san pietro la roccia della chiesa - salesiani don bosco · segue quello che gesù ha detto a pietro...

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Spedizione in abb. postale 45% - art. 2 comma 20B - Legge 662/’96 - D.C./D.C.I. - Torino - Tassa Pagata / Taxe Perçue • ANNO XXX - MENSILE - N° 6 - GIUGNO 2009 RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO San Pietro la roccia della Chiesa San Pietro la roccia della Chiesa

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RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINORIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO

San Pietro la roccia della ChiesaSan Pietro la roccia della Chiesa

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Personalmente pensiamo chel’autore di questo breve ca-pitolo (25 versetti) sia sta-

to un collaboratore dell’Evange-lista che ha recuperato due datiimportanti della tradizione si-nottica.

Il primo è quello di eviden-ziare una parola di Gesù: “Dopola mia Risurrezione vi rivedrò inGalilea (Mc 26,22; 28,30), e lofa narrando una pesca miracolo-sa sul mare di Tiberiade (21,1-14). Il secondo dato è quello delprimato di Pietro sempre rimastoin ombra nel Vangelo di Gio-vanni e tanto importante nellatradizione (Mt 16,16-20): “Su dite fonderò la mia Chiesa” e Lu-ca 32,32: “E tu una volta ravve-duto conferma nella fede i tuoifratelli”. Lo sviluppo è meravi-glioso (21,15-19). Segue quelloche Gesù ha detto a Pietro suldiscepolo che egli amava (21,20-23). Infine una breve conclusio-ne (21,24-25).

Una pesca significativa (21,1-14)

Dopo questi fatti Gesù si ma-nifestò di nuovo ai suoi discepolisul mare di Tiberiade. E si ma-nifestò così: si trovavano insie-me Simon Pietro, Tommaso det-to Didimo, Natanaele di Cana diGalilea, i figli di Zebedeo e al-tri due discepoli. Disse loro Si-mon Pietro: “Io vado a pesca-re”. Gli dissero gli altri: “An-che noi veniamo con te”. Allo-ra uscirono e salirono sulla bar-ca, ma quella notte non prese-ro nulla.

Quando già era l’alba Gesù

si presentò sulla riva, ma i di-scepoli non si erano accorti cheera Gesù. Gesù disse loro: “Fi-glioli, non avete nulla da man-giare?”. Gli risposero: “No!”.Allora disse loro: “Gettate la re-te dalla parte destra della bar-ca e troverete”. La gettarono enon riuscivano più a tirarla super la grande quantità di pesci.Allora quel discepolo che Gesùamava disse a Pietro: “È il Si-gnore”. Simon Pietro appena udìche era il Signore si strinse laveste attorno ai fianchi perchéera svestito e si gettò in mare.Gli altri discepoli invece venne-ro con la barca, trascinando larete piena di pesci. Infatti nonerano lontani da terra se non uncentinaio di metri.

Appena scesi a terra, videroun fuoco acceso con dei pescisopra e del pane. Disse loro Ge-sù: “Portate un po’ del pesce cheavete preso ora”. Allora SimonPietro salì nella barca e trasse aterra la rete piena di centocin-quantatré grossi pesci. E benchéfossero tanti la rete non si spez-zò. Gesù disse loro: “Venite amangiare”. E nessuno dei di-scepoli osava domandargli: “Chisei?”, perché sapevano bene cheera il Signore.

Allora Gesù si avvicinò: pre-se del pane e lo diede loro, e co-sì pure il pesce.

Era la terza volta che Gesù simanifestava ai discepoli dopoessere risorto dai morti.

Nello stile di Giovanni glieventi o le cose raccontate sonoun “segno”. Questo ci obbligaad andare oltre la materialità del-le cose per scoprire il profondosignificato del racconto. Così, al-

l’inizio si dice che lì sulla spon-da del mare di Tiberiade c’era-no sette discepoli: il primo Pie-tro. La domanda è ovvia: do-v’erano gli altri cinque? È forseinutile chiederselo, perché il nu-mero dodici è simbolo di Israe-le mentre il sette indica l’uni-versalità, l’immenso campo del-la missione della Chiesa.

I pesci

Ora Pietro a un certo puntodice: “Vado a pescare” e gli al-tri risposero: “E noi veniamo conte” e salirono sulla barca. Quan-do venne l’alba, Gesù si presen-tò ai discepoli i quali non lo ri-conobbero e chiese loro: “Fi-glioli, avete qualcosa da man-giare?”. Risposero: “No”. Nonavevano preso nulla quella not-te. E Gesù a loro: “Gettate la re-te dalla parte destra della barcae troverete”. La gettarono e larete si riempì di centocinquan-tatré grossi pesci e non si ruppe.

Su questo numero, nella sto-ria della Chiesa si sono avutevarie interpretazioni. La più sug-gestiva può essere quella che ve-de il numero come la somma di76 + 77 ossia del valore nume-rico delle parole Simon e Ichthys(pesce). Quindi un’identifica-zione fra Pietro e Gesù, indica-to dal simbolo del pesce. Un’al-tra interpretazione si rifà al te-sto del profeta Ezechiele (capi-tolo 47) che vede un fiume usci-re dal Tempio di Gerusalemmeper irrigare tutta la Palestina por-tando una quantità incredibiledi pesci; i pescatori stanno pres-so il mare a En-eglaim e getta-

Gesù narra il Padre

Un’immagine di ChieGv 21,1-14

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no le reti: il valore numerico del-le consonanti ebraiche di En-Eglaim è 153. Noi oggi sappia-mo che nel mondo antico non èmai stato attribuito, né dai pa-gani, né dai rabbini, un partico-lare valore simbolico a questonumero. Per cui la sua presenzain questo testo deve avere un si-gnificato del tutto particolare.Un significato oscuro, tanto cheha fatto dire a Sant’Agostino chequesto numero è «un grande mi-stero», oppure ha un significatocosì semplice che sfugge alle in-terpretazioni contorte che si so-no avute nel corso dei secoli.Orbene, l’origine di questo nu-mero così preciso (altre volteGiovanni fa sempre precederel’espressione “circa” davanti al-l’uso dei numeri), probabilmen-te, va ricercata nella volontà dirichiamare l’attenzione sul fat-to che quanto è stato riferito è ilrapporto di un testimone ocula-re che indica il numero esatto diuna pesca decisamente abbon-dante. Ed è per questo che difronte a tutto ciò, il discepoloche Gesù amava disse a Pietro:

“È il Signore”. Pietro si strinsela sopravveste e si gettò in ac-qua per arrivare prima. Ma Ge-sù non gli fece caso; forse erauna prova, e continuò a parlarea tutti. Lì sulla spiaggia c’era unfuoco acceso con del pesce so-pra e anche del pane.

Il fuoco

Il fuoco che è acceso sullaspiaggia è un fuoco di carbonel-la. Il termine usato è molto raro.Solo in Giovanni 18,18 al mo-mento del tradimento di Pietro,Giovanni usa questo termine perindicare il fuoco presso il qualePietro si era seduto. Un riferi-mento al momento del tradi-mento? Certo è che il Gesù chePietro vede presso il fuoco la not-te dell’arresto è il Gesù abban-donato e di lì a poco, sfigurato,ora è il Gesù glorioso e risortoche convoca i suoi per inviarlinel mondo. Inoltre, è anche ilGesù che, abbandonato, ora chia-ma alla comunione con Lui, al-l’intimità del convivio, all’affet-

tuosa amicizia che solo l’Amo-re trafitto può offrire all’uomo.

Per questo, Gesù disse: “Por-tate un po’ del pesce che avetepreso. Lo dice a tutti, ma è il so-lo Pietro che va e trae fino a ter-ra la rete. Ciò che non fu possi-bile a tutti, fu possibile a uno: Èlui il Pescatore. Del resto la bar-ca era sua.

Qui si compie la promessa diGesù: è davvero pescatore di uo-mini qui simboleggiati dai pesci.“E la rete non si ruppe”. È luinella comunità il centro visibiledell’unità della Chiesa e lo saràfinché avrà portato a termine latotalità degli uomini: senso sim-bolico del numero 153.

Compiuto ciò, segue il ban-chetto, simbolo del banchettoeterno quando Gesù ci farà sederea mensa nel suo regno e ci ser-virà (Lc 12,37; 22,30). Qui pren-de il pane e lo dà, come ha fattoquando moltiplicò i pani e si eracome qui presso il mare di Ti-beriade (6,1-15). Nel capitolo 20,Gesù era il dispensatore dei do-ni: pace e Spirito Santo. Ora il Ri-sorto dispensa la vita e tutti lo ve-dono e non è più il tempo di fa-re delle domande.

Giovanni usa un verbo assairaro che indica: indagare, inter-rogare. Se si pensa che la do-manda. «Chi sei?», viene rivoltaa Gesù dai Giudei in 8,25 e cheora i discepoli non osano più fa-re questa domanda, si deve con-cludere che l’impatto della sce-na è decisamente forte. Ora i di-scepoli non conosco più Gesù co-me lo avevano conosciuto prima,ora sono entrati con lui in unanuova relazione. Se prima ancheloro dubitavano ed erano incerti,ora nessuno di loro osa doman-dare, perché, come insegnavanoi rabbini, quando ci si trova di-nanzi a Dio solo lo stolto rivol-ge delle domande a Dio. Ora, in-vece, tutto è chiaro: Gesù vivedavvero in mezzo a loro. Lui è ilSignore, il Risorto dai morti!

Mario Galizzi

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Con la pesca miracolosa, Gesù, poiché è il Signore, dimostra il suo perdonoai discepoli, richiamandoli alla comunione con Lui.

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Delineare compiutamente la figura di Matteo è qua-si impossibile, perché le

notizie che lo riguardano sonopoche e frammentarie. Ciò chepossiamo fare, però, è tratteg-giare non tanto la sua biografiaquanto piuttosto il profilo che netrasmette il Vangelo.

Dono di Dio

Intanto, egli risulta semprepresente negli elenchi dei Dodi-ci scelti da Gesù (cf Mt 10,3; Mc3,18; Lc 6,15; At 1,13). Il suonome ebraico significa “dono diDio”. Il primo Vangelo canoni-co, che va sotto il suo nome, celo presenta nell’elenco dei Dodicicon una qualifica ben precisa: “ilpubblicano” (Mt 10,3). In questomodo egli viene identificato conl’uomo seduto al banco delle im-poste, che Gesù chiama alla pro-pria sequela: “Andando via di là,Gesù vide un uomo seduto albanco delle imposte, chiamatoMatteo, e gli disse: «Seguimi!».Ed egli si alzò e lo seguì” (Mt9,9). Anche Marco (cf 2,13-17)e Luca (cf 5,27-30) raccontano lachiamata dell’uomo seduto albanco delle imposte, ma lo chia-mano “Levi”. Per immaginare lascena descritta in Mt 9,9 è suffi-ciente ricordare la magnifica te-la di Caravaggio, conservata aRoma nella chiesa di San Luigidei Francesi. Dai Vangeli emer-ge un ulteriore particolare bio-grafico: nel passo che precedeimmediatamente il racconto del-la chiamata viene riferito un mi-racolo compiuto da Gesù a Ca-farnao (cf Mt 9,1-8; Mc 2,1-12) esi accenna alla prossimità del

Mare di Galilea, cioè del Lago diTiberiade (cf Mc 2,13-14). Si puòda ciò dedurre che Matteo eser-citasse la funzione di esattore aCafarnao, posta appunto “pressoil mare” (Mt 4,13), dove Gesùera ospite fisso nella casa di Pie-tro.

Dio non rifiuta nessuno

Sulla base di queste sempliciconstatazioni che risultano dalVangelo possiamo avanzare unpaio di riflessioni. La prima èche Gesù accoglie nel gruppo deisuoi intimi un uomo che, secon-do le concezioni in voga nel-l’Israele del tempo, era conside-rato un pubblico peccatore. Mat-teo, infatti, non solo maneggia-va denaro ritenuto impuro a mo-tivo della sua provenienza da gen-

te estranea al popolo di Dio, macollaborava anche con un’auto-rità straniera odiosamente avida,i cui tributi potevano essere de-terminati anche in modo arbitra-rio. Per questi motivi, più di unavolta i Vangeli parlano unitaria-mente di “pubblicani e peccato-ri” (Mt 9,10; Lc 15,1), di “pub-blicani e prostitute” (Mt 21,31).Inoltre essi vedono nei pubbli-cani un esempio di grettezza (cfMt 5,46: amano solo coloro cheli amano) e menzionano uno diloro, Zaccheo, come “capo deipubblicani e ricco” (Lc 19,2),mentre l’opinione popolare li as-sociava a “ladri, ingiusti, adul-teri” (Lc 18,11). Un primo datosalta all’occhio sulla base di que-sti accenni: Gesù non escludenessuno dalla propria amicizia.Anzi, proprio mentre si trova a ta-

I Dodici

La Catechesi di Benedetto XVI

Matteo

Accanto alla tela della chiamata, sempre a Roma è conservata anche quelladel martirio di San Matteo, sulla cui storicità poco si conosce di certo.

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vola in casa di Matteo-Levi,in risposta a chi esprimevascandalo per il fatto che eglifrequentava compagnie pocoraccomandabili, pronuncial’importante dichiarazione:“Non sono i sani che hannobisogno del medico, ma i ma-lati: non sono venuto a chia-mare i giusti ma i peccatori”(Mc 2,17).

Chiamati al lavoro

Il buon annuncio del Van-gelo consiste proprio in que-sto: nell’offerta della grazia diDio al peccatore! Altrove, con lacelebre parabola del fariseo e delpubblicano saliti al Tempio perpregare, Gesù indica addiritturaun anonimo pubblicano comeesempio apprezzabile di umilefiducia nella misericordia divi-na: mentre il fariseo si vanta del-la propria perfezione morale, “ilpubblicano ... non osava nem-meno alzare gli occhi al cielo,ma si batteva il petto dicendo:«O Dio, abbi pietà di me pecca-tore»”. E Gesù commenta: “Iovi dico: questi tornò a casa suagiustificato, a differenza dell’al-tro, perché chi si esalta sarà umi-liato, ma chi si umilia sarà esal-tato” (Lc 18,13-14). Nella figuradi Matteo, dunque, i Vangeli cipropongono un vero e proprioparadosso: chi è apparentemen-te più lontano dalla santità può di-ventare persino un modello diaccoglienza della misericordia diDio e lasciarne intravedere i me-ravigliosi effetti nella propria esi-stenza. A questo proposito, SanGiovanni Crisostomo fa un’an-notazione significativa: egli os-serva che solo nel racconto di al-cune chiamate si accenna al la-voro che gli interessati stavanosvolgendo. Pietro, Andrea, Gia-como e Giovanni sono chiamatimentre stanno pescando, Matteoappunto mentre riscuote il tribu-to. Si tratta di lavori di poco con-to – commenta il Crisostomo –

“poiché non c’è nulla di più de-testabile del gabelliere e nulla dipiù comune della pesca” (InMatth. Hom.: PL 57,363). Lachiamata di Gesù giunge dunqueanche a persone di basso rangosociale, mentre attendono al lo-ro lavoro ordinario.

