savelli di norcia - storia e tradizioni

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Q Q Savelli di Norcia Storia e tradizioni Il Cesvol svolge le sue attività con risorse del Fondo Speciale per il Volontariato amministrato dal Comitato di gestione dell'Umbria e alimentato dalle seguenti Fondazioni bancarie: Fondazione Cassa Risparmio Perugia Fondazione Monte Paschi Siena Fondazione Cassa Risparmio Terni e Narni Fondazione Cassa Risparmio Spoleto Fondazione Cassa Risparmio Foligno Fondazione Cassa Risparmio Orvieto Fondazione Cassa Risparmio Città di Castello Fondazione Cassa Risparmio Province Lombarde 3 A cura di Proloco Savelli di Norcia 3 A cura di Proloco Savelli di Norcia Quaderni del volontariato Savelli di Norcia Storia e Tradizioni

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Storia, usi e costumi di Savelli di Norcia

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Il Cesvol svolge le sue attività con risorse del Fondo

Speciale per il Volontariato amministrato dal Comitato di

gestione dell'Umbria e alimentato dalle seguenti Fondazioni

bancarie:

Fondazione Cassa Risparmio Perugia

Fondazione Monte Paschi Siena

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Fondazione Cassa Risparmio Orvieto

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Fondazione Cassa Risparmio Province Lombarde

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3 A cura di Proloco Savelli di Norcia

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Savelli di NorciaStoria e Tradizioni

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Quaderni del volontariato

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a cura dellaPro Loco Savelli di Norcia

Savelli di NorciaStorie e Tradizioni

CENTRO SERVIZIPER IL VOLONTARIATOPERUGIA

Futura

Page 5: Savelli di Norcia - storia e tradizioni

CesvolCentro Servizi Volontariatodella Provincia di Perugia

Via Sandro Penna, 104/106Sant’Andrea delle Fratte06132 Perugiatel. 075 5271976fax 075 [email protected]@pgcesvol.net

Coordinamento editorialeChiara Gagliano

Pubblicazione a cura di

Con il patrociniodella Regione Umbria

Un ringraziamento particolare a Agostino Lucidiper l’impegno profuso e per i lunghi giorni di lavoro dedicati alla ricerca delle storie, tradizioni, usi e costumi del nostro piccolo paese.

Grazie

La comunità di Savelli di Norcia

CENTRO SERVIZIPER IL VOLONTARIATOPERUGIA

© 2008 CESVOL2008 FUTURA soc. coop.

ISBN 88-95132-35-1

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INDICE

7 La leggenda di fondazione

11 La storia

19 Il territorio

25 Descrizione degli insediamenti

59 Feste religiose

71 Tradizioni

87 Bibliografia

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LA LEGGENDA DI FONDAZIONE

Una tradizione popolare tramandatasi per generazioni dalla nostragente e molto diffusa in tutta la zona del nursino, vuole che la fon-dazione del paese di Savelli risalga all’epoca della dominazione ita-lica e sabina di questo territorio.Infatti si narra che i primi uomini che abitarono la zona occidenta-le dei Monti Sibillini fossero gli Ausili-Pelasgi, una popolazione diorigine indo-europea, che dopo aver occupato il Peloponneso, l’E-piro e le Isole Egee, fosse passata in Italia.Giunta dapprima nella pianura del Tronto fondò Ascolo, l’attualeAscoli Piceno, poi, guidati dai nobili fratelli Peucezio ed Enotrio, va-licarono il gruppo dei Monti Sibillini ed andarono ad occupare i di-versi altipiani di questa parte dell’Umbria.Enotrio, che traeva origine dai re dell’Arcadia, fu re dei Sabini, dalui nacque Urso, re dei Tusci, dal quale secondo la leggenda sareb-be stata fondata Norcia, che in principio si chiamava Ursa, succes-sivamente Nursa e alla fine Nursia.Secondo un’altra versione della leggenda a fondare la città di Nor-cia fu invece il nipote di Enotrio, il re Norsino, che gli diede il suonome, oppure viceversa lo prese da Norsa, dea della Fortuna, una di-vinità molto venerata dai Tusci.Fratello di Norsino fu poi Imbrone, che regnò sul Sannio e su granparte della Puglia, nel tempo in cui Peleo, padre del grande Achillegiunse in questa regione.Anche Sabo, successore di Enotrio, che alcuni confondono con Nor-sino, regnò sulle terre dei Monti Sibillini e dal suo nome una partedell’Umbria fu chiamata regione Sabina e successivamente alcuni Sa-bellici furono anche chiamati Sanniti.Secondo la tradizione nursina il primo villaggio fondato in quest’a-

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rea fu detto Palatino e si trovava nei pressi della Forca di Ancarano,in posizione strategica, da dove si poteva dominare sia la piana diNorcia, che la valle del Campiano.Sempre secondo tale leggenda anche il villaggio di Palatino sareb-be stato fondato da Enotrio re dell’Arcadia o da un suo discenden-te, il quale fu anche il capostipite della prima dinastia dei monarchinursini, detti appunto “enotrii”.A questa prima dinastia, di origine greca, successe poi quella dei “ve-spasi-clodii”, che erano invece di origine italica, i quali continuaro-no a fondare molti villaggi, man mano che occupavano e bonifica-vano le terre circostanti.Fu così che tra i villaggi fortificati costruiti nei dintorni, troviamo an-che Rocca Florida, un presidio sorto lungo l’itinerario che dal terri-torio Piceno giungeva sino al grande Piano di Norcia e che la tradi-zione locale indica proprio nella parte alta del paese di Savelli, nel-la zona denominata oggi il Castellano.La leggenda vuole poi che ad incrementare la città di Norcia sianostati proprio gli abitanti di alcune di queste fortezze circostanti, prin-cipalmente quelli di Toturano, Rodolfiano, Presenzano, Tollenza,Rocca Palatina, Rocca di Grappa, Reggillo, Rocca Sassaria, Ocric-chio, Rocca Florida, Vezzano e Torrato.L’ultimo re della dinastia dei “vespasi-clodii” fu il mitico Ufente, fa-moso per aver portato aiuto a Turno, re dei Rutuli, che combattevacontro Enea, reduce dalla guerra e dalla distruzione di Troia e che vo-leva stabilirsi sulle coste laziali.Dopo Ufente, che perì proprio durante tale guerra, si ebbe una dinastiadi re che erano invece di origine osco-sabina, provenienti da una po-polazione originaria della piana di Rieti, che nel frattempo aveva pre-so il sopravvento nella zona. Fu proprio il re sabino Gaio Sabo, chedopo la vittoria di Enea su Turno, ben valutando le conseguenze, siaffrettò a stringere con esso accordi di pace e di amicizia, in mododa salvaguardare il territorio del suo vasto regno.

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LA LEGGENDA DI FONDAZIONE

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Gaio Sabo riorganizzò la pastorizia paurosamente provata dalle guer-re con gli Osci, con gli Umbri e con i Troiani di Enea, rivitalizzò ilcommercio con il retroterra adriatico, bonificò la conca detta oggi Pia-no di S. Scolastica, migliorò le condizioni igieniche dei villaggi cir-costanti e diede grande impulso all’agricoltura, nella quale la popo-lazione locale era particolarmente abile.Tra questo vasto programma di riorganizzazione territoriale il re fe-ce anche costruire o risarcire un imponente fortilizio nelle vicinan-ze di Norcia, lungo uno degli itinerari commerciali per l’Adriatico,denominandolo dal suo nome Sabello, anche perché nel luogo ave-va vasti possedimenti e probabilmente una villa.Da un’altra leggenda apprendiamo anche che dai regnanti Nursini,fu edificato ad appena tre miglia da Norcia un castello, anticamen-te chiamato Sabello ed ora detto Savello, posseduto ed abitato in con-tinuazione dai nipoti del re Sabo.Secondo tali leggende locali furono quindi proprio questi insedia-menti di Rocca Florida e Sabello, fondati dai monarchi italici nel 1300a. C. circa e dal re Gaio Sabo intorno al 1160 a. C., i primi nuclei abi-tati sorti sul luogo dove si trova oggi il paese di Savelli, che peral-tro ha variato di poco anche il nome originario.Dai discendenti di Gaio Sabo, ebbero poi origine i Savelli, una del-le famiglie più illustri e nobili, proveniente dal territorio nursino etrasmigrata nel Lazio, forse a motivo di pascolo per le proprie greg-gi, che dominò in Roma e nei vicini castelli, insieme ai Colonna, agliOrsini, agli Annibaldi e ai Caetani, dal sec. XIII in poi.I Savelli, di cui anche importanti storici, che hanno svolto ricercheper la nobile famiglia, asseriscono essere discesi a Roma dall’agronursino, ebbero grandi personaggi tra i propri discendenti, e nei pri-mi secoli dopo Cristo addirittura vari santi, come S. Pellegrino ve-scovo, S. Lucina e S. Gavino martire.Inoltre la stessa famiglia ha dato alla Santa Chiesa ben sei pontefi-ci, i papi Liberio, Eugenio I, Benedetto II, Gregorio II, Onorio III e

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Onorio IV, nonché numerosi cardinali, vescovi, feudatari, condottieri,letterati, giuristi, senatori romani, marescialli di Santa Romana Chie-sa e custodi del Conclave.Questi ultimi due importanti uffici pontifici erano poi addirittura ere-ditari tra i membri di tale famiglia e son stati ricoperti dai suoi di-scendenti fino alla propria estinzione, avvenuta solo nel 1712 conGiulio, figlio di Bernardino di Paolo, principe di Albano, e di Ma-ria Peretti, nipote ed erede del papa Sisto V.Tra i membri della famiglia si annovera anche Giambattista Savel-li, un famoso capitano di ventura che in epoca cinquecentesca, a ser-vizio del Papa Paolo III, assoldò un agguerrito esercito di crudeli sol-dati, che apportarono in Umbria devastazioni, fame e carestia, non-ché la sistematica distruzione delle mura di Perugia, che fu la cau-sa delle lotte tra la città e lo Stato della Chiesa.

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LA STORIA

Le prime citazioni storiche su Savelli si trovano poco dopo il mille,infatti si parla del paese tra i documenti dell’antica Abbazia bene-dettina di Farfa, che sul posto possedeva molti terreni ed una cellamonastica dedicata all’Arcangelo Michele.Ma il suo territorio ha restituito negli anni passati numerosi oggettidi scavo, vari manufatti in pietra ed almeno tre epigrafi romane dietà imperiale; ciò avvalora l’ipotesi che sul luogo esisteva sin da quel-l’epoca un insediamento abitato e ben organizzato, tanto dal puntodi vista sociale che da quello religioso.Le tre importanti lapidi romane infatti sono i residui di altrettanti mo-numenti funebri che erano stati costruiti lungo un’antica via roma-na che metteva in collegamento la vallata di Norcia con le vallate delTronto e del Reatino.Inoltre risulta da alcuni manoscritti locali che quando fu tracciata, inepoca di fine ottocento, la strada provinciale per Forca di Civita, neidintorni del paese si scoprirono numerose tombe, che dalla loro fat-tezza risalivano all’epoca pagana.Sappiamo poi che durante la dominazione longobarda tutto questoterritorio era sotto il Ducato di Spoleto e vi esercitava la propria giu-risdizione il gastaldo di Ponte, essendo il vasto territorio spoletinodiviso in numerosi gastaldati.Dal punto di vista religioso si forma sul posto una cella monasticabenedettina dipendente dall’Abbazia di Farfa in Sabina, con una chie-sa dedicata a S. Michele Arcangelo, che gli storici locali fissano trail sec. VIII ed i primi dell’anno 1000.Il fatto che la chiesa sia molto antica non ci deve meravigliare poi mol-to, infatti sin dal sec. III fiorì a Norcia, grazie alla predicazione di S.Feliciano Vescovo di Foligno ed evangelizzatore dell’Umbria, una pic-

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cola Diocesi con proprio Vescovo residente, che fu poi aggregata a quel-la più grande di Spoleto solo in seguito all’occupazione dei Longobardi,e che aveva delle chiese sparse per il territorio, fra cui alcune nella zo-na di Civita di Cascia e quindi anche oltre il paese di Savelli.Infine nella parte alta del paese, quella indicata con il termine “Ca-stellano”, si conservano ancora i ruderi di una rocca, che alcuni sto-rici individuano come la preromana Rocca Florida, nonché un recintoovale, che potrebbe identificare o un castelliere preistorico, oppurele mura di cinta di un fortilizio alto-medievale.Ma nessuna citazione abbiamo in proposito che attesti in loco l’esi-stenza di un castello, anche se sia da parte di emissari imperiali, cheda parte di quelli papali, che in tale periodo si contendevano la zo-na, venivano continuamente riscosse delle tasse, che attestano quin-di per il paese una certa autonomia amministrativa.Comunque quando si costituisce il libero Comune di Norcia, nellaprima metà del sec. XIII, Savelli, con tutto il territorio circostante,passò alle dipendenze di quest’ultimo con la qualifica di “villa”, os-sia luogo non fortificato.Nel 1346, allorquando il Comune di Norcia divise il suo vasto ter-ritorio pubblico tra gli abitanti della città e quelli dei castelli e del-le ville del suo distretto, Savelli ebbe una buona porzione di area mon-tana, ricca di boschi e pascoli, nella zona di confine con i comuni diAccumoli, Amatrice e Cascia, beni agricoli che, ancora oggi a di-stanza di secoli, gestisce autonomamente rispetto al Comune di Nor-cia, attraverso la Comunanza Agraria di Savelli e Paganelli.Da tale epoca Savelli ha sempre seguito le sorti del Comune di Nor-cia, sia nel periodo di piena autonomia amministrativa, che nella sog-gezione ecclesiastica della Prefettura della Montagna prima e dellaCongregazione del Buon Governo poi, quando Norcia fu sottomes-sa allo Stato Pontificio, fino all’Unità d’Italia, ed è infine entrato afar parte dell’attuale comune di Norcia.La sua storia fu comunque continuamente segnata da attriti con le co-

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LA STORIA

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munità vicine, sia con quelle del distretto di Norcia che con quelleconfinanti, a causa dell’uso dei pascoli, dei boschi ed anche dell’acquadel fiume Pescia, nonché delle calamità naturali, che si abbatteronopiù volte sulla piccola comunità.Nel 1438 fu in contrasto con il castello di S. Marco in quanto alcu-ni abitanti di Savelli, che vivevano all’interno di tale castello, nonvolevano contribuire alle spese occorse per la costruzione di una ci-sterna per la raccolta delle acque.Nel 1562, visto il contrasto degli abitanti che si trovavano lungo lesponde del Pescia per l’utilizzo delle sue acque, il Comune di Nor-cia fu costretto a nominare dei soprastanti, che anteponessero il pub-blico al privato interesse.Nel 1587 fu inviato a Norcia in visita apostolica Mons. InnocenzoMalvasia di Bologna, che annotava anche i mestieri che svolgeva-no gli abitanti dei luoghi e, a proposito delle ville di Savelli e Fra-scaro, dice che essi attendevano al mestiere di fienaroli e che pos-sedevano “grosse masserie di bestiami grossi e minuti”.Anche un altro cronista locale del ‘600, P. Fortunato Ciucci, frate be-nedettino a Norcia, asserisce ancora che gli abitanti di Savelli vive-vano per la maggior parte dell’anno a Roma esercitando sempre l’ar-te dei fienaroli e ritornavano in patria solo in autunno, quando prov-vedevano all’agricoltura dei loro campi.Nel 1626 le comunità di S. Andrea, Savelli e Paganelli, col pretestodi innaffiare le coltivazioni di canapa, avevano deviato tutta l’acquadel fiume Pescia, così che la comunità di Valcaldara si vide costret-ta a ricorrere all’autorità competente.Nel 1656, sempre la comunità di Valcaldara, richiese di nuovo l’in-tervento delle autorità comunali, contro gli stessi paesi, per ripristi-nare il corso del fiume.Altra istanza dello stesso tipo si ripeté nel 1658, in seguito alla qua-le fu incaricato il marchese Horatio Diotallevi di Pescia, come guar-diano del corso del fiume.

