione degli strumenti
documentativi, per corrispondere valori di riferimento, scelte condivise e consapevoli,
in relazione agli intenti iniziali (E’ una documentazione di sintesi? Quotidiana? Per le
famiglie? Di lavoro? Di studio? Vuole rendere visibili i soggetti? Il gruppo? Le relazioni?
Gli apprendimenti?).
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Rispetto alla Valutazione e Auto-valutazione.
Quale grado di consapevolezza abbiamo di ciò che stiamo agendo come adulti al nido?
Possiamo sostenere di conoscere di più di quel bambino o di quel gruppo di bambini
attraverso la documentazione?
Quali guadagni in termini di apprendimento dei bambini e degli adulti?
La valutazione e l’auto-valutazione sono “necessità” del processo formativo, sono
lo sguardo che rilegge, reinterpreta e cerca costantemente il senso dell’ essere
educatori e consente di individuare strumenti e strategie di valutazione qualitativa
coerente con i contesti educativi. Se la valutazione è fatta nei gruppi di lavoro consente
di confrontare l’agire dei singoli e le strategie messe in atto nella costruzione dei
contesti educativi, nelle relazioni con i bambini, con i colleghi, con le famiglie.
A fianco dell’analisi relativa alle parole chiave sopra citate, sono emersi altri focus di
approfondimento. Fra questi in particolare ne ricordiamo due:
1_Condivisione del progetto educativo tra famiglie e servizi educativi.
Le documentazioni prodotte settimanalmente vengono spesso proposte all’attenzione
delle famiglie per favorire la comunicazione delle esperienze e il confronto sulle
strategie educative. Sono così emerse anche in tono provocatorio differenti domande
con l’intento di accompagnare il gruppo in un’analisi sempre più approfondita:
Come accompagniamo i genitori nella conoscenza del percorso di crescita del bambino?
Rispetto a quali tematiche?
Dobbiamo pensare ad un approccio culturale ampio o a questioni specifiche?
Come gestire il piano di riflessione con le famiglie?
La nostra riflessione si è così avvicinata alle relazioni con le famiglie, sino a quel
momento non particolarmente approfondite, trasformandosi in nodo di riflessione e di
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confronto importante, capace di aprire possibili scenari e nuovi ambiti di
approfondimento su cui continuare il progetto scambi.
Intrecciando questo nuovo orizzonte di discussione con le riflessioni fatte in
precedenza, abbiamo continuato a formulare nuovi quesiti:
Nella relazione con le famiglie, è possibile pensare ad un progetto di documentazione
che si differenzi nel tempo e che accompagni le famiglie verso la costruzione di nuove
consapevolezze, quindi un progetto che cresca gradualmente, in itinere?
Quali significati comunichiamo alle famiglie proponendo gli strumenti documentativi
elaborati? Come affianchiamo le famiglie nella lettura dei diversi materiali. Come costruire
un ponte di riflessione?
Siamo concordi nell’evidenziare le difficoltà che emergono tra i genitori
nell’approfondimento dei significati del progetto educativo, ma anche quelle deglieducatori nel rendere visibili e condivisi i percorsi di crescita e i processi di
apprendimento dei bambini. Forse mancano anche qui le “buone domande”?
Cogliendo l’opportunità di muovere i nostri passi su un terreno fino a quel momento
poco esplorato, ma molto significativo per la riflessione pedagogica e formativa,
abbiamo pensato di focalizzare su questo la nostra attenzione durante le visite nelle
istituzioni educative.
Nello specifico ci siamo chiesti:
Con quali strumenti il nido rende visibile e comunica la ricchezza dei percorsi educativi
quotidiani alle famiglie.
Quali significati il servizio educativo intende far emergere?
2_ La Quotidianità.
Il secondo focus di approfondimento è rappresentato dal valore della quotidianità,
valore che il gruppo ha individuato come elemento fondamentale del progetto educativo
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da reinterpretare continuamente per costruire insieme a bambini e famiglie esperienze
educative autentiche, coerenti, di qualità.
La necessità di sondare i differenti significati e valori della quotidianità è scaturita anche
da un’ulteriore consapevolezza: il carattere “silenzioso” del concetto di quotidianità lo
espone al rischio di perdere visibilità e spazio di riflessione, sia perché superficialmente
inteso come una categoria contrapposta alla progettazione educativa, sia perché le
consuetudini, i pensieri e le azioni se non sono costantemente risignificate, diventano
implicite e acquisite.
La quotidianità ha, invece, un carattere complesso, poichè denso di valori. Ogni giorno
bambini, famiglie e personale educativo sono protagonisti di un sistema di relazioni, di
significati, di scelte e di azioni che consente ai valori dichiarati di dare vita ad esperienze
coerenti di crescita.
Quotidianità quindi come spazi e tempi privilegiati in cui i valori educativi, che
rappresentano l’orizzonte di senso, possano trovare piena legittimità ed espressione.
A queste consapevolezze si accompagna la responsabilità che ogni momento della
vita quotidiana al nido sia oggetto di riflessione progettuale perché nulla sia lasciato
all’implicito, alla consuetudine, o , peggio ancora, al caso; ma anche che osservare,
documentare ed interpretare la quotidianità dei bambini e delle famiglie significa saper
rispondere con autenticità e competenza al nostro mandato di promotori dei processi di
crescita.
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Seconda fase della ricerca.
IMPARARE A PORSI DOMANDE.
L’atteggiamento di porsi domande ha caratterizzato il nostro lavoro fin dalle prime fasi,
ha offerto disponibilità, sollecitato confronti e accolto nuovi quesiti contribuendo a
costruire l’identità stessa de gruppo di lavoro che per prima cosa ha lavorato mettendosi
in discussione senza prefigurarsi un risultato; non si è accontentato di aderire a quanto
già elaborato da altri, in altri tempi, in altri contesti e con altri vissuti, ma ha cercato di
costruire una propria mappa concettuale ha ribadito il valore dell’ascolto, del dialogo,
del confronto con altre realtà; il valore di relazioni e reti non omologanti o comparative,
ma capaci di sostenere e stimolare approfondimenti consapevoli e coerenti.
Sul concetto di buona domanda e sul processo interrogativo abbiamo cominciato a
confrontarci.
Ogni realtà educativa, in forme e quantità differenti, ha raccontato quanto le domande
abitino la propria quotidianità: nei rapporti personali di tutti i giorni, nei contesti esperenziali
dei bambini, negli strumenti progettuali e documentativi, nelle relazioni con le famiglie,
nelle occasioni d’incontro con i coordinatori pedagogici.
Le domande, potenzialmente ricche di significati e complessità, sembrano essere
presenti in tutti gli aspetti della vita di un servizio educativo.
“Il significato delle domande nell’approccio progettuale.”
di Lorenzo Vascotto
“Un piano per acquisire idee è vantaggioso soltanto se ci incita continuamente ad
abbandonarlo, se ci invita ad allontanarci da esso, a fiutare l’aria a destra e a sinistra, a
girare in tondo, a divagare, non a lasciarci guidare verso l’ottenimento delle idee, ma
piuttosto a disporci all’elaborazione di queste ultime.” J. Wagensberg, fisico
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Nel riprendere il lavoro di confronto e approfondimento del gruppo scambi pedagogici dei
nidi d’infanzia, alle porte di un nuovo anno scolastico, abbiamo voluto evidenziare alcuni
interrogativi che rappresentassero il nastro di partenza del nostro percorso. Questa
scelta porta con sé due aspetti di fondo che vorremmo dichiarare fin da subito: da un
lato, esprime l’intenzione di approfondire alcune sfaccettature dell’esperienza dei nidi
d’infanzia coinvolti, accompagnando l’attenzione del gruppo di lavoro nella direzione di
precise specificità, rispetto alla grande complessità e vastità di focus che la dimensione
educativa racchiude. Pur sapendo e riconoscendo continuamente che non è possibile
tenere separati e frazionati elementi che nella quotidianità dei nidi d’infanzia sono
intrinsecamente intrecciati e interdipendenti, abbiamo ritenuto importante assumere punti
di vista di partenza che stringessero lo sguardo sull’orizzonte di valori, di culture, di
saperi e di scelte proprio di ogni realtà educativa, per costruire fin da subito un terreno
comune sul quale fosse più semplice e meno dispersivo potersi incontrare per dialogare.
