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rivista trimestrale, Anno X - Numero 4 DICEMBRE 2019 Tecnologie per i Beni Culturali ArcheomaticA CARTOGRAFIA ARCHEOLOGICA DI OSTIA ANTICA A RCHAEOLOGICAL D ATA S URVEYING AND MANAGEMENT WITH O PEN S OURCE INDAGINI DIAGNOSTICHE NON INVASIVE www.archeomatica.it JERUSALEM UNA RICERCA MULTIDISCIPLINARE

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rivista trimestrale, Anno X - Numero 4 DICEMBRE 2019

Tecnologie per i Beni Culturali

ArcheomaticA

Cartografia arCheologiCa di ostia antiCa

arChaeologiCal data surveying and management with open sourCe

indagini diagnostiChe non invasive

www.archeomatica.it

Jerusalemuna riCerCa

multidisCiplinare

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Archeomatica_n2_2019.indd 2 15/10/19 16:10

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EDITORIALE

Archeomatica_n2_2019.indd 2 15/10/19 16:10

In questo numero presentiamo il progetto editoriale di Jerusalem - The Holy Sepulcre - Research and Investigations (2007-2011) edito nel 2019 a cura di Grazia Tucci. Un progetto approfondito, completo, che affronta e ha affrontato il problema della vulnerabilità sismica di uno dei monumenti più famosi e affascinanti al mondo, da un punto di vista interdisciplinare, in una zona afflitta da una sismicità

problematica per la futura sorte del monumento: una sfida ambiziosa, raccolta dal gruppo di ricerca creatosi a seguito della richiesta della comunità religiosa e scientifica di trovare soluzioni pratiche dinanzi alla

possibilità di nuovi terremoti che, in un futuro prossimo, potrebbero mettere a rischio l’integrità strutturale, già di per se critica, della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

Un approccio multidisciplinare quello portato avanti dal team di ricercatori e studiosi che ha lavorato su più fronti, analizzando il monumento da differenti punti di vista: la caratterizzazione geotecnica e geofisica, la misurazione metrica e conseguente realizzazione dei rilievi tridimensionali e la valutazione strutturale della

vulnerabilità sismica. Una ricerca che, aldilà dei lavori realizzati e delle informazioni ottenute, ha messo in luce anche la

controversa questione della diffusione e condivisione dei dati elaborati da precedenti ricerche e di come, tutt’oggi, a volte, gli attori del mondo scientifico e accademico, anche per motivi logistici, faticano ad

allinearsi verso un ottica comune: la libera circolazione delle informazioni. Una questione che da tempo affligge e penalizza coloro che si cimentano in nuove ricerche, i quali, talvolta,

non possono usufruire della documentazione precedente realizzata da altri team di ricerca, rendendo il carico di lavoro, già di per se complesso e pesante, ancora più astruso e macchinoso. Uno scenario, questo,

che si allontana dallo scopo epistemologico della ricerca scientifica e che si trasforma, in alcuni casi, nel tentativo di alcuni di appropriarsi di un bene comune, per il solo e unico scopo della realizzazione e affermazione personale. Non si vuole in questo contesto affermare che sia questo il caso, né tantomeno sostenere questa ipotesi, ma si vuole semplicemente riflettere su come, ancora oggi, nel 2020, con tutti

gli strumenti digitali di cui si dispone, soprattutto nell’ambito di una ricerca internazionale di tale portate, quale è lo studio a cui si fa riferimento, sia avvenuta una “omissione” di informazioni che avrebbe potuto

indubbiamente arricchire e, magari, semplificare la ricerca scientifica dello studio in oggetto.L’articolo di Davide Mastroianni “Da Bing Maps alla cartografia archeologica finalizzata di Ostia Antica.

L’utilizzo dell’algoritmo Spline di ArcMap” illustra l’interessante utilizzo dell’algoritmo Spline di ArcMap: questo strumento permette di georeferenziare immagini aeree o satellitari oblique, le quali essendo proiezioni prospettiche devono essere ortorettificate, processo svolto solitamente tramite da appositi

programmi tipo GRASS, attraverso modelli DEM, in questo caso provenienti da bing maps, utilizzati dall’autore per la realizzazione della carta archeologica di aree ancora non scavate, di cui ancora non

si disponeva di una planimetria. Tale algoritmo ha consentito la corretta georeferenziazione di immagini oblique, rendendo misurabili le evidenze archeologiche sepolte dei settori ancora non scavati della città di

Ostia Antica in una cartografia in scala 1:5000.Roberto Montagnetti e Luca Mandolesi nel contributo “QGIS, pyarchinit and blender: Surveying and

Management of Archaeological data with Open Source Solutions” presentano spunti interessanti su come operare all’interno di un GIS archeologico con metodologie open source e software come Qgis e PyArchinit,

dando inoltre una dimostrazione di come i dati presenti all’interno del GIS possono essere usati per la realizzazione e di progetti di modellazione e mappatura 3D tramite il software Blender.

Cesare Crove e Francesco Miraglia propongono un interessante caso studio di indagini diagnostiche non invasive e di come queste possano essere di supporto alla manutenzione programmate rilevando le aree di

intervento. Con ciò mettendo in luce come rispetto alla tradizionale mentalità del restauro, la conservazione programmata accentui l’attenzione al lungo periodo e al rischio, richiedendo un’innovazione di processo e di

tecnologie un cambiamento radicale della cultura operativa.

Buona lettura,Renzo Carlucci

gerusalemme. una riCerCa multidisCiplinare.

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DOCUMENTAZIONE6 La Basilica del Santo

Sepolcro a Gerusalemme: resoconto di una ricerca multidisciplinare

di grazia tuCCi

14 Da Bing Maps alla cartografia archeologica finalizzata di Ostia Antica. L’utilizzo dell’algoritmo Spline di ArcMapdi davide mastroianni

RIVELAZIONI20 Indagini diagnostiche non

invasive e manutenzione programmata. Analisi di un caso di studio: la torre del Monte di Scauri

di Cesare Crova, franCesCo miraglia

direttore

Renzo CaRluCCi

[email protected]

direttore responsabile

MiChele Fasolo

[email protected]

Comitato sCientifiCo

annalisa CipRiani, MauRizio FoRte,BeRnaRd FRisCheR, Giovanni ettoRe GiGante, sandRo Massa, MaRio MiCheli, steFano Monti,FRanCesCo pRospeRetti, MaRCo RaMazzotti, antonino saGGio, FRanCesCa salveMini, RodolFo MaRia stRollo

redazione

[email protected]

Giovanna Castelli

[email protected]

liCia RoMano

[email protected]

valeRio CaRluCCi

[email protected]

doMeniCo santaRsieRo

[email protected] luCa papi

[email protected]

ArcheomaticA

In copertina l'immagine della Planimetria del Santo Sepolcro, con le Cappelle di Sant’Elena, dell’Invenzione delle Croce e di San Vartan, elaborata a partire dal modello di punti 3D e Sovrapposizione della sezione longitudinale del complesso elaborata dal modello di pun-ti 3D con l’ortoimmagine (rilievo 2007-2010 Grazia Tucci e Valentina Bonora).

Tecnologie per i Beni Culturali Anno X, N° 4 - DICEMBRE 2019

IN QUESTO NUMERO

Archeomatica, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivi-sta italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozio-ne e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimo-nio culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e, in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione avanzata del web con il suo social networking e le periferiche "smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italia-ni che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accade-mia, enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.

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RUBRICHE

26 AZIENDE E PRODOTTISoluzioni allo Stato

dell'Arte

42 AGORÀNotizie dal mondo delle Tecnologie dei Beni Culturali

46 EVENTI

GUEST PAPER

29 QGIS, pyarchinit and blender: Surveying and Management of Archaeological data with Open Source Solutionsby roberto montagnetti, luCa mandolesi

RECENSIONI

25 I Sumeria Cura di franCesCa salvemini

29 Jerusalem The Holy Sepulchre - Research and Investigationa Cura di franCesCa salvemini

marketing e distribuzione

alFonso QuaGlione

[email protected]

diffusione e amministrazione

tatiana iasillo

[email protected]

MediaGeo soC. Coop.via palestRo, 9500185 RoMa

tel. 06.64.87.12.09Fax. 06.62.20.95.10www.archeomatica.it

progetto grafiCo e impaginazione

daniele CaRluCCi

[email protected]

editore

MediaGeo soC. Coop.Archeomatica è una testata registrata al Tribunale di Roma con il numero 395/2009del 19 novembre 2009 ISSN 2037-2485

stampa

system graphiC srl

via di torre santa anastasia 61 00134 roma

Condizioni di abbonamentoLa quota annuale di abbonamento alla rivista è di € 45,00. Il prezzo di ciascun fascicolo compreso nell’abbonamento è di € 12,00.Il prezzo di ciascun fascicolo arretrato è di€ 15,00. I prezzi indicati si intendono Iva inclusa.Per abbonarsi: www.archeomatica.it

Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale del contenuto di questo numero della Rivista in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto dell’editore.

data ChiusuRa in Redazione: 15 MARZO 2019

Science & Technology Communication

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una pubblicazione

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profiloColore 46

topCon 45

virtualgeo 47

INSERZIONISTI

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6 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

DOCUMENTAZIONE

di Grazia Tucci

Gerusalemme è situata in una zona fortemente sismica

ed è stata, in passato, teatro di terremoti disastrosi.

Il terremoto del 1927 è stato uno dei peggiori che si

siano registrati in quel territorio e, oltre a centinaia

di vittime, causò consistenti danni alle strutture degli

edifici civili e religiosi. Anche la Basilica del Santo

Sepolcro fu pesantemente colpita e subì, in seguito ai

danni di quel sisma, importanti interventi di consolida-

mento e ricostruzione. Uno studio sulla città di Gerusa-

lemme ha evidenziato una periodicità, nella ripetizio-

ne di eventi sismici, di circa 100 anni. La volontà di

scongiurare un pericolo annunciato è stata l’origine

del progetto descritto nel volume “Jerusalem The Holy

Sepulchre - Research and Investigation (2007-2011)”

curato dalla scrivente. Nel 2006 le tre Comunità Prin-

cipali del Santo Sepolcro preoccupate della capacità

della Basilica di resistere a un nuovo terremoto, aveva-

no richiesto una valutazione tecnica delle sue struttu-

re al fine di progettare un eventuale consolidamento in

relazione ai risultati derivati dalle analisi.

Gerusalemme è situata in una zona fortemente sismica ed è stata, in passato, teatro di terremoti disastrosi. Il terremoto del 1927

è stato uno dei peggiori che si siano registrati in quel territorio e, oltre a centinaia di vittime, causò consistenti danni alle strutture degli edifici civili e religiosi. Anche la Basilica del Santo Sepolcro fu pesantemente colpita e subì, in seguito ai danni di quel sisma, importanti interventi di consolidamento e ricostruzione. Uno studio sulla città di Gerusalemme ha evidenziato una periodicità, nella ripetizione di eventi sismici, di circa 100 anni. La volontà di scongiurare un pericolo annunciato è stata l’origine del progetto descritto nel volume “Jerusalem The Holy Sepulchre - Research and Investigation (2007-2011)” curato dalla scrivente. Nel 2006 le tre Comunità Principali del Santo Sepolcro preoccupate della capacità della Basilica di resistere a un nuovo terremoto, avevano richiesto una valutazione tecnica delle sue strutture al fine di progettare un eventuale consolidamento in relazione ai risultati derivati dalle analisi. Padre Michele Piccirillo, archeologo e professore dello Studium Biblicum Franciscanum, si rivolse al Direttore del Centro di Ateneo per i Beni Culturali (CABEC), dell’Università degli studi di Firenze, il defunto prof. Piergiorgio Malesani, per condurre

Fig. 01 - Planimetria del Santo Sepolcro, con le Cappelle di Sant’Elena, dell’Invenzionedelle Croce e di San Vartan, elaborata apartire dal modello di punti 3D (rilievo 2007-2010 Grazia Tucci e Valentina Bonora).

la basiliCa del santo sepolCro a gerusalemme: resoConto di una riCerCa multidisCiplinare

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Tecnologie per i Beni Culturali 7

uno studio sulla vulnerabilità sismica del monumento. Si interpellarono così architetti, rilevatori, geologi e ingegneri strutturisti e furono costituiti tre gruppi di ricerca che hanno svolto le indagini in modo collaborativo e fortemente interdisciplinare: il primo per la caratterizzazione geotecnica e geofisica, il secondo relativo ai rilievi metrici 3D e il terzo relativo alla valutazione strutturale della vulnerabilità sismica1.Tutti hanno accolto con grande slancio questa sfida per uno dei siti più affascinanti del mondo la cui stratificazione storica, al di là delle questioni più marcatamente religiose, rende di difficile lettura il ricco e articolato palinsesto architettonico, più volte distrutto e ricostruito, nonché l’importante relazione con il banco roccioso sul quale insiste.L’iniziativa ha costituito anche l’importante attestazione di una volontà congiunta delle Comunità religiose (Greca, Francescana e Armena) di aderire ad un progetto comune per la conoscenza e la salvaguardia di un patrimonio unico al mondo, aspetto questo tutt’altro che trascurabile se si tiene conto dei ricorrenti dissidi spesso documentati fra le stesse comunità. La prima campagna di indagini si è svolta dal 16 al 30 Aprile 2007. Solo successivamente, esaminando i resoconti dei rilievi pregressi, si sono compresi appieno i commenti di studiosi che in precedenza avevano lamentato le difficoltà da essi incontrate nello svolgimento delle operazioni di rilievo, sempre considerate una ardua impresa. A cominciare dall’articolazione piuttosto complessa delle strutture, che porteranno Charles William Wilson (1836-1905) a non essere soddisfatto dei suoi risultati, come dirà in una lettera ad Hayter Lewis, per proseguire con le difficoltà logistiche nel trasporto della strumentazione - il Santo Sepolcro

è incastonato in una struttura urbana, con altimetria variabile, che non consente di raggiungerlo con mezzi convenzionali – e nelle relazioni con le diverse Comunità. Basti pensare alla naturale diffidenza di coloro che, nelle varie Comunità, si alternano nella sorveglianza di quel luogo Sacro ed ai quali, non essendo stati informati delle nostre attività, occorreva spiegare le ragioni di tanti “inconsueti movimenti”, in ambienti solitamente non aperti ai pellegrini ed ai turisti. Padre Piccirillo aveva fornito informazioni molto sommarie, indicandoci la sola porta principale, per lasciarci decidere autonomamente, dopo l’accesso, gli adempimenti da compiere per gli obiettivi assegnati. Non eravamo a conoscenza, a quel tempo, che anche solo lasciare un prisma appoggiato su un plinto poteva dare adito a irrigidimenti e sospetti! Non ci erano note le difficoltà che potevano derivare dall’ancora vigente “Status Quo” che attribuiva quel plinto ad una Comunità piuttosto che ad un’altra. Durante le campagne di rilievo, il raggio luminoso del laser che percorreva tutte le superfici e la istantanea visualizzazione sullo schermo dei modelli di punti 3D hanno facilitato il contatto sia con coloro che appartenevano alle Comunità del Sepolcro che con i pellegrini curiosi che si avvicinavano spesso nella speranza di trovare una chiave di lettura tra quegli intricati percorsi che nulla avevano a che fare con quanto nel loro immaginario si aspettavano di scoprire in quel Sacro Luogo. D’altra parte, nella prima campagna di acquisizione dati, a causa dei tempi di attesa imposti dagli strumenti di allora2 - circa 3 ore per ogni scansione, ridotti a pochi minuti nelle campagne successive grazie alla rapida evoluzione tecnologica – la nostra permanenza, di giorno e di notte, all’interno della Basilica è stata particolarmente lunga e ci ha consentito di cogliere momenti indimenticabili e di vivere una delle più

Fig. 02 - So-vrapposizione della sezione longitudinale

del complesso del Santo Sepol-

cro, elaborata dal modello di

punti 3D con l’ortoimmagine.

(rilievo 2007-2010 Grazia

Tucci e Valenti-na Bonora).

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8 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

straordinarie esperienze che un rilevatore possa desiderare. Padre Piccirillo aveva consigliato di cominciare dalla Rotonda e solo in seguito ne abbiamo compreso le ragioni: secondo lo “Status Quo” la Rotonda “appartiene” a tutti! È dalla Rotonda dunque che è stato intrapreso il progetto del rilievo, estendendolo successivamente a tutti gli spazi del complesso, dove siamo tornati fino al 2009 per il progressivo completamento delle operazioni. La rete topografica di inquadramento ha dovuto seguire anche tali esigenze di accessibilità “in progress”.

Nelle campagne successive3 si sono incontrate ulteriori difficoltà nel trasporto degli strumenti di misura; un destino questo che accomuna coloro che devono trasportare pesanti e costose attrezzature di indagine, come si legge anche nel libro di Martin Biddle4, dove rammenta come la British Airways, tramite il suo Charities Department abbia generosamente trasportato senza costi pesanti attrezzature e documenti di ricerca. Come noto, gli strumenti topografici accrescono la diffidenza anche durante i controlli in aeroporto dove si sono consumate estenuanti ore di attesa e di interrogatori senza avere mai la certezza di aver imboccato la strada giusta!Per quanto riguarda gli accessi all’interno della Basilica già Padre Corbo5 aveva denunciato le difficoltà incontrate nel rilevare e studiare le aree private di ogni Comunità: archeologo e frate della Custodia di Terra Santa, seppure considerato come l’esperto archeologo da parte di tutte le confessioni, non ha sempre avuto la possibilità di svolgere indagini nelle aree spettanti ai Greci e agli Armeni. A conclusione delle campagne di indagine possiamo finalmente contestare queste affermazioni, in quanto tutte le Comunità erano volte ad agevolare il lavoro dei gruppi di ricerca: tutte le aree private sono state rese accessibili e rilevabili, comprese quelle più prossime al banco roccioso e quindi più interessanti dal

punto di vista scientifico, con il risultato di aver reso possibile la realizzazione di un modello tridimensionale dettagliato e completo che potrà costituire un riferimento anche per gli studi futuri. Padre Michele Piccirillo, prematuramente e inaspettatamente scomparso il 26 ottobre 2008, che non ha avuto modo di assistere al termine del lavoro da lui avviato e tanto sostenuto, era stato lungimirante lasciando a noi l’onere di individuare il percorso migliore!6

Nell’Ottobre del 2009 il CABEC ha consegnato alle tre Comunità una relazione suddivisa in 3 volumi: 1 – Caratterizzazione geotecnica e geofisica; 2- Rilievi

tridimensionali – 3-Valutazionestrutturale della vulnerabilità sismica che rappresenta l’esito del lavoro condotto dal 2007 al 2009. Lo studio, realizzato in un lasso temporale piuttosto ridotto, ha ottemperato gli obiettivi iniziali con grande soddisfazione anche per l’inconsueto rispetto dei tempi. Padre Bagatti sostiene che molto spesso, negli studi sulla Basilica, il tempo che intercorre tra le indagini, i rilievi e la trasmissione degli esiti ai diretti interessati è molto lungo, fino a vanificare l’efficacia dei risultati per gli studiosi che si avvicendano nelle ricerche e che da quei rilievi potrebbero invece trarne beneficio.

Fig. 3 - Modello di superficie di porzione della cava, visibile all’interno della Cappella di Sant’E-lena. I pellegrini non sempre arrivano a percorrere questi spazi, appartenenti alla Comunità Armena. (Elaborazioni della mesh Lidia Fiorini).

Fig. 4 - Mesh 3D delle scale che conducono alla Cappella dell’Invenzione della Croce. L’elevato livello dettaglio consente di leggere le differenti tessiture murarie e le lavorazioni superficiali. (Elaborazioni della mesh Lidia Fiorini)

Fig. 5 -Mesh 3D della Cappella dell’Invenzione della Croce. (Elaborazioni della mesh Lidia Fiorini)

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In effetti il report e le tavole di rilievo consegnati nel 2009 sono state subito rese disponibili ma la volontà di rendere fruibile ad un pubblico più vasto l’esito di questi studi, al fine di lasciare traccia anche nella comunità scientifica, desiderosa di contribuire alla conoscenza dei Luoghi Santi, ci ha suggerito di intraprendere una nuova avventura con la pubblicazione di un volume che ne contenesse gli aspetti salienti.In realtà sono trascorsi quasi dieci anni e sono accaduti molti eventi che hanno forzosamente bloccato il proseguimento del lavoro ma che ci hanno consentito anche di restituire oggi un progetto più completo di quanto fosse stato previsto inizialmente. Nella notte di Natale del 2013 ci ha lasciato il Prof. Piergiorgio Malesani, autentico regista di questo progetto. Nel frattempo, la disponibilità di una impressionante mole di dati metrici tridimensionali mai realizzata prima, anche se inizialmente finalizzata ad analisi di carattere strutturale, ha fornito l’occasione di poter indagare in modo del tutto nuovo alcuni aspetti della struttura, a partire dalle murature, con la metodologia oramai consolidata della analisi stratigrafica degli elevati, di cui si fornisce un resoconto nel secondo capitolo della prima parte del volume. L’indagine è confinata al transetto nord ed ha carattere metodologico e dimostrativo di un approccio che dovrebbe, auspicabilmente, essere esteso a tutte le murature della Basilica7.Così come abbiamo avuto modo di apprezzare la straordinaria efficacia dei modelli di punti nello studio sulla conformazione originaria del sito e sulle sue successive metamorfosi fino alle fondazioni del complesso Costantiniano. Tutte le irregolarità del cratere su cui insiste la cava sono state registrate minuziosamente tanto da rendere possibile una chiara lettura del suo rapporto con le strutture architettoniche. Sempre grazie ad una rappresentazione tridimensionale, per quanto schematica, dei dati materiali, è stato possibile uno studio filologico applicato al monumento, nel quale è stata redatta una tabella comparativa delle principali fonti scritte e iconografiche dal IV al XII secolo8.

Quasi come un preludio agli studi ed ai rilievi svolti nella seconda parte del libro ho redatto un capitolo sui rilievi pregressi con l’intento di passare in rassegna, per ordine cronologico, quelli esperiti sulla Basilica dallo scorcio del XVI secolo, a partire da Jean Zuallart (1586) e Bernardino Amico (1591-1597)9, quando la misura cominciava ad avere anche validità in termini di accuratezza, fino ai maggiori contributi del XX secolo.L’elenco delle opere risulterebbe sterminato e ha richiesto inevitabilmente una selezione. E’ un capitolo che potrebbe ambire all’autonomia di un volume e spero possa costituire l’inizio di un percorso che consenta anche un confronto critico tra i rilievi storici. Quasi tutti si sono indirizzati verso la compilazione di una planimetria, molto spesso ripresa dai

Fig. 6 - Mappa di scostamento del pavimento della Rotonda, ora in attesa di restauro.

Fig. 7 - Una vista renderizzata del modello 3D del sistema voltato dell’abside e della volta sopra il Katholicon. E’ stata data priorità alla modellazione degli elementi strutturali mentre le parti decorative sono volutamente trascurate. (Elaborazioni di Francesco Algostino).

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10 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

precedenti autori e verificata in qualche sua parte e pochi hanno rilevato in modo completo anche gli alzati. Questi studi erano comunque per lo più incentrati sull’analisi delle fasi edificatorie, mentre quando gli scavi e le indagini archeologiche da una parte e i restauri dall’altra, hanno consentito di esaminare parti inedite della Basilica, i rilievi sono inevitabilmente divenuti parziali e, prima del rilievo realizzato dal nostro gruppo, nuovamente “completo” (e tridimensionale grazie anche all’evoluzione della tecnologia nel settore informatico e in quello, affascinante, della misura), solo il team di Dennis D. Balodimos e Andreas Georgopoulos della National Technical University di Atene aveva raccolto questa grande sfida e si era impegnato, a partire dal 1993, in un poderoso rilievo fotogrammetrico. Sono stati necessari sette anni per redigere 36 elaborati, tra piante, prospetti, sezioni e dettagli. In realtà siamo venuti a conoscenza dell’esistenza di questo eccezionale rilievo solo a conclusione delle operazioni sul campo: poterne disporre prima sarebbe stato molto utile in fase di progetto ma è noto che, ancora oggi, nell’era digitale, la archiviazione e la condivisione dei dati costituiscono una vexata questio, con il risultato di continuare a moltiplicare sforzi che potrebbero essere meglio indirizzati se coordinati anche sulla base dei risultati pregressi.La seconda parte del volume illustra il progetto di indagini finalizzato alla valutazione del rischio sismico; è in questa parte che è stato compiuto lo sforzo maggiore, per rendere comprensibile ai lettori i metodi scientifici e gli strumenti tecnologici utilizzati; d’altra parte se pure esiste una sterminata bibliografia in prevalenza di carattere storico sul Santo Sepolcro, sono pochi i testi che raccontano, così nel dettaglio, i risultati di indagini scientifiche. Più di frequente, come lamenta lo stesso F. Vienna nel caso dei suoi rilievi, questi non trovano il modo per “essere portati alla conoscenza degli studiosi” e vengono pubblicati in testi con scopi diversi e quindi non adatti a consentire di riconoscere la portata del lavoro svolto in termini di conoscenza del Monumento10.

Il capitolo due della seconda parte descrive la metodologia di rilievo adottata; i suoi risultati costituiscono il connettivo di tutti gli studi che si sono succeduti sulla Basilica e, invero, più che soffermarsi sugli aspetti tecnologici delle operazioni l’obiettivo del lavoro è quello di mostrare come il risultato sia stato utilizzato quale base condivisa tra le varie competenze specifiche. Come noto, il rilievo è da sempre legato all’avanzamento tecnologico degli strumenti di misura ed è da collocare nel periodo in cui è avvenuto non solo perché documento dello stato di fatto a quella data ma anche perché testimonianza esso stesso della storia della tecnologia. Numerosi e diversificati gli elaborati grafici che dagli stessi dati tridimensionali si possono comunque produrre anche per altri fini, già allora, così come descritto nei capitoli successivi, dove si pone l’accento sulle potenzialità di modellazione utili sia ai fini interpretativi che di comunicazione, che oggi, dove gli stessi dati aprono la strada a progetti di gestione più attuali, come il Building Information Modeling per la manutenzione e la progettazione degli interventi di conservazione. Dal quinto capitolo in avanti si entra nel merito dello studio della vulnerabilità avviato con l’analisi del rischio sismico nella città di Gerusalemme, a partire dalla raccolta delle mappe di pericolosità e delle accelerazioni di picco al suolo per proseguire con la misura del rumore sismico. Vengono descritte le campagne di misura, lo studio del rumore e la valutazione dell’amplificazione al suolo e delle frequenze fondamentali per giungere quindi all’analisi modale. Il capitolo sette è dedicato all’analisi del sottosuolo con l’obiettivo di contribuire alla comprensione dello stato dei luoghi. Anche se lo scopo principale dello studio era identificare il comportamento dinamico del sottosuolo in condizioni sismiche, ulteriori elaborazioni e interpretazioni delle informazioni trovate da Padre Corbo nelle trincee consentono di valutare gli spettri in termini stratigrafici-strutturali, con l’obiettivo di identificare la profondità della roccia in ciascun punto di misurazione. Queste informazioni offrono un contributo fondamentale alla creazione di un modello ingegneristico dell’area su cui è situato il complesso.Il capitolo otto è dedicato alla geologia e geomorfologia dei luoghi mentre il capitolo nove riporta i risultati delle indagini geomeccaniche effettuate al fine di fornire un’indicazione dei dati utili per caratterizzare il comportamento fisico-meccanico della massa rocciosa. Si forniscono anche dati

Fig. 8 - Tradizionalmente si fa risalire a Padre Bernardino Amico la realizzazione di modelli in scala a partire da misure sull’originale. Gli obiettivi erano molte-plici tra cui, oggi diremmo, anche quello di “comunicare” luoghi non sempre ac-cessibili. Anche oggi, con metodi diversi è possibile ottemperare a tali esigenze con stampe 3D, di elevata accuratezza. Nell’immagine, una riproduzione solida del modello dell’Edicola del Santo Sepolcro di Gerusalemme, scomponibile ed esplorabile al suo interno.

Fig. 9 - Rappresentazione tridimensionale della roccia ai tempi in cui la cava era attiva (2007-2010 Andrea Fiaschi, Silvia Castellaro, Luca Matassoni).

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Tecnologie per i Beni Culturali 11

Fig. 10 - Mappa delle accelerazionisostenibili (2007-2010 Francesco Pugi)

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che possono essere utilizzati per la sua modellazione strutturale per definire la vulnerabilità del complesso monumentale del Santo Sepolcro11. Il capitolo dieci12 conclude il volume ed è il vero punto di arrivo della ricerca. Viene fornito un dettagliato resoconto del lavoro svolto, rendendo facilmente comprensibili argomenti piuttosto ostici ai non addetti ai lavori. Dal punto di vista dell’analisi strutturale per comprendere la stabilità e la resistenza del monumento è stata realizzata una modellazione consistente in una schematizzazione fisico-matematica che tiene conto della geometria, del materiale, dei vincoli, dei carichi.Le azioni sismiche sono azioni inerziali causate dalla massa, che possono essere rappresentate da forze orizzontali;

sono correttamente determinate attraverso uno studio delle proprietà dinamiche della struttura (vibrazione e oscillazioni) sulla base della legge fisica dell’equilibrio statico e del comportamento meccanico dei materiali.Sotto l’azione dei carichi statici e sismici viene indagata la capacità dei macroelementi, ossia delle porzioni a comportamento strutturale omogeneo nelle quali può essere idealmente suddiviso il complesso monumentale. Di conseguenza, i risultati dell’analisi si presentano organizzati secondo una scala di priorità: risultano in tal modo evidenziate le parti piu’ deboli, ottenendo utili riferimenti per un successivo intervento di retrofitting.Concludendo lo studio, la situazione strutturale del monumento risultava soddisfacente; solo due porzioni

Fig. 11 - Lista dei macroelementi in ordine descrescente di vulnerabilità (2007-2010 Francesco Pugi)

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Tecnologie per i Beni Culturali 13

potevano dirsi più critiche: il Campanile e l’Edicola. Nel frattempo entrambe le strutture sono state consolidate e restaurate.Anche per questa parte valgono le considerazioni fatte precedentemente. Ogni analisi, sia dal punto di vista metodologico che tecnologico, deve essere contestualizzata nel periodo in cui è stata svolta e commisurata ai tempi a disposizione per portarla a termine. Di fronte alla complessità della costruzione indagata, i risultati ottenuti devono essere inquadrati come un passo iniziale, certamente non esaustivo. Nella sintesi dell’analisi vengono quindi proposti i principali criteri mediante i quali sarà possibile approfondire la conoscenza del comportamento strutturale della Basilica, con l’obiettivo di ottimizzare eventuali interventi di consolidamento finalizzati all’incremento della sicurezza statica e sismica.Del resto la stessa mole delle informazioni acquisite costituisce una ottima base di partenza per lo sviluppo di ulteriori indagini. Il modello tridimensionale corrispondente allo stato di fatto può considerarsi esso stesso un documento di cui avvalersi per aggiornare lo stato dei luoghi. Non dimentichiamo che si tratta di luoghi che mutano di continuo il loro assetto e il modo in cui vengono fruiti, anche in ragione delle esigenze derivanti dal loro intenso uso quotidiano. Oggi già molte cose sono cambiate: solo per citarne alcune, l’allestimento dei nuovi bagni e il radicale restauro dell’Edicola, mentre altri cambiamenti sono in fase di progettazione come il restauro del pavimento della Rotonda. Mi piace concludere con una immagine circolare che unisca passato e futuro e pensare che le tecnologie, già esistenti e quelle a venire, realtà virtuale, realtà aumentata e sistemi di gestione dei dati georeferenziati indurranno a collegare tra loro la Basilica più nota al mondo, il Santo Sepolcro di Gerusalemme, con tutte quelle strutture che ad essa si sono ispirate, assumendola a modello di riferimento, oltre ad impostare una base di dati, aperta e condivisa, sempre implementabile, utile sia a tutto il mondo scientifico che a quanti si accostano alla Basilica e alle sue molteplici valenze con linguaggi nuovi e più avanzati strumenti di comunicazione.

abstraCtJerusalem is located in a highly seismic area and has been the scene of di-sastrous earthquakes in the past. The 1927 earthquake was one of the worst that occurred in that area, as well as victims of victims, causing significant damage to the structures of civil and religious buildings. The Basilica of the Holy Sepulcher was also heavily hit and suffered, following the damage from that earthquake, major consolidation and reconstruction works. A study on the city of Jerusalem showed a periodicity, in the repetition of seismic events, of about 100 years. The desire to avoid an announced danger was the origin of the project described in the book "Jerusalem The Holy Sepul-cher - Research and Investigation (2007-2011)" edited by the writer. In 2006 the three main communities of the Holy Sepulcher dealt with the Basilica's ability to withstand a new earthquake, a technical evaluation of its structures was required and required to plan a possible consolidation in relation to the results derived from the analyzes.

parole Chiaves.sepolCro; beni Culturali; riChio sismiCo; monitoraggio; modelli 3d

autoreGRazia tuCCi

[email protected]

Civil and enviRonMental enGineeRinG dep. (diCea)univeRistà di FiRenze

NOTE DI CHIUSURA1 Il primo gruppo (caratterizzazione geotecnica e geofisica), composto da Emma Cantisani, Andrea Fiaschi, Carlo Alberto Garzonio, Luca Matassoni e Giovanni Pratesi, è stato coordinato direttamente dal Professor Malesani. Il secondo gruppo, (rilievi tridimensionali) costituito da Valentina Bonora, Michela Pavan, Michele Russo, Stefano Nicolodi, Francesco Vezzosi, Alessia Nobile, Francesco Algostino e Luca Carosso, che si sono alternati nelle campagne di rilievo, è stato coordinato dalla scrivente. A questo gruppo si deve aggiungere Roberto Sabelli che, grazie alla sua pregressa frequentazione dei luoghi e quindi buona conoscenza della città e delle persone, ci ha aiutato nella risoluzione di problemi logistici. La valutazione strutturale della vulnerabilità sismica, infine, è stata compiuta da Francesco Pugi, con la collaborazione di Stefano Giannarelli per le fasi di modellazione e analisi e di Giuseppe Basile per le elaborazioni grafiche 3D.2 Tutto il lavoro va collocato temporalmente negli anni del suo svolgimento, con le strumentazioni a quel tempo disponibili e con disposizioni stringenti riguardo ai tempi di consegna dello studio.3 La seconda campagna si è svolta dal 24 Gennaio all’8 Febbraio 2008 e la terza dal 19 Novembre al 12 Dicembre 2008.4 M. Biddle, The Tomb of Christ, Sutton Pub. Limited, Stround, Gloucestershire, 19995 Virgilio C. Corbo, Il Santo Sepolcro Di Gerusalemme: Aspetti Archeologici Dalle Origini al Periodo Crociato. Franciscan Printing Press, 19816 Un ruolo senza dubbio determinante, nel semplificare le nostre campagne di misure e nel supportare la buona riuscita di tutto il lavoro, è da riconoscere a Padre Athanasio della Comunità Francescana, Padre Samuel Aghoian della Comunità Armena e Theo Mitropoulos, architetto di riferimento per la Basilica, appartenente alla Comunità Greca, che ci hanno sempre accompagnato con grande interesse e partecipazione.7 Tale studio è stato condotto dall’arch. Alessandra Angeloni, autrice del secondo capitolo.8 Questa parte di indagine è stata svolta dagli architetti Osvaldo Garbarino e Simonetta Fiamminghi.9 La prima edizione del “Trattato” di B. Amico uscì a Roma per i torchi delle Typographia Medicea. Il nihil obstat fu emesso dal Vicario Generale il 20 luglio 1609 e la stampa venne condotta a termine il 28 marzo 1610. La preparazione dell’opera impegnò fra’ Bernardino per quasi quattro anni (B. Bagatti, Fra Bernardino Amico disegnatore dei Santuari Palestinesi alla fine del ‘500, “Studi Francescani”, Firenze, 1938, pp. 307-25, ristampa in: Michele Piccirillo, La nuova Gerusalemme, Ed. Custodia di Terra Santa, 2007, pp. 233-238.10 Il problema di illustrare il rilievo non è certo nuovo: in occasione del Nuovo Progetto della Basilica affidato a L. Marangoni e A. Barluzzi, Padre Bagatti richiese all’ingegnere Ferdinando Vienna e al disegnatore Emilio Sartorio di realizzare una nuova pianta del S. Sepolcro inserendovi i resti antichi conservati nell’Ospizio Russo allo scopo di fare chiarezza sulle piante precedenti definendo la posizione relativa e assoluta di tali rovine e stabilendo in particolare l’angolo del muro antico, disegnato a volte come ottuso (C. Schick 1885; Ordinance Survey 1890; A.W. Clapham e E.G. Newnum 1918) ed altre come retto (G. Jeffery 1910; P.L.H. Vincent 1911). A sostegno della richiesta vi era anche l’opportunità di utilizzare “mezzi più moderni di registrazione”. In una lettera inviata a Padre Bagatti il 25 ottobre 1951 F. Vienna scrive “... ora con un rilievo appoggiato ad una poligonale di notevole esattezza topografica si può tentare di ricostruire sul sicuro”; in una lettera successiva aggiunge di aver determinato anche l’orientamento astronomico per correggere quello determinato da Padre Vincent con l’impiego di una bussola.I rilievi di Vienna-Sartorio saranno utilizzati in seguito anche da P. Corbo per i suoi studi e le sue ricostruzioni; Padre Bagatti termina il suo articolo suggerendo di utilizzarlo per tutti i ritrovamenti futuri in quanto “garanzia della esattezza delle posizioni relative delle varie parti”.Il rilievo ha interessato anche gli alzati ma nelle pubblicazioni figura solo la pianta; anche allora lo stesso Vienna lamenta, in una lettera a Barluzzi, l’inserimento non adeguato della sua pianta nella tavola XXIX del volume II Santo Sepolcro di Gerusalemme. Splendori. Miserie. Speranze, di Mons. Testa, che aveva scopi diversi e propone una pubblicazione separata “in forma che servano a qualche cosa”. Ma come ancora oggi accade nel caso dei rilievi metrici l’aspetto scientifico della misura non trova interesse nella comunità degli storici e degli architetti che pure da quelle partono per le proprie speculazioni. Lo stesso Vienna scriverà a Barluzzi: “Il nostro lavoro è indubbiamente un contributo di indole scientifica, dato il metodo adottato, alla conoscenza del Monumento, e quindi utilmente dovrebbe essere portato alla conoscenza degli studiosi” (pag 156) e, pur riconoscendo che anche P. Vincent non si sia avvalso di una rete topografica per controllare le misure ma che abbia proceduto con la bussola, ambiente per ambiente, e che quindi i risultati risentivano di incertezze nel posizionamento, seppure piccole, lo studio di Vienna – Sartorio non ha mai trovato un esito editoriale. Ferdinando Vienna (1940) - Bellarmino Bagatti, La triangolazione del S. Sepolcro di Vienna-Sartorio (1940) In: Liber Annuus, (1971) vol.21, p.149-15711I geologi, Emma Cantisani, Andrea Fiaschi, Carlo Alberto Garzonio, Luca Matassoni e Giovanni Pratesi sono gli autori, insieme a Piergiorgio Malesani, di questi capitoli.12 L’ingegnere Francesco Pugi è l’autore dello studio e del conseguente capitolo sulla vulnerabilità strutturale.

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14 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

DOCUMENTAZIONE

da bing maps alla Cartografia

arCheologiCa finalizzata di ostia antiCa. l’utilizzo dell’algoritmo spline di arCmap.

LA STRUTTURA DEL GIS E L’USO DELLA TRASFORMAZIONE SPLINE PER LA GEOREFERENZIAZIONE DELLE IMMAGINITutto il materiale aerofotografico è stato digitalizzato, ge-oreferenziato, processato e riversato in un sistema GIS, con l’utilizzo di ArcMap 10,5, utilizzando come base car-tografica la Carta Tecnica Regionale della Regione Lazio, in scala 1:5000 del 2007, UTM 33N, Datum D_ETRS_1989. Il datum è fondamentale, negli applicativi GIS, per la lo-calizzazione della cartografia di base di utilizzo e per una corretta sovrapposizione di dati raster con e privi di coor-dinate spaziali. Sono stati creati due gruppi di layers, ri-spettivamente per le immagini verticali e oblique, suddivi-se per aree (Regio III, IV, V e Portus). All’interno dei grup-pi di layers, dopo un’accurata georeferenziazione delle immagini, sono stati organizzati gli shapefiles delle tracce vettorializzate, suddivisi in polilinee e poligoni (Fig. 1). Quando si georeferenziano i dati raster, si definisce la sua posizione utilizzando le coordinate della mappa e si asse-gna il sistema di coordinate del frame di dati. In assenza di coordinate, nel caso di immagini aeree, ci si deve affidare al riconoscimento di punti noti (elementi fissi, spigoli di edifici). Il numero di punti necessari da prendere dipende dalla complessità della trasformazione che si vorrà utiliz-zare. È da considerare il fatto che un maggior numero di punti non produrrà una migliore georeferenziazione del

dato; è, dunque, consigliato distribuire i punti sull’intera superficie raster, piuttosto che concentrarli unicamente in una singola area evitando, così, deformazioni localizzate sui lati esterni dell’immagine. In linea generale, maggio-re è la sovrapposizione tra il set di dati raster e i dati di destinazione, migliori saranno i risultati dell’allineamen-to, poiché si avranno punti maggiormente distanziati con i quali georeferenziare il set di dati raster. Arcmap prevede l’utilizzo di una serie di algoritmi di trasformazione in base al numero di punti localizzati sul raster: 1° Order Polyno-mial, 2° Order Polynomial, 3° Order Polynomial, Adjust, Projective Transformation, Spline. Con un minimo di tre punti, l’algoritmo di 1° Order Polynomial può collocare esattamente ogni punto preso sul raster nella posizione di destinazione. Più di tre punti possono creare errori che si andranno a distribuire sull’immagine da georeferenziare, ma aumenteranno l’accuratezza complessiva della tra-sformazione. In rari casi si rendono necessarie trasforma-zioni superiore al 3° Order Polynomial. Le trasformazio-ni Adjust, Projective Transformation e Spline richiedono maggiori punti di controllo e impiegheranno, così, tempi di elaborazione più lunghi. Nel caso specifico della geo-referenziazione delle immagini oblique di Bing Maps, per Ostia, è stato necessario identificare molteplici punti di controllo e, in rarissimi casi, sottoporre l’immagine a dop-

di Davide Mastroianni

I primi risultati in merito all’utilizzo

delle immagini aeree verticali e oblique

di Bing Maps sono stati pubblicati

in questa sede (Mastroianni 2014;

Mastroianni 2016). Nello specifico, per

la città di Ostia, sono stati individuati

molti fotogrammi che mostrano un

panorama di tracce archeologiche

che descrivono un tessuto topografico

urbano e suburbano da portare

interamente alla luce (Per una maggiore

descrizione delle tracce e della loro

disposizione topografia si rimanda

all’articolo Il contributo di Bing Maps

per lo studio della città di Ostia Antica,

in Archeomatica, 3, 2016, Roma 2016,

pp. 10-14). Fig. 1. Struttura del GIS con la suddivisione dei layers e shapefiles, suddivisi in polilinee e poligoni, per le Regiones.

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Tecnologie per i Beni Culturali 15

in vani e orientato NE-SO di fronte gli Horrea di Horten-sio e alcuni ambienti minori dislocati lungo diverse strade interne alla Regio V (Fig. 3); nell’angolo sud ovest, all’in-gresso di Porta Laurentina, nei pressi di un caseggiato con botteghe, furono localizzati tracce di ambienti pertinenti probabilmente allo stesso edificio (Mastroianni 2016). Nella Regio IV, una grande villa suburbana, fu individuata da Heinzelmann, immediatamente fuori dalle mura urba-ne. La villa era caratterizzata da ampio spazio residenzia-le, un peristilio quasi quadrato e uno stadio-giardino lungo 150 m circa, con direzione SE-NO. Gli scavi hanno datato la villa al 60-80 d.C.; l’edificio subì un ampliamento in età traiano-adrianea e a partire dalla fine del III secolo d.C., fu abbandonato. Nella prima metà del IV secolo d.C., nel-la sola area pertinente al peristilio, la villa fu rioccupata con la costruzione di modesti edifici a carattere rustico. Questi furono completamente distrutti verso la fine del IV e l’inizio del V secolo d.C. Secondo Heinzelmann, la vil-

pia georeferenziazione. È stato indispensabile l’uso dello Spline che ha ottimizzato l’accuratezza loca-le dell’immagine, trasformando i punti di controllo dell’immagine da georeferenziare e riproiettandoli, con estrema precisione, nel punto di controllo indivi-duato sul raster di appoggio. Le altre trasformazioni presentavano errori di deformazioni e spostamento spaziali dei punti di aggancio (Fig. 2). La medesima tecnica di georeferenziazione, ma di immagini satel-litari, è stata applicata per la realizzazione della car-tografia archeologica finalizzata della città romana di Telesia, nel comune di San Salvatore Telesino, in provincia di Bevenento (Mastroianni 2019).

LA VETTORIALIZZAZIONE DELLE TRACCEARCHEOLOGICHE: REGIONES III, IV, V E RE DI PORTUSIl maggior lavoro di indagine con tecnologia non invasiva portato avanti sulla città di Ostia è stato condotto da Mi-chael Heinzelmann. Tra il 1996 e il 2001, il suo team occu-pò dello studio delle aree ancora non scavate con l’ausilio di circa 30 foto aeree realizzate tra il 1911 e il 1998, della magnetometria e della geofisica. Le campagne di scavo condotte tra il 1998 e il 1999 hanno messo in luce quanto già si era reso visibile grazie alla fotografia aerea: una grande basilica paleocristiana installata su un grande edi-ficio di età flavia e diverse strade all’interno e all’esterno della stessa Regio V, in uso fino al VII secolo d.C. A sud delle Terme del Nuotatore, fu individuata una domus di età flavia, quasi quadrata, di circa 60 x 60 m, accessibile da nord, priva di atrio e costituita da un grande peristilio quadrato circondato da diversi vani. L’edificio restò in uso ininterrottamente e con diverse fasi di decorazione fino al IV secolo d.C. Successivamente, nel V e nel VI secolo d.C., subì pesanti distruzioni in seguito alle quali, analogamente alla zona della basilica, sulle sue rovine furono impiantati edifici rustici (Heinzelmann, Martin 2002). Le immagini di Bing Maps individuarono un edificio rettangolare suddiviso

Fig. 2. Comparazione delle diverse trasformazioni di ArcMap, applicate al fotogramma da georeferenziare. L’accuratezza globale applicata grazie allo Spline, con 62 punti di controllo, è di 0,48913 m.

Fig. 3. Regio V. In azzurro l’area delle ano-malie individuate da Heinzelmann. In rosso le tracce vettorializzate da Bing Maps.

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la potrebbe essere pertinente ad un edificio isolato, con vista sul mare, al di fuori delle mura urbane. Nel corso del II sec. d.C. la villa sarebbe stata circondata su tutti i lati dall’edificazione urbana, perdendo la sua funzione di villa suburbana. Questa, di recente, è stata identificata quale sede di un praetorium publicum (David M. De To-gni S. 2018). In seguito furono poi costruiti l’edificio della

sinagoga e la Via Severiana. Le immagini oblique di Bing Maps mostrano chiaramente la villa (Fig. 4) e la situazione topografica della Regio IV con la villa stessa, diversi edifici nel settore centrale e nell’area orientale a contatto con la Regio V (Fig. 5). Per quanto concerne la Regio III, grazie al lavoro di Heinzelmann, importantissima è stata la scoperta del bacino fluviale, compreso tra il Palazzo Imperiale e,

Fig. 4. Regio IV. Fotorad-drizzamento e unione delle immagini oblique di Bing Maps, con in evidenza la maestosa villa suburbana e diversi ambienti limitrofi.

Fig. 5. Regio IV. In azzurro Heinzelmann. In rosso Bing Maps.

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Tecnologie per i Beni Culturali 17

probabilmente, i resti di un faro. Il bacino, largo circa 150 m e profondo tra gli 80 e i 100 m, era dotato di navalia da-tabili in età imperiale e di un tempio dedicato ai Dioscuri. L’impianto era ubicato in una posizione strategicamente dominante sul bacino portuale e orientato verso la foce del Tevere e, di conseguenza, a tutte le navi in entrata e di passaggio (De Sena, Granino Cerere, Heinzelmann, Martin

2002; Pavolini 2006). L’area è apparsa, infatti, organizzata in isolati e strettamente connessa, con la presenza di do-mus, e quartieri e ambienti, molto probabilmente, legati ad attività di commercio fluviale lungo il Tevere (Fig. 6). Un’area, oggi non completamente ancora indagata, si col-loca nell’area posta ad ovest della Regio IV. Nel settore meridionale dell’area è stato possibile individuare un edi-

Fig. 6. Regio III. In azzurro Heinzelmann. In rosso Bing Maps. In alto l’area del bacino portuale, in basso tracce di un quartiere a sud del Palazzo Imperiale.

Fig. 7. Settore suburbano meridionale nei pressi della Regio IV. In rosso le anomalie evidenziano un paleoalveo e un vasto quartiere orientato EO.

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ficio, con orientamento EO, caratterizzato da ambienti di uguali dimensioni e posto nei pressi di quello che appare oggi come un canale interrato, evidenziato dalla traccia curvilinea di colore verde scuro. Nel settore a N, sono stati riscontrati diversi edifici disposti a formare un unico gran-

de quartiere. Questo, suddiviso in lotti di ugual misura e dimensioni, ricorda le cosiddette Case a Giardino della Re-gio III, lussuosi complessi residenziali, databili al II secolo d.C. (Cervi 1998) (Figg. 7, 8).

Fig. 9. Ostia Antica. Cartografia archeologica finalizzata con georeferenziazione delle immagini verticali e oblique di Bing Maps e vettorializzazione delle anomalie desunte dalla lettura aerofotografica, su base CTR 1:5000 Regione Lazio del 2007.

Fig. 8. Settore suburbano meridionale nei pressi della Regio IV. Confronto con le cosiddette Case a Giardino della Regio III.

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BiBlioGRaFiaCervi R. (1998) Evoluzione architettonica delle cosiddette Case a Giar-dino ad Ostia, in Quilici L., Quilici Gigli S., Città e monumenti nell'Italia antica, Atlante Tematico di Topografia antica, 7, Roma, 141-156.David M., De Togni S., Un praetorium publicum per Ostia, in Forum Romanum Belgicum, 2018, 15.11, 1-5.De Sena E., Granino Cerere M. G., Heinzelmann M & Martin A. (2002) The urbanistic project on the previously unexcavated areas of Ostia (DAI-AAR 1996-2001): final preliminary excavation report, in MAAR, 47, 253-304.Heinzelmann M, Martin A. (2002) River port, navalia and a harbour temple at Ostia. New results of a joint DAI-AAR project, in JRA, 15, 5-29.Mastroianni D. (2014) Bing Maps, aerofotointerpretazione archeologica online. La visione panoramica "Made in Microsoft", in Archeomatica, 4, 2014, 10-14.Mastroianni D. (2016) Il contributo di Bing Maps per lo studio della città di Ostia Antica, in Archeomatica, 3, 2016, 10-14.Mastroianni D. (2019) L’aerofotointerpretazione archeologica per una nuova ipotesi ricostruttiva della città romana di Telesia (Benevento, Campania), in Archeologia e Calcolatori, 30, 2019, 273-288.Pavolini C. (2006) Ostia, Bari 2006.

abstraCtThanks to ESRI's ArcMap Spline transformation it was possible to georeference many oblique images of Bing Maps of Ostia Antica. So, it was possible to create an archaeological cartography of the undeveloped areas of the city.

parole ChiaveBinG Maps; ostia antiCa; CaRtoGRaFia Finalizzata; GeoReFeRenziazione; spline

autoredavide MastRoianni

[email protected]

(CiRiCe) CentRo inteRdipaRtiMentale di RiCeRCa sull'iConoGRaFia della Città euRo-pea, napoli

BiBliotheCa heRtziana, Max planCk-institut FüR kunstGesChiChte, RoMa.

CONCLUSIONIGrazie alla georeferenziazione accurata, attraverso l’uti-lizzo dell’algoritmo Spline di ArcMap, è stato possibile re-alizzare, a circa 4 anni dalla pubblicazione delle fotografie aeree di Bing Maps, la cartografia archeologica finalizzata dei quartieri non ancora scavati di Ostia. L’algoritmo ha permesso una corretta georeferenziazione delle immagini oblique, rendendo misurabili le evidenze sepolte nei setto-ri non scavati della città all’interno di una cartografia col-

locata, con precisione, nello spazio, in scala 1:5000 (Figg. 9, 10). I dati presentati in questa sede vogliono fornire non solo un quadro ampliato delle conoscenze pertinenti all’occupazione topografica della città e dell’area subur-bana, quindi privi di una adeguata cronologia e che aspet-tano unicamente di essere indagati con scavi stratigrafici, ma un contributo importante e fondamentale per gli stu-diosi che si occupano della di Ostia Antica.

Fig. 10 - Ostia Antica. Cartografia archeologica finalizzata dei settori non scavati.

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20 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

RIVELAZIONI

indagini diagnostiChe non invasive emanutenzione programmata. analisi di un Caso di studio: la torre del monte di sCauri

di Cesare Crova, Francesco Miraglia

La conservazione programmata ha assunto, soprattutto negli ultimi anni, la sostanza di una strategia complessa, mirante ad unire la mitigazione dei rischi di grande scala con un’accu-rata organizzazione delle attività quotidiane. In sostanza, essa rimarca la capacità di gover-

nare le trasformazioni dei beni culturali nel tempo, programmandone la manutenzione e la con-servazione con operazioni minime, così da evitare interventi invasivi, che dovrebbero realizzarsi in caso di assenza di azioni di tutela.È questa un’attività che mette al centro il futuro sostenibile del bene culturale, evitando schemi preordinati o standardizzati, ma affidando un’attenta definizione in funzione dell’oggetto, dei materiali, del contesto ambientale e dei fattori che, a vario titolo, condizionano le azioni di con-servazione dell’architettura. Ha interesse anche considerare come la conservazione preventiva e programmata si configuri alla stregua di una strategia di medio-lungo periodo, orientata alla prevenzione del danno e alla cura costante del patrimonio culturale (C.C.).

Il presente contributo propone

un caso di studio significativo di

indagini diagnostiche non invasive e

manutenzione programmata: l'analisi

dei lavori di restauro della torre del

Monte di Scauri dodici anni dopo

la fine dell'intervento, secondo il

piano di manutenzione previsto nel

progetto esecutivo. Questa analisi

è stata effettuata applicando la

termografia e ha dato risultati utili

per l'identificazione dei problemi e la

configurazione degli interventi.

Fig. 1. Scauri (LT), Torre del Monte di Scauri, fronte sud-ovest.

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Tecnologie per i Beni Culturali 21

METODOLOGIA DI STUDIOLa conservazione del patrimonio architettonico è divenuta anche un obiettivo primario delle pubbliche amministra-zioni (legge 11 febbraio 1994, n. 109 “Legge quadro in ma-teria di lavori pubblici”), disponendone la pianificazione in un documento complementare al progetto esecutivo. Il concetto è stato ripreso nel D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici”, che dedica ampio spazio al piano di manutenzione dell’opera. Il suddetto piano, ri-preso anche dalla vigente normativa sui lavori pubblici (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 “Codice dei contratti pubblici”), è articolato in tre diversi documenti: manuale d’uso, ma-nuale di manutenzione e programma di manutenzione.Ha interesse ribadire che una corretta proposta di conser-vazione dell’opera non può prescindere da un piano di ma-nutenzione programmata che individui luoghi, tecniche, modalità di controllo e intervento nel tempo, specificando cicli manutentivi e loro frequenza, così da ottimizzare im-pegni e costi. Deve essere così prevista una ricognizione periodica per verificare la possibile formazione di pato-logie, delineando eventuali interventi e loro priorità, af-finché una manutenzione calibrata e continua possa pro-gressivamente sostituirsi al restauro, restringendolo a casi eccezionali.La manutenzione va vista come un’attività indipendente, non complementare ad altre, da realizzarsi con azioni e analisi mirate che favoriscano la prevenzione dal danno. In tal modo, si potranno rallentare i fenomeni di deteriora-mento del bene culturale.La manutenzione va letta anche nella sua accezione di controllo preventivo e di verifica delle condizioni di un mo-numento e del suo contesto. Il programma di manutenzio-ne/prevenzione, dunque, stabilisce modalità e tempistica dei controlli, assicurando che le operazioni avvengano in tempo utile e in modo efficace, suggerendo gli accerta-menti e i tempi delle verifiche. Si deve perciò valutare la complessità dei dati in ingresso, prevedendo come il manufatto si comporterà nel tempo, osservate anche le conoscenze sulla durabilità dei prodotti utilizzati.Va considerato, inoltre, lo stretto rapporto tra il sistema di manutenzione e il sistema informativo sulle caratteristiche del manufatto, integrando la “Carta del Rischio”, prodotto di sintesi del Sistema Informativo Territoriale (SIT) realizzato a sostegno della linea metodologica che, per la conservazio-ne del patrimonio culturale, propone di affiancare all’attività di restauro quella di prevenzione.La “Carta del Rischio”, derivazione del “Piano Pi-lota per la Conservazione Programmata dei beni culturali in Umbria”, va considerata come il siste-ma informativo utile alla conoscenza dell’intensi-tà e della distribuzione per l’intero territorio del rischio di perdita e, soprattutto, alla valutazione delle variazioni di questa mappa in relazione alle modificazioni indotte da interventi programmati e programmabili e dal possibile verificarsi di even-ti naturali. Le schede proposte costituiscono un dossier conservativo dell’edificio, durevole nel tempo, aggiornabile e utilizzabile per verifiche successive.

Le suddette schede, contestualizzate negli appalti pubbli-ci, possono identificarsi con il consuntivo scientifico: cosa è stato fatto e di cui resta testimonianza, rispetto alle previsioni iniziali di perizia. La finalità è perciò definire un cantiere di ricognizione diretta, in situ, e indiretta, che attraverso la lettura della documentazione storica e del-

Fig. 2. Scauri (LT), Torre del Monte di Scauri, fronte nord-est.

Fig. 3. Scauri (LT), Torre del Monte di Scauri, fronte nord-est, particolare del basamento.

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le indagini effettuate, permetta di delineare un concreto programma di verifica periodica. Il protocollo di manuten-zione prevede, nel tempo, operazioni minime di risarci-mento e conservazione della materia, con eventuale uso di tecniche di reimpiego e di interventi più complessi; ciò, ovviamente, senza giungere al paradosso di portare a cam-biamenti radicali, ma limitandosi ad interventi di modesta entità, minimi e calibrati. I controlli dovranno avvenire secondo modalità e tempi studiati per la tipologia di inter-vento. La manutenzione ha carattere minuto e frequente

Fig. 4. Scauri (LT), Torre del Monte di Scauri, fronte nord-est, particolare della porzione sommitale.

e può essere delegata all’utente del patrimonio storico, configurando una sorta di “autotutela”, da svolgere da parte di chi fruisce quotidianamente il “sistema edificio” e il “sistema ambiente”, il cui monitoraggio continuo di-venti una componente importante e imprescindibile della conservazione (D.M. 26 maggio 2006, n. 86 “Regolamento concernente la definizione dei profili di competenza dei restauratori”; Circolare MiBAC 12 agosto 2009, n. 35 “Di-sciplina transitoria degli operatori di restauro. Linee guida applicative”).Sulla base di queste considerazioni è stato delineato un programma che interessa la torre del Monte di Scauri e il suo contesto ambientale (Fig. 1). Al suo interno, un ruo-lo importante è rivestito dalla termografia, un’indagine non invasiva di verifica delle scelte progettuali realizzate. Questa permette, con l’uso della termocamera, di verifi-care in particolare lo stato di conservazione degli intonaci e delle malte di restauro e le loro risposte nel tempo, a seconda dei materiali impiegati, delineando anche le tem-pistiche con le quali l’indagine termografica risulti più ef-ficace (C.C).

LA TERMOGRAFIA PER LA CONSERVAZIONEDEL PATRIMONIO CULTURALENegli ultimi anni è stato ampiamente dimostrato come l’u-tilizzo degli strumenti diagnostici nel restauro, siano essi distruttivi o meno, non vada limitato alla fase di analisi, ma assuma un ruolo fondamentale anche nella fase succes-

Fig. 5 - Scauri (LT), Torre del Monte di Scauri, fronte sud-ovest, analisi termografica. Il termogramma è stato effettuato ad una distanza di 15 metri dalla struttu-ra esaminata e presenta quattro rilevamenti (range di temperatura 17,3-36,7°C). Segnala una variazione re-lativa (Sp1-Sp3) di 0,4°C, che aumenta nel confronto con il punto di rilevamento Sp2, in cui è presente ve-getazione infestante. Il punto di rilevamento Sp4 pre-senta una temperatura lievemente più alta (porzione di intonaco, più eccitata termicamente). Il rilevamento areale Bx1 mostra la temperatura media di una porzio-ne con diversi elementi: materiale lapideo, vegetazio-ne infestante e intonaco.

Fig. 6 - Scauri (LT), Torre del Monte di Scauri, fronte nord-est, analisi termografica. Il termogramma è stato effettuato ad una distanza di 15 metri dalla struttu-ra esaminata e presenta cinque rilevamenti (range di temperatura 16,8-31,7°C). Segnala, in Sp1, la tem-peratura più bassa, in corrispondenza di vegetazione infestante. I punti di rilevamento Sp4 e Sp5, invece, sono riferibili ad una porzione muraria di modesta al-tezza – a poca distanza dalla torre – e mostrano una variabilità più marcata (pari a 1,3°C). Il rilevamento areale Bx1 evidenzia la temperatura media di 28,6°C, congrua rispetto alla superficie complessiva oggetto di analisi.

Fig. 7 - Scauri (LT), Torre del Monte di Scauri, fronte nord-est (part.), analisi termografica. Il termogramma è stato effettuato ad una distanza di 1,5 metri dalla struttura esaminata e presenta quattro rilevamenti (range di temperatura 18-21,7°C). I punti di rileva-mento Sp1, Sp2 e Sp3, registrati sui materiali lapidei strutturali, mostrano una minima variazione di tempe-ratura, che palesa l’assenza di distacchi. In Sp4, inve-ce, la presenza di vegetazione infestante e di patina biologica determinano una significativa diminuzione della temperatura.

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siva alla conclusione dei lavori, quella della manutenzione dell’opera.Ad esempio, l’analisi delle patologie di degrado dei mate-riali (di cui al lessico UNI 11182/2006 “Materiali lapidei na-turali ed artificiali. Descrizione della forma di alterazione - Termini e definizioni”) può essere condotta – come ausilio per le spesso inattendibili analisi macroscopiche – facendo ricorso a moderne tecnologie, quali l’indagine termografi-ca, utile per verificare nel tempo e mappare le eventuali alterazioni post intervento di una struttura.Come si è detto, dopo la conclusione dei lavori, la nor-mativa prescrive il piano di manutenzione, che prevede attività di controllo organizzate nel tempo. La creazione di questo programma di verifica cerca di conservare, dun-que, funzionalità, qualità ed efficienza della struttura, salvaguardandone anche il valore economico. Il piano di manutenzione prevede la realizzazione di un opportuno manuale, attraverso il quale si suddivide l’opera in varie unità tecnologiche.L’analisi delle variazioni termiche dei materiali consente di verificare patologie di degrado soggette a peggiora-mento nel tempo, come efflorescenze, lacune, mancanze o distacchi. Altresì, all’interno di ogni termogramma (il risultato di un’analisi termografica) si può analizzare la risposta termica di ogni singola porzione della superficie oggetto di indagine. In sostanza, le caratteristiche scienti-fiche dell’analisi termografica permettono di organizzare, analizzare e comparare facilmente tantissime informazioni in progresso di tempo. La base di dati così ottenuta potrà rappresentare una fonte da cui attingere per controllare la tenuta dei lavori. Questi dati potranno essere resi disponi-bili per altri interventi, creando buone prassi da utilizzare in futuro (F.M.).

UN CASO DI STUDIO: LA TORRE DEL MONTE DI SCAURILa torre del Monte di Scauri si trova nella parte meridio-nale della costa laziale, oggi nel territorio comunale di Minturno in provincia di Latina, fino al 1927 parte dell’an-tica Terra Laboris. Essa fa parte di un complesso più ampio di fortificazione costiera, progettato dai viceré spagnoli a partire dal primo terzo del XVI secolo, per difendere le coste del Regno dalle invasioni. Il governo del Regno pro-grammò la costruzione di punti di vedetta fortificati, tra cui uno sul promontorio di Scauri, dove tra il 1563 e il 1590 fu eretta la Torre del Monte di Scauri, intorno ad una pre-esistenza di età medievale.

La torre è giunta integra fino alla seconda guerra mondia-le, quando un proiettile di mortaio la ferì, senza causarne il crollo, favorendone l’abbandono. Tra il 2007 e il 2009 è stata oggetto di un attento intervento di restauro, che ne ha permesso la conservazione, valutando criticamente i resti e preservandone la materia autentica, realizzando quegli interventi che consentissero la lettura delle par-ti originali e delle stratificazioni storiche della fabbrica, connettendole con le reintegrazioni, minime e calibrate, finalizzate ad una rilettura complessiva, seppur allo stato di rudero.Il presente contributo propone un significativo caso di stu-dio: l’analisi degli esiti – sul medio periodo – dei lavori di restauro della torre, condotta a dodici anni dall’interven-to, in accordo con il piano di manutenzione previsto dal progetto. La torre del Monte di Scauri è collocata in am-biente marino, soggetto a fattori aggressivi di tipo chimico (umidità), fisico (escursioni termiche, piovosità), meccani-co (azione del vento, vegetazione infestante) (Figg. 2-4).Il protocollo di manutenzione ha previsto: 1) Quattro ispe-zioni stagionali con esame visivo e piccoli prelievi, per ac-certare l’eventuale presenza di nuovi fenomeni di degrado, quali la decoesione del materiale lapideo, la formazione delle colonie biologiche, il distacco degli elementi di fini-tura. 2) Due ispezioni stagionali nei periodi di caldo/secco e piovoso/umido, per realizzare il sistema di archiviazione dei dati da prendere come parametro di riferimento per i cicli di controlli da effettuare nel corso della vita tecnica del monumento, dopo che il restauro si è concluso. 3) Ogni due anni, verifiche dello stato delle superfici, per definire i punti in cui sono presenti fenomeni di danno incipiente. 4) Ogni cinque anni, realizzazione di ponteggi leggeri per il controllo e la revisione dei punti dove possano essersi verificati fenomeni di degrado che richiedano opere di ma-nutenzione puntuali. 5) Ogni dodici anni, ispezione diret-ta ed estensiva di tutto il complesso monumentale con la sostituzione, se necessario, delle parti degradate. 6) Ogni venti/trenta anni, grande manutenzione straordinaria da realizzare secondo le necessità. Tra le operazioni elenca-te, ci si è occupati del punto 5), verificando le condizioni di conservazione della struttura con l’ausilio della termo-grafia (Figg. 5-7): i dati ottenuti sono stati inseriti in un opportuno database per il successivo utilizzo.L’analisi termografica della torre è stata condotta con le condizioni di esercizio esplicitate in Fig. 8. I termogram-mi ottenuti, di cui si riportano alcuni ritenuti significativi, hanno palesato le buone condizioni di conservazione della fabbrica, notificando solo alcuni distacchi dello strato di finitura degli intonaci e la presenza, visibile anche ma-croscopicamente, di vegetazione infestante, in corrispon-denza delle porzioni più elevate. A queste patologie va aggiunta la patina biologica, presente nelle porzioni infe-riori. Altresì, l’indagine ha mostrato la coesione dei giunti di malta e l’assenza di patologie di origine strutturale.Come accennato, questo tipo di analisi consente, in tem-pi celeri e senza danneggiare la struttura esaminata, di chiarire primariamente l’eventuale presenza di patologie che obblighino a compiere ulteriori indagini (come distac-chi strutturali, erosione dei giunti di malta, mancanza di elementi lapidei). In secondo luogo, in assenza di queste

Fig. 8 - Scauri (LT), Torre del Monte di Scauri, analisi termografica: condizioni di esercizio.

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patologie – come nel caso qui presentato – fornisce dati importanti per definire il percorso di manutenzione, so-prattutto in occasione del futuro controllo generale (F.M.).

CONCLUSIONIRispetto alla tradizionale mentalità del restauro, la con-servazione programmata accentua l’attenzione al lungo periodo e al rischio e richiede un’innovazione di proces-so che presuppone un profondo cambiamento di cultura operativa. Una frequente manutenzione, infatti, consente di controllare e contenere l’avanzare di fenomeni di de-grado negli edifici meglio dei più distruttivi interventi di restauro, eseguiti a guasto avvenuto. Perciò, all’interno di una “cartella clinica” che accompagni le fasi prelimi-nari e quelle successive all’azione del restauro, un ruolo importante rivestono monitoraggi e verifiche, che possano garantire opportuni ed appropriati piani di manutenzione.Se il restauro è ora ricompreso in una logica processua-le, nella quale si accentuano le responsabilità in termini di compatibilità, durabilità, minimo intervento e gestione delle informazioni, nella manutenzione programmata, a sua volta intervento diretto, si riconosce l’efficacia della prevenzione, che comporta un innalzamento delle capa-cità richieste agli operatori e si traduce in un fattore di qualificazione e competitività (C.C.).

bibliografia- Crova C., Miraglia F. (2019), Thermography and scheduled maintenance:

a case of study. X Convegno Internazionale Diagnosis for the Conservation and Valorization of Cultural Heritage Napoli, 5-6 dicembre 2019, Atti del Convegno, a cura di Campanella L., Piccioli C., Rendina A., Romanelli V., Napoli: Cervino Edizioni, 60-69.

- Crova C. (2018), Le torri costiere di Terra di Lavoro. Storia e Conservazio-ne, Cerro al Volturno: Volturnia Edizioni.

- Moioli R., Baldioli A. (2018), Conoscere per conservare: 10 anni per la con-servazione programmata, Milano: Fondazione Cariplo.

- Della Torre S. (2014), Oltre il restauro, oltre la manutenzione. La strate-gia della Conservazione programmata. Dalla progettazione delle attività alla valutazione degli impatti, Proceedings of the International Conference Preventive and Planned Conservation (Monza, Mantova, 5-9 Maggio 2014), a cura di Della Torre S., I, Firenze: Nardini.

- Della Torre S. (2010), Conservazione programmata: i risvolti economici di un cambio di paradigma. Il capitale culturale, I.

- Accardo G, Cacace C., Rinaldi R. (2005), Il Sistema Informativo Territoriale della Carta del Rischio. Arkos, n.s., a. VI, 10.

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- Brunetti G. (1996), Tecniche non distruttive per la diagnosi. Tecniche per la conservazione, a cura di Bellini A., Milano: Franco Angeli, 228-274.

abstraCtScheduled preservation is an innovative procedure. It is a complex strategy, that combines large-scale risk mitigation with careful organisation of daily activities. Implementing it means creating a new scenario. It represents the ability to see cultural heritage through time and govern its transformations, planning interven-tions for the conservation of monuments, preserving them with minimal and non-invasive operations. The practices of programmed conservation are, therefore, strategic to preserve the architectural heritage and ensure its perpetuation in a perspective of compatibility. A correct proposal for conservation of the structure must therefore start from a scheduled maintenance plan that identifies places, techniques, methods of con-trol and interventions over time, specifying the maintenance cycles and their frequency, optimizing commitments and costs. The present paper proposes a significant case study: the analysis of the restora-tion works of the Monte di Scauri tower twelve years after the end of the inter-vention, according to the planned maintenance plan foreseen in the executive project. This analysis was carried out by applying thermography and gave useful results for the identification of problems and the configuration of interventions.

parole Chiavetermografia; diagnostiCa preventiva; analisi del degrado;manutenzione programmata.

autore

CesaRe CRova

[email protected]

dottoRe di RiCeRCa in ConseRvazione dei Beni aRChitettoniCi

istituto supeRioRe peR la ConseRvazione ed il RestauRo

FRanCesCo MiRaGlia

[email protected]

dottoRe di RiCeRCa in ConseRvazione dei Beni aRChitettoniCi

univeRsità deGli studi della CaMpania “luiGi vanvitelli”

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Tecnologie per i Beni Culturali 25

RECENSIONE

Un libro avvincente I Sumeri di Franco D’Agostino, che nel formato tascabile cartaceo, ancora il più amato dai lettori di tutta la Terra, spiega come questa cultura dell’alluvio mesopotamico fosse, non senza classificazioni da ‘fabric analysis’ delle tavolette d’argilla, la prima tradizione manoscritta nella preistoria dell’Asia occidentale a ridosso del bacino mediterraneo.Sentiamo spesso parlare di Mosul in Iraq e della distruzione del suo Museo, una prima volta danneggiato già nel 2003 e, con video simul-taneamente diffusi dai network, nel 2015 ad opera dell’Isis, che ne ha sbriciolato i reperti archeologici, tra cui un lamassu, cioé un leone con testa umana, provenienti dai siti di Nimrud e di Ninive, città di Ishtar, Venere fondatrice del regno Assiro di Assurbanipal. L’epica di Gilgameŝ con la pelle di leone, re di Uruk, lo scriba che si era ribel-lato alla dea (Inanna), ha segnato profondamente la mitologia greca senza aver avuto, nemmeno per la letteratura ellenistica, altra con-sistenza che non fosse Babilonia, città amorrita di popolazione se-mitica e di lingua accadica. La riscoperta, culminata nel 1853, delle tavolette cuneiformi provenienti da disparati siti archeologici della Mesopotamia antica, alcune delle quali al British Museum, contenenti differenti redazioni del suo panegirico calendariale è lo spartiacque del recupero della memoria di un antroponimo in un testo teogonico compiuto, fatto con l’argilla, che favoleggiava di un’età dell’oro si-tuandola oltre il diluvio. Il sumero più venerato a Babilonia, dopo So-doma la città più caduca della Bibbia, a differenza di Ercole non ave-va raggiunto l’immortalità, ma nella sua apoteosi donato agli uomini la conquista dell’alterità, un idioma. Grazie a più sequenze tangibili di segni logografici, anche solamente fonetici nel successivo sistema assiro-babilonese, era non solo verosimile che Gilgameŝ non fosse un dio, un démone, un idolo, o il primo uomo, ma certo che l’archeti-po della favola apotropaica delle sue gesta fosse il primo inno alla conoscenza. Lui stesso socialmente un re affiancato da un pastore di nome Enkidu nel testo, ricomposto dalle disparate versioni pervenu-te isolatamente mutile e reso attendibile dallo scriba Sinlequinnini di Uruk, era diventato nel secolo scorso - significativa del radicarsi del nomadismo e probabilmente di una censura politica del matriar-cato con la sua inclusione in una società patriarcale - autobiografia di un peregrinus del neolitico, che aveva composto una geografia in cuneiforme sumerico dell’alluvio mesopotamico. Leggendo I Sumeri di Franco D’Agostino appena edito da Hoepli, neanche arrivati al se-condo Capitolo e in bilico sul Ramo d’oro di James Frazer, nel vago sospetto, instillato da Isidoro di Siviglia, che antenato dei Saraceni possa essere anche stato il re assiro Sargon II, precipitiamo nella loro sapienza universale, che, se fu brevemente soggiogata dai Gutei, non per questo ebbe nei Semiti un tradizionale antagonista di frontiera, ma avrebbe avuto piuttosto l’interprete più autentico. Finalmente i cinque continenti del pianeta appaiono popolati e percorsi in lungo e in largo da tutti i suoi abitanti, ovunque genialmente originati dalla parola, e nel Vicino Oriente, sul versante mediterraneo, connotati non solo dal colore nero dei capelli, ma da una capacità di immede-

simazione che oltrepassava le distinzioni di specie, di genere, di lin-gua e perfino gentilizia, dotatasi di proprie sinossi comparative sotto forma di indici protodinastici e cronologici. Se in fatto di egemonia i Sumeri contesero agli Egizi la forma di un’organizzazione statale dittatoriale, nel primo termine di paragone concettualmente lontana dall’impero almeno nei primi millenni, molti altri primati di supre-mazia oltre quello della scrittura e della complementazione fonetica degli ideogrammi cuneiformi le sono stati e le sono attribuiti, quali l’invenzione dei numeri e dei sigilli, della ruota, della vela e dell’ogi-va, e perfino quella della prima biblioteca nella storia dell’umanità, denominata di Assurbanipal (VII a. C.), rinvenuta intatta con la sua tradizione millenaria di 120.000 testi, per lo più di ceramica d’argilla cruda e, talvolta, bitume. Un rilievo a parte ha meritato l’importan-za dei sigilli, scoperti anche a Ebla (Tell Mardikh) ed in area elamita (Iran), come titoli di compenso premiale e venale, prototipi onorifici della moneta metallica introdotta in Lidia (VII sec. a. C.) e in uso quali pegni e valori di scambio corrispettivi di pesi di argento e orzo. Nel XIII secolo a. C. tracce del dominio sumero erano evidenti fino a Biblo, città del papiro e del primo alfabeto fenicio, ritenuto di origi-ne egiziana, nonché città di Adone, protagonista di un altro mito per-sistente nella tradizione della cultura occidentale, e, quando ormai la lingua dei Sumeri era scomparsa da un millennio, ne era sempre tramandata la pratica amanuense dello scrittorio cuneiforme, più che manufatto, esso stesso fenomeno di impatto irenico sulle lingue indoeuropee e le semitiche, compresa l’Ittita dell’Anatolia antica e fino al semialfabetico dell’impero persiano. D’Agostino restituisce ad una platea molto ampia di lettori, con chiarezza e sinteticità, una silloge e una cartografia storica suddivisa per periodizzazioni, frut-to di una conoscenza sicura degli insediamenti archeologici risultati dagli scavi intrapresi durante due secoli, compresi i ritrovamenti del 2005 a Nassirya: un’impresa da Gilgameŝ ricostruire il retaggio di una cultura del neolitico così diffusa e condivisa da compenetrare un territorio tanto sterminato quale il Medio Oriente. Una cultura che ne aveva assimilato la variegata popolazione e sfruttato tecnicamen-te tutte le risorse naturali in un paese ricco d’alture, d’acqua e di petrolio, primeggiando nell’urbanizzazione ed evolvendo con un’ac-corta propaganda, attraverso il rituale poietico della divinazione e dei segni - vere e proprie iscrizioni - lo status di tutti i suoi abitanti. Svelandoci non solo l’intera compagine autoctona di una società le-gittimata, considerata come tale a partire dal ritrovamento del Codi-ce di Hammurapi nel 1901 a Susa, ma i miti demiurgici proiettati sulla sua storia dagli stessi suoi scopritori e sistematizzatori, avanguardie artistiche del Novecento, per i quali Gilgameŝ avesse rappresentato, non solo ipoteticamente nell’iperbole mondana, il vate affabulatore della verità dell’oltretomba. La profondità dello storico ci consegna tutta d’un fiato una cronologia che dai millenni che precedono il calcolitico del periodo di Ubaid nell’Iraq meridionale è tramandata ai secoli dell’età villanoviana (XII a. C.): fino a quando, cioé, al di sotto dei grandi occhi e delle trecce delle sculture sumerico-acca-diche antropomorfe, in territorio italico avremo visto spuntare, non meno autoctono, il sorriso onirico degli Etruschi. Ineffabile nel volto di un’umanità primitiva lo ius vitae ac necis e la macabra scoperta di Leonard Woolley nel 1922 delle Tombe Reali di Ur (Tell-el- Muqayyar), praticato fino al periodo sargonico, olisticamente relegata. Era giun-to moribondo alla soglia dell’età del bronzo finale e della fondazio-ne di Roma il destino dello stato che si era ribellato alla schiavitu’, inventando il contesto epigrafico edificante che avrà tramandato ai posteri interi ‘corpora’ di testi multilingui, parallelamente e conti-guamente alla scrittura ieratica egizia. Se hanno validità obbiettiva le distinzioni di comodo dei secoli scorsi di civiltà sumero-accadica e di arte assiro-babilonese, attendibilmente in uso tuttora, nella griglia cronologica dell’età della pietra trovano posto le stratificazioni di Eridu a pochi chilometri dalla ziqqurat di Ur, a stabilire a sua volta quale fosse stato l’indiscutibile traguardo sumerico insieme alle ope-re di canalizzazione: l’invenzione della città, sorta dalla lavorazione dell’argilla e della pece.

A cura di Francesca Salvemini

i sumeri

AUTORE: FRANCO D’AGOSTINO

EDITORE: HEOPLI EDITORE

PAGINE: 170

PREZZO: 16 EURO

EAN: 9788899398125

ISBN: 8899398127

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26 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

X-PAD OFFICE FUSION: DALL'IMPORTAZIONE DI DATI GEOSPAZIALI GREZZI AI DISEGNI FINALI, TUTTO IN UN UNICO SOFTWARE

Il SOFTWARE per i dati GeospazialiUn nuovo concetto di software per l’elaborazione e la trasformazione di tutti dati geospaziali con una reale integrazione di diverse informazioni: importazione di dati, calcoli, aggiustamenti, registrazione di scansioni e gestione delle nuvole, punti, misure, superfici e im-magini, utility topografiche e funzioni di disegno: tutto questo in una sola applicazione.Un Software per tutti i flussi di lavoroDall'importazione di dati grezzi ai disegni finali, X-PAD Office Fusion offre gli strumenti migliori senza dover trasferire i dati da un programma all'altro. È possibile caricare i dati da stazione totale, GPS, livello digitale, laser scanner: calcolare, visualizzare e gestire il tutto in un unico software. È possibile collegare rilievi TPS, GPS, livello digitale, sessioni di scanner laser e visua-lizzare tutto nell’insieme.

Organizzazione dei datiCon X-PAD Office Fusion è possibile gestire diversi tipi di dati come misure, punti, disegni, superfici, sezioni trasversali e nuvole di punti. Con il Project Manager è possibile organizzare i dati all'interno dello stesso file di lavoro. Si possono inoltre gestire più sessioni di rilie-vo, diversi gruppi di disegni e renderli visibili o invisibi-li in qualsiasi momento.

Visualizzazione e facilità di lavoroUn moderno ambiente di lavoro, progettato per gestire i dati geospaziali e un potente motore CAD 3D rappre-sentano la base su cui sono stati sviluppati i moduli topografici e laser scanner. I dati possono essere visua-lizzati e gestiti in tabelle con potenti ed innumerevoli funzioni per la ricerca, il filtraggio e la modifica del dato stesso.

26 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

AZIENDE E PRODOTTI

Un CAD TopograficoL’X-PAD Office Fusion e il CAD sono completamente inte-grati: un CAD progettato per operare secondo gli stan-dard definiti da AutoCAD ma anche per l'uso topografico. Un piccolo esempio? Quando è necessario indicare una coordinata, è possibile digitare il nome del punto corri-spondente; oppure è possibile selezionare oggetti topo-grafici (punti e linee) in base al codice assegnato durante il rilievo.MODULO X-SCAN: Importa, Registra, Fatto!Dall'importazione alla registrazione con una singola procedura guidata. Le potenti funzioni di registrazione consentono di adattare rapidamente e facilmente le tue nuvole anche utilizzando punti topografici. Durante la re-gistrazione le azioni sono costantemente accompagnate da informazioni visive e controlli che aiutano ad evitare errori. Anche se è il primo lavoro con il laser scanner, è garantito un risultato ottimale.

MICROSOFT AVVIA CON IL GOVERNO GRECO UNA COL-LABORAZIONE NEL SETTORE DEL PATRIMONIO CULTU-RALE. PRIMO PROGETTO LA VALORIZZAZIONE DEL SITO ARCHEOLOGICO DI OLYMPIA

Un mese dopo l'incontro a Davos il presidente di Microsoft Brad Smith ha incontrato in Grecia il premier Mitsotakis per discutere dell’applicazione di tecnologie digitali in-novative in diversi settori dell’amministrazione pubblica. A essere oggetto dell’interesse della Microsoft in partico-lare sono i settori dell’istruzione e dell’educazione per-manente e quello del patrimonio culturale. La Microsoft è intenzionata ad aumentare, incoraggiata dalla ritrova-ta stabilità politica del paese, in maniera consistente i propri investimenti in Grecia stimolando lo sviluppo so-stenibile e la transizione verso un'economia più verde.La Grecia sta per cultura, Microsoft sta per tecnologia e secondo Smith il rilancio dell'economia passa per la tec-nologia applicata ai beni culturali. Le tecnologie digitali, le accresciute possibilità offerte dai progressi dell'intel-ligenza artificiale, devono divenire parte integrante del-la crescita economica greca in modo che il paese possa svolgere un ruolo guida negli sviluppi tecnologici nella regione più ampia del Mediterraneo sud-orientale.Nel quadro degli interventi previsti per rafforzare la promozione del patrimonio culturale Smith e Mitsotakis hanno concordato una collaborazione tra il colosso tec-

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nologico americano e il Ministero della Cultura greco per la valorizzazione del sito archeologico di Olimpia - visita-to dal presidente Microsoft - nell'ambito del programma globale "AI for Cultural Heritage" di Microsoft.Una iniziativa Microsoft a carattere globale concentrata sulla conservazione delle lingue, dei manufatti, dei luo-ghi, delle tradizioni dei popoli non solo per preservare, ma per promuovere i patrimoni culturali del pianeta. Il presidente della Microsoft ha ricordato i recenti progetti di valorizzazione avviati in Francia nell'ambito dello stes-so programma in particolare a Mont-Saint-Michel icona del patrimonio culturale d’Oltralpe.Olimpia è stato venti anni fa il sito archeologico ove è stata sperimentata per la prima volta la Realtà Aumen-tata per mostrare le ricostruzioni dei templi sulle rovine reali, attraverso il progetto Europeo ARCHEOGUIDE (Au-gmented Reality-based Cultural Heritage On-site GUIDE).

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Tecnologie per i Beni Culturali 27

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28 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

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RECENSIONE

Il progetto editoriale di Jerusalem - The Holy Sepulcre - Research and Investigations (2007-2011) edito nel 2019 a cura di Grazia Tucci è davvero esaustivo. Se steste per andare a Gerusalemme ad immergervi in uno dei mo-numenti più visitati del mondo, nel quartiere cristiano della città vecchia, luogo esemplare della storia del pellegrinaggio ed archetipo del turismo moderno, non lo portereste con voi solo perché la sua veste editoriale non è la brossura del tascabile, ma ha l’ingombro, la copertina rigida e l’alta definizione del compendio.Si compone di tutte le parti che pertengono ad un ca-talogo di esposizione permanente in formato ridotto, incluse brillanti tavole sinottiche delle fonti patristiche e degli autori dell’età moderna, che avevano viaggiato alla tomba di Gesù Nazareno: un panorama del tempio, forse il più discusso della storia, attraverso lo studio impressionante delle stratificazioni architettoniche che si erano proposte di perpetuarlo ai posteri. Sen-za enfasi sulla purezza dell’architettura di una chiesa divenuta palazzo e fortificazione atta a salvaguardare il Sepolcro vuoto di Cristo (Luca, 24:6) e dall’antichi-tà museo del centro di culto e spazio delle chiese, il ‘team’ di ricercatori dell’Università di Firenze, su invi-to delle maggiori Comunità religiose di Gerusalemme, si è impegnato dal 2006 al 2011 a trasferire su modelli digitali le più dettagliate analisi tecnologiche di mate-riali e tecniche strutturali, utili alla sua protezione e

pronto intervento al verificarsi di eventi catastrofici, oltre che alla continuità dello stato di fatto della co-struzione, dal quale avanzare ulteriormente gli studi.Segnando il passo al contempo della ricerca tecnolo-gica e del ‘Know how’ dei modelli architettonici, ha sviluppato nel metodo una guida e una topografia satel-litare della chiesa. Illustra altrettanti percorsi integrati da sottoprogetti di un ‘tour’ virtuale in formato carta-ceo e autentiche mappe museali con una tassonomia architettonica dei vari ambienti della cittadella sacra per lungo tempo impenetrabile se non ai suoi custodi, scoprendo la storia arcana dei suoi restauri. Un libro innovativo quindi sotto il profilo della fruizione di una stratigrafia epocale e non solo della precisione di un modello digitale e ricerca svolta in funzione della fina-lità di indicizzazione dai dati raccolti della vulnerabili-tà del tempio, rilevante e conforme ad una destinazio-ne oltre che accademica del progetto. Un libro Jerusalem. The Holy Sepulcre, che, in linea con l’‘open science’ sonda l’archeologia delle tecnolo-gie, sapendo non far rimpiangere ai suoi lettori di non essere andati a Gerusalemme, ma certo nemmeno to-gliendo loro, qualsiasi sia, l’emozione di rivederla dalle sue pagine.

A cura di Francesca Salvemini

Jerusalem the

holy sepulChre, researCh

and investigation

AUTORE: G. TUCCI (A CURA DI)

EDITORE: ALTRALINEA

PAGINE: 336

PREZZO: 63 EURO

ISBN: 978-88-94869-78-1

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30 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

GUEST PAPER

by Roberto Montagnetti,Luca Mandolesi

QGIS, pyarchinit and blender: Surveying and ManageMent ofarchaeological data with open Source SolutionS

The goal of this article is to provide

several practical procedures for

working within the GIS environment in

the archaeological sector, with specific

reference to the excavation site,

through open source methodologies and

software such as Qgis and PyArchinit.

It will also demonstrate how to use

the data derived from the survey,

processed and managed through Qgis

and PyArchinit for enhancement

projects such as 3d modeling and 3d

mapping through Blender software.Fig. 2 - The pattern in the upper part illustrates how PyArchinit is structured. In fact, the plugin uses a Geodatabase (Postgresql or Spatialite) to store all the data collected during an archaeological project. These data can be alphanumeric (tables) and vectorial (Digital Survey) which, into PyArchinit, are mer-ged with each other through the "views" system. This system allows you to automatically interconnect many and different types of data with each other. PyArchinit provides comfortable graphical interfaces already prepared for both alphanumeric and vectorial data. Image by Mandolesi 2006

The term georeferencing means to place one or more objects on a topographic map (paper or digital), which are represented as geometries (point, line,

polygon, polyline etc.). It attributes a precise geographi-cal position to an object by assigning X, Y or X, Y, Z coor-dinates according to a geographic reference system that can be chosen conforming to the needs of the user1. However, today, thanks to the huge developments in nu-merical cartography, it makes no sense to continue geore-ferencing objects on paper given the great advantages of digital cartography, in particular the vectorial one, com-pared to the paper one; the many benefits include:

1. Digital maps in comparison to paper, are not affected by weather, wear, or deformation;

2. Digital maps are easier to manage, to compare, to sha-re, and do not take up space;

3. The vectorization of the elements that make up a digi-tal map and also of any georeferenced object allows the

user to associate any alphanumeric information to them that can be queried. At the same time, it facilitates comparison and interac-tion with data of different natures and origins, as well as the possibility of processing spatial analyzes.All this presupposes the use of the GIS software. As only GIS software has the following characteristics: 1. They allow for the geographical positioning and the geometric representation of the entities that make up the project that is being worked on;

2. They are structured in order to be able to manage and maintain all the information concerning the mutual spa-tial relationships between the different elements, such as connection, adjacency and overlap, defining the topology of the elements of the platform;

3. They make it possible to assign attributes to individual data, guaranteeing management through mutual rela-tions, quite similar to that allowed by normal databases.

Fig. 1 - PyArchinit Logo. Image by Mandolesi 2006.

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Tecnologie per i Beni Culturali 31

In this way it is possible to query every element in the system, which will return the alphanumeric information associated with it (Peuquet 1988). Based on the attributes of the vectors that make up the platform, it is also possible to carry out geoprocessing analyzes that will further implement the knowledge about the specific “territorial system” being investigated2. Georeferencing and vectorization of cultural heritage in a GIS environment is of fundamental importance, whether they are used for an entire archaeological site, a single monument, or simple stratigraphic units. In addition to the benefits already listed, in this way it is possible to link the all information collected for each cultural asset to satisfy multiple requests: 1.Specific research aims;

2.Preservation, enhancement, and touristic enjoyment aims. For this second point it is useful to remember that GIS is the software used by the different public and private authorities. It is important to make sure that all those who work around the cultural heritage sector can pro-duce types of data suitable to be managed through GIS software. Conformity with territorial planning standards, would make interdisciplinary exchange easier and, at the same time, save time for processing projects. This aspect is even more pronounced when it comes spe-cifically to archaeological excavation projects. Archaeological projects usually involve a massive produc-tion of topographical and alphanumeric data (e.g. survey, paperwork, namely the all the various documentation sheets that are used during an archaeological evalua-tion)3. It would be unthinkable in the future to carry on to pro-vide such data in paper formats, for both huge benefits of the digital vectorial documentations compared to the traditional paper format. At some point, it will become harder to continue to store them within the warehouses of the governmental bodies charged with the preservation and enhancement of cul-tural heritage, since it is likely that they will not have the necessary space4. For example in Italy, the new re-gulations issued by the Ministry of Cultural Heritage and Tourism - Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, with specific reference to the circolare n. 30 of 30/2019, concerning “Archaeological excavations and research permissions” - D. Lgs. 22.01.2004, n. 42, Artt. 88-89, set out that the archaeological survey related to archaeological excavations and investigations must be provided in vectorial format SR WGS84 (EPSG4326). In light of this need to adopt an approach based on the use of GIS software for the survey and documentation of cultural heritage, in 2005 the PyArchinit (Python for Archeology Project) was created with the aim of creating a python plugin for the open source Qgis software, aimed at managing data from archaeological contexts on the GIS platform (Figure 1). The main aim was to create an application that can be used by archaeologists but, at the same time, perfectly compatible with the formats and territory management systems used by public administrations (e.g. Piani Rego-

latori Generali - PRG in Italy). Our initial goals for the software were: 1.Simple and immediate use;

2.Development with open source software;

3.Supply specific tools for archaeological survey and pa-perwork. This last aspect is what makes PyArchinit the first GIS in the world specifically for archeology.It uses the Qgis interface as a graphic work environment, and is shaped by years of practical experience by its de-velopers gained in the field by its developers, for the cre-ation of the tools necessary for the production and ma-nagement of archaeological data in the GIS environment. The goal of this article is to provide several practical procedures for working within the GIS environment in the archaeological sector, with specific reference to the excavation site, through open source methodologies and software such as Qgis and PyArchinit. It will also demon-strate how to use the data derived from the survey, pro-cessed and managed through Qgis and PyArchinit for en-hancement projects such as 3d modeling and 3d mapping through Blender software (R.M).

ARCHAEOLOGICAL SURVEY AND DATAMANAGEMENT WITH QGIS AND PYARCHINIT

The PyArchinit PluginGIS technologies, such as the open source software Qgis, are an extremely useful solution for the production and management of excavation data. All the documentation developed during an excavation, such as stratigraphics units, excavation levels, and other kinds of contexts, can be digitised through this software, and in particular through the plugin PyArchinit. PyArchinit has been created by archaeologists, and it ca-ters to specific archeology needs. It provides dedicated tools that allow archaeologists to upload and check all

Fig. 3 - Example of Excavation Plan Template worked out with PyArchinit.Image by Mandolesi 2019.

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the digital survey information taken and all the alpha-numeric documentation (paperwork) produced during an archaeological project (Figure 2).

PyArchinit consists of:1. A database in which to store and to manage the nu-merous amounts of data processed during an excavation or any other archaeological investigation (e.g. watching briefs, evaluations trenches, field survey) (Figure 2);

2. Different tools prepared by the plugin that automate many of the operations that take place during the pro-cessing of archaeological data such as: excavation plans; phasing plans; harris Matrix reconstruction; inventory and quantification of the different kinds of archaeological materials found. 3. It automatically creates overviews or virtual tables, in which to merge data from various tables, providing a bridge between alphanumeric and cartographic data. This drastically speeds up the analysis and geoprocessing operations, and facilitates the interpretation of the pro-cessed data;

4. It allows more than one operator at time to access the database, making it easily possible to modify and share the work with other colleagues. This is of particu-lar importance especially with international projects, in which different universities and specialists from various countries collaborate together;

5. Finally, these functions allow the user control over the data integrity and validity of the output,while cutting down significantly on working time (Figures 3,4,5,6,7)5.

The Archaeologica Survey on siteOn site, with regard to the survey of various archaeologi-cal features, it is possible to use two different systems: one manual, conducted with the traditional techniques such as triangulation or “coltellazio” (the technique of taking orthogonal measurements through two metric ta-pes); and the digital one, using instead computer vision techniques based on the algorithms of Structure from Motion (sfm). In both cases, the procedure consists in referring to some GCPs (Ground Control Point), located across the intere-sted area of investigation and previously geolocalized with the GPS6. GCPs can be used both for manual survey by triangulation and for photogrammetry depending on the type of survey being used. For the manual survey of various archaeological features, as a first step, we need to compose a “Beginning Excava-tion Plan” on a 1:20 scale. This is made using the “Map Editor” tool of Qgis after georeferencing the area of excavation using the “geo-referencer plugin” provided by the same software. The following step consists of adding the GCP locations and a grid 2 seconds of grade wide suitable to enclose an area of 2 m2 to the “Beginning Excavation Plan”.Both the GCPs and the vertices of the grid are represen-ted with a cross shaped symbol and they form the topo-graphical markers of the plan7. Each vertex of the grid and GCPs must be labeled with its geographic coordinates in order to carry out the task.

Fig. 4 - Example of Phasing Plan Template worked out with PyArchinit. Image by Mandolesi L. 2019.

Fig. 5 - Example of integrated use of PyArchinit tools: a) visualization on canvas of a phasing plan digitized; b) Alphanumeric information related to the archaeologica features digitized; c) Automatic export of the Ma-trix; d) Automatic .pdf export of the archaeological paperwork. Image by Mandolesi L. 2015.

Fig. 6 - Example of PyArchinit Quantification Tools: after filling the data of the materials table provided by the Plugin, PyArchinit allows you to set which data you want to quantify and to process histograms of the set quantification. Image by Montagnetti R. 2019.

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Tecnologie per i Beni Culturali 33

The purpose of this procedure is to obtain a georeferenced map, to print it on a plexiglass base and to take it to the site (Figure 8). At this point, archaeologists can simply take a permatrace (drawing paper) sheet, place it over the “Beginning Excava-tion Plan” on the corresponding area where there is a feature that must be drawn and trace from it at least four topographical markers together with the corresponding coordinates of longitude and latitude. After this ope-ration, the permatrace is transferred to a drawing board to let the manual survey by triangulation.Subsequently the survey of the va-rious identified contexts, the next step will be to carry on georeferen-cing every scanned permatrace into Qgis. The centre of each topographi-cal marker on the drawing must cor-respond to the points to be selected on the screen necessary for georefe-rencing. Select the center of each marker with the tool “Add point” and manually enter the corresponding X and Y coordinates in the appropriate boxes, just start the transformation to georeference each individual file. Once each context has been georeferenced, it can be digitized directly into the GIS environment with the PyArchinit tools (Figure 9) (Montagnetti, Rosati 2019).However, very often, it is preferable to use the pho-togrammetric survey especially when dealing with very important, detail rich archaeological features. In fact, thanks to the use of photogrammetric software (SFM software), by taking photos of the features identified from multiple angles it is possible to reproduce a three-dimensional model of the feature or artefact (Figure 10)8. Later on it will be possible to extract orthophotos of the various archaeological features from the 3d model9 and digitally draw them directly into Qgis with the PyArchi-nit tools as we have already seen for the manual survey (Figure 11). This implies that orthophotos used for digi-tal survey must be georeferenced.

Fig. 7 - PyArchinit Excavation Management: example of managing and connecting archaeological feature photos to their digital survey. Image by Mandolesi L. 2006.

Fig. 8 - Example of "Beginning Excavation Plan". Image by Montagnetti R. 2019.

Fig. 9 - Example of georeferencing of scanned drawing permatraces. a) Original scanned drawing sheet; b) Georeferencing into Qgis; c) Overlay of several georeferenced drawing sheets into Qgis; d) Vectorialization with PyArchinit provided tools; e) Characterization of the digital survey with PyArchinit following the stratigraphic SU order. Image by Montagnetti R. 2019.

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The georeferencing of these images can be done in two ways:

1. Through the Georeferencer GDAL Plugin of Qgis; in the same way seen previously regardingthe georeferencing of permatece sheets;

2. Through the Georeferencing of the 3D model of the features identified with a photogrammetrysoftware (Figure 10)10.

In both cases the georeferencing is based on the GCPs positioned on the ground on the investigation area, with geographical coordinates taken with the GPS11. This sy-stem saves a considerable amount of time and manpower and, at the same time, the survey will be much more accurate12. Through this methodology, at the end of the excavation season, it is also possible to realize the “Final Excavation Plan”.The procedures described above can also be adopted for section or profile drawings , albeit with slightly different expedients. However in this case, unlike plans, it is sug-gested to use the traditional system for drawing sections on site with measuring tape and graph paper sheets of standard dimensions 0.40m x 0.27m13. Once the drawings of the sections are done, these sheets are scanned and imported into Qgis and vectorialized with the PyArchinit tools. Clicking on the Qgis tool “enable grid”, it will be possible to set the values of the X and Y of the grid, de-pending on the scale.For example, if a 1:20 scale has been used for the dra-wing of the section, knowing that the size of the paper is 0.40 m x 0.27 m, the grid will have a value X = 8 m (0.40 x 20) and a value Y = 5.4 m (0.27 x 20)14. The result of this operation is the creation of a grid in which each cell has dimensions of 8 m x 5.4 m (Figure 12).At this point it is possible to continue georeferencing the scanned section drawing, by matching the four ends of the sheet with the vertices created through the Qgis

“enable grid” function, using the TPS transformation with a “cubic” method15. After this procedure it is finally possible to vectorize the dra-wings inside Qgis with the special vectors made available by the PyAr-chinit plugin (Figure 13).

PyArchinit for Andorid devices: QfieldTo better support excavation opera-tions, all the collected data can be transferred onto a tablet in order to manage and further update info directly on site through the use of Qfield, an Android app that can be downloaded from Google Play. Qfield allows the user to display and manage, on an Android tablet or smartphone, a GIS project created with Qgis, maintaining all the the-mes, the tags, styles and data set in the Qgis software of a PC. This application, though it seems to have a very simple interface, is rich

in useful functions such as tools for digitization, edit ge-ometry and attributes, query for attributes, GPS support as well as the ability to insert and customize basic maps, add photos, use of the device’s camera, and much more. The benefits of using this system are remarkable; in par-ticular it allows the implementation of the on-site data collection(constantly updating the system and creating an up-to-date overview of the site) and eliminates the time consuming work of digitizing the registers and the paper sheets16. In this way, being able to transfer our Qgis project to a tablet, PyArchinit database included (Figure 14), we can directly record the all excavation paperwork in Qfield and then synchronize the Qfield database with the Qgis desktop project (master) stored in the laptop at the end of each day of excavation. The use of Qfield in the field greatly simplifies the work of directors and supervisors in planning the excavations, allowing them to easily instruct the archaeologists di-rectly in the field. It will allow them to give field workers directions regarding what they will have to dig, suppor-ting their explanation with the visual aid of the tablet, coupled with the information related to what has already been investigated and entered into the database of the project.The advantages of using Qfield are considerable during the excavation phase, as well as simplifyingthe work of archaeologists in drafting their paperwork. They can continuously refer to the tablet toobtain the necessary information to insert into their ar-chaeological documentation, such as the section or plan numbers of the contexts that have been excavated for example. Above all they will have much more information available to provide an interpretation for what they have excavated and recorded (R.M).

FROM PYARCHINIT TO 3D MODELING WITH BLENDERThe management of archaeological data with Qgis and PyArchinit allows the user to create thematic maps throu-gh specific queries based on the data entered in the Da-tabase.

Fig. 10 - Example of 3D Model (dense cloud) georeferencing with CloudCompare. Image by Montagnetti 2015.

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Fig. 11 - Example of digital survey of orthophotos obtained from photogrammetric processes using PyArchinit tools. Image by Montagnetti R., Mandolesi L. 2019.

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More specifically, after setting the queries needed, through the “view” method, the selected alphanumeric data and their respective vectors are merged together re-turning a custom thematic map. Such thematic maps can be phase plans, time period plans or simple Context/SU plan or sections and many others (Figure 5). Using PyArchinit, all these operations are automated. The user only has to fill in the data in the database, at that point, through an easy graphical interface and the special tools provided by the plugin, a variety of maps are easily produced. Once the thematic map has been created, it can be exported in a shapefile format with the required EPSG ID. The data can then be uploaded to Blender using the BlenderGIS addons17. The GDAL libraries used by BlenderGIS allow users to both import data into the shapefiles format and maintain the georeferencing of the data (Figure 15).During the uploading it is possible to use some simple

precautions to divide geometries into smaller parts in order to obtain meshes in Blender, such as individual themes that groupable in dedicated collections. Also, it is important to remember that the geometries of a layer within Blender can be placed at a certain altitude if the elevation attribute is present within the table linked to the shapefile. Once two-dimensional geometries are obtained in Blender, it is possible to model, scale and georeference other asset models in three dimensions. At the same time, it is possible to cre-ate virtual reconstructions based on the thematic divisions of shapefiles. This means loading all the power of a geodatabase into a photorealistic rendering tool such as Blender in just a few steps. In addition to the three-dimensional reconstructions of an archaeological site, it is possible to perform other tasks and functions:

1. To implement asset models of generic ancient structures which can be emanated as particles from the individual ge-ometries distributed over the territory in order to recreate the historicalLandscape (Figure 16);

2. To model the historical landscape from contours18 and the DEM on which to place landscape elements coeval to the era intended to be represented (Figure 17);

3. To take pictures and video of the former landscape, fe-ature, or artefact, which is useful for informative and/or popular purposes;

4. To create 3d simulations;

5. To create “virtual reality” paths in order to be able to observe the recon-structions from inside the3D model through the “Oculus techno-logies” and to be able to personally verify the quality of the reconstruction (Figure 18).

Once a 3D model has been created, the work can be divided into two paths: 1. To connect the scene with other Blender’s files in order to obtain a new georeferenced scene withmultiple asset models;2. To export the 3D modeling into a 2D model in the shapefile format, from which it will be possible to reintegrate the model back into the Qgis platform to be checked and sent back again to BlenderGIS with new information.The aim for the future will be to con-nect Blender’s asset models directly to the PyArchinit geodatabase and to the augmented reality and virtual reality goggles (L.M).

Fig. 12 - Example of Qgis Grid for section drawings. Image by Montagnetti R. 2019.

Fig. 13 - Example of digitalization of sections with PyArchinit tools and their exportations. Image by Montagnetti R. 2019.

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Fig. 14 - Example of PyArchinit into Qfield. Image by Montagnetti R. 2019.

Fig. 15 - Example of exportation of a digital section drawing (Matrix included) from PyArchinit to Blender. Image by Montagnetti R., Mandolesi L. 2019.

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CONCLUSIONSDigital archaeology and data management through GIS sy-stems is now a well-established reality, and is now making an entrance into the archaeological sector. Beyond the benefits already mentioned, these systems speed up ope-rations which are fundamental and mandatory for those working in the archaeological field:

1. To have a continuous overview of the investigation area;

2. To update the data and be able to query it, facilitating the data validation process (Figure 19);

3. For cross-referencing data.GIS systems make these operations immediate, but above

Fig. 16 - Examples of reconstructions of ancient landscapes and settlements with Blender. Image by Mandolesi L. 2019

Fig. 17 - Example of reconstruction of an historical landscape with Blender based on its contours and DEM. Image by Mandolesi L. 2019.

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all, guarantees the centralized management of all the do-cumentation produced. This avoiding dispersing data into hundreds of files creating a tedious, prolonged process retrieve information19. Added to this is the possibility of further increasing the data available about the area being investigated thanks to the use of geoprocessing20 and spatial analysis tools made available by GIS software.

All of this, therefore, has an advantageous effect on the final interpretation of the collected data, which is the real motive behind any archaeological research or asse-sment. The use of such methodologies will simplify the next steps of archaeological intervention namely, the sprea-ding of the collected data, and the preservation and the

Fig. 18 - Example of "virtual reality" with “Oculus technologies” after created 3d animation models intoBlender. In Collaborazione con The Edge Company. Image by Mandolesi L. 2019.

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Fig. 19 - Examples of interactive queries and cross-referencing data with PyArchinit tools. Image by Montagnetti R. 2019.

Fig. 20 - Example of workflow: from digital survey to reconstruction of original aspect of an archaeological site until its enhancement for touristic purposes. a) Photogrammetric survey by UAV technologies b) Digital survey and 3d reconstruction into Blender c) Rendering in Blender d) Final inclu-sion in the Landscape plan template. Image by Mandolesi L. 2019.

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Tecnologie per i Beni Culturali 41

enhancement of the various sites. Archeology has no re-ason to exist if it is not preserved, enhanced and shared. As we demonstrated in this article, thanks to assets like PyArchinit and Blender it is now perfectly possible to go beyond the simple survey of an excavation to its three-dimensional reconstruction. There are many practical ap-plications for these models in addition to the recording of site data. They can be used for educational and touristic purposes, but also as a tool for conservation21 (Figure 20).All of this would make the understanding of archaeologi-cal sites and ruins easier for non-experts,increasing interest and awareness in archaeology and in the importance of its preservation (R.M.).

abStractThe goal of this article is to provide several practical procedures for working within the GIS environment in the archaeological sector, with specific reference to the excavation site, through open source methodologies and software such as Qgis and PyArchinit.It will also demonstrate how to use the data derived from the survey, processed and managed through Qgis and PyArchinit for enhancement projects such as 3d modeling and 3d mapping through Blender software.

KeywordSpyarchinit; QgiS; QgiS-belnder; blender; SfM; digital archaeology; archaeology; archaeological georeferencing

authorRobeRto Montagnetti [email protected]

luca Mandolesi [email protected]

adaRte sRl aRcheologia, RestauRo, ict

referenceSAntenucci J.C., Brown, K., Croswell P.L., Kevany M.J., Archer H. (1991). Geographic Information Systems: a guide to the technology.Campana S., (2003). Catasto Leopoldino e GIS technology: metodologie, limiti e potenzialità, Trame nello spazio: quaderni di geografia storica e quantitativa (1), 71–78.Chavarría Arnau A. (2011). Padova: architetture medievali: progetto AR-MEP (2007-2010). Padova.Forte M. (2002). I sistemi informativi geografici in archeologia, Mondo-GIS.Kraus K. (1994). Fotogrammetria, Torino, Ed. Levrotto & Bella.Lelo K., Travaglini, C. M. (2009), Il GIS Dell’atlante Storico Di Roma: Meto-dologie per l’informatizzazione, l’integrazione e l’analisi Congiunta Delle Fonti Catastali Ottocentesche, Fonti, Metafonti e GIS per L’indagine del-la Struttura Storica del Territorio, Celid, 51–60.Mandolesi L. (2009) PyArchinit-python, QGIS e PostgreSQL per la gestione dei dati di scavo, Archeologia e Calcolatori, Supplemento (2), 209-222.McCoy J. (2004) Geoprocessing in ArcGIS, Redlands.Mogorovich P.(2010), Sistemi Informativi Territoriali. Appunti dalle lezio-ni, Versione 3.216, http://pages.di.unipi.it/mogorov/SIT_Vers_3_216.pdf. (Retrieved: 12.03.2020).Montagnetti R., Rosati P. (2019) Georiferire la stratigrafia archeologica, Archeologia e Calcolatori (30), 463–466.Montagnetti R., Chiraz P.P., Ricci A., Pickel D.G. (2019) Strumenti, tecni-che e soluzioni Open Source a confronto per l’elaborazione fotogramme-trica delle immagini digitali in ambito archeologico, Archeomatica (10).Peuquet D.J. (1988) Representations of geographic space: toward a con-ceptual synthesis, Annals of the Association of American Geographers (78), 375–394.Selvini A. (1994) Elementi di fotogrammetria, CittàStudi.Surace L. (1998) La georeferenziazione delle informazioni territoriali, Bollettino di geodesia e scienze affini (57), 181–234.

end noteS1 This definition is just a personal review that takes its cue from other definitions: Mogorovich 2010.2 For a general framework on the advantages of GIS refer to: Antenucci, Brown, Croswell, Kevany, Archer 1991; specifically for archaeology: Forte 2002.3 Specifically, these consist of: US registers, Drawing registers, Photo re-gisters, Sample registers, Site sheets, US sheets, Material sheets, Skele-ton and Tafonomic sheets and may other.4 About this topic refer to: Lelo, Travaglini 2009.5 For more in-depth information on PyArchinit and its specific tools see: Mandolesi 2009.6 They usually are plastic targets fixed on the ground with nails. Their number is also implemented step by step with the progress of the exca-vation in order to have constant updates and regular coverage of the whole surveying area.7 The insertion of the geographical grid, in the cross shaped symbol, mainly serves to increase the accuracy of the georeferencing of the va-rious manual drawings, always ensuring an adequate number of GCPs and as regular a distribution as possible. In fact, a distribution of the points in a single restricted portion of the area that must be surveyed compromi-ses the good outcome of the georeferencing; About this issue: Campana 2003.8 In general on the principals of the photogrammetry refer: Kraus 1994; Selvini 1994.9 The advantage of georeferencing the 3d model of the various features consists in the fact of being able to extract from it not only georefe-renced orthophotos but also Digital Elevation Models (DEM). DEM can be used within Qgis both to obtain the levels of the various archaeological features identified, avoiding, in this way, to the use of the “Dumpy level” and for many other Geoprocessing operations such as: extract terrain profiles, contour and others.10 E.g. the “Aligns” tool of CloudCompare (Figure 10) or “Reference Scene” tool of Meshlab. For more in-depth see: www.danielgm.net/cc/; www.meshlab.net/.11 Obviously the number of GCPs can be increased at any time according to the needs.12 For more in-depth study about these arguments see: Montagnetti, Chi-raz, Ricci, Pickel, 2019.13 Sections can also be extracted from the photogrammetric 3d model to obtain georeferenced façade on which to draw the various contexts directly in the GIS using the PyArchinit tools. Although, in this case, the Y coordinates of GCPs should first be reversed with their Z coordinates. It means getting what is called a “Vertical GIS” (Chavarría Arnau, 2011). Nevertheless, these procedures ultimately take much longer than ma-nual drawing on site and a very deep level of knowledge of GIS that not everyone can have.14 Same procedure but multiplied by 10 if we have drawn sections in 1:10 scale.15 If the section has been drawn on site on more than one sheet of graph paper, the same technique will be used to obtain a mosaic inside Qgis.16 For more in-depth check: www.Qfield.org.17 See: https://github.com/domlysz/BlenderGIS.18 These contours may be related to the current landscape or may be those derived from archaeological data.19 We challenge anyone to manually check the huge amount of pa-perwork of an excavation that lasted a few years, and where most likely hundreds of people have worked or to update the survey, relying only on hand-made drawings that must necessarily be put together manually on large overlays. Taking into consideration the fact that only very rarely you have available highly specialized staff in the archaeological survey at the expense of its accuracy and precision.20 Geoprocessing operations are analysis techniques based on the vec-tor format and used for the derivation of new data from incoming data; McCoy 2004.21 Several of these projects, related to 3d prints of monuments and archaeological artefacts, for example, have been implemented in Syria following the destruction by ISIS; see https://www.stampa3dstore.com/la-stampa-3d-aiuta-restauratori-italiani-a-ripristinare-i-busti-distrutti-dall-isis-a-palmyra/.

Author Contributions: Conceptualization, R.M.; methodology, R.M., L.M. software, L.M.; validation, R.M., L.M.; formal analysis, R.M.; investigation, R.M.,L.M.; resources, L.M.; data curation, R.M.; writing–original draft pre-paration, R.M.; writing–review and editing, R.M.; visualization, R.M.; super-vision, R.M,L.M..; project administration, L.M. All authors have read and agreed to the published version of the manuscript.

Funding: This research received no external funding.

Acknowledgments: We are grateful to Max Macdonald for his help on che-cking this article. We are also grateful to all of the adArte s.r.l. team and to UnaQuantum inc association for their support and help with the development of the PyArchinit software.

Conflicts of Interest: The authors declare no conflict of interest.

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Musei e digitalizzazione: arriva il progetto Mu.SA a riqualificare gli esperti museali – Il progetto Mu.SA è una nuova sfida europea per riqua-lificare gli operatori museali in chiave digitale: ecco come nasce e si sviluppa un percorso formativo che ha creato nuove figure professionali in Italia, Grecia e Portogallo.L’avanzata inarrestabile delle tecnolo-gie digitali nella società non ha rispar-miato le istituzioni legate al passato per antonomasia: i musei. Siti web, forum, social network, app, guide per mobile e gaming, infatti, strizzano l’occhio alle istituzioni museali, che possono così sfruttare le infinite fun-zionalità dei new media per attirare, fidelizzare e coinvolgere il pubblico, tramite esperienze interattive ricche di significato emozionale (Carnelli, 2014). Tuttavia il digitale fatica a farsi strada nel settore museale, almeno in Italia. Facendo riferimento ai dati comunica-ti durante la terza edizione dell’Osser-vatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali – promosso dalla School of Management del Politecni-co di Milano – si può notare quanto il mondo dei musei abbia una consapevo-lezza ancora in fase embrionale.Solo il 47% dei musei italiani ha un pro-prio sito web, e il 48% di essi non è compatibile con i dispositivi mobile. Se il 58% delle istituzioni culturali mette a disposizione dei propri visitatori il wi-fi, quest’optional non è opportu-namente comunicato, tanto che solo 7 visitatori su 10 ne sono al corrente. Ma non solo: quando sono disponibili

dispositivi digitali utili per la visita di collezioni in corso, il 70% degli utenti non ne è a conoscenza. Inoltre, se la biglietteria conteggia un irrisorio 4% di incasso proveniente dal sito web, solo il 20% dei musei consente l’acqui-sto dei biglietti online. Di questi ulti-mi, poi, esclusivamente l’8% permet-te ai visitatori l’accesso senza dover stampare il biglietto su carta. Anche il back office risulta poco sostenuto dai sistemi informatizzati (32%), così come ancora ristretti sono i dati cor-relati ai supporti per la realtà virtua-le con il 16%, la realtà aumentata al 12%, e il gaming col 10% (Osservatori.net, 2019).Eppure, riprendendo le parole di Neal Stimler, Project Manager che ha col-laborato per anni con il Metropolitan Museum of Art di New York, “la tra-sformazione digitale è fondamentale per perseguire la mission di un museo, per raggiungere una buona efficienza operativa e la salute finanziaria” (Co-lombo, 2019). In altre parole, i musei attuali per sopravvivere necessitano di numeri fatti di utenti, dati e guadagni.Ma perché le istituzioni museali italia-ne trovano tante difficoltà nel pren-dere confidenza con i media digitali? Le motivazioni sono essenzialmente di tre tipi, evidentemente correlate tra loro: culturale, economica e lega-ta all’obsolescenza della tecnologia. Infatti, se da un lato vi è una certa resistenza sociale del Belpaese all’in-vasione postmoderna in un settore che porta con sé il profumo di ‘un passa-to che fu’, dall’altro finora non sono stati stanziati abbastanza fondi per la digitalizzazione delle organizzazio-ni culturali. Con queste premesse, è facile non riuscire ad essere al passo con i tempi, anche perché la vita di un supporto digitale si esaurisce nel giro di poco tempo: viene subito rimpiaz-zato da nuove tecnologie, ragion per cui c’è un costante bisogno di aggior-namento (Castelnuovo, 2019).

Affrontare il digital divide museale tra formazione e lavoro: il progetto Mu.SACome faranno dunque i musei italiani a non disgregarsi sotto l’onda della modernità? Perché questo non accada, avranno bisogno di reinventarsi con una pianificazione a 360 gradi che di-sponga di risorse economiche, legate all’innovazione digitale e, last but not least, di figure professionali opportu-

namente formate per introdurre il di-gitale in questo settore.Tale esigenza è stata ampiamente av-vertita anche dai massimi organi pre-disposti: basti pensare alla recente presentazione di riforma da parte del ministro dei Beni Culturali, Dario Fran-ceschini, che mira alla digitalizzazione di tutto il patrimonio artistico e cultu-rale italiano tramite una Digital Libra-ry (Bartolucci, 2019). L’Italia dunque presenta da un lato un vuoto sostanziale di digitalizzazione dei musei, e dall’altro una sua impre-scindibile necessità d’essere. Proprio in questa situazione di emergenza si pone Mu.SA.Mu.SA: Museum Sector Alliance è un progetto nato per affrontare il gap sempre più evidente tra la formazio-ne tradizionale in ambito culturale e il mondo del lavoro, divario dovuto in gran parte all’emergere di nuovi profili professionali correlati all’introduzione dei new media nel settore museale. Finanziato nell’ambito del programma Erasmus+/Settore Skills Alliances, il progetto Mu.SA è stato gestito da un ampio partenariato costituito da uni-versità, organizzazioni e associazioni rappresentative del sistema culturale e del mondo professionale in Grecia, Italia e Portogallo. Per l’Italia hanno partecipato la Link Campus University, l’Istituto Beni Artistici, Culturali e Na-turali dell’Emilia Romagna, Symbola e Melting Pro Learning. La lista completa dei partner è consultabile su http://www.project-musa.eu/about/project-partners/.Basandosi sui dati di eCult Skills – un precedente progetto europeo dedicato alla digitalizzazione del settore mu-seale – Mu.SA nasce con l’obiettivo di capire quali siano le fondamentali esi-genze dei musei dei Paesi di riferimen-to per traghettarsi verso un contesto digitale avanzato, affrontandole me-diante la formazione di chi nei musei opera e lavora, tramite l’acquisizione di adeguate competenze digitali e tra-sversali. Mu.SA, da novembre 2016 a marzo 2020, ha fatto proprio questo: cercare di capire, analizzare, individuare e, di conseguenza, preparare i professioni-sti dei musei al contesto digitale.

La parola a 81 esperti sulle necessità dei museiLa prima fase è stata quella dedicata alla ricerca: da dicembre 2016 a marzo

AGORÀ

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Tecnologie per i Beni Culturali 43Tecnologie per i Beni Culturali

2017 i partners Mu.SA, adottando una metodologia di tipo prevalentemente qualitativo, hanno prodotto interviste, questionari e focus group, coinvol-gendo 81 esperti museali per arrivare alle due domande cruciali focalizzate sul digital divide che colpisce i musei: quali sono le competenze digitali e tra-sversali che un operatore museale do-vrebbe avere? E quali potrebbero esse-re i ruoli professionali che potrebbero gestire l’adozione delle nuove tecnolo-gie all’interno degli stessi enti museali (Silvaggi & Pesce, 2017)? Come riferimento comune ai tre Paesi, sono state utilizzate le skill contenu-te in framework europei come e-CF, DigComp e le 21st Century Skills. La sigla e-CF sta per European e-Competence Framework, ed elenca 40 competenze richieste e applicate in ambienti di lavoro in cui si utilizzino le ICT, con livelli di competenza che sca-lano da 1 a 5. DigComp è anch’esso un framework europeo di 21 e-competen-ce che tutti i cittadini europei dovreb-bero possedere in quanto utilizzatori di tecnologie (Polymeropoulou, Pierra-keas, Borotis & Kameas, 2019).Le digital skill appartengono in gran parte alle cosiddette hard skill, e sono competenze digitali specifiche da ap-prendere per poter svolgere una deter-minata mansione in campo tecnologico (Xhaet & Derchi, 2018).Le soft skill, invece, note anche come 21st century skills o competenze tra-sversali, rappresentano quelle qualità utili in più mansioni e ruoli professio-nali, come la flessibilità, il pensiero critico, la capacità comunicativa e lo spirito di collaborazione (Applied Edu-cational System, 2019).

Le nuove professioni digitali nei mu-sei: quali sono e come operanoQuesto lavoro di analisi ha individuato quattro figure necessarie alla vita dei musei attuali: il Digital Strategy Mana-ger, il Digital Collection Curator, il Di-gital Interactive Experience Developer e l’Online Community Manager (Silvag-gi & Pesce 2018). L’ordine con cui sono stati elencati non è casuale: rispecchia infatti, in ordine decrescente, quanto siano ritenuti prioritari nei tre Paesi di riferimento. Il Digital Strategy Manager risulta co-lui che maggiormente è ambito da un museo che voglia crescere nel settore digitale: si tratta infatti del ruolo che, a monte, decide l’intera strategia di-

gitale di un’organizzazione culturale, situandosi all’interno della linea com-plessiva d’azione dell’ente stesso in cui opera, e svolgendo un’autentica missione mediatrice tra il museo, le aziende hi-tech e gli stakeholder cor-relati. Sono dunque dei compiti mol-to importanti, che necessitano di un continuo dialogo con gli alti incarichi del museo. Tuttavia, attualmente, in Grecia, Italia e Portogallo solo i più grandi musei potrebbero permetter-si di assumere e inserire nel proprio organico dei digital strategy manager specializzati. Ragion per cui, allo sta-to attuale, si tratta principalmente di collaboratori esterni con una discreta conoscenza del settore artistico, lad-dove in Italia non si tratti di un ruolo incorporato direttamente nella figura del direttore del museo.Strettamente correlato alla digitaliz-zazione dei musei è, ovviamente, la figura del Digital Collection Curator, fi-gura riconosciuta come fondamentale soprattutto in Grecia e Portogallo: si tratta infatti di colui che è incarica-to di monitorare, gestire e catalogare le collezioni digitali e/o digitalizzate, rivelandosi così un ruolo con tutte le caratteristiche per far parte dello staff fisso del museo.In Italia, invece, al secondo posto si colloca la figura dell’Online Community Manager, sia per le già citate riforme museali che mirano anche al potenziamento della pubblicità e della comunicazione (To-sato, 2017), sia per una generale per-cezione di svalutazione del ruolo co-municativo nell’ambito dei musei ita-liani. Come ha affermato uno degli in-tervistati italiani del progetto Mu.SA, “abbiamo bisogno di creare una cultu-ra digitale che sia soprattutto una cul-tura di comunicazione”. Inoltre, molti intervistati dei tre Paesi sostengono che la comunica-zione via social dei musei lascia a desiderare perché non è attuata in modo strategico. Questo, probabil-mente, deriva dal fatto che i social media strategist dei musei sono semplici colla-boratori esterni, oppure sono ope-ratori museali non

propriamente esperti in social media.Il Digital Interactive Experience Deve-loper, invece, è colui che progetta e sviluppa installazioni interattive che forniscano esperienze ricche di signifi-cato per le varie tipologie di visitatori, senza trascurare semplicità di utilizzo e accessibilità. Si tratta dunque di una figura molto particolare perché, oltre a dover avere un’ottima conoscen-za del museo e delle tecnologie ICT, dev’essere in grado di comprendere, intuire e prevenire i bisogni del pub-blico, soddisfacendoli in toto. Più di quanto i visitatori possano immagina-re e desiderare. Come ha sottolineato in una recente intervista la Direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali del Poli-tecnico di Milano, Eleonora Lorenzini, “i musei hanno compreso la necessità di passare dalla conservazione alla va-lorizzazione e che quindi devono aprir-si ed essere ingaggianti” (Maccaferri, 2019).

Fornire le competenze giuste ai musei: la formazione aperta a tutti gli ope-ratoriUna volta identificati i ruoli profes-sionali fondamentali per la rinascita digitale dei musei, la parola chiave diventa “formazione”: si tratta infat-ti di profili completamente nuovi e, per questo, ancora fondamentalmente indefiniti in questo settore. Ma Mu.SA mira in alto: questo progetto, infatti, ambisce a plasmare nuove identità professionali digitali esperte in campo artistico-culturale. E questo vuol dire prenderle all’interno del museo stes-so, facendo sì che acquisiscano le giu-ste e-competence. Questo corso di formazione si è diviso in due momenti distinti e consequen-

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44 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

AGORÀ

44 ArcheomaticA N°4 DICEMBRE 2019

ziali: da gennaio a marzo 2019, per 12 settimane, si è tenuto un MOOC (Mas-sive Online Open Course) di base base aperto a tutti gli operatori museali che mostrassero interesse nel riqualificarsi professionalmente. In questa fase le skill trasmesse erano uguali per tutti, toccando la gestione del Business Plan e la capacità di monitorare e gestire le tecnologie ICT e i dati, arrivando all’identificazione dei bisogni e alla protezione della privacy, senza dimen-ticare il controllo di qualità e la gestio-ne delle relazioni interne ed esterne al museo. Il tutto sapientemente basato su cinque skill trasversali quali sono la capacità di lavorare in gruppo e di gestire il tempo, il pensiero creativo, la leadership e l’abilità comunicativa.Gli studenti più motivati che hanno su-perato con successo il corso base sono quindi passati al corso di specializza-zione, diviso a sua volta nei quattro profili indicati in precedenza, ognuno

con competenze digitali e trasversali specifiche, trasmesse tramite modu-li settimanali di formazione. Questa seconda fase – ancora in corso da settembre 2019 – ha visto alternarsi lezioni a distanza ad incontri face-to-face, concludendosi con un percorso formativo sul campo, in cui gli studen-ti hanno partecipato attivamente pro-ponendo ad enti museali dei project work, in modo da applicare le nozioni apprese.

Operatori museali digital: è già futuro tra entusiasmo e ‘lavori in corso’È stato proprio nella fase del lavoro sul campo, anche detto WBL (Work-Based Learning), che sono state confermate le difficoltà di adattamento dei musei al digitale, già riscontrate nell’iniziale fase di ricerca. Infatti, da un piccolo questionario somministrato agli stu-denti italiani del corso di specializza-zione, è emerso che, fra coloro che hanno risposto, il 60% opera in un mu-seo in cui non è ancora presente una strategia digitale. Questo ha fatto sì che il progetto proposto abbia incon-trato non pochi ostacoli, che gli stu-denti hanno attribuito prevalentemen-te al nuovo approccio digitale (27%), con conseguenti difficoltà a coordinare il team (13%), nonché a dare la giusta importanza alla questione, schiaccia-ta da altre ritenute più fondamentali (13%). Solo il 6.5% riferisce di non aver trovato alcuna difficoltà nel gestire un

progetto di stampo digitale all’interno del suo museo di riferimento. Nono-stante queste difficoltà, tutti riferisco-no di sperare in una prosecuzione del loro project work anche dopo la fine del corso Mu.SA.L’entusiasmo, dunque, c’è ed è anche consistente: alla domanda che chiede-va se il loro museo stesse attraversan-do una fase di trasformazione digitale, il 70% ha risposto di sì, includendo in primis il coinvolgimento delle audien-ce, la promozione e la divulgazione tramite i social network, ma senza tra-lasciare l’utilizzo di nuove tecnologie informative nelle sale, nonché applica-zioni beacon e audio guide.I risultati del questionario dimostrano che non basta introdurre e saper ge-stire le nuove tecnologie: occorre in-fatti che i musei soddisfino le esigenze sia di coloro che fruiscono dell’arte in modo ‘oggettivo’, sia dei più giovani che vogliono essere coinvolti soprat-tutto tramite l’esperienza emozionale (Neosperience Team, 2020). Si neces-sita, dunque, di nuove realtà in cui il digitale non sostituisca l’analogico e non ne resti separato, ma vada invece a completarlo per amplificarne l’inten-sità comunicativa grazie ad un team ben strutturato, coordinato e, come si evince dall’esperienza di Mu.SA, anche opportunamente formato.

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Implementing a MOOC course for Museum Professionals with a worldwide effect, https://www.researchgate.net/publication/337522477_Implementing_a_MOOC_course_for_Museum_Professionals_with_a_worldwide_effect Silvaggi, A. & Pesce, F. (2017), Museum Professionals in the Digital Era. Agents of Change and Innovation, https://meltingpro.org/wp-content/uploads/2017/07/Museum-professionals-in-the-digital-era.pdf Silvaggi, A. & Pesce, F. (2018), Job Profile for museums in the digital era: research conducted in Portugal, Italy and Greece within Mu.SA project, https://www.encatc.org/media/4535-encatc_journal_vol8_issue1_silvaggi_pesce.pdf Tosato, D. (2017), “Musei e comunicazione nell’età della riforma Franceschini. Metodologia e luoghi comuni del consenso mediatico”, Emergenza Cultura, https://emergenzacultura.org/2017/03/20/debora-tosato-musei-e-comunicazione-nelleta-della-riforma-franceschini-metodologie-e-luoghi-comuni-del-consenso-mediatico/Xhaet, G. & Derchi, F. (2018), “Digital skills. Capire, sviluppare e gestire le competenze digitali”, Milano: Hoepli

autoreGioRGia MaRtinolink CaMpus [email protected]

paRole ChiaveMusei; diGitalizzazione; pRoGetto Musa; MuseuM pRoFessionals; MooC

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46 ArcheomaticA N°4 dicembre 2019

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