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Ancora nel 1660 si decise che il Capitano delle Appellazioni dove-va fare un bando per ripristinare il corso del Pescia, in modo che l’ac-qua giungesse a Valcaldara.Nel 1703 il paese di Savelli subì gravosi perdite a causa di un gran-de terremoto che devastò molti villaggi dell’Umbria, delle Marchee dell’Abruzzo; Mons. Pietro De Carolis, commissario apostolico peril rilevamento dei danni e per dare i primi soccorsi ed aiuti, parlan-do di Savelli dice: “Savelli affatto demolita. Anime 160. Morti 83.Gli altri feriti in buona parte. Chiese dirute due”.Fino a non molto tempo fa, presso la parrocchiale di Savelli, in oc-casione del 14 gennaio, festa di S. Ponziano e ricorrenza dell’even-to, si celebrava ancora una messa di suffragio per tutte le anime pe-rite in tale circostanza.Sempre nel 1703 gli abitanti di Savelli, insieme con gli altri che sitrovavano lungo il corso del fiume Pescia, dovettero poi ricorrere aragione, contro le pretese del Marchese Antici di Recanati, a quel-l’epoca signore del castello di Pescia e antenato della madre del poe-ta Giacomo Leopardi, che voleva imporre un canone annuale a quan-ti sfruttavano le acque del fiumicello.Nel 1722 fu più volte in contrasto con il vicino paese di S. Pellegri-no a causa del pascolo che gli abitanti di tale frazione facevano con-tinuamente in località “i Pantani”, che invece spettava alla comuni-tà di Savelli.Nel 1730 ci fu un altro terremoto alquanto disastroso e benché le ro-vine furono più numerose di quello precedente, le vittime furono as-sai di meno, in quanto, a differenza dell’altro, avvenne di giorno,quando la maggior parte degli abitanti era in campagna a lavorare neicampi o ad accudire il bestiame.Nel 1744, in occasione di una spedizione militare contro il Regno diNapoli, la comunità di Savelli dovette mettere a disposizione diver-se bestie da soma e da tiro in favore dell’esercito che andava nel ter-ritorio straniero.

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LA STORIA

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Nel 1750 viene fatta una censura da parte dell’autorità competentedi Norcia alla Comunità, per spese fatte alla Casa della Confrater-nita del SS. Sacramento, senza la dovuta autorizzazione da parte del-la Congregazione del Buon Governo.Nel 1751 si ebbe una vertenza interna degli abitanti della stessa lo-calità, alcuni dei quali gestivano la proprietà pubblica come priva-ta, a discapito degli esclusi che invece si ribellavano e minacciava-no gravi ritorsioni, a tal punto che dovette intervenire addirittura ilprefetto di Norcia per ristabilire l’ordine.Nel 1754 ci sono altre vertenze per l’uso del pascolo, ma a questopunto i pastori abusivi non erano più del Contado di Norcia, ma era-no mercanti di pecore forestieri, che da tale epoca cominciavano adaffittare i pascoli di alcune località di montagna e poi pascolavanosu tutti i pascoli circostanti.Nel 1780 il Luogotenente Generale di Norcia impose agli Ammini-stratori della Comunanza di assegnare ai singoli focolari una quotadei terreni falciativi della montagna, in modo da non favorire trop-po i possessori di numerosi bestiami, che avevano tutto l’interessedi non farli falciare e di usarli invece come pascolo.Sempre nel 1780 si presero severi provvedimenti contro gli abitan-ti del castello di S. Marco, che approfittando della vicinanza, si era-no impadroniti di alcuni terreni spettanti a Savelli e non volevano pa-garne il canone per l’uso.Nel 1798 viene fatta ancora una censura contro la gestione ammi-nistrativa della Comunanza che aveva imposto delle nuove tasse al-la popolazione senza la dovuta autorizzazione della Congregazionedel Buon Governo.Durante l’occupazione francese, ai primi dell’ottocento, il parrocodi Savelli, Don Luigi Patrizi, nativo di Frascaro, che non aveva vo-luto prestare giuramento agli occupanti, fu deportato in Corsica dal1811 fino al 1814.Nel 1855 anche Savelli fu interessato dalla grande epidemia di co-

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lera che aveva interessato quasi tutta l’Europa, mietendo vittimeovunque, per cui tra i mesi di agosto e settembre, morirono nel pae-se ben sedici persone.Nel settembre del 1860, in seguito ad un plebiscito, l’Umbria passòdallo Stato Pontificio al Regno d’Italia, ma la situazione delle po-polazioni locali fu aggravata da nuove tasse, tanto gravose che gli abi-tanti di tali località non riuscivano più a guadagnare i soldi neces-sari per il loro pagamento, costringendoli a indebitarsi.Fu così che nei primi anni del secolo successivo tanti giovani loca-li che prima si spostavano stagionalmente per lavoro, presero la viadefinitiva dell’emigrazione, principalmente verso gli Stati Uniti d’A-merica, e con i loro guadagni, spediti in patria, hanno risollevato ladisastrosa economia famigliare e paesana.Molti di costoro sono rimasti negli stati del Nuovo Mondo, ma la stra-grande maggioranza ha fatto poi ritorno in patria, dopo solo pochianni di duro lavoro, quello sufficiente per ricominciare una vita piùagiata nella loro terra.Tra gli altri sconvolgimenti apportati dal nuovo regno d’Italia furo-no soppresse tutte le amministrazioni locali ed i beni comunitativi fu-rono affidati in gestione diretta del Comune di Norcia, che li gesti-va a proprio piacimento.Fu in tale occasione, che per realizzare la Porta Romana ed il tagliodel nuovo Corso Sertorio, fu venduto da parte del Comune di Nor-cia il Pian Grande di Castelluccio a dei grossi mercanti proprietaridi greggi di ovini, originari della Campagna Romana, che già usa-vano tali pascoli prendendoli in affitto.Tale vendita fu però effettuata senza tener conto dei reali diritti di usocivico che avevano gli abitanti del posto e che gravitavano sui queiterreni, iniziando così una vertenza giudiziaria che si è dilungata pertutto il secolo scorso e che ancora oggi ha i suoi strascichi; infatti iproprietari del Pian Grande di Castelluccio hanno solo la facoltà difare il primo sfalcio di fieno e poi debbono lasciare il pascolo libe-

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LA STORIA

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ro agli aventi diritto di uso civico, avendo così una proprietà di-mezzata.Certo è che in tal modo si è comunque consentito di far rimanere in-tegro il Pian Grande, che altrimenti poteva essere messo a coltura,snaturando il meraviglioso paesaggio, fiore all’occhiello del ParcoNazionale dei Monti Sibillini.

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IL TERRITORIO

Il territorio del paese di Savelli e delle due località ad esso connes-se si sviluppa in modo assai vario ed articolato, collocato com’è al-l’estremo limite del vasto Piano di S. Scolastica e della zona deno-minata Capo del Campo.Il paese di Savelli si trova poi in una zona di vera cesura e collega-mento tra le pianure coltivate, le coste soleggiate, che un tempo era-no occupate da vigne, e le colline boscose che si trovano ai piedi del-le montagne circostanti.Le aree pianeggianti, delimitate dalle diverse proprietà, riconoscibilida recinzioni naturali, fatte da siepi con piante folte e adatte per nonfar entrare gli animali a danneggiare le varie colture, sono anche de-limitate da piante centenarie di roverella, un tempo molto utilizzateper la produzione della ghianda.Infatti questo era un alimento molto importante per far crescere so-di e robusti i maiali destinati alla macellazione e soprattutto quellida consumarsi in famiglia in quanto era necessario che essi fosserobelli grassi, perché dal loro lardo e strutto dipendeva il condimentoche doveva durare tutto l’anno. Le querce secolari si potevano tro-vare e quelle residue si trovano tutt’ora anche lungo le antiche stra-de di collegamento dei diversi centri abitati, poste proprio lungo i con-fini delle strade con le varie proprietà private.Un tempo poi esisteva un’altra coltura molto diffusa e che ormai siè quasi persa completamente ed è quella delle mandorle, infatti si-no a poco tempo fa molti dei terreni circostanti a questi paesi eranooccupati da estesi mandorleti, che un tempo davano un’economiamolto fiorente, dato che i frutti venivano ricercati da mercanti, cheper l’acquisto facevano viaggi anche molto lunghi.In alcuni appezzamenti di terreno era poi diffuso l’uso della colti-

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vazione dello zafferano, una spezia molto ricercata che si ricava da-gli stimmi dei fiori prodotti da bulbi, che vengono messi a dimorain agosto e fioriscono ad ottobre.Questa preziosa spezia era prodotta in gran parte del territorio di Nor-cia e di tutta l’Umbria più in generale, tanto che giungevano mercantiperfino dalla Germania per acquistare tale prodotto, di cui si era co-munque persa anche la memoria, in quanto durante il corso del sec.XVII, tale importante produzione fu abbandonata completamente edancora oggi ne sono sconosciute le motivazioni.L’altra grande coltivazione che si è persa, ma che è quasi durata fi-no ai nostri giorni è stata poi quella del vino, in quanto tutte le areepedemontane adatte alla coltivazione erano occupate da vigne cheproducevano grandi quantità di uva.I vitigni utilizzati per tale coltura erano molto antichi e si erano ac-climatati nel corso dei secoli, tanto che producevano del buon vino,ma l’arrivo delle malattie come la fillossera e la peronospora hannodanneggiato, fin dal sec. XIX, tutte le nostre antiche colture ed i no-stri progenitori sono stati costretti ad impiantare altre specie, che co-munque non erano adatte e davano del vino scadente.Un’altra coltura minore che era presente nelle campagne era anchequella dei gelsi, in quanto le loro fronde erano molto adatte all’ali-mentazione dei bachi da seta, che nel corso dell’ottocento furono al-levati anche nelle nostre zone.Detto tutto ciò dobbiamo pensare che il paesaggio agrario di Savel-li e dei paesi circostanti ha subito nel tempo diverse modificazionied un tempo era molto più variegato e composito di come lo possiamovedere adesso.Attualmente le zone che circondano la parte più bassa di Savelli, maanche degli abitati di Paganelli e di S. Andrea sono delle aree ben col-tivabili e molto fertili perché si trovano lungo l’area dove un temposcorreva il fiume Pescia e quindi con un terreno reso fertile da se-coli di depositi alluvionali.

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IL TERRITORIO

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Tutta quest’area pianeggiante, composta da prati, campi coltivati etratti di terreno dove sono ancora rigogliose le varie colture arboree,che un tempo fiancheggiavano il corso del Pescia, corrisponde ai to-ponimi di Pianura della Madonna della Quercia, Paganelli, Prati diPaganelli, I Simoni, Campo Rotondo, Centoja, Il Campo, Piè di Mi-glio, Caperne, La Marina, Sopra la Fonte, Sotto le Case, Piedi le Ca-se, Sotto le Campane, Il Lago, La Chiusa, Passatoro, Formitoro, IlPiano, Vallicina, Vallejana, Noce grande, Piedi la Valle, Valle Pescia,Il Pezzone, Pescone, Campaleonne, La Spiaggia, S. Andrea, PajaFredda e Pacina.Il territorio che si trova invece più elevato, situato però sempre in-torno ai tre paesi, dove un tempo erano praticate le colture che ave-vano bisogno di un territorio meno fertile, quindi anche quelle del-la vite, corrisponde alle seguenti denominazioni: Capanne o Imma-gine, Sopra al Piano, Campofermo, Capo le Case, Sopra il Muro,Francaletta, Formitoro, Vicente, Porporiscio, Piè le Macchie, Pani-cari, Castellano, Arcelle, Colle di Mado, Piaggie, Pantaleone, Cam-po della Madonna, Via del Monte, Sassi spiccioli, La Valle, Valla-stra, Colle Spinoso, Cese, Valle Fontanelle, Piede al Poggio, Li Col-li, Il Condotto, Vignole, Piantate, Dietro il Piano, La Valle di S. Mar-co, Via di S. Marco, Valle Manarda, Costa del Lago, Articcioni, Cam-po S. Angelo, Savelli, Contra, Vallarella, Cesa di Pompilio, Via dePontini, Capo di Coda, Colle della Cona, Piano di Casarini, Costa delColle, Campo delle Donne, Via di Castello, Castiglioni, Francolet-to, Colle di Mezzo, Corporesi, Pasqualuccio, Matuglio, Portella, For-celle e Castelvecchio.L’area più elevata, corrispondente principalmente ai boschi e ai pa-scoli naturali, che occupavano la parte più alta del territorio circo-stante, ha invece le seguenti denominazioni: Campofermo, La Val-larella, Fontanelle, Valle, Monte Mutaro, Macchia del Coppaio, Col-le, Croce del Colle, S. Egidio, Le Prata di Castello, Piedi alli Prati,La Cesa, Le Mandre, Prata di S. Egidio, Capo le Ranaje, Sotto la Pez-

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za, Sotto L’Acqua del Monte, Bracciata, Il Cupo, Il Peru, Capo l’Or-nara, Sasso della Tana, Piano Valle, Sopra a Contra, Le Lame, Il Pez-zone, L’Aquilente, Massajole, Vallocchia, Vallecina, Valle Mandria,Valle del Cerro, Via degli Aracci, Fiancaletta, Fosso S. Marco, Mon-te Mattone e Collefischio.Secondo un’antica leggenda della zona, nella zona soprastante a Sa-velli, in località Campofermo, si sarebbe svolta in passato un’anti-ca battaglia tra due eserciti nemici e, nel lavorare questi terreni, mol-to spesso tornano alla luce dei resti di ossa umane e di armi usate pro-prio nella battaglia.

La Comunanza Agraria di Savelli e Paganelli

Per gli effetti della legge 4 agosto 1894 n° 372, riguardante l’ordi-namento dei domini collettivi delle Provincie dell’ex Stato Pontifi-cio, le frazioni di Savelli e Paganelli riottennero da Comune di Nor-cia la proprietà e l’amministrazione dei beni pubblici comunali, as-segnati a suo tempo a tali paesi durante la ripartizione delle terre pub-bliche, avvenuta per mezzo dello stesso comune, nel 1346.Infatti in tale occasione tutto il patrimonio pubblico fu suddiviso trala città, a cui ne fu assegnato un terzo, ed il contado, che divenne pos-sessore degli altri due terzi, a sua volta suddiviso in tante porzioniper quante erano le frazioni, più o meno grandi a seconda il nume-ro degli abitanti della frazione.Questi luoghi erano rappresentati da un Sindaco della località e adogni porzione minore di territorio fu dato il nome di sindacato, matutti dovevano intervenire al rinnovo di sudditanza alla città, in oc-casione della presentazione del pallio, durante la festa di S. Benedetto,patrono principale di Norcia.Nel paese di Savelli, presso la sede della Confraternita del SS. Sa-cramento, fu quindi nuovamente istituito un ente morale autonomo,

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IL TERRITORIO

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peraltro sotto la vigilanza amministrativa del Sindaco di Norcia, cheprese la denominazione di Comunanza Agraria di Savelli e Paganelli,ancora oggi esistente e che gestisce una superficie complessiva di ol-tre cinquantacinque ettari di terreno, divisi in due grandi appezza-menti, sistemati principalmente a bosco ceduo e pascolo.La direzione amministrativa viene attualmente esercitata da un Pre-sidente e da quattro consiglieri eletti dai vari capofamiglia dei duepaesi, oltre che da un cassiere e da un segretario, quest’ultimi comunialle altre Comunanze.Infatti sono utenti della Comunanza Agraria di Savelli e Paganelli tut-ti i capofamiglia che risiedono da lunga data nelle due località e chequindi hanno ereditato, usufruito e possono continuare ad esercita-re il diritto di pascolo e di legnatico sugli appezzamenti comuni, as-segnati dal Comune di Norcia.Tali terreni sono situati in una piccola altura tra Paganelli e Savelli,che si trova mediamente sui mille metri di quota e comprende le lo-calità di Fontanelle e Monte Cafischi, il cui accesso avviene dalla stra-da Cascia-Savelli-Civita.La superficie forestale in essi ricompresa è costituita da un bel bo-sco misto, in parte anche di notevole sviluppo arboreo, con la pre-senza di specie centenarie, dove sono prevalenti il faggio, la rove-rella ed il carpino.

La Pro Loco di Savelli

Da vario tempo si sentiva a Savelli la necessità di costituire un’as-sociazione che assolvesse ai vari compiti di organizzazione socialedelle manifestazioni e delle attività ricreative, per affiancare l’ope-rato dei vari santesi che organizzavano le feste ed anche l’attività col-lettiva della Comunanza Agraria.Finalmente il 12 settembre 1976, presso i locali della sede della Con-

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fraternita del SS. Sacramento, adiacenti alla chiesa parrocchiale, sitenne una riunione a cui erano presenti Amici Pasquale, PetrangeliFurio, Taraddei Domenico, Taraddei Ugo, Ambrosini Gino, TaschettiRoberto, Funari Lorenzo, Diotallevi Don Antonio, Petrangeli Pietro,Filippi Raffaele, Di Bernardini Pietro, Conti Giuliano, Berardi Lo-renzo, Bucchi Achille, Bucci Guerrino e Taraddei Bruno.Tutti i convenuti alla riunione espressero la volontà e la decisione dipromuovere la costituzione di una associazione, chiamata successi-vamente Pro Loco, tra gli abitanti del paese, per fini culturali, spor-tivi, ecologici, folkloristici, ricreativi e organizzativi, che dovevanoandare per il bene dell’intera comunità.Impegno primario per l’associazione in quel momento era la realiz-zazione di un campo sportivo per il gioco del calcio in località “Il La-go”, su un appezzamento di terreno di proprietà del Beneficio par-rocchiale di S. Michele Arcangelo di Savelli.Il primo Consiglio di Amministrazione dell’associazione venne co-sì composto: presidente Amici Pasquale, vice presidente PetrangeliFurio, consiglieri Taraddei Ugo Filippi Raffaele e Berardi Lorenzo,revisori dei conti Bucci Guerrino Taschetti Roberto e Conti Giulia-no, segretario Diotallevi Don Antonio.Nell’anno successivo, il 1977, l’associazione fece l’atto giuridico uf-ficiale per la costituzione della “Pro Loco di Savelli”, per mano delnotaio Nicola Capozzi di Cascia, al quale venne anche allegato lo Sta-tuto, dove erano stabiliti i compiti e le finalità che gli associati si pro-ponevano di raggiungere.Successivamente, con decreto del Presidente della Giunta Regiona-le dell’Umbria del 3 febbraio 1978 n° 123, la Pro Loco di Savelli ven-ne iscritta all’albo regionale delle Pro Loco, insieme a quelle dellelocalità di Gualdo Cattaneo, Marsciano e Vallo di Nera, ed ancora og-gi è attiva ed operante.

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DESCRIZIONE DEGLI INSEDIAMENTI

Savelli

Villaggio situato all’estremità del Piano di S. Scolastica, proprio sulpunto dove inizia la stretta valle del Pescia e la salita della strada pro-vinciale “abruzzese”, che mette in collegamento le valli di Norcia edella Salaria.Il centro abitato è suddiviso in tre nuclei ben distinti, situati intornoalla chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo: Savelli Piano, Sa-velli Cuntra e Castellano.Savelli Piano sono tutto il gruppo di case che si trovano a valle e amonte della chiesa parrocchiale, allineate lungo le strade provenienti

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da Norcia e che si dirigono verso Pescia e Castel S. Maria, in comunedi Cascia.Savelli Cuntra è il gruppo di case che si trovano invece dall’altra par-te del torrente Pescia, ed è così chiamato in quanto si trova posizio-nato proprio di fronte agli altri due nuclei più grandi dell’abitato.Nell’area di Savelli Cuntra si possono notare anche un antico edifi-cio un tempo utilizzato come mulino ad acqua, che per tale attivitàusava le acque del torrente Pescia, raccolta più a monte attraverso uncanale di adduzione.La zona Castellano è invece quella che si trova sopra la collinetta chesovrasta l’abitato, accessibile da un arco, un tempo in pietra, che for-se chiudeva come in una fortificazione tutto il gruppo di case ivi esi-stente.Dalla casa Berardi, già appartenente alla famiglia Zaccarelli, in se-guito ai danni provocati dal terremoto del 1979, in località Piano, èstato staccato un affresco raffigurante la Madonna di Loreto e S. Se-bastiano.Nell’area di Castellano, a monte dell’abitato, esisteva un tempo lachiesetta della Madonna del Colle, andata distrutta in seguito ai ter-remoti, la cui statua lignea bruciò insieme ad altri arredi e suppellettiliin un incendio del 1913.Inoltre nella parte più alta di questo insediamento, verso il Piano diS. Scolastica, si trovano i ruderi di un’antica torre, indicata nel tem-po come torre di difesa o di vedetta, in bella muratura circolare, og-gi ricoperta da edera, appartenente forse ad un antico insediamentomedievale, se non addirittura romano, in quanto da alcuni storici in-dicata come l’ultima reliquia di Rocca Florida.Tra i primi due insediamenti abitati si trova inoltre un’antica fonta-na, con lungo abbeveratoio, che riutilizza diversi elementi di recu-pero romani ed in particolare quello centrale con un rilievo a formadi “patera”, un utensile di epoca romana. Nei pressi della fontana edel torrente Pescia si trovava poi anche una grande vasca di acqua,

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DESCRIZIONE DEGLI INSEDIAMENTI

utilizzata in passato per lavare i vari greggi di pecore prima della to-satura, in modo che le loro lane risultassero più pulite.Nel centro abitato di Savelli Piano, proprio davanti al bivio della stra-da che va verso Savelli Cuntra, si trova un’edicola votiva, oggi in sta-to fatiscente, dedicata alla Madonna Addolorata, costruita nel 1888da Martorelli Giuseppe, addossata alla sua casa e costruita al postodi un’altra fatiscente e di più antica fattura, demolita nella stessa epo-ca, proprio per la realizzazione della costruzione.Nel centro abitato di Savelli Cuntra esiste poi una cappella dedica-ta alla Madonna della Pietà , rinnovata recentemente, ma esistentesin dall’epoca antica i quanto si trovava all’inizio della strada per Not-toria e S. Marco ed era curata dalla famiglia Petrangeli, che nei pres-si era proprietaria di un elegante fabbricato.Nella parte più alta di Savelli Piano, dove nel tempo si è andata svi-luppando la nuova espansione edilizia, si trovano infine un edificiodestinato ad albergo ristorante ed uno stabilimento per la lavorazio-ne delle carni di maiale.

Chiesa di S. Michele ArcangeloLa chiesa di S. Michele Arcangelo di Savelli è la chiesa parroc-chiale della zona, con origini molto antiche, fondata come cella mo-nastica benedettina, dipendente dall’Abbazia di S. Maria di Far-fa, utilizzando nella costruzione anche materiali di recupero romani,essendoci nella zona un insediamento documentato e diversi mo-numenti votivi e funerari, come era in uso negli insediamenti del-l’epoca.Dalle visite pastorali dei vari vescovi di Spoleto sappiamo poi chela chiesa era in origine divisa in due navate con pilastri o colonne alcentro, come se ne vedono molte nei dintorni, aveva due portali infacciata, il campanile a vela a tre archi su un lato e la sacrestia rica-vata dietro l’altare maggiore, accessibile da due porticine.Gli altari della chiesa erano nove, quello maggiore era nell’abside, era

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dedicato al SS. Sacramento ed era sormontato da un grande taberna-colo in legno dorato con due angeli porta candelabri ai lati, gli altri,tutti con pale d’altare e tele, erano dedicati alla Madonna del Rosa-rio, a S. Antonio Abate, alla Madonna di Loreto, a S. Luca, a S. Sil-vestro, a S. Erasmo, a S. Biagio ed al patrono S. Michele Arcangelo.La costruzione della chiesa fu comunque più volte modificata nel cor-so dei secoli e dopo alterne vicende fu completamente ricostruita nelsec. XVII, in seguito ai gravi danni subiti dal terremoto del 1703 ela struttura che vediamo adesso è il risultato dei lavori effettuati a se-guito di tale importante ricostruzione.Dell’antica chiesa si possono comunque vedere alcune infrastruttu-re riutilizzate e principalmente i due altari laterali vicino a quellomaggiore, che sono di epoca tardo cinquecentesca, anche se ridipintie ornati nell’Ottocento, probabilmente scampati alla distruzione set-tecentesca e risistemati nella nuova chiesa.

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La chiesa oggi si presenta con una bella facciata a capanna, con por-tale ed oculi trilobati ai lati, campanile a torre e guglia sul lato de-stro della facciata e portale dell’oratorio del SS. Sacramento nell’altro,interno a navata unica, pavimentata in marmo, coperta a volta e conaltari laterali addossati alle pareti laterali.Nel primo altare di destra, con macchina in legno, si trova la tela sei-centesca della Madonna di Loreto con i SS. Benedetto, Antonio Aba-te, Francesco d’Assisi, Antonio da Padova e Scolastica; esso fu re-staurato nel 1837, con le offerte dei vari paesani e possidenti di greg-gi; presso questo altare si celebravano un tempo le feste di S. Anto-nio Abate e della Madonna di Loreto.Nel secondo altare, sempre di legno, si trova una nicchia ove è si-stemato un Crocifisso, il cui culto, diffuso dalle varie predicazionimissionarie è ancora vivo nel paese, soprattutto in occasione delleprocessioni triennali del Venerdì Santo. Il titolo dell’altare è co-

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munque quello della Madonna del Colle, in quanto vi fu trasferita larelativa cappellania e sistemata, dopo il crollo della chiesa con il ter-remoto del 1703, la statua della Madonna, prima conservata nell’o-monima chiesa e andata poi distrutta durante l’incendio della sacre-stia del 1913.Presso questo altare, che fu restaurato nel 1838 con l’elemosine rac-colte presso tutti gli abitanti del paese, si costumava in antico farela festa della Madonna Addolorata, detta anche la festa delle ragaz-ze, in quanto organizzata da due giovani santesi, e la benedizione del-la gola nel giorno di S. Biagio.Il terzo altare è quello del Patrono, dove è sistemata, entro bella mo-stra lignea, restaurata nel 1883, la statua in legno dorato di S. MicheleArcangelo, festeggiato nell’ultima settimana di settembre, con mol-te manifestazioni civili e religiose, che durano alcuni giorni; in pas-sato l’altare aveva un’amministrazione autonoma.

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Ai lati dell’altare si trovano alcune memorie di particolare protezioneavuta da parte del santo come in occasione del colera del 1855, checomunque fece ben sedici vittime, della guerra del 1915-18, che in-vece ne fece soltanto una, nonché una memoria del Prevosto Don Lui-gi Patrizi morto nel 1828.L’altare maggiore è moderno ed è stato rinnovato completamente do-po gli ultimi restauri, in cui è stata realizzata anche la moderna men-sa in marmo, decorata con un rilievo dove compare l’immagine delBuon Pastore.Dell’antico ciborio, che viene descritto come un’opera di pregio,scampato dai terremoti settecenteschi, si sa solo che fu smantellatoe le varie parti vendute alle chiese parrocchiali di Colle Posta inAbruzzo e Buda di Cascia, ma un altro, a tempietto in legno dorato,si trova sistemato dietro la residenza.Un tempo si ricordava presso questo altare anche un coro ligneo edun paliotto di pregio, alienato in epoca ottocentesca alla parrocchiadi Pescia, mentre a lato c’è la memoria del defunto Prevosto Don Sal-vatore Petrangeli morto nel 1849.Ai lati dell’altare maggiore si trovano poi due grossi candelabri constemma gentilizio, di epoca seicentesca, che in origine erano stati rea-lizzati per la chiesa di S. Agostino Minore di Norcia, già sede di unaconfraternita agostiniana.L’altare che si trova sulla sinistra è una curiosa sistemazione di unastatua di epoca cinquecentesca, raffigurante la Madonna col Bambino,inserita in una nicchia con macchina più tarda, dove sono anche si-stemati i piccoli quadri dei quindici Misteri del Rosario e una tela coni SS. Domenico e Caterina da Siena.In questo altare ogni prima domenica del mese si cantavano le lita-nie della Madonna, vi si celebrava la messa ogni terza domenica delmese, vi si svolgeva la festa della Madonna del Rosario, quella delSacro Cuore ed infine il giovedì santo vi si allestiva il santo sepol-cro per riporre il SS. Sacramento.

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L’altare successivo, in legno, contiene la tela ove è raffigurato il com-patrono di Savelli, S. Egidio, vestito da eremita e con ai piedi la cer-va risanata, una cui chiesa, con relativo eremo, era anche situata inuna vicina collina; presso questo altare vi si svolgevano molte festedella Madonna, compresa quella della Pietà.L’ultimo altare è dedicato alla Madonna del Suffragio, con relativatela e mostra in legno, presso il quale in passato fu istituita una piaassociazione laicale, con il compito caritativo di fare dei suffragi inespiazione delle Anime del Purgatorio, chiamata talvolta in alcuni do-cumenti anche col il nome di Confraternita.Presso quest’altare si svolgeva la festa detta del Suffragio ed era do-cumentato anche un sottoquadro raffigurante S. Filomena vergine emartire, nonché due piccole statue in legno che raffiguravano Angeli,fatti fare dallo stesso sodalizio.Nella controfacciata si trova una cantoria con sotto una bussola dilegno con tre porte, due acquasantiere in pietra a colonna realizza-te con materiali erratici e compositi ed il fonte battesimale dei tre pae-si di Savelli, S. Andrea e Paganelli, formato da colonna e tazza in pie-tra con sopra un tabernacolo di legno.L’organo sopra la porta d’ingresso fu acquistato nel 1830 dalla Dit-ta Ferdinando Fedeli di Corneto di Camerino, ma operante a Foligno,ed è stato restaurato nel 1993, mentre la cantoria e la mostra del-l’organo, a spese della popolazione, furono invece realizzate dal fa-legname nursino Paolo Antonio Marignoli.Nel 1833 furono poi realizzati i quadri delle stazioni della Via Cru-cis, grazie all’interessamento e alla sollecitazione di Fra Sisto da Be-roide, predicatore della Quaresima e Guardiano del Convento di Mon-tesanto di S. Pellegrino, opera del pittore nursino Luigi Coccia, e laresidenza per l’esposizione del SS. Sacramento, sempre a cura deifrati di Montesanto, del pittore Mario Mari di Arquata.Nel 1837 fu poi realizzata la nuova sacrestia, sul fianco destro del-la chiesa, poi successivamente ampliata fino a diventare di tre stan-

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ze, oltre che il campanile a torre, iniziato in tale epoca e completa-to soltanto nel 1927.La torre campanaria con alta guglia, restaurata recentemente, con-serva ancora le tre antiche campane della vecchia chiesa, già situa-te sul vecchio campanile a vela, che recano le seguenti iscrizioni: Ie-sus, Maria, Anna, Ioseph, Tetragrammaton. Michael Arcangele ve-ni in adiutorium populo tuo ne pereamur in tremendo judicio. ADMCCCCCLXXVI. Gaspar Avillanus me fecit; Christus Rex venit inpace et homo factus est. AD 1713; Sancte Michael Arcangele a fla-gello terremotus libera nos Domine AD 1794.

Chiesa del SS. SacramentoAccanto alla chiesa parrocchiale, sul lato sinistro della medesima, sor-ge un corpo di fabbrica, ancora oggi chiamato l’Oratorio, che è sta-to costruito dalla locale Confraternita del SS. Sacramento, che lo uti-lizzava come cappella privata.La sua epoca di costruzione fu certamente contemporanea agli spe-roni con i quali furono fortemente rinforzati i muri laterali della chie-sa di S. Michele Arcangelo, presumibilmente in seguito ai danni pro-vocati dal terremoto del novembre del 1599, che aveva sconvolto tut-ta la zona e quindi anche il paese di Savelli.Fu dunque la sede storica della Confraternita del SS. Sacramento, chea Savelli fu fondata proprio alla fine del sec. XVI, seguendo alla let-tera le direttive imposte dalla nuova Controriforma, scaturita percombattere la Riforma Luterana, in quell’evento importante per laChiesa Cattolica, che fu il Concilio di Trento.Presso l’Oratorio i membri della Compagnia vi si riunivano per svol-gere le loro funzioni religiose private e soprattutto per trattare i va-ri argomenti inerenti la vita liturgica, ma anche economica e socia-le della piccola comunità.Infatti presso la sede della Confraternita fu istituito anche il MonteFrumentario, gestito dal medesimo sodalizio, con lo scopo di forni-

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re ai bisognosi il grano necessario per sfamarsi e per seminare, aspet-tando la successiva raccolta per la restituzione, e solo con un piccolointeresse per mantenere la massa del frumento da distribuire, infat-ti si prestava con le misure tirate a raso e si restituiva a colmo.In tal modo gli abitanti di Savelli si potevano così sottrarre ai pre-stiti fatti dagli usurai, che fino all’istituzione dei Monti Frumentari,promossi principalmente dall’Ordine dei Frati Minori Francescani,pretendevano interessi molto alti.Oltre a questi compiti istituzionali, l’edificio religioso, che aveva an-nessi diversi locali oltre alla stanza detta dell’oratorio, nel corso deisecoli, è stato adibito anche ad altri usi, quali abitazione per il cap-pellano della Madonna del Colle e del Predicatore della Quaresima,sede della Scuola Elementare, dell’Asilo Infantile, gestito dalla Par-rocchia, di un centro culturale e ricreativo, della Comunanza Agra-ria di Savelli e Paganelli e della locale Pro-loco.Attualmente nel locale, usato come magazzino della chiesa, si tro-vano ex-voto di emigranti e di combattenti della prima guerra mon-diale, capitelli, candelieri ed altre suppellettili provenienti dalla chie-sa parrocchiale e da altre del circondario.Presso i locali di questa chiesa in passato era riposta anche una car-rozzella o lettiga che veniva usata per il trasporto dei malati all’o-spedale di Norcia, fornita dalla benemerita Società dei PizzicaroliNurcini a Roma e per questo utilizzata anche dagli abitanti di tuttigli altri paesi circostanti.

Chiesa di S. Maria del ColleA Savelli oltre alla chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo eraesistente, fino al terremoto del 1703, anche la chiesa della Madon-na del Colle, che si trovava sopra la collina, che tuttora sovrasta l’a-bitato, in prossimità dell’antica torre.Non si conosce l’epoca di fondazione della chiesa in quanto nonmenzionata nella visita pastorale del Vescovo Barberini del 1611,

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né in quelle dei suoi predecessori, ne parla per la prima volta soloil Vescovo Lascaris, nella sua visita pastorale del 1712, dove la de-finisce come una piccola chiesa rurale, poveramente strutturata, conunica porta, unico altare e l’Immagine della Madonna dipinta sulmuro.In realtà la chiesa doveva essere molto più antica e più importantese è vero che un’antica statua romanica, detta della Madonna del Col-le, si conservava ancora nella sacrestia della chiesa parrocchiale diS. Michele Arcangelo fino al sec. XIX e andata distrutta in un in-cendio del 1913, che bruciò gran parte degli arredi e delle suppellettili,che si erano accumulate nel corso di secoli di devozione.Dalla documentazione in possesso della parrocchia si sa poi che, nelsec. XVII, si era provveduto ad un radicale restauro dell’edificio, gra-zie ad una generosa elargizione del concittadino Ennio Zaccarelli, checon un suo testamento, aveva istituito erede principale dei suoi be-ni la Compagnia del SS. Sacramento.Con i cospicui proventi di tale eredità, infatti, la Compagnia dove-va provvedere al restauro dell’edificio, nonché a garantire il servi-zio religioso nella chiesa della Madonna del Colle, stipendiando uncappellano, il quale, oltre che a celebrare un certo numero di messein suffragio dell’anima del testatore, doveva garantire l’insegnamentodella Retorica e della Grammatica a tutti i giovani del paese.La medesima Confraternita aveva però il diritto di scegliere il cap-pellano, anche se per una clausola testamentaria, aveva l’obbligo dieleggere un prelato della stessa famiglia Zaccarelli, qualora figurassetra gli aspiranti a rivestire l’incarico.La chiesa cadde poi sotto le scosse del terremoto del 1703 ed il Ve-scovo Lascaris, benché la descrivesse nella sua forma originaria, ladefinisce anche come andata completamente diruta ed ancora sepoltasotto le rovine del terremoto.Il cappellano della Madonna del Colle continuò comunque a ricopriree svolgere il suo incarico, in quanto il titolo della chiesa fu trasferi-

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to presso un altare della chiesa parrocchiale e così gli abitanti di Sa-velli poterono continuare ad usufruire dei benefici della scuola, fi-no a quando non fu istituita quella pubblica.

Chiesa di S. EgidioEntro i limiti della parrocchia di Savelli, ad una distanza da circa duechilometri dal paese, sopra un alto colle ed in mezzo ad un folto bo-sco, si trova ancora oggi una piccola chiesa campestre, dedicata a S.Egidio Abate.Dai ruderi sparsi che un tempo si vedevano intorno alla chiesetta sipuò supporre che un tempo vi sia stato un eremo, ciò è avvaloratodal fatto che la tradizione orale vi localizza la presenza di religiosie che la dedicazione è rivolta ad un santo che ha praticato l’eremi-taggio e molto venerato nel mondo eremitico.A poca distanza dal fabbricato, per uno spazio circostante allo stes-so, ancora si vedono le vestigia di un largo viale che girava intornoe di una chiudenda che recingeva una parte del colle, in modo da iso-lare l’abitazione del custode.Prima delle demaniazioni post unitarie la chiesa di S. Egidio pos-sedeva anche dei beni rustici che costituivano un beneficio sem-plice, di cui era investito il canonico della cattedrale di Norcia, DonVittorio Cionci, ma in seguito alla soppressione gran parte dei suoibeni furono venduti e solo alcuni sono rimasti alla locale Confra-ternita del SS. Sacramento, che li usava per i mantenimento dellachiesa.Attualmente il piccolo edificio, dopo essere stato per lungo tempoin abbandono, allo stato fatiscente ed allo stato di rudere, è stata re-staurata completamente, grazie all’interessamento della locale Pro Lo-co ed è oggi meta sempre più frequentata di un pellegrinaggio chesi svolge in occasione della festa del titolare.

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Paganelli

Villaggio situato nella parte più in alto del Piano di S. Scolastica, det-ta “Capo del Campo”, dove erano anche dislocati gran parte dei vil-laggi situati nella pianura suddetta e che costituivano il contado ve-ro e proprio della cittadina.Ha l’aspetto di una villa agricola e di transito, situata al centro di unafertile area intensamente coltivata, dove un tempo scorreva il fiumePescia, ora captato a scopi idrici, e lungo antichi itinerari di colle-gamento tra i vari paesi della zona.Lungo l’alveo del fiume Pescia, ormai asciutto, si può notare ancheun antico edificio, un tempo destinato ad uso dell’attività molitoria,servizio necessario ed indispensabile per la panificazione, che era al-la base dell’alimentazione.Il nome potrebbe derivare da “pagus”, villaggio agricolo romano, sor-to forse in epoca della centuriazione romane, quando furono assegnateterre ai veterani di varie guerre, soprattutto al tempo dei Gracchi edell’imperatore Augusto.Una foto area della zona circostante ha poi rivelato la presenza di duecastellieri di epoca preistorica, a forma circolare, poco distanti dalpaese, che si trovano in due alture vicine all’abitato, che superanodi poco i mille metri.L’antichità di Paganelli è comunque documentata anche dai diversireperti archeologici, rinvenuti in loco ed in gran parte ancora con-servati, come conci riutilizzati, cornici modanate, fregi, are votive ediscrizioni.Inoltre una delle porte della cerchia muraria di Norcia, quella cheusciva verso Capo del Campo, oltre ad essere chiamata Porta Mas-sari, viene anche detta Porta Pagani, con indicazione che da lì si an-dava fino a Paganelli.Secondo un’antica leggenda, diffusa tra le popolazioni della zona, fuda questa porta che uscirono tutti gli abitanti di Norcia che non vol-

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lero convertirsi al cristianesimo e si rifugiarono in una zona che poiprenderà il nome di Paganelli.Al centro dell’abitato, che non presenta particolari edifici con par-ticolari pregi architettonici, si trova una piazza dove prospettano lapiccola chiesa della località, dipendente dalla parrocchia di Savelli,con davanti un’ara votiva dedicata ad Ercole Santo del sec. I a. C.,ed un’antica fontana, che fino a qualche decennio fa, conservava ele-menti architettonici riutilizzati nella costruzione.Nei pressi di Paganelli è invece documentato che vi si accamparonodiverse compagnie di ventura, che tra il sec. XV ed il successivo, sco-razzavano per l’Italia, come quelle di Francesco Sforza, di Guerrie-ro d’Ascoli, di Everso dell’Anguillara e di Pierluigi Borgia, nipote dipapa Callisto III, inoltre anche lo stesso paese è stato patria di due con-dottieri: Antonio di Mancino, aiutante di Niccolò Piccinino, ed An-drea Tartaglia, suo nipote, capo delle guardie pontificie di Sisto IV.Molti degli abitanti di Paganelli, secondo quando ci riferisce nellasua accurata relazione del 1587, il visitatore apostolico Mons. In-nocenzo Malvasia, erano dediti all’arte della fienagione e usavanospostarsi nella buona stagione fino a luoghi molto lontani dal pae-se, per svolgere la loro arte ed avere quindi un guadagno integrati-vo con cui poter sopravvivere durante il lungo invero.Tale arte del lavoro stagionale si è poi prolungata sino ai giorni no-stri, anche se l’arte è variata poi nella pastorizia e nella norcineria ele mete di lavoro sono state quelle di Roma, nonché delle cittadinee campagne laziali e toscane.Paganelli fu fortemente colpita dai danni provocati dal terremoto del1703, infatti dalla relazione del Commissario Apostolico, Mons. Pie-tro De Carolis si apprende che era rimasta senza abitazioni e dei 37abitanti, ben 27 erano morti sotto le macerie e gli altri erano riparatiin altri luoghi, compreso il cappellano della chiesa dei SS. Pietro e Pao-lo, che aveva avuto distrutto sia la chiesa che la sua abitazione.Anche i recenti terremoti hanno provocato ingenti danni, tanto che

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la maggior parte delle case sono state demolite e ricostruite, facen-do perdere al paese le caratteristiche architettoniche che invece lo con-notavano precedentemente.Nella parte retrostante della chiesa, vicino alla pubblica fontana, checonserva tra i materiali di costruzione pezzi di recupero molto anti-chi, si trova anche una piccola edicola, restaurata di recente, che raf-figura l’immagine del Sacro Cuore di Maria tra i SS. Michele Ar-cangelo e Benedetto.

Chiesa di S. SalvatoreLa chiesa di S. Salvatore era in origine dedicata a S. Paolo ed era di-pendente dalla chiesa parrocchiale di Savelli, ma cambiò il titolo inseguito al crescente culto per una immagine miracolosa del Volto San-to, posta sopra l’altare maggiore, che in epoca seicentesca, si diffu-se in molte parti dello Stato Pontificio.La chiesa fu molto rimaneggiata e ridimensionata in seguito ai gra-vi danni subiti dalle scosse dei terremoti del 1703 e 1730, riduzio-ne tra l’altro applicata anche agli altari della chiesa, che sono dimi-nuiti anche di numero, da tre a cinque.Infatti in origine nella chiesa più antica esistevano ben cinque alta-ri, uno con funzione di altare maggiore, dedicato ai SS. Pietro e Pao-lo, e gli altri a S. Nicola, a S. Giuseppe, alla Natività di Maria e a S.Giovanni Evangelista.L’antichità della chiesa è comunque attestata dai tre pilastri cinque-centeschi, appartenenti alla primitiva sistemazione, e da alcune da-te presenti, la prima del 1571 nella canonica e le altre del 1592 sul-la soglia della porta.L’esterno è con una semplice facciata a capanna, dove si aprono ilportale e il rosone soprastante, arricchita poi a lato da un campani-letto a vela, con due celle campanarie sovrapposte, dove si conser-va ancora una campana originaria del 1695, che assolve alla sua fun-zione, insieme con un’altra più recente.

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L’interno, recentemente restaurato in tutte le sue strutture portanti deimuri e del tetto, è pavimentato in cotto, dove si aprono anche delletombe a pozzetto, e coperto da un grazioso soffitto ligneo a piccolicassettoni policromi.Alle pareti laterali si trovano, entro nicchie, due altari gentilizi conle statue della Madonna a destra e di S. Giuseppe a sinistra, entrambii lavori sono del sec. XVI e interessanti sono pure i sottoquadri, delCuore di Maria e di S. Vincenzo Ferrer.L’altare maggiore è dedicato attualmente al Volto Santo di Gesù, dacui il nome della chiesa di S. Salvatore, raffigurato in un dipinto surame del sec. XVII, che replica l’immagine venerata nella BasilicaVaticana di Roma, posto al centro della macchina d’altare in legno,con ai lati due tele della stessa epoca, raffiguranti gli apostoli Pietroe Paolo, già antichi titolari della chiesa, e due teche laterali, dove siconservano dei paramenti liturgici di epoca seicentesca.La venerazione ai santi tutelari del posto è anche documentata dadue ex-voto ottocenteschi che si trovano appesi ai due pilastri delpresbiterio, nei quali sono raffigurati due episodi di scampato pe-ricolo, come quello dell’assalto dei briganti ad un cavaliere, pres-so la chiesa di S. Scolastica di Norcia, per l’intercessione del Vol-to Santo di Gesù e quello della guarigione da una malattia per l’in-tervento dei santi apostoli Pietro e Paolo, a cui una devota si era ri-volta.Infatti sia l’icona del Volto Santo di Gesù che la venerazione dei san-ti apostoli, hanno suscitato nei tempi passati una grande devozioneda parte degli abitanti di Paganelli e delle altre frazioni di Capo delCampo, soprattutto per le loro speciali virtù traumaturgiche, ed in par-ticolare quella esercitata verso gli apostoli Pietro e Paolo, in quan-to si riteneva che fossero passati per questa zona, per cui, come inaltre zone circostanti, si prendeva anche l’olio della lampada acce-sa nella chiesa, per ungere le parti doloranti e per allontanare artri-ti e sciatalgie.

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S. Andrea

Piccolo gruppo di case che si trova allineato lungo il torrente Pescia,in uno slargo della valle, a breve distanza da Savelli ed ai piedi delcolle dove si trova l’abitato di Castel S. Maria, distinto in più nuclei,a volte anche distanti tra loro.Conserva in tal modo la classica tipologia di una villa di transito, cir-condata da fertili prati irrigui, campi e filari di pioppi cipressini, untempo utilizzati per l’alimentazione degli animali e come legno di co-struzione.Nel primo gruppo di case che si incontra provenendo da Savelli, sitrova la piccola chiesa della località, mentre nel gruppo di case po-sto dalla parte opposta del fiume, detta “lu vicinatu”, si trova un an-tico mulino ad acqua, riconoscibile dalla forma di costruzione e dalcanale di adduzione dell’acqua.

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Fu sempre in continua rivalità con il vicino paese di Savelli, ancheper i motivi più disparati, principalmente per l’utilizzo delle acquedel Pescia, che in particolar modo durante la stagione estiva non era-no sufficienti per tutti, ma soprattutto per il fatto che in passato S.Andrea era dipendente dalla località principale.La località compare per la prima volta nella storia nel 1233, quan-do versa un contributo a Omodeo vicario di Montagna per conto delCardinale Giovanni Colonna, che in quel periodo era il rettore feu-dale del Ducato di Spoleto, per conto della Curia Pontificia, per laquale quindi riscuoteva tali tasse, dette anche “fodrum”, ossia fuo-catico, da dividere perciò per famiglia, e che servivano per mante-nere l’esercito e come legittimo e tangibile atto di sudditanza.Inoltre come le vicine località di Savelli e Paganelli, fu anticamen-te sottoposta all’Abbazia di S. Maria di Farfa, sia dal punto di vistareligioso che da quello temporale, per il fatto che nella zona la stes-sa abbazia farfense aveva diversi possedimenti terrieri e proprio nelcentro di Savelli aveva da lungo tempo fondato una cella monasti-ca benedettina, dedicata a S. Michele Arcangelo, che divenne poi lasuccessiva chiesa parrocchiale di tutti e tre i centri abitati.In seguito, sempre nel sec. XIII, non appena si costituì il libero Co-mune di Norcia, il paese di S. Andrea, insieme con gli altri vicini, an-dò a far parte del suo territorio, con la qualifica di “villa”, ossia vil-laggio non fortificato, iniziando così a seguire le sorti della vicina cit-tà, di cui ancora oggi è frazione.Un tempo alcune case di S. Andrea, e precisamente quelle ultime lun-go la strada per Pescia, non facevano parte né del paese né della par-rocchia di Savelli, ma si trovavano sotto il paese di S. Marco, per cuierano chiamati Casali di S. Marco.Lungo la strada tra Savelli e S. Andrea è stata recentemente realiz-zata una edicola dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, mentreun’altra sempre dedicata alla Madonna si trova al centro del nucleoprincipale del paese.

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Tra le diverse altre testimonianze di pietà popolare che si trovano nelpaese, sono da segnalare un affresco raffigurante S. Antonio Abatein casa Taraddei del 1599 e un altro di S. Antonio da Padova, in ca-sa Venturini, invece del sec. XV.Nel paese esisteva un tempo ed è ancora facilmente individuabile,nelle case lungo la vallata di fronte al nucleo più antico del paese,un mulino ad acqua per macinare il grano, che utilizzava le acque delfiume Pescia, mentre un altro ne esisteva un poco più a monte del pae-se ed era chiamato Le Mole, che in passato era utilizzato principal-mente dagli abitanti di S. Marco e di Castel S. Maria, ora in comu-ne di Cascia, ma un tempo facente parte del distretto nursino.

Chiesa di S. AndreaNella frazione di S. Andrea esiste ancora oggi un unico edificio re-ligioso dedicato all’omonimo apostolo, le cui orini sono molto an-tiche, come testimoniato dalla Visita Pastorale del Vescovo Barbe-rini, svolta nel 1611, da cui si apprende che le condizioni statiche era-no molto preoccupanti, in quanto le volte che lo coprivano erano sulpunto di crollare e quindi necessitavano di urgenti lavori.La stessa chiesa la troviamo invece molto ben strutturata e custodi-ta durante la successiva Visita Lascaris del 1712, seguita a pochi an-ni dai danni provocati dal terremoto del 1703, segno evidente che nonsolo essa era stata ristrutturata già nel secolo precedente, ma anchea quell’epoca erano già stati riparati e cancellati i danni, evidenzia-ti invece dal Commissario Apostolico Mons. Pietro De Carolis, dadove si apprende che gli abitanti erano 100, i morti 2 , la chiesa ave-va subito diversi danni ed il campanile era addirittura crollato.Forse fu proprio in seguito a tale ristrutturazione che furono celatigli affreschi del sec. XV, che sono invece tornati alla luce in occa-sione di un nuovo crollo della chiesa dopo i terremoti del 1979, al-l’altezza del pavimento della costruzione più moderna, quindi dis-taccati con un pronto intervento a cura della Soprintendenza.

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Gli affreschi attualmente restaurati e conservati momentaneamentepresso un deposito di Norcia mostrano una teoria di santi protetto-ri, tra cui è più volte ripetuta la Madonna di Loreto, molto veneratanella località.L’edificio attuale si trova all’inizio del paese, poggia su una lungavolta che costituisce il vano inferiore della chiesa, attualmente inac-cessibile, ed è stata in gran parte ricostruita e restaurata recentementea seguito dei danneggiamenti del terremoto del 1979 ed ha nei pres-si un’antica fonte di origine medievale.Alle pareti laterali della chiesa un tempo erano situati due altari diepoca barocca, uno dedicato alla Madonna di Loreto, con nicchia do-ve si trovava la relativa statua, e l’altro a S. Antonio di Padova, lacui macchina d’altare proveniva da una delle distrutte chiese di Nor-cia e qui collocata a spese della famiglia Simoni.Attualmente la chiesa ha la porta su un fianco dell’edificio, ha su unlato un campanile a vela due fornici affiancati e realizzati di recen-te, in quanto quelli antichi erano stati demoliti dal terremoto.All’interno, recentemente sistemato con due quinte lignee che cela-no la sacrestia e il luogo per suonare le campane, conserva l’altaremaggiore a colonnine con sopra la nicchia per la statua del santo pro-tettore del paese.

Il Santuario della Madonna della Quercia

Il santuario della Madonna della Quercia sorge in aperta campagna,vicino ad alcune querce centenarie, nelle vicinanze di Valcaldara ePaganelli, anche se la giurisdizione ecclesiastica dipende ancora dal-la parrocchia di Savelli.Per la giurisdizione di tale chiesa ci furono in passato anche diver-se controversie soprattutto tra gli abitanti di Paganelli e le monacheseguaci della Beata Lucia di Valcaldara, che avevano edificato un pic-

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colo monastero nella stessa Valcaldara e vantavano dei diritti sullachiesa, ma le controversie vennero meno allorquando le monache la-sciarono il piccolo paese per trasferirsi a Norcia e quindi non si oc-cuparono più dei diritti sulla ormai distante antica chiesa campestre.Forse quello della Madonna della Quercia non è il titolo originariodi questa chiesa che fu antichissima e denominata anche come la Ma-donna di Capo del Campo, sorta intorno ad un’edicola, lungo la viaPellerina, uno dei maggiori percorsi seguiti dalla transumanza, inquanto metteva in collegamento l’area del Piceno con la Vulnerinoe quindi con Roma e tutta la campagna circostante.Il titolo attuale fu dato sicuramente in occasione dei lavori della ri-costruzione cinquecentesca, dato che in quel periodo si era diffusoil culto della Madonna sotto tale titolo, dopo il ritrovamento, nellazona del viterbese, di una immagine della Vergine dipinta su tegolae inserita tra i rami di una quercia da un devoto.Le poche notizie che si ricavano dalle Visite pastorali non accenna-no nemmeno ne alla fondazione, ne all’importanza che la chiesa ave-va in passato sia per gli abitanti della zona che per i viandanti chetransitavano per il Piano di Norcia.Una leggenda locale vuole che sul posto in epoca cinquecentesca fos-se avvenuta una miracolosa apparizione della Vergine ad un ragaz-zo o una fanciulla e per questo motivo cominciò ad accorrere unamoltitudine di fedeli che richiedevano grazie, tanto che un tal Pier-domenico, alias Pozzo dalli Paganelli commissionò ad un maestropittore locale, attivo a Norcia nella prima metà del sec. XVI, una im-magine che raffigurava proprio la Madonna col Bambino in braccio,seduta su una panca, con in alto due angeli che la incoronano e sul-lo sfondo una quercia stilizzata, mentre in basso è raffigurato il com-mittente che divenne ben presto anche il custode dell’immagine e del-la costruenda chiesa di S. Maria della Cerqua.Divenendo subito un santuario mariano molto frequentato, soprat-tutto da viandanti e pellegrini, l’altare che racchiudeva la sacra im-

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magine ed il presbiterio furono separati dal resto della chiesa da unagrande cancellata in ferro che era possibile superare passando da dueporticine in pietra situate ai lati, nei cui architravi era incisa la se-guente scritta: “Ihesus – 1526 – Virgo Maria – Al tempo de Franci-sco de Sannibaldo e Lorito de Iovanno Antonio Santisi”.Nonostante il grave stato di fatiscenza in cui versa attualmente, l’e-dificio mostra ancora una grande impostazione architettonica cin-quecentesca di cui restano all’esterno robusti pilastri e volte costo-lonate in pietra sponga, che denotano una costruzione originaria a trenavate, preceduta e circondata da trasanne.Nella facciata si trovano ancora il grande portale a tutto tondo, conle due finestrelle devozionali ai lati e l’oculo in alto al centro, men-tre sul lato destro, in corrispondenza della sacrestia, si eleva un pic-colo, ma snello campanile a vela.Il grande edificio, presso il quale con il tempo si era affievolito il cul-to, dovette però soccombere in seguito alle scosse del terremoto del1703, dopo il quale fu comunque approntato un pronto restauro set-tecentesco che salvò almeno il presbiterio e la navata centrale, con iquali continuò a svolgere il suo ruolo di santuario, ma successivamentecon l’incuria del tempo e soprattutto a causa dei danni provocati daiterremoti del 1979 attualmente risulta scoperchiato e spoglio, ad ec-cezione della parte presbiterale con campanile recentemente restaurata.Da questa chiesa sono stati anche distaccati una serie di affreschi delsec. XVI, che si trovavano lungo le pareti della chiesa e che attual-mente sono conservati nel Museo della Castellina di Norcia e che raf-figurano principalmente la Madonna col Bambino, venerata in que-sta chiesa sotto il titolo della Madonna della Quercia.Presso questa chiesa, nel corso dei secoli, venne edificato anche unpiccolo eremo, rimasto abitato fino alla fine del sec. XIX, quando nel-le immediate vicinanze venne costruito anche il cimitero per tutte lefrazioni di Norcia, facenti capo a questo territorio denominato Ca-po del Campo.

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La Fiera della Madonna della QuerciaSubito dopo la costruzione del grande santuario mariano di Capo alCampo, venne istituita nella stessa località anche una grande fiera omercato, che ebbe da subito una grande importanza sia per gli inte-ressi economici che vi giravano intorno, che per l’interessante in-gaggio che si poteva effettuare, da parte di mercanti e commercian-ti, di lavoranti stagionali per l’inverno successivo. Proprio per questo ultimo motivo la fiera che si svolgeva fino al sec.XIX intorno alla chiesa di S. Maria della Quercia, nei giorni imme-diatamente successivi alla festa dell’Assunzione di Maria, cominciòad essere conosciuta nel circondario con il curioso nomignolo di “Fie-ra di sienti ‘mpuò”.Anzi questa fiera è ancora quella che si svolge a Norcia il 16 ago-sto ed è ancora conosciuta con la stessa identica denominazione, chemalgrado siano cambiate le condizioni economiche, conserva la par-ticolare dicitura, in quanto per secoli è stato questo un giorno parti-colare, per chi doveva cercare lavoro e per chi si doveva assicurarela manodopera stagionale.Di tale fiera si conservano anche i Capitoli che il Comune di Nor-cia redasse nel 1560, nonché varie Riformanze Comunali dove, giàda prima della redazione dei Capitoli, venivano nominati i Sopra-stanti, uomini incaricati di provvedere alla pubblicizzazione e al mi-glior svolgimento della fiera.La sua indizione veniva fatta a mezzo di un provvedimento preso dal-la suprema Magistratura comunale, che veniva bandito in diversi luo-ghi della città e del Contado, affinché tutti potessero prendere partealla manifestazione.I Soprastanti, che erano quattro, due della città e due del Contado,dovevano provvedere, per la buona riuscita della fiera, con piena au-torità e decisione, ad far allestire taverne, osterie e banchi di vendi-ta di carne, frutta, vettovaglie e ogni altra cosa da mangiare, in mo-do che non mancasse niente ai partecipanti.

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Avevano poi piena autorità di redimere qualsiasi controversia, di farpulire le strade prossime alla chiesa, di far sgombrare i terreni dovesi sarebbero sistemati i venditori di oggetti e di bestiame e di prov-vedere in prossimità della fiera di non far deviare l’acqua del Pescia,molto necessaria dato il raduno di tanta gente.Il giorno della festa dell’Assunzione, il 15 agosto, si potevano lu-crare presso la chiesa delle Indulgenze plenarie, per cui si dovevaprovvedere a far dire diverse messe e in ultimo una Messa canta-ta, dove venivano poi offerti dei ceri per l’altare della Madonna del-la Quercia, da parte del Sindaco del Comune, dei Capi d’Arte, deiConnestabili delle Guaite e dai Vicari, Massari e Sindaci dei varicentri del Contado, chiamati con ordine attraverso il suono di unatromba.Tutti costoro si dovevano radunare davanti al piazzale della chiesa,in prossimità di un’edicola esistente un tempo nel piazzale e chiun-que non compariva, doveva pagare una multa in denaro, che anda-va sempre a beneficio della chiesa.Subito dopo aveva luogo la fiera, che poteva durare sino a dieci gior-ni, con tutti i privilegi e le facilitazioni di vendita e acquisto delle mer-ci e dei bestiami, che avevano in Norcia le fiere di S. Benedetto e diS. Giovanni.Alla fiera dovevano partecipare tutti i venditori e mercanti di Nor-cia e dei centri vicini, provenienti anche dai territori confinanti, e prin-cipalmente i venditori di stoffe e merci varie, calzolai, fabbri, ramai,vasari, vetrai e fruttaroli, nonché tutti coloro che avessero degli ani-mali da vendere, grosso o minuto che fosse.Tutti costoro dovevano poi accordarsi con i Soprastanti, per orga-nizzare case mobili, padiglioni, baracche, capanne tettoie e recinti,che potevano restare in piedi nei luoghi prestabiliti, fino alla fine delmese di agosto.Il giorno 16 agosto, successivo alla festività, si correva poi il Paliodelle Cavalle, una sorta di corsa, dove vinceva il cavaliere che arri-

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vava primo, con partenza dal luogo chiamato la mossa ed arrivo nelpiazzale della stessa chiesa.La fiera si continuò a svolgere, forse con minor concorso di popoloe con minori festeggiamenti religiosi fino a circa la metà dell’Otto-cento, quando il Comune di Norcia provvide a far trasferire d’auto-rità la fiera all’interno della Città.Il trasferimento non avvenne comunque da un giorno all’altro, se èvero che in alcuni documenti di archivio settecenteschi, compaionogià diverse richieste da parte del comune di Norcia alle autorità com-petenti, per tale trasferimento.Avvenuto il trasferimento della fiera in città, il Comune pian pianovenne meno agli obblighi di mantenimento, malgrado i vari cappel-lani che prestavano servizio nella chiesa si appellavano di volta involta e la chiesa inesorabilmente iniziò un lento declino, che l’ha por-tata alla situazione attuale.

Il Santuario della Madonna della Neve

Sul luogo dove oggi ci sono i resti della grande chiesa della Madonnadella Neve, sorgeva in passato una piccola chiesa dipendente dal prio-rato di S. Angelo di Savelli e di conseguenza dall’Abbazia di Farfa,ma essendo andata distrutta nel tempo, era stata sostituita da un sa-cello campestre con dentro l’immagine della Beata Vergine Maria di-pinta entro una nicchia, in un vocabolo detto Collefitto o Collefischio,vocabolo che dava il nome anche alla suddetta maestà.Il piccolo sacello della Madonna di Collefitto o Collefischio era giàvenerato dalla popolazione locale sin dal sec. XV, cioè fin da quan-do era stato costruito e l’immagine di tale Madonna venne poi con-servata sopra l’altare maggiore della nuova chiesa, che si iniziò a co-struire dopo un prodigio verificatosi sul posto.Infatti in quegli anni avvenne il ritrovamento miracolosamente in vi-

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ta, dopo tre giorni di gelida bufera, di un viandante riparatosi entroil sacello della Madonna e da quel momento le popolazioni circostanticominciarono a frequentare il luogo e a lasciare diverse offerte, chefurono all’inizio della costruzione.Quindi l’origine della fondazione del nuovo Tempio si deve proprioad un evento storico, sebbene di sapore leggendario, che tramandato-si oralmente per secoli fu trascritto nella Visita pastorale del Vescovodi Spoleto Carlo Giacinto Lascaris e prima ancora, raffigurato in unaformella della cantoria dell’organo, ora non più esistente, ove si ve-devano due squadre di spalatori di neve che erano alla ricerca dell’uomoperduto, mentre esso stava in preghiera dentro l’antico sacello.Da allora in poi questo luogo venne denominato Madonna della Ne-ve, il cui titolo ricorda la fondazione della Basilica Romana di S. Ma-ria Maggiore, avvenuta durante il pontificato di Papa Liberio e gra-zie ad una provvidenziale nevicata che segnò proprio gli spazi do-ve doveva sorgere la nuova chiesa mariana.Era l’anno 1564 e l’anno dopo furono discussi dalla Comunità di Nor-cia vari progetti, ma tra questi ne fu scelto uno che si ispirava a quel-lo del Bramante, mai realizzato completamente, per la Basilica di S.Pietro a Roma.Il Comune ne approvò il progetto il 13 ottobre 1565 e scelse a presie-dere i lavori D. Pomponio Tebaldeschi di Norcia e Giovanni BattistaDemensi di Spoleto, la prima pietra fu posta dal Vicario Foraneo Te-baldeschi, la seconda da Giovanni Battista Seneca, pievano della Col-legiata di S. Maria, la terza dai Consoli nursini, i lavori continuaronodal 1565 al 1571 progredendo velocemente, sostenuti anche dal Vescovodi Spoleto Fulvio Orsini, che ogni tanto si recava a vedere i lavori.La chiesa si presentava esternamente a membranature ottagone, cul-minante in cima con un tiburio più piccolo, con oculi ai lati, ma del-la stessa identica forma della chiesa, mentre all’interno racchiude-va una pianta a croce greca.L’edificio, interamente rivestito in pietra, con paraste angolari, ca-

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pitelli e cornice di sottogronda, fu realizzato dalle maestranze lom-barde che in quegli anni stavano costruendo la Castellina e la chie-sa di S. Maria Argentea.Due eleganti portali con nicchie laterali e sormontati da finestroni,si aprivano su due lati, pregevole fattura di M. Gerolamo di Giulia-no Marchetti di Como, che qualche anno dopo realizzò anche i por-tali della chiesa di S. Maria Maddalena di Cascia, attualmente con-servati nelle immediate vicinanze del Santuario di S. Rita.Lo spazio interno della croce greca era organizzato da elementi ar-chitettonici che ne rendevano elegante la realizzazione, ornati comeerano da capitelli, cornicioni ed arconi che marcavano le quattro vol-te dei bracci e la cupola centrale.Ai quattro lati della croce corrispondevano le due porte d’ingresso,l’altare maggiore e la porta della sagrestia con sopra la cantoria e l’or-gano, nei tre bracci delle navate, tranne in quello ove era l’altare mag-giore, si aprivano sei nicchioni, che accoglievano altrettanti altari la-terali di varia committenza.L’altare maggiore era chiuso da una cancellata in ferro, con sul da-vanti un’urna lignea per le offerte con lo stemma del Vescovo Ful-vio Orsini, ed era provvisto di una grandiosa macchina d’altare li-gnea, intagliata e dorata con al centro i resti della Madonna in affrescodel sec. XV, già nel primitivo sacello.In seguito ai lavori di smantellamento, dopo il crollo del terremotodel 1979, sono tornati alla luce sotto l’altare maggiore alcuni elementiantichi, tra cui un rocchio di colonna romana, che forse sta a testi-moniare la continuità di un luogo di culto posto lungo uno degli iti-nerari più transitati della zona.I sei nicchioni delle pareti laterali furono affrescati da Camillo e Fa-bio Angelucci da Mevale dal 1570 al 1584, che con il padre Gaspa-re avevano fondato nelle montagne di Norcia una vera e propria scuo-la di pittura e furono attivissimi in tutto il territorio della Valnerina,del Nursino, del Casciano e dello Spoletino.

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Il primo nicchione fu affrescato da Camillo e Fabio nel 1570, fu com-missionato da un compagnia di Donne devote alla Madonna, con acapo la priora Ursulina di Giacomo, che fecero raffigurare L’As-sunzione di Maria tra gli Apostoli, con in alto, sopra l’arco, in ton-di, l’Annunciazione e l’Incoronazione, mentre ai lati si vedevano raf-figurati due vegliardi e alcuni angeli.Il secondo fu dipinto dal solo Camillo nel 1573, fu commissionatodal rettore Lattanzio Redicino e fu raffigurata la Natività di Gesù neltamburo, Dio Padre tra gli Angeli nel catino, sopra l’arco una formellacon l’Epifania, ai lati le Sibille Delfica e Samia, l’Annunciazione ei Profeti David e Salomone.Il terzo nicchione raffigurava la Visitazione, sull’esempio della pa-la che si trova nel monastero di S. Giacomo di Cerreto di Spoleto,fu senza dubbio di Camillo che la realizzò nel 1574 e l’ornò anchenel catino con l’affresco della Madonna tra la Beata Rita ed il com-mittente, tal Filippo Ruscialo di Cascia.Il quarto nicchione, di rimpetto al terzo nella navata dove si apre laporta della sacrestia, fu realizzato da Camillo e Fabio Angelucci nel1576, dietro commissione dei fratelli D. Pasquino e Giovanni Be-nedetto De Zaccarelli di Savelli, in suffragio dei loro morti, con raf-figurata la Crocifissione tra la Madonna e S. Giovanni, con ai lati S.Antonio Abate e S. Rocco e Cristo Risorto tra gli Angeli nel catino.Il quinto raffigurava la Trasfigurazione e fu dipinto dal solo Fabioche lo realizzò nel 1580 ornandolo nel catino prima con la Deposi-zione della Croce e poi con il Giudizio Universale, mentre nella par-te esterna si trovava la Pentecoste, sei formelle con Profeti e Santie due stemmi del Vescovo Fulvio Orsini, che forse fu il committen-te dell’opera, non essendo citato nessuno nella didascalia.Il sesto nicchione fu realizzato da entrambi i fratelli Camillo e Fa-bio nel 1584, con la Madonna del Rosario tra S. Domenico e S. Ca-terina, con intorno le formelle dei Misteri del Rosario, mentre nel ca-tino è raffigurata l’Incoronazione, sopra lo Sposalizio e due Sibille

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e ai lati i quattro Evangelisti entro finte nicchie, tutto commissiona-to dalla Compagnia del SS. Rosario di Castel S. Maria.Anche una tela che si conservava in sacrestia e che raffigurava il Cro-cifisso era stata realizzata da Fabio Angelucci ed altri resti di affre-schi si notavano sempre nella sacrestia, ma purtroppo di tutto que-sto patrimonio culturale resta ormai ben poco dopo il crollo del tet-to a seguito del terremoto del 19 settembre 1979.Attualmente si conservano solo alcune pareti della chiesa e per for-tuna quelle con alcuni resti di affreschi nei nicchioni, che sono sta-ti fissati e protetti da ripari provvisori in ferro e vetro e di cui si au-spica una migliore salvaguardia.

La Fiera della Madonna della NeveNel 1568 il Comune di Norcia stabilì una fiera da tenersi il giornodella festa, il 5 agosto, intorno al nuovo santuario mariano della Ma-donna della Neve, alla scopo di attirare maggior concorso di popo-lo nel giorno della festa.La chiesa era stata proprio costruita in quel periodo in seguito ad unevento prodigioso e grazie al contributo e all’interessamento del Ve-scovo di Spoleto, del Comune di Norcia e di tutte le popolazioni li-mitrofe.Per favorire l’ordinato svolgimento della fiera il Comune di Norcia,per mezzo delle sue autorità, aveva provveduto alla nomina di dueSoprastanti, cioè uomini incaricati al buon andamento ed al regola-re svolgimento della manifestazione;I Soprastanti vennero eletti per qualche anno di seguito, uno della cit-tà di Norcia e uno del Contado, con il compito di provvedere a tut-ti i bisogni della fiera, compreso l’allestimento degli spazi di vendita,la sistemazione dei venditori negli spazi ad essi assegnati e la riso-luzione di ogni questione insorta.La fiera comunque ebbe breve durata, in quanto non esistono nei va-ri archivi né i Capitoli di costituzione, né notizie relative alla svol-

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gimento di tale mercato, ma l’edificio porticato che si trova a lato del-la chiesa sta ancora oggi a testimoniare che, oltre all’accoglienza deipellegrini, si poteva provvedere a svolgere anche il commercio al co-perto dalle varie intemperie o temporali, che frequentemente si pos-sono avere in questo periodo dell’anno.

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FESTE RELIGIOSE

17 gennaio: Festa di S. Antonio Abate a S. Andrea

A S. Andrea, piccola frazione del comune di Norcia, poco distanteda Savelli, le due famiglie Turrioni e Diotallevi, benestanti del luo-go, in occasione della festa di S. Antonio Abate, per il pranzo cuci-navano una grande pentola di farro e lo distribuivano a tutti gli abi-tanti del paese, assieme ad alcune pagnottelle di pane, benedette dalparroco al mattino durante la santa messa.Dopo la funzione religiosa il parroco dava la benedizione agli ani-mali, che gli abitanti di S. Andrea portavano nella piccola piazza an-tistante alla chiesa e per l’occasione, essi venivano tutti ripuliti e in-fiocchettati.Altre volte il parroco si recava a benedire gli animali direttamentenelle stalle, dove il contadino l’aspettava, e dopo la benedizione re-galava al padrone un santino che veniva devotamente affisso dietrola porta della stalla.Un tempo analoga cerimonia si svolgeva anche a Savelli con bene-dizione degli animali che si effettuava sulla piazza della chiesa, men-tre durante la celebrazione della messa le persone portavano a be-nedire delle pagnotte di pane e per tale occasione si mangiava il “far-ricello”, cioè una minestra a base di farro.

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25 gennaio: Festa della conversione di S. Paolo a Paganelli

Questa festa, che avviene in un periodo dell’anno in cui gran partedegli abitanti si trovano fuori del paese, per motivi di lavoro, vieneorganizzata dal parroco insieme con i membri dell’amministrazio-ne religiosa che gestisce i vari beni di proprietà della chiesa della pic-cola località.In realtà si tratta dei componenti di due famiglie originarie del po-sto che per antico lascito aiutano il parroco ad amministrare i terre-ni e le tartufaie di spettanza della chiesa.Il giorno della festa, dopo la celebrazione della santa messa in for-ma solenne, c’è un bel pranzo offerto da tale amministrazione ai sa-cerdoti intervenuti e a tutti i capofamiglia del paese.

Venerdi Santo: Processione del Cristo morto a Savelli

Il Venerdì Santo viene celebrato solennemente ogni tre anni nel pae-se di Savelli con una processione in costume, al quale partecipanopressoché tutti gli abitanti del paese, che si svolge di notte lungo unitinerario ad anello fuori dal paese, illuminato soltanto da rari “fao-ni”e dalle torce che recano in mano i penitenti.La processione esce dalla chiesa parrocchiale e all’inizio vede sfilare tut-ti i vari costumanti che raffigurano i personaggi legati alla passione e al-l’uccisione di Gesù, avvenuta proprio nel giorno del Venerdì Santo.Il Cristo o Gesù Nazzareno, con tunica, capelli lunghi, ai piedi le ca-tene e sulle spalle la croce, è preceduto da un suonatore di trombaed è seguito da oltre cento personaggi scelti tra la popolazione delpaese e quella dei paesi vicini che per l’occasione aiutano gli abitantidi Savelli a rendere più bella la cerimonia.

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Tra i diversi personaggi ci sono quelli del Cireneo, tutto malvestitoe con la croce sulle spalle, dei ladroni, di Erode vestito da re, di S.Elena, con abiti molto belli e tanti gioielli addosso, delle Pie donne,della Maddalena con i capelli sciolti, della Veronica, di Pilato, di Giu-da, della Madonna, dei bambini vestiti da angeli e quelli caratteri-stici dei carbonai, particolari proprio di tale processione.Dopo aver visto sfilare tutti i personaggi vestiti in costume si unisconoal corteo coloro che portano la statua del Cristo Morto e della Ma-donna Addolorata, con gruppi di donne vestite di nero a lutto e grup-pi di uomini che durante tutta la processione cantano alternativamentelamentazioni e l’antico miserere umbro.

Lunedi di Pasqua: Festa della Madonna della Neve a Castel S. Maria

Il giorno del lunedì di Pasqua, secondo un antico uso le parrocchiedi tutti i paesi del circondario di Savelli si recavano in processioneal Santuario mariano della Madonna della Neve, situato poco distante,nelle montagne poste sopra a Savelli e S. Andrea, nelle vicinanze delconfine con il paese di Castel S. Maria.Le processioni arrivavano dalle diverse direzioni a piedi, accompa-gnate ognuna dalla loro Confraternita ed entravano in chiesa dove as-sistevano alle celebrazioni religiose, che si svolgevano presso l’al-tare della Madonna verso la quale era rivolta una speciale devozio-ne da parte di tutte le popolazioni circostanti.Dopo aver partecipato alle funzioni religiose la gente si intrattene-va nei prati circostanti a consumare un pranzo all’aperto, che si eraportato da casa dentro grandi cesti, dove non mancavano tutti i cibitradizionali di Pasqua.Successivamente la gente si intratteneva per partecipare ai diversi gio-chi popolari che venivano organizzati per l’occasione sempre nei pra-

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ti circostanti e che spesse volte erano anche causa di litigi e baruffefra gli abitanti dei diversi paesi.

Martedi di Pasqua: Festa della Madonna della Quercia a Paganelli

Secondo un’antica tradizione tutte le popolazioni dei paesi del ter-ritorio di Capo al Campo del comune di Norcia si recavano in pel-legrinaggio al Santuario della Madonna della Quercia nel martedì chesegue la festività della Pasqua.Tale pellegrinaggio rientrava probabilmente nelle varie pratiche pro-piziatorie che tutte le popolazioni umbre e della montagna dell’Ap-pennino in particolare, facevano durante il periodo della primavera, perrichiedere la grazia di una buona stagione e quindi di un buon raccolto.Sembra comunque che tale ricorrenza sia stata fissata sin dalla fon-dazione della chiesa e da quel periodo gli abitanti di Paganelli e deidintorni hanno sempre ricordato l’evento con i festeggiamenti delmartedì successivo alla Pasqua.Dopo le celebrazioni religiose gli intervenuti si intrattenevano a con-sumare il pasto nella campagna circostante, infatti già dalla mattina,le donne si incamminavano dalle loro case, portando sulla testa gran-di ceste colme di cibo, dove non mancava mai l’agnello arrosto, pre-parato il giorno precedente alla festa e la pizza dolce di pasqua, cheè tipica della zona.

Pentecoste: Festa delle Quarant’ore a Savelli

Anticamente nel giorno di Pentecoste e nei due giorni successivi, acura e spese dell’omonima Confraternita, si faceva nella chiesa par-

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rocchiale di Savelli, con speciale solennità, l’esposizione del SS. Sa-cramento sotto forma di Quarant’ore.In ognuno di questi tre giorni si faceva la messa cantata e successi-vamente ogni ora si cambiavano turno, a due a due, tutti i confratelliche facevano la guardia solenne a Gesù sacramentato, mentre le al-tre persone della parrocchia potevano rimanere quanto volevano esenza obbligo di tempo.Verso sera, dopo una funzione religiosa si dava la benedizione e sitoglieva il Santissimo, mentre l’ultima sera si faceva una processioneper le vie del paese, che passando per il Piano e per la Via della Fon-tana rientrava in chiesa.

3a domenica di agosto: Festa del SS. Salvatore a Paganelli

I fedeli di Paganelli, recentemente in quanto prima la festa cadevanella terza domenica di settembre, festeggiano in questa occasioneuna rappresentazione del SS. Salvatore lavorata a sbalzo su rame, con-servata nella chiesa del paese.Organizzano la festa due santesi estratti a sorte dal parroco con il com-pito di reperire le elemosine attraverso delle questue per il paese epresso gli antichi abitanti e di organizzare sia i festeggiamenti reli-giosi che quelli ricreativi.Infatti, oltre al programma religioso che prevede la celebrazione del-la S. Messe solenne a cui assistono i fedeli, nel pomeriggio si esple-tano i festeggiamenti civili, consistenti in corsa dei sacchi, gioco del-le pigne, corse campestri, gare di briscola, estrazione dei biglietti del-la lotteria o palio e il gioco del coniglio.Il coniglio viene posto in un prato circondato da alcune cassette nu-merate, ogni concorrente dopo aver pagato il biglietto scommette cheil coniglio potrebbe entrare in una cassetta alla quale corrisponde un

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numero, il coniglio viene sollecitato a muoversi con un bastone e per-tanto si dirige nella cassetta preferita, vince il concorrente che ha scel-to il numero corrispondente alla cassetta in cui entra l’animale e ilgioco continua fin quando ci sono conigli da mettere in palio.Il pranzo del giorno del SS. Salvatore è particolarmente ricco e cu-rato e viene consumato nelle varie famiglie del paese insieme ai pro-pri amici o parenti.La sera tutti gli abitanti di Paganelli si riuniscono poi per una cenacollettiva nella piazza comune, dove ogni famiglia prepara una pie-tanza da condividere con tutti i partecipanti al banchetto all’aperto.La festa generalmente si conclude con uno spettacolo pirotecnico econ il ballo in piazza accompagnato dal suono dell’organetto, anchese recentemente è stato sostituito da complessi di musica leggera.