Il secondo aspetto che ci piace sottolineare sta nella scelta strategica di porre domande
come incipit del nostro lavoro. Strategia adottata per tenere fede a due caratteristiche
che nel corso degli anni hanno costruito l’identità e il senso del lavoro che questo gruppo
ha svolto: per prima cosa, domandare e domandarsi per stare in un atteggiamento di
ricerca, proprio di chi desidera mettersi in discussione senza aver già prefissato un
risultato necessario da acquisire; non accontentandosi di significati elaborati da altri
soggetti, in altri tempi, in altri contesti e con altri vissuti, ma cercando di costruirsi i
propri attraverso lo sforzo di rileggersi e ri-significarsi. In seconda battuta, domandare e
domandarsi per ribadire il valore dell’ascolto, del dialogo, del confronto con altre realtà,
per mettere in piedi relazioni e reti non omologanti o comparative, ma che diventino
stimolo continuo ad approfondire consapevolezze e coerenze nei confronti di se stessi.
Ed è proprio sul concetto di buona domanda e sul processo interrogativo che abbiamo
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cominciato a confrontarci all’inizio del percorso di questo nuovo anno scolastico. Ogni
realtà educativa, in forme e quantità differenti, ha raccontato quanto le domande abitino
la propria quotidianità: nei rapporti personali di tutti i giorni, nei contesti d’esperienza dei
bambini, negli strumenti progettuali e documentativi, nelle relazioni con le famiglie, nelle
occasioni d’incontro con i coordinatori pedagogici, ecc… Le domande, con tutta la loro
portata di significatività e di complessità, sembrano essere presenti in tutti gli aspetti
della vita di un servizio educativo. Partendo da questo dato di realtà, volendo approfondire
questo aspetto da tutti ritenuto decisivo per la qualità di un’esperienza educativa, abbiamo
scelto di costruire interrogativi sul concetto stesso di domanda:
- come porre e porci domande?
- quale valore attribuire loro?
- esistono domande buone e domande meno buone? Come riconoscerle?
Insieme, abbiamo cercato alcune risposte che potessero aiutarci a dare una cornice di
significato a questi concetti, riflettendo sul fatto che il domandare e l’interrogarsi possano
essere interpretati come un atteggiamento e come una strategia. La domanda e il
domandarsi, vissute come atteggiamento mentale e professionale da parte di chi opera
nei nidi d’infanzia, possono rappresentare una grande risorsa in quanto contribuiscono
ad una serie di punti di vista e di sguardi molto importanti: lo sguardo riflessivo, che
permette di rivedersi e rileggersi continuamente, elaborando sensi e significati autentici;
lo sguardo curioso, sulla realtà circostante e su di sé, benzina inesauribile della ricerca,
che permette di vedere il mondo con occhi nuovi e più consapevoli; lo sguardo espansivo,
che permette di allargare l’orizzonte per trovare nuove connessioni e nuove sfaccettature
dell’oggetto stesso della domanda. La domanda e il domandarsi, non di meno, possono
assumere i contorni della strategia pedagogica, quando divengono strumenti preziosi
per costruire un’idea di educazione come ricerca e approfondimento, che possa sostenere
i bambini nell’essere costruttori del proprio percorso di conoscenza, protagonisti attivi Ad
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che diano forma e senso alle realtà che incontrano, contrapposta ad un’idea d’insegnamento
schematico e contenutistico; un’educazione che si nutra costantemente di pensiero e
riflessione, oltre che di esperienze agite, che presupponga un movimento verticale, dove
si possano effettuare delle pause e delle soste per andare in profondità.
Abbiamo cercato di delineare alcune possibili caratteristiche che contribuiscono a fare di
una domanda una buona domanda, intesa come quell’interrogativo che più di altri può
accompagnarci ad approfondire i pensieri, le idee, i vissuti dei bambini che abbiamo di
fronte, conoscendoli di più e meglio; quindi apertura, intesa come capacità della domanda
di aprire nuovi contesti d’approfondimento e di concentrarsi su elementi non conosciuti o
poco approfonditi, in contrapposizione alla retoricità e alla superficialità; riflessività, che,
come già detto, permette anche di compiere processi di autovalutazione dell’esperienza;
reticolarità, intesa come capacità di tenere insieme diversi elementi e diverse informazioni,
anche di ambiti molto distanti, per costruire collegamenti e connessioni di significato.
Dal punto di vista della visibilità e della rintracciabilità del progetto educativo dei nidi
d’infanzia e della partecipazione delle famiglie, focus d’indagine scelti per quest’anno
scolastico per costruire un tavolo di confronto e di scambio d’esperienze, le riflessioni fin
qui fatte hanno avuto modo di concretizzarsi e ricevere ulteriore slancio grazie soprattutto
ai racconti delle educatrici e dei pedagogisti presenti.
Una delle prime riflessioni emerse dal gruppo è stata quella della reciprocità: le domande
che permeano la vita dei nostri nidi d’infanzia vengono formulate da più attori, come i
bambini e le famiglie, e non solo da educatori e pedagogisti. In questo senso, abbiamo
ragionato sull’equilibrio da costruire e valorizzare che possa far convivere differenti domande
all’interno di un servizio educativo, senza attribuire pesi e valori diversi a seconda di chi le
pone in quali forme? In quali contesti? Con che linguaggio? Con quali tempi di sosta?
35
Ad un primo tentativo di dare alcune risposte, il gruppo si è ritrovato d’accordo nel riconoscere
la documentazione quotidiana, soprattutto agende giornaliere o diari di sezione, come
contesto principale in cui le tante domande lasciano una traccia più visibile ed esplicita: in
questo caso, le domande vengono percepite dalle educatrici come strumento per favorire
ed incentivare il dialogo con le famiglie, che a loro volta ricevono uno stimolo alla costruzione
di domande di approfondimento che possono accompagnarle ad una maggiore
consapevolezza rispetto al vissuto dei propri figli al nido.
Domande che emergono nelle diverse forme di documentazione della quotidianità ma che,
in un rapporto fortemente intrecciato e contaminante, trovano ampio spazio anche nella
progettazione e in particolare in alcuni strumenti progettuali che a seconda del nido
d’infanzia assumono forme e identità molto variegate. In questo caso una delle riflessioni
più sottolineate da tutto il gruppo di lavoro consiste nel considerare la strategia progettuale
della domanda come una novità e un’innovazione tutto sommato recente, che ha portato un
ribaltamento di punti di vista e attenzioni davvero significativi, consentendo di dare un
valore alto e generativo ad ogni domanda in quanto tale, sia che provenisse da osservazioni
delle educatrici e dei pedagogisti, sia che arrivasse dalle famiglie. Di conseguenza, abbiamo
ragionato sulla piena legittimità che ogni interrogativo posto dalle famiglie deve trovare nei
servizi per l’infanzia: a volte questo non accade, così come raccontato dalle educatrici
presenti, perché spesso il piano di chi opera nei nidi d’infanzia viene considerato dagli
stessi di un livello maggiormente consapevole, approfondito, raffinato o ricco rispetto a
quello delle famiglie, mettendo in atto meccanismi, anche impliciti, di traghettamento di
punti di vista e interpretazioni da un piano inferiore ad uno superiore. In questo tratto della
nostra discussione, che si è soffermata quindi sull’importanza di costruire un dialogo autentico
tra soggetti la cui voce debba avere lo stesso valore e lo stesso spazio, è emerso un altro
aspetto molto interessante che a parere di tutto il gruppo ha una grande rilevanza nella
qualità della partecipazione alla vita dei nidi d’infanzia: il tema del linguaggio.