Al seguito di Gesù

Un’altra riflessione, che pro-viene dal racconto evangelico, èche alla chiamata di Gesù, Mat-teo risponde all’istante: “egli si al-zò e lo seguì”. La stringatezzadella frase mette chiaramente inevidenza la prontezza di Matteonel rispondere alla chiamata. Ciòsignificava per lui l’abbandonodi ogni cosa, soprattutto di ciòche gli garantiva un cespite diguadagno sicuro, anche se spes-so ingiusto e disonorevole. Evi-dentemente Matteo capì che lafamiliarità con Gesù non gli con-sentiva di perseverare in attivitàdisapprovate da Dio. Facilmenteintuibile l’applicazione al pre-sente: anche oggi non è ammis-sibile l’attaccamento a cose in-compatibili con la sequela di Ge-sù, come è il caso delle ricchez-

ze disoneste. Una volta Egliebbe a dire senza mezzi ter-mini: “Se vuoi essere perfetto,va’, vendi quello che possiedi,dallo ai poveri e avrai un tesoronel regno dei cieli; poi vieni eseguimi” (Mt 19,21). È propriociò che fece Matteo: si alzò elo seguì! In questo ‘alzarsi’ èlegittimo leggere il distacco dauna situazione di peccato edinsieme l’adesione consape-vole a un’esistenza nuova, ret-ta, nella comunione con Gesù.

Il primo annuncio

Ricordiamo, infine, che la tra-dizione della Chiesa antica è con-corde nell’attribuire a Matteo lapaternità del primo Vangelo. Ciòavviene già a partire da Papia,Vescovo di Gerapoli in Frigia at-torno all’anno 130. Egli scrive:“Matteo raccolse le parole (delSignore) in lingua ebraica, e cia-scuno le interpretò come pote-va” (in Eusebio di Cesarea, Hist.eccl. III, 39,16). Lo storico Eu-sebio aggiunge questa notizia:“Matteo, che dapprima aveva pre-dicato tra gli Ebrei, quando de-cise di andare anche presso altripopoli scrisse nella sua linguamaterna il Vangelo da lui an-nunciato; così cercò di sostitui-re con lo scritto, presso colorodai quali si separava, quello cheessi perdevano con la sua par-tenza” (ibid., III, 24,6). Non ab-biamo più il Vangelo scritto daMatteo in ebraico o in aramaico,ma nel Vangelo greco che ab-biamo continuiamo a udire an-cora, in qualche modo, la vocepersuasiva del pubblicano Mat-teo che, diventato Apostolo, sé-guita ad annunciarci la salvatri-ce misericordia di Dio e ascol-tiamo questo messaggio di SanMatteo, meditiamolo sempre dinuovo per imparare anche noi adalzarci e a seguire Gesù con de-cisione.

Benedetto XVIL’Osservatore Romano, 30-08-2006

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Matteo scrisse il suo Vangelo origi-nariamente in lingua ebraica, forseaddirittura in aramaico.

Matteo e l’Angelo, Guido Reni (1635), Alte Pinakothek, Monaco di Baviera.

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Maria di Nazaret è vissu-ta, anche lei, di fede in Dio: si è fidata e affida-

ta a Dio in tutta la sua vita, spe-cialmente dopo l’Annunciazione.E questo lo ha fatto in maniera to-tale. Ma è vissuta non solo di fedema anche di speranza (e natural-mente di carità). Sembra banale ri-cordarlo, eppure è importante per-ché ha dei risvolti anche sulla no-stra spiritualità mariana, e sugli at-teggiamenti spirituali che devonostrutturarla.

Da secoli la Chiesa la invocacon la Salve Regina, chiamandola“Madre di Misericordia, vita, dol-cezza, speranza nostra, salve”.Questa invocazione di Maria di Na-zaret come speranza per il cristia-no in cammino verso la meta fina-le che è Dio, non è sfuggita al som-mo Dante che nel Canto 33 del Pa-radiso ha scritto: “Se’ di spe-ranza fontana vivace”. Co-me dire che Maria è una fon-te viva e vivente, continua,produttiva e ricca di speran-za, non un semplice ricordodel passato e basta. San-t’Efrem, altro grande canto-re di Maria, la pregava: “Dioti salvi... o speranza del-l’anima mia, o salute certadei Cristiani, o aiuto dei pec-catori...”.

Anche il Concilio Vatica-no II ha ricordato il rappor-to tra Maria di Nazaret e lasperanza scrivendo (in Lu-men Gentium n. 68) che Ma-ria è “segno di certa spe-ranza per il peregrinantepopolo di Dio” e quindi puòessere presa, in senso teolo-gale e esistenziale, come mo-dello dai credenti (nn. 61-65).

Dio “stupito” della nostra speranza

Tra i poeti moderni c’è CharlesPeguy che si è distinto nel cantaree magnificare la bellezza, l’impor-tanza e la fragilità della speranza.Per questo scrittore, Dio si com-muove proprio per la speranza: “Lafede non mi stupisce. La carità nonmi stupisce. Ma la speranza... ec-co quello che mi stupisce. Questapiccola speranza, che ha l’aria dinon essere nulla. Questa bambinasperanza... La fede è una cattedra-le. La carità è un ospedale. Ma,senza la speranza, tutto questo nonsarebbe che un cimitero”.

Ecco la bella immagine: Dio cheè “meravigliato” della nostra fede,della nostra carità ma che si “stu-pisce” della speranza. Quasi fossela più importante e la più difficiledelle tre. Queste sono le virtù teo-logali, perché hanno per oggettoDio, e quindi sono fondanti la no-stra vita spirituale. Sono le “tre so-relle” assolutamente inseparabili,necessarie a tutti i credenti (ma so-lo a loro?), che si richiamano, si“aiutano” l’una con l’altra. Senzafede non c’è speranza, e senza spe-ranza non c’è traccia di amore persostenere il nostro vivere giornoper giorno. E la nostra carità vivedella speranza che è in noi. Il Ca-techismo della Chiesa Cattolica (n.1812) ci ricorda che “le virtù teo-logali si riferiscono direttamente aDio. Esse dispongono i cristiani avivere in relazione con la Santissi-

ma Trinità. Hanno come ori-gine, causa ed oggetto DioUno e Trino”.

Sono anche le tre virtù cheMaria di Nazaret, tra tutti isanti e le sante della storia, havissuto in sommo grado du-rante la sua vita terrena (perquesto la chiamiamo Santis-sima), ed è giustamente in-vocata come modello di fe-de, di speranza e di amore.

La fede è fondamento della speranza

Parlando di fede e di spe-ranza e del loro reciproco in-fluenzarsi, non si può non ri-chiamare il versetto della Let-tera agli Ebrei (11,1) che re-cita: “La fede è fondamen-to di ciò che si spera e pro-va di ciò che non si vede.

Spiritualità mariana

Maria, di speranza font

La fede di Maria ha come fondamentola fede del suo popolo che sviluppòla sua adesione a Dio a partire dallafede di Abramo.

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Per questa fede i nostri antenatisono stati approvati da Dio”. Esubito dopo l’autore propone al-l’ammirazione una lunga lista dipersonaggi biblici, eroi della fede inDio, animati nel loro cammino enella loro azione (l’amore) dallasperanza che la parola di Dio avreb-be realizzato le promesse che con-tenevano. E questo anche quandoc’era da “sperare contro ogni spe-ranza” (Rm 4,18), vedi Abramo“nostro padre nella fede” ed esem-pio supremo di speranza incrollabilenella promessa di Dio (un drammaper la sua fede e speranza fu l’epi-sodio di Isacco in Gen 22).

Abramo “credette”, Abramo “le-vò la tenda”, Abramo “obbedì”,“Abramo partì verso il luogo che gliaveva indicato il Signore”. Abramoaderì fortemente a Dio, stette sal-damente fermo e fondato sulla pa-rola che gli aveva rivolto, visse sem-pre ancorato alla grande promessache Dio gli aveva fatto. Nonostan-te tutto, cioè nonostante la appa-rente contraddittorietà (umana-mente parlando) del progetto di Diosu di lui. Qui era fondata la suasperanza: nella sua fede fondatasaldamente sulla parola (che erapoi una promessa) che Dio gli ave-va detto. Sant’Agostino affermò dise stesso, (ma vale per tutti, daAbramo a Maria di Nazaret) che“è perché hai promesso, o Dio,che mi hai fatto sperare”.

Il promettere ha una grande va-lenza antropologica e psicologica,ed un valore altamente dinamicoper l’esistenza. “Promettere è farsperare ed è dare forma al tem-po. Biblicamente la promessacrea la sensatezza del tempo, creala storia... Etimologicamente pro-mettere (dal latino pro-mittere) si-

gnifica “mandare avanti” o anche“mettere davanti, creare un oriz-zonte che consente un cammino”(L. Manicardi).

Pensiamo alle famose parole epromesse che si fanno i veri inna-morati: “Ti amo” o “Ti amerò persempre”. Il sentirsi dire questo dauna persona è come ricevere unaforza dinamica per affrontare il fu-turo. È come una sorta di ipotecasul nostro avvenire che così ci sem-bra sfuggire all’anonimato esi-stenziale e alla banalità quotidiana.Il futuro, in forza di quella pro-messa che psicologicamente pernoi è una certezza, non appare piùindefinito, incerto, senza orizzon-te, senza senso, ma preciso, garan-tito, valorizzato. Quell’amore pro-messo diventa energia rigenerantee ristrutturante il nostro passato cheabbiamo lasciato e soprattutto il fu-

turo che ci aspetta davanti. La no-stra vita futura ci fa meno pauraperché qualcuno ci ha promesso ilsuo amore. E questo sembra unagaranzia sufficiente per affrontar-la lottando, nonostante tutto. Cosìper Abramo, così per Maria. Cosìdovrebbe essere per noi.

Fede e speranza di Maria: come Abramo, più di Abramo

Sant’Agostino ha scritto che “èsolo la speranza che ci fa pro-priamente cristiani”. Non biso-gna dimenticarlo. Ed è anche ve-ro che “homo viator, spe erectus”che cioè l’uomo ha il coraggio distare in piedi (erectus) e di potercosì camminare (viator) sulla fati-cosa strada verso Dio, che è la no-stra condizione, solo perché è sor-retto dalla speranza (spe) di una

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Maria visse e trasmise la sua fede a Gesù che nella Santa Famiglia crebbe co-me un vero israelita.

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meta o di un obiettivo da raggiun-gere. Per lui è un bene desideratoe anche garanzia della propria fe-licità futura. In termini teologiciDio diventa il Bene Assoluto, cheporterà (a suo tempo) la totale edeterna beatitudine.

Ma come definire la speranza?Cicerone scrisse che la speranza è“Expectatio boni, expectatio ma-li”, e San Tommaso, gli ha fattoeco, affermando che essa è tensio-ne dell’anima “verso un bene dif-ficile ad acquistare o timore perun male difficile da evitare”. Quin-di essa è, in generale, un’aspettati-va, una tensione esistenziale versoun qualcosa del futuro, visto comeun bene (e quindi apportatore di si-curezza e felicità) per noi, per me.

E Maria di Nazaret su che cosao meglio su Chi fondava la speran-za? Maria era culturalmente e reli-giosamente una figlia di Israele. Lasua vita spirituale era fondata sul-le parole e sulle azioni dette e fat-te da Dio lungo la storia; ma so-prattutto sulla promessa del Messiae Salvatore del popolo (e per l’uma-nità, secondo Isaia). Non c’è dub-bio che la speranza di Maria, dopol’esperienza matrice dell’Annun-ciazione, si è basata sempre sulla pa-rola di Dio e su quel Figlio che lecresceva nel grembo e che lei cre-deva decisivo per il popolo dellapromessa, Israele: “Ecco concepi-rai un figlio, lo darai alla luce e lochiamerai Gesù. Sarà grande everrà chiamato Figlio dell’Altis-simo; il Signore Dio gli darà iltrono di Davide suo padre, re-gnerà per sempre sulla casa diGiacobbe, ed il suo regno nonavrà fine”. Parole fondanti per ildestino dell’umanità e una promessache strutturavano in maniera pienae definitiva l’esistenza di Maria.

Maria, la prima “cristiana”

Dall’Annunciazione in poi lei èvissuta solo e totalmente per quelBambino, che era di Dio e anchesuo. Ogni azione, anche la più sem-plice e ovvia era vissuta per amo-

re di quel Figlio, dono di Dio cer-tamente ma anche frutto della pro-pria carne. È certo che ogni sua pa-rola, gesto, progetto, sofferenza,decisione sono stati in funzione diGesù. Lei si era autodefinita e sa-rà solo e sempre “la serva del Si-gnore” e perciò solo e sempre “re-lativa a Lui”. Per tutta la vita. Pos-siamo dire che Maria così diventa-va la “prima cristiana. Se non è cri-stiana lei, chi è mai cristiano?”(Card. Anastasio Ballestrero).

San Paolo un po’ in tutte le suelettere ha il tema della speranza co-me tema di fondo, ancorando il tut-to al Cristo Risorto, fonte e garan-zia di ogni speranza per il creden-te. Egli vede Gesù Cristo come co-lui nel quale si sono adempiute tut-te le promesse: queste in lui sonodiventate “sì” definitivo di Dio al-l’uomo (2 Cor 1,20), e quindi lochiama “Cristo Gesù nostra spe-ranza” (1 Tim 1,1). E ai cristiani diColossi ha scritto: “Non vi lascia-te allontanare dalla speranza pro-

messa nel Vangelo” (Col 1,23). PerMaria di Nazaret il Vangelo cioè laBuona Notizia di Dio al mondo erasuo Figlio. In Gesù lei credeva to-talmente (vedi a Cana) ed in luiaveva posto ogni speranza di sal-vezza. Anche lei, come Abramo epiù di Abramo (che non vide mo-rire il figlio Isacco), ha “speratocontro ogni speranza” sempre, an-che quando Gesù moriva in croce.Lei aspettava l’adempimento dellepromesse, attraverso quel suo Figlioche moriva apparentemente comeun fallito e abbandonato, ma che erasempre il Figlio di Dio, e Dio, leicredeva fermamente, non potevanon mantenere le promesse di sal-vezza. Non poteva essere delusa daLui, mai. “In questa fede, che an-che nel buio del Sabato Santo eracertezza della speranza, sei andataincontro al mattino di Pasqua” (Be-nedetto XVI, Spe Salvi, n. 50). Ecosì la sua speranza fu premiatacon la visione del Risorto.