1 settembre: Festa di S. Egidio a Savelli

In epoca abbastanza recente si è ripreso l’uso antico di fare un pel-legrinaggio alla piccola chiesa campestre dedicata a S. Egidio Aba-te, comprotettore del paese di Savelli e che ha un altare a lui dedi-cato anche nella chiesa parrocchiale.Questa tradizione si svolgeva anche nei tempi passati, ma era anda-ta in disuso in quanto la chiesa non era più custodita dall’eremita enel corso del tempo si era ridotta ad un rudere e non ci si celebravapiù nessuna liturgia.Oggi che la chiesa è stata risanata la popolazione di Savelli e dei pae-si circostanti ha ripreso anche l’abitudine di fare un pellegrinaggioper assistere alla messa che viene celebrata in onore del santo che,lasciata la sua condizione di benestante, essendo egli un nobile, vol-le trascorrere la sua vita in solitudine e penitenza.Dopo la celebrazione religiosa la gente si intrattiene nei terreni cir-

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costanti per consumare insieme una colazione, che inizialmente con-sisteva solo nel distribuire agli intervenuti un rinfresco solo a basedi ciambella e vino, ma che attualmente è diventato un vero e pro-prio pranzo, in quanto la Pro Loco provvede sempre di più a repe-rire degli alimenti per organizzare da mangiare per tutti quelli che siavventurano o a piedi o in macchina a raggiungere il piccolo san-tuario.

8 settembre o domenica successiva: Festa della Madonna di Loreto o Festa delle Ragazze a S. Andrea

Per l’organizzazione di tale festa il sacerdote estrae a sorte due ra-gazze del paese dette“le santesi”, che hanno il compito di andare peril paese a fare la questua e quindi reperire i fondi necessari per farela festa.In genere le persone del paese fanno delle offerte in denaro, ma puòsuccedere anche che i fedeli offrono uova, farina, formaggio.La mattina della festa, dopo la celebrazione della santa messa, segueuna lunga processione per le vie del paese alla quale prendono par-te le ragazze vestite di bianco con un velo lungo in testa mentre gliuomini indossano un camice bianco con mantellina azzurra e sor-reggono la statua della Madonna.Le santesi preparano poi un pranzo a cui partecipano le loro fami-glie, i vari preti intervenuti ed ogni altra persona che intendono in-vitare.Nel pomeriggio vengono poi organizzati degli spettacoli per intrat-tenere in allegria la gente del paese e gli ospiti per cui in genere c’èil gioco delle pigne, il tiro del gallo, il tiro della fune, la corsa deisacchi per i bambini, la corsa delle conche per le ragazze, la corsa apiedi per i giovani e l’estrazione del palio.

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Dagli organizzatori della festa viene poi anche offerto a tutti gli in-tervenuti un rinfresco o del cocomero tagliato a fette.Tutti gli abitanti del paese invitano amici e parenti che poi si fermanoanche al ballo che si svolge durante la serata.Un’antica usanza prevedeva che durante la festa da ballo le santesiportavano due ciambelle e alcuni ragazzi del vino, che venivano poiconsumati da tutti.

29 settembre: Festa di S. Michele Arcangelo a Savelli

S. Michele Arcangelo è il patrono principale di Savelli ed in passa-to si festeggiava sia l’8 maggio che il 29 settembre, ma in seguito aduno scampato pericolo a causa di un incendio avvenuto proprio du-rante la festa di settembre, da quel giorno in paese i fedeli hanno ri-cordato sempre S. Michele con la festa che si tiene immancabilmenteogni anno il 29 settembre.Il sacerdote estrae a sorte due santesi, scelti fra i capofamiglia, conil compito di organizzare la festa, reperire i fondi necessari per le spe-se e stilare un ricco programma di festeggiamenti civili e religiosi.Fino a non molto tempo fa i santesi dovevano andare per la questuaper il paese, ma gradualmente questa consuetudine si è andata per-dendo poiché i fedeli di Savelli hanno preferito mettere le loro of-ferte in una busta chiusa da consegnare direttamente al parroco, prov-vedendo comunque ad addobbare le loro case e le vie del paese conarchi di bosso e lampioncini colorati.Il giorno della festa, dopo la celebrazione della S. Messa, segue laprocessione per le vie del paese, accompagnata dalla banda musicalee alla quale prendono parte i fedeli, con alcuni uomini vestiti in ca-mice bianco che sorreggono gli stendardi.Anche nei giorni precedenti e successivi si svolgono altre celebra-

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zioni religiose e festeggiamenti civili, supportati recentemente an-che dalla pro loco della località che per l’occasione collabora atti-vamente con il parroco e con i santesi.I santesi offrono nella loro casa il pranzo ai preti intervenuti per lacelebrazione ed ogni famiglia invita i propri amici e parenti per laricorrenza, mentre nel pomeriggio vengono offerti merende e rin-freschi a tutti gli intervenuti.Il pranzo del giorno della festa era particolarmente ricco; prendeva-no parte alla festa oltre alla gente di Savelli, anche persone prove-nienti dai paesi vicini.I santesi per intrattenere gli intervenuti organizzano poi alcune atti-vità ricreative, e durante tutto il pomeriggio si svolgono le corse peri bambini, le corse dei cavalli, le corse di bicicletta e perfino anchequelle di motocicli.Si ricorda che un tempo si svolgevano anche altre gare come quel-le dell’albero della cuccagna, il tiro a segno, le corse dei somari e inol-tre alcuni uomini, con le mani legate dietro la schiena, facevano a ga-ra a chi finiva prima un piatto di spaghetti, prendendoli solo con labocca, e la sera poi c’era il cinema all’aperto.Fino al 1960 circa si faceva anche l’estrazione del palio ed il premiopiù ambito poteva consistere nella stoffa per un paio di pantaloni oqualcosa di simile, ma da qualche anno a Savelli si organizza una ve-ra e propria lotteria con ricchi premi.Al termine dei giochi c’è poi la festa da ballo ed infine uno spetta-colo pirotecnico.

2a domenica di ottobre: Festa della Madonna Addolorata o delle ragazze a Savelli

Il sacerdote per antica consuetudine estraeva a sorte due santesi trale ragazze di Savelli, che avevano il compito di pulire la chiesa du-

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rante tutto l’anno e di andare per la questua, in modo da reperire ifondi necessari per organizzare la festa.La mattina della festa i fedeli ascoltavano le sante messe, che cul-minavano con quella cantata che si svolgeva poco prima di pranzo,alla quale prendevano parte tutte le ragazze ed in particolar modo lesantesi.Le santesi poi organizzavano un bel pranzo presso la loro casa ed in-vitavano a prendere parte sia i sacerdoti intervenuti, che qualsiasi al-tra persona intendevano invitare, in particolar modo parenti ed amici.Nel pomeriggio si svolgeva poi la processione, alla quale prendevanoparte tutte le ragazze di Savelli vestite di bianco con un velo in te-sta; l’abito era anche ornato con un fiocco azzurro che cingeva la vi-ta delle giovani e i capelli venivano fermati da una rosa rossa di ra-so confezionata dalle suore di Norcia.In genere anche questa festa si concludeva nella serata con una fe-sta da ballo che soprattutto nei tempi passati si faceva con l’ausiliodel suono dell’organetto o di una fisarmonica e con uno spettacolopirotecnico.

30 novembre: Festa di S. Andrea a S. Andrea

Un tempo a S. Andrea si festeggiava il santo patrono del paese conuna solennità maggiore di adesso, che invece al momento consistesolo con la celebrazione di una messa nella chiesa che è proprio de-dicata a tale santo.Nel paese si ricorda comunque che la sera della festa si faceva ungrande falò davanti alla chiesa, realizzato generalmente con rami diginepro che venivano raccolti nella campagna, anche in luoghi mol-to distanti, e composti a mo di pagliaio, intorno ad una stanga di le-gno infissa nel terreno.

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Alla fine, quando il fuoco si spegneva, la gente portava a casa perdevozione dei tizzoni accesi, che servivano per accendere il fuocodella propria casa ed inoltre i carboni venivano messi da parte in mo-do da usarli a scopo terapeutico.

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La Pasquarella

In occasione della festività dell’Epifania e nei giorni immediatamenteprecedenti una piccola comitiva di giovani del paese o di altri pae-si vicini passano di casa in casa per annunciare la ricorrenza, per fa-re gli auguri e per richiedere un’offerta.Questi annunci avvengono in forma cantata e sono accompagnati dasuonatori di organetti o fisarmonica, ma anche di altri strumenti lo-cali quali il tamburello con sonagli, il triangolo e la caccavella, unasorta di bastone che viene spinto a forza entro un cilindro rivestitodi pelle che emette un suono di accompagnamento.Si può pensare che tale usanza sia il residuo di antiche rappresenta-zioni sacre, ma al momento sono soltanto canti che mescolano il re-soconto della nascita di Gesù, con presentazione di auguri alla fa-miglia e profane richieste di uova, prodotti della norcineria, vino, dol-ci e formaggi, per mangiarli insieme in allegria.Con il frutto della questua si organizzano delle cene dette “delle vec-chie” o addirittura delle feste da ballo, dove tutta la popolazione èinvitata a partecipare e dove durante la serata vengono distribuiti atutti rinfreschi, dolci e bevande.Durante il giorno poi un tempo giravano di casa in casa anche i bam-bini che tenendo in mano un canestrello facevano una richiesta di do-ni e dicevano:“Siamo venuti per lu suffitelloCome l’usanza è solito di darloE sotto lo portiamo un canestrelloE quello che ci date pijeremoPer il Bambino Gesù l’accetteremo

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E quello che ci date noi pijamoE per il bambino Gesù l’accettiamo”

Usanze per la Candelora

La mattina del 2 febbraio in tutti i paesi il prete che celebra lamessa distribuisce a tutte le persone una candelina benedetta, cheveniva portata devotamente a casa per essere appesa a capo delletto e per essere utilizzate il giorno di S. Croce per confeziona-re delle crocette talismano, messe nei campi a protezione dellecolture.A Savelli in particolar modo un tempo veniva data una candela piùgrande ai capo famiglia, in quanto quella doveva servire per la pro-tezione di tutta la famiglia e doveva essere accesa quando c’era qual-che problema da risolvere.A S. Andrea in occasione di tale ricorrenza viene ancora recitato ilseguente detto: “Per la Candelora,De l’inverno semo fora,Ma se scappa lu suliciju,Semo ‘n mezzu a ‘nverniciju.”

Usanze per S. Biagio

In tutti i paese della zona di Norcia S. Biagio viene considerato il pro-tettore della gola, in virtù del fatto che durante la sua conduzione almartirio riuscì a salvare con il solo sguardo un giovane che aveva unaspina di pesce infilata nella gola.Per tale ricorrenza, che avviene il 3 febbraio, il giorno dopo dellaCandelora, tutte le persone un tempo si recavano a messa e dopo averassistito al sacro rito si svolgeva la cerimonia dell’unzione della go-

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la, che a Savelli avveniva presso l’altare del SS. Crocifisso, dove sicelebrava anche la messa in onore di S. Biagio.Il sacerdote prendeva una candela del giorno precedente e faceva ilsegno della croce sulla gola dei fedeli dopo aver intinto la candeli-na nell’olio santo.

Usanze per Carnevale

A Savelli e nei paesi circostanti in occasione del Carnevale si balla-va tutti i sabato sera, e così anche per il giovedì grasso e per gli ul-timi tre giorni della ricorrenza, ma solo fino alla mezzanotte di mar-tedì, quando entrava la Quaresima.Le ragazze si riunivano in gruppi di tre o quattro e preparavano i va-ri dolci da portare a “festino”, generalmente ciambelle o quelli tipi-ci del Carnevale che consistevano in frappe dette “pizzarelle” o “piz-zelle” come vengono chiamate a S. Andrea e castagnoli con mieledetti “surici melati” o “gnocculiji” a Savelli.Le ragazze poi partecipavano al ballo accompagnate dai genitori oda qualcuno di famiglia e vi prendevano parte soltanto se erano sta-te invitate da parte dei ragazzi organizzatori della festa, altrimenti era-no destinate a rimanere a casa.Qualche volta durante il ballo intervenivano anche delle persone ma-scherate, che rimanevano il più delle volte incognite e dopo alcuniballi e scherzi lasciavano la festa senza essere riconosciute e maga-ri andavano presso un altro “festino”.Una tradizione molto antica che si ricorda nella zona era anche quel-la di mettere da parte i gusci delle uova, dopo aver fatto uscire il con-tenuto da due piccoli fori, e di utilizzarli per farne delle collane dautilizzare durante le mascherate.La domenica di settuagesima era chiamata la domenica de le com-mari o degli amici, perché si invitava nella propria casa questo ge-

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nere di persone, inoltre i giovani andavano a fare una merenda nelpomeriggio in campagna.La domenica seguente è invece quella dei parenti, in omaggio al fat-to che si invitano le persone unite dal vincolo di parentela ed in que-sta occasione a Savelli era usanza che le figlie sposate tornavano atrovare i propri genitori.

Usanze per la Quaresima

Al termine del Carnevale le donne di casa dovevano lavare i piattie le stoviglie di casa con la “lisciva”, una sorta di acqua bollita concenere, usata anche per lavare i panni, in modo da sgrassare perfet-tamente tutti gli utensili domestici.Cominciava poi il periodo di astinenza e durante tutti i quaranta gior-ni si badava a non fare uso di cibi molto conditi, si rispettavano i di-giuni e le astinenze ed in modo particolare non si mangiava carne pertutto il lungo periodo.Nella nostra zona il pesce, che invece non era proibito durante i gior-ni di vigilia, era molto scarso, per cui si ricorreva a comprare dei pe-sci sotto sale, in genere alici, sardine, baccalà ed aringhe e molto spes-so nemmeno si disalavano, in modo che con una piccola quantità dipesce ci si poteva mangiare molto pane.Una versione molto più restrittiva dei rigidi precetti mangerecci del-la quaresima prevedeva anche l’astensione dal formaggio e dalle uo-va, per cui si ricorda anche un’ottava che si recitava molto spesso du-rante il periodo quaresimale:“Quaresima ciffuta, non ce fussi mai vinuta, per quarantasei giornate,non se magnano più frittate, né frittate e né caciotte, che magneran-no le bocche jotte?, né caciotte e né cappuni, che magneranno li pap-puni?”

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Le Anime Sante

Durante il periodo della Quaresima, e qualche volta anche nel me-se di novembre, si svolgevano in tutti i paesi della nostra zona an-che delle celebrazioni religiose in suffragio delle Anime Sante delPurgatorio ed in particolar modo di quelle più abbandonate e scor-date, che invece necessitavano di preghiere.Le celebrazioni religiose si svolgevano in forma di ufficio funebree consistevano in diverse messe lette nella mattina presto, in modoche anche le persone che lavoravano potevano prendervi parte, poiculminavano con una messa cantata che si svolgeva nella tarda mat-tinata e a cui partecipavano tutti i preti.Agli organizzatori, che generalmente erano dei santesi nominati dalparroco, spettava anche il compito di preparare la colazione ed il pran-zo per i vari preti che prendevano parte al rituale, venendo da paesianche distanti. Inoltre essi venivano pagati con le offerte che si ri-cavano dalle questue che si effettuavano per il paese, spesso fatte an-che in forma di canto, che veniva svolto di sera, di casa in casa, ri-cordando alla famiglia gli ultimi decessi avvenuti, in modo che l’of-ferta che veniva data fosse più consistente del solito.A Savelli in particolar modo si effettuavano questue di grano, di mo-sto e di denaro, che dovevano servire sia per pagare gli uffici fune-bri che la festa con predicazione e processione della seconda do-menica dopo la Pasqua.

Usanze per S. Giuseppe

In occasione della festa di S. Giuseppe, sposo della Madonna, a Sa-velli si usava fare una novena di preghiere a partire dal 10 di mar-zo, che si concludevano con una celebrazione religiosa, che si face-va nell’altare laterale del SS. Crocifisso.

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Per la ricorrenza di S. Giuseppe, il 19 marzo, a Savelli e nei paesicircostanti era usanza poi di fare delle frittelle dolci tradizionali, chesi scambiano anche con i vicini, per vedere chi è stato più bravo afarle più buone e più belle.Per la realizzazione di tali dolci, detti anche “fritteji”, ognuno con-serva una sua ricetta personale, ma sono comunque tutte fatte a ba-se di uova, latte, zucchero, cannella, farina o riso e si friggono a cuc-chiaiate nell’olio bollente.

