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Il Pancione

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Page 1: Ricettario Friuli Venezia Giulia - Il Pancione

Il Pancione

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INTRODUZIONE Quando Trieste regnava nel suo entroterra istriano e sulle isole dalmate, il Friuli era ancora Veneto, un territorio di confine, povero, ancora assillato dalle indefinibili ansie di antiche minacce, riunito e solidale nella sua realtà etnica, che proprio per questo sembrava rias-sumere ed acuire, ai limiti della più grande regione, le sue virtù autentiche. I Veneti hanno sempre sentito loro la poesia dei focolari friulani, la forza laboriosa di quella gente, l’eccellenza di certi vini, la delicatezza di carni nutritesi ai pascoli montani, la gloria del prosciutto di San Daniele; accomunavano per uno stesso destino le lagune di Venezia e quella di Marano, il patriarcato bizantino di Aquileia trapiantato poi nella Serenissima Dominante; si sentivano sicuri per i castelli e le fortezze stellate che vigilavano ad oriente, tanto che poterono costruire le loro ville, non con una cerchia di mura, a difesa, ma aperte nell’ospitale abbraccio delle loro barchesse. È certo però che tuttavia pur sentendo il Friuli legato per indistruttibili vene alla terra veneta, lo si guardasse come qualcosa di diverso, di autonomo, più austero, più duro, un poco più malinconico. Mi accorgo che pensando al Friuli lo ritrovo quasi sempre nella sua veste autunnale, ed è proprio l’autunno la stagione trionfante fra il Livenza e l’Isonzo. Non il primissimo autunno, quando l’estate declina nella pienezza dei suoi umori, prodiga dei doni da riporre nei granai previdenti, ma quello inoltrato, quando la terra non dona più nulla, e si debbono già intaccare le scorte, quando l’ultimo oro ed il rosso della natura si stemperano nei veli grigi della nebbia, e si ricrea il calore d’una consolante estate dell’anima, per la danza irrequieta della fiamma sul focolare, in angoli rituali ove la vita si orienta in placide attese, in memorie assaporate lentamente, nelle loro gioie e nei loro dolori, in una congeniale attitudine ad evocare presenze di persone amate, troppo

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spesso lontane. E i tralci delle viti piangono, e ceppi di ginepro scoppiettano mentre bruciando avvolgono con le loro estreme essenze gli spiedi dove sono sapientemente disposti, tra cuscinetti di lardo e foglie aromatiche, gli uccellini del roccolo, dal becco gentile, i petaròs e i parussulis, gli scriz e i favitis, le pispole e i franzei, i moratulis e le lodulis, coi capini penduti e sconsolati, o le membra tese della jeur, la lepre, mentre i succhi trasudano e cadono sfrigolando nelle golose. Succhi che sono semplici e sapienti aggiunte d’erbine segrete si trasformano in salse prelibate, quasi sempre acidule di vino o di aceto in ancestrali connubi. Intanto nel calderone nero di fuliggine e rosso di rame splendente si va addensando il magma giallo di un bel sole commestibile che verrà versato tra nuvolette di vapori bollenti sulla grande tovaglia bianca. Purtroppo i grandi soli d’oro che almeno due volte al giorno erano il cuore delle cucine friulane e venete, popolate di famiglie numerosissime, vanno scomparendo. : L’esistenza ha acquistato un ritmo nuovo, esigenze nuove; tutto viene pianificato su vastissima scala e perciò reso uniforme, purché divenga rigorosamente funzionale, dieteticamente ineccepibile. Gli alari dei grandi camini, le madie, le pentole di rame sono divenuti oggetti di antiquariato, arredo di case borghesi, trasformati in utensili solo decorativi, ma tra Conegliano e Pordenone si allineano i capannoni di alcune grandi industrie che hanno preso d’assalto non solo l’Italia, ma l’intera Europa ed il nord dell’Africa, con i loro nitidissimi strumenti di cucina, coi loro forni a gas o elettrici, ove a modico prezzo si può disimpegnare la troppo frettolosa cucina delle massaie di questo nostro tempo. Purtroppo il progresso con le sue tecniche quasi sempre aride non si identifica che raramente con la civiltà, e sempre di più smarrisce quella umana consapevolezza che sappia attingere ad un patrimonio di antichissime esperienze e di tradizioni. Tradizioni di cui il Friuli è ricchissimo; ma là dove ha cercato di modernizzarsi v’ha rinunciato