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Educatrici e pedagogisti presenti si sono trovati d’accordo sulla necessità di interrogarsi
su quale linguaggio viene principalmente utilizzato nelle diverse forme di
comunicazione tra i partecipanti alla vita di un servizio educativo, con la consapevolezza
che i linguaggi, intesi sia come forme e codici comunicativi, sia dal punto di vista lessicale,
contribuiscono in maniera determinante a veicolare valori, immaginari, punti di vista,
vissuti emotivi.
In conclusione del pomeriggio di confronto e discussione, sono emerse una serie di
domande e di riflessioni legate al concetto stesso di domanda e al suo uso strategico
nell’esperienza educativa; in particolare, alcune educatrici hanno sottolineato la difficoltà
di trovare quotidianamente un equilibrio sostenibile tra domande e risposte. Da una parte
infatti, si è ribadita la necessità di imparare a porsi buone domande, per tutte le ragioni già espresse, con
la consapevolezza di quanto sia importante sospendere la frenesia e la preoccupazione di
trovare delle risposte, concedendo alla domanda stessa il tempo e lo spazio per
agire da elemento rigenerante, imparando quindi a rimanere nel dubbio come
condizione positiva che rilanci la ricerca. Dall’altra, alcune educatrici presenti hanno
espresso la convinzione di sentirsi responsabili di fissare nel tempo alcuni pensieri e
alcune consapevolezze che costituiscano degli approdi di senso sui quali discutere con
gli altri interlocutori dell’esperienza, bambini e famiglie, e che rappresentino nuovi punti di
partenza per ulteriori domande e ricerche.
Su questo delicato equilibrio si gioca gran parte della qualità d’esperienza che i nostri
servizi per l’infanzia si propongono di costruire, che comporta una certa dose di rischio
ma altrettanta di possibilità: per metafora, possiamo immaginarci un equilibrista che
camminando su un filo sottile sospeso per aria sa bene di poter cadere, ma che, allo
stesso tempo, non vuole rinunciare ad alzarsi da terra per poter scrutare il mondo con uno
sguardo che sa arrivare lontano.
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3_Dal prodotto al processo: approccio evolutivo e strumenti
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“La pedagogia è farsi domande: esse sono di gran lunga superiori alle risposte”
di Lorella Trancossi
(da una conversazione con i Coordinatori pedagogici e gli insegnanti del Gruppo
scambi).
Il gruppo scambi è occasione di incontro e conoscenza ma soprattutto una comunità
che apprende, una specie di “gruppo sonda”che, attraverso la ricerca, costruisce
formazione.
Il tema che ci viene consegnato è quello della ricerca intorno agli strumenti della
progettazione.
La prima domanda allora può essere: a cosa serve uno strumento progettuale?
Possibili risposte:
• Per costruire il significato e insieme il valore della ricerca educativa
• Per dare spessore e costruire professionalità, quindi sostenere l’idea di insegnante
ricercatore
• Per alimentare la qualità della riflessione sui contesti di apprendimento e sulla
quotidianità educativa
Qualsiasi strumento progettuale decidiamo di utilizzare dobbiamo essere consapevoli che
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attraverso esso comunichiamo, dichiariamo delle intenzioni,un’idea di apprendimento, di
educazione, di infanzia, di insegnante.
Il progetto è espressione consapevole di intenzionalità che non è solo la finalità della
nostra azione, ma la costituzione strutturale dell’esperienza.
Per questo occorre dichiararsi fin da subito rispondendo, come ci sollecitava Malaguzzi,
alla domanda di “Alice nel Paese delle Meraviglie”: chi sono dunque io, ditemi questo
prima di tutto. Ci facciamo ancora questa domanda? Lo facciamo anche in relazione al
cambiamento e alla contemporaneità?
Ma soprattutto chiediamoci come la struttura progettuale può generare cambiamento perché
la progettazione va sempre declinata in un contesto di cambiamento.
Occorre tornare a riflettere sulla relazione tra progettualità e quotidianità per costruire
quella “normalità ricca” che riteniamo indicatore principale di qualità educativa.
• Da cosa è costituita la nostra esperienza a scuola? E quella dei bambini e delle
famiglie?
• Da dove ricaviamo le intenzioni educative che dichiariamo?
• A partire da quali evidenze, da quali ipotesi, da quali teorie dell’apprendimento
produciamo l’analisi del contesto culturale, sociale, educativo del Nido?
• Quali sono i soggetti cui tocca elaborare la struttura osservativa di ricerca necessaria
a raccogliere gli indizi dai bambini, dalle famiglie, dagli educatori e analizzano poi
i dati emersi?
• Quale ruolo e quali competenze ha il pedagogista nella intera struttura della ricerca?
La struttura progettuale, per evitare rigidità e impoverimenti, deve essere indirizzata a
costruire strategie e strumenti di osservazione, produrre interpretazioni, rilanci e nuove
zone di approfondimento, documentazione capace di evolvere in relazione al focus di
42
ricerca.
Occorre secondo me prevedere momenti di sosta e di riflessione più frequenti nel corso
dell’anno per arricchire via via la discussione sulla coerenza e le contaminazioni positive
o invece sulle contraddizioni tra la struttura del Progetto pedagogico e la progettazione
dei contesti quotidiani, dell’ambiente, delle strutture comunicative.
• Quali potenzialità può avere questa strategia nel mantenere eccitazione e fervore
culturale nel gruppo di lavoro e, se condotta con il rigore della ricerca e la leggerezza
dell’indagine educativa, nel contesto della singola sezione o del nido?
• Quali sono le condizioni anche comunicative che possono consentire un reale e
proficuo confronto, senza il quale l’interpretazione rischia di essere arbitrio?
La struttura progettuale che si rende leggibile e pubblica è contemporaneamente strumento
di lavoro e di formazione. E’ responsabilità del coordinatore garantire questa attribuzione
di valore, garantire le condizioni organizzative che lo rendono possibile. Quante volte in
un anno, in quali tempi, con quale organizzazione vengono discussi gli avanzamenti dai
collettivi?
La struttura progettuale ci consente di vedere davvero i bambini nelle loro individualità, di
costruire una storia di stima reciproca in relazione anche alle conoscenze che sapremo
accrescere intorno a quello che non conosciamo ancora.
L’insegnante ricercatore deve saper fare ricerca, ma anche saper trasformare la sua
ricerca in una risorsa effettiva per la propria professionalità.
Il bisogno di sicurezza ci porta a ripercorrere, se non nei contenuti, spesso nelle modalità,
il già percorso.
L’insegnante ricercatore, quello che sta bene a scuola e con i bambini, che nutre per loro
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rispetto e stima, che sarà dare consuetudine alla pedagogia dell’ascolto, l’aspirazione di
tutti noi credo, che caratteristiche ha?
Anche questa è una domanda che la struttura progettuale implicitamente pone.
La ricerca in campo educativo deve essere generosa, deve saper comunicare e diffondere
le proprie riflessioni; in tal senso ritengo che la documentazione debba saper dare conto
degli avanzamenti anche provvisori.
La struttura progettuale è una struttura previsionale, non deve dire cosa accadrà ma
deve prendersi la responsabilità di fare delle ipotesi.
Se non facciamo ipotesi non facciamo ricerca e progettare e ricercare sono due azionidello
stesso percorso.
E’ uno strumento che si costruisce e si alimenta in circolarità con l’osservazione e la
documentazione, quindi una struttura narrativa si, ma non di azioni, bensì di intenzioni,
di ipotesi, di osservazioni e di interpretazioni dei dati. C’è differenza tra narrare azioni
enarrare ipotesi.
La struttura progettuale è struttura di sintesi, ci deve aiutare a tenere insieme i diversi
piani, i diversi luoghi (la progettazione educativa con la partecipazione, la ricerca con la
quotidianità,l’interpretazione con i contesti, la struttura progettuale con quella
documentativa…)
E’ sostenuta da un pensiero sistemico.
La vostra esperienza è evoluta nel tempo, è figlia di tanti contesti, di tante storie e di
tante scelte. Non sempre questo si evince dagli strumenti dichiarativi: ci sono concetti,
idee, dichiarazioni sui quali ormai più nessuno ha dubbi….ma i nostri percorsi di lavoro
sono figli della nostra storia, è lì che prendono davvero forma le differenze. Si tratta di
differenze consapevoli e competenti? Esprimono originalità e soprattutto identità? Sono
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compatibili con le nostre elaborazioni teoriche intorno all’infanzia? Sono contemporanee in
relazione alle scoperte e alle riflessioni conseguenti e più recenti intorno all’apprendimento?
La pedagogia è farsi domande: esse sono di gran lunga superiori alle risposte.
E’ all’interno di un approccio che parte dall’esigenza primaria di porsi domande e di
individuare la domanda stessa come strumento di ricerca costante nell’evoluzione
delle esperienze condivise all’interno dei nidi d’infanzia, che ritroviamo la “rivoluzione
concettuale” che ha contraddistinto l’approccio educativo, cioè il PASSAGGIO
CONCETTUALE DAL PRODOTTO AL PROCESSO. La struttura del pensiero
progettuale non è lineare, bensì circolare, con andate e ritorni. Agire in modo
processuale è riuscire ad elaborare ipotesi, a produrre previsioni su come i bambini
agiscono in determinati contesti e su determinati materiali. Significa dare forza e
stimolare i saperi, le informazioni che possediamo, interpretare i processi ancora
prima dei risultati, perché nei processi (e non nel prodotto finale) si riesce a cogliere
la soggettiva, la personalità di ogni bambino.
Uno degli aspetti propri dell’approccio progettuale è l’INTERPRETAZIONE, nodo di
svolta sul quale hanno riflettuto pedagogisti ed educatori.
Interpretare vuole dire agire un’operazione culturale, costruire conoscenza, capacità
di dare senso. Le interpretazioni devono essere colte per poter predisporre dei
contesti di senso; per questo diventa indispensabile riflettere per capire ed interpretare
l’esperienza, per dare significato a ciò che è accaduto o sta accadendo, per sostenere
le diverse soggettività dei bambini, del gruppo. Per riuscire a condividere e costruire
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insieme ( pedagogisti ed educatori), è necessario progettare un cammino condiviso,
tappe che ci accompagnano e che sostengono il nostro “agire” quotidiano in
educazione, per uscire dal prestabilito, per riuscire ad assumere un nuovo sguardo
culturale, uno sguardo curioso. Per attivare un “pensiero progettuale” occorrono
strumenti di lavoro che sostengano e orientino..
La struttura del pensiero progettuale e la progettazione richiedono riletture e confronti
continui.
Lavorare in educazione vuol dire essere capaci di ridiscutere le certezze e le
esperienze per rileggerle, interpretarle, rilanciarle dentro una cornice di senso, negarle
e riaffermarle. Sono le divergenze che spingono l’individuo verso la conoscenza.
La progettazione educativa, quindi, si qualifica attraverso differenti momenti che la
caratterizzano e che si pongono in stretta connessione/sinergia. Per sostanziarne il
significato e dare visibilità ai processi di apprendimento dei bambini è necessario
intrecciare progettualità e documentazione.
Non solo dunque parliamo di interpretazione, ma anche di documentazione.
Ma di quale documentazione in specifico?
Ci riferiamo ad ogni singolo livello del processo documentativo, dalla prima raccolta
delle osservazioni, testimone di un primo livello di registrazione delle esperienze e
dei contributi dei bambini, alle successive e differenti forme di rielaborazione, sia
cartacea, che fotografica, che audiovisiva, per giungere alle produzioni documentative
finali conclusive. In ogni diversa forma, l’adulto colloca un suo livello specifico di
lettura e di sottolineatura dei passaggi concettuali, degli stili relazionali, dell’interazione
nel processo di sviluppo, proponendo interpretazioni soggettive, ma al tempo stesso
46
capaci di produrre consapevolezze specifiche in merito allo sviluppo del pensiero
infantile, dei processi di apprendimento dei bambini.
La documentazione entra nel merito dell’esperienza agita testimoniando, attraverso un
attento approccio osservativo, i passaggi concettuali più significativi all’interno del
complessivo percorso di ricerca. L’osservazione continua intende inoltre valorizzare la
soggettività, in un’ottica di relazione e di reciprocità con il gruppo di appartenenza e
con il contesto, sottolineando gli stili e gli approcci attraverso i quali si attiva la ricerca
dei singoli soggetti. Il processo osservativo sostiene il rispetto per ogni individuo che
apprende nella realtà, in modo personale e soggettivo; osservazione è sinonimo di
democrazia che accoglie e rilancia i punti di vista di ciascuno.
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4_Il valore della ricerca: analisi, interpretazioni, contributi e prospettive
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Approccio alla ricerca. Principi , ruoli e strumenti.
IL SENSO DELLO STRUMENTO PROGETTUALE E LE SUE POSSIBILI EVOLUZIONI
NEL TEMPO.
La ricerca condotta ha creato nuove consapevolezze all’interno del gruppo attraverso
la possibilità di entrare nel merito dell’utilizzo degli strumenti progettuali utilizzati nei
singoli territori comunali, mettendone in evidenza i livelli di sperimentazione più o
meno consolidati nel tempo.
La scelta di campo effettuata è risultata particolarmente complessa, poichè ci ha
sollecitato ad entrare nello specifico, ad esplicitare, quali sono effettivamente gli obiettivi
che sostengono le scelte progettuali all’interno dei servizi.
Per queste motivazioni, per la complessità che caratterizza l’approccio progettuale
sperimentato nella nostra provincia, occorre forse individuare alcuni punti fermi, intorno
ai quali continuare a costruire il nostro confronto e dai quali trarre le sollecitazioni
necessarie per avanzare nei nostri approfondimenti.
A sostegno dell’approccio progettuale riteniamo si ponga in prima istanza la
conoscenza del bambino e delle sue potenzialità, del processo di costruzione
dell’identità e dei diversificati livelli di apprendimento, conoscenza che può e
51
deve realizzarsi attraverso strategie osservative e strumenti che consentano un ascolto
attento e mirato da parte delle educatrici, per andare oltre a quanto già condiviso.
Questo per andare oltre ad esperienze educative 0/3 che ancora, talvolta, si legano a
scelte rituali, collocabili dentro ad un agire diffuso, il cui l’agente promotore rimane
prevalentemente l’idea che l’adulto si è costruita del bambino, delle sue potenzialità e
dei suoi interessi. Con questo non si intende mettere in discussione il concetto che
l’adulto si faccia promotore di esperienze, ma certamente della necessità che l’adulto/
educatore si attivi per rileggere costantemente la “propria immagine di bambino”
attraverso un continuo confronto con la realtà, con gli agiti dei bambini/l’oggettività dei
comportamenti assunti dal gruppo dei bambini.
A volte nei servizi si sono costruiti percorsi seguendo “tendenze”, “proposte ricorrenti,
con materiali ricorrenti”, e se si cercava di indagare la motivazione delle scelte, anche
le risposte si ricollocavano all’interno di precisi canoni pedagogici: “…. sollecitano le
abilità motorie …” oppure “… sostengono lo sviluppo del linguaggio, la creatività …”.
Speso è mancata la curiosità di andare oltre alle motivazioni pedagogiche ricorrenti,
“all’idea adulta”, per conoscere realmente le potenzialità dell’individuo in questa fascia
d’età.
Parliamo di individuo proprio perché questa dimensione del bambino proiettato nel
futuro, non è sempre un punto di partenza, ma è una conquista frutto di una costante e
continua rilettura dell’esperienza educativa.
E’ importante, dunque, che le educatrici siano sollecitate e capaci di costruire un progetto
a lungo termine, nel quale ogni esperienza, ogni conquista, ogni competenza sollecitata
ed acquisita nei diversi stadi del processo evolutivo, possa assumere un significato
temporale diverso, poiché capace di contribuire alla costruzione di un percorso di
crescita proiettato nel tempo. Qui, in questa rilettura dell’approccio educativo e dei
significati in esso contenuti, si colloca dunque la chiave di lettura dell’approccio
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progettuale, poiché, ad oggi, questo rappresenta l’approccio metodologico
maggiormente in sintonia con l’evoluzione del processo di costruzione delle conoscenze
e quindi con il processo di crescita dell’individuo.
Inoltre diventa indispensabile sottolineare che l’approccio progettuale riportato
all’esperienza, non riguarda l’eccezionalità, ma la quotidianità, con i contesti e i
materiali che la contraddistinguono e la caratterizzano.
Anche in questo senso si tratta di ribaltare in parte l’idea che, creare innovazione educativa
e didattica, significhi unicamente variare costantemente le proposte ed i contesti. Un
tempo le proposte didattiche all’interno dei servizi proponevano materiali e tecniche
come la creta e il colore; oggi si preferiscono i materiali informali, più destrutturati. Ma
ciò che può creare reale differenza fra gli approcci educativi non è soltanto il contesto
di per sé, quanto il ruolo giocato dal contesto che, nell’approccio progettuale, si trasforma
in spazio di ricerca e di espressione dei processi di costruzione della conoscenza.
Occorre, dunque, andare oltre alla proposta e, attraverso l’osservazione mirata,
produrre nuove letture interpretative: passaggio complesso che necessita di essere
sostenuto da specifici processi fiormativi.
Questo approccio, attraverso la sua complessità, può dunque accompagnare i servizi
in un percorso di “crescita collettiva”, di “confronto allargato”, nella ricerca del senso e
del significato delle esperienze, di conoscenza delle reali e complesse potenzialità
del bambino e della costruzione della sua immagine proiettata nel futuro.
Un’esperienza capace di assumere un ruolo fortemente formativo per chiunque intenda
avvicinarsi ad un’esperienza educativa.
Tornando al nostro gruppo di lavoro risulta importante sottolineare il valore del confronto
fra i suoi componenti ed il ruolo formativo ed autoformativo che lo stesso scambio ha
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assunto nel corso del tempo. Il gruppo ed i suoi componenti hanno avuto la possibilità
di rileggere la propria esperienza educativa all’interno di un quadro di riferimento vasto,
vario e differenziato, dentro al quale le diverse realtà e i diversi servizi hanno avviato
sperimentazioni, inventato strumenti, cercato di rileggere ed interpretare la realtà
educativa del proprio territorio, nel tentativo di arricchire e di rendere la proposta
educativa offerta e costruita nella quotidianità sempre più significativa e ricca di opportunità
per i suoi protagonisti.
All’interno di questa riflessione riteniamo importante e necessario recuperare l’attenzione
rispetto al ruolo del pedagogista nel sistema educativo.
Un ruolo particolarmente complesso, poichè deve sollecitare e sostenere la costruzione
di un approccio filosofico-progettuale, porsi in ascolto dei bambini, in coerenza con il
loro percorso di crescita, deve procedere a fianco delle educatrici per costruire un
approccio progettuale capace di trarre sensi e significati dall’esperienza quotidiana.
A questo proposito inseriamo un approfondimento tematico e le riflessioni condotte
dalle educatrici in una fase di lavoro di gruppo.
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“Il ruolo del pedagogista nell’elaborazione degli strumenti progettuali.”
di Paola Strozzi e Jessica Ferrari
“Come gestire la riflessività che sta sia “a monte” sia “in itinere” nella complessa e articolata
elaborazione pedagogica, che la innerva e la decanta nelle sue strutture formali e di idee?
Gli strumenti di scrittura, ovviamente, non hanno il ruolo di esaurire l’azione riflessiva, ma
possono essere input per una struttura di pensiero a questa coerente”1
Come evidenziato dalla ricerca condotta nei diversi territori, sono molti e variegati gli
strumenti progettuali utilizzati nei nidi d’infanzia per corrispondere ad un pensiero e ad una
azione progettuale.
Sono strumenti da considerarsi come strutture flessibili, aperte al cambiamento e al
desiderio di corrispondere ad esigenze e nodi problematici, che vengono di volta in volta
individuati e che sanno tenere in evidenza il punto verso cui tendere .
Alcuni nascono da percorsi storici nel tempo e periodicamente aggiornati con riflessioni
condivise, altri sono generati per ideazione e scelta di un gruppo di lavoro in relazione ad
un tema specifico.
Inoltre sappiamo che ogni diversa realtà territoriale prevede progetti di formazione annuali
specifici, elaborati dal coordinamento pedagogico e/o dai distretti territoriali.
Tali progetti rappresentano la cornice culturale e pedagogica entro cui si iscrive la
dichiarazione di intenti di nido ed è affidata al/alla pedagogista la sua argomentazione
insieme al gruppo di lavoro.
Il pedagogista si pone dunque come soggetto che elabora e sostiene il gruppo di lavoro in
un’ottica di riflessività, lungo tutto l’anno scolastico; sollecita valutazione e autovalutazione
nelle diverse situazioni che caratterizzano l’esperienza educativa (osservazione dei bambini,
rapporto con le famiglie e con il territorio, organizzazione dell’ambiente, collaborazione
55
con i colleghi, ecc). Per questo vediamo essenziale il suo contributo anche rispetto le
scelte e i nodi che caratterizzano le scritture progettuali.
In particolare là dove si parla di una Dichiarazione di Intenti di nido e/o di sezione emerge
chiaramente la responsabilità della pedagogista/del pedagogista di contribuire con il gruppo
di lavoro all’ individuazione all’elaborazione e messa in relazione delle scelte oggetto
della dichiarazione stessa.
La scrittura delle dichiarazione di intenti di nido e/o di sezione rappresenta un momento
particolarmente significativo di passaggio dal piano dell’enunciato a quello delle scrittura,
che molte insegnanti vivono come particolarmente impegnativo. Come anticipato, è un
documento che nasce da un confronto e da una individuazione di zone di dichiarazione
fatta in momenti collegiali per poi trovare una forma scritta, magari snella ed agile. Tutti
i profili professionali sono da intendersi come coautori del piano di intenti del nido anche
attraverso una struttura grafica che preveda spazi per annotazioni a commento/
integrazione di quanto scritto.
Nel tempo, per dispiegare al meglio le proprie potenzialità riflessive, richiede momenti
previsti di rilettura e integrazione di parti coerenti con la valutazione dei percorsi e del
modificarsi delle esperienze.
La scrittura rappresenta il momento della scelta e dell’assunzione di responsabilità. Con
la scrittura scegliamo un posto dove collocare il nostro pensiero, pur sapendo che questa
azione ha dentro di sé il valore dell’incompiutezza, del non poter essere mai finito.
Possiamo quindi ribadire che obiettivo di questa comune operazione è aumentare il
piano dei significati e raccordare maggiormente le riflessioni in corso in ogni singola
istituzione con il piano più generale del sistema educativo. Aggiungere annotazione e
commenti al documento da parte di più autori e tra questi, essenziale, quello del/della
pedagogista, esprime un desiderio di appartenenza al documento che si sta co-costruendo.
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Lasciare visibili appunti manoscritti di più interlocutori sostiene il circolo virtuoso dei pensieri
e allo stesso tempo racconta in forma germinale l’evoluzione di un percorso di gruppo.
Altri strumenti/scritture seguono più da vicino la predisposizione dei contesti con i bambini
(Intenti periodici, scalette organizzative, focus di osservazione) e vedono una cadenza più
frequente rispetto alla dichiarazione di intenti.
Probabilmente non riescono con la stessa puntualità ad essere commentati dal/dalla
pedagogista se non quando si riferiscono a progetti specifici a cui il nido sceglie di dedicare
una particolare attenzione, ma è importante che ci siano perché alzano il livello di riflessività
rispetto il quotidiano e sollecitano, quasi pretendendolo il confronto tra colleghe.
Le scritture progettuali periodiche vengono poi alimentate dalle osservazioni quotidiane,
quali scalette osservative, fotografie, brogliacci, sfogli, agende quotidiane. Consentono
confronti tra insegnanti e pedagogisti, a volte anche con i genitori, in cui vengono discusse
non solo il contenuto dei contesti vissuti con i bambini, ma anche le strategie annotative
e le nuove possibili direzioni di lavoro.
Il pensiero progettuale richiede strategie per comprendere e rilanciare pensieri e contesti.
I tempi richiesti dalle scritture progettuali, sia alle insegnanti che ai pedagogisti, sono
dunque importanti perché coerenti con il fare emergere il pensiero che pensa, il pensiero
critico e la danza delle idee e delle azioni Dedicare e dedicarsi tempo per la riflessione e
l’argomentazione attraverso strumenti e scritture, testimonia rigore professionale,
coinvolgimento e processo formativo che caratterizzano il nostro mestiere di educatori.
1 Da “Elementi per la scrittura della dichiarazione d’intenti di nido e di scuola” a cura del Coordinamentopedagogico di Reggio Emilia, 2010
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IL PUNTO DI VISTA DEGLI EDUCATORI.
L’organizzazione del gruppo scambi ha visto l’alternanza del confronto fra un gruppo
ristretto (soli pedagogisti) ed un gruppo allargato (pedagogisti ed educatori), per
approfondire da diversi punti di vista le interessanti complessità relative agli strumenti
progettuali, creati e presentati dai servizi presenti.
Ci sembra particolarmente importante, dedicare uno spazio specifico al punto di vista
degli educatori che, suddivisi in due sottogruppi, si sono confrontati su specifici temi di
discussione.
Ci sembra indispensabile, nel rispetto dello stile e della metodologia condivisa nel
corso degli anni dal gruppo stesso, concludere questa raccolta di pensieri e di
concettualità attraverso le parole e le riflessioni emerse fra le educatrici appartenenti ai
diversi servizi del territorio provinciale. Esse rappresentano il momento di traduzione,
di creazione e di sperimentazione diretta dell’approccio, sono il filo di collegamento fra
le riletture concettuali e la loro traduzione nella quotidianità, nella relazione con il bambino
ed il gruppo.
Il loro contributo nella rilettura degli strumenti, del loro utilizzo, della loro efficacia, diventa
indispensabile per la messa a punto dell’approccio progettuale nella sua complessità.
Riteniamo dunque che le loro riflessioni possano rappresentare non tanto un punto di
arrivo, quanto il punto di partenza per un confronto futuro, il materiale su cui basare la
continuità del nostro lavoro di ricerca all’interno del gruppo scambi nidi.
In merito alla metodologia seguita, abbiamo sottoposto ai due distinti gruppi tre domande,
portatrici dei contenuti indagati nei mesi precedenti:
Rispetto agli strumenti dei vari servizi presentati quali analogie e differenze?
Esistono sinergie?
Che cosa vi ha colpito maggiormente?
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1° gruppo di lavoro
Educatrici rappresentanti i servizi educativi di: Castelnuovo nei Monti, Villalunga
(Casalgrande), Castellarano, Rubiera, Reggio Emilia.
Referente del gruppo e della stesura del resoconto finale: Simona Sala educatrice
del Nido d’Infanzia “Albero Azzurro” Rubiera
_Le esperienze dei vari servizi hanno messo in luce che esistono molte analogie rispetto
agli strumenti progettuali utilizzati.
Alcuni esempi: la carta dei servizi, l’ipotesi/traccia progettuale, il diario, il brogliaccio.
L’utilizzo di una progettazione settimanale appare invece essere un’esperienza più
limitata. Questo strumento ha aperto all’interno del gruppo diversi interrogativi: come si
colloca la progettazione settimanale in un disegno progettuale complessivo? Come si
traduce il concetto di flessibilità in questo tipo di organizzazione dell’azione educativa?
Chi non utilizza questo strumento ha difficoltà nel comprenderne il valore in termini sia
concreti (i tempi della sua stesura e i tempi di una condivisione con le colleghe), sia di
collocazione sinergica con gli altri strumenti progettuali.
In merito a questo quesito, recuperiamo un interessante passaggio di riflessione di
Lucia Colla elaborato lungo il percorso di ricerca dell’anno 2008/2009: “…la progettazione
non è naif, il pensiero progettuale men che meno. Le situazioni non debbono essere lasciate
all’improvvisazione. Ci si chiede allora: quanto c’è di organizzato e di organizzativo nella
quotidianità al nido? Per non rimanere ingabbiata, e per paura di fare programmazione,
spesso si rimane in attesa. Dobbiamo riconoscere al pensiero progettuale la necessità di
un’organizzazione precisa che orienti verso un “campo revisionale largo”, che caratterizzi
la settimana, per corrispondere lo sviluppo della ricerca del gruppo.
Che cosa abbiamo fra la progettazione settimanale e l’organizzazione del quotidiano?
Occorre pensare strumenti che aiutino l’articolazione del passaggio dal settimanale al
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quotidiano”.
Ciascun strumento ha bisogno di essere analizzato e discusso secondo i criteri di:
utilità, a chi si rivolge (educatori, genitori ad entrambi) con quale linguaggio se ne
definisce la forma.
Inoltre come connettere gli strumenti fra loro? Come costruire reticolarità fra le parti e le
domande poste come affrontare i nodi concettuali dei percorsi di ricerca?
_Nell’analisi dei vari strumenti è apparsa poco visibile la quotidianità.
Due pensiamo possano essere le chiavi interpretative di questo dato: l’organizzazione
e la realizzazione della documentazione non sono abbastanza capaci di mettere
in risalto il valore della quotidianità? La quotidianità e l’ambito progettuale sono
vissuti come parti slegate fra loro?
_Il gruppo procedendo nell’analisi dei quesiti posti, ha messo a fuoco l’importanza di
un lavoro costante di confronto e condivisione delle esperienze all’interno dei collettivi.
Occorre entrare nel merito dei progetti realizzati con i bambini per capire le scelte, le
strategie e le problematicità che ciascun percorso può evidenziare e restituire. Il
tempo della condivisione e della rilettura può essere definito come uno “strumento
invisibile”, ma che necessariamente deve collocarsi in un progetto educativo
complessivo in cui i vari strumenti dialogano fra loro, per rendere realizzabili gli intenti
e gli obiettivi educativi.
_La discussione in merito all’ipotesi progettuale ha consentito di far emergere diverse
esperienze emotive collegate a questo preciso strumento. Per alcune persone la
stesura dell’ipotesi rappresenta uno sforzo notevole, che richiede molto tempo e
molte energie, al quale però non segue un effetto d’utilità reale: quanto serve
effettivamente nel lavoro quotidiano dell’educatrice? Quanto è compresa e valorizzata
dalle famiglie?
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Per altri componenti il gruppo invece l’elaborazione dell’ipotesi progettuale consente
alle educatrici di definire e condividere gli elementi costitutivi di un quadro teorico di
riferimento, dell’ambito d’indagine scelto che si intende esplorare attraverso la
relazione quotidiana con i bambini e le bambine. Poter elaborare delle buone domande
germinative significa come adulti aprire lo sguardo verso gli orizzonti riguardanti i tanti
e diversi ambiti disciplinari che costituiscono il sapere umano: dimensioni in continua
evoluzione e trasformazione.
Interessante è stato il racconto dell’esperienza di Reggio Emilia, nella quale esistono
dei gruppi di lavoro che coinvolgono le educatrici di sezioni diverse, per elaborare e
trascrivere gli intenti progettuali. Questa metodologia nel gruppo è apparsa diversa e
nuova rispetto ad un lavoro che in genere vede coinvolte in modo separato le varie
sezioni; pertanto potrebbe essere interessante indagare tale diversità e i suoi effetti
sulla progettualità educativa di un servizio.
Ci siamo chieste inoltre: Da dove nasce un progetto?
All’interno del gruppo è emerso che un percorso progettuale può nascere anche in
relazione ad una richiesta esterna (ad esempio il coordinamento pedagogico chiede
di fare una ricerca sulle competenze grafiche dei bambini di quella sezione). Tale
testimonianza è stata lo spunto per interrogarci su un pensiero “culturalmente
condiviso”:
-quanto un progetto deve avere origine dall’osservazione del gruppo dei bambini della
sezione, cogliere i suoi interessi e su questi mettersi a punto, oppure prendere origine
da un esclusivo interesse adulto?
-in quale relazione possono stare le due diverse modalità di procedere nella definizione
della scelta di un percorso progettuale?
-quale sinergia può essere creata fra le due diverse modalità di approccio?
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2° gruppo di lavoro
Educatrici rappresentanti i servizi educativi di: Arceto, Rubiera, Villalunga, Castellarano,
Castelnuovo Monti, Albinea, Correggio, Scandiano.
Referente del gruppo e della stesura del resoconto finale: Giada Gazzotti educatrice
del Nido d’Infanzia “Albero Azzurro” Rubiera
_Il confronto è iniziato facendo una riflessione significativa in merito all’impegno profuso
da parte di tutti i servizi educativi relativo all’introduzione degli strumenti progettuali. E’
ammirabile lo sforzo che tutti i servizi hanno attivato per definire l’identità della propria
struttura educativa, attraverso l’utilizzo degli strumenti progettuali. Essi aiutano, orientano
l’azione adulta, colgono ed evidenziano la soggettività del bambino, le capacità e le
abilità di ogni singolo individuo.
Nel corso degli incontri abbiamo conosciuto i vari strumenti che caratterizzano i servizi,
e ci siamo rese conto di quali e quanti strumenti vengono utilizzati nel nostro territorio.
Esistono strumenti che si assomigliano per struttura, per denominazione, ma si
differenziano, in parte, per quanto riguarda il contenuto.
Nel contempo altri strumenti risultano complessivamente differenti.
Partendo dalle analogie abbiamo così iniziato ad analizzare e a confrontare i vari strumenti
progettuali.
Quali analogie e quali differenze?
_BROGLIACCIO DI LAVORO/ QUADERNO DI LAVORO: è un strumento progettuale
presente in tutte le realtà. E’ una raccolta di osservazioni e riflessioni scritte, dialoghi
dei bambini, fotografie di ricerche a piccolo gruppo, spazi della sezione.
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Alcuni BROGLIACCI sono composti principalmente da GRIGLIE OSSERVATIVE,
strumenti progettuali che sostengono ed orientano l’osservazione e l’interpretazione
delle educatrici durante le ricerche a piccolo gruppo di bambini.
Rielaborando le osservazioni annotate sulla griglia o su fogli, le educatrici realizzano
un altro strumento progettuale lo SFOGLIO VISIVO, che rende visibile la ricerca
individuale o di gruppo attraverso le fotografie, dialoghi dei bambini ed interpretazioni
adulte. In altri servizi viene realizzata L’AGENDA GIORNALIERA, elaborata tutti i
giorni.
L’IPOTESI PROGETTUALE è invece uno strumento presente in quasi tutti i servizi; si
differenzia nei tempi in cui viene elaborata (compilazione semestrale o trimestrale) e
nei contenuti.
In questi strumenti troviamo delle DOMANDE GERMINATIVE.
La riflessione si è fermata su questo punto e qui ci siamo chieste:
“La domanda germinativa può essere considerata un vero e proprio strumento
progettuale? Quale funzione può assumere?”
La domanda è uno strumento orientativo sia per creare un contesto di ricerca sia per
sostenere il focus d’osservazione nelle fasi della ricerca. Si elaborano domande per
sostenere il progetto con i bambini e per sostenere il progetto con le famiglie.
Proprio per questa loro importante funzione:
Le domande germinative trovano una collocazione visiva negli altri strumenti?
Le domande fanno da ponte con gli altri strumenti progettuali?
C’è una sinergia tra i vari strumenti?
Crediamo che sia di estrema importanza imparare a lavorare attraverso le domande
germinative. Questo significa non solo imparare ad elaborarle, centrarle sui significati
della ricerca, ma anche e soprattutto capirne la funzione, il perché si utilizzano. Le
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domande germinative non devono rimanere fini a se stesse, ma devono
interconettersi con tutti gli altri strumenti progettuali.
Tutto ciò per creare una sinergia ed una forte relazione, che deve sempre
sostenere il nostro agire progettuale.
Ogni realtà ha degli strumenti progettuali, nati in base al vissuto personale del
servizio, alla sua storia e ai vari cambiamenti.
Tanti o pochi che siano, riteniamo che a ciascuno di essi debba essere dato
valore, significato e finalità.
Dobbiamo capire perché si utilizzano certi strumenti progettuali.
Ed è proprio sulla parola “strumento” che dobbiamo ragionare: esso deve essere
di aiuto, di sostegno, di orientamento, deve servire al nostro lavoro.
Per avere una maggiore consapevolezza di tutto ciò, è necessario cercare di
entrare nel merito degli strumenti progettuali: ipotesi, sfogli. Addentrarci
nell’esperienza per allargare i nostri saperi e le nostre riflessioni.
E’ stato interessante e arricchente il confronto tra i vari servizi. Il confronto ci ha
permesso di conoscere le altre realtà e i loro strumenti. Speriamo di continuare a
ragionare in merito al sistema progettuale e che le nostre riflessioni vi siano servite
per elaborare nuovi passaggi significativi per i servizi.
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5_Appendice. Strumenti progettuali: strutture e sinergie
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Premessa del gruppo di lavoro
A conclusione del lungo percorso di riflessione, iniziato molti anni fa, abbiamo deciso
di entrare nel merito delle acratteristiche strutturali e della sinergia tra gli strumenti
progettuali adottati nei territori della provincia di Reggio Emilia.
