rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del...

17
S econdo quanto risulta dai documenti storici, l’attuale isola di Rialto altro non è che la Rialto Nova, nome col quale gli antichi abitanti delle isole solevano indicare un’area assai più vasta, estesa dalle paludi dolci a canneto di Cannaregio, alle prime parrocchie delle Gemine, abbracciando così un’area molto ampia, attualmente compresa nel sestiere di San Marco e in parte rientrante nei sestieri di Castello e Cannaregio. Alle soglie del secondo millennio, la Venezia marittima era giuridicamente divenuta indipendente dal territorio dell’imperatore romano d’Oriente; da pochi secoli la sede politica era stata spostata da Malamocco alla zona di San Marco, ove, attenendosi alle notizie attestate dagli scarni documenti dell’epoca, l’area era ancora circondata da piscine, paludi, orti e molte terre vacue. In buona sostanza, quella che sarebbe in futuro divenuta Venezia doveva allora essere assai simile alle paludi che attualmente si adagiano silenziose e imperturbabili nella laguna a nord di Torcello. Si badi bene però che, nonostante l’apparenza, la novella aristocrazia veneziana non fissò la propria nuova sede in un “deserto” costituito di sole canne e acque salse; piuttosto qui i nuovi duchi e gli alti dignitari trovarono un terreno già colonizzato. Di fatto, i primi abitatori, seguendo una sorta d’imperio di una legge naturale, avevano fissato la loro dimora su quell’altura (o tumba) che, digradando d’ogni altro lato verso la palude, figurava mirabilmente favorita dall’arco di fiume, lungo la riva del quale placidamente si adagiava, dotata di agevoli approdi per la navigazione e di adeguati mezzi naturali di difesa, elementi da sempre considerati indispensabili tra quelli che un qualsivoglia territorio di insediamento umano si pensa debba offrire anche alla più pacifica delle popolazioni. Nascita e sviluppo di Rialto Gli studi degli ultimi settant’anni concordano nel sottolineare come il nucleo del primitivo insediamento insulare veneziano fosse in particolare concentrato sulla porzione di territorio esteso sino alla riva sinistra del Canal Grande, sicché lo stesso mercato e la Rialto delle origini erano ubicati su tale versante del canale. A tal proposito giunge da Giovanni Diacono, melanconico spettatore della brutta tragedia, la testimonianza secondo la quale il quarto doge Candiano, allora coreggente del padre, raccolse gli armati fedeli sopra la piazza del mercato, di lì muovendosi per attuare il folle disegno lungo le strettoie della via che conduceva alla piazza del governo. Ora, per giungere a questa mèta con i suoi satelliti, non ebbe bisogno di superare l’ostacolo del fiume, perché il mercato trovavasi di qua e non di là del canale. A onor del vero, unica sua propaggine, trasferita oltre la riva, era il mattatoio che, per ragioni di igiene e comodità, conviene sia collocato distante dal mercato e sia eretto in luogo propizio. Di fronte all’estremo limite dell’isola di Luprio, ove il terreno si impaludava abbastanza profondamente, per tutto il breve spazio ancora innominato, che in quello degradava, era collocata la becaria, di cui si serviva il mercato realtino, prosperante sopra l’opposta riva del canale. A riprova di ciò ancora l’annalista citato testimonia che quando, venticinque anni dopo l’insano tentativo di ribellione, il quarto Candiano, nel 976, subì come espiazione di colpe vecchie e nuove il supremo oltraggio, il suo corpo esanime e quello del figlio innocente furono traghettati sopra una barca da Rialto a tale luogo, per finire ignominiosamente tra i rifiuti delle carni macellate. Soltanto in seguito tali spoglie trovarono una più dignitosa sepoltura, per opera di Giovanni Gradenigo, figlio di quei pionieri che, estraniandosi Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città * di MARCO BORTOLETTO 11 PARTE PRIMA: NOTIZIE STORICHE * I contenuti di questo saggio e alcune delle illustrazioni a suo corredo sono già apparsi nella rivista semestrale “Archeologia delle Acque”, anno II, n° 1, gennaio-giugno 2000.

Upload: dinhmien

Post on 10-Jun-2018

229 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

Secondo quanto risulta dai documentistorici, l’attuale isola di Rialto altro nonè che la Rialto Nova, nome col quale gliantichi abitanti delle isole solevanoindicare un’area assai più vasta, estesa

dalle paludi dolci a canneto di Cannaregio, alleprime parrocchie delle Gemine, abbracciando cosìun’area molto ampia, attualmente compresa nelsestiere di San Marco e in parte rientrante neisestieri di Castello e Cannaregio.Alle soglie del secondo millennio, la Veneziamarittima era giuridicamente divenuta indipendentedal territorio dell’imperatore romano d’Oriente; dapochi secoli la sede politica era stata spostata daMalamocco alla zona di San Marco, ove, attenendosialle notizie attestate dagli scarni documentidell’epoca, l’area era ancora circondata da piscine,paludi, orti e molte terre vacue.In buona sostanza, quella che sarebbe in futurodivenuta Venezia doveva allora essere assai similealle paludi che attualmente si adagiano silenziose eimperturbabili nella laguna a nord di Torcello. Sibadi bene però che, nonostante l’apparenza, lanovella aristocrazia veneziana non fissò la proprianuova sede in un “deserto” costituito di sole canne eacque salse; piuttosto qui i nuovi duchi e gli altidignitari trovarono un terreno già colonizzato.Di fatto, i primi abitatori, seguendo una sortad’imperio di una legge naturale, avevano fissato laloro dimora su quell’altura (o tumba) che,digradando d’ogni altro lato verso la palude,figurava mirabilmente favorita dall’arco di fiume,lungo la riva del quale placidamente si adagiava,dotata di agevoli approdi per la navigazione e diadeguati mezzi naturali di difesa, elementi dasempre considerati indispensabili tra quelli che unqualsivoglia territorio di insediamento umano sipensa debba offrire anche alla più pacifica dellepopolazioni.

Nascita e sviluppo di Rialto

Gli studi degli ultimisettant’anni concordano nel

sottolineare come il nucleo del primitivoinsediamento insulare veneziano fosse in particolareconcentrato sulla porzione di territorio esteso sinoalla riva sinistra del Canal Grande, sicché lo stessomercato e la Rialto delle origini erano ubicati su taleversante del canale. A tal proposito giunge daGiovanni Diacono, melanconico spettatore dellabrutta tragedia, la testimonianza secondo la quale ilquarto doge Candiano, allora coreggente del padre,raccolse gli armati fedeli sopra la piazza delmercato, di lì muovendosi per attuare il folledisegno lungo le strettoie della via che conducevaalla piazza del governo. Ora, per giungere a questamèta con i suoi satelliti, non ebbe bisogno disuperare l’ostacolo del fiume, perché il mercatotrovavasi di qua e non di là del canale. A onor delvero, unica sua propaggine, trasferita oltre la riva,era il mattatoio che, per ragioni di igiene ecomodità, conviene sia collocato distante dalmercato e sia eretto in luogo propizio. Di fronteall’estremo limite dell’isola di Luprio, ove il terrenosi impaludava abbastanza profondamente, per tuttoil breve spazio ancora innominato, che in quellodegradava, era collocata la becaria, di cui si servivail mercato realtino, prosperante sopra l’opposta rivadel canale. A riprova di ciò ancora l’annalista citatotestimonia che quando, venticinque anni dopol’insano tentativo di ribellione, il quarto Candiano,nel 976, subì come espiazione di colpe vecchie enuove il supremo oltraggio, il suo corpo esanime equello del figlio innocente furono traghettati soprauna barca da Rialto a tale luogo, per finireignominiosamente tra i rifiuti delle carni macellate.Soltanto in seguito tali spoglie trovarono una piùdignitosa sepoltura, per opera di GiovanniGradenigo, figlio di quei pionieri che, estraniandosi

Rivoalto: memorie sepolte di un mercatonel cuore della città *

di MARCO BORTOLETTO

11

PARTE PRIMA:

NOTIZIE STORICHE

* I contenuti di questo saggio e alcune delle illustrazioni a

suo corredo sono già apparsi nella rivista semestrale

“Archeologia delle Acque”, anno II, n° 1, gennaio-giugno

2000.