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come remore impaccianti ed inutili, senza alcun imbarazzo nell’adattare il nuovo al vecchio, senza nessuna preoccupazione di mimetizzare i troppo bruschi passaggi, e dove invece la sua vecchia immagine sembra resistere ancora, vi è connaturata una specie di squallore, senza speranza di riabilitazione, come se le vecchie case fossero già state condannate a morte e non si attendesse che il loro crollo. Questo vale anche per la cucina. I friulani hanno una notevole tradizione di efficienza come personale alberghiero; possiedono il genio del me-stiere dell’ospitalità, camerieri e cuochi popolano gli hotel di tutta Italia, della Svizzera e della Germania, creando nuclei di corregionali grazie ad una mutua solidarietà che si basa non solo su una specie di affiliazione affettuosa, ma anche perché trova proprio una corrispondenza immediata nell’efficienza del lavoro, eseguito sempre con estremo scrupolo e con passione professionale. Abituati alle grandi case, questi camerieri e questi cuochi a volte ritornano al luogo di origine con un bagaglio di esperienze da mettere a frutto e aprono dei decorosi locali ove impegnano tutti i loro guadagni. L’autentica tradizione della cucina friulana di magro si basa particolarmente sul pesce d’acqua dolce. Sino a non molto tempo addietro le lagune e le spiagge erano paludose e deserte e il pesce che si vedeva solo nelle città, giungeva tutt’al più dai pescatori di Grado o di Caorle o di Venezia. Ad Udine, per esempio, pro-sperava una sola pescheria, già molto nota agli albori del settecento. La pesca dei fiumi invece non appariva quasi mai sui mercati con quantità ragguardevoli; i pescatori portavano il loro bottino direttamente ai consumatori, i buongustai delle ville, o anche delle città, e lo avvolgevano in refrigeranti foglie di vite entro ad un canovaccio inumidito. Lucci, tinche, temoli, anguille, barbi e i marsòn, gli spinarul, i giavedòn, i noni, piccoli pesci da frittura e da saor che il più delle volte rimanevano a rallegrare le mense popolaresche di chi li aveva pescati, giudicati indegni d’essere venduti, ma delicatissimi. Fra tutti erano celebrati i gamberi e le trote del lago di Cavazza, del Vipacco e del

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Gorgazzo, la sorgente del Livenza. Il Gorgazzo è uno di quei luoghi rari che posseggono un loro particolarissimo incantesimo. Al limitare della pianura quando essa già si alza impercettibilmente verso i colli che anticipano oltre le mo-dulazioni di tante piccole valli, l’ergersi delle boscose pendici del Cansiglio, si scoprono le sorgenti del Livenza, un misterioso e profondo imbuto che si perde nelle viscere della roccia colmo di una limpidissima acqua la cui profondità dà il brivido. Una profondità graduale e ad un tratto repentina, attutita da una eccezionale trasparenza che avvicina le ghiaie del fondo più immediato, che attira stranamente, verso cui ci si protende sedotti dall’infantile mistero del buio e dell’ignoto, inclinandosi dalle rocce sulle rive o dalle prode erbose trattenute come in una accorata stretta protettrice dalle radici contorte degli alberi. Intorno vi sono alberi alti e sottili, che filtrano armoniosamente la luce, con un effetto da cattedrale gotica, bacino ideale per i riti battesimali per immersione del nascente cristianesimo, come sospesi al limite della vita, in una perfetta e rigorosa coscienza dei limiti fra il bene ed il male, fra la luce e le tenebre. Qualche gambero passeggia tranquillo sul fondo sapendo di essere il raro superstite di una razza antica, degna del massimo rispetto, e sopra di lui guizzano le trote giunte qui giovanissime entro bariletti appositi per popolare un corso perciò pescosissimo ed una mensa fra le più frequentate della regione. Poco discosto dal Gorgazzo (e nel dispregiativo della parola « gorgo » c’è forse un po’ di sdegno per il timore che essa ispira), le acque scaturendo appena nate, su un greto sassoso, lambiscono un gruppo di case in pietra viva. Oltre il Gorgazzo, salendo una stradicciola accidentata, fra le casupole in pietra viva, ove appaiono ancora, quasi incredibilmente, vecchine e vecchietti tutti vestiti di nero e curvi sotto grandi gerle di fieno, si scende poi verso un altro ramo del Livenza, ad una chiesetta romantica, che la tradizione vuole visitata da San Francesco. Dinanzi al suo

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porticato si svolge un paesaggio riflesso nelle acque verdine, con ombre riposanti e discrete contro un cielo di un azzurro vibrante, come in certi paesaggi giorgioneschi. Arrivammo là in un pomeriggio d’estate. Vi si festeggiava non so quale santo protettore. Davanti alla chiesa dei bimbi compravano ancora da una bancherella delle ciambelline, i friulani colàz delle sagre paesane e delle cresime. Il padrino doveva regalare al figlioccio una corona di colàz intrecciata da fettucce rosse, verdi, blu, gialle. Un padrino di un certo prestigio doveva regalare almeno una corona che infilata al collo giungesse sino ai piedi. Ma l’ostentazione della dignità padrinale arrivò al punto che nel 1500 un proclama definì rigorosamente il numero massimo di ciambelle che un padrino poteva mettere al collo del suo figlioccio. In quel sagrato, venduti da una coppia d’omini sorridenti ed arguti, ma un poco malinconici, come due gnomi del bosco a cui i bambini non credono più, ricordo di aver veduto gli ultimi pevarini della mia vita, gli estremi parpagnacchi, e pandoli, l’ultimo zucchero filato, i tiramolla, già protagonisti di una defunta infantile poetica gastronomica. Ne ho comperato una grande quantità, fra l’ilare stupore dei due gnomi bancarellari, felice di poter offrire quei dolcetti ai bimbi di famiglia, nella speranza di trovare in loro la mia lontanissima gioia delle sagre estive. A me bastava un cartoccetto di quelle povere cose per appagare i desideri di un pomeriggio di domenica, e quel cartoccetto me lo strin-gevo ben bene sul petto mentre montavo sui cavallini della giostra, girando pomposo e trionfante al ritmo delle marcette del carillon, pieno di gratitudine per chi donandomi qualche monetina m’aveva concesso tanta goduria. A casa i miei dolcetti non ebbero alcun successo. I bimbi li assaggiarono appena e li considerarono con delusione e disprezzo, criticandoli perché erano mal fatti e non tutti eguali. Corsero poi subito al frigorifero per prelevare una Cocacola che lavasse loro il palato da tanta insipienza.

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Le «carte» delle ciambelle e dei pevarini rimasero a lungo in un cassetto fra i pezzi di pane raffermo. Non potevo sgranocchiare tutte quelle mie memorie infantili da solo senza pericolo di indigestione e non trovavo alleati per esaurire quella mia imprudente provvista. Dopo qualche giorno suonò alla mia porta una coppia di piccoli zingari. «La me dia qualcosa...» gemettero in un curioso dialetto triestino, modulato in un tono pietoso. Detti loro tutto. Però vollero anche una moneta da cento lire. Mi pareva quasi la esigessero. Come risarcimento. San Daniele è la patria del prosciutto più celebre d’Italia. Si favoleggia di segreti nella preparazione delle carni, nella loro stagionatura, ma il merito della squisitezza, della profumata dolcezza di quei prosciutti consiste tutto e solamente nella qualità dei rosei porcelli friulani, che pascolano liberi e felici. E la loro libertà e la loro felicità rendono ineguagliabili i loro cosciotti, senza gravame eccessivo di grasso, e trasformano in deliziose proteine tutti gli umori e i profumi della terra che li nutre e li rallegra. I prosciutti di San Daniele sono riconoscibili per essere meno tozzi dei soliti, più piatti e slanciati terminano ancora con l’unghiolo, ed hanno inciso sulla cotenna, a fuoco, il marchio col luogo di provenienza. Alcune celebri ditte di salumi mandano a stagionare qui i prosciutti di maiali assai meno felici, cresciuti industrialmente negli allevamenti emiliani e lombardi, ma non basta l’aria di San Daniele, né i particolari procedi-menti di salatura e di maturazione a renderli eccellenti. Un mio amico, che di prosciutto se ne intende, me ne presentò un giorno due fette, quasi identiche per il colore e il grasso presente in esigue venature. Mi invitò ad assaggiarle e a giudicarle. L’autentico San Daniele è dolcissimo e lascia in bocca tutta una gamma di delicate sfumature di sapori, che qualsiasi altra carne suina è ben lungi dal possedere. Soltanto certi maiali iugoslavi o ungheresi possono assomigliare, con particolari condizioni di allevamento, ai rosei e vispi porcelloni del medio Friuli, ed in verità la produzione locale di prosciutti

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pare possa essere aumentata con l’importazione di cosciotti di suini dalla regione danubiana. Al limite della pianura, risalendo ai piedi delle montagne sino a Maniago ci si può imbattere in una delle più felici esperienze gastronomiche della regione, sostando in un ristorante, dove, a richiesta si possono sperimentare tutte le specialità della cucina carnica e friulana, il che vi sarà possibile anche visitando alcuni ristoranti di Tolmezzo, o qualche modesta trattoria di Forni Avoltri. Non badate alla lista, chiedete ciò che si prepara per il personale di servizio, e vi imbatterete in meravigliose zuppe di fagioli, in un saporitissimo frico (formaggio fritto). Nei paesi suddetti potrete poi gustare le migliori patate della vostra vita, dolci, sode ed asciutte, ed assaggiare anche qualche piatto in cui si sposano la cucina austriaca e quella carnica, come certi rotoli di pasta, farciti semplicemente di un battuto di prezzemolo e aglio, conditi con burro dorato, ed altri di pasta da gnocchi, con una spirale saporosa di prosciutto e formaggio, conditi allo stesso modo. A Cividale, la brovada di rape sepolte a lungo nella feccia di vino e nell’aceto, ci sembra di un barbaro gusto longobardo, e si accoppia con l’aria antica che avvolge la cittadina, baluardo estremo del Friuli, su cui dominano dalle colline i gusti e le sentinelle iugoslave. Ma addolcita dalle carni di maiale la brovada ha un suo gradevole sapore che si armonizza al paesaggio rude. Nei tempi in cui il veneto era ancora una lingua e bastava ad amalgamare i gruppi etnici più disparati usi ancestralmente ad un naturale bilinguismo veneto-friulano, o Veneto-sloveno o veneto-croato, questi territori di confine avevano una loro comune civiltà rivelata dalle inconfondibili strutture delle case, delle cittadine e dei villaggi, dai pacifici leoni di San Marco, alati e vigilanti dai grossi bastioni a prova di cannone turco. Con una scientifica penetrazione burocratica all’emblema marciano si sostituì poi l’asburgica aquila a due teste, che per imperare favori gli antagonismi etnici, ne creò anzi di

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artificiosi. Poi, dopo la definitiva unità d’Italia e le gesta dannunziane, i gerarchi assai poco illuminati del ventennio, coartarono e tacitarono ogni aspirazione autonomistica dei gruppi etnici misti, sicché, a guerra perduta, in un crogiolo di rancori e di odi, all’avvento della stella rossa iugoslava, gli italiani di lingua veneta, nonostante la loro civiltà fosse testimoniata ovunque, furono presi dalla grande paura, e preferirono l’idea di libertà alla terra dove erano nati riversandosi nel Veneto vero e proprio, dove le loro « elle » pronunziate e la loro cadenza li rivelava inequivocabilmente fratelli ma foresti quasi stranieri. Avvenne un esodo di duecentomila anime, e i trentamila che sono rimasti là non bastano a fare italiana una regione che veneta lo era completamente. Nelle zone di confine, nella piccola provincia di Gorizia e nella fascia costiera sino a Trieste si avverte una specie di imbarazzo, di tristezza, l’innaturalità di un territorio che nessuna giustizia internazionale potrebbe spartire equamente su basi politiche, e si sente nel cuore uno struggente desiderio di essere europei, ancor prima di essere italiani, e questo per sentirsi di più veneti, perché esiste una realtà di memorie e di storia e di civiltà che non può essere sacrificata alle delimitazioni di un confine territoriale. È triste dall’alto del Castello di Gorizia, città che durante la Grande guerra ha bevuto fiumi di sangue, guardare le colline interne e il cimitero sottostante e dire: là il Veneto finisce, i morti nelle bare sono nostri dall’inguine alla testa e stranieri dall’inguine ai piedi. Nonostante queste tristezze, ed a consolarle un poco, abbiamo riscontrato che a Gorizia si mangia decorosamente quasi dappertutto, certo senza particolari squisitezze, ma con soddisfazione, perché qui si tengono in onore le specialità locali, capeggiate da certi gnocchi ripieni di salsiccia, seguiti da polli con carni sode e saporite. Quella che è ora la provincia di Trieste, sembra una specie di strano « parco nazionale » dove la popolazione del capoluogo, naturalmente godereccia, trasmigra nelle giornate festive alla ricerca di particolari

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consolazioni gastronomiche. Vini maturati da vitigni che si abbarbicano incredibilmente fra le petraie ed il cemento dei bunker austriaci stritolati dalla Grande guerra, il Refosco, il Merlot e il Terrano sembrano proporti al palato in una gustosa metamorfosi qualcosa di forte e di ferroso. Formaggi delle pecore che brucano l’erba fra i sassi, ai margini dei boschi dagli alberi piccolini battuti dalla bora. E prosciutti di maiali che compaiono di tanto in tanto giocherelloni e irrequieti in certe vallette che sembrano piccoli giardini dell’Eden creati apposta per loro. A volte l’idea del Carso, dove il sole spacca le pietre e fra le erbe gialle si annidano agguati di vipere, viene violentemente contraddetta da qualche plaga fertilissima, verde, con alberi di ciliegi e di pruni, tutta pettinata in ordinatissime aiuole di ortaggi e in piccoli campi. Attorno alle case razzolano eserciti di polli con un numero straordinario di galli con le loro creste rosse come berrettoni da lanzichenecco, che danno loro autorità e dignità. Abbiamo veduto anche qualche capriolo trotterellare ai margini dei boschi in questo imprevedibile paradiso terrestre, ma c’è stato dato per sicuro che queste bestiole dagli occhi patetici sono là solo per bellezza, mentre quelle che mangiamo nei salmi delle trattorie locali, e vediamo esposte nelle macellerie triestine, giungono già defunte dal cuore della Jugoslavia. E poi, lungo le strade, quasi sempre asfaltate, campi di patate, di rape, di cavolo verza, per i crauti, siepi di fagioli d’alto fusto. Potete sostare in qualsiasi trattoria e vi troverete bene. La loro cucina è come quella di una casa amica, vi offre solo ciò che prepara anche per sé, e la gente modesta le poche cose che si prepara le sa far buone. I minestroni di verdura sono eccellenti, cosi come i risi e bisi, e la jota coi crauti, e la zuppa di fagioli con l’orzo, o con i chicchi di mais, i bobici, e brodi di bolliti misti, e strugoli come minestra, lessati nel brodo entro una salvietta candida, e gnocchetti di semolino, e agnelli arrosto, e stinchi di vitello affettati longitudinalmente come il prosciutto, e polli in ogni mo-

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do, e brodetti di pesce freschissimo che i pescatori portano salendo dal mare vicino e arrampicandosi per sentìerini impervi che danno il brivido, per averne in cambio polli, uova, formaggi, verdure, ed insaccati. Si mangia sotto i pergolati o davanti ai caminetti. Il servizio è quasi sempre alla buona, e nei giorni di punta vi si impegnano anche le ragazzine e i ragazzetti della famiglia, civili e servizievoli, pieni di impegno e di dignità. Trieste. Ci si trova dentro a una città che è un grande cuore per un corpo che non esiste, che si sente italiana, ma che avverte acutamente il dramma di essere legata dalla natura a territori stranieri. La Jugoslavia e l’Austria. E pur essendo italiana, col suo patriottismo ad oltranza, Trieste è anche un poco Austria ed un poco Jugoslavia. La domenica nel clima distensivo che graziaddio si è andato creando in questi ultimi anni, i triestini salgono nei villaggi del Carso e dell’Istria a spendere le loro lire, là ancora pregiate, e gli sloveni scendono dai loro paesi con qualcosa da vendere, e ne ricavano il poco che basta per dei piccoli acquisti. Specialmente bambole. Dei bamboloni vestiti di organzino che poi deporranno nel bel mezzo dei talami nelle loro case, a simboleggiare non si sa che cosa, ma forse solo la loro struggente vocazione occidentale. Si comperano poi anche scarpe e calze. La Standa e l’Upim sono il loro paradiso. Parlano sloveno fra loro e con gli italiani accennano un dialetto triestino appena un po’ duro, quello una volta cosi familiare, dei lattivendoli, degli ortolani e delle domestiche. Trieste capitale spodestata, vive dei ricordi dei fasti perduti in attesa di ritrovare un equilibrio che le permetta di far fiorire tutte le sue linfe. Ma ora la grande stagione triestina dell’irredentismo, e la meravigliosa fioritura degli intelletti nell’immediato dopoguerra, che fece di Trieste una autentica città letteraria europea, sono ridotte a mere nostalgie, venate di una profonda amarezza. Per i triestini c’è una specie di altra patria, senza confini precisi, aperta al loro prestigio ed alla loro vocazione antichissima: è il mare. Molti vivono ancora per il mare. O nei cantieri, o nel porto, o sui

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pescherecci, o sulle grandi navi da crociera o di linea. Accade così che quando un triestino vi voglia fare un elogio sulla cucina di un qualche ristorante o trattoria, vi dica, con un tono che non ammette repliche : « E po’, no la sa che ghe fa de magnar un cuogo de bordo?». Il cuogo de bordo è un personaggio degno della massima considerazione, ha il cuore pieno della sua Trieste, dove alla fine ritorna sempre, devoto alla semplicità essenziale della sua cucina, e tuttavia possiede anche la fascinosa scienza della «grande cucina » francese, appresa artigianalmente, a forza di pedate sul sedere e tiratine di orecchie, sin da quando si imbarcò ragazzine, come aiuto di qualche celeberrimo cuoco dei Lloyd. Che sarebbe come a dire il massimo dei Cordon Bleu. E il cuoco di bordo sa tutto di Escoffier e di Parmantier, cita a memoria il Larousse Gastronomique, conosce la cucina anglosassone, la tedesca, quella ungherese, la greca, la turca e sa manovrare il curry in cento modi diversi, sa scolpire il ghiaccio con ferri roventi, per ottenere fiori (castelli, gondole e mostri marini) destinati al trionfo luminoso (dentro ci si nasconde una lampadina colorata) di stupendi desserts.

CRITERI NEL PROPORRE LE RICETTE. Nel proporre un panorama il più possibile esatto della cucina delle Tre Venezie, ci siamo attenuti a criteri diversi. Talvolta le ricette richiedevano una interpretazione, e l’abbiamo fornita solo quando ci è sembrato determinante ai fini di un risultato sicuro. Più spesso abbiamo preferito solo le informazioni essenziali per la preparazione di certi piatti, i quali possono variare da luogo a luogo, e trovano nelle condizioni e nei prodotti dell’ambiente la loro maggiore genuinità. In una cucina regionale forse non sarebbe legittimo fissare nessuna ricetta, perché definendone una se ne tradisce immediatamente un’altra che le somiglia, ma non è proprio la stessa, mai. Per questo ci siamo sforzati di rendere possibile quella autonomia individuale che salva la gastronomia dall’essere solo chimica organica, per diventare

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anche un fatto di poesia, grazie a delle scelte personali, e a delle trasfigurazioni di estro o di memoria. Le fedeltà etnologiche sono auspicabili, ma non determinanti ai fini di un buon risultato. Ci siamo tuttavia imposti fermamente di non tradire mai nessuna ricetta nel momento in cui l’abbiamo proposta. Potrà accadere quindi al lettore di trovarsi di fronte a ricette quasi identiche, il che non sarà vero. Lo invi-tiamo quindi a considerare il dettaglio, in qualche ingrediente minimo, o nelle modalità e nei tempi di cottura. D’altra parte altre ricette sono comuni da una Venezia all’altra, e hanno anche per questo una loro unità etnica, sia pure passibile di qualche variazione. In questi casi abbiamo cercato di attribuire certe ricette alla zona geografica in cui ci sono sembrate in maggior uso. Abbiamo incluso anche piatti nettamente influenzati da abitudini d’oltre confine, perché esistendo anche in una loro particolare edizione sono entrati nell’uso quotidiano dei Veneti del nord o dell’oriente. Qualcuno riterrà di non riconoscere certe ricette, e questo potrà accadere perché quelle più note, le ufficiali, sono a volte la variazione o l’affinamento, spesso l’autentico tradimento, di certe ricette originali. Non essendo questo un manuale per pasticcieri professionisti, che miri ad un’anonima perfezione commerciale, ma solo una felice occasione per ispirare minime iniziative private, fra la tecnica e la poesia, abbiamo fornito sempre delle ricette sufficientemente precise, nelle quali tutta-via si possa intervenire con il tesoro della propria esperienza, al fine di rendere personale un atto d’amore per persone care, familiari ed amici. Perché la cucina deve essere sempre un gesto di amore, una mediazione fra le persone amate e il mondo che le circonda e che noi trasformiamo per loro. Detto questo mi auguro che il lettore dopo aver preso visione delle ricette, si renda conto che questo mio non è un libro come i molti, i troppi, costruiti a freddo, attingendo cinicamente, e spesso anche con grande sprovvedutezza, alle esperienze altrui, ma l’esperienza

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personale, capillare e diretta di un uomo che da circa trenta anni, appassionato, goloso e curioso, va togliendo i coperchi ed assaggiando nelle pentole, nei luoghi più lontani delle Tre Venezie, da San Candido a Cherso, da Chioggia a Riva, da Cortina alle valli rodigine, dalle doline carsiche alle guglie dolomitiche, in ville di amici con cuoche antiche e valorose o in case umilissime di amici, anche occasionali, solo per approfondire una discussione iniziata in treno, o in un’osteria. Abbiamo vinto la resistenza di cuochi depositari di antiche scienze condensate in quadernetti sdruciti, abbiamo corteggiato amabili vecchie signore perché ci aprissero il tesoro dei libri di ricette delle loro nonne e su tutto abbiamo fatto opera di analisi e di sintesi, sperimentando poi, in almeno una delle tre cucine che decorano e onorano la nostra casa, tutte le ricette che abbiamo proposto. Verum ipsum factum. Questo è quindi un volume che tratta di incontri e di esperienze umane affrontate e risolte umanisticamente. Vorremmo suggerire al nostro ideale lettore la gioia della scelta e dell’acquisto, il girovagare alla ricerca di quella perfezione vegetale o animale per individuare la quale intervengono tutti i cinque sensi, in un esercizio che sa dare le maggiori soddisfazioni. La cucina migliore ha inizio nella borsa della spesa, ed in ogni luogo bisogna scegliere il prodotto speciale, il migliore. Vorremmo quindi che questo fosse, specie per i veneti, e per quanti amano il Veneto e sono quindi veneti anch’essi di elezione, una specie di vademecum per vacanze felici, servendo a riscoprire certe realtà gastronomiche, anche in quei luoghi dove si sono dimenticate, o ricreando certe consolazioni, a distanza, magari nella propria casa di città, per rievocare uno di quei rari momenti di autentica consolazione gastronomica, che sempre più raramente la vita ci riserva. Sia chiaro che riteniamo di aver raccolte molte, quasi tutte, le ricette del « mangiare triveneto », ma siamo anche certi di non aver esaurito un repertorio per certi aspetti vastissimo. Ho comunque la presunzione, e nel dirlo lascio il plurale maiestatico, di

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aver lavorato come nessuno prima di me, in questo raggio d’azione, e sarò felice se la mia fatica potrà offrire al mio prossimo qualche occasione di lieto convivio, ricreando il cerchio magico di una atmosfera di civiltà veneta, serena, pacifica e tollerante, ove l’amicizia e gli affetti hanno ancora un loro godibile regno. Sarò altrettanto felice se qualche lettore, o lettrice, che si ritiene depositario di qualche « verità » ga-stronomica, da me non volutamente ignorata, vorrà farmene partecipe, permettendomi così di approfondire ulteriormente questo mio studio. Giuseppe Maffioli

PRIMI

AGNOLOTTI ALLE ERBE DI CERCIVENTO Ingredienti per 4 persone: Patate: 600 g, Farina bianca: 350 g, Burro: 50 g, Cavolo rapa: 1, Melissa, Menta e Prezzemolo: 1 ciuffo per ogni tipo di erba, Ricotta affumicata grattugiata: 2 cucchiai, Formaggio grattugiato: 1 cucchiaio, Pangrattato: 1 cucchiaio, Uvetta passa: 1 cucchiaio, Limone non trattato: 1, Fichi secchi: alcuni ben tritati- Cipolla: 1, Cannella: 2 pizzichi, Chiodi di garofano: 1, Sale e pepe: quanto basta. Lavate le patate e fatele cuocere in abbondante acqua per circa 40 minuti, contando dall’inizio dell’ebollizione. Ponete sul fuoco in un’altra pentola dell’acqua salata; quando sarà arrivata a bollore tuffatevi il cavolo, mondato lavato, e fatelo cuocere per circa 30 minuti. Lavate le erbe aromatiche e tritatele; sbucciate la cipolla, tritatela e ponetela a rosolare sul fuoco in un tegamino con poco burro. Sbucciate le patate e ponetele in una capace terrina insieme al cavolo rapa e alle erbe, schiacciatele con la forchetta e impastatele con le mani, unendo il formaggio grattugiato, il pangrattato, l’uvetta, la scorza grattugiata del limone, i fichi secchi, un pizzico di cannella, il chiodo di garofano e, infine la cipolla rosolata. Preparate la pasta: ponete la farina a fontana sulla spianatoia e mescolatela con acqua caldissima fino a ottenere un

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impasto omogeneo; stendete quindi una sfoglia con il matterello e ricavatene dei dischi di circa 6 cm di diametro. Ponete in ciascuno una pallottolina di ripieno e ripiegate i dischi su se stessi, premendo con le dita i bordi per sigillare bene gli agnolotti. Fate lessare gli agnolotti, pochi alla volta, in abbondante acqua bollente salata, scolateli e sistemateli su un piatto. a parte fate fondere il restante burro in un pentolino, versatelo ben caldo sugli agnolotti, spolverizzate con la cannella, il pepe e la ricotta affumicata grattugiata, mescolate velocemente e servite.

BISNA Come per la Brovada, sostituendo alle patate 100 g di farina gialla di mais, macinata grossa.

BROVADA (Minestrone di fagioli e rape acide) 300 g di fagioli 120 g di lardo 30 g di farina Aglio 1 foglia di alloro 300 g di rape acide 300 g di patate Sale Pepe Ammollare i fagioli come per la Minestra di fagioli e cuocerli assieme a 50 g di lardo macinato. Far imbrunire in altri 50 g di lardo l’aglio; toglierlo e soffriggere la farina; diluire con 1 bicchiere di acqua calda e versare nella zuppa. Grattugiare le rape e stufarle con pepe e sale, alloro e 20 g di lardo. Aggiungere ai fagioli, a metà cottura, le patate a pezzetti e le rape acide, a listerelle. Cuocere per 30 minuti.

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BRUT BRUSTOLAT (Brodo abbrustolito) 50 g di burro o lardo macinato 1 cipolla 60 g di farina Cumino Maggiorana Parmigiano Sale Pepe Fare un soffritto con il burro o il lardo, la farina, la cipolla battuta e, quando è dorato, aggiungere 1 cucchiaino di cumino pestato nel mortaio; diluire con 2 1/2 4L. di acqua bollente, pepe e sale. Aromatizzare con un battuto di maggiorana e far sobbollire per 25 minuti. VARIANTI Rimescolare 2 uova con 2 mezzi gusci di acqua fredda; togliere la pentola dal fuoco e incorporarvi le uova. Si può cuocere nel brodo abbrustolito, pasta grattugiata, riso o altro. Meglio accompagnarlo con fettine di pane raffermo fritte nel burro o nel lardo.

CELESTINE IN BRODO 2 uova 1/2 1 di latte 100 g di farina Prezzemolo Parmigiano 50 g di burro Sale Frullare le uova con 6 cucchiai di latte, aggiungere la farina e il parmigiano; salare e mescolarlo, per ottenere una pastella omogenea; unire il resto del latte. Scaldare in una padellina a bordo basso 10 g di burro e, quando sfrigola, versare 2 cucchiaiate di pastella sino a

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coprire tutta la superficie; quando la frittatina sottilissima si staccherà dal fondo, rivoltarla e farla dorare, rovesciarla su un tagliere; preparare così tutte le altre frittatine (almeno 6), arrotolarle e tagliarle a tagliolini, metterle nei piatti a gomitoletto senza dipanarle; versare quindi il brodo con il prezzemolo tritato finemente.

GNOCCHETTI AL BURRO 60 g di burro 2 uova 80 g di farina Sale Lavorare a crema il burro per 10 minuti, aggiungere le uova e lavorare per altri 10 minuti; incorporare quindi la farina ottenendone un impasto morbido e liscio; lasciar riposare al fresco per almeno 1 ora; calare l’impasto a cucchiaiate nel brodo in bollore; ultimata l’operazione, ritirare la pentola dalla fiamma; lasciar riposare 30 secondi e poi rimetterla su una fiammella minima per 10 minuti.

GNOCCHETTI DI CERVELLA 1/2 cervella di vitello Erbe da brodo 30 g di burro Un battuto di cipolla (100 g) Prezzemolo 1 uovo 80 g di pane grattugiato Sale Pepe Mondare la cervella, sbiancarla per 10 minuti in acqua in bollore e salata. Tritare la cervella. Imbiondire nel burro la cipolla, aggiungere il prezzemolo tritato finemente e poi la cervella, il pane, il pepe, il sale e legare il tutto con l’uovo, mescolando accuratamente. Dividere in

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gnocchetti grandi come una nocciola e farli cuocere nel brodo per 10 minuti.

GNOCCHETTI DI FEGATO 30 g di burro 100 g di battuto di cipolla Prezzemolo 1 uovo Maggiorana Noce moscata 80 g di pane 5 cucchiai di latte 100 g di fegato Sale Pepe Imbiondire nel burro un battuto di cipolla e prezzemolo aggiungere pepe e sale, maggiorana e noce moscata, il pane imbevuto nel latte e spappolato, il fegato passato due volte al tritacarne e legare tutto con l’uovo Formare gnocchetti grossi come nocciole e cuocerli nel brodo bollente.

GNOCCHETTI DI FORMAGGIO (per 6 persone) 70 g di burro 80 g di farina 2/5 1 di latte 1 uovo e 1 tuorlo 5 cucchiai di parmigiano (o di Vivàro stagionato) 1 cucchiaio di lievito in polvere Sale Preparare una béchamel soda e lasciar raffreddare: mescolarvi bene

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l’uovo e il tuorlo, il formaggio, il sale e il lievito in polvere. Calare l’impasto nel brodo a bollore e lasciar bollire per 6 minuti.

GNOCCHETTI DI PANE 80 g di pancetta affumicata 100 g di battuto di cipolla Prezzemolo Erba cipollina 150 g di pane raffermo 1 uovo 1 dl di latte 80 g di farina Sale Imbiondire leggermente in padella la pancetta tagliata a cubetti; farvi dorare la cipolla battuta con il prezzemolo, unire il pane tagliato a dadolini, mescolare e togliere dal fuoco. Frullare l’uovo in una tazza, aggiungere il latte, il sale e il pane nel condimento; lasciar riposare per 10 minuti e aggiungervi poi la farina; formare con le mani bagnate degli gnocchi e metterli a bollire nel brodo per 25 minuti. Se piccoli o medi come una nocciola o una noce, si servono col brodo; se grandi come una piccola arancia si servono come accompagnamento a piatti con sugo.

GNOCCHETTI DI PANE GRATTUGIATO 50 g di burro 2 uova 100 g di pane grattugiato Parmigiano Noce moscata Sale Lavorare a lungo il burro con i tuorli, incorporarvi pane, sale, noce

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moscata, parmigiano e gli albumi montati leggermente a neve; formare gli gnocchetti, farli bollire lentamente nel brodo per 15 minuti.

GNOCCHETTI DI SEMOLINO 1/4 1 di latte 120 g di gries 30 g di burro 1 uovo Parmigiano 1 cucchiaio di noce moscata Sale Portare a bollore il latte, toglierlo dalla fiamma e versarvi, a pioggia, il semolino rimestando con un cucchiaio di legno; rimettere sul fuoco e far addensare; lasciar intiepidire, quindi incorporarvi il burro, il tuorlo e l’albume montato a neve, aggiungere il sale, il parmigiano, la noce moscata. Formare degli gnocchetti che si caleranno nel brodo bollente. Almeno 20 minuti di cottura. Meglio più che meno.

GNOCCHI DI PANE (I) 250 g di pane raffermo 125 g di farina 1 fogliolina di maggiorana a piacere Sale Ammollare il pane in acqua fredda e spremerlo. Incorporare poi pane, farina e sale, lavorando l’impasto finché sia omogeneo. Far bollire abbondante acqua e allora formare degli gnocchi grossi che, a mano a mano, si gettano nell’acqua bollente e salata. Provare prima con uno gnocco e, se si sciogliesse, aggiungere all’impasto un po’ di farina. A seconda del gusto si può aggiungere all’impasto 1 fogliolina di maggiorana tritata. Condire con burro fuso, o sugo di carne, o di arrosto, o salsa di pomodoro, o usare come accompagnamento invece

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della polenta.

GNOCCHI DI PANE (II) 2 uova intere e 1 tuorlo 400 g di pane raffermo 60 g di farina 50 g di parmigiano grattugiato 200 g di farina Sale Impastare il pane ammollato nel latte con il sale, le uova, la farina e il parmigiano. Versare in un piatto l’altra farina e formare gli gnocchi con le mani. Rotolarli uno alla volta nella farina e gettarli nell’acqua bollente e salata. Quando saliranno alla superficie, toglierli dall’acqua. Condire come sopra.

GNOCCHI DI PATATE FINI 1 kg di patate 50 g di parmigiano 1 uovo 240 g di farina (o semolino di rìso, o maizena) 30 g di burro Zucchero e cannella a piacere 1 cucchiaio di lievito in polvere a piacere Impastare le patate, lessate e passate al setaccio, con la farina, aggiungendo il parmigiano grattugiato, il burro e l’uovo. Formare degli gnocchetti premendoli sul rovescio della grattugia. Condire con burro dorato, zucchero e cannella, o in qualunque altro modo. Volendo, setacciare prima la farina con 1 cucchiaio di lievito in polvere.

GNOCCHI ALLE ALBICOCCHE Prendere tante piccole albicocche quanti sono i dischi di pasta. Sbollentarle per toglier loro la pelle poi togliere il nocciolo e sostituirlo con poca marmellata pure di albicocche. Porre la piccola albicocca al

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centro del disco di pasta, bagnare i bordi d’uovo, ripiegare la pasta formando una specie di mezzaluna e facendo ben aderire fra loro i bordi. Calarli delicatamente nell’acqua in bollore. Quando vengono a galla toglierli. Condirli con burro dorato, zucchero e cannella, oppure con pane grattugiato rosolato nel burro (50 g di pane grattugiato ogni 100 g di burro).

GNOCCHI DI PRUGNE Come sopra, sostituendo alle albicocche le susine fresche, cui il nocciolo sia stato tolto e sostituito da marmellata di susine o da mezza zolletta di zucchero (con una goccia di grappa di prugne, facoltativa).

GNOCCHI DI PRUGNE SECCHE Disossare 250 g di prugne secche, non ammollate; tritarle grossolanamente con la mezzaluna ed amalgamare ad esse 1 cucchiaio di zucchero ed 1 cucchiaio di grappa di prugne. Deporre un cucchiaio di questo impasto su ogni disco di pasta e procedere come sopra. Le prugne secche possono essere sostituite con albicocche o ciliegie secche.

GNOCCHI RIPIENI DI FRUTTA Impasto comune 1 1/2 kg di patate 300 g di farina 2 uova 1 cucchiaino raso di lievito 1 cucchiaino di sale 2 cucchiai di olio Bollire le patate, ridurle in purea ed impastarle con tutti gli altri ingredienti. Fare dell’impasto una palla e stenderla col mattarello ad un dito di spessore. Ritagliare con una tazza dei tondi. Rimpastare gli

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avanzi; ridistendere e rimpastare e tagliare ancora dei tondi, sino ad esaurimento della pasta.

GNOCCO DI PANE AL PROSCIUTTO Come per gli Gnocchi di pane (II), più 50 g di burro e 150 g di prosciutto crudo Come per gli Gnocchi di pane (II), tagliando prima del pane a dadini e soffriggendolo in 50 g di burro con 150 g di prosciutto crudo grasso e magro, tagliato a « julienne » minutissimo. Quindi ammollarlo nel latte. Formare con l’impasto un’unica palla e avvolgerla in un tovagliolo inumidito. Legare i quattro capi e passarvi dentro un mestolo di legno. Porlo sopra una pentola profonda riempita a metà di acqua salata in bol-lore. Lo gnocco sarà immerso nell’acqua. Cuocerlo per circa 40 minuti. Sgocciolarlo e dividerlo, in tavola, a spicchi, servendo il condimento a parte in salsiera.

JOTA Ingredienti per 6 persone: 500 gr di fagioli, 500 gr di crauti acidi, 500 gr di patate, 3 salsicce, 2 carote, 1 cipolla, 2 spicchio d’aglio, 1 foglie di alloro, Olio, sale e pepe Tagliare le salsicce e le patate a pezzettini, tuffarle in acqua salate e fate cuocere a fuoco basso. Far rosolare nell’olio i crauti, aggiungendovi poi pochissima acqua e salare. Passare la metà dei fagioli e delle patate e rimetterