rivolta n°1 anno 2
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Il Giornale del Liceo Scientifico A. Volta di FoggiaTRANSCRIPT
la scuola... cosi' e' se vi pareIn quest'anno di novità e di inizio di una nuova dirigenza cogliamo l'occasione, anche se in ritardo, per dare
il benvenuto alla nuova dirigente e per augurarLe ed augurarci un sereno e proficuo svolgimento dell'anno sco-
lastico in corso. Questo è ciò che ci ha detto la preside quando siamo andati a intervistarla...
Innanzitutto preside, cosa ci può
del suo nuovo istituto, dopo 18 anni
in cui la scuola è stata guidata dal
preside Mauriello?
Svolgere la funzione dirigenziale
presso il liceo scientifico “A. Volta” è
per me motivo di onore. Mi auguro
di essere adeguatamente coadiuvata
da tutto il personale scolastico, dagli
studenti e dalle famiglie.
L’inizio di quest’anno è stato ca-
ratterizzato da un episodio in par-
ticolare. Cosa ci può dire a
riguardo?
Si è trattato di un grava episodio,
frutto di disattenzione e di immatu-
rità da parte del ragazzo che ha com-
piuto un gesto scriteriato. La scuola
ha saputo rispondere in maniera
tempestiva ed adeguata, richiedendo
l’immediato intervento delle forze
dell’ordine affinchè il colpevole fosse
immediatamente individuato. D’altro
canto il consiglio di classe ha prov-
veduto a sanzionare il comporta-
mento dello studente, sperando
comunque in una possibile quanto
auspicabile riabilitazione.
Cosa pensa dei docenti, degli stu-
denti e dell’istituto in sé?
Penso che i docenti siano tra i più ac-
creditati del territorio, così dicasi per
il personale ATA. Gli studenti, poi,
sono certamente motivati allo studio
e molto educati e garbati nei com-
portamenti. Tutti requisiti, questi,
per il successo scolastico.
Cosa può dire ai ragazzi che hanno
manifestato per tutto lo scorso
anno e anche nell’anno corrente
contro la riforma Gelmini?
Sono per la libertà di pensiero e di
manifestazione. Ciò che conta è che
non si strumentalizzino particolari
situazioni, al solo fine di omogeneiz-
zarsi nella massa. La scuola deve svi-
luppare una autenticità di pensiero
critico, vero sale della democrazia.
Quali pensa debbano essere i prov-
vedimenti da attuare in ambito
scolastico?
In ambito scolastico applicheremo la
normativa in vigore, attueremo la ri-
forma della scuola secondaria supe-
riore e ne trarremo sicuramente i
frutti per rendere sempre più com-
petitivo il titolo di studi acquisito a
fine del percorso liceale che, dal
prossimo anno, dovrebbe anche pre-
vedere accanto al liceo scientifico or-
dina mentale, anche l’indirizzo
scientifico-tecnologico. Ciò che a noi
sta a cuore è migliorare la didattica
laboratoriale.
gianmarco saurino
istruzioni per i lettori di giornale
di Horst bienekVerificate ogni parola
verificate ogni riga
non dimenticate mai
con una tesi
è possibile
esprimere anche l’antitesi.
Diffidate dei titoli
scritti in grassetto
nascondono le cose più impor-
tanti
diffidate degli articoli di fondo
delle inserzioni
delle quotazioni
delle lettere al direttore
e delle interviste di fine setti-
mana
anche i sondaggi di opinione
sono manipolati
le notizie varie escogitate
da redattori furbette.
Diffidate della terza pagina
delle critiche teatrali, i libri
per lo più sono migliori dei loro
recensori
leggete quello che loro hanno
sottaciuto
diffidate anche dei poeti
in loro tutto suona
più bello, anche più atemporale
ma non è più vero,né più giusto.
Non prelevate niente senza
averlo verificato
Né le parole né le cose
né il conto e neppure la bici-
cletta
né il latte e neppure l’aragosta
né l’uva e neppure la neve
afferratelo, assaggiatelo,rigiratelo
da tutte le parti
mettetelo fra i denti come una
moneta
resiste? Ne siete contenti?
Il fuoco è ancora fuoco
e il fogliame fogliame
l’aereo è aereo e la rivolta rivolta
una rosa è ancora una rosa?
non smettete mai
di diffidare dei vostri giornali
anche quando cambiano i redat-
tori
o i governi. Rivolta... Il solito giornalino scola-
stico (che poi tanto scontato non è)
scritto da alunni per la scuola ma
pagato dagli stessi ideatori... Sbaglio
o qualcosa non quadra? L’esperienza
dell’anno scorso ci aveva coinvolto,
così anche se l’economia non tira e la
scuola “a quanto pare “ non fa ecce-
zione, ci siamo “rimboccati le mani-
che”, abbiamo aguzzato l’ingegno ed
ecco l’idea geniale: autotassarci . Che
senso di libertà dà l’autonomia e il
non dover chiedere MA… C’è sem-
pre un MA… I conti non tornavano
e conta e riconta la cifra restava
sempre troppo alta, non c’era il de-
naro per pagare la stampa e non
solo... Come fare? Eliminiamo il gra-
fico ma conta e riconta la cifra resta
troppo alta. Sperimentiamoci nella
composizione del menabò e chie-
diamo solo il costo della stampa. La
cifra sembrava più ragionevole an-
corché alta... A questo punto vi chie-
derete forse dove abbiamo trovato
quel gruzzoletto di monete che in-
sieme alla buona volontà ci ha con-
sentito di lavorare. Sicché anche
quest’anno il giornale è sotto i vostri
occhi... Magia! Si trattava SOLO di
cercare un mecenate disponibile a fi-
nanziare il giornalino redatto da un
povero gruppo di scellerati… Ed
ecco l’illuminazione: voce
gentile,occhi dolci ed una sola do-
manda: “Papà per caso conosci qual-
cuno che potrebbe aiutarci a
realizzare il nostro giornalino pre-
standoci qualche sommetta di de-
naro per pagarlo?” Cambio di
intonazione, più da intellettuale”Sai
la crisi economica ha provocato
grandi disagi e sia noi che la nostra
scuola ha perso tutte le sue ingenti
ricchezze”… Domanda inconsueta?
Probabile... Ma una cosa è certa: la ri-
chiesta fatta al paziente genitore è
stata accolta e alcuni finanziatori
sono caduti nella nostra rete e il
giornalino è nelle vostre mani... Sap-
piamo che non è perfetto,sappiamo
che l’aiuto di un giornalista e di
esperti avrebbe giovato al nostro
prodotto e ci scusiamo per gli even-
tuali errori e le numerose imperfe-
zioni. Ma credeteci: lo abbiamo
fatto tutto da soli.
annalisa longo
ancora rivolta
RiVolta non finisce qui. Abbiamo inten-zione di proseguire la nostra avventuraaperta a coloro che vogliono viaggiare connoi. Chiunque abbia idee, argomenti da
esporre, aiuti da elargire può contattare la redazione di RiVoltapersonalmente (ci trovate tutti i giorni, dalle 8.30 alle 13.20 nellanostra sede principale) o inviare articoli, spunti, riflessioni, sugge-rimenti, partecipare a forum,nonché trovare copia del giornale, agliindirizzi:http://www.voltaerivolta.com [email protected]
DIRETTORE
COORDINAMENTO EDITORIALE
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REDAZIONE
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IMPAGINAZIONE
Dimitri Vitale
STAMPA
Tipografia Cappetta
anno2>numero1
Chiuso in redazione
giovedì 10 dicembre 2009
la scuola che vorreiDa una breve inchiesta...
Per qualcuno la scuola va bene così.
Maggiori fondi per le attività.
Migliore gestione dei fondi statali, da
non incentrare solamente sugli IDEI.
Maggiore interattività e più tempo
da dedicare a discussioni con i pro-
fessori su temi vari
svecchiamento del rapporto fra
alunni e insegnanti nonché dei mezzi
per l'apprendimento (zaini di 20 kg
nell'era dei computer).
Maggiore utilizzo delle strutture già
presenti e abbandonate a loro stesse
sottoporre i professori a test che ac-
certino la loro idoneità a trattare con
la componente umana
scuola a tempo pieno (con inter-
vallo) e abolizione dello studio a
casa.
Informazioni sulla Politica, la sua sto-
ria e le sue motivazioni nonché sulle
istituzioni e il loro funzionamento.
Maggiori informazioni sull'orienta-
mento e stage per reali collegamenti
col mondo del lavoro.
Conoscenza della realtà economica e
politica della propria regione e del
proprio paese.
Ampia scelta di corsi extracurricu-
lari: giornalismo, musica, teatro, arti
manuali, cucina, ricamo, Economia
domestica, sessuologia (corso di
prima educazione con accesso a corsi
di galateo per gli alunni – richiesta di
un docente).
Corsi di approfondimento prope-
deutici all’approfondimento delle di-
scipline più richieste in ambito
universitario.
Per le aule: armadietto contenente
almeno gli oggetti indispensabili per
il normale svolgimento delle Lezioni
(vocabolari, fogli ecc.) per evitare di
caricare gli alunni con ulteriori pesi,
aule dotate di computer.
Presenza di un intervallo.
Organizzazione delle ore in modo da
lasciare il sabato libero.
Giorgio castriota
skanderbegh
La nostra scuola è stata scenario, a
fine ottobre, di un incidente al-
quanto increscioso, che ha determi-
nato la diffamazione della stessa e del
ragazzo protagonista.
Di conseguenza, dopo tutto quello
che abbiamo letto e sentito tramite
i mass media locali e nazionali, noi
studenti del Liceo Scientifico
“A.Volta” vogliamo fare chiarezza
sull’accaduto, intervistando Vin-
cenzo Maddalena, il feritore.
Allora Vincenzo, ci puoi descrivere
dettagliatamente cosa è successo in
quella sfortunata mattinata?
“Volentieri” -afferma Maddalena-
“stavo rimettendo in ordine i libri
che avevo sul banco e riponendoli in
cartella, per fare spazio ho dovuto
togliere la valigetta della pistola, pog-
giandola sul banco. In seguito l’ho
aperta perché mi ero ricordato che
c’era un colpo in canna. Per evitare
incidenti, temendo che qualche altra
persona la prendesse e, ignaro che
fosse carica e sparasse, ho deciso di
scaricare l’ultimo piombino, l’unico
metodo per farlo nelle pistole ad aria
compressa, è sparare. Ho aperto la fi-
nestra, ho mirato verso l’asfalto sot-
tostante e ho fatto fuoco.
Incosapevole di quello che era suc-
cesso, ho chiuso la finestra e ho ripo-
sto l’arma sotto il banco. Il
rappresentante della nostra classe mi
aspettava dietro la porta per chiu-
derla, poiché tutta la classe si era già
avviata verso l’aula magna dell'Isti-
tuto per assistere alla visione di un
filmato. Poiché l'aula era occupata,
nel tragitto per spostarci in un'altra
aula video, siamo stati fermati dal vi-
cepreside, che ha chiesto le chiavi
della nostra classe al rappresentan-
tedi classe' senza spiegarcene le ra-
gioni. Fermo presso la cattedra dei
collaboratori scolastici all’ingresso,
ho notato, seduto e silenzioso, un ra-
gazzo che sanguinava leggermente.
Gli ho subito ho chiesto cosa gli
fosse accaduto, la risposta mi ha
spiazzato del tutto. Mi ha detto di
essere stato probabilmente colpito
dal piombino di una pistola,mentre
,all'esterno della scuola,sostava sotto
la tettoia del corridoio che collega la
palestra all’Istituto. Confuso e in-
quieto, in un primo momento ho
pensato che qualcuno si fosse im-
possessato della mia pistola e avesse
sparato al ragazzo; ma chi avrebbe
potuto farlo visto che la nostra aula
era stata chiusa, e che soprattutto la
nostra classe era riunita al com-
pleto.Appena giunti in aula video ci
fu ordinato di non uscire per nessun
motivo poiché i Carabinieri,giunti
immediatamente, ci avrebbero inter-
rogato tempestivamente. Dopo i
primi tre compagni di classe, sono
stato chiamato io . L'interrogatorio è
stato lungo e la verbalizzazione delle
mie dichiarazioni è avvenuta in que-
stura. le forze dell’ordine hanno sta-
bilito che si era trattato di un vero e
proprio incidente, che il piombino,
che era stato sparato per terra, era a
sua volta rimbalzato e aveva colpito
accidentalmente il ragazzo.”