Page 2: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

12

Ipotesi ricostruttiva, a cura dell’autore, dell’area a nord dell’insula di Rialto: prima della metà del XII secolo (Tav. 1), metà del XIII secolo (Tav. 2) e dopo il 1398 (Tav. 3).

Tav. 3

Tav. 2

Tav. 1

Page 3: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

13

dalle fiere e sanguinose lotte della piccola Rialto, sierano portati sopra i vicini terreni vacui e li avevanotacitamente bonificati. In effetti, con industriosolavoro, essi allargarono i confini della pletorica isolamadre, avvicinandola con ciò – popolando gli spaziintermedi – alle circostanti, preludio di unaindissolubile unione.Ad eccezione di queste notizie rielaborate, ricucite eriordinate da Cessi, va detto che non è pervenutoalcun documento concernente l’isola di Rialto Nova,se non per ciò che deriva dalle informazionitramandateci dai Gradenigo verso la metà del XIIsecolo. Ed è estremamente interessante notarecome proprio questa famiglia, unitamente a quelladegli Orio, dovesse parte delle proprie fortune almercato delle carni e fosse tra le prime schiatteimpegnate nella costruzione e nel riassetto di quellastessa isola ove sorgeva il macello.Gradenigo e Orio risultano essere gli uniciproprietari dei lotti di terreno posti sulla spondanord del Canal Grande, tant’è che i loro nomifigurano in un documento del 1051, ove per la primavolta viene nominata anche la chiesa di SanGiovanni Elemosinario, con l’annessa scuola diSanta Maria: ciò rileva in quanto il luogo citato nonha ancora un nome, ma viene parimenti consideratocome appendice del vecchio mercato rialtino. Difatto, a quell’epoca l’isola era praticamenteconcentrata attorno alla parrocchia di San Giovanni(Tav. 1), a sud della quale si estendevano le proprietàdei Gradenigo, mentre a nord-est erano ubicatequelle degli Orio. Il Canal Grande cingeva quest’arealungo il versante che corre da nord-est a sud-est,mentre a nord-ovest tra acquitrini, paludi e qualcheterreno vacuo, si estendeva la piscina Poncianica, allimite orientale della quale era posto il macello; ilmedesimo scenario dominava a sud-ovest, dove eracollocata la piscina di San Silvestro.Attenendosi ancora a una scrupolosa lettura deidocumenti, essenziali in quest’opera di preliminarericostruzione storico-topografica dell’area che hainteressato gli odierni lavori di riassetto del mercatoe i conseguenti rinvenimenti archeologici, si evinceche le prime operazioni di bonifica e di allargamentodei terreni, onde renderli abitabili, presero avvio agliinizi dell’XI secolo, con la parziale bonifica dellapiscina di San Silvestro ad opera dei Gradenigo. Taleopera di riqualifica del territorio urbano proseguì inmaniera sempre più massiccia durante il secoloseguente, per mano di alcune famiglie abitanti nellecontrade limitrofe, seguendo fasi graduali chevidero prima colmare le paludi comprese tra il rio di

Magadesso (attuale rio delle Becarie) e la piscinaPoncianica e poi nel 1155 l’edificazione della propriachiesa, intitolata a San Mattìo (o San Matteo).In ultima analisi, quest’opera di risanamentoperfezionata con la creazione della parrocchia diSan Mattìo (Tav. 2) ampliò gli spazi urbani abitabili,sottraendoli in tal modo all’inutilità della lorocondizione naturale pregressa, ma in sostanza nonmodificò la nozione fondamentale dell’insula: questarimase fissata sin dalla sua origine entro una corniceacquea nel tratto esteso fra i lati del Canal Grande, ilrio Magadesso e la linea limitante il confine con leprossime parrocchie di San Silvestro e Sant’Aponal,quale era scaturito dal graduale processo direcupero alle estremità dell’una e dell’altra.Ma ancor prima del sorgere della chiesa dedicata aSan Mattìo, che in un certo qual modo segnò laconclusione di una felice fase di rinnovamentodell’identità topografica di quella parte della città,nel corso dell’anno 1097 avvenne un fatto di rilievofondamentale per la storia dell’insula medesima:Pietro e Tiso Orio, ultimi esponenti di taleimportante famiglia veneziana, con munifico atto didonazione rimettevano alla podestà dominicale e alpopolo tutto le botteghe e il mercato di loroproprietà, ubicati in Rialto. Dunque tale giuridicatrasformazione nella titolarità del mercato, divenutodi pubblica proprietà, consentì l’immediatosfruttamento da parte degli avveduti commercianti, iquali vi spostarono molte delle attività sino ad allorasvolte nella ristretta sede di San Bartolomeo, o alpiù disperse tra questo campo e San Marco. Appenaquindici anni più tardi si arrivò a collocarvicipersino la Zecca, dando così vita alla duplice sedeche, sulla base del luogo di residenza, prendeva ilnome di “Officiales Rivoalti” oppure “OfficialesPalatii” (con sede a San Marco).È in quest’ottica di sviluppo economico –embrionalmente concepito dalle istituzionipodestarili rivoaltine – che va letta l’inesorabiletrasformazione dei luoghi oggi così amati dallacittadinanza veneziana, ma ancora poco conosciutidal punto di vista della loro ricostruzione storica, inquanto per lo più celata sotto la vivace e coloritapresenza dell’attuale dinamico mercato.Quel che non appare, ma che è facilmente intuibile,è il fatto che lo spazio acqueo e paludoso divenneappetibile da parte del privato, spinto ormai dalproliferare delle zone libere per mettere in attointenti speculativi e investimenti, utili peraltro allosviluppo dell’economia dell’intera città. In questoscenario, a dir poco attivo, convergono allora gli

Page 4: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

14

interessi di numerose famiglie veneziane, volte aconcentrare gli affari nella bonifica dellacostituenda area di San Mattìo e proprio entro taliconfini urbani destinati alla nuova omonimaparrocchia troveranno sistematicamente la loroprospera collocazione le famiglie dei Navagero, deiFalier, dei Ranier, degli Zorzi, dei Sanudo e deiQuerini.Si può affermare, pertanto, che quando nellaseconda metà di ottobre del 1177 papa Alessandro III,giunto a Venezia per conciliarsi con l’imperatore,consacrò in Capite Rivoalto le tre novelle chiese diSan Giovanni Elemosinario, ricostruitaposteriormente all’incendio del 1167, San Mattìo eSan Giacomo, appena terminate, l’intero sito urbanopur nella sua provvisorietà, costituita di case “queest totum opus pertineum et ligneum” (Cessi, Alberti1937 e Bortoletto 2000), aveva già assunto l’aspettodi un’insula pulsante di vita e di febbrili attività. Maè bene ricordare che laddove fioriscono occasioni dispeculazioni economiche e di rapida prosperità –legate nel caso specifico alla forte espansionegeografica e commerciale dell’insula, che favorì lacrescente importanza del luogo rispetto ad altripunti della città –, sorge l’esigenza di regole e diautorità deputate alla loro tutela e rispetto: eccodunque spiegata la “ratio” in base alla quale ilegislatori locali in un breve arco di tempo crearonoun apposito organo di governo e di controllodell’insula, istituendo per la precisione tra il 1229 e il 1248 gli Ufficiali sopra Rialto, incaricatidell’amministrazione della giustizia e del riassettourbano dell’insula, oggetto di un inarrestabileallargamento dei suoi ideali confini.Eppure, ancora sino al 1255, nel cuore dell’isola diRialto Nova permanevano le antiche vestigia di unapalude di recente bonificata, ma fino ad allora nondimenticata: dal placido fluire del Canal Grande,infatti, si diramava un corso d’acqua che, comepiscina, penetrava nell’area posta a nord. Inoltre c’èda aggiungere un’annotazione curiosa, che induce aconsiderare in un certo senso forse immutato neltempo il tipico malcostume delle illegalità legateall’edilizia, le quali sembravano accompagnarespesso la crescita dei centri urbani di ora come diallora. Nonostante l’istituzione di un’appositacommissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,col compito precipuo di controllare le licenzeedilizie concernenti gli immobili da porsi in Rialto,già a partire dagli inizi del XIII secolo i proprietaridegli immobili ubicati in prossimità del mercato,date le ristrettezze del posto, commisero

numerosi abusi edilizi.Tant’è che proprio per dare respiro all’asfitticomercato, il Maggior Consiglio deliberò in data 12marzo 1255 la bonifica della bassura allora esistentetra le proprietà comunali e i terreni in dominio deiSanudo e dei Querini; ma la stessa area, una voltacolmata, doveva rimanere comunque libera daimmobili e ingombri di qualsiasi natura, allo scopodi dare “maggior comodità ai cittadini”, comespecifica una successiva delibera del MaggiorConsiglio, recante la data 22 giugno 1288.L’elemento di rilievo nell’alternarsi di queste vicenderisiede in ciò: risale con ogni probabilità proprio acavallo di queste due date il periodo dicompletamento dell’antica riva lignea menzionatadal Savina. Si trattava di una riva assai robusta, inquanto protetta da grossi tronchi in legno spesso,ma non sempre, conficcati ortogonalmente alla lineadi marea nel terreno, l’uno accanto all’altro.Ed è interessante notare come questa particolareforma di riva sia stata rinvenuta anche nellearginature d’epoca imperiale scoperte nella laguna anord di Venezia, anche se va precisato che qui i palisono disposti a una distanza maggiore l’unodall’altro e gli interspazi stessi sono obliterati datavole lignee poste ortogonalmente all’imposta diciascun palo.

La trasformazione dell’area realtina dal 1300

Nella seconda metà del XIII secolo, dunque, siveniva così a formare lungo il lato di nord-estdell’insula, in riva al Canal Grande, una nuova areacommerciale compresa tra la zona del vecchiomercato degli Orio, concentrato tra la chiesa di SanGiovanni e quella di San Giacomo, e le proprietà deiSanudo e dei Querini, queste ultime poste a ridossodel rio di Ca’ Bellegno (o rio di San Cassiano), ovevenne terminata poco prima del 1275 la costruzionedella Ca’ Mazor dei Querini (ASV, Maggior Consiglio,Deliberazioni, II, 310).L’area che si era venuta così a formare fu, per unasorta di spinta naturale dovuta alla vicinanza dellazona con le rotte delle imbarcazioni provenientidalla terraferma, prontamente adibita alla vendita aldettaglio di prodotti e merci alimentari derivantidalle campagne.Eppure tali trasformazioni ben presto si rivelaronoancora insufficienti al cospetto delle pressantiesigenze dei locali, se è vero che, nonostantel’apertura di questo mercato novo avvenuta nel 1281nella zona compresa tra la ruga maestra (l’attualeruga vecia) e la chiesa di San Giovanni, il reale

Page 5: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

15

bisogno di spazi da adibire a mercato cresceva alivello esponenziale, proporzionalmente al cresceredella città e delle sue fortune. Non a caso di lì apoco una nuova magistratura, composta da tre savieletti per la prima volta nel 1286, ebbe l’importanteincarico di studiare un ampliamento del mercato.Se dunque l’amministrazione pubblica si muovevafebbrilmente in “Capite Rivoalti”, nel contempo ungruppo di nobili famiglie guidate dall’esempio deiQuerini e altri esponenti dell’aristocrazia veneziana,come gli Azzone, i Michiel, i Mocenigo, i Sanudo e iVenier, si interessavano direttamente delle areeestese lungo rio di Ca’ Bellegno, promuovendonell’ottobre del 1303 una serie di lavori di escavo ecostruzione delle rive affacciate sul citato rio, alloscopo precipuo di ricavare degli utili dall’attività divendita dei vini svolta in quei luoghi da parte dialcuni mercanti riminesi. Spesso però, come accadeanche oggi, la realtà sovrasta le intenzioni conineluttabilità e imprevisti, per cui nel casopresentato poc’anzi i tragici fatti del 1310, checoinvolsero proprio i due fratelli Querini,impedirono la realizzazione degli ingenti guadagnicui quel progetto era finalizzato.

Si aggiunga che all’indomani della congiura diBojemonte Tiepolo (14-15 giugno 1310) lo Statoacquistò nuovi diritti anche sull’area a ridosso di riodi Ca’ Bellegno, anche se va detto che sino alla finedel terzo decennio del XIV secolo non riuscì apianificarne l’utilizzo: si dovettero infatti aspettare iprimi interventi amministrativi del 1339 per avereuna collocazione definitiva delle attività sperate nellanuova area e solamente dopo che, a partire dal 1322,varie delibere sul riassetto generale del mercatotrovarono l’approvazione da parte del Comune.Così, nel breve arco temporale che corre tra il 1339 eil 1341, la zona ove sorgeva l’antica casa dei Querini,l’area attualmente compresa tra il campo, la calle e ilrio delle Becarie (o Beccherie), subì un primoriassetto urbanistico, che vide per la precisione lacollocazione delle rivendite di polli e di gallinenell’area della Ca’ Granda delle Becarie, mentre negliimmobili lungo la calle il trasferimento dellepanetterie, in precedenza ubicate invece nei pressidel Canal Grande.A seguito di questo periodo di grandi mutamentinell’assetto urbano del cuore della città, il 20 settembre 1342, trascorsi pochi mesi dal

Jacopo de’ Barbari, Pianta prospettica del 1500, Museo Correr, Venezia, particolare con l’insula di Rialto

Page 6: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

16

termine dei lavori concernenti il riordino delleattività svolte lungo rio di Ca’ Bellegno, venneindetto un censimento non soltanto riguardante gliimmobili, ma anche la nuova colmata appenaultimata lungo il Canal Grande e munita di riva inlegno: “in Canale Rivoalti et laborari ibi veniendo incanale et occupando de canali comunis a trageto deMestre usque ad pontem de Cà Bellegno seu rio deSancti Cassiani” (ASV, Quarantia al criminal, Parti, 18 r.).È da precisare che i problemi connessi all’utilizzodel suolo, legati per lo più al confluire nei medesimiluoghi dei traffici commerciali e al conseguenterichiamo e deambulare dei fruitori del mercato,comportante un incremento delle questioni relativealla più idonea distribuzione dell’arredo urbano, siripropongono con urgenza pressante e con lediverse sfumature del caso anche in ambito acqueo. A tal proposito, la città lagunare si dimostròavveduta e seppe cogliere le occasioni per

affrontare i problemi che assillavano gli abitantidella zona di Rivoalto: difatti, la nuova riva appenacostruita era stata concepita per alleggerire iltraffico acqueo che, similmente a quanto avvenivanelle ristrettezze degli spazi del mercato originario,aveva nel frattempo congestionato in modoinsopportabile il tratto della fondamenta del Vino,posto dalla Statera (ai piedi del ponte di Rialto) aCa’ Vidal. Qui, in un fazzoletto d’acqua, i burchi, lepeate e altre imbarcazioni ormeggiate in doppia etripla fila “senza pagar fitto” scaricavano in canaletalmente tante immondizie da far correreseriamente il rischio di interrarlo (ASV, UfficialiRialto, c. 124, 18 aprile 1331), tanto che lo si eradovuto scavare almeno due volte nell’arco di pocopiù di sessant’anni, esattamente nel 1260 e nel 1323.L’effetto sortito dal provvedimento sopra indicato fututtavia deleterio, perché si passò da una rivatrafficata a due rive costipate, tanto che gli stessi

Tav. 4 - L’insula di Rialto prima dell’incendio del 1514, estratto dalla ricostruzione di D. Calabi e P. Morachiello

Page 7: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

17

burchieri avevano preso addirittura l’abitudine diormeggiare le proprie imbarcazioni dinanzi a rio diCa’ Bellegno, scatenando con ciò la reazioneautoritaria dell’organo competente in materia. Fucosì che il 30 agosto 1353 la Quarantia intervennecon un bando sotteso a proibire tali irregolariormeggi, a pena di un esborso di ben quarantapiccoli, da ripartirsi equamente tra gli Ufficiali suRialto e i denunziati.Ma il destino riservava nei confronti di tale strutturaspondale di nuova fattura ulteriori e più gravisventure: il traffico lagunare crescente, gli scarichiincontenibili di materiali, la costante operadistruttrice da parte della malacofauna, il terremotodel gennaio 1348, la sostenuta acqua alta deldicembre 1386, l’incuria dovuta alle esigenzesanitarie e belliche, la semplice inesorabile usuradel tempo, decretarono una costante opera didistruzione della nuova riva.Per ovviare a tale inconveniente fu quindi deciso dicostruire un’altra nuova riva, ma questa volta inpietra e munita di gradinata fino al pelo dell’acqua,secondo quanto è riportato dal Savina circa i fattidell’anno 1398: “fu compida la fondamenta dellaPescaria di Rialto di pietra e dalla Frutaria, la qualgera in prima de legname, comenziando aiCamerlenghi di comune fino al traghetto di Santa Sofia, zoè alle barche che va a Padova”.In realtà però quest’opera è inquadrabile entro unmolteplice progetto di più ampio respiro, nonlimitato cioè alla singola soluzione di un unicoproblema contingente. Si tratta a tutti gli effetti diuno dei tanti provvedimenti finalizzati allariqualificazione urbana del mercato rialtino, checolse il pretesto di un rapido avvio con le decisioniprese in tal senso all’indomani dell’incendio delleCaserie, avvenuto nel 1361, che mise in lucel’urgenza di nuovi lavori di sistemazione dell’area;ma tali interventi vennero procrastinati di volta involta, a seguito di alterne vicende che coinvolsero lavita della città, in primis il riacutizzarsi degli eventibellici vissuti tra il 1373 e il 1381.Così si dovette attendere il 1394 per vedere attuatol’inizio dei lavori di riordino del mercato, con laselciatura del campo di Rialto Novo e delle calli;quindi nel 1397 riprese la ricostruzione delcampanile di San Giovanni Elemosinario, crollatonel 1360, e inoltre si pose mano alla ricostruzione inpietra della Pescaria e dell’Erberia (o Erbaria),mentre nell’anno successivo si passò alla medesimaoperazione incentrata sulle rive. (Tav. 3)Attraverso questi progressivi avanzamenti del piano

di risistemazione previsto, si giunse a dare unanuova veste all’isola intorno agli inizi del XV secolo,ma nemmeno questo fu il volto definitivo della zona,tanto complessa e strategicamente sfruttatasoprattutto dal vivace e attento settore deicommercianti da essere soggetta inevitabilmente aripetute modifiche e cambiamenti, dettate dallepratiche esigenze del momento.Per questo, nel 1436 (ASV, Maggior Consiglio, Ursa,c. 110, 16 dicembre 1436) vennero sistemati i transitida Rialto a San Cassian in prossimità delle Becarie,allo scopo di creare nuovi spazi ove sistemare inumerosi venditori di pollami e uova, costrettialtrimenti a occupare, oltre ai posti loro spettanti,anche il tratto di riva delimitato dal ponte di Ca’ Bellegno alla Casura, dinanzi alle case deiSanudo, impedendo in tal modo le normalioperazioni di carico e scarico delle merci; unanalogo fenomeno di ingombro fu determinatoanche dai pescivendoli (ASV, Senato Misti, LVIII,145, 9 settembre 1432) nel momento in cui dallavicina Pescaria andarono a occupare via via le areepredisposte invece alle operazioni di sbarco dellemerci poste oltre la Frutaria (ASV, Senato Misti, LIV,159, 7 gennaio 1424).È dunque a cagione di questa serie di inconvenienti,accentuati dall’incremento dei traffici, che si reseautomaticamente necessario il decentramentotopografico delle diverse forme di commercio, nonsolo, ma gli stessi uffici amministrativi intrappolatitra volti, banchi e botteghe furono ben prestocostretti a spostarsi da detto luogo a zone piùperiferiche. (Tav. 4)Ma a quel punto, stando così le cose, l’intera piazzadi Rialto necessitava di una vera e propriariorganizzazione, onde superare i problemi diingombro, che affliggevano col passare del temponon soltanto le zone ai margini delle rive, ma anchecalli e campi attigui.Il dibattito suscitato da tale complesso scenario, chemetteva in evidenza i diversi interessi coinvolti, videl’eccellere del pensiero di un illuminato spiritodell’epoca, l’umanista Scipione Bon. Questi avevainiziato a dare il suo personale contributo già dal1424 in relazione alla riedificazione della Loza deiNobili, nei pressi del ponte di Rialto. Le sueconsiderazioni però partivano da presupposti nuovie per questo maggiormente apprezzabili: dopo laconquista della terraferma, Rialto divennesostanzialmente la piazza commerciale di uno Statoesteso non soltanto politicamente, ma anchegeograficamente e questa sua nuova posizione

Page 8: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

18

dominante la collocava all’interno di una serie diaspirazioni politiche ed economiche. Tali aspirazionistimolarono il Bon a riprogettare la piazza di Rialto,con l’obiettivo ambizioso di creare un’areaeconomica nuova, funzionale e bella, degna dellacapitale di uno Stato ricco, famoso, potente e perquesto invidiato. Alla luce di tale ampia prospettivavanno interpretati i lavori intrapresi nel 1459, cioèall’indomani della caduta di Bisanzio nelle mani deiTurchi e della pace di Lodi di Lorenzo il Magnifico.Non si trattò dunque limitatamente di lavoricompiuti nell’ottica di un allargamento dei mercati osulla scia di una espansione economica, bensì diun’opera di ingentilimento delle forme, pensata –non va dimenticato – nel secolo di Masaccio,Donatello, Alberti, dei fratelli Bellini, di Carpaccio,Brunelleschi e Leonardo, il secolo dell’Uomo. Ma come spesso accade, purtroppo le idee furonopiù rapide della loro fattuale realizzazione, cosicchétutti i lavori progettati, le migliorie auspicate, nongodettero di una effettiva continuità d’intervento: leguerre viscontee prima e i problemi col Turco poiimposero delle pause nei lavori, associandosi a ciòla carenza di liquidità che costrinse lo Stato adalienare numerosi immobili, ubicati addiritturaall’interno della piazza stessa di Rialto.Tuttavia le spese sostenute per l’abbellimento e lacomodità dei luoghi della Serenissima si rivelavanosempre un buon affare, dato che tali opere, più chevolte al superfluo, si dimostravano efficaci veicoli dirispetto e rinomanza all’estero ed era in fondoquesto il fine principale da raggiungere, per unoStato che mirava a mantenere il più possibileinalterato il suo prestigio.Tra il 1458 e il 1459 si diede quindi l’avvio a una seriedi studi e proposte sottese a migliorare le condizionidei traffici e delle locazioni nel tratto di rivacompreso tra la loggia nelle vicinanze del ponte diRialto e il ponte di Ca’ Bellegno; si trattò in sostanzadi ridefinire, entro i luoghi comunemente adibiti amercato, un nuovo sistema dispositivo delle areecommerciali, riqualificandone gli spazi e i sitispecifici, in guisa da conferire al complesso urbanode quo un aspetto più razionale e acconcio.Venne così stabilito che: l’area dove oggi si troval’edificio dei Camerlenghi e allora la loggia dei nobili fosse ridefinita mediante la costruzione di un loggiato per il sollazzo deimercanti; la pescheria confinante fosse spostata in prossimità delle Becarie, in un’area di nuovacostituzione da ottenersi bonificando parte delCanal Grande, mentre al suo posto dovevano

essere ricollocate le erberie.Il 25 maggio 1459 il programma dei lavori cosìconcepito venne approvato dal Senato (ASV, SenatoTerra, IV, 106 v.) e appena un anno dopo la pescheriavenne effettivamente trasferita nel luogo deputato(ASV, Notatorio di Collegio, XVIII, 5), anche se aonor del vero si dovette attendere il 1514 per vedereultimati i lavori di selciatura in loco (Sanudo, Diarii,XVIII, 5).La totale realizzazione del progetto, tuttavia, subìuna notevole battuta d’arresto per il subentrare dialtre priorità finanziarie, che dirottarono altrove ifinanziamenti occorrenti, in parte a causa dei nuovieventi bellici, in parte a cagione dell’incendio delPalazzo Ducale, avvenuto nel settembre 1483, edella conseguente necessità di ricostruzione. Stando così le cose, si dovette aspettare un periododi quasi trent’anni prima di dare nuovo impulsoall’opera di riarredo urbano dell’insula, cosicchéfinalmente nel 1488 (ASV, Notatorio al Sal, II, 184) laloggia nuovissima edificata nella pescheria nuovapoteva dirsi compiuta e il 27 maggio 1494 (ASV,Notatorio al Sal, IV, 23 v.) la riva “dal canton deStatii de erbe, dove è al presente uno coverto fato incolone a preso la pescaria nova” fu risistemataattraverso la realizzazione di una gradinata petrineagiungente sino all’acqua.Peraltro va detto che la realizzazione delle suddettemigliorie si rivelò al fine ancora una voltainsufficiente, tant’è che l’area interessata ricaddenell’annoso problema del sovraffollamento da partedegli operosi commercianti e rivenditori, costretti aostruire l’un l’altro gli spazi disponibili. Ne seguì unaccalcarsi, scomodo e pericoloso, lungo lafondamenta e addirittura sulle stesse barcheormeggiate in riva, accanto ai punti di sosta deitraghetti, con evidenti disagi per tutti. Il nuovo ampliamento stesso comportò d’altrocanto, nel giro di un trentennio, una crescitaesponenziale dei traffici minuti e degli ingombridegli spazi predisposti per la deambulazione trabanco e banco. Già più volte, prima i Provveditori suRialto e successivamente quelli al Sal e alle Acque sioccuparono del problema, ma nessuno eraveramente in grado di prevedere l’entità dei disagiche si sarebbe venuta a creare nel tempo, aprescindere dagli interventi d’autorità e propriograzie all’incredibile sviluppo dei commerci in loco.È da rilevare che già nel 1341 era stata istituita unacommissione di tre nobili (ASV, Maggior Consiglio,Spiritus, c. 114) con lo scopo apposito di esaminarele strade di Rialto e successivamente erano state

Page 9: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

19

promulgate addirittura specifiche normesull’allestimento del mercato (ASV, MaggiorConsiglio, Spiritus, c. 115 v., 11 aprile 1355; ASV,Quarantia al Criminal, Parti II, 46 v., 6 settembre1350; ASV, Maggior Consiglio, Spiritus, c. 119 v., 29febbraio 1342).Nonostante tutto ciò, era facile trovare in unfazzoletto di suolo urbano, tra le “becarie” e iCamerlenghi, indistintamente senza un ordine,macellai, pescivendoli, rivenditori di polli e uova daMestre, fruttivendoli da Chioggia, Malamocco,Mazzorbo, Sant’Ariano, Sant’Erasmo e dal litoralevenditori di frutta ormeggiati promiscuamente tra ipunti di scalo dei traghetti provenienti da Padova,Piove, Mestre e Chioggia; calli e fondamenteospitavano ogni sorta di manovre e operazioni daparte dei commercianti, tanto che si era fatto lecitodi posare “casse, caponere et cesti et altre sue robesu la strada, sicché con difficultà si pol pasar, etancor ocupando li luoghi soto la loza, luogodeputato a zentilhomeni et merchandanti, senzaavertentia alcuna, non senza ignominia di QuestaTerra” (ASV, Nototorio al Sal, II, 164 v., 22 ottobre1487).

L’incendio del 1514

L’opera di svecchiamento di Rialto, ormaifortemente compromessa a causa della situazione diingombro della superficie, appena descritta persommi capi, fu portata a compimento in un certosenso in occasione di un triste avvenimento,destinato a mutare bruscamente e radicalmentel’aspetto dei luoghi colpiti: nella fredda notte tra il 9e il 10 gennaio del 1514 un incendio devastantescoppiato nel cuore del mercato, probabilmenteappiccato accidentalmente all’interno di unabottega, incrementato dallo spirare incessante di unforte vento di tramontana, unitamente a una serie difortuite concomitanze (Sanudo, Diarii, XVIII, 459),distrusse gran parte della parrocchia di SanGiovanni, laddove le strutture lignee erano piùnumerose di quelle in pietra e perciò vulnerabiliall’azione distruttrice del fuoco. Lo spettacolo che si presentò agli occhi increduli enello stesso tempo curiosi della popolazione, ilgiorno successivo, sotto una fitta nevicata, dovetteessere estremamente malinconico e fu subito chiaroil bilancio delle perdite subite: l’area dellaparrocchia di San Mattìo, grazie alla presenza dellaruga maestra e delle nuove case in pietra edificatedai Sanudo a ridosso della pescheria, si era in granparte salvata, ma fu immediatamente chiaro che la

zona di Rialto Novo e quella attorno alla chiesa diSan Giacomo erano andate perdute. Di esse nonrestava che un cumulo di scure macerie fumanti,sulle quali si aggiravano decine di persone allaricerca dei propri averi, o comunque di un propriotornaconto frutto di questo imprevedibileaccadimento. La scena in generale doveva certamente essere resaancor più tetra dalle due forche fatte erigere dalSavio Cristoforo Moro, immediatamente dopo il suoinsediamento in Rialto con i Signori della Notte,avvenuto già la sera del 10 gennaio, allo scopo dimantenere l’ordine pubblico e la disciplina in quelmomento tanto delicato, foriero di disordini, furti equant’altro, come si evince dalla narrazione deidocumenti dell’epoca.Il risultato di tutto ciò è presto detto: ci vollero daquel momento più di dieci anni per ricostruire ciòche il fuoco nell’arco di una notte aveva divorato,seguendo il progetto dello Scarpagnino, al qualesubentrò il Sansovino per la costruzione delleFabbriche Nuove, avvenuta nel 1555-56.A tale data risale la sistemazione dell’insula diRialto, quale grosso modo noi oggi vediamo, perchéfino alla caduta della Repubblica e più ancora sinoalla fine del XIX secolo gli interventi condotti suquesta delimitata area della città lagunareconsistono, eccetto i massicci restauri operati sulleFabbriche sansoviniane, in lavori di ordinariamanutenzione, relativi soprattutto “al salizar de lecalli” (ASV, Consiglio dei Dieci, Comuni, XXVII, 18,18 maggio 1565), “conzar fondamenta” (ASV,Collegio al Sal, XII, 28 v., 30 aprile 1579) o “refarpontili” (ASV, Collegio al Sal, Parti, III, 74, 20 aprile1680).Soltanto molto più tardi, nel 1885, furono condottiradicali lavori di riqualificazione urbana dalForcellini, il quale su incarico del Comune concepìuna nuova edificazione della pescheria in stileliberty, sopra all’antica area adibita alle stessefunzioni. Ora, per quanto potesse apparire gradevoleper il gusto dell’epoca, ma forse proprio perchétroppo avulsa dal contesto visivo circostante edominante nel resto della città, che ovunqueesprimeva tutt’altro genere di stile, tipicamenteveneziano piuttosto che continentale, la faraonicaopera dell’ingegnere comunale non ebbe lo speratosuccesso. Tanto non piacque ai veneziani, troppo legati alvolto tradizionale e rassicurante che traspare a ogniangolo e in ogni scorcio della città, da indurre lastessa amministrazione a rivedere la sua scelta,

Page 10: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

incaricando nel 1904 Cesare Laurenti e DomenicoRupolo di sostituire l’edificio liberty con l’odiernoimmobile adibito a pescheria, quale tutticonosciamo (vedi avanti il saggio di VincenzoFontana), munendolo di un’apposita riva dotata diuna gradinata degradante verso il rio delle Becarie,che però, nel breve arco di qualche decennio, vennedel tutto sovrastata dall’innalzamento di un murodestinato a costituire una sorta di ampliamentodell’area, allo scopo di strappare nuove zonecommerciali da affidare alle crescenti esigenze delmercato ittico rialtino. Grazie ai lavori compiuti nelle immediate vicinanzenell’inverno del 2000, tale riva ha potuto rivedere laluce nella sua, si può dire, totale integrità, palesandonuovamente la sua bellezza caratterizzata da una

efficace semplicità. L’ordine delle cose era statoripristinato e la tradizione dei veneziani era salva,mentre a tutt’oggi nel cuore della città continua apulsare la vita del mercato di Rialto, ogni giornodiverso, eppure sempre uguale, costruito sulletracce della sua stessa storia, rimasta sepolta e poisvelata all’intera cittadinanza in una giornata disettembre 1999, grazie all’interessamento delComune e soprattutto all’iniziativa di Insula.In quell’occasione è piacevolmente emerso come siapossibile rendere partecipi tutti ad avvenimenti cherendono lustro all’intera città e danno il giustorilievo ad antiche tradizionali attività ancoranecessarie, primarie nell’economia e alle quali tutti icittadini sono legati nella loro quotidianità.