Date le differenze individuate fra i diversi coordinamenti pedagogici, per rendere più
proficui l’approfondimento e l’analisi dei sistemi adottati, un gruppo ristretto del gruppo
scambi nidi provinciali, ha deciso di dirigere la propria attenzione verso alcuni strumenti
adottati dal Distretto di Scandiano.
Parliamo di strumenti costruiti all’interno delle esperienze condotte, verificati, modificati
nel tempo, attraverso le riletture condotte dalle educatrici e dal coordinamento
pedagogico.
Parliamo, dunque, di strutture in continuo divenire.
Il sottogruppo di lavoro prima di procedere nella riflessione, ha ritenuto importante
definire alcuni principi valoriali ritenuti essenziali nella costruzione del sistema progettuale
e dei relativi strumenti.
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Principi da salvaguardare:
- logica interattiva;
- connessioni;
- definizione e ricerca dell’essenzialità dello strumento;
- flessibilità;
- tecnica osservativa;
- capacità di documentare nell’immediatezza dell’agire le esperienze condotte;
- capacità di orientamento dell’azione (rilanci);
- definizione del campo di ricerca, apertura di piste di sviluppo e dei relativi
approfondimenti;
- ricognizione sui focus esplorati;
- capacità di sintesi;
- attribuzione di senso e significato alle esperienze condotte;
- azione di collegamento fra le diverse conoscenze acquisite;
- sostenibilità del rapporto tra sistemi degli strumenti e tempi di elaborazione.
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Analisi degli strumenti progettuali.
IPOTESI PROGETTUALE.
Elaborata due volte l’anno, a settembre e a gennaio
Articolata in diversi capitoli:
- identità della sezione (età dei bambini,dimensioni relazionali,culture di appartenenza);
- ambiti esplorabili;
- percorsi progettuali;
- spazi e tempi;
- metodologia;
- documentazione;
- progetto condiviso con le famiglie, partecipazione.
Riflessioni del gruppo
Ipotesi progettuale altrimenti definita tracce progettuali, scritture progettuali, propositi
progettuali, dichiarazione di intenti, progettazione settimanale……
altrimenti sviluppata mensilmente (già dal mese di agosto con descrizione ), ogni due
mesi, trimestralmente ...
Rispetto all’identità della sezione:
quale si vuole intendere: struttura, composizione, clima, interessi ...?
Ambiti esplorabili:
di struttura? di sezione?
La scelta di indagare una tematica condivisa dal gruppo di lavoro sostiene la possibilità
di approfondire un tema in modo trasversale; è contemporaneamente una opportunità
formativa per il personale educativo.
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Questioni discusse:
-Quale funzione svolge l’ipotesi progettuale?
-Come può essere articolata?
-Quali i tempi di elaborazione in relazione alla funzione e agli altri strumenti utilizzati?
-Come l’adulto sceglie i percorsi progettuali? Come li sostiene nella quotidianità?
SFOGLIO VISIVO
Elaborato due o tre volte la settimana.
Propone l’evoluzione del processo di conoscenza attivato dal gruppo o dalla coppia
o dal singolo, all’interno di un determinato contesto, attraverso l’utilizzo della fotografia,
delle parole e dei gesti dei bambini stessi.
Propone l’azione in sviluppo, in progress, evidenziando la contaminazione fra i livelli
di approfondimento condotti dai diversi bambini.
Riflessioni del gruppo:
In altri territori lo sfoglio visivo è definito: agenda giornaliera, diario giornaliero ...
Elaborata tutti i giorni.
- Strumento progettuale, non solo descrittivo, capace di sottolineare il contesto
dell’esperienza, di collegare il contesto alla tipologia di ricerca, di evidenziare le
strategie utilizzate dal gruppo e dal singolo;
- Strumento efficace, capace di entrare nel merito dell’esperienza condotta dal
gruppo di bambini;
- Strumento progettuale documentativo che sostiene le riflessioni e la metalettura delle
esperienze dei bambini dentro all’approfondimento/ricerca condivisa;
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- Strumento che sostiene la sinergia tra gli strumenti, poiché si significa attraverso la
connessione con gli altri strumenti progettuali;
- Strumento utile per avvicinare le famiglie agli stili di gioco e di avvicinamento/
rielaborazione della realtà da parte del bambino;
- Strumento formativo per le insegnanti, potenziale strumento di approfondimento e di
rilancio;
- Primo strumento base di narrazione delle esperienze vissute del bambino anche
nella quotidianità;
- Lo sfoglio visivo per struttura e contenuto, può collocarsi fra l’agenda visiva e le
ipotesi progettuali, può essere utilizzato negli incontri di sezione, per accompagnare i
genitori all’interno dei processi conoscitivi dei propri figli.
Questioni aperte:
- Dove collocare le domande germinative all’interno dello sfoglio?
- Cosa si intende per agenda? Cosa si intende per sfoglio? Quale differenza fra i due
strumenti e la loro funzione?
- Rispetto al livello interpretativo collegato allo sfoglio, quando produrre interpretazione?
Quale significato può assumere per le insegnanti, per i genitori?
- Rappresenta uno strumento di facile o di difficile lettura da parte del genitore?
Rispetto alle agende visive giornaliere?
- Prevalente funzione descrittiva, caratterizzata da immagini (fotografie) con titoli, parole
chiare legate all’esperienza documentata. Facile ed immediata da parte del genitore la
lettura dell’esperienza riportata in questa modalità;
- La documentazione deve essere capace di rivolgersi a più soggetti, molto diversi nel
loro potenziale interpretativo.
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Questioni aperte.
- Quali sono gli obiettivi che i servizi intendono raggiungere attraverso l’utilizzo dello
sfoglio visivo o dell’agenda giornaliera?
- Ogni azione o scelta operata, ogni strumento proposto ed introdotto dal pedagogista
all’interno del sistema educativo, determina specifici comportamenti e conseguenti
apprendimenti nel gruppo delle insegnanti: il risultato ottenuto attraverso l’utilizzo
dell’agenda giornaliera, è coerente con l’obiettivo che il pedagogista si è posto?
- Quale idea di bambino sostieni attraverso lo sfoglio o l’agenda giornaliera?
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MAPPE CONCETTUALI.
Elaborate più volte l’anno, in rapporto al livello di approfondimento e di sviluppo
raggiunti dal gruppo sezione, rispetto alla definizione del campo di ricerca e delle
relative piste di sviluppo definite.
Strumento di sviluppo dell’approccio progettuale e della costruzione della
conoscenza.
Riflessioni del gruppo:
-elaborazione della mappa progettuale che racconta in sintesi gli approfondimenti
attraverso domande generative e quadro di riferimento culturale;
-le mappe si differenziano in relazione ai destinatari: educatori e famiglie.
Il materiale degli educatori costruisce (insieme agli altri strumenti progettuali) il
quaderno progettuale, mentre quello pensato per le famiglie viene posto nei pannelli
di comunicazione per le famiglie stesse in forma di mappa.
Questioni discusse:
-la mappa può essere utilizzata come strumento di approfondimento e di conoscenza
dei processi di approfondimento dei bambini?
-una volta prodotte le mappe concettuali, come raccogliere e riordinare le riflessioni
relative allo sviluppo della mappa?
-Come rielaborare le concettualità attraverso la rilettura dei pensieri dei bambini?
-Come costruire gli step di riflessione, necessari alla rielaborazione delle mappe
successive?
-Come e quando sostenere le educatrici nella costruzione e rielaborazione delle
mappe concettuali?
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scambi nidi provinciali 2005_2011
SCAMBI PEDAGOGICI PROVINCIALI
nidi d’infanzia Provincia di Reggio Emilia