Vincenzo, sinceramente, cosa si
prova ad essere “famosi” triste-
mente?
“È stato tutt’altro che piacevole, ov-
viamente. Ma aldilà del mio errore,
mi ha deluso profondamente essere
stato additato come “bullo” o come
protagonista di una “sparatoria” in
stile far west, da quasi tutti i mass
media, e in particolare da giornali lo-
cali come l’Attacco, evidentemente
solo in cerca di scoop e non di vere
e proprie notizie. E così il pensiero
della gente è stato influenzato nega-
tivamente, perché so che s’è parlato
quasi ovunque dell’accaduto, anche
nel mio paese (Troia n.d.r.) e solo le
persone veramente informate sui
fatti mi hanno “difeso”. Ovviamente
nei limiti del possibile, poiché lo am-
metto, l’errore c’è stato e di certo non
era da trattare con leggerezza.”
Ti saresti punito?
“Si, perché ho sbagliato” –è la rispo-
sta secca del ragazzo, che scuotendo
la testa continua- “ poiché mi rendo
conto che ciò che è successo avrebbe
potuto avere risvolti molto più gravi,
a partire dai danni fisici al ragazzo
che ho accidentalmente colpito.”
E cosa ne pensi della punizione che
hai ricevuto? Dei quindici giorni di
sospensione e del lavoro “social-
mente utile” che svolgi nel frat-
tempo?
“A parer mio, è stata la più giusta pu-
nizione che mi potessero assegnare.
Ho avuto la possibilità di non per-
dere giorni effettivi di scuola, poiché
risulto assente dalle lezioni ma pre-
sente nell’istituto. In più ho avuto la
possibilità di conoscere il personale
scolastico, in particolare la Preside e
il professor Amorico, che si sono da
subito dimostrati comprensivi e di-
sponibili nell’aiutarmi nel reintegro
scolastico. Tuttavia mi ha deluso il
comportamento di alcuni professori
interni all’istituto, che esagerando
l’incidente e vestendo i panni di
“moralizzatori” chiedevano la mia
espulsione da tutte le scuole d’Italia
o comunque una punizione molto
più forte.”
Ti sei reso conto della pubblicità
negativa che hai fatto alla classe,
che viene addirittura additata
dalle matricolette dell’istituto?
“Sinceramente, e penso di parlare
anche a nome dei miei compagni di
classe, il pensiero infantile delle “ma-
tricolette” non ha nessuna impor-
tanza, poiché è dettato da una
informazione totalmente o parzial-
mente distorta. Spero che leggendo
questa intervista si rendano conto
che l’atteggiamento assunto finora è
stato sbagliato e superificiale”.
In conclusione, Vincenzo, ti vorrei
chiedere se hai avuto modo di con-
frontarti e chiarirti con il ragazzo
vittima dell’incidente.
“Certo, sentivo di doverlo fare. Ap-
pena ho avuto modo, ci siamo incon-
trati a Troia, essendo un mio
compaesano, e gli ho chiesto scusa
per il danno fisico e morale che gli
ho procurato. Quello che mi ha stu-
pito positivamente è stata la com-
prensione, sia da parte del ragazzo
che da parte della sua famiglia, e ciò
mi ha fatto ancor più mortificare per
avergli fatto del male”.
Vuoi aggiungere qualcos’altro?
“Penso l’intervista parli da sé, e spero
che facendo capire a tutti la dina-
mica dell’accaduto, si possa final-
mente chiudere questo brutto
capitolo della mia vita, di quella del
ragazzo e della storia della nostra
scuola.”
tommaso moscatelli
g.c.s.
Il recente lutto che hacolpito la famiglia delnostro compagno Nuri
Spanjolli ci fa obbligo diriflettere, pur nella tri-stezza del momento,sulle nostre azioni e
sulla necessità di mag-giore responsabilità dicui farci carico. Resta ilmomento attuale che è
quello del lutto e del do-lore a cui ci associamo ea cui partecipiamo as-
sieme alla famiglia.
la redazione
Intervista a vincenzo-Al caponeil ragazzo con la pistola
nota della redazioneDai commenti che si potranno leg-
gere nelle pagine seguenti, si evince
chiaramente come le opinioni sul-
l'accaduto siano divergenti:
per alcuni la punizione è stata
troppo mite, per altri giusta.
Poiché è impossibile chiarire gli av-
venimenti e noi crediamo che i
fatti, così come spiegato chiara-
mente dal professor Panebianco (v.
Le pagine seguenti), per essere tali
debbano essere comunque raccon-
tati e quindi raccontati variamente,
riteniamo che valga sempre il con-
cetto di giustizia come carità e che
qualunque tipo di giustizia, che
non voglia configurarsi come giu-
stizialismo, debba mirare al recu-
pero di chi sbaglia.
Tuttavia non pochi per noi, sono
stati i dubbi di peccare di eccessivo
garantismo e buonismo, soprat-
tutto alla luce di atteggiamenti su-
perficiali e leggeri, che anche negli
ultimi giorni hanno causato un tra-
gico incidente e tuttavia speriamo
che un minimo di riflessione, non
solo su quello che è accaduto, ma
su quello che sarebbe potuto acca-
dere, possa agire da correttivo su
chi troppo facilmente si perdona, si
auto-assolve e si chiama fuori dalle
proprie responsabilità.
Con l'augurio che nessun altro
gesto inconsulto possa causare ac-
cidenti irreparabili.
Umberto personale ATA
“Da anni imparo a conoscere tutti i
ragazzi che frequentano questa
scuola. Conosco bene anche il prota-
gonista dell'episodio: un bravo ra-
gazzo, di buona famiglia,
educato..per questo nel suo gesto ri-
conosco solo una grande superficia-
lità, sono sicuro delle sue buone
intenzioni. Si è trattato di un inci-
dente e bene che non sia finito in tra-
gedia.
Comunque bisogna onorare il com-
portamento corretto della scuola,
prontissima ad informare le forze
dell'ordine.
Per quanto riguarda la punizione, ri-
tengo che sia stata più che giusta,
Vincenzo è stato un ottimo collabo-
ratore, sempre disponibile. Ha dimo-
strato di aver capito la gravità
dell'azione ed è stata un'esperienza
formativa anche per capire cosa la-
vora alla base dell'organizzazione di
una scuola al di là delle lezioni.”
Prof.ssa Bernardinetti
“È un episodio che va ricondotto al
contesto scolastico in cui non si fa vi-
vere ai ragazzi l'importanza della le-
galità. Si è perso il senso del rispetto
delle norme e la trasgressione è di-
ventata ormai all'ordine del giorno,
anche per eventi che fanno meno
“rumore” , come un telefonino ac-
ceso durante la lezione o il fumo in
bagno, e per questo quasi trascura-
bili. Ritengo che la sanzione inflitta
al ragazzo sia stata utile per una sua
riflessione e comprensione dell'er-
rore, ma soprattutto esemplare per
coloro che trasgrediscono.”
Anonimo
“C'è stata una paurosa disinforma-
zione. Sono state date troppe ver-
sioni della vicenda ed è difficile
risalire alla verità; tuttavia da ciò che
è stato ritenuto più attendibile,
penso che l'azione sia stata dettata
solo da leggerezza. Non ci si aspetta
questa superficialità da un ragazzo di
vent'anni, forse non si rende ancora
conto delle responsabilità delle sue
azioni e spero che la punizione gli sia
stata d'aiuto.”
Luca II D
“Sono venuto a conoscenza dei fatti
per voci di corridoio, non sono bene
informato ma conosco il ragazzo e
credo sia stata solo una bravata. La
punizione è stata anche eccessiva
data la fortunata conclusione, bene
che non sia andata peggio al ferito.”
Alfonso IV D
“Vogliamo chiamarla bravata, ragaz-
zata...è stata solo una cretinata che ha
rovinato il nome della scuola, da
sempre seria e che ospita studenti
modello. Sono amareggiato dal fatto
che studenti di altre scuole possano
ora guardarci con occhio diverso. La
pena è stata troppo leggera, io avrei
proposto una sospensione a tempo
più prolungato.”
Prof.ssa Spada
“È un fatto di estrema gravità che ha
anche gettato fango sull'immagine
della scuola. Non la ritengo una bra-
vata in quanto stiamo parlando di un
vent'enne, non di un ragazzino, che
dovrebbe avere consapevolezza delle
proprie azioni, dunque non escludo
che si sia trattato di una forma di
bullismo. Dopotutto deteneva
un'arma!
La sanzione è stata a mio parere
troppo soft, l'avrei espulso da tutte
le scuole come esempio di rispetto
delle regole; non credo che un po' di
“lavoro sociale” gli abbia fatto impa-
rare la lezione. E chi ci assicura che
non accada nuovamente un episodio
del genere con conseguenze magari
più gravi?!”
Giuseppe V F
“Hanno fatto troppo rumore per poi
non prendere provvedimenti seri.
fabrizia romeo
una pagina nera
ciak... si giraIl giorno 12 novembre la classe V E
che per tre anni ha seguito il pro-
getto Donatello cinema, ha parteci-
pato alla prima giornata del XIV
convegno nazionale dell' Agis a
Roma. L'AGIS è l'ente preposto a
tutte le attività di spettacolo (teatro,
cinema, musica...). Si è trattato di
una full immersion in un mondo
nuovo che ci sembra tanto lontano,
quello dello spettacolo. In realtà si
tratta della nostra quotidianità, della
nostra storia, messa in scena molte
volte per renderla comprensibile.
Luciana della Fornace, presidentessa
dell'Ente, dopo averci permesso di
entrare, ci ha fatto sedere ai piedi dei
direttori regionali e dei presidi poi-
ché la saletta del convegno era già
tutta occupata. Quasi subito è stato
proiettato un cortometraggio diretto
da Zeffirelli per promuovere il turi-
smo a Roma che aveva come prota-
gonisti l’attrice Monica Bellucci e il
cantante Andrea Bocelli e che alter-
nava alla vista splendida di alcune
delle piazze e dei monumenti più
belli di Roma, spezzoni di film fa-
mosi da Fellini ad altri registi noti.
Nota curiosa è che, in quella sede ab-
biamo appreso che Roma è la più
grande città europea, addirittura Pa-
rigi è dodici volte più piccola, Lon-
dra poco più piccola.
Tematica centrale della mattinata, la
Storia: la sua importanza per capire
il nostro modo di agire, di pensare,
nonostante l'impossibilità di rico-
struirla e leggerla in modo oggettivo
ed esaustivo. Impossibile raccontare
i fatti passati e presenti senza tenere
conto di una serie di informazioni,
tra le molteplici disponibili, selezio-
nate da singoli studiosi, in base alla
rilevanza del tutto soggettiva delle
stesse per chi le esamina. Impossi-
bile, quindi una ricostruzione ogget-
tiva, compito degli storici è
avvicinarsi il più possibile alla verità,
salvo revisioni se si presentano ele-
menti nuovi da considerare.
Erano presenti anche Luigi Magni,
Franco Nero, Enzo G. Castellari e il
presidente dell’ANEC Paolo Protti
che ha prodotto e fatto visionare un
cortometraggio sulla memoria sto-
rica delle sale cinematografiche al
centro delle città e sulla loro spari-
zione a favore delle multisale.