Campo della Pescaria con le rive antiche riemerse dallo scavo: a sinistra quella risalente al 1398 e a destra quella del 1456

Page 11: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

21

La riva del 1398

Il livello più antico posto inluce coincide con uno

spesso deposito naturale argillo-limoso,caratterizzato da un’associazione costante dimalacofauna e dalla sporadica presenza nelleparti superficiali di rari inclusi antropiciprovenienti dagli strati sovrastanti e inglobatisinel fango lagunare. Sulla superficie di questo deposito viene impostatoun argine lineare, orientato est-ovest, realizzato inlaterizi franti, legati con buona malta di calcecontenente inerte sabbioso di origine marina,mescolato a numerosi frustuli carboniosi. Talestruttura fungeva da rinforzo a una riva costruita inblocchi squadrati di pietra d’Istria, organizzatiorizzontalmente su cinque ordini consecutivi, conl’inserimento a intervalli non regolari di una chiavedisposta ortogonalmente e innestata sulla strutturain laterizi. (Tav. 5 a pagg. 24-25).L’intero impianto era a sua volta deposto su unasottofondazione realizzata mediante grossolanepiastre d’arenaria, impostate su un doppio tavolatodi assi di larice, posizionati ortogonalmente su dueordini a loro volta poggiati su alcune file di paliinfissi nel fondo del canale.Va notato che i blocchi di calcare istriano eranorifiniti, nella parte esterna, con raffinati colpi digradina, peraltro ancora perfettamente conservatiladdove risultavano protetti dal fango lagunare,mentre gli ultimi due corsi superiori presentavanoun’evidente abrasione naturale dovuta al costantedilavamento, attribuibile al normale flusso di mareae all’aggressione della malacofauna locale.A completamento della struttura era stata dispostauna cornice superiore a “toro”, dal profilo esternoarrotondato, che in una fase successiva si rivelòessere l’ultimo corso di una gradinata degradanteverso il canale, rasata nel 1885 in occasione degliinterventi che portarono alla realizzazione di unasovrastante condotta fognaria.Durante l’esposizione dell’argine all’azione dellemaree, provata dalla presenza di specificamalacofauna sugli ultimi corsi della riva, si assistealla formazione di alcune depressioni morfologicheparallele all’argine, dovute al sovraescavo della base

fangosa causato dal riflettersi del moto ondoso sullasuperficie spondale e successivamente colmate daspessi depositi limo-argillosi, fortemente organici.In effetti, sulla superficie della sponda in oggettovengono deposti per azione antropica alcuni livellidi sabbie frammiste a elementi organici di originevegetale e animale, mescolati a ceramiche e aframmenti di laterizi scaricati in acqua e provenientidal vicino mercato rialtino.Si rileva inoltre che tale scarico di materiali ètalmente continuo da non permettere l’abrasione deimateriali stessi e da non porre in essere la giustacondizione temporale che consente al moto ondosodi rielaborare i depositi, in modo che ivi appaionocompletamente assenti, contrariamente ad altreposizioni, i classici andamenti lamellari tipici dellespiagge intertidali. Su questa base, a seguito di alcune decisioni relativeall’unione tra il vecchio e il nuovo mercato di Rialto,abolendo in tal modo delle servitù private, vienerealizzato un altro argine lapideo, databile alla finedel secondo trentennio del XV secolo, allo scopo diallargare la fondamenta. Questo è formato mediantel’infissione verticale di alcune file di pali di larice,posti a interdistanze mediamente regolari di 0,40-0,25 m, all’interno delle quali venivano poste scagliedi pietra d’Istria dal profilo subangolare.Direttamente sopra a questo impalcato vienecostruita una banchina, costituita da grossi blocchidi calcare istriano disposti senza una precisatessitura e legati con una buona malta di calcemescolata a un inerte sabbioso di origine marina.Dalla documentazione giunta in nostro possessosappiamo che anche questa seconda strutturapresentava una gradinata discendente direttamentenel Canal Grande ma, come accadde per la rivatrecentesca, le esigenze costruttive pertinenti alpassaggio di una condotta fognaria (di“forcelliniano” progetto), decretarono la scomparsadella medesima. Purtroppo tale operazioneottocentesca, relativa ai sottoservizi, venne eseguitaa discapito del mantenimento del bellissimo, eperaltro intatto, pavimento cinquecentesco inaltinelle disposte a spina di pesce (spiccatum) cherecava le antiche delimitazioni dello spazioassegnato a ciascun banco del mercato, medianteapposite liste in pietra d’Istria, contrassegnate dalnumero romano corrispondente alla licenza d’uso diciascuna concessione.La realizzazione di questa nuova sponda comportòdei grossi problemi relativi allo scarico dellefognature provenienti dalle calli circostanti e allora

PARTE SECONDA:

I SONDAGGI

ARCHEOLOGICI

Page 12: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

22

sfocianti direttamente in Canal Grande.Fu proprio per tale ragione che venne realizzata unanuova condotta a volta, poggiante su un doppiotavolato in larice e munita di un pozzettod’ispezione.Questa particolare struttura, che a Venezia assumela denominazione di “gátolo”, s’impostava all’altezzadell’antico scarico trecentesco posto incorrispondenza dell’odierna calle dell’Ostaria dellaCampana e ne prolungava il getto per altri 11 mcirca, fino a giungere al Canal Grande.È da notare che, data l’importanza di una perfettaefficienza dell’opera, la manutenzione di talimanufatti spettava alla competenza dei Provveditorialla Sanità e del Magistrato alle Acque, mentre leoperazioni di espurgo venivano intrapresenottetempo, preferibilmente nei periodi invernali,onde limitare il più possibile il facile diffondersi deifetori. Difatti, la rimozione dei liquami avveniva amano e precisamente eliminando le parti liquide consecchi e quelle solide o viscide a pala, riempiendoappositi contenitori lignei a doppio manico,chiamate mastelle, che venivano svuotate inapposite barche, a loro volta liberate del contenutoin appositi luoghi prefissati, ove venivanopreviamente condotte dai burchieri.Per agevolare il fluire dei rifiuti che vi siincanalavano, tali condotte erano poste appena al disotto del massimo comune marino, di modo che sipermetteva al flusso delle acque di penetrare in fasedi alta marea, per poi uscirvi dilavandole in fase dibassa marea.In definitiva l’importanza archeologica di talistrutture spondali e, più in generale, l’interessediffuso anche per i non addetti ai lavori suscitatodalla messa in luce di tali rive – ora tornatenell’oscurità del sottosuolo, ma che rimarrannonella memoria di chi ha avuto l’opportunità divederle emergere nel contesto del moderno mercatorialtino – sta nella felice condizione che lecaratterizza, vale a dire nel fatto di rivelarci conassoluta certezza un quadro dettagliato della vitaquotidiana che si svolgeva nel cuore della città, inquella data epoca, essendo chiara la definizioneprecisa del momento storico e dei contornitemporali cui risalgono le rive.In sostanza i veneziani hanno riscoperto se stessi,almeno una volta a diretto contatto visivo con lesplendide imponenti tracce lasciate dal loro ingegnocostruttivo: le rive, perfettamente integre, hannoconservato persino le tracce degli approdi, dandoquasi la parvenza di poter tornare a nuova vita

Qui sopraCampo della Pescaria, pavimento cinquecentesco

in altinelle disposte a spina di pesce, ottobre 1999

SottoCampiello San Mattìo, ritrovamento di una fossa comune

nel luogo dove sorgeva la chiesa omonima

Nella pagina seguenteCampo della Pescaria,

collettore fognario quattrocentesco

Page 13: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

23

attraverso l’immaginazione collettiva, e sono statepreziose custodi inconsapevoli dei ricordi materialidell’antico mercato, uscito per sempre dall’oblio chelo racchiudeva, grazie alla raccolta d’innumerevolioggetti che svelano abitudini alimentari e costumi diun’epoca passata, ma in fondo simile a oggi.Tra il novembre del 2000 e il febbraio del 2001furono ultimati i lavori di riqualificazione dell’interocomplesso delle pescherie di Rupolo e Laurentiattraverso il ridisegno dell’intera rete dei sottosevizi,con l’allacciamento degli stessi al nuovo impiantogià costruito nel 1999.Il progetto esecutivo, curato dall’ingegner FaustoFrezza, prevedeva, tra gli oggetti d’intervento,l’apertura delle calli prospicienti l’area del campodella Pescaria e l’ulteriore prolungamento della retedelle fognature, che dal campiello di San Mattìo,attraverso la calle dell’Anzolo, avrebbe dovutoallacciarsi alla nuova condotta ubicata lungo la calledelle Becarie. Confermando le previsioni prospettate al riguardo,proprio quest’ultimo tratto della zona coinvolta dailavori ha presentato l’emergere di alcune tra lestrutture d’interesse archeologico più rilevanti

dell’area, vale a dire i vecchi immobili ivi innalzati e parzialmente o totalmente demoliti nel corso della tormentata e complessa evoluzione storicacaratterizzante l’area in oggetto.Difatti, se le indagini condotte nella porzione diterritorio ove si stendono le vivaci e animate calliposte a est della pescheria non portarono alla lucealcun dato di particolare rilievo archeologico, il latogiacente a ovest della stessa ha dato invecepiacevolmente origine alla scoperta dell’imponenteapparato di fondazione così sommariamentedescrivibile: esso si presenta realizzato in concisquadrati di arenaria d’auresina, sui quali siappoggiano cinque corsi di laterizi di riutilizzo, tra iquali spiccano alcuni frammenti di laterizioaltomedievale legati con una malta di calceselvatica, mescolata a inerti sabbiosi di originemarina. Va aggiunto che il rinvenimento di numerosiframmenti ceramici tardoduecenteschi raccolti dallatrincea di fondazione di tale struttura, unitamentealla posizione della stessa, indurrebbero a ipotizzaresi tratti di un edificio costruito nella seconda metàdel XIII secolo e con verosimiglianza attribuibileall’antica Ca’ Mazor dei Querini.

Page 14: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

24

I materiali

È di tutta evidenza che con l’emergere dellestrutture di cui s’è detto, aventi posizione strategicaall’interno di un’area di per sé di estremaimportanza storico-archeologica, sono statirinvenuti numerosi e interessanti materiali, di cuipare opportuno dare notizia, seppur in succinto, inquesta sede.Durante le operazioni di scavo, che hannodirettamente interessato il sito delimitato dalle duerive, sono stati portati alla luce innumerevoli repertiarcheologici, che spaziano dalle esigue dimensionidi frammenti ossei a materiali ceramici piùconsistenti e provenienti in ogni caso per la maggiorparte dagli strati relativi allo scarico delleimmondizie in canale.Era infatti usanza di allora, ma in rari casi lo è ancheoggi, gettare nei canali o nei vicini rii le immondizieprodotte durante la giornata, in modo che ilcostante flusso della marea potesse in seguitotrasportarle in mare.Sta di fatto che le autorità competenti in materia sitrovarono costrette a promulgare apposite leggiaffinché questo deprecabile costume cessasse. Dal canto loro, le magistrature veneziane avevanoistituito un’apposita rete di nettezza urbana,consistente in cassoni ove venivano collocate leimmondizie, successivamente asportate in duegiorni della settimana, in genere il martedì e ilsabato, da parte di barcaroli a ciò specializzati e perciò appositamente stipendiati.In realtà tale servizio si rivelava insufficiente per lenecessità effettive, svolto con molte carenze, e glistessi cassoni spesso non erano in grado dicontenere l’ingente quantità di scorie prodotte nelcorso della settimana, cosicché con ripetutafrequenza i rifiuti venivano ammassati al di fuori deigià stracolmi cassoni, divenendo in tal modo facile

preda di gatti, gabbiani e ratti, liberi di rovistarvi apiacimento. È poi evidente come un tale accumulo di sozzureprovocasse il diffondersi di intollerabili olezzi, oltreche di generali problemi d’igiene, tanto da causaresovente il deprezzamento del valore degli immobiliposti nel circondario.Stando così le cose, per gli abitanti risultava al finepiù pratico e comodo liberarsi dei rifiuti gettandolidirettamente in acqua, elemento che, a differenzadei cassonetti, non mancava di certo. Comunque èchiaro che un tale comportamento, pur dettato dacontingenze non volute, causava a sua volta un altrograve inconveniente, persino superiore a quello chei cittadini pensavano di lasciarsi alle spalle, ovveroquello dell’interramento dei canali.Conti alla mano, è impressionante constatare chedal 1394 al 1459 si era infatti accumulato più di unmetro di immondizie a ridosso della spondatrecentesca. Si trattava soprattutto di materialiorganici scaricati dalle vicine “becarie” o dallimitaneo mercato ortofrutticolo. Ciò si evince dainumerosissimi resti rinvenuti, quali parti di animali

Tav. 5 - Prospetto della riva sud costruita nel 1398

Ceramica invetriata bassomedievale degli inizi del XV secolo

Page 15: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

25

macellati come crani e vertebre di ovini, capre e caproni, ma non mancano resti di suini, cervidi e bovini, anche se in minor numero.La bassa percentuale di resti di volatili da cortile,come polli, anatre e galline, invece, con ogniprobabilità risiede nel duplice fatto che questivenissero in gran parte venduti interi e che, qualorafossero macellati, le ossa finissero gettate in acquapoiché, essendo assai leggere, fluttuavano e sidisperdevano più facilmente rispetto agli altri scartidi macellazione.Durante l’asportazione dal sito di questi resti sonostati raccolti diversi gusci d’uovo di gallina e sonostate rinvenute ben quattro uova ancora intatte,delle stesse dimensioni di quelle che oggi si trovanocomunemente in commercio. Questi reperti devonoessere visti in relazione non soltanto al mercato deivenditori di galline, posto nelle vicinanze, ma ancheai vicini traghetti provenienti dalla terraferma, con iquali arrivavano in città i “villani” carichi di prodottie derrate alimentari di piccolo volume, ma dielevato valore commerciale.Dagli stessi strati citati sono stati recuperati anchenumerosi resti provenienti dalle adiacenti pescarie:tra questi, in percentuale non elevata, sono statipazientemente recuperati resti di malacofaunalocale, come buli, ostriche, granchi, caragoli longhi,cappe longhe e vongole. È da aggiungere che ancheper questi elementi è pertinente la stessa analisiapplicata circa gli scarti di macellazione, per cui sene deduce che pesci e molluschi venissero vendutiinteri, anche se però accadeva sovente che unaparte trascurabile del pescato potesse ricadere inacqua durante le operazioni, non sempre agevoli, dicarico e scarico dalle barche.Estremamente interessanti sono i resti organicirelativi al mondo vegetale: nocciole, castagne,mandorle, semi di melone (i famosi poponi), cetrioli,