Mario Scudu

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Lot

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Prima dei discepoli, Maria espresse la sua fede nella divinità e nella missionedel Figlio suo Gesù.

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Cinquant’anni fa, prima di morire il 12 aprile 1959, Don Primo Mazzolari

ebbe due intimi momenti di gio-ia: il 25 gennaio 1959, Papa Gio-vanni annunciava il Concilio e il5 febbraio il Papa bergamasco loriceveva in udienza, a suggello diuna «riabilitazione ecclesiale»alla quale aveva dato un contri-buto determinante il CardinaleGiovanni Battista Montini chia-mandolo a predicare nella «Mis-sione di Milano». Una riabilita-zione ampiamente meritata se ilCardinale Carlo Maria Martini,afferma: «Don Primo fu profetacoraggioso e obbediente, che fe-ce del Vangelo il cuore del suoministero. Capace di scrutare isegni dei tempi, condivise le sof-ferenze e le speranze della gen-te, amò i poveri, rispettò gli in-creduli, ricercò e amò i lontani,visse la tolleranza come imita-zione dell’agire di Dio. Il suo èun messaggio prezioso anche perl’oggi».

Con gli immigrati

Primo Mazzolari nasce al Bo-schetto, periferia di Cremona, il13 gennaio 1890 da una famigliadi contadini. A 10 anni con la fa-miglia si trasferisce a Verola-nuova, nella Bassa bresciana, nel1902 entra nel Seminario di Cre-mona e, dopo gli studi, il 25 ago-sto 1912 è ordinato sacerdote nel-la chiesa parrocchiale di Verola-nuova dal Vescovo di BresciaMons. Giacinto Gaggia. È lo stes-so vescovo che il 29 maggio 1920ordinerà Don Montini, di 7 annipiù giovane di Mazzolari.

Viceparroco a Spinadesco e

al Boschetto, insegnante di letterenel Seminario di Cremona, nel-l’estate 1914 va in Svizzera, adArbon, per gli emigrati italianirimpatriati dalla Germania. In-fatti nel 1915 l’Italia entra in guer-ra e Don Mazzolari è soldatosemplice a Genova, poi capora-le all’ospedale militare di Cre-mona, infine nel 1918-20 cap-pellano militare: delle truppe ita-liane in Francia, degli Alpini sulPiave, poi nell’Alta Slesia in Po-lonia. Una vita di sofferenza econdivisione che lo segnano pro-fondamente, come la morte alfronte del fratello Giuseppe el’abbandono del sacerdozio del-l’amico Don Carletti.

Al rientro, nel 1921 il Vesco-vo, Mons. Giovanni Cazzani lonomina parroco di Cicognara. In-flessibile la sua opposizione alfascismo: nel 1931 gli squadristisparano tre colpi di pistola allasua finestra. Nel 1932 è nomina-to parroco di Bozzolo da doveinizia un percorso ecclesiale epastorale, letterario e sociale le-gato ai movimenti politici italia-ni. Dal 1941 partecipa a Milanoal movimento clandestino neo-guelfo contro il nazifascismo e,dopo l’8 settembre 1943, colla-bora alla resistenza partigiana:arrestato e rilasciato tre volte, ri-cercato dalle SS per un manda-to di cattura, entra in clandesti-nità e si nasconde a Gambara(BS) e poi a Bozzolo.

Dopo la Liberazione cerca dievitare le vendette e prepara igiovani a una nuova stagione de-mocratica. Nel 1949 fonda ilquindicinale Adesso di culturasociale e politica, che gli procu-ra dieci richiami dall’autorità ec-

clesiastica e la chiusura tempo-ranea nel 1951. In quell’anno con-voca a Modena un convegno sul-la pace proponendo agli italiani«un patto di fraternità». Nel 1954il Sant’Uffizio – guidato dal Car-dinale Alfredo Ottaviani, «il ca-rabiniere di Dio», gli proibisce dipredicare fuori dalla diocesi e discrivere.

Ma dopo il pontificato pacel-liano, arrivano Papa Giovanni eil Concilio. Montini lo invita apredicare nella «Missione di Mi-lano» e Giovanni XXIII lo rice-ve in udienza privata. Due rico-noscimenti importanti, anche se

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Testimoni

DonPrimo Mazzolari

Don Primo Mazzolari espresse findall’inizio del suo ministero pastora-le la sua adesione convinta e liberaalla Chiesa tanto da volerla libera daogni costrizione e sottomissione airegni umani.

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in extremis. Colpito da ictus men-tre predica nella Messa domeni-cale, Don Primo muore a Cre-mona il 12 aprile 1959.

Sempre nella Chiesa

Don Mazzolari, nonostante lecensure ecclesiastiche, non si sen-te fuori ma dentro la Chiesa conun’incredibile capacità di profe-zia: avverte acutamente i pas-saggi della storia, le tensioni po-litiche, le sofferenze dei poveri,i dubbi dei lontani, le attese deigiovani. Dalla sua terra «nellaBassa» apre gli occhi sulla Chie-sa nel mondo, con uno sguardoprofetico che sa coniugare l’«a -desso» e il «domani», il «già» eil «non ancora».

Nella sua terra, sugli arginidel Po, egli legge in varie occa-sioni «la Parola che non passa»,il Vangelo, e recupera nei gestie nelle parabole di Gesù alcunesollecitazioni che segnano pro-fondamente il travaglio della suacoscienza e le sue scelte che pas-sano sotto il segno dei chiodi.

Nell’ascolto della Parola diDio, Mazzolari rilegge «la piùbella avventura», quella del per-dono di Dio al figliol prodigo edel giudizio del fratello maggio-re. Proprio la sua rilettura delperdono di Dio lo farà cadere indisgrazia. Il libro, La più bellaavventura sarà condannato per«le idee erronee» ma per DonPrimo segna l’inizio del dialogocon i lontani, fissa la distinzionetra errore ed errante – che carat-terizza l’esperienza e il magiste-ro di Papa Roncalli – gli insegnala tolleranza.

Per lui la Chiesa è «la casa»dove Dio torna ad amare conti-nuamente l’uomo e dove si im-para che «Dio è amore». LaChiesa come «casa» è coniuga-to in cinque modi: la Chiesa ca-sa del Padre, la Chiesa casa del-la redenzione, la Chiesa casa del-la libertà, la Chiesa casa dei po-

veri, la Chiesa casa della testi-monianza.

La parrocchia come casa

In questa concezione di Chie-sa aperta, attenta e in ascolto nonc’è spazio né per il clientelismoné per il clericalismo. Nella Let-tera sulla parrocchia Mazzolariinsiste sulla parrocchia come «ca-sa»: «Nella parrocchia la Chie-sa fa casa con l’uomo: la sua mis-sione gerarchica, dottrinale e ca-rismatica vi si inizia e vi si fis-sa, e l’uomo concreto – nome,volto, cuore, fragilità e destinoeterno – si innesta e rifluisce nelcorpo mistico del Cristo». In unacasa così – aggiunge – «il par-rocchiano ha diritto di incontrarviil suo travaglio, la sua passione,la sua fatica quotidiana; non so-lo come spesso accade, attraver-so l’asprezza del pulpito o delbollettino, ma nella verità delgiudizio cristiano, il quale men-tre dà il criterio di ciò che do-vrebbe essere, dà pure la forza disuperare certe posizioni incom-

plete e false. Anche gli errori vihanno voce poiché la Chiesa, purcondannandoli, rispetta ogni ret-titudine di ricerca e ricapitolaogni briciola di verità».

Il modello del prete

Dalle sue pagine emerge unmodello di prete che mette alcentro della propria spiritualitàl’ascolto di Dio e l’incontro conl’uomo dentro e fuori la parroc-chia. Di questa preoccupazionetraboccano i suoi scritti, le pagi-ne di Diario e alcuni articoli diAdesso sul quale il 5 giugno 1949scrive: «Non conosciamo più lenostre pecore, non sappiamochiamarle per nome una a una.Crediamo che possa bastare ilgenerico, mentre c’è un bisognodi essere capiti come siamo e diessere portati a spalla sull’e -sempio del buon pastore. Ne vie-ne di conseguenza che se non an-diamo a cercarli dove sono, senon li comprendiamo come so-no, se non li amiamo come so-no, qualcuno lo potremo tra-

Per Don Primo Mazzolari ogni parrocchia doveva essere la casa di tutti, ac-cogliente e materna, sempre pronta a spalancare la porte a tutti coloro che sirivolgono a lei.

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piantare nell’orto del presbite-rio, ma la massa resterà fuori an-che quando un richiamo spetta-colare ce la porterà in proces-sione o in chiesa. La parola èspada e tritolo, che spacca e som-muove, sa urlare e imprecare; èuna grazia che bisogna doman-dare, a costo di finire come disolito finiscono i profeti. Questaparola che non rende, che bruciae consuma chi la porta, è la so-la che il popolo può ancora ca-pire, perché l’Evangelo è statoportato sulla terra per essere pre-dicato al popolo».

Da Bozzolo egli vede e scru-ta i «segni dei tempi» con il lin-guaggio della carità, indicatochiaramente nei due scritti Il sa-maritano e I lontani. Nella cari-tà e nei poveri vede i «segni deitempi» che interpellano la cre-dibilità della Chiesa. Così nel vo-lumetto La parrocchia rileggequesta istituzione in chiave diservizio dei poveri: «Una par-rocchia senza poveri cos’è mai?Una casa senza bambini, forseanche più triste. Purtroppo ci sia-mo così abituati a case senzabambini e a chiese senza pove-ri, che abbiamo l’impressione distarci bene. I bambini scomoda-no, i poveri scomodano».

Il compito dei giovani

Ai giovani, che considera im-portanti in parrocchia e nella co-struzione della città, dedica Im-pegno con Cristo – la quarta edi-zione nel 1963 sarà dedicata aGiovanni XXIII, «parroco delmondo» –, un manuale di edu-cazione alla responsabilità civi-le e sociale. Scrive Mazzolari:«È mortificante la carità, che sug-gerisce a un giovane: basta chegli diate da mangiare per questasera. Vi dico che basta ancor me-no. Ma se voi ponete un limite di

questo genere o di altro genere al-la carità, se la riducete a un’as-sistenza materiale, se impediteal mio occhio di vedere “cielinuovi” e “terra nuova”, se mi to-gliete di arrischiare qualcosa dimio per questa novità che misplende nel cuore, non so chefarmene della vostra carità. Iovoglio una carità che mi impegnimente, cuore, sogno: che mi in-vada con la sua pietà, la qualegrida da ogni parte del mondocon il grido del Crocifisso: “Per-ché mi hai abbandonato?”. Èmortificante ogni carità che vuo-le togliermi il dovere della ri-volta verso un mondo che mol-tiplica l’infelicità. Molti posso-no mangiare, bere, ruminare edivertirsi in pace, perché non so-no straziati dalle voci del dolo-re. C’è ancora troppa gente chesi illude che basterà una leggeper regolare i guai di quaggiù,senza impegnarsi a fondo, senzaimpegnare la nostra coscienzacontro il nostro egoismo».

La prima e la seconda guer-ra mondiale, l’interventismo e ilpatriottismo lo inducono a spo-sare con audacia la scelta del-l’obiezione di coscienza alle ar-mi, che illustra in una serie di ar-ticoli in risposta ad alcuni que-siti sulla guerra e sul serviziomilitare posti da alcuni giovanidella Fuci, e poi nel libro Tu nonuccidere. Il volume, pronto nel1952, fu pubblicato da “La Lo-custa” nel 1955, dopo che varieditori avevano rifiutato la pub-blicazione: «Come cristiani do-vremmo essere davanti nellosforzo comune verso la pace.Davanti per vocazione, non perpaura, opponendoci a militari,politici e banchieri che sono isignori della guerra. Alcuni di-ranno che la nostra tesi sarà sfrut-tata dai comunisti. Noi crediamoche non sia una ragione valida ta-cere una cosa che si sente di do-ver dire perché può servire la te-si avversaria».

Pier Giuseppe Accornero

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I SUOI LIBRILe sue opere principali sono:– La più bella avventura (1934), – Il Samaritano (1938), – Tra l’argine e il bosco (1938), – La Via Crucis del povero (1939),– Tempo di credere (1941), – Impegno con Cristo (1943), – La samaritana (1944), – Il compagno Cristo (1945), – La pieve sull’argine (1952), – La parola che non passa (1954),– Tu non uccidere (1955), – La parrocchia (1957), – I preti sanno morire (1958).Titoli secchi, contenuti alti e forti perquei tempi, per la Chiesa e la società.

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Le raccomandazioni alla Chiesa di Dio

Dopo aver visto negli altri articoli le idee che ave-vano guidato Paolo nel-

la formazione delle diverse co-munità cristiane, diamo ora unosguardo alle sue preoccupazionipastorali. Prendiamo in conside-razioni quali furono le racco-mandazioni che Paolo fece allesue Chiese.

La prima è rivolta alla Chie-sa che è in Roma.

“Vi esorto dunque, fratelli, perla misericordia di Dio, ad offri-re i vostri corpi come sacrificiovivente, santo e gradito a Dio; èquesto il vostro culto spirituale”(Rm 12,1). È la raccomandazio-ne che Paolo rivolge ai cristianidi Roma, invitandoli a lodare Dionon solo con l’atto esterno del

culto ma con tutta la vita. Lostesso corpo per il cristiano èstrumento per lodare Dio e ogniscelta comportamentale è occa-sione di preghiera o di lontananzada Dio.

La seconda alla comunità diEfeso.

“È lui che ha stabilito alcunicome apostoli, altri come profe-ti, altri come evangelisti, altricome pastori e maestri, per ren-dere idonei i fratelli a compiereil ministero, al fine di edificare ilcorpo di Cristo” (Ef 4,11-12).Contro il rischio di chiusura in sestessi, presente nella comunitàdi Efeso, l’Apostolo raccoman-da di mettere i propri carismi adisposizione della Chiesa, perpoterla edificare e diffondere.

La terza concerne l’atteggia-mento che deve avere il vero pa-store.

Ai pastori piuttosto minima-listi, Paolo raccomanda la curadella propria preparazione, al fi-ne di guidare in modo santo esapiente la Chiesa di Dio: “Pro-ponendo queste cose ai fratellisarai un buon ministro di CristoGesù, nutrito come sei dalle pa-role della fede e della buona dot-trina che hai seguito. Rifiuta in-vece le favole profane, roba davecchierelle” (1 Tm 4,6-7).

Ancora rivolgendosi alla co-munità di Corinto, Paolo espri-me il suo pensiero riguardo allasolidarietà.

Era, infatti, usanza presso icristiani della comunità di Co-rinto ritrovarsi nell’appartamen-to di un credente per consumareil pasto “al sacco” con vivandeportate da casa e poi celebrarel’Eucaristia. Questo creava unasituazione paradossale tra la ce-

Anno Paolino

Paolo di Tarso e la Chiesa pri m

Dalla missione alla morte 45-49: – Paolo compie il primo viaggio missionario, accompagnato da Barna-ba. Tocca le regioni di Cipro, Perge, Antiochia di Pisidia, Licaonia, dove incontrauna forte ostilità da parte di altri Ebrei. La causa della discordia era il parere con-trario di Paolo sul fatto che i gentili, per diventare cristiani, dovessero passare at-traverso l’ebraismo, facendosi circoncidere, e solo dopo ricevere il battesimo.Questo causa l’incidente di Antiochia, ovvero il dissenso con Pietro che a sua vol-ta sosteneva il parere della sensibilità giudaica.

49-50: – Paolo è al Concilio di Gerusalemme. – Con l’editto di Claudio giudeie cristiani vengono espulsi da Roma.

49-52: – Paolo compie il secondo viaggio missionario. È il viaggio più impor-tante: Paolo predica in Europa e tiene il discorso all’Areopago di Atene. – Si con-suma la rottura con Barnaba, circa l’inclusione di Marco nella predicazione. Silaè il nuovo compagno di Paolo.

51: – Paolo è a Corinto dove incontra il proconsole Gallione. Questa è la soladata certa della biografia paolina, le altre sono ricavate da questa per estrapola-

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lebrazione dell’unità della Chie-sa attorno all’unico altare e laspaccatura dei ceti sociali che simanifestava con la diversità dicibo che variava dai pochi legu-mi dei poveri, fino alle grasse vi-vande dei ricchi. Inoltre, in se-guito a lauti pasti e brindisi traamici, la celebrazione eucaristi-ca avveniva spesso con evidentestato di ebbrezza di non pochi“fedeli”.

Paolo non poteva ammetterequesta contraddizione e non ri-sparmiò la sua raccomandazio-ne ed il suo prono rimprovero:“Quando dunque vi radunate in-sieme, il vostro non è più unmangiare la cena del Signore.Ciascuno infatti, quando parte-cipa alla cena, prende prima ilproprio pasto e così uno ha fa-me, l’altro è ubriaco. Non ave-te forse le vostre case per man-

giare e per bere? O volete get-tare il disprezzo sulla chiesa diDio e far vergognare chi non haniente? Che devo dirvi? Lodar-vi? In questo non vi lodo!” (1Cor 11,20-22). I versetti che se-guono sono il primo raccontoscritto, precedente cronologica-mente gli stessi Vangeli, riguar-dante l’ultima cena e l’istitu-zione dell’Eucaristia. Essa è pro-posta da Paolo come invito allasolidarietà e all’unità attorno al-la Pasqua di Cristo.

“Mi sono fatto tutto a tutti”

Potrebbe essere questa espres-sione della Prima Lettera ai Co-rinti la sintesi del ministero edella personalità di Paolo. La le-zione greca originale tois pàsingégona pànta usa il verbo ghi-nomai che esprime il divenire diuna situazione ed è usato per evo-care il cammino di fede come il“divenire credente”. Il terminepasin deriva dall’aggettivo pas,il quale in modo ambivalente puòsignificare “tutti”, inteso comecollettività e “ciascuno”, intesocome insieme delle individuali-tà. Parafrasando pertanto il ver-setto potremmo tradurre con laformula chiastica “per tutti sonodiventato ciascuno e per ciascu-no sono diventato tutti”.

L’Apostolo consumò così lasua vita, nel tentativo di essereutile a tutti e a ciascuno, susci-tando la fede con istruzioni, rac-comandazioni e rimproveri, al fi-ne di modellare il volto semprepiù armonioso e splendente del-l’unica Chiesa di Cristo.

Fabio Ferrario

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i mitiva /3

zione. – Incontra Aquila e Priscilla che fanno il “medesimo mestiere... fabbri-catori di tende ” (At 18,1-3). – Fonda la sua chiesa principale: Corinto.

53-58: – Paolo compie il terzo viaggio missionario in cui fonda la chiesa diEfeso. – Compie la visita in Asia ed incontra Apollo, passa per la Macedoniae va a Gerusalemme via Tiro. – A Gerusalemme vuole dimostrare che i gen-tili sono perfettamente cristiani. – Arrestato e condotto davanti al Sinedrio: gliebrei gerosolimitani ormai lo odiavano. – I Romani lo salvano trasferendolo aCesarea: Felice, governatore, vuole un compenso in denaro ma Paolo non ac-consente.

54-57: – Sosta a Efeso (cf Gal, 1-2 Cor e Rm).

58: – A Gerusalemme è arrestato e condotto in carcere a Cesarea, in custodiacautelare.

58-60: – Festo succede a Felice e riapre il processo a Paolo che si appellaal suo diritto romano e chiede di essere giudicato da Cesare Nerone (cf At 22,28).

60-68: – Paolo compie il suo ultimo viaggio a Roma (cf Fil e Fm) dove è te-nuto prigioniero fino alla condanna a morte per decapitazione, avvenuta nellazona delle Acque Salvie, dove oggi sorge, in sua memoria, la chiesa delle TreFontane.

L’Apostolo Paolo consumò la sua vita neltentativo di suscitare la fede in tutti, fi-no a rendere ciascuno simile al Cristocrocifisso e risorto.

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IPadri della Chiesa rappre-sentano un’epoca che non va ignorata, sia per il loro

prezioso patrimonio di fede, siaper la loro riflessione biblico-teo-logico-vitale, fonte perenne diogni autentica teologia.

Voler riassumere il loro con-tributo e il loro insegnamento nonè facile. Ci limitiamo a coglierei loro preziosi insegnamenti, per-ché in questo i Padri sono statimaestri ineguagliabili.

Oggi, non possiamo ritornarea ripetere le loro spiegazioni, poi-ché essi non avevano i validi stru-menti, che invece oggi la scien-za biblica moderna ha messo nel-le nostre mani, né possiamo ri-pristinare il metodo allegorico,che spesso ha abusato del testo sa-cro forzandolo a proprio piaci-mento. Quello che possiamo fa-re, invece, è di cogliere un aspet-

to luminoso della loro ricerca,ossia quello di porre al centro diogni interesse, approfondimentoe successivo sviluppo del pen-siero cristiano, la Parola di Dio.

La teologia patristica ha in-fatti per anima la Parola di Dio.Non è eccessivo dire che i Padrisono essenzialmente «gli inter-preti della Parola», «i commen-tatori dei libri sacri».1

La Bibbia per i Padri non è unsemplice libro di riferimento, ma«il libro» della loro vita, la via si-cura che li porta alla scoperta delmondo di Dio ed alla comunio-ne con lui. La loro formazioneteologica si basa sulla Scrittura:essa li penetra ed essi vi si intro-ducono come in un giardino se-greto, nel quale si muovono e vi-vono. I Padri, per riprendereun’espressione di Sant’Atanasio,«respirano la Scrittura»2 che di-

venta per loro il pane ed il nutri-mento della loro «quotidiana ru-minazione».3

Questo libro della loro for-mazione, essi lo commentano nel-le catechesi e nella predicazionealle loro comunità cristiane, ri-proponendo una lettura reinter-pretativa dell’evento salvificoconsegnato nelle Scritture allaloro situazione. Questo tentativometodologico è chiamato dai Pa-dri «senso spirituale».

La Scrittura letta in profondità

Lo scopo principale a cui ten-de l’interpretazione scritturale deiPadri è quello di raggiungere ilmessaggio che Dio ha rivelato al-l’uomo per mezzo delle Scrittu-re (cf DV 12). Questo risultatotuttavia si ottiene solo attraversouna diligente ricerca, una vigilepazienza, un silenzio umile e pie-no di fede.

La Bibbia ci introduce nel dia-logo con Dio. Essa però lo av-vierà solo in colui che ha pene-trato le sue ricchezze e compre-so le sue dimensioni, perché laBibbia, pur essendo un tesoropreziosissimo, è anche un tesoronascosto, le cui profondità si rag-giungono solo al termine di unlungo cammino accompagnatoda continua riflessione e pre-ghiera.

Severiano di Gabala († dopoil 408) siriano e famoso predi-catore per la sua eloquenza escienza biblica, nel commentareil passo di Giovanni 5,39: «Scru-tate le Scritture», dice: «Scruta-tele non con una lettura frivola,

Bibbia e Spiritualità

Il senso spiritu adella Scrittura

La Parola di Dio è la base della spiritualità cristiana, perché in essa è Dio che,mediante la Chiesa, parla all’uomo di ogni tempo.

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ma ricercate ed esaminate le pro-fondità dei loro detti. Dio, chein realtà ha messo a nostra di-sposizione le Scritture, ha na-scosto il senso delle sue parole:egli ci ha donato le Scritture, masenza svelarci la loro nascostainterpretazione; egli ha lasciatoquesta ricerca allo zelo discipli-nato dei nostri sforzi, per eser-citare la nostra intelligenza, co-sì che si possa verificare se noiserviamo le Scritture o se le usia-mo violenza».4

Così Clemente Alessandrino:«Ci sono buoni motivi per cui laScrittura nasconde il senso dellesue parole e questo anzitutto per-ché noi ricerchiamo e ci appli-chiamo a trovare il significatodelle parole di salvezza».5

Sant’Agostino scrive: «Iericomprendevi un poco, oggi com-prendi di più, domani compren-derai più ancora: la luce stessadi Dio cresce in te».6

La stessa cosa dirà GregorioMagno: «La Parola di Dio crescecon il suo lettore».7 Più ci si ad-dentra nei misteri della Parola piùsi è in grado di coglierne il sen-so. I Padri però, a più riprese, af-fermano che il senso ultimo e pie-no della Scrittura si raggiungesolo quando si realizzano deter-minate condizioni, a cui si rima-ne fedeli.

Una ricerca spirituale

I Padri, consapevoli che Dio ciparla attraverso il tessuto biblico(cf DV 12), compiono anzituttosul dato rivelato un lavoro ese-getico. Ma la loro esegesi, nono-stante che sia ricca di belle in-

tuizioni, a volte èassai carente delsenso storico,che sfugge loroper mancanza diconoscenze filo-logiche e insicu-rezza di metodo.In questo casoresta vana l’im-presa di penetra-re nel significatoprofondo e spi-rituale della Bib-bia: la loro ri-cerca è un insie-me di scacchi edi squarci di ge-nio.

Essa tuttavia,quando si è col-to il vero sensoletterale, non èsolo studio tec-nico, un valorizzare mezzi e ca-pacità umane aderenti alla veri-tà biblica, ma uno sbocciare sem-pre in una ricerca spirituale ap-profondita con quell’atteggia-mento di fede, di disponibilitàpiena allo Spirito, convinti chesolo questa presenza può apriregli animi all’intelligenza dellaScrittura e coglierne i segreti.

Ricorda Sant’Agostino che inun passo qualsiasi della Scrittu-ra, se noi non riusciamo a trova-re Gesù Cristo, noi restiamo ad unlivello inferiore del senso scrit-turale e quindi non abbiamo col-to il testo.8

La penetrazione cristiana del-la Scrittura, per i Padri cioè, ècercare Cristo, averlo come mo-dello nella vita di fede, con l’im-pegno di lasciarsi convertire eguidare da quella Parola che eglici dona. La loro intuizione bibli-ca fondamentale è il cristocen-trismo, è «il Figlio di Dio disse-minato nelle Scritture».9

Siamo ben lontani dall’aridi-tà e dal vuoto spirituale, per nondire teologico, di tanta esegesistorico-filologica moderna. Per iPadri, pastori di anime e preoc-

cupati di nutrire vitalmente i lo-ro fedeli, è spontaneo e familia-re il passaggio dall’esegesi cri-stologica, oggetto fondamenta-le della Scrittura, a quella ec-clesiologica e individuale, chetocca l’itinerario dell’anima ver-so Dio. In cima ai loro pensieric’è sempre la realizzazione del-l’uomo concreto, che sulla basedella Parola di Dio, deve essereben relazionato verso Dio e ver-so i fratelli.

Giorgio Zevini

1 AGOSTINO, De Trinitate 2, 1, 2: CCh 50,81, 3; Sermones 270, 3: PL 38, 1240.2 ATANASIO, Ep. ad Alr. 4: PG 26, 1036 B.3 GREGORIO MAGNO, Hom. in Ez. l, 5: PL76, 821 C.4 SEVERIANO, Sermone 7: ed.Venezia 1827,pp. 268. 270.5 CL. ALESSANDRINO, Stromates 6, 15, 126,1: GCS 495, 18.6 AGOSTINO, In Joh. trac. 14, 5: CCh 36,144, 34.7 GREGORIO MAGNO, Hom. in Ez. 1,7: PL76, 843 CD.8 Cf AGOSTINO, In Ps. 96, 2: PL 37, 1237;Serm. 160: PL 38, 876.9 IRENEO DI LIONE, Adv. Haer. 4, 20, 39,in W. W. HARVEY, II, Ridgewood 1965, p. 172.

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u ale

Nella Scrittura dobbiamo sempre trovare Cristo che rea-lizza per Sé il senso profondo del testo. I Padri della Chie-sa, avendo ben compreso questo livello di lettura, cerca-vano in tutta la Bibbia la presenza del divin Salvatore.

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L’INFERNO

Parliamo dell’Inferno per non andarci

La preghiera che Maria ha suggerito ai veggen-ti di Fatima, è molto appropriata per comprenderequesta sezione delle nostre celebrazioni: O Gesù mio,perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco del-l’Inferno e porta in cielo tutte le anime, specialmentele più bisognose della tua misericordia.

Il punto centrale della nostra riflessione è che Dioha creato l’uomo libero e responsabile e rispettaquindi le sue decisioni.

Il Paradiso o l’Inferno sono il capolinea natura-le della fine della nostra vita terrena. Siamo stati fe-deli o infedeli all’amore di Dio? Per Lui non ci so-no privilegiati a tutti i costi: bisogna adeguarsi aisuoi insegnamenti, è necessario accogliere la sua mi-sericordia, è oltremodo opportuno e convenientelasciarci amare da lui, qui e ora. Siamo in posses-so del passaporto valido per l’aldilà? Non bastaamare Dio, ci vuole assolutamente amore e mise-ricordia verso il nostro prossimo a cominciare dal-la propria famiglia.

Dio non bacchetta chi sta per peccare, egli ti av-visa, ti mette in guardia e fa di tutto per farti capi-re che stai sbagliando. Il Padre eterno non infieri-sce, non si sfoga sui peccatori, Egli usa sempre mi-sericordia, egli non sa altro che amare come amauna madre.

Come uno si costruisce l’Inferno

Alla domanda: “Come si concilia l’esistenza del-l’Inferno con l’infinita bontà di Dio?”. Il Catechi-smo della Chiesa Cattolica risponde: Dio, pur vo-lendo “che tutti abbiano modo di pentirsi” (2 Pt3,9), egli rispetta le decisio ni di ogni uomo. È l’uo-mo stesso che, in piena autonomia, si esclude vo-lontariamente dalla comunione con Dio se, fino almomento della propria morte, persiste nel peccatomortale, rifiutando l’amore misericordioso di Dio.(CCC supplemento n. 213).

Chi invece sta nell’amore di Dio, vive già ora lavita eterna beata. Infatti: “Chi crede nel Figlio Ge-sù ha la vita eterna”, dice il Signore (Gv 3,36; 6,47).E ancora: “Chi ascolta la mia parola e crede in Co-lui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non vaincontro al giudizio di condanna, ma è pas sato dal-la morte alla vita” (Gv 5,24).

Quelli che sono di Cristo Gesù hanno messo amorte le loro passioni e le opere del peccato: for-nicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stre-gonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, di-visioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose delgenere (Gal 5,18-25). Chi compie queste opere nonerediterà il regno di Dio, a meno che durante la suavita terrena egli si decida di convertirsi facendosbocciare i frutti dello Spirito che sono: amore, gio-ia, pace, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, do-minio di sé (Gal 5).

Preghiamo con il Salmo 1

Rit.: Chi segue me porterà frutti di vita eterna.Beato l’uomo che non segue il consiglio degli em-

pi, non indugia nella via dei peccatori e non sie-de in compagnia degli stolti; ma si compiacedella legge del Signore, la sua legge medita gior-no e notte. Rit.

Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua, chedarà frutto a suo tempo e le sue foglie non ca-dranno mai; riusciranno tutte le sue opere. Rit.

Non così, non così gli empi: ma come pula che il ven-to disperde. Il Signore veglia sul cammino deigiusti, ma la via degli empi andrà in rovina. Rit.

La nostra scelta

La Buona Novella di Gesù è un meravigliosoannuncio di vita nuova, ma che mette gli uditori difronte alla scelta del Bene o del Male, della salvezzao della perdizione, di Dio o di Mammona.

“Chi avrà detto empio a suo fratello, sarà con-dannato al fuoco della Geenna” (Mt 5,22).

In cammino verso le ultime realtà

Celebrazione

I Novissimi /13

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Alla domanda: «“Chi è il più grande nel Regnodei Cieli?”, Gesù dà due risposte. La prima: “Se nonvi convertirete e non diventerete come bambini,non entrerete nel Regno dei Cieli”.

La seconda: “Se la tua mano o il tuo piede ti èoccasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te;è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo,che avere due mani e due piedi ed essere gettato nelfuoco eterno. E se il tuo occhio ti è occasione di scan-dalo cavalo e gettalo via da te; è meglio per te en-trare nella vita con un occhio solo che avere due oc-chi ed essere gettato nella Geenna del fuoco” (Mt18,1-10).

Che cos’è l’Inferno?

Il vocabolo Inferno viene dal latino e vuol di-re “inferiore”, cioè luogo sotto terra. “Geenna”,dall’ebraico, vuole indicare “la valle di Ennom”,luogo di raccolta di rifiuti che venivano dati allefiamme.

Dunque la parola “Inferno” traduce il significa-to vero delle parole usate da Gesù: il Giudizio dicondanna, il Fuoco eterno che brucia e non consu-ma (Mt 18,8-9). Geenna è il luogo maledetto riser-vato a quelli che non entrano nel Regno dei Cieli,nel Regno della Vita.

L’appello di Gesù è appello alla conversione, al-

la vita, al Regno dei Cieli. Chi pertanto non lo ac-coglie e non fa suo il richiamo del Salvatore, co-stui si trova davanti alla sua scelta: l’Inferno, già daquesta vita terrena.

Uno se vuole può guadagnare tutto o perderetutto, uno può essere salvato o andare in perdizio-ne. Gesù è fortemente radicale nel suo annunzio, nonsi può tenere il piede in due staffe. La sua propo-sta è seria, non vi sono altre vie che si possano per-correre per salvarsi.

Egli è il Signore della vita: questo vale per tut-ti gli uomini. L’Inferno non è uno spauracchio perbambini. Ci vuole una decisione forte e coraggio-sa per il Signore. È necessario che Cristo regni neltuo cuore, altrimenti perdi tutto.

Egli non ci dà semplicemente delle informazio-ni su l’Inferno, egli non soddisfa le nostre curiosi-tà. Quando parla degli operatori di iniquità, e cioèdei peccatori, egli afferma che saranno gettati nel-la fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di den-ti» (Mt 13,42).

Gesù paragona i peccatori alla zizzania che cre-sce in mezzo al grano, ma che poi viene gettata nelfuoco.

Non vuole descrivere quale sarà il loro tormen-to, ma li mette in guardia perché non vi cadano, eallo stesso tempo presenta a loro i «giusti che splen-deranno come il sole nel Regno del Padre loro»(Mt 13,43).

E quando un tale gli pone il quesito: “Signore,sono pochi quelli che si salvano?”, Gesù non ri-sponde affatto alla domanda, ma insiste nell’an-nuncio di salvezza, perché vuole che tutti si salvi-no, e insiste dicendo: “Sforzatevi di entrare” (Lc13,23-24). Ognuno prenda in mano la sua respon-sabilità.

Quando Gesù mi parla è tutta la Sacra Scritturache mi istruisce e che mi mette davanti a questa re-altà: io stesso sono responsabile delle mie decisio-ni, non solo di quelle che riguardano l’oggi ma an-che per quella che concerne l’aldilà.

Oggi Gesù mi parla seriamente con l’amore delsuo Santo Spirito, perché oggi devo decidermi perlui, affinché non avvenga che io mi separi da lui persempre.

Preghiera

O Padre, per il tuo Amore, è nato dal più bel fioreintatto, l’uomo Gesù, il buon Pastore, l’inna-morato di questo mondo peccatore.

Non meno siamo cari a te, che tutti vuoi salvare incielo, dimmi: “Quanto hai sofferto presso la cro-ce insanguinata del tuo Diletto?”.

Don Timoteo Munari

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Rifiutando l’amore di Dio, l’uomo costruisce il suo infernogià su questa terra.

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Nel guardare indietro alla mia vita, ringrazio Dio per avermi posto accanto la musica come compagna di viaggio, che sempre mi ha offerto conforto e gioia.

Benedetto XVI in occasione del concerto per gli

80 anni del Papa (16-04-2007)

L’armonia del compositore russo Pëtr Il’ič Čajkov-skij è di tale delicatezza e

bellezza da coinvolgere anchel’ascoltatore più alieno. Ascol-tando l’ultima delle “Sei sinfo-nie”, nota con il nome di Pateti-ca, si ha veramente la sensazio-ne di una proiezione verso l’im-menso, di uno sguardo in un oriz-zonte diafano e purissimo, nelquale tuttavia è come palpabilela presenza di una nebbia che ar-resta il balzo verso l’infinito.

La formazione e i primi lavori

Nato a Votkinsk, il 7 mag-gio 1840 da un ingegnere e dauna pianista – che ebbero altricinque figli – fu iniziato allamusica dalla madre. Dopo unbreve impiego ministeriale aSan Pietroburgo, dove per vo-lere del padre si era iscritto al-la facoltà di legge, nel 1861 sidedicò totalmente alla musica,sua vera vocazione, iscriven-dosi al conservatorio della gran-de città. Tra i suoi maestri, An-ton Grigorevič Rubinštein(1829-1894), uno dei più bril-lanti pianisti e compositori delsuo tempo, fu quello che piùlo formò al gusto occidentaleromantico, contrapposto a quel-lo del “gruppo dei Cinque”,

volto alla ripresa della musica po-polare e nazionale russa. Ru-binštein intuì il superiore talentodel giovane Pëtr e nel 1865, co-me direttore del conservatorio diMosca, gli assegnò la cattedra diarmonia, incarico che egli man-tenne per dieci anni. L’avvenireera dunque assicurato, ma sul-l’animo del giovane gravavanoconflitti da cui non riusciva ad af-francarsi; la perdita della madre(1855), alla quale era profonda-mente attaccato, costituì una pro-va durissima; le privazioni eco-nomiche, provocate dai rovescifinanziari del padre, accentuaro-no il senso di instabilità emotivache era in lui una costante. Cad-de in preda ad una forma di vit-timismo che assunse talora gli

aspetti di un’autentica mania dipersecuzione, nonostante i nu-merosi attestati di stima prove-nuti dai suoi primi lavori. Nel1868 conobbe la cantante belgaDésirée Artot: la relazione ebbepresto fine, mettendo drammati-camente in evidenza le sue diffi-coltà affettive. A questo trava-gliato periodo seguì la prima fa-se di particolare fervore creativoin cui Čajkovskij compose il poe-ma sinfonico Destino (1868), laSeconda e la Terza sinfonia (1872-75) e la prima grande opera,Opri nik, tragedia ambientata nel-la Russia del Cinquecento, dovegrava la crudele ombra di Ivan ilTerribile (che non appare nel-l’opera) e la cui protagonista è laforte principessa Morozova ca-pace di tenere testa alla tremen-da opricnika, il corpo di guardiache opprime la Russia.

Il grande successo dell’opera(Teatro Marinskij di San Pietro-burgo, 1-4-1872), che pareva una

risposta in chiave occidentaleal patriottismo del Boris Go-dunov di Musorgskij, attizzò lapolemica con i Cinque, di cuiČajkovskij avversava il nazio-nalismo musicale. Ma le gran-di scene di massa, geniali e po-tentissime in Musorgskij, nontoccarono mai la sua ispira-zione, limitandosi ad una spet-tacolarità pomposa e solenne,dalla quale il suo animo subi-to si allontanò. La sua produ-zione, nell’ultimo terzo del-l’Ottocento, fu quindi deter-minante per la formazione diuno stile russo occidentale: in27 anni di attività teatrale, dal1865 al 1892, compose dieciopere, tre balletti e diverse mu-

Musica e Fede

Una barriera nell’infinito

Lo schiaccianoci a forma di soldati-no viene distrutto per dispetto da Fritz,fratello di Clara a cui è stato regala-to. Nella notte, la bambina fa un so-gno e la sua stanza si anima di mu-sica e ballerini.

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siche da camera. Iniziatore delballetto sinfonico, i valori dellasua melodia risiedono nella fe-nomenale capacità di tradurre insuoni le realtà psicologiche e glistati emotivi. Il suo talento cul-mina laddove si scoprono i sen-timenti del tragico e le passionipiù profonde e invincibili, oppu-re dove il suo dramma personaletrova più diretta manifestazionee partecipazione sonora (ad esem-pio nella Quarta, Quinta e Sestasinfonia). Nel 1876, durante ilviaggio a Bayreuth, la “città san-ta” del wagnerismo, Čajkovskijindirizzò il suo orientamento mu-sicale anche nell’area tedesca, fi-no a quel momento guidato dalmelodramma italiano, in partico-lare da Donizetti, Bellini e Verdi.

Nel 1877 si lasciò convincereal matrimonio, ma poche setti-mane dopo aveva già abbando-nato la moglie, Antonina Iva-novna. Questa esperienza lo por-tò sull’orlo della pazzia, e solol’amicizia con la ricca vedova Na-dežda von Meck, madre di dodi-ci figli, nella quale Čajkovskij vi-de un surrogato di madre, lo in-dusse ad accettare da lei un co-spicuo aiuto finanziario che glipermise di dedicarsi per il restodella vita alla composizione. Tra-scorse l’ultimo quindicennio viag-giando lungamente in Europa ein America. Questi viaggi, segnodi profonda inquietudine, indica-no il tormento dell’animo di que-sto Grande, al quale tanto l’uma-nità è debitrice. Forse, se avesseconosciuto Cristo, avrebbe trova-to la strada certa per la libertà daogni soggezione, e dalle spire sof-focanti di un’interiorità che nongli apparteneva. La sua vita sof-ferta dimostra come coscienzamorale e coscienza di fede pos-sono fondersi in un unico dise-gno di comportamento personalee collettivo, arduo ma possibile,il cui obiettivo è la pace, non co-me la dà il mondo, ma come la do-na Cristo (Gv 14,27).

La morte lo colse il 6 novem-

bre 1893, a San Pietroburgo, du-rante un’epidemia di colera. Nonmancano ancora oggi storici chesuppongono il suicidio.

I capolavori e lo stile

Ancora legati ai modi elegan-temente salottieri del primo pe-riodo creativo, pur appartenendoalla maturità compositiva, sono itre celebri balletti Il lago dei ci-gni (1876), La bella addormentata(1889) e lo Schiaccianoci (1892).L’orchestrazione perfetta e la me-lodia purissima fanno di questispartiti elementi inalienabili delpensiero umano. Allo stesso arcodi tempo risalgono le opere piùnote: Evgenij Oneghin (1878) eLa dama di picche (1890), oggicostantemente rappresentate. Lealtre sono meno note, ma altret-tanto affascinanti. Čajkovskij simantenne sempre fedele a un con-cetto aulico del linguaggio musi-cale, considerando irrinunciabileil canone della bellezza formaleal di là delle esigenze espressive.Mozart, Beethoven e gli italianiassumono ai suoi occhi il valorevincolante dei classici.

Le due opere maggiori costi-tuiscono capolavori del patrimo-

nio musicale di ogni tempo. En-trambe provengono da AleksandrPuškin (1799-1837), rispettiva-mente da un romanzo in versi eda una novella. In Evgenij One-ghin la figura indimenticabile èquella di Tatiana: la giovane, cheinsieme a madre e sorella condu-ce una vita agiata e amorfa, si in-namora di Oneghin; costui, irre-quieto e incostante, la respinge. Lasua instabilità lo condurrà ad unduello in cui uccide il rivale; do-po molti anni ritroverà Tatiana,sposa di un principe; capirà quan-to ha perduto in quella donna for-te e generosa, e comprenderà diamarla. Tatiana resta fedele al ma-rito e lo congeda per sempre.

Con la sua sensibilità profon-da, Tatiana è un tipico personag-gio della letteratura russa. Con lasua grande statura morale e for-za d’animo con cui nell’ultimoatto respinge Oneghin, assurge alrango di vera eroina. Lo stessovale nell’altra opera, con il per-sonaggio di Liza, appassionataprotagonista della Dama di pic-che, in cui il cinico ufficiale Her-mann sacrifica l’amore della fan-ciulla alla micidiale passione peril gioco. In quest’opera, conun’abilità melodica geniale, Čaj-kovskij denuncia il potere fataledelle carte (come di qualunquealtra dipendenza) che si abbattecome un fulmine sull’apatica vi-ta quotidiana di una società stan-ca ed inerte.

Gli studiosi si chiedono comeabbia fatto Čajkovskij a crearepersonaggi femminili dai senti-menti così nobili e profondi, cherisultano sempre più significatividei protagonisti maschili. Proba-bilmente ciò deriva dalla sensibi-lità acutissima del Maestro e dal-la sua capacità di leggere nellesofferenze nascoste del cuoreumano, come forse dalla co-scienza che solo l’amore di una fa-miglia avrebbe potuto dare unsenso alla sua vita gloriosa e inap-pagata.

Franco Careglio

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Čajkovskij eseguì lo Schiaccianocifra il 1891-92 su specifica richiesta deiregnanti russi.

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5. NUOVE FRONTIERE

5.2 Altre priorità: famiglia, comunicazionesociale, Europa

Una particolare attenzione va riservata alla si-tuazione attuale della famiglia che è il soggettooriginario dell’educazione e il primo luogo del-l’evangelizzazione. Particolare preoccupazione su-scita, in quasi tutti i contesti, la situazione della fa-miglia. Essa è minacciata non solo dal diffuso re-lativismo etico, ma anche da processi di delegitti-mazione istituzionale. Si giunge fino alla disgrega-zione e al riconoscimento di altre forme di unioni,con conseguenze gravi sul piano educativo, qualil’abbandono dei minori, le convivenze imposte, leviolenze intrafamiliari. Tutta la Chiesa ha preso co-scienza delle gravi difficoltà nelle quali essa si tro-va e avverte la necessità di offrire aiuti straordina-ri per la sua formazione, il suo sviluppo e l’eserci-zio responsabile del suo compito educativo. Perquesto anche noi siamo chiamati a fare in modoche la pastorale giovanile sia sempre più apertaalla pastorale familiare.

Ci sentiamo pure interpellati dalle nuove tec-nologie della comunicazione sociale e dalle sfideeducative che esse pongono. Le opportunità co-municative di oggi diventano per i giovani un mo-do abituale per incontrarsi, scambiare messaggi,partecipare con rapidità e mobilità, ma anche inmodo impersonale e virtuale. La cultura dei perso-nal media può compromettere la maturazione del-la capacità di relazione ed espone soprattutto i gio-vani al pericolo di incontri e dipendenze fortementenegative; è in questo “cortile” che dobbiamo farcipresenti per ascoltare, illuminare, orientare. Ab-biamo tuttavia consapevolezza che molteplici sonoi mondi virtuali abitati dai giovani e che non sem-pre siamo capaci di condividerli e di animarli permancanza di formazione, di tempo e di sensibilità.

Condividiamo la preoccupazione della Chie-sa per le sorti del Vangelo nel mondo occiden-

tale e, in particolar modo, in Europa. Si va in-fatti indebolendo sempre più il riferimento alle ra-dici cristiane che hanno contribuito alla identità delcontinente, ispirato pensiero, costume ed arte, orien-tato la storia dei popoli, arricchito la Chiesa displendide figure di santità, nutrito per secoli lo slan-cio missionario in tutto il mondo. In forza dell’in-terdipendenza tra i popoli, il destino dell’Europacoinvolge il mondo intero e diventa preoccupazio-ne della Chiesa universale. Si apre così una nuovafrontiera rispetto al passato; un invito a “rivolgereun’attenzione crescente all’educazione dei giovanialla fede” (Ecclesia in Europa n. 61).

Un salesiano grande innamorato di Maria Ausiliatrice

Padre Joaquín SÁENZ MARTÍNEZ* Logroño - España 16-08-1922† La Paz - Bolivia 27-02-2009

Il 27 febbraio celebrava la sua Pasqua il salesianoJoaquín SÁENZ MARTÍNEZ che in Bolivia è sta-to il grande diffusore della devozione a Maria Au-siliatrice. Il Padre Joaquín nacque in Logroño (pro-vincia Rioja-Spagna) il 16 agosto del 1922, profes-

Da mihi animas cetera tolle

INSERTOL’ADMA nel mondo

Il Padre Joaquín Saenz accanto al Nunzio apostolico.

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sò come salesiano il 16 agosto del 1941 e fu ordi-nato sacerdote il 29 giugno 1950.

“Qualis vita, finis ita”, la morte del giusto, lasoddisfazione del dovere e della missione compiu-ta, la conferma del detto paolino: “Ho combattutola buona battaglia, ho terminato la mia corsa, hoconservato la fede. Ora mi resta solo la corona digiustizia che il Signore, giusto giudice, mi conse-gnerà in quel giorno”. Sereno e cosciente fino al-la fine, con la piena certezza di camminare verso ilfelice incontro, con il pensiero fisso in Maria e losguardo sereno della Vergine Immacolata Ausilia-trice di Guadalupe che, sopra la parete laterale del-la sua camera, rivolgeva il suo sguardo verso il Pa-dre Joaquín. Circondato e accompagnato dai con-fratelli salesiani, che lo hanno confortato con tuttigli aiuti spirituali, ha vissuto in modo consapevoleil suo esodo pasquale, concelebrando l’Eucaristiadel Viatico e dell’Unzione degli Infermi e recitan-do con profonda devozione, per l’ultima volta, lapreghiera di consacrazione a Dio per le ma-ni di Maria Ausiliatrice. Le spoglie morta-li sono state esposte nella Basilica di MariaAusiliatrice circondate da fiori, corone, pre-ghiere, canti, ricordi, lacrime, rendimento digrazie a Dio per il dono della sua vita e del-la sua testimonianza. Una prima Eucaristiadi suffragio è stata celebrata dal nuovo nun-zio apostolico in Bolivia Mons. Giambatti-sta Diquatttro, anche come segno di rico-noscenza da parte della nunziatura per ilservizio reso per oltre 20 anni dal Padre Joa-quín come consigliere spirituale e confessoredi alcuni dei nunzi che si sono succedutinel tempo. I funerali sono stati presieduti dal-l’Arcivescovo di La Paz e successivamentela salma è stata trasferita a Cochabamba-Fátima-Don Bosco per essere sepolta nel“Giardino salesiano”, così com’era desiderio delPadre Joaquín.

Uomo fine, amabile, semplice, rispettoso; sa-cerdote pieno di fervore, zelante per la vita di gra-zia, confessore instancabile, al cui confessionale sisono rivolte migliaia di persone di ogni classe so-ciale, livello culturale e età. Ha sempre mantenutouna grande relazione con l’ADMA Primaria di To-rino, in particolare nella persona di Don Sebastia-no Viotti con il quale aveva stabilito una lunga e frut-tuosa amicizia.

Tra gli aspetti caratterizzanti questa promozio-ne del culto mariano e della diffusione della devo-zione all’Ausiliatrice ci piace ricordare:– il riconoscimento nell’anno 2000 della dichia-razione a Basilica Minore del santuario di Maria Au-siliatrice in La Paz;– la diffusione annuale del calendario con l’im-

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magine dell’Ausiliatrice. Questo calendario vienediffuso nelle case, nelle officine, nei negozi e que-st’anno ha avuto una tiratura di ben 170.000 esem-plari;– l’organizzazione del terzo Congresso Interna-zionale di Maria Ausiliatrice in Cochabamba nel1999;– la promozione dei gruppi ADMA in tutte le ope-re salesiane della Bolivia;– la nascita dei gruppi dell’ADMA GIOVANILEin diverse opere salesiane, giungendo a veder rea-lizzato il Primo Congresso Nazionale dell’ADMAGiovanile in Cochabamba nel giugno del 2008;– la pubblicazione mensile di una lettera Circola-re per i devoti di Maria Ausiliatrice.

L’AADDMMAA nel mondo

L’Adma di Potenza è una presenza attiva nella vivaceopera salesiana.

POTENZA (Italia). I giorni 28 febbraio e 1ºmarzo, su invito del Direttore, Don Italo Sammar-ro e della Famiglia Salesiana di Potenza, l’anima-tore Don Pier Luigi Cameroni ha incontrato sia laFamiglia Salesiana che il gruppo ADMA di questacittà, che vanta una vivace presenza salesiana. Nelcorso dell’anno pastorale diverse iniziative vengo-no infatti promosse e condivise dai diversi gruppie in questa occasione è stata chiesta una comuni-cazione che presentasse il ruolo di “Maria Ausi-liatrice in Don Bosco e nella sua azione educati-va”. Il gruppo ADMA con oltre 120 membri è pre-sieduto con grande passione e dinamicità dal Sig.Rocco Pecoraro e animato dal salesiano Don Vin-cenzo Adesso.

Don Pier Luigi Cameroni

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CASALPUSTERLENGO (LO)Santuario Madonna dei Cappuccini Frati Minori Cappuccini

Indirizzo: Piazza Cappuccini, 1Tel. 0377 84.880Diocesi: Lodi.Calendario: festa patronale il giorno del-l’Ascensione; inoltre, si festeggiano l’in-coronazione della Madonna nella pri-ma domenica di settembre; il 21 feb-braio, commemorazione della morte dipadre Carlo d’Abbiategrasso.

Il Santuario della Madonnadei Cappuccini venne fondatonel 1574 dal padre provincialeMattia Bellintani di Salò, dopole apparizioni della Madonna.Si racconta che nel XIV secoloun vasaio, che voleva modella-re una statua della Madonna,venne aiutato da uno scono-sciuto pellegrino e la posa inuna cappellina, detta di San Sal-vario, cioè del Santissimo Sal-vatore Gesù, che aveva custodi-to un antico simulacro della Ver-gine. Nel maggio del 1574, gli

abitanti di Casalpusterlengo, perquindici sere consecutive, vide-ro scendere dal cielo, sopra lacappellina, una processione difrati con le candele accese pervenerare l’immagine della Ver-gine. Tali fatti furono interpre-tati come segno esplicito che laVergine Maria desiderava che lasua statua fosse custodita in quelluogo dai frati Cappuccini. Al-la fine del 1576 i frati arrivaro-no veramente e costruirono San-tuario e convento.

Nei primi decenni del Sei-cento ebbe inizio la costruzionedel nuovo Santuario, che incor-porò la cappella della Madonna,con la nicchia sul lato destro.Cinquant’anni dopo l’appari-zione, il 5 novembre 1624, fuconsacrata la chiesa dedicata alSantissimo Salvatore e a SanFrancesco, che ebbe come festatitolare l’Ascensione.

All’interno troviamo la teladell’Ascensione di Battista Trot-ti del 1593 e la statua della Ver-gine che, rivestita di manto re-

gale, il 7 aprile 1780, venne so-lennemente incoronata. Ai latidell’altare della Vergine sorse-ro l’altare di San Giuseppe, asinistra, con una tela di PietroMaggi e, a destra, del primosanto cappuccino, San Felice daCantalice, raffigurato da Tom-maso Formenti, mentre ricevedalle mani della Madonna ilBambino Gesù. Sotto la voltadel Santuario si ammirano treaffreschi di Paolo Zambellini(1921), che rappresentano: il pel-legrino che completa la statuadella Madonna, mentre il vasa-io assiste meravigliato; nel ri-quadro centrale, l’apparizionedella Madonna e dei frati allagente di Casalpusterlengo; laMadonna che ritorna alla cap-pellina accompagnata dagli an-geli. Sulla parte interna dellafacciata si presenta un quadrodella Visitazione, di Ferdinan-do Brambilla; mentre l’altaredel Sacro Cuore con la statuadi Cristo morto è opera di Len-tignani.

Santuari mariani89

Santuari della Lombardi

L’accogliente area del Santuario della Madonna dei Capuccini a Casalpusterlengo.

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CASTELLEONE (CR)Santuario Santa Maria della Misericordia

Indirizzo: Piazzale Santuario Tel. 0374 58.577Diocesi: Cremona.Calendario: Le festività maggiori sonocelebrate nei giorni delle apparizioni,in particolare l’11 maggio, precedute dauna novena.Note: l’11 maggio ha sempre luogo unasuggestiva processione. Inoltre nel San-tuario il gruppo di preghiera di PadrePio si raduna una volta al mese.

Il Tempio si trova a 1,5 kmdall’abitato di Castelleone, rag-giungibile oltre l’arco trionfale.Nel maggio del 1511 la Madon-na è apparsa quattro volte a unapia vedova di Castelleone, Do-menica Zanenghetta. La Vergi-ne si è presentata assisa sul tron-co di un albero al quale la don-na si era appoggiata per piange-

re e pregare. Le apparizio-ni si verificarono dall’11 al14 maggio. La Madonnadiede un messaggio: pre-ghiera e penitenza, richie-dendo la costruzione di unSantuario con il titolo di«Santa Maria della Mise-ricordia». L’edificazionedella chiesa avvenne tra il1513 e il 1525.

Il Santuario primitivo,eretto da Agostino de’Fondutis, è ancora auten-tico, ha forme rinasci-mentali con tiburio d’ispi-

razione bramantesca lombarda.Meravigliosa la cupola. Suc-cessivi rifacimenti deturparonola purezza dello stile rinasci-mentale. Ma dopo gli ultimi re-stauri, il Santuario è tornato alsuo antico splendore.

Nel 1910 è stata aggiunta unaseconda arcata per dare maggio-re spazio ai pellegrini.

Il Santuario si presenta senzaaffreschi, ma ci sono diversi qua-dri, alcuni di firma ignota altridi pittori dell’inizio del Nove-cento.

Cristina Siccardi

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La statua lignea del XVI secolo della Madonna della Misericordia di Castelleone.Opera di Giovan Battista Maltempo.

Interno e veduta aerea del Santuario di Santa Maria della Misericordia. Ope-ra eseguita su disegno dell’architetto De Fondutis.

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La città di Ardesio, situata a 38 chilometri da Bergamo, nell’Alta Valle Seriana

Superiore, in un aperto pianorodove la Valle, superando il Serio,si restringe, nell’antichità era ri-nomata per le vene di argento(ormai esaurite) e per le ricchecave di marmo nero e rosato. Daqueste cave di ardesia deriva for-se il suo nome. Un’altra etimo-logia del nome si ricava pure dal-lo stemma del Comune che sot-to la nera Fenice, mitologico uc-cello che risorge dalle proprieceneri, porta il motto «Ardeo etRenascor» «Brucio e Risorgo»a ricordo di un incendio del pri-mitivo nucleo abitato, in locali-tà Balatroni con la frazione Usti-gno (da ustus = bruciato).

Al di là però delle vicendestoriche, la gloria di Ardesio èlegata allo stupendo Santuariosorto in seguito alla apparizionedella Madonna delle Grazie.

L’apparizione della Madonna

Nella casa di Marco Salera sitrova una stanza, chiamata deiSanti, fatta affrescare nel 1449da un pio Sacerdote con una se-rie di immagini sacre. Il gruppocentrale rappresenta il Crocifis-so con la Madonna Addolorata,San Giovanni Battista, San Gior-gio e Sant’Agostino, da un lato,e dall’altro Santa Maria Madda-lena, San Pietro, San Paolo e SanGiovanni Evangelista.

Questa stanza così decoratadimostra la grande fede di quelpio Sacerdote e la devozione del-la gente del luogo che si espri-me pure attraverso alle tante de-vote cappelle dedicate alla Ma-donna nei dintorni. La vita cri-stiana si svolge in un clima difede e di devozione che contri-buisce alla salvaguardia della dot-trina cattolica, in quegli anni in-sidiata dalle idee luterane e cal-

viniste che dalla Svizzera si dif-fondono nella Valle.

L’apparizione della Madonnain Ardesio è perciò sentita comeuna difesa della integrità dellafede cattolica di fronte alle ten-denze ereticali provenienti dalnord.

Oltre al padre Marco, la fa-miglia Salera è composta dallamadre Maddalena e dalle figlieMaria di 11 e Caterina di 7 an-ni. Non si conoscono le condi-zioni economiche della fami-glia; dai documenti si può ar-guire che possegga un mulino edei prati per la fienagione. Di-fatti, nell’imminenza del tem-porale, la mamma è preoccupa-ta per il fieno ancora sparso nelcampo. La signora Maddalenapoi, in una deposizione, parladi un mulino verso il quale è di-retta di primo mattino.

Nel tardo pomeriggio del 23giugno del 1607, dense nubi mi-nacciose scendono dalle monta-gne preannunciando un furiosotemporale. Spaventata e preoc-cupata per il raccolto, la mammamanda le due bambine ad im-plorare la Madonna, nella “Stan-za dei Santi”.

Mentre pregano, nell’oscuri-tà minacciosa del temporale, ledue bimbe vedono, ai piedi delCrocifisso, uno splendore ed ac-canto, su un trono d’oro, la Ver-gine Maria con in braccio il Fi-glio, in gesto di materno aiuto.

Come di incanto il vento sicalma, la furia del temporale sismorza, riappare il sereno in unmagnifico tramonto. Le bambi-ne urlano «La Madonna! La Ma-donna!». Accorrono i familiari,i vicini e si grida al miracolo.

Calendario Mariano

23 GIUGNO 1607 - APPARIZIONE DELLA MADONNA DELLE GRAZIE IN ARDE SI

Andiamo a ve

Interno del Santuario della Madonna della Grazie di Ardesio, i cui lavori inizia-rono nel 1608.

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La notizia si diffonde in unbaleno, la gente accorre: «è ap-parsa la Madonna nella casadei Salera in Ardesio, andiamoa vedere!».

La Vergine non parla! Il fattorimane isolato e non si ripetonosuccessive apparizioni. La Ma-donna si mostra una sola voltaai piedi del quadro della “Stan-za dei Santi”, ma fenomeni in-spiegabili si susseguono per tut-to il mese di giugno, luglio e par-te di agosto.

Il Parroco si preoccupa ed in-forma il Vescovo di Bergamo checostituisce, per esaminare il ca-so, un tribunale canonico, com-posto da un pubblico notaio, dadue sacerdoti e da altre ragguar-devoli persone in funzione di giu-rati. Il tribunale accerta le variedeposizioni dei testimoni, oraconservate nell’Archivio del San-tuario, quindi il Vescovo ricono-sce la realtà dei fatti, legittima il

culto e autorizza l’erezione diuna Cappella.

Il Santuario

Ottenuta la desiderata auto-rizzazione ad erigere una chiesain ricordo dell’apparizione, ilConsiglio Comunale, nella riu-nione del 13 gennaio 1608, de-stina la somma di 4.300 Lire im-periali per l’acquisto della casadi Marco Salera e di altre adia-centi che vengono demolite, men-tre la stanza dei Santi è tenutaintatta per formare la CappellaMaggiore della Chiesa.

Il 24 giugno 1608, con solen-ne processione, il Parroco DonGaffuri colloca la prima pietra,con la scritta su piombo, in lati-

no: «Nel giorno 24 giugno1608, essendo Papa Paolo V eDoge in Venezia Leonardo Do-nati, Vescovo di Bergamo Gio-vanni Battista Milani, la pri-ma pietra di questa Chiesa èposta per mano del sacerdoteAndrea Gaffuri, parroco».

I lavori procedono con so-lerzia. Il Comune, con deci-sione unanime «acciò dettaVergine Maria interceda pres-so Dio per questo Comune»,mette a disposizione i suoi bo-schi per il legname ed altresomme per pagare la mano-dopera. La popolazione pre-sta la sua collaborazione of-

frendo, a turno, una giornata dilavoro.

Già il 5 agosto 1608, finita laCappella dell’Altare Maggiore, ilParroco Don Gaffuri ha la gioiadi celebrare la prima Messa,quindi una seconda Messa so-lenne è celebrata dall’Arcipretedi Clusone. Questa data sarà ri-cordata con solennità fino al 1691,anno in cui la festa del Santua-rio viene fissata il 23 giugno,giorno dell’apparizione della Ma-donna.

L’anno seguente, con brevedel 27 gennaio 1609, il Papa Pao-lo V concede l’Indulgenza ple-naria a chi visita il Santuario nelgiorno dell’Annunciazione dellaBeataVergine Maria.

Con il tempo, l’amore dei fe-deli per la Madonna delle Gra-zie va crescendo con ricono-scenza, il Santuario si abbelliscedi innumerevoli opere d’arte, edil 24 giugno 1872, il Vescovo diBergamo Mons. Luigi Speranza,circondato dai Vescovi di Como,Cremona e Crema, procede allasolenne Incoronazione della de-vota immagine.

Don Mario Morra

1 Memoria intorno alla ProdigiosaApparizione e al Santuario della Ma-donna delle Grazie in Ardesio Corona-ta nell’anno 1872, Fiorano di Serio - P.Masserini 1913. Autori vari: Il Santuario di Ardesio, Ro-vetta (BG), 1986.

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DE SIO (BG)1

vedere!

Dipinto della Crocifissione che sovrasta l’altar maggiore del Santuario.

Semplice e solenne è la costruzione del Santuario di Ardesio.

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San Zefirino (199-217)

Romano di origine, ha un pon-tificato molto turbato a causa siadi lotte teologiche interne, siaper gli editti di persecuzione del-l’imperatore Settimio Severo.

Tra le eresie che iniziano asvilupparsi nella Chiesa, la piùpreoccupante è quella chiamatamonarchianismo, la quale so-stiene che il Padre, il Figlio e loSpirito Santo non sono personedistinte tra loro, ma soltanto deimodi di manifestarsi della me-desima essenza divina. Viene co-sì difesa l’unità di Dio ed il suoassoluto (monarchico) governosu tutte le cose celesti e terrestri,ma viene negata la trinità dellePersone uguali e distinte.

Riprende poi pe-santemente la perse-cuzione dell’impera-tore Settimio Severo,convinto che la reli-gione cristiana costi-tuisca un pericolo perla stabilità dell’ordi-namento statale.

Numerosissime so-no le vittime della per-secuzione che colpi-sce anche i catecume-ni ed i neofiti non so-lo a Roma, ma anchea Cartagine, ad Ales-sandria ed in altre cit-tà dell’impero.

Zefirino è il primo

Papa ad essere sepolto nel cimi-tero di San Callisto sulla via Ap-pia.

San Callisto I (217-222)

Secondo la testimonianza diIppolito, Callisto è uno schiavoincaricato dal suo padrone cri-stiano dell’amministrazione diuna banca. Avendo perduto il de-naro di alcuni risparmiatori e di-sturbato una riunione degli ebreinella loro sinagoga, finisce peressere condannato ai lavori for-zati nelle miniere di Sardegna.

Rimesso in libertà, grazie al-l’intervento di Marcia, una fa-vorita dell’imperatore Commodo,rientra in Italia, è ordinato dia-cono dal Papa ed incaricato del-la gestione delle catacombe.

Il suo pontificato dura solocinque anni, ma è ricordato per

Centro diDocumentazione

Storia illustrata dei Papi

I Papi della prima mdel terzo secolo

Papa Zefirino combattél’eresia che negava lapresenza di tre personeall’interno dell’unità diDio.

San Callisto legò il suo nome alle celebri Catacombe sulla Via Appia Anticache ancor oggi sono visitate da centinaia di migliaia di pellegrini ogni anno.

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aver condannato alcuni movi-menti ereticali e confermato lafede nella unità e trinità di Dio.La Chiesa celebra la sua memo-ria il 14 ottobre.

Sant’Urbano I (222-230)

Poche sono le notizie certeche lo riguardano. Il suo ponti-ficato di otto anni si svolge du-rante l’impero di Alessandro Se-vero in un clima di pace e di tol-leranza verso i cristiani.

San Ponziano (230-235)

Nato a Roma, è amareggia-to dallo scisma di Ippolito, pre-te romano che si è ribellato già

ai tempi di Papa Callisto, al qua-le rimproverava una eccessivaclemenza verso gli eretici ed ipubblici peccatori. Condanna-to all’esilio in Sardegna, muo-re dopo soli cinque anni di pon-tificato.

Mario Morra

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COMUNITÀ DI BOSE

LETTURE PER OGNI GIORNOEditrice Elledici, pagine 735, € 25,00

Ogni giorno una lettura edificante,assecondando il ritmo della litur-gia delle ore e seguendo il calen-dario liturgico. Brani scelti dalla co-munità monastica di Bose che han-no selezionato tanti autori religio-si e no mentre trattano in profon-dità e grande sensibilità esperien-ze di vita volte a cercare Dio, conun amore pratico e vissuto, perun’intensa spiritualità e vita interiore. Un’opportunità in più per me-ditare e nutrire l’anima e il pensiero, per ricaricarsi ogni giorno de-dicandosi a piacevoli quanto confortanti letture.

a metà

Papa Urbano I poté rafforzare la presenza della Chiesa grazie

al clima di tolleranza che si sviluppòsotto il dominio dell’imperatore

Alessandro Severo.

Papa Ponziano, venne esiliato in Sardegna e successivamente sepolto nella cripta dei Papi delle Catacombe di San Callisto.

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Sprizzava gioia solo a veder-lo: un ragazzino lieto e simpatico, dallo sguardo

intelligente e buono. Era nato aPianello del Lario (Como) il 26aprile 1878 – 130 anni fa – quan-do in paese era ancora parrocoDon Carlo Coppini.

È il secondo figlio di Natalee Domenica Mazzucchi. Al bat-tesimo lo chiamano Alessandro,in omaggio al nonno paterno chevive in casa. Sarà Sandrino perfamiliari e amici. Quando ha treanni, a Pianello giunge un par-roco eccezionale, Don LuigiGuanella, che era stato allievo diDon Bosco e Salesiano per qual-che anno.

È un bambino vivace, San-drino, ma la sua fanciullezza èpiena di lutti: perde la sorellamaggiore, ancora bambina, quin-di il padre Natale, quando ha so-lo sette anni. Rimane in casa conla mamma e il fratello più gio-vane di lui, Leonardo, cui sarà

molto legato. La sua famiglia,all’inizio benestante, aveva per-so molti dei suoi beni per aiuta-re un parente, finito in fallimen-to. Così, per vivere gestivano inpaese un negozio con trattoria.

Un ragazzo comune...

Un ambiente cui non manca-no difficoltà di lavoro e di vita.Ma Sandrino cresce sereno, aiu-tato dalla forte e dolce educa-zione cristiana che gli viene dal-la mamma amatissima e dal par-roco Don Guanella. Fin dall’ini-zio è preso dall’amore per Gesùche dominerà tutta la sua vita.

A 5 anni, è maturo per anda-re a scuola dalla brava maestradel paese Giuseppina Lombardi.A otto anni, supera gli esami diterza elementare con ammira-zione del direttore didattico diComo, venuto ad interrogarlo.La mamma gli raccomanda di

studiare: lui, guardandola con isuoi occhi sereni e spalancati co-me per lo stupore di sempre nuo-ve scoperte, ride di gusto: unalettura sola gli basta per appren-dere benissimo la lezione. Im-para a scrivere per gioco, cor-rettamente tanto con la mano de-stra che con la sinistra, e ci ridesopra, assai divertito.

A scuola, i compagni lo chia-mano “grembiulone”, perché por-ta addosso, come tutti loro e co-me divisa scolastica, il grembiu-le, solo che questo è sempre unpo’ largo per la sua personcina.Ma Sandrino accetta gli scherzisenza adombrarsi, anzi rispon-dendo con altri scherzi innocen-ti. Sta volentieri con i compagnie gioca con loro. Ama disegna-re: sono disegni semplici e gen-tili, case, giardini, monti, perso-ne e spesso chiese e cappelle conchierichetti.

In questo ambiente così co-mune sboccia la bontà lieta e at-tiva di Sandrino, sul quale testi-monieranno la mamma, il fratel-lo minore Leonardo, il parrocoDon Luigi Guanella, i suoi edu-catori di Pianello e di Como. Isuoi compagni di scuola, inter-rogati molti anni dopo, ricorde-ranno ancora con freschezza ilsuo volto luminoso e il suo stiledi ragazzo esemplare.

... ma straordinario

Il suo biografo G. Tamburel-li, (nel libro Alessandro Maz-zucchi, Edizioni Paoline, Bari,1933, ristampato nel 1961) scri-ve di lui: “Era di fisionomia aper-ta, di costituzione piuttosto gra-

Santi di ieri e di oggi

Dodici anni per

Alessandrino tenuto per mano dal fratello sacerdote nell’affresco del nuovoMuseo Don Guanella di Como.

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cile; un bel viso pieno di cando-re; gli occhi grandi, ridenti e se-reni che ti guardavano con at-tenta ingenuità; vi traspariva lasua innocenza e intelligenza noncomune, l’affettuosità tenera ecalda”.

Su queste doti precoci di in-telligenza e di bontà, s’innesta-no subito le più belle virtù cri-stiane portate sempre più innan-zi dalla Grazia santificante che glidà la fisionomia di un piccoloGesù, con la sua intensa pre-ghiera, la sua purezza, la caritàteologale verso Dio e verso ilprossimo. Subito è indicato aglialtri, quando passa per il paese:“Chi è quel bambino? È Sandri-no Mazzucchi!”. Un vero segnodella presenza di Dio, in mezzoagli altri. Tocca il cuore di tuttiil suo stile di gioia e di singola-re bellezza interiore.

L’ambiente con negozio e trat-toria preoccupa la sua mammache lo tiene il più possibile lon-tano dal locale e gli consiglia di-starsene in casa tranquillo e rac-colto. Sandrino cresce forman-dosi una coscienza davvero cri-stiana: Don Luigi Guanella, suoparroco (oggi “beato”) è il suomodello sulla terra; San LuigiGonzaga (1568-1591) è il suo mo-dello in cielo. Alla loro scuola,impara a controllarsi, a evitare

pericoli e a crescere sulle ormedi Gesù.

Ai suoi tempi, un’educazioneaustera portava a ritardare la 1ªComunione (non era ancora ve-nuto S. Pio X) e a condurre spes-so le anime alla Confessione.Sandrino, andato a scuola a cin-que anni, viene preparato ad ac-costarsi alla Confessione tutti imesi: la sua sensibilità religiosae morale matura intensamente,nel clima dolce e forte portato aPianello da Don Guanella. Quan-do finalmente può accostarsi aricevere Gesù nella Comunione,oh sì, allora è festa grande per lui:sarà l’intimo amico di Gesù persempre!

Ha un senso profondo di Dio,lo sente vicino – come davveroè vicino, anzi intimo nella vitadella Grazia santificante – e gliparla nella preghiera a lungo,ogni giorno. Chiede soprattuttodi evitare il peccato e di cresce-re nell’amore per Lui. Quasi sen-za accorgersene, diventa maestrodi preghiera per i suoi fratellini,suscitando, qualche volta, la be-nevola ironia di qualche adultoche lo chiama “pretino”.

Ma Sandrino va avanti per lasua strada: si sente in compagniadegli angeli, dei santi e della Ma-donna, che chiama “Mamma”.Vive già, sulla terra, tra i suoimonti, come in Paradiso: Gesù,nel Tabernacolo, è il suo Paradi-so. Il fratello Leonardo (nato nel1883) ricordava come un giornogli avesse insegnato la Salve Re-gina in latino: lui 4-5 anni, San-drino 9-10, già maestro di latino.Leonardo diventerà sacerdoteguanelliano, con molti incarichidi responsabilità nella Congre-gazione.

La passione per la Messa

Molto presto Don Guanellachiama Sandrino nel gruppo deisuoi chierichetti in parrocchia.Impara a servire Messa, rispon-

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er Gesù

Alessandrino Mazzucchi1878 -1890

Don Guanella, alla cui spiritualitàcrebbe il giovane Alessandrino.

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dendo in latino, e ad entusia-smarsi fino alle lacrime per lapresenza di Gesù, Sacerdote eVittima, sull’altare. Non mancamai ai suoi turni di servizio, an-che nei giorni feriali, quando laMessa viene celebrata prestissi-mo: d’estate alle quattro.

Veramente dormirebbe vo-

lentieri, ma scongiura la mammaperché lo svegli, perché lui a tut-ti i costi dev’essere presente adun avvenimento tanto grandequal è il Sacrificio di Gesù.

Come gli ha insegnato DonGuanella con diverse spiegazio-ni, risponde in un latino quasiperfetto e sa persino salmodiarein latino ai Vespri della domeni-ca e all’ufficio dei defunti. È lapresenza di Gesù che lo rapisce.Don Guanella lo osserva al ca-techismo, attento e sempre pron-to a domandare per saperne dipiù, a spiegare e ripetere ai com-pagni che non hanno capito. Lovede all’oratorio, allegro, vivace,simpatico: corre, ride, scherza,gioca a pallone con mirabile de-strezza nell’ampio prato presso lachiesa parrocchiale.

La gente commenta: “Sandri-no ha un’aria particolare; è un

ragazzo che ha dello straordina-rio!”. Anche Don Guanella logiudica così: quel ragazzo chegli serve la Messa, inginocchia-to sui gradini dell’altare, tuttofervoroso, è proprio straordina-rio. Un giorno, dopo una lumi-nosa predica sulla Messa e sulsacerdozio ordinato appunto per

la Messa, Don Guanella si fermaun momento con Sandrino, si to-glie il tricorno dal capo e lo po-ne sulla sua testolina, doman-dandogli: “Ti piacerebbe così?Ti piacerebbe farti prete?”.

Giunto a casa, racconta tuttoalla mamma: “Oh, se potessi far-mi prete... celebrare anch’io laSanta Messa, come Don Luigi!”.Piange di gioia. Così, il 26 apri-le 1888, Sandrino entra nella Pic-cola Casa della Divina Provvi-denza, fondata a Como da DonGuanella stesso. È il primo se-minarista che inaugura l’Istitutodi Don Guanella. Lì studia conprofitto e cresce nelle virtù, pen-sando di poter salire l’altare quan-do giungerà la sua ora. Per dueanni, quella è la sua casa, di cuisarà il primo angelo, destinato adiventare un modello per quelliche sarebbero entrati dopo di lui.

Piccolo seminarista

Si distingue e si fa voler beneper la sua allegria e amabilità,per l’amore grandissimo a GesùEucaristico, che adora ogni gior-no, a lungo, davanti al Taberna-colo. È pieno di carità verso i sof-ferenti ospitati nella casa. Per in-vito di Don Guanella, fa ogni me-se il “pio esercizio della buonamorte”, scegliendo come giornoil 21 di ogni mese, in onore diSan Luigi Gonzaga. Confida aDon Guanella: “Come mi piace-rebbe morire come morì San Lui-gi, nel giorno della sua festa!”.

Il 21 giugno 1890, festa di SanLuigi e onomastico di Don Gua-nella, viene da Pianello a Comola sua mamma a fargli visita, maSandrino preferisce mangiare conun compagno malato, Lino Cro-sta, per fargli compagnia. Dopopranzo, va a giocare sull’altale-na, in cortile. C’è un clima di fe-sta quel giorno. Sandrino, per unimprovviso capogiro, cade dal-l’altalena e batte con la testa sulsuolo. Privo di sensi, riceve l’as-soluzione da Don Guanella, quin-di va incontro a Dio la sera diquello stesso giorno, sacro al suomodello San Luigi, come avevadesiderato.

Sepolto tra il pianto grandedel suo Istituto e della sua par-rocchia, nel cimitero di Pianello,dal dicembre 2007 riposa a Co-mo nel Santuario del Sacro Cuo-re, vicino al fratello Don Leo-nardo Mazzucchi.

Don Guanella aveva soffertomoltissimo per quella sua morteprematura, lo ricordava spesso ene parlava con vivo rimpiantoproponendolo a modello: “Ah,era proprio un fiorellino eletto eil Signore se l’è portato in Para-diso. Sia fatta la sua volontà”. Neaveva dettato l’epigrafe per latomba e il biografo già citatocommenta: “Lì un santo sintetiz-za vita e virtù di un altro santo”.

Paolo RissoP.za Umberto I, 30 - 14055 Costigliole d’Asti (AT)

Tomba dei fratelli Mazzucchi all’interno del Santuario

del Sacro Cuore di Como.

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Carissimi amici,

Il mese di maggio è ormai al-la fine e certamente in que-sto mese ognuno di noi ha

saputo dare alle sue giornatequell’impronta mariana che ca-ratterizza la nostra spiritualitàcristiana. Guardando a Maria co-gliamo però con chiarezza cheella ci conduce a Cristo, indicaLui come punto di riferimentodella nostra vita e ci invita a se-

guirlo ripetendoci costantemen-te: “Fate quello che vi dirà” (Gv2,5). Il mese di giugno orienta ilnostro sguardo verso la personadi Gesù, rivelatosi come “SacroCuore”: “Ecco quel cuore chetanto ha amato gli uomini”. Ladevozione al Sacro Cuore vuolecelebrare la grandezza dell’amore

di Dio per ognuno di noi. Dio ciha amato dall’eternità, non c’èstato un momento nell’eternitàche Dio non abbia pensato a noie non abbia amato ciascuno dinoi, dice infatti la Parola di Dio:“Ti ho amato di amore eterno”(Ger 31,3). Per noi Dio si è fat-to uomo, è vissuto con noi e inmezzo a noi, rinunciando al suoonore, alla sua stessa vita fino amorire in Croce. E come se nonbastasse aver dato la sua vita, ciha anche lasciato se stesso nelsacramento dell’Eucaristia perrestare sempre con noi e farsi no-stro cibo: “Ecco, io sono con voitutti i giorni, fino alla fine delmondo” (Mt 28,20). È forte nelnostro cuore l’anelito alla felici-tà, ma questa suppone l’appaga-mento di tutti i nostri desideri,mortificati dalla instabilità dellecose. Il più profondo desiderio èquello di amare ed essere amati.Per questo ci si tuffa spesso sututto ciò che sembra colmare que-sto vuoto di amore, ma se ne ri-mane scottati perché l’amoreumano, così limitato e volubile,le cose, il successo, il prestigio...non ci appagano pienamente. Ge-sù ci presenta il suo Cuore comesede del vero amore, di un amo-re perenne; ci rivela che solo inquesto amore noi possiamo tro-vare la felicità di cui siamo tan-to assetati, “il nostro cuore è in-quieto, finché non riposa in te”ci ricorda Sant’Agostino. Ma tut-to questo a un patto: che ci po-niamo in sintonia con la volon-tà del Padre. Non è il Signoreche ha bisogno di noi, ma noiche senza il suo amore, e la re-denzione che ci ha regalato, re-steremmo chiusi nei nostri limi-

ti, nelle nostre paure, nelle nostreangosce. Siamo invitati a non es-sere indifferenti a questo amore.

Il mese di giugno vedrà an-che l’inizio dell’«Anno sacerdo-tale», indetto dal Papa per ricor-dare il Santo Curato d’Ars, mo-dello e patrono dei sacerdoti.Senza sacerdoti non c’è l’Euca-ristia, non c’è il sacramento delperdono, non c’è la predicazio-ne della Parola di Dio, non c’è laricchezza di quell’amore che Ge-sù ci ha manifestato con la suacroce e la sua risurrezione. Perquesto dobbiamo pregare per levocazioni sacerdotali. La voce diCristo possa raggiungere il cuo-re di tanti giovani. Un caro salutoe un ricordo in Basilica.

Don Franco LottoRettore

La pagina del Rettore

GESÙ è semprecon noi

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06 MA-giu.2009-impaginato 19-05-2009 11:08 Pagina 31

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Ringrazio. FIRMA _________________________________________________________________________

SOMMARIOFOTO DI COPERTINA:

O glorioso San Pietro, ottienicila grazia di una fede viva chenon abbia timore di palesarsiapertamente nella sua integritàe nelle sue manifestazioni.Impetraci vero attaccamento alla nostra Santa Madre Chiesa,fa’ che ci teniamo sinceramenteuniti al Romano Pontefice, l'erede della tua fede, della tuaautorità, unico vero Capo visibile della Chiesa Cattolica.Fa’ che seguiamo docili gli ammaestramenti e i consiglie ne osserviamo i precetti, al fine di poter giungere un giorno all'eterno premio del Cielo.

2 Un’immagine di Chiesa - Gesù rac-conta il Padre - MARIO GALIZZI

4 MatteoI Dodici - BENEDETTO XVI

6 Maria, di speranza fontana vivaceSpiritualità mariana - M. SCUDU

9 Don Primo Mazzolari - Testimoni - PIER GIUSEPPE ACCORNERO

12 Paolo e la Chiesa primitiva/3 Anno paolino - FABIO FERRARIO

14 Il senso spirituale della Scrittura -Bibbia e Spiritualità - GIORGIO ZEVINI

16 I novissimi /13 Celebrazione - TIMOTEO MUNARI

18 Una barriera nell’infinitoMusica e Fede - FRANCO CAREGLIO

20 Da mihi animas - L’Adma nel mon-do - DON PIER LUIGI CAMERONI

22 Santuari della Lombardia/5 - San-tuari mariani/89 - CRISTINA SICCARDI

24 Madonna delle Grazie di ArdesioCalendario mariano - MARIO MORRA

26 Storia illustrata dei Papi - Centrodi Documentazione - MARIO MORRA

28 Dodici anni per Gesù - Santi di ieri e di oggi - PAOLO RISSO

31 Gesù è sempre con noi - La pa-gina del Rettore - FRANCO LOTTO

Altre foto:Teofilo Molaro - Archivio Rivista - Archivio «Dimensioni Nuove» - Centro Documentazione Mariana - Re-dazione ADMA - Guerrino Pera - Andreas Lothar - Gabriele Viviani - Mario Notario - ICP - Ed. Elledici.

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