Usanze per la Pasqua

Secondo un’antica usanza, il giovedì santo, quando si legavano lecampane, i contadini si recavano in campagna e legavano gli alberida frutto, per andarli poi a slegare il sabato santo, in modo che an-che i fiori e i frutti legassero all’albero.Durante tutto il periodo che le campane rimanevano legate, le ceri-monie in chiesa venivano annunciate con il suono di altri strumen-ti che a Savelli erano chiamati “marturelle” ed erano formati da unatavoletta di legno su cui era fissata una piastra di ferro con due altriferri mobili che facevano molto rumore quando lo strumento si agi-tava facendolo roteare con l’impugnatura.In occasione del periodo in cui si slegavano le campane, il sabato san-to, i ragazzi si recavano in chiesa e si rotolavano per terra in mododa preservarsi dai dolori di pancia, mentre quelli più piccoli che noncamminavano, venivano deposti in terra dalle mamme in modo ta-le che anche le loro gambe si slegassero.La mattina di Pasqua, osservando un’antica usanza, i ragazzi dei no-stri paesi giocavano a “scoccetta” con le uova sode e dipinte, che ognifamiglia preparava nei giorni precedenti, in modo che ognuno potevaaverne una certa quantità.Le uova venivano fatte bollire in una pentola d’acqua dove si met-

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tevano anche dei pezzi di stoffa o di carta colorata che stingevano,dando il colore voluto alle uova, oppure inserendo altre sostanze co-loranti, come la cipolla o la fuliggine.A volte prima di immergere le uova nell’acqua ci si facevano cola-re delle gocce di cera, in modo che dove si trovava la cera, che poiveniva tolta, il guscio non si colorava e così l’uovo risultava nellostesso modo colorato e variopinto.Il gioco della “scoccetta” consisteva nel fatto che due ragazzi mu-niti di un uovo sodo a testa facevano una gara sbattendolo l’uno con-tro l’altro e vinceva quello a cui l’uovo rimaneva integro; le uova rot-te diventavano quindi appannaggio del vincitore, che alla fine dellagara poteva mangiare tutte le uova che aveva rotto.Con le uova sode si poteva poi fare anche un altro gioco, che era quel-lo detto della “cuturella”, una sorta di gara fatta in un luogo con unapista in pendenza, dove vinceva il concorrente a cui l’uovo ruzzo-lava più lontano ed anche in questo caso l’uovo del perdente veni-va acquisito dal vincitore.Tradizionale della Pasqua era poi la colazione che veniva fatta a me-tà mattinata del giorno della ricorrenza, a base di uova sode, salumie coratella d’agnello, accompagnati dalla pizza dolce tradizionale eda buon vino nuovo.

Le Rogazioni

Durante la primavera e principalmente il 25 aprile, giorno in cui ri-corre la festività di S. Marco, si svolgeva a Savelli e in tutti i paesicircostanti un rito propiziatorio per la buona stagione ed il buon rac-colto, chiamato “Rogazioni”.Ci si riuniva la mattina presso la chiesa parrocchiale dove si svol-geva una piccola funzione religiosa, poi si usciva in processionecon una croce astile e con il parroco ed i chierichetti vestiti con gli

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abiti liturgici e ci si dirigeva per la via rotabile fino al luogo det-to Il Muraglione o Scontrone, dove un tempo esisteva una picco-la icona in muratura, recitando o cantando le litanie dei santi, dacui si dominava un vasto territorio circostante e da lì si svolgevail rito.Il parroco prendeva in mano la croce e mirandola verso uno dei pun-ti cardinali recitava in latino ed in cantilena sia i mali e gli eventi at-mosferici da allontanare che gli eventi propizi da favorire ed il po-polo rispondeva sempre cantilenando.L’operazione veniva ripetuta dal parroco e dai fedeli ad ogni puntocardinale, poi, passando per la Fontana e Via di Cuntra, arrivava nel-la zona dove c’erano le vigne e si ripeteva di nuovo il rito ed un ter-zo si se ne faceva nella piazza.Altre processioni sempre con scongiuro e benedizione si svolgeva-no poi nei giorni addetti alle “Rogazioni”, il primo giorno si arriva-va sino a S. Andrea, il secondo giorno fino a Paganelli e il terzo gior-no dove un tempo si trovava la piccola chiesa della Madonna del Col-le, sopra la contrada detta Castellano.Altra processione simile si svolgeva la mattina dell’Ascensione e siarrivava sino alla croce posta nella Piana, simile processione si svol-geva poi il 3 maggio per il giorno di S. Croce con l’omonimo reli-quario e si ripeteva anche la sera, con altri tre scongiuri fatti alla cro-ce della Piana, alla Fontana ed in piazza.

Il Piantamaggio

In occasione della fine del mese di aprile e l’inizio di quello di mag-gio si svolgeva un tempo la festa del Piantamaggio, una sorta di sce-na rituale in cui i giovani dovevano andare in montagna, tagliare unalbero molto alto e portarlo in paese.L’albero era generalmente di faggio e veniva tagliato in un luogo se-

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greto in modo che non doveva essere rubato, poi veniva tagliato an-che un albero di ciliegio fiorito, in modo da legarli insieme e fare unasorta di matrimonio degli alberi.Riportati gli alberi in paese tra suoni, canti e balli, quello di faggioandava subito ripulito dai rami e dalla corteccia, mentre quello di ci-liegio veniva solo aggiustato per essere legato in cima all’altro contutta la sua chioma fiorita.Preparata la buca nel terreno si avvicinava la base del faggio e si do-veva poi provvedere ad innalzare gli alberi solo con l’ausilio di cor-de e scale in modo che l’albero fosse diritto ed innalzato generalmenteal centro della piazza.La festa continuava sempre tra suoni, canti, balli e grandi distribu-zioni di cibo e bevande, che mettevano allegria a tutti i partecipan-ti, ai giovani era poi riservato il compito di fare degli stornelli amo-rosi e scherzosi alle ragazze, dove si faceva cenno e nemmeno tan-to velato a scambi di rapporti sessuali.Quasi sicuramente tali festeggiamenti sono il residuo delle grandi fe-ste che si svolgevano in epoca romana durante le Calende di Mag-gio e siccome erano dedicati al Dio Bacco, venivano chiamati ancheBaccanali.

Usanze per S. Croce

Nel giorno in cui si ricordava il rinvenimento della Santa Croce a Ge-rusalemme da parte di S. Elena, che benché anziana, aveva volutocompiere il pellegrinaggio per riportare a Roma delle reliquie dellapassione e morte di Cristo, si piantano per i campi delle “crocette”,dopo averle portate a benedire in chiesa.Nei giorni precedenti, a seconda della necessità, si confezionano lediverse croci unendo due pezzi di legno, uno più lungo ed uno piùcorto, nel cui incrocio venivano inserite un pezzetto della candelina

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della Candelora, un ramoscello di palma ricevuta nella domenica del-le Palme ed una foglia di giglio campestre.La croce serviva a proteggere le varie coltivazioni, soprattutto di ce-reali, la candela a farle crescere bene, la palma a farle mantenere eil giglio a farle venire più belle possibile, in modo da non avere pro-blemi per la stagione seguente.

Usanze per l’Ascensione

La sera precedente l’Ascensione, rispettando un’antica usanza del luo-go, la gente dei dintorni di Norcia poneva sul davanzale della fine-stra una candela accesa, una bottiglia di acqua ed un piatto o altro re-cipiente ricolmo di sale.Infatti erano questi i segni degli elementi primordiali della natura:aria, acqua, terra e fuoco, che venivano benedetti attraverso l’asce-sa al cielo di Gesù Cristo e di cui le persone si dovevano poi servi-re durante il corso dell’anno successivo.Il resto della candela, che andava spenta la mattina successiva, do-veva servire in casi eccezionali quando si ammalava una persona ouna bestia della famiglia, nel qual caso veniva riaccesa in modo darichiedere la grazia della guarigione.L’acqua che era contenuta nella bottiglia doveva essere consumatanel giorno della festa, o bevuta o usata in cucina, in modo che la stes-sa doveva fungere da protezione contro qualsiasi malattia che si po-teva contrarre in futuro.Il sale veniva anch’esso consumato da persone e animali della fa-miglia e soprattutto veniva utilizzato per salare la forma di formag-gio confezionata in quel giorno, contrassegnata anche con la letteraA, che veniva inserita nel cerchio di legno e che serviva a farla ri-conoscere dalle altre e consumala in famiglia.Un’altra usanza era quella di uscire in campagna la mattina presto

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e di lavarsi il viso con la rugiada o “guazza”, oppure mangiare del-l’erba, sempre in segno di protezione del corpo ed in particolar mo-do per la protezione contro il mal d’ossi.Qualche pastore della zona soleva poi distribuire agli amici o alle per-sone del paese la cagliata fatta con il latte prodotto in quella notte,condita con zucchero e cannella, anche questa come segno di rin-graziamento per i doni ricevuti.

Usanze del Corpus Domini

In occasione della festa del Corpus Domini a Savelli e nei paesi cir-costanti, come avviene in quasi tutte le parrocchie cattoliche del mon-do, essendo questa una festa di precetto, si organizza una solenne pro-cessione per portare in tutte le strade del paese Gesù, come SS. Sa-cramento sotto un baldacchino.Un tempo questa festa con processione veniva organizzata dalla Con-fraternita del SS. Sacramento, che era costituita in quasi tutte le par-rocchie, ma attualmente, non essendoci più questo tipo di organiz-zazione, viene fatta dalla parrocchia.Per l’occasione le strade vengono addobbate con erbe profumate efiori raccolti nei giorni precedenti, le finestre ed i balconi vengonoornati con i drappi e le coperte più belle della casa, lungo il percor-so venivano realizzati addobbi ed altarini ed a Savelli, in particolarmodo, si rappresentavano in terra, davanti alla chiesa, delle forme dicalice con ostia, realizzate con petali di fiori.

Usanze per S. Antonio da Padova

Il giorno di S. Antonio da Padova, il 13 giugno, a Savelli e nei pae-si vicini, si mangiava la “giuncata”, cioè del latte appena cagliato,

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mentre a S. Andrea, tutti quelli che producevano il formaggio, lo dis-tribuivano ai poveri del paese.Anche se non vengono fatte feste particolari in tutti i paesi si ricor-da tale santo, che è uno dei santi più popolari e a cui si ricorre piùfrequentemente.Questo santo viene infatti molto rispettato sia nel mondo contadinoche anche da tutte le altre categorie di persone in quanto si ritiene chelo stesso faccia ritrovare le cose smarrite e per ottenere questa gra-zia si recita una preghiera particolare detta il “responsorio”, che tut-te le persone anziane di un tempo conoscevano.

Usanze per S. Giovanni

Nella sera della vigilia della festa di S. Giovanni Battista, che avvieneil 24 giugno, le ragazze del paese di Savelli e degli altri paesi del cir-condario raccolgono fiori ed erbe odorose per fare l’Acqua di S. Gio-vanni, una sorta di acqua profumata.Infatti secondo un’antica credenza, nella notte della vigilia il santoprecursore di Gesù passa in tutte le case e benedice queste bacinel-le di acqua profumata poste all’aperto nei davanzali delle finestre condentro erbe profumate e fiori.A seconda delle varie posizioni che assumono poi le erbe ed i fioridurante la notte le ragazze non ancora fidanzate possono trarre i pro-nostici ed i buoni auspici per il futuro marito ed i tempi previsti perarrivare al matrimonio.Inoltre l’acqua profumata viene usata come lavanda per fare le pu-lizie mattutine del corpo e secondo la tradizione anche questa pra-tica è di buon auspicio per la salute e per la futura vita matrimonia-le delle ragazze innamorate.Un’altra tradizione era poi quella di mettere in una bottiglia di ac-qua una chiara d’uovo e, a seconda della forma che essa assumeva

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durante la notte, le ragazze da marito traevano degli auspici sul me-stiere del futuro sposo.Nel giorno di S. Giovanni poi si raccoglievano anche la malva, i fio-ri di camomilla di rosa e di sambuco, che venivano raccolti in maz-zi e messi ad essiccare per essere poi usati durante l’anno come de-cotti e tisane per alleviare diversi dolori. Nello stesso giorno le ra-gazze regalavano ad un’amica preferita un piccolo mazzo di fiori, sel’altra ragazza accetta di stringere di più questa amicizia, ricambialo stesso dono per il giorno di S. Pietro, l’anno successivo insiemeai fiori si unisce anche un piccolo dono e quello ancora seguente sipranza insieme; passati i tre anni l’amicizia si trasforma in comma-ranza e le due ragazze si chiamano per sempre comare e quindi di-ventano comari di S. Giovanni.

Usanze per i Morti

Tutto il mese di novembre era dedicato al ricordo ed al suffragio deimorti che venivano particolarmente ricordati nel giorno a loro de-dicato con diverse celebrazioni religiose, la prima delle quali si svol-geva all’alba.Tutte le sere del mese poi in famiglia veniva recitato il rosario in suf-fragio dei morti della casa e a ricordare ciò ci pensava una donna delpaese molto devota che girava per le strade con un campanello in ma-no che ogni tanto suonava e ricordava agli abitanti del luogo di pre-gare per i loro morti e per le Anime Sante del Purgatorio, che eranoin attesa di preghiere per andare in Paradiso.In occasione del mese dei morti spesso poi passavano per il paese del-le persone povere che chiedevano la carità in suffragio delle perso-ne defunte ed in cambio di ciò recitavano un certo numero di pre-ghiere per i loro morti.Qualche famiglia, secondo antichi lasciti e tradizioni, in occasione

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della ricorrenza dei defunti, cuocevano molto pane in modo da dis-tribuirlo agli abitanti del paese o ai poveri che si recavano per l’oc-casione a richiedere la carità.A Savelli in particolare si dice poi che non si deve andare in giro du-rante la notte precedente il giorno dei morti, perché altrimenti capi-terebbero disgrazie.

Usanze per S. Martino

In questa ricorrenza c’era l’usanza di spillare le botti di vino nuovo,di fare il giro per le varie cantine del paese in modo da assaggiare ivari vini e sentire qual’era quello migliore ed infine poi alla sera, difare grandi mangiate e stare in allegria, soprattutto da parte dei gio-vani, che approfittavano così di ogni occasione per fare festa, man-giare insieme e stare alzati fino a tardi a raccontar storie.In tutta la zona c’è poi la credenza che S. Martino è il santo protet-tore dei cornuti e ciò deriva dal fatto che, secondo una leggenda, ilsanto fu preso in giro dalla sorella che riuscì ad incontrarsi ed in-trattenersi con il fidanzato, senza che lui si accorgesse di nulla, ben-ché fosse presente all’accaduto.Anche a Savelli e nei paesi circostanti si ricorda ancora questa usan-za ed anzi si svolgono ancora delle cene per stare insieme ed in al-legria.

Usanze per il Natale

Un’altra ricorrenza importante per gli abitanti di Savelli e dei paesicircostanti era quella del Natale, ma era soprattutto nel giorno del-la vigilia che si concentravano gli usi e le tradizioni legate alla cul-tura popolare del posto.

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Particolare attenzione veniva posta nella preparazione della cena del-la vigilia, rigorosamente di magro, ma con un menù che doveva al-meno comprendere sette diverse pietanze, dove non mancavano maii fagioli, gli spaghetti di magro con tonno, alici o addirittura tartufi,il baccalà fritto o arrosto o in agrodolce, la pasta dolce e la torta otorciglione, una sorta di strudel con noci e mele.Sul camino veniva posto poi un ceppo di legno molto grande, che do-veva durare tutta la notte ed era oggetto di benedizione da parte delcapofamiglia e a cui si spruzzava anche del vino, in segno di buonauspicio per i futuri raccolti.Se inoltre durante la messa di mezzanotte veniva lasciato nella ca-sa qualche bambino a dormire, si metteva fuori della porta una sco-pa, in modo da prevenire la visita inopportuna di qualche strega chepoteva arrecare danni all’infante; infatti prima di entrare in casa lastrega doveva contare tutti i filamenti di cui era composta la ramaz-za, permettendo così alla madre di assistere tranquillamente a tuttala messa e ritornare prima che la strega potesse entrare nella casa.

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