uva, pere e ciliegie sono stati rinvenuti emeticolosamente raccolti durante le fasi di scavodel sito, accanto a un non trascurabile numero dipinoli e ad alcune pigne di pino domestico, cheperaltro hanno impressionato per il loro ottimostato conservativo, testimoniando insieme lafebbrile attività del mercato ortofrutticolo e leabitudini alimentari non dissimili da quelledell’odierna gastronomia locale. Valga comeesempio per tutti, a questo proposito, l’usanza diarricchire ancora oggi il piatto tipico delle “sardelein saor” con uvetta e pinoli.Un altro consistente gruppo di elementi recuperati èdi origine antropica. Trattasi prevalentemente dimanufatti ceramici, anche se non mancano repertimetallici, tra i quali spiccano molteplici guarnizioni,colini e un particolarmente interessanteabbinamento di crogiolo e lingotti di piomboutilizzati con ogni probabilità per affrancare legrappe della riva; e non mancano ritrovamenti dioggetti in vetro, tra i quali, per l’importanzaconsiderevole che rivestono dal punto di vistadell’ottima conservazione e della testimonianzasugli usi del mercato, vanno citati alcuni pesi recantiimpresso, ben riconoscibile, il timbro del Comune diVenezia: hanno la caratteristica forma ad anello esono stati concepiti in tale composto vitreo perovviare ad eventuali tentativi di limatura, volta adalterarne il peso, all’evidente scopo di carpire labuona fede dei frequentatori del mercato. Per ciòche concerne invece i ritrovamenti ceramici, vadetto innanzitutto che il rapporto quantitativo tra levarie classi delle ceramiche offre un’immagine,seppur approssimativa, di quella che doveva esserela circolazione delle medesime a Venezia tra la finedel XIV secolo e la prima metà del secolosuccessivo; ne risulta da un primo studio lapreponderanza della ceramica invetriata

Page 16: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

26

monocroma sulle altre classi (87% del materialerecuperato). Tale tipo di ceramica era quasisicuramente prodotto, almeno in gran parte, in loco,azzardando persino l’individuazione del luogopreciso, vale a dire nella zona delle fornaci diCampalto. Ciò si evince dalla constatazione chenell’inverno del 1982 ivi vennero portati alla lucealcuni “butti” di fornace contenenti materiali assaisimili, se non del tutto identici, a quelli rinvenuti aRialto e depone per questa ipotesi il fatto cheproprio in riva al mercato rialtino si fermassero itraghetti provenienti da Mestre e le barche dallaterraferma (Canal, Saccardo 1989). Quanto acomposizione, aspetto e forme, questo tipo diceramica era caratterizzato da un rivestimentovetroso di origine piombifera, spesso addizionatocon alcuni ossidi di ferro, tali da conferire unaparticolare colorazione bruno-gialla e si tratta per lopiù di forme aperte, quali ciotole, scodelle, catini,piatti e bacini, secondo una tipologia assai diffusa econosciuta (Saccardo 1993).Accanto a questa produzione semplice si poneancora, tra i rinvenimenti ceramici di Rialto, un 7%

di ceramica ingobbiata, graffita, dipinta e invetriataappartenente alla tipologia della graffita arcaicapadana, che si colloca tra l’ultimo quarto del XIV e iprimi decenni del XV secolo. È un tipo di ceramicamolto diffuso in Italia settentrionale e si presentacon la caratteristica decorazione in settori sullepareti ed entro medaglione nei cavetti; tipici poisono i motivi standardizzati di carattere geometrico,vegetale o animale presenti e dipinti spesso incolorazione verde ramino o giallo ferraccia.Ceramica comune e ceramica grezza di produzionelocale, invece, corrispondono rispettivamente allo0,9% e al 3,7% del materiale recuperato: si tratta perla maggior parte dei casi di frammenti di coperchi odi pentole con anse sopraelevate, dovegeneralmente venivano inseriti dei manici metallici;l’impasto refrattario con il quale sono confezionatele pentole è generalmente di colore grigio o bruno-rossastro; le anse possono avere una formatrapezoidale, oppure arrotondata, mentre il fondopresenta i caratteristici piedini conici, che sarannotipici delle produzioni più tarde; ben visibili sono tral’altro i segni della tornitura lungo le pareti, mentre

Ceramica graffita arcaica padana degli inizi del XV secolo

Page 17: Rivoalto: memorie sepolte di un mercato nel cuore della città · opera di riqualifica del territorio urbano proseguì in ... commissione di sorveglianti “pro viis et de canalis”,

27

in alcuni degli esemplari le anse presentano delledecorazioni a punzone.Merita una trattazione a parte il ritrovamento direperti appartenenti a importazioni di Maiolica,consistendo in esemplari piuttosto interessanti.Maiolica è innanzitutto l’antico nome di Majorca,allora grande emporio mercantile frequentato dallenavi impegnate nel commercio tra le coste spagnole,francesi e italiane. In proposito, si può aggiungereche una tipologia ceramica particolarmente graditanei mercati, specie italiani, appartenente ai prodottidi manifattura iberica, si rivelò essere un genere divasellame avvolto da un rivestimento in stagno etrattato in superficie con apporto di un metallo dalcolore multisfaccettato, tale da conferire unaccattivante riflesso dorato.Per quanto concerne in modo particolare leimportazioni in terra veneziana, alcuni documentiattestano l’arrivo nella città lagunare di quattrocasse di vasellame di manifattura spagnola nel 1398e testimoniano di successivi contatti con vasai diorigine araba, incaricati di fornire il mercato discutelle, su ordinazione.Questi beni raffinati giungevano direttamente incittà dalla produttrice Spagna, scaricati in riva SanBiagio, ove venivano sottoposti sin dal 1414 alpagamento del dazio, e di qui in una fase successiva,avviate al mercato interno e continentale.È vero infatti che la fortuna di questo prodotto nelmercato godrà di privilegi fino alla metà del XVsecolo, essendo sommamente apprezzata, grazie allasua ampia diffusione, da tutte le classi privilegiatedel nord Italia, con prevalenza dei Veneti: se infattinumerosi risultano i ritrovamenti di repertiappartenenti a questa tipologia a Venezia (a Rialto leimportazioni ispaniche rappresentano circa l’1% delcampione), non va trascurato il fatto che sulla basedei ritrovamenti già avvenuti si può attestare chequeste produzioni immesse nel mercato spaziaronoda Cividale del Friuli a Verona, da Rovigo al limitedella Repubblica di Venezia fino alle montagne delFursil (Bortoletto 1997).

Bibliografia essenziale:

M. Bortoletto, La ceramica grezza dell’ala nord del

monastero di San Lorenzo di Ammiana (Venezia), in“Quaderni di Progetto Restauro”, II, 1998, pp. 16-24.M. Bortoletto, Cenni sull’edilizia minore veneziana alla

luce di alcuni rinvenimenti archeologici, in “Archeologiadelle Acque”, 3, 2000, pp. 9-20.M. Bortoletto, Interventi archeologici nelle pescherie di

Rialto a Venezia, in “Archeologia delle Acque”, 4, 2000, pp. 68-85.D. Calabi e P. Morachiello, Rialto. Le fabbriche e il ponte,Torino, 1987.D. Calabi, Acqua e suolo, in AA.VV. “Tra due elementi

sospesa”. Costruzione di un paesaggio urbano, Venezia2000, pp. 53-90.E. Canal e F. Saccardo, Un “butto” di fornace veneziana tra

XIV e XV secolo, in “Archeologia Veneta”, XII, 1989, pp. 115-140.R. Cessi e A. Alberti, Rialto: l’isola, il ponte, il mercato,

Roma 1934.M. De Min, Lo scavo archeologico nella chiesa di San

Lorenzo di Castello a Venezia, in B.M. Scarfì (a cura di),Studi di Archeologia della X Regio in ricordo di Michele

Tombolani, Roma 1994, pp. 495-517.W. Dorigo, L’edilizia abitativa nella “Civitas Rivoalti” e

nella “Civitas Veneciarum” (secoli XI e XIII), Venezia 1993.G. Fiocco, La casa veneziana antica, Roma 1949.P. Maretto, L’edilizia gotica veneziana, Roma 1960.P. Maretto, Profilo dell’urbanistica veneta dal ‘400 al ‘600, in“Bollettino del Centro internazionale di studi d’architetturaAndrea Palladio”, 18, 1976.P. Maretto, La casa veneziana nella storia della città dalle

origini all’Ottocento, Venezia 1986.G. Scattolin, Contributo allo studio dell’architettura civile

veneziana dal IX al XIII secolo. Le case-fondaco sul Canal

Grande, Venezia 1961.

Campo San Giacomo (detto San Giacometto),il “Gobbo” che regge la scala della colonna del Bando