Passaggio importante quello di Carlo
Verdone che, a detta di tutti, si è ri-
velato molto più profondo di quanto
non siano i personaggi dei suoi film,
anche nell'argomentare il suo pros-
simo sceneggiato che sarà nelle sale
a gennaio.
Infine visione un anteprima nazio-
nale dopo il Festival di Roma, del
film (500) giorni insieme, prima
opera dell'americano Marc Webb e
già successo in America. Rientro a
Foggia entro la mezzanotte.
f.r.
Il giorno 13\11\09 a Bari presso la
fiera del Levante si è tenuta una gior-
nata dedicata all'orientamento uni-
versitario.
Treno regionale 7,55, arrivo a Bari
alle 10 circa.
Autobus direzione fiera preso alle
10,15 con arrivo al Campus dopo 15
minuti.
Dopo la registrazione di ogni singolo
studente e dopo la consegna del
braccialetto per avere accesso al
campus gli studenti provenienti da
tutta Italia hanno iniziato il loro giro
all'interno dell'edificio diviso in tre
sezioni: rosso, blu e gialla.
Gli studenti del Volta hanno parte-
cipato a scelta alle conferenze delle
11 e delle 12.
Successivamente tutti gli studenti
hanno fatto un giro nell'edificio per
raccogliere informazioni, attraverso i
rappresentanti delle varie università
e vari opuscoli che presentavano le
offerte formative e i piani di studio.
Attraverso questa esperienza molti
di noi si sono fatti un'idea esaustiva
delle varie opportunità che le uni-
versità Italiane propongono.
Alcuni, già avendo le idee chiare
sulla facoltà da prendere, hanno
scelto la città nella quale frequentare
l'università.
L'organizzazione non era delle mi-
gliori, in quanto all'interno della fiera
la folla che si accalcava dinanzi gli
stand non permetteva ad alcuni stu-
denti di ricevere informazioni.
Diverse facoltà non avevano suffi-
cienti opuscoli e questo non ha per-
messo ad alcuni di essere informati
in modo efficiente.
Dopo una breve pausa pranzo e una
passeggiata siamo tornati in stazione
e siamo partiti per Foggia con arrivo
alle ore 15.44.
gianmarco d'urso
francesco mammola
il travaglio dei disorientati
Cosa hanno in comune uno studente
di 18 anni e un dottorando di 30
anni? Apparentemente nulla. Pro-
fondamente diverso il loro percorso
formativo, diverse le materie da stu-
diare, diversi i anche i costi legati allo
studio. Il 17 novembre quindi, gior-
nata internazionale per il diritto allo
studio, lo studente medio e il dotto-
rando hanno condiviso la stessa mo-
bilitazione, hanno trovato un punto
di
contatto su due aspetti: l'opposi-
zione di ispirazione sociale alle
nuove leggi governative che puntano
alla riorganizzazione amministrativa
e didattica (riforma Gelmini n.d.r)
quale elemento di giustificazione po-
litica dei tagli finanziari e l'uscita dal
precariato. Con il pretesto di creare
uno sbarramento sociale atto a creare
competitività esasperata, aumento
dei costi del sapere creando vere e
proprie barriere all'accesso, al vin-
colo del ceto familiare nelle politiche
di welfare.
Una manifestazione con tali motiva-
zioni, quindi, dovrebbe coinvolgere
tutta, o quasi, la popolazione legata
in qualche modo al mondo della
scuola, ma purtroppo come tutto, da
noi è stato preso con superficialità.
Della nostra scuola si è registrata una
scarsissima partecipazione al corteo
che ha percorso una parte della no-
stra città, e in seguito, al sit-in tenu-
tosi innanzi alla provincia nuova.
Questo ha fatto dispiacere gli orga-
nizzatori e noi rappresentati d'Isi-
tuto, poiché dopo così tanto lavoro
per tentare una maggior informa-
zione, con lo scopo di coinvolgere un
sempre più grande numero di stu-
denti, avere un risultato così è mor-
tificante. Ma d'altronde si sa, lo
sciopero, oggi, non è più un motivo
per lottare per i propri diritti, ma
una bella occasione di farsi una pas-
seggiata al Multisala con gli amici.
t.m.
che bello... di nuovo sciopero
Dataico Albertin, fratello di Sami, di madre finalndese e padre italiano. La famiglia ha vinto il ricorso presso la Corte
di Strasburgo per l’eliminazione del Crocifisso dagli uffici pubblici.
Ma sarà proprio vero che l’abito non fa il monaco???Vero è che le teorie di Lombroso sembrerebbero confermarlo... mah!!!
Ne abbiamo trovate di peggiori ma non ci regge lo stomaco di pubblicarle.
Grazie Europa, tu sì che sai difendere la laicità e le minoranze!Corte di Strasburgo
La corte è formata da tanti giudici quanti sono gli Stati Parte della Convenzione dei diritti dell’uomo. E’ divisa in
quattro sezioni, all’interno di ogni sezione sette giudici risolvono i casi davanti alla corte.
La corte europea non risolve inderogabilmente ogni margine di ambiguità dei rapporti tra paesi differenti ma stabilisce
un quadro di riferimento entro cui i giudici comuni sono chiamati a muoversi.
Sicché in un’eventuale contenzioso tra un cittadino che abbia avuto risolto il caso davanti alla corte di Strasburgo e
un tribunale italiano il giudice cui è affidato il processo deve tener conto della sentenza della corte europea.
religione-religioni a scuolaTutto nasce il 23 Luglio 2002
quando la signora Soile Laustri ri-
corre ad un tribunale italiano per-
ché vengano tolti i Crocifissi dalle
aule della scuola pubblica di Abano
Terme, poiché essi costituirebbero
un ostacolo alla cultura laica alla
luce della quale sono stati educati i
suoi due figli.
Dopo numerosi ricorsi, il 13 Feb-
braio 2006, il Consiglio di Stato re-
spinge nuovamente il ricorso,
poiché ritiene che il Crocifisso rap-
presenti i valori della vita civile.
Ma poche settimane fa, la Corte
Europea di Strasburgo ha espresso
un’altra sentenza; ordina di togliere
qualsiasi riferimento religioso dai
luoghi pubblici.
Da sempre nel corso della storia si è
ricorso a dei simboli per rappresen-
tare qualcosa o esprimere un con-
cetto; il Crocifisso è un simbolo
universale, portatore di ideali quali
il rispetto, la fratellanza, l’ugua-
glianza, valori che a prescindere se
uno sia credente o meno, vanno ap-
prezzati e praticati.
La cosa davvero contestabile è il
pretesto utilizzato dalla signora, in
rappresentanza del suo gruppo di
atei, per eliminare ogni simbolo re-
ligioso nei luoghi pubblici; infatti il
giovane Sami Albertin, figlio di Sail,
«si sentiva osservato» dagli occhi dei
crocifissi appesi nella sua classe.
La Corte di Strasburgo afferma che
il crocifisso "lede la libertà religiosa
degli alunni e rappresenta una vio-
lazione dei genitori ad educare i
figli secondo le loro convinzioni".
Ma io mi chiedo, può un crocifisso
interferire sulla psicologia di un
non credente?
Ai loro occhi non dovrebbe appa-
rire come 2 pezzi di legno incrociati
tra loro?
“Lo Stato e la Chiesa cattolica
sono, ciascuno nel proprio ordine,
indipendenti e sovrani. I loro rap-
porti sono regolati dai Patti Latera-
nensi. Le modificazioni dei Patti,
accettate dalle due parti, non ri-
chiedono procedimento di revi-
sione costituzionale.” Pertanto
l’affissione del Crocifisso non è im-
posta per legge ma è espressione di
libera volontà.
In uno stato laico anche la cultura
deve essere laica, ma ciò non sem-
pre accade. Infati una disciplina
come la Religione e per religione si
intende la religione cattolica, pre-
suppone una totalità di studenti
cattolici. E’ vero che chi non pro-
fessa questa religione può chiedere
l’esonero dall’insegnamento-appren-
dimento, nel rispetto della laicità,
ma il voto del docente di religione
ha rilevanza sostanziale in sede di
scrutinii e questo può essere vissuto
come un’eccessiva ingerenza da
parte della Chiesa nello Stato.
Dal mio punto di vista sarebbe
molto meglio che la disciplina di
Religione si trasformasse in insegna-
mento di Storia delle Religioni da
affrontatare in modo approfondito.
matteo de rosa
VIA IL CROCIFISSO! DIAOLOGO FRA UN ATEO,UN CRISTIANO
E UNA LAICAFrancesco: Ehi! Ciao. Hai sentito
che casino in questi giorni? In televi-
sione, sui giornali si parla in conti-
nuazione della sentenza della Corte
Europea che ha eliminato il segno
del crocifisso dalle aule scolastiche.
Luigi: Beh! Cosa ci vedi di tanto
strano! La famiglia veneta che ha in-
trapreso la battaglia giudiziaria nei
confronti dello Stato Italiano ha ra-
gione, perché ogni famiglia deve
avere la libertà di educare i propri
figli secondo le proprie convinzioni.
Anzi ognuno è libero di adorare chi
e che cosa vuole.
Laura: anche Satana?
Luigi: certo, anche Satana.
Francesco: Ma dai, cosa dici! Intanto
bisogna distinguere tra bene e male;
il Crocifisso non è simbolo del male.
Stiamo perdendo i principi più sani,
i valori dell’amore verso noi stessi,
verso la famiglia e verso il prossimo.
Si stanno perdendo i valori della vita!
E sono convinto che l’amore e la fede
verso il Cristo aiuta alla formazione
e alla crescita morale delle persone.
Laura: oh ma perché, in Italia, il
Crocifisso è obbligatorio per legge
nei pubblici uffici?
Franceso e Luigi: Nooo... a questo
punto stai?
Laura: E allora che vuole l'Europa?
Fa una legge per abolire una legge
che non c'è? Intanto mette lingua nel
nostro privato e ci forza ad abolire i
nostri simboli e la nostra cultura.Io
non sono una cattolica, ma certo
sento che tutto questo viola la mia
libertà.
Luigi: Sai, se nelle aule c’è il croci-
fisso, gli alunni avvertono di essere
educati in un ambiente scolastico
che ha il marchio della religione cat-
tolica e potrebbe dare fastidio ai ra-
gazzi che appartengono a minoranze
religiose o sono atei. La scuola deve
tendere al pluralismo educativo e
non a quello religioso.
Francesco: Il crocifisso non è solo un
simbolo religioso, ma è il simbolo di
un uomo come noi, che ha offerto la
sua vita per salvare gli uomini, che è
rappresentato con le braccia aperte,
come simbolo di amore e di acco-
glienza verso tutti. E’ il segno di of-
ferta di amore di Dio, di unione e di
accoglienza per tutta l'umanità e non
deve essere considerato come un
segno di divisione, di esclusione o di
limitazione della libertà.
Laura: Se l'Europa fosse giusta do-
vrebbe impedire abitudini usi sim-
boli e costumi di interi gruppi
umani: a me potrebbe dare fastidio
il burqa, ad un altro il pane azzimo,
ad un altro ancora il kefia, il kebab e
la Regina. Allora l'Europa che fa? Per
non offendere nessuno proibisce
tutto? Non diventa così un regime
totalitario?
Luigi: Ma cosa ti può ispirare un
pezzo di legno con un uomo nudo e
sanguinante inchiodato su di esso? E’
solo un’immagine macabra!
Francesco: Il Crocifisso è un sim-
bolo della nostra tradizione e rispec-
chia l'identità cristiana dell'Italia.
Intorno ad esso abbiamo costruito
due secoli di storia e di cultura ita-
liana.
Luigi: Non sono assolutamente d’ac-
cordo con quello che dici, sono tutte
parole inutili! Io ribadisco che una
società democratica, uno Stato laico,
dove non esiste alcuna legge che san-
cisce la religione cattolica come reli-
gione di Stato, deve rispettare le
diverse religioni e non identificarsi
con nessuna.
Francesco: Ma perché 20 anni fa il
crocifisso non dava fastidio?
Laura: uno stato laico e non laicista,
per definirsi democratico, dovrebbe
rispettare le diversità,qualunque altra
soluzione sarebbe frutto di doppio-
pesismo e parzialità e potrebbe
avere derive totalitarie nell'ansia di
cancellazione.
Luigi: Ti sembra logico che nelle
aule dei tribunali dove è affissa la di-
citura “La legge è uguale per tutti”,
debba esserci anche il Crocifisso?
Come può sentirsi giudicato serena-
mente un cittadino islamico?
Francesco: Ti pare che Cristo sia un
doppiopesista e che i giudici italiani
applichino la legge coranica o quella
della Bibbia ? Non abbiamo forse
una costituzione laica e codici di
leggi che ad essa si ispirano?
Luigi: Una persona che crede in Dio,
non ha bisogno di dimostrarlo con
un segno! In casa tua puoi fare quello
che vuoi, ma non devi pretendere
che si faccia anche negli ambienti
pubblici come la scuola.
Laura: È vero, la religione è un fatto
intimo e personale, l'esposizione del
Crocifisso non aiuta a credere meglio
e di più e non intende, con la sua sola
esposizione, convertire nessuno; la
verità è che l'Europa ha voluto of-
fendere l'Italia e continuare a negare
parte della sua storia.
Francesco: Il Crocifisso è il più alto
simbolo di laicità ovvero il simbolo
della prepotenza dei forti contro i
deboli che 2000 anni fa uccisero un
uomo che professava l’amore, la non
violenza e il rispetto verso gli altri.
Dopo 2000 anni c'è ancora qualcuno
che massacra la memoria e la figura
di quest’uomo…… ma Gesù lo per-
donerà!
Luigi: Ma che dite non capite
niente! Che significa per voi laicità?
Francesco e Laura: Sei tu che non
hai capito niente- e noi non vo-
gliamo neppure sentirci cittadini di
un Europa che mente sulle sue ori-
gini
Francesco: Per me laico non significa
cancellare usi, costumi, religione,
storia,o cultura di singoli gruppi, ma
rispetto della legge e della costitu-
zione anche nelle diversità.
Luigi: Resto della mia idea.
Francesco: Peggio per te!
Laura: Allora parlare non è servito
a niente?
Francesco: Chi lo sa!
Luigi, Francesco e Laura esistono
e avranno parlato veramente?
daniele roselli
Da questo numero proponiamo ai lettori del nostro giornale articoli di opinionisti e intellettuali di chiara fama ap-parsi sui più noti quotidiani con lo scopo di aprire un dibattito su argomenti che, di volta in volta, ci hanno inte-ressati. In questo numero proponiamo un articolo che tratta un tema trasversale a tutti i nostri studi: lapossibilità, data la complessità del sapere, di accedere ad una verità esaustiva nella storia, nella scienza, nell’in-formazione. Speriamo che il dibattito possa aprirsi ed essere vivace.
Come si sa, non esiste una defini-
zione “scientifica” della stupidità.
Ciascuno ha i suoi criteri per distin-
guere fra gli intelligenti e gli stupidi.
La mia definizione prediletta di “stu-
pido” è la seguente: “Stupido è colui
che crede che la verità sulle faccende
umane sia scritta su una roccia e che,
per impadronirsene, bastino due
cose: saper leggere e guardare la roc-
cia giusta”. Impressiona quante per-
sone, in buona fede, credano che la
verità, storica o politica, sia una e
inequivocabile (priva di ambiguità)
e che basti essere intellettualmente
onesti per conoscerla. Queste per-
sone che non sono sfiorate dal dub-
bio che “tentare di conoscere la
verità” sia un'attività complicatis-
sima, che la “verità”sui fatti umani e
sociali sia una meta cui possiamo (e
dobbiamo) tendere ma senza garan-
zie di poterla raggiungere. E che
“tentare di conoscere la verità” sia un
processo che non ha mai fine.
Quando crediamo di averla afferrata,
ecco che nuove informazioni, nuove
idee, nuove interpretazioni, nuove
prospettive, ci costringono a rivedere
i nostri convincimenti e a riprendere
la faticosa strada della “ricerca della
verità”.
Molte persone, pur senza averlo mai
sentito nominare, credono, come il
grande storico prussiano Leopold
von Ranke, che i fatti parlino, che
cercare la verità consista solo nel
mettere insieme i “fatti”. Ranke era
tutt'altro che uno stupido e, difatti,
nella sua grandiosa opera storica non
si attenne a questo programma. Se lo
avesse fatto non ci avrebbe lasciato
le sue superbe interpretazioni della
storia europea. Che cosa c'è di sba-
gliato nel credere che i “fatti par-
lino”? C'è di sbagliato l'idea che la
ricostruzione dei “fatti” non com-
porti l'intervento di punti di vista e
interpretazioni. Quando rico-
struiamo una vicenda complessa, di
storia o di cronaca, che cosa fac-
ciamo in realtà? Selezioniamo una
serie di eventi (scartandone molti
altri) e stabiliamo delle connessioni
fra gli eventi selezionati. Ne nasce
una interpretazione. Si badi: non è
umanamente possibile tener conto
di tutti gli eventi potenzialmente in
gioco nella situazione data (sono
pressoché infiniti). Dunque dob-
biamo selezionare. E selezioniamo,
inevitabilmente, sulla base dei nostri
pregiudizi, valori, conoscenze pas-
sate. Nella selezione introduciamo
un punto di vista soggettivo. Due
storici ugualmente bravi possono be-
nissimo arrivare a spiegazioni/inter-
pretazioni diverse di grandi eventi
come, poniamo la rivoluzione fran-
cese o la resistenza italiana. Arrivano
a spiegazioni diverse soprattutto per-
ché fanno selezioni parzialmente di-
verse (lo storico A ritiene che si
debba dare molta importanza a certi
eventi, lo storico B pensa al contrario
che si debba dare più importanza ad
altri eventi). Il dibattito storiografico
si nutre di queste contrapposizioni.
Confrontando poi le diverse tesi
degli storici possiamo farci una no-
stra idea (provvisoria) sulla que-
stione esaminata. E questa “nostra
idea”, a sua volta, implicherà un'in-
terpretazione. Le scienze umane non
prevedono il futuro ma allargano le
nostre conoscenze sul mondo,ne
danno interpretazione sempre più
sofisticate. Ma su un punto hanno
fallito. Non sono riuscite a convin-
cere tanti del fatto che il mondo
umano è complesso e che le verità
su di esso non sono scolpite su una
roccia.
angelo panebianco
il falo' della verita'
Il sistema più semplice per cancel-
lare i fatti è – molto banalmente –
quello di non parlarne. Ignorarli. E
sostituirli con altri della stessa specie
e importanza, usati come diversivi,
come coprenti. Non sempre, però, i
fatti sostitutivi sono disponibili
quando occorrono: in questo caso,
non resta che inventarne qualcuno di
sana pianta, oppure gonfiarne uno già
esistente, ma di poco conto.
Si chiama Arte del parlar d'altro, o
per noi comuni mortali, disinforma-
zione
Se le notizie fanno paura, le parole
che le raccontano ne fanno ancor di
più. In fondo è la parola che si con-
ficca nella memoria e aiuta a ricor-
dare questo o quel fatto,
richiamandolo come il sibilo agli ul-
trasuoni che fa scattare il cane. Così
le parole diventano più importanti
dei fatti. Perchè, giocando con le pa-
role, si possono manipolare i fatti e,
alla fine della catena, tutta la memo-
ria collettiva.
Un sondaggio Ipsos di qualche setti-
mana fa confermava tre dati interes-
santi. Il primo è che in Italia il 54 per
cento delle persone si informa pre-
valentemente attraverso la televi-
sione (il 25 per cento con i
quotidiani, il 12 su internet e il 3 con
la radio). Il secondo è che il 53 per
cento degli italiani considera i mezzi
d’informazione molto o abbastanza
autorevoli, mentre il 41 pensa che
non lo siano. Il terzo è che le persone
convinte dell’autorevolezza dei
mezzi d’informazione sono le stesse
che guardano la tv, e appartengono
ai ceti più popolari. L’aspetto preoc-
cupante di tutto questo è che la
spaccatura del paese sembra essere
più profonda di una semplice divi-
sione tra nord e sud, ricchi e poveri
o destra e sinistra. È una frattura nar-
rativa: gli italiani sono convinti di
guardare tutti lo stesso film, ma i
film sono due – uno raccontato dalla
tv, l’altro dal resto dei mezzi d’infor-
mazione – e i personaggi e la storia
sono molto diversi.
Uno dei maggiori programmi televi-
sivi, a detta di molti, è sicuramente
Porta a Porta su rai1, la rete ammira-
glia del cosiddetto servizio pubblico.
Il maestro ineguagliato nell'arte del
parlar d'altro è proprio il suo con-
duttore, Bruno Vespa.
Dopo la condanna in primo grado di
Cesare Previti al processo Sme per
corruzione del giudice Renato Squil-
lante, Vespa si occupa del Viagra
(trovando probabilmente un collega-
mento tra la famosa pillola blu, l'av-
vocato e il suo ex-padrone, l'attuale
premier Italiano).
Quando il tribunale di Milano con-
danna Marcello Dell'Utri per estor-
sione insieme ad un boss mafioso, a
Porta a Porta si parla di calcioscom-
messe con Aldo Biscardi e Maurizio
Mosca. Quando il Parlamento euro-
peo boccia Rocco Buttiglione, aspi-
rante commissario UE, per le sue
celeberrime tirate contro le donne e
i gay, Vespa convoca Alba Parietti e
alcuni malati in stato comatoso per
raccontare il loro improbabile risve-
glio dal coma. Quando il centrosini-
stra vince in sette collegi su sette le
elezioni suppletive del 2004, a Porta
a Porta si discute dell'Isola dei Fa-
mosi, con Simona Ventura & Co.
Quando il tribunale di Palermo con-
danna Dell'Utri a nove anni per
mafia e quello di Milano dichiara Sil-
vio Berlusconi responsabile del reato
di corruzione del giudice Squillante,
ma lo salva per prescrizione grazie
alle attenuanti generiche, ecco un
bella puntata sui reality show con
Del Noce, don Mazzi, Crepet, Zec-
chi, Paola Perego, Carmen Di Pietro
e le gemelle Lecciso.
Quando Previti viene condannato
definitivamente in Cassazione a sei
anni, l'amico Bruno opta per un
tema ben più attuale: la dieta medi-
terranea.
Un altro rifugio sicuro contro il lo-
gorio dell'attualità più scomoda sono
il gossip, l'enogastronomia, il tempo
che fa, il traffico sulle strade. Le no-
tizie di alleggerimento, da eccezione,
diventano la regola dei notiziari tele-
visivi e, di conseguenza, dei giornali,
sempre più a rimorchio della TV.
Una ricerca dell'Isimm del 2006,
analizza i tre giornali Rai dal punto
di vista della qualità complessiva del-
l'informazione, e non solo del minu-
taggio riservato a questa o quella
forza politica. L'indagine esamina
Tg1, Tg2 e Tg3 in un mese cam-
pione, dal 18 ottobre al 18 novembre
2005; e tre rubriche di approfondi-
mento, Porta a Porta, Punto e a Capo
e Ballarò, in due mesi campione, dal
18 ottobre al 18 dicembre 2005. I ri-
sultati vengono presentati nel feb-
braio dell'anno successivo:
“La maggior parte delle notizie poli-
tiche dei Tg italiani nasce dalle di-
chiarazioni degli attori politici,
singoli o partiti e gruppi; seguono
poi gli eventi istituzionali; visite e in-
contri del capo dello Stato e attività
dei presidenti di Camera e Senato.
La rappresentazione della politica in
televisione sembra ridursi al rac-
conto delle prese di posizione. Le di-
chiarazioni degli attori della politica
vengono grandemente privilegiate ri-
spetto ai fatti e ai contenuti. Si può
dubitare che, seppure questa moda-
lità possa corrisponde ad una certa
interpretazione del pluralismo, essa
sia utile per avvicinare i cittadini alla
politica stessa e contribuisca alla co-
struzione di un cittadino realmente
informato sui fatti”.
giuseppe de rosa
informazione e disinformazioneDa un po' di tempo a questa parte la
situazione dell'informazione italiana
è finita sotto la lente d'ingrandi-
mento di numerosi analisti e polito-
logi: da un lato c’è chi ritiene che il
panorama editoriale sia egemoniz-
zato dall'attuale Presidente del Con-
siglio. Dall'altro c'è chi possiede una
visione “militare” dell'informazione.
che vede numerosi organi di stampa
di sinistra attaccare il gioverno e il
suo operato. C'è la radio che attra-
verso i GR e le sue trasmissioni svol-
gono un servuzui d’informazione
costante. Infine c’è internet: un gran
mare pericoloso in cui si può trovare
di tutto. Ritengo che prima di avven-
turarsi bisognerebbe ben equipag-
giarsi e fare attenzione. Ognuno di
questi mezzi offre pun punto di
vista. Appunto! Un punto di vista
che non è l’unico e il solo sicché
quando condividiamo una tasi do-
vremmo avere cultura ed educa-
zione sufficienti per rispettare le
antitesi e per incuriosircene.
mauro mongiello
informazione e mass media
(500) giorni insiemeÈ arrivata in Italia lo scorso 27 no-
vembre la commedia romantica più
divertente, ma non per questo su-
perficiale, dell’anno. A dispetto di un
cast che non può vantare nomi
troppo famosi, è possibile notare fin
dal principio la cura riposta nella rea-
lizzazione del film.
La nostra storia comincia sulle ma-
linconiche note di “There is a light
that never goes out” dei The Smiths
(grande attenzione è stata riservata
alla colonna sonora, tant’è che si po-
trebbe parlare di un enorme video-
clip) quando Sole (Zooey
Deschanel), una ragazza che appa-
rentemente non desidera vincolarsi a
una persona, e Tom (Joseph Gor-
don-Levitt), che ha una concezione
dell’amore diametralmente opposta
alla sua, si scambiano le loro prime
parole.
Badate bene però, questa non è una
storia d’amore. È una storia sul-
l’amore.
Sulla falsariga di Memento (2000) di
Christopher Nolan, lo spettatore è
coinvolto in continui “viaggi del
tempo” che, pur non causando smar-
rimento, gli permettono di capire
l’esito della relazione soltanto alla
fine quando può rimettere tutti i
pezzi del puzzle in ordine cronolo-
gico. Questa soluzione permette al
regista di inserire abilmente gag co-
miche basate sulla somiglianza delle
scene in momenti diversi della loro
relazione.
Questo è (500) giorni insieme: un
lunghissimo flashback che porta lo
spettatore stesso a fare un salto nel
passato, data l’estrema verosimi-
glianza della vicenda.
È una commedia che non annoia
mai, a partire dai titoli di testa fino
alla fine.
dimitri vitale
costanza d�altavilla: una donna intraprendente intervista a NarcisoAnno di nascita e luogo?
Sono nata nel 1154 a Palermo senza
aver mai conosciuto mio padre Rug-
gero che mi ha lasciato prima ancora
che nascessi dalla sua terza moglie.
Ci chiarisca la vicenda dei suoi
voti.
In realtà sono stata allevata in colle-
gio nella mia Sicilia con una pro-
fonda devozione per il Signore, ma
non ho avuto la “chiamata”, anche se
avrebbe risolto più facilmente gli in-
trighi della mia vita.
Perché dunque si è allontanata dal
convento?
All'età di 31 anni sono stata costretta
a lasciare tutto quello che era stato
la mia vita di clausura per conoscere
un mondo totalmente nuovo per
me. L'imperatore Federico aveva
proposto il matrimonio con suo fi-
glio Enrico che vidi per la prima
volta all'altare. Già da quel giorno ri-
conobbi l'arroganza e la superbia di
quell'uomo, mio futuro marito che
ha complicato la mia esistenza già
dalla consumazione del matrimonio
che aprì i mie occhi a un mondo
tanto corrotto da suggellare
un'unione al solo scopo di procreare.
Qual era l'opinione di suo marito
nei suoi confronti?
Come tutte le donne dell'epoca, ero
considerata una macchina da lavoro
e lui non sprecava parole per la mia
persona se non il considerarmi quasi
“marcia” per gli anni che avevo in
più.
Voci di corridoio nonché il suo
stesso marito.
In effetti Ruggero sarebbe stata la
persona indicata per me, ma non ho
mai peccato di adulterio più che mio
marito, per il patto sacro che ci le-
gava.
Per quanto riguarda la gravi-
danza, cosa ci sa dire?
Il mio Signore mi ha concesso il
dono di un figlio quando ormai nes-
suno ci credeva più e anche mio
marito dubitava della sua podestà,
ma all'età di quarant'anni ho dato alla
luce Federico, un raggio di sole nella
mia vita.
I nove mesi sono stati duri ma il mio
medico credeva nella mia forza. Il
padre di mio figlio per la sua arro-
ganza, rischiava di non veder nascere
il futuro imperatore quindi decisi di
raggiungerlo in Sicilia e, allestita una
tenda in piazza, ho permesso a tutte
le donne del paese, cui era consen-
tito assistere, di testimoniare la verità
che era nel frutto della mia gravi-
danza.
f.r.
Salve Narciso, vorrei che quest’in-
tervista potesse fornire un’imma-
gine diversa dalla solita, a lei
attribuita, di persona molto vani-
tosa ed egocentrica.
In un mondo dove conta molto ap-
parire crede proprio che potrei ri-
nunciare alla fama della mia
bellezza?
Quindi non le secca essere conside-
rato un futile superficiale vanesio?
No! Dal momento che riesco ad es-
sere ricordato, che m’importa delle
critiche? Un fiore bellissimo porta il
mio nome che resta sinonimo di in-
namoramento e amore. La rievoca-
zione della mia immagine e del mio
nome mi lusinga.
E la punizione divina che ha rice-
vuto?
Se fu punizione essa fu la punizione
più ingiusta mai data.Io sono stato
fedele, il più fedele degli esseri vi-
venti, tanto da preferire,per raggiun-
gere l’unico che avrei potuto amare,
me stesso,
tuffarmi nell’acqua e congiungermi
finalmente con la mia amante (la mia
immagine).
Le piacerebbe essere ricordato per
altre caratteristiche o è soddisfatto
così?
Sono soddisfatto così. Voi umani tra-
dite spesso i vostri sogni e le vostre
aspettative. Io, invece, vivo in pe-
renne armonia con quel me stesso
che non ho mai tradito e la bellezza
resta la mia suprema rappresenta-
zione.
francesca ippolito
“Al cor gentil rempaira sempre
amore”....
Ad un qualsiasi ragazzo queste pa-
role appaiono lontane, incomprensi-
bili, non attuali, noiose.
Ma ad un'analisi più approfondita
del linguaggio ci si rende conto che
questo altro non è che un codice che
esprime un concetto, una visione
della vita, certamente non attuale,
ma espressione dei tempi che fu-
rono.
La letteratura dipinge intere civiltà e
compie la stessa trasmissione di pen-
sieri, valori ed emozioni che oggi ci
arriva dalla musica, vera rivelatrice
(nel bene e nel male) del nostro
tempo.
Se pensiamo infatti agli ultimi 30
anni, la musica ha assunto sempre
più una posizione di “disimpegno”
politico e questo non è altro che la
trasposizione di quanto accade nella
società e in particolar modo nei gio-
vani, sempre meno interessati a ciò
che li circonda e più propensi all'eva-
sione e all'introspezione.
Sono molte le analogie compositive
fra musica e letteratura: La storia è
piena di poeti cosiddetti “impegnati”
e di poeti che, invece, narrano dei
propri sentimenti, delle proprie
emozioni, fungendo così da spec-
chio del proprio tempo, della pro-
pria società.
Analogamente la musica degli ultimi
decenni è piena di cantautori che
cantano di disagi, frustrazioni ed in-
giustizie, così come di cantanti
“meno impegnati” che trattano di
amore, emozioni e sentimenti
(escludendo le solite canzonette
prive di effettivo valore compositivo
ma non commerciale).
E sono proprio questi che oggi de-
nunciano e raccontano il nostro
tempo utilizzando un linguaggio
(quello musicale) estremamente di-
namico e coerente con la nostra so-
cietà,un linguaggio che più
velocemente arriva a cogliere l'atten-
zione dei giovani (e non solo) e a
scuotere i loro animi, rispetto ad un
endecasillabo apparentemente lon-
tano.
“Perchè la vita è un brivido che vola
via,
è tutto un equilibrio sopra alla fol-
lia”
Versi come questi, struggenti, sof-
ferti e frutto di animi estremamente
profondi e travagliati, spiegano come
la vita ci appare ai giorni nostri, cioè
come qualcosa che ci sfugge, ma che
allo stesso tempo è capace di scuo-
terci come un “brivido”, qualcosa che
quando finisce pone fine alla “follia”
della realtà e pone equilibrio in un
mondo così carico di conflitti e sof-
ferenze.
La musica (quella vera) può farci so-
gnare, ha il potere di raccontare, fo-
tografare il nostro tempo: è un mo-
mento di riflessione, di arricchi-
mento, di aggregazione, ma anche di
isolamento ed evasione.
Ad essa va attribuito il giusto valore
poetico e descrittivo; chissà che fra
100 anni nelle scuole i ragazzi non
studino Vasco Rossi.
antonio masucci
musica e letteratura
The Queen is Dead è unanima-
mente considerato il miglior cd dei
The Smiths, punto focale ed apice
della loro carriera. Un successo
commerciale e di critica che si im-
porrà come pietra miliare della
musica pop moderna.
I dieci brani che compongono l'al-
bum mostrano il meglio del reper-
torio del gruppo inglese, in una
scaletta completa e senza punti de-
boli che può vantare alcuni dei
pezzi ritenuti tra i migliori della
loro intera carriera, coem "I Know
It's Over" e "There is a Light that
Never Goes Out".
Edito nel 1986, si dimostrerà un
rappresentante esemplare delle
crisi e rivoluzioni culturali di quegli
anni, grazie al contrasto tra gli ar-
peggi morbidi ed avvolgenti di
Marr e il romanticismo disilluso,
raffinato e a volte ironico di Mor-
rissey.
d.v.
Tetro e ogivale è l'antico palazzo dei
vescovi, stillante salnitro dai muri, ri-
manerci è un supplizio nelle notti
d'inverno. E l'adiacente cattedrale è
immensa, a girarla tutta non basta
una vita, e c'è un tale intrico di cap-
pelle e sacrestie che, dopo secoli di
abbandono, ne sono rimaste alcune
pressoché inesplorate. Che farà la
sera di Natale - ci si domanda – lo
scarno arcivescovo tutto solo, men-
tre la città è in festa? Come potrà
vincere la malinconia? Tutti hanno
una consolazione: il bimbo ha il
treno e pinocchio, la sorellina ha la
bambola, la mamma ha i figli intorno
a sé, il malato una nuova speranza, il
vecchio scapolo il compagno di dis-
sipazioni, i1 carcerato la voce di un
altro dalla cella vicina. Come farà
l'arcivescovo? Sorrideva lo zelante
don Valentino, segretario di sua ec-
cellenza, udendo la gente parlare
così. L'arcivescovo ha Dio, la sera di
Natale. Inginocchiato solo soletto nel
mezzo della cattedrale gelida e de-
serta a prima vista potrebbe quasi far
pena, e invece se si sapesse! Solo so-
letto non è, non ha neanche freddo,
né si sente abbandonato. Nella sera
di Natale Dio dilaga nel tempio, per
l'arcivescovo, le navate ne rigurgi-
tano letteralmente, al punto che le
porte stentano a chiudersi; e, pur
mancando le stufe, fa così caldo che
le vecchie bisce bianche si risve-
gliano nei sepolcri degli storici abati
e salgono dagli sfiatatoi dei sotterra-
nei sporgendo gentilmente la testa
dalle balaustre dei confessionali.
Così, quella sera il Duomo; traboc-
cante di Dio. E benché sapesse che
non gli competeva, don Valentino si
tratteneva perfino troppo volentieri
a disporre l'inginocchiatoio del pre-
sule. Altro che alberi, tacchini e vino
spumante. Questa, una serata di Na-
tale. Senonché in mezzo a questi
pensieri, udì battere a una porta.
"Chi bussa alle porte del Duomo" si
chiese don Valentino "la sera di Na-
tale? Non hanno ancora pregato ab-
bastanza? Che smania li ha presi?"
Pur dicendosi così andò ad aprire e
con una folata divento entrò un po-
verello in cenci."Che quantità di
Dio! " esclamò sorridendo costui
guardandosi intorno- "Che bellezza!
Lo si sente perfino di fuori. Monsi-
gnore, non me ne potrebbe lasciare
un pochino? Pensi, è la sera di Na-
tale”."E' di sua eccellenza l'arcive-
scovo" rispose il prete. "Serve a lui,
fra un paio d'ore. Sua eccellenza fa
già la vita di un santo, non pretende-
rai mica che adesso rinunci anche a
Dio! E poi io non sono mai stato
monsignore"."Neanche un pochino,
reverendo? Ce n'è tanto! Sua eccel-
lenza non se ne accorgerebbe nem-
meno!”."Ti ho detto di no... Puoi
andare... Il Duomo è chiuso al pub-
blico" e congedò il poverello con un
biglietto da cinque lire. Ma come il
disgraziato uscì dalla chiesa, nello
stesso istante Dio disparve. Sgo-
mento, don Valentino si guardava in-
torno, scrutando le volte tenebrose:
Dio non c'era neppure lassù. Lo spet-
tacoloso apparato di colonne, statue,
baldacchini, altari, catafalchi, cande-
labri, panneggi, di solito così miste-
rioso e potente, era diventato
all'improvviso inospitale e sinistro. E
tra un paio d'ore l'arcivescovo sa-
rebbe disceso. Con orgasmo don Va-
lentino socchiuse una delle porte
esterne, guardò nella piazza. Niente.
Anche fuori, benché fosse Natale,
non c'era traccia di Dio. Dalle mille
finestre accese giungevano echi di ri-
sate, bicchieri infranti, musiche e
perfino bestemmie. Non campane,
non canti. Don Valentino uscì nella
notte, se n'andò per le strade pro-
fane, tra fragore di scatenati ban-
chetti. Lui però sapeva l'indirizzo
giusto. Quando entrò nella casa, la
famiglia amica stava sedendosi a ta-
vola. Tutti si guardavano benevol-
mente l'un l'altro e intorno ad essi
c'era un poco di Dio."Buon Natale,
reverendo" disse il capofamiglia.
"Vuol favorire?"."Ho fretta, amici" ri-
spose lui. "Per una mia sbadataggine
Iddio ha abbandonato il Duomo e
sua eccellenza tra poco va a pregare.
Non mi potete dare il vostro? Tanto,
voi siete in compagnia, non ne avete
un assoluto bisogno"."Caro il mio
don Valentino" fece il capofamiglia.
"Lei dimentica, direi, che oggi è Na-
tale. Proprio oggi i miei figli dovreb-
bero far a meno di Dio? Mi
meraviglio, don Valentino."E nell'at-
timo stesso che l'uomo diceva così
Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sor-
risi giocondi si spensero e il cappone
arrosto sembrò sabbia tra i denti.Via
di nuovo allora, nella notte, lungo le
strade deserte. Cammina cammina,
don Valentino infine lo rivide. Era
giunto alle porte della città e dinanzi
a lui si stendeva nel buio, biancheg-
giando un poco per la neve, la grande
campagna. Sopra i prati e i filari di
gelsi, ondeggiava Dio, come aspet-
tando. Don Valentino cadde in gi-
nocchio."Ma che cosa fa, reverendo?"
gli domandò un contadino. "Vuoi
prendersi un malanno con questo
freddo?"."Guarda laggiù figliolo. Non
vedi?"
Il contadino guardò senza stupore. "È
nostro" disse. "Ogni Natale viene a
benedire i nostri campi."
" Senti " disse il prete. "Non me ne
potresti dare un poco? In città siamo
rimasti senza, perfino le chiese sono
vuote. Lasciamene un pochino che
l'arcivescovo possa almeno fare un
Natale decente."
"Ma neanche per idea, caro il mio re-
verendo! Chi sa che schifosi peccati
avete fatto nella vostra città. Colpa
vostra. Arrangiatevi"."Si è peccato,
sicuro. E chi non pecca? Ma puoi sal-
vare molte anime figliolo, solo che tu
mi dica di sì"."Ne ho abbastanza di
salvare la mia!" ridacchiò il conta-
dino, e nell'attimo stesso che lo di-
ceva, Iddio si sollevò dai suoi campi
e scomparve nel buio.
Andò ancora più lontano, cercando.
Dio pareva farsi sempre più raro e
chi ne possedeva un poco non voleva
cederlo (ma nell'atto stesso che lui
rispondeva di no, Dio scompariva,
allontanandosi progressivamente.
Ecco quindi don Valentino ai limiti
di una vastissima landa, e in fondo,
proprio all'orizzonte, risplendeva
dolcemente Dio come una nube
oblunga. Il pretino si gettò in ginoc-
chio nella neve. "Aspettami, o Si-
gnore " supplicava "per colpa mia
l'arcivescovo è rimasto solo, e stasera
è Natale!" Aveva i piedi gelati, si in-
camminò nella nebbia, affondava
fino al ginocchio, ogni tanto stramaz-
zava lungo disteso. Quanto avrebbe
resistito?Finché udì un coro disteso
e patetico, voci d'angelo, un raggio di
luce filtrava nella nebbia. Aprì una
porticina di legno: era una grandis-
sima chiesa e nel mezzo, tra pochi
lumini, un prete stava pregando. E la
chiesa era piena di paradiso.
"Fratello" gemette don Valentino, al
limite delle forze, irto di ghiaccioli
"abbi pietà di me. Il mio arcivescovo
per colpa mia è rimasto solo e ha bi-
sogno di Dio. Dammene un poco, ti
prego."
Lentamente si voltò colui che stava
pregando. E don Valentino, ricono-
scendolo, si fece, se era possibile, an-
cora più pallido."Buon Natale a te,
don Valentino" esclamò l'arcive-
scovo facendosi incontro, tutto re-
cinto di Dio. "Benedetto ragazzo, ma
dove ti eri cacciato? Si può sapere
che cosa sei andato a cercar fuori in
questa notte da lupi?"
Nel racconto chiunque possiede un
po’ di Padre Eterno non vuole divi-
derlo con nessuno, finché don Valen-
tino, stremato lo ritrova presso una
grande chiesa dove l'attende l'arcive-
scovo che afferma l'inutilità di rice-
vere fuori ciò che si può trovare solo
dentro di se, Dio esiste nel cuore di
chi crede in Lui; chi lo cerca per farlo
suo lo può perdere quando pensa di
averlo trovato. Dio abita nei cuori di
chi spera di non essere solo. Talora
l'uomo che pensa di poter nutrire
questa speranza, vuole Dio a tutti i
costi soprattutto nei momenti più
difficili della vita. Il luogo che resta
vuoto non appena i protagonisti ri-
fiutano di condividere Dio con altri
simboleggia la desolazione, l'eterna
solitudine cui è sottoposto l'uomo.
L' Inferno è solitudine:l'uomo vive
questa condizione di solitudine inte-
riore ma non può stare da solo, ha bi-
sogno di vivere in comunione. La
solitudine è la sfera della paura,
paura non di qualcosa di determi-
nato ma paura della solitudine, del-
l'inquietudine e della sospensione
della propria essenza ed esistenza,
paura della morte.
a.l.
Racconto di Nataledi dino buzzati
Alda Merini nacque a Milano il 21
marzo 1931. Una data significativa, il
primo giorno di primavera, che le
aveva dato anche lo spunto per una
delle sue poesie: “ Sono nata il ven-
tuno a primavera ma non sapevo che
nascer folle, aprire le zolle potesse
scatenar tempesta”. La sua poesia
porta traccia della sua vita ed è con-
siderata un'opera di prima grandezza
nella letteratura italiana. Il 16 ottobre
del 2007 le venne concessa dalla fa-
coltà di Scienze della Formazione di
Messina, la laurea magistrale honoris
causa in “Teoria della comunicazione
e dei linguaggi”. Muore all'età di 78
anni, il 1° novembre 2009.
Che natale povero,
che natale senza intenzioni
Hanno fatto la messa prefestiva
per lasciarti andare in vacanza
E tutti che si ammazzano
per andarsi a godere la vita
Ma io dal solaio maledetto
ho salvato due statuine
E mia figlia minore,
quando eravamo poveri,
mi diceva “perché Mamma
non facciamo un bel “presepio”.
Facciamo finta che sia Natale
tanto di buoni in Italia
ce ne sono tanti.
Si è fatta la luce
intorno a un uomo solo
che cercava le tracce
di un antico Gesù
non quelle decadenti
degli uomini assetati
di un unico sapere
ma della voce interrotta
del dolore che urla
intorno alle mansarde proprie
cercando il proprio fiato
che il signore conosce.
Per cercare di approfondire il significato del Natale la redazione di RiVolta ha deciso di presentare esempi delle sueimplicazioni ed inferenze culturali facendo un tuffo nella letteratura. Difatti oltre alla scrittura creativa riteniamoche anche i testi classici siano fondamentali per carpire alcune delle sfaccettature dell'evoluzione della cultura po-polare. Rimaniamo in linea con l'idea di voler costruire un giornale 'open', perciò ci piacerebbe ricevere suggerimentiper brani da inserire su questo tema.
Di seguito vi riportiamo due poesie che Alda Merini scrisse per il Mes-
saggero e che riguardano proprio il Natale.
La famiglia Scantamburlo è strana,
ma sempre allegra.
Papà Annibale, nonostante abbia un
nome molto aggressivo, è il più
calmo della famiglia.
La sua abitudine peggiore è quella di
raccontare barzellette che lasciano il
resto della famiglia a dir poco anni-
chilita.
Annibale ha quattro figlie sparse per
l'Italia, che rincasano solo per tre oc-
casioni all'anno: il Natale; la Pasqua;
la salsa.
Il Natale è certamente la ricorrenza
più aspettata: in tutto il mondo c'è
calma, quiete, pace, amore, jingle
bell e tu scendi dalle stelle.
Invece, a casa Scantamburlo, c'è tut-
t'altro.
La mamma Teresa passa giornate in-
tere a cucinare e friggere cose strane
con nomi alieni; papà Annibale è co-
stretto a farle da aiuto cuoco e cer-
care di assecondare ogni richiesta di
quella macchina “crea-dolci” senza
mai fermarsi per quindici giorni e
tutta la cucina è piena di farina e
zucchero. Un disordine terroriz-
zante!
… E le quattro figlie dove sono?
La figlia maggiore, Consolata, tra-
scorre le sue ore ad adornare la casa
con fiocchi, ghirlande e candele: in 24
ore lei passa dieci ore a dormire; cin-
que ore per decidere dove posizio-
nare la ghirlanda o il fiocco di turno;
quattro ore per capire se quell'ad-
dobbo è destinato a stare in quel pre-
ciso centimetro cubo e, se le va bene,
trascorre le altre cinque ore ad am-
mirare il suo “capolavoro”, altrimenti
ricomincia la sua ricerca.
Ludmilla e Agnese vanno girova-
gando per la città in cerca di un re-
galo giusto per ogni membro della
famiglia, ma finiscono sempre per
comprare cianfrusaglie per loro
stesse.
Caterina, invece, si occupa della pre-
parazione dell'albero.
Il 24 a casa Scantamburlo regna il
caos!
Un avvenimento tipico è la caccia
dell'anguilla...
Tutto inizia la mattina, quando An-
nibale torna a casa con mille buste
della spesa e, tra queste, prende per
prima quella che contiene l'anguilla.
Le quattro ragazze, Teresa e il capo
famiglia si fermano ad ammirare
quell'essere così strano e guizzante
ma così buono. Inizia la guerra.
Caterina prende l'anguilla e fa spa-
ventare sua madre, facendole credere
che fosse un animale pericoloso.
Ludmilla, molto schizzinosa, urla in-
sieme a Teresa e Consolata ed
Agnese ridono a crepapelle.
Poi, d'un tratto, l'anguilla scivola per
terra e, tra grida, risa e scherzi, si rin-
corre per tutta la casa quell'animale,
finché non arriva Annibale a ristabi-
lire l'ordine.
Dopo aver cercato e trovato l'an-
guilla, la scruta e decide, puntual-
mente, che non è più commestibile.
Così come ogni anno la famiglia
Scandamburlo si ritrova a cenare, la
notte di Natale, con un piatto della
solita, scontata, lasagna della
mamma.
valentina marinacci
natale a casa scantamburlo
Ingredienti per 10 persone: - 400 gr. di farina - 4 uova intere - 50 gr. di burro
- 1 bicchierino di liquore di anice - 1 pizzico di sale - abbondante olio per
friggere - 1 vasetto di miele almeno da 500 gr. (possibilmente compatto mil-
lefiori) - 100 gr. di scorza di arancio candita - 100 gr. di scorza di cedro candita
- 50 gr. di scorza di zucca candita - 100 gr. di confettini multicolori piccoli -
50 gr. di "cannellini" cioè confettini con anima di anice - bicchierino di anice
Impastare la farina con il burro, le uova e il sale fino ad ottenere un compatto
e omogeneo.Aggiungere il bicchierino di anice e impastare ancora per bene;
Riporre l'impasto in un angolo del tavolo e con staccare dei pezzetti che do-
vete ridurre alla forma e dimensioni di un lungo grissino; per tale lavoro te-
nete sempre le mani e il piano di lavoro infarinati. Tagliare i "grissini" a
pezzetti lunghi all'incirca 1 centimetro. Quando avete finito questo lavor, ver-
sate l'olio in una pentola alta o padella alta con cestello o friggitrice, accendete
il fornello e scaldate a temperatura di frittura; nel frattempo mettete della
carta assorbente in una zuppiera. Quando l'olio è pronto immergetevi una
manciata di struffoli e fateli dorare. Se la farina crea schiuma a contatto con l'olio, rompere le bolle di schiuma con
la schiumarola. Tirate fuori gli struffoli con la schiumarola o il cestello, e riponeteli nella zuppiera sulla carta assor-
bente; ripetete le operazioni sopra descritte mettendo sui vari strati di struffoli altra carta assorbente. Prendete la
pentola grande, versatevi dentro il miele e mettete tutto sul fornello a fuoco moderato. Girate bene il miele con il
mestolo fino a quando non è completamente liquefatto e ben caldo. Versatevi dentro tutti gli struffoli e girateli a
fuoco basso fino a quando non sono ben impregnati di miele (non lo assorbiranno tutto). Prendete il piatto da portata,
mettevi al centro un barattolo di vetro, prendete la pentola degli struffoli e con grande abilità accostateli attorno al
vasetto fino a riempire per bene il piatto stesso. A struffoli ancora caldi, prendete i confettini, e versatene generosa-
mente a caso sugli struffoli. Fate lo stesso con i cannellini. Tagliati i canditi a striscioline fini e distribuite a caso anche
questi sugli struffoli e fate lo stesso con le scorze. Quando gli struffoli sono freddi, togliete delicatamente il vasetto
dal centro del piatto. Avrete ottenuto la forma tipica di questo dolce natalizio della tradizione napoletana.
Considerata una morality sulla falsa-
riga delle sacre rappresentazioni me-
dioevali per la semplice simbolicità
religiosa e l'aspetto melodramma-
tico, Il Canto di Natale è un dramma
in cinque atti, in cui le apparizioni
che si presentano a Scrooge si aprono
e si chiudono tra un sipario e l'altro,
anche se le cortine del baldacchino
dove dorme l'avaro rimpiazzano alla
buona il sipario teatrale. Ma il Canto
non è solo una parabola: rappresenta
infatti lo sviluppo in chiave satirica
e impegnata dei comici bozzetti dei
Pickwick Papers, scenette umoristi-
che in cui compaiono quelle allegre
e bonarie caricature destinate più
tardi a trasformarsi nei mostri grot-
teschi del Canto e più avanti in
quelli dei grandi romanzi. Mentre la
figura del vecchio zio scapolone ap-
pare tratteggiata nel bonario Pick-
wick (affiancato nelle sue peripezie
da Sam Weller), l'io cattivo di
Scrooge appare nella breve storia di
Gabriel Grub, avaro sagrestano ra-
pito da un gruppo di malvagi spiri-
telli: essi gli fanno assistere a delle
scene terribili il cui frutto finale sarà
la conversione dell'avaro. Ma si tratta
sempre dell'ennesimo bozzetto co-
mico i cui personaggi sono ancora
schizzati a matita: è solo con il Carol
che Dickens acquisisce il successo e
la capacità tecnica del romanziere. I
Canti di Natale sviluppano il suo ta-
lento drammatico: a questo si unisce
l'influenza del picaresco ereditato da
Henry Fielding di cui era lettore ap-
passionato, mentre il senso del ma-
cabro cresce dalla passione per il
romanzo gotico. Raramente però,
qualunque sia il tema trattato da
Dickens, si può parlare di realismo,
se non nel senso che i personaggi da
lui creati sono "vivi" nel loro mondo
fiabesco: si tratta di maschere in cui
i tratti umani sono deformati come
nelle vignette satiriche. I Canti di
Natale sono dunque racconti fanta-
stici, ma che racchiudono delle ve-
rità profonde. Vivono in una
dimensione tutta loro come in Sha-
kespeare a cui Dickens è non a caso
paragonato per il forte e colorito lin-
guaggio poetico appena mascherato
dall'apparenza di prosa.
f.i.
i canti di Natale
Perle ai porci - Diario di
un anno in cattedra. Da
Carogna.
di Gianmarco Perboni.
Negri, froci, giudei & co.
- L’eterna guerra contro
l’altro
di Gian Antonio Stella.
Intervista con il potere
di Oriana Fallaci.
letture consigliate
struffoli
Che il Brasile sia la patria del calcio
o che gli USA siano i padroni incon-
trastati di basket e hockey, è oramai
risaputo a tutti. Non tutti sanno però
che l'Italia è spesso artefice della na-
scita di grandi e giovani campioni.
Spesso, e soprattutto, in sport meno
conosciuti, meno famosi ma a volte
più emozionanti.
È il caso del giovane 17enne foggiano
Campione Mondiale, Europeo ed
Italiano di American Kenpo Karate:
Stefano Ippolito.
Il Kenpo Karate è uno sport nato in
Cina circa tremila anni fa e si è evo-
luto in varie forme fino ad arrivare
agli anni sessanta, quando Ed Parker
ha fondato il Kenpo moderno, detto
Kenpo Karate Americano.
È un sistema di arti marziali, caratte-
rizzato dall'uso velocissimo di mosse
in rapida successione che mirano ad
indebolire l'avversario. Una disci-
plina basata sulla difesa personale,
derivante dall'antico Kung Fu. Intro-
duce principi scientifici moderni
(geometria, fisica ecc..), combinando
i movimenti circolari con i lineari
creando un flusso di colpi di velocità
assoluta.
“Vengo verso di te con le mani
vuote, non ho armi, ma se sono co-
stretto a difendermi, a difendere i
miei principi o il mio onore, sia que-
stione di vita o di morte, allora ec-
cole quì le mie armi, le mani vuote”.
Questa la frase emblematica del
grande maestro Ed Parker, scolpita
sulle palestre di tutto il mondo.
Attualmente, Larry Tatum, cintura
nera decimo dan, è il presidente del-
l'associazione LTKKA californiana,
fondata dopo aver appreso da Ed
Parker le principali tecniche. Il mae-
stro spagnolo Ricardo Cantero Gon-
zalez della Kenpo System ha creato
un'associazione italiana di kenpo,
l'AIKLT, che recluta ragazzi di tutte
le età. La sua palestra e i suoi cam-
pioni, nascono proprio qui nel capo-
luogo dauno.
“Questo sport è uno sport fantastico.
E lo dice uno che iniziato da poco,
anche se l'ha vissuto in pieno, –
spiega il giovane campione foggiano
– e può sembrare quasi eccessiva-
mente sdolcinato, ma questa disci-
plina mi ha affascinato dal primo
momento. È iniziato tutto all'incirca
3 anni fa, durante il memorial a Leo-
nardo Biagini, assistendo ad una di-
mostrazione del mio attuale maestro.
Estasiato è dir poco. Sono rimasto
colpito dalla velocità e dalla preci-
sione in cui venivano scagliati i colpi,
caratteristiche che non sono presenti
nel taekwondo, disciplina che ho
praticato sino a pochi anni fa e che
mi ha forgiato, nel fisico e nella tem-
pra, fin da quando ero bambino”.
Stefano è diventato Campione del
Mondo a soli 15 anni, mentre fre-
quentava il secondo anno al Liceo
Scientifico Alessandro Volta di Fog-
gia.
Questa vittoria non ha però alterato
i suoi obiettivi.
“Essere il campione del mondo com-
porta avere maggiori aspettative, un
maggior vanto di sicuro, ma anche
tanta voglia di lavorare sempre me-
glio, per evitare di essere scavalcati.
Con l'ultimo risultato, il primato in
Italia, le mie spalle sono sempre più
pesanti, considerando anche il pri-
mato in Europa, su nazioni da anni
avanti in questo settore rispetto al
nostro paese: Spagna, Portogallo e Ir-
landa su tutte. Ma questo significa
che sto lavorando bene e che come
al solito, i risultati, se meritati, prima
o poi arrivano”.
Il giovane foggiano ha già nella sua
bacheca personale 3 titoli: il Mon-
diale, l'Europeo e il primato Italiano,
ma ha anche alle spalle 6 cinture.
“Al momento sono cintura marrone
di 3 grado. Contando che ogni esame
è abbastanza difficile, e comprende
un uso perfetto delle forme, se-
quenze di movimenti di attacco e di-
fesa, oltre che tecniche e
improvvisazioni, più un accurata co-
noscenza della teoria, credo di riu-
scire a raggiungere il traguardo della
cintura nera 1 dan, per giugno del
prossimo anno. Sempre che tutto
vada bene, sostanzialmente”.
“L'ultima gara è stata veramente
ardua – continua Stefano - L'Italia
sta migliorando nel suo collettivo, e
sta forgiando ottimi atleti. Alla gara
era presente il coordinatore dell'Eu-
ropa Adolfo Luelmo, cintura nera ed
ottavo dan, che vive a Madrid ma
che spesso fa un salto a Foggia, es-
sendo stato l'allenatore del mio mae-
stro Gonzalez e avendo intrattenuto
con lui un ottimo rapporto negli
anni”.
Al di là di ciò che si può pensare
però, il Kenpo non richiede grandi
qualità iniziali, ma solamente grande
volontà.
“Chiunque può fare Kenpo. E' uno
sport sano e dal punto di vista ana-
grafico non c'è limite di età, basti
pensare che i maestri più forti del
mondo hanno all'incirca sessant'anni,
ma riescono comunque ad essere le-
tali e velocissimi. Dal punto di vista
fisico, non è necessario avere deter-
minate caratteristiche. A Madrid,
nella gara in cui sono diventato cam-
pione del mondo, si è piazzato al se-
condo posto un ragazzo con un
handicap alla gamba.
Tutte queste vittorie sono il frutto di
grandi sacrifici, – conclude il cam-
pione foggiano - dall'alimentazione
sana alla fatica giornaliera. C'è tanta
gente che vorrei ringraziare. Dap-
prima i miei familiari e gli amici che
mi hanno sempre sostenuto e inci-
tato anche prima delle partenze per
le gare, e, in particolare, mio padre
che mi è sempre stato vicino, met-
tendomi a mio agio prima delle fi-
nali. Un grazie speciale va al mio
maestro. E' grazie a lui e ai suoi inse-
gnamenti se ho raggiunto tutti i tra-
guardi di cui ora sono veramente
entusiasta”.
stefano ippolito
kenpo karate... che passione!
barzelletteUn matematico non prendeva mai l'aereo perché aveva trovato
troppo alta la probabilità che su un aereo ci fosse una bomba.
Un giorno un collega se lo trova accanto su un aereo; stupito gli
chiede come mai aveva cambiato idea.
- Ho calcolato la probabilità che su un aereo ci siano due bombe:
è praticamente nulla! - dice indicando una strana valigetta che
tiene stretta tra le mani.
Gesù, da due anni è in viaggio per portare la buona novella. Si ac-
corge che spesso incontra un uomo di circa 55-60 anni. Lo vede
sempre camminare da solo e guardarsi intorno.
Un giorno, impietosito, si ferma a parlare con lui:
"Buon uomo, come si chiama? Dove va, sempre così solo, senza
nessuno che lo aiuti o che lo accompagni?" L'uomo risponde: "Mi
chiamo Giuseppe, faccio il falegname. Sono molto preoccupato...
avevo un figliuolo, ma da tempo si è allontanato. Non so dove
possa essere. Non so come sta, cosa faccia. Io lo cerco, da tanto,
lo cerco. Ho bisogno di rivederlo. Devo ritrovarlo." Gesù si com-
muove, apre le braccia e, trattenendo le lacrime sussurra:
"Babbo..."
L'uomo lo guarda estasiato, i suoi occhi brillano di commozione e
felicità, spalanca le braccia e grida, pieno di gioia:
"Pinocchio!"
girovagando...
La leggenda di Otranto parte da un
importante fatto storico: l'assedio e
l'occupazione della città da parte
delle truppe saracene di Mechmèt
Pascià. L'attacco partì dal mare, nel-
l'agosto del 1480. Per diversi giorni i
cannoni delle navi turche lanciarono
contro le mura di Otranto palle di
pietra e di piombo, alcune delle
quali fanno ancora da battistrada,
adagiate al suolo agli angoli della città
vecchia. Fu una svolta nella storia
della guerra, una delle prime grandi
esibizioni dell'artiglieria del mare.
I turchi sbarcarono e il 15 agosto lo
scontro si trasformò in una battaglia
di terra.Fino a notte alta le armate
cristiane difesero coraggiosamente le
spiagge e le terre del Salento contro
i furiosi guerrieri del Sol Levante.
Alla fine, lo sforzo risultò inutile.
Meglio armati ed in numero prepon-
derante, i soldati di Allah conquista-
rono la città.
Ottocento persone furono decapi-
tate dai saraceni.
Ossa e teschi si vedono ancora, in ap-
posite teche della famosa Cattedrale
di Otranto.
Un forte ruolo aveva avuto, negli
scontri e nei duelli del 15 agosto, il
Conte di Conversano Giulio Anto-
nio Acquaviva, luogotente del Re di
Napoli Alfonso d'Aragona. Abile
spadaccino aveva fatto strage di sa-
raceni ma, alla fine, era stato ammaz-
zato, decapitato da un colpo di
scimitarra turchesca.
Stando alla leggenda, il 'cavaliere
senza testa' aveva però continuato a
combattere, seminando morte e sgo-
mento tra i nemici.
Poi il fido corsiero si era dileguato
nelle campagne ed aveva portato il
Conte decapitato al Castello di Ster-
natia.
Nel cortile del palazzo, il cavallo si
fermò e il cavaliere cadde al suolo
per sempre.
Nella Chiesa Maggiore di Sternatia il
cadavere del Conte fu ricomposto e
sepolto. poi fu traslato in altra cap-
pella.
A Conversano, capitale del feudo
degli Acquaviva, nella Chiesa di S.
Maria dell'Isola, fastigi e preghiere
circondano il cenotafio di Giulio An-
tonio.
Questa leggenda concorda in gran
parte con la verità storica, anche se -
a quanto pare - il Conte morì nel
1481, e non nell'80, combattendo
contro i turchi a Muro Leccese. Fu
effettivamente decapitato da un fen-
dente nemico e il corpo morto,
fermo sull'arcione, fu trasportato dal
cavallo al Castello di Sternatia. I ca-
valieri allora erano bardati di corazze
e legami metallici, al punto che quasi
facevano un blocco unico con il ca-
vallo. Ciò spiega l'arcano del guer-
riero che rimaneva in sella senza
testa.
L'idea dello spettro però sopravvive
e più d'uno racconta di aver visto,
nelle notti di agosto, un cavallo mon-
tato da un cavaliere senza testa che
agita la spada nell'aria, cercando la
guerra e l'avventura sulla linea degli
antichi bastioni di Otranto.
Tutto si svolge in un luogo relativa-
mente vicino alla vecchia fortezza
sul mare, quella che ispirò, nel 1764,
allo scrittore inglese Horace Walpole
il primo 'romanzo gotico', che ap-
punto si intitola The Castle of
Otranto.
Nel libro l'atmosfera è terrifica,
degna di un horror che la realtà non
asseconda, con il sole e le palme di
una città che guarda al mare e al-
l'Oriente.
Otranto, però, ha anche memorie
truci e solenni, come quelle che ven-
gono dall'enorme mosaico pavimen-
tale della Cattedrale.
Qui c'è un altro mistero, forse più
grande di quello del Cavaliere fanta-
sma.
C'è un altro Cavaliere, che appar-
tiene ai miti e alle saghe del Nord
Europa e che stranamente è ritratto
nel medioevo del Sud.
Questo Cavaliere si chiama Re Artù
castelli infestati
Lotte di potere
Le elezioni i guadagni
il potere gli inganni
dei cavalier gli ammonimenti
in questo secolo frustranti io canto.
*
Cominciar quivi una crudel battaglia
come a piè si trovar tre cavalier e contro a lor due in-fanti
privi di brandi e muti, gli con gli altri si travagliaro;
di essi due, pur com avesser gli elmi arditi e baldi,
trasser la lingua e minacciando corser
dove poco di lor si potea temer
Più volte s'eran già non pur veduti
m'al paragon de l'arme conosciuti.
Colpi, i due dier di spalle per por gli un gli altri sotto e
al fin della tenzon, poich' eran scortesi entrambi
tre furo' i feriti e gli altri restar franchi.
(Che Ariosto Ci Perdoni).
a buon intenditore...
gossipForti della loro maggiore età ed in preda ad un delirio dionnipotenza, due pulzelle hanno deciso di evitare l’inter-rogazione di geografia generale - udite, udite - autorizzan-doSI all’uscita anticipata con tanto di falsificazione deldocumento ufficiale (registro di classe). Tempestivamentescoperte hanno già ricevuto la santa e meritata punizione.L’atleta (esperto nella corsa) si è opportunamente scon-
trato, lungo la pista, con il primo amore della sua vita - Au-guri!
Lancillotto e badate bene non Orlando, sì baldo perché delRegno Unito figlio, in linea con le migliori regole di caval-leria, ha offerto rose rosse, sicuro della vittoria, all’ ago-gnata e reticente lei. Che tempi ragazzi!Il triangolo delle Bermuda (ai vertici tre fanciulle dei tre liceidi Foggia) ha mietuto un’altra vittima. Allo sfortunato ric-ciolotto: riprova con una linea retta.
La redazione augura un buon Natale e un felice anno nuovo alla preside e professoressa
Gabriella Grilli.
Auguri ai docenti e agli alunni.
Auguri a chiunque aprira' questo giornale e lo sfogliera'.
Un grazie ed un augurio speciale al sig. Longo, alla sua famiglia e ad Annalisa che si e' atti-
vata per consentirci di realizzare questo progetto.
Grazie ed auguri a Tonia e a tutto il personale che ha avuto pazienza e ci ha ospitato.
Ancora cordiali ed affettuosi auguri al preside Mauriello.
Auguri alle professoresse Aulisa-Ficca-Solimando.
Auguri ai professori Scapicchio-Scopece.
Non li abbiamo dimenticati.
Auguri al dr. Sergio De Nicola con cui abbiamo iniziato questa attivita' e che non ha avuto
tempo per venirci a trovare... non abbiamo mai pensato che non sia venuto perche'
adesso e' una persona importante.
repetita iuvantFermi davanti un quadro rosso e blu
ascoltiamo la spiegazione della
guida.... e...
“Prof. Ha visto quel quadro rosso e
blu di Russolo?... forse anche il gio-
rale potrebbe chiamarsi come il qua-
dro...”
La RiVolta... ri Volta.. Volta rivolta al
Volta-nhohoho!!... rivolta il Volta-
forse ma... Volta per Volta... tutti per
uno uno per tutti- uno per Volta...
alla cattedra 2, che incubo!... una cosa
alla volta... anche meno se possibile-
laprossima Volta... e rimandiamo
sempre...
Una cosa alla Volta... che stile!
Volta... dar volta al Volta e siamo
noi... Ancora Volta... sempre Volta!!!
Alla maniera del Volta?
“Va bene per me, il titolo può essere
questo se a tutti gli altri sta bene”.
Riguardiamo il quadro: vitalità, vi-
brazioni, dinamismo, movimento,
luce, contro tonalità fredde e spente,
chiari di luna, nature morte e passa-
tismo.
Questo è il futurismo insieme all'en-
tusiastico elogio della macchina,
della velocità, della tecnica. In un
presente come il nostro, non radical-
mente di verso dalle prefigurazioni
futuriste, così tecnologicamente
avanzato ed avanzante, come non
cogliere la provocazione di un qua-
dro che ci colpisce per intensità e vi-
vacità di colori ma anche per la forza
di movimento della follia e del pro-
pagarsi del suo impatto nello spazio?
A destra del quadro ci riporta ad un
viaggio nel tempo e nel passato, per
un ritorno al futuro, nella misura in
cui, ogni attimo, ogni evento modi-
fica il futuro e per un attimo ci sen-
tiamo forti ed entusiasti, padroni di
noi stessi e non più schiavi della
macchina e della tecnica, perché, ta-
lora, con i ritrovati della tecnologia
ci si trova a disagio.
Forse oggi dovremmo tornare ad
un'opera di umanesimo delle mac-
chine per un ritorno ad un futuro
possibile per l'uomo, alla voglia di
muovere, rivoluzionare, cercare li-
bertà, salvezza, verità, una religione,
un'etica politica, un'etica economica,
uno scopo.
Benvenuto RiVolta!
la redazione
siamo belli e intraprendenti...
Infine, delle doverose considerazioni
di natura tecnica. I nostri piani pre-
vedono l'uscita di quattro numeri; a
giudicare dall'entusiasmo - nono-
stante le inevitabili difficoltà - che ha
accompagnato interamente la pro-
gettazione e la gestazione del primo,
l'idea sembra ambiziosa ma realista.
Non fosse che per un "dettaglio". Il
nostro budget adesso come adesso è
limitato e non permette di realizzare
tutte le nostre idee. Per ora è possi-
bile solo la realizzazione di un se-
condo numero, ma faremo di tutto
affinché il nostro progetto si realizzi
nella sua totalità.
A risentirci...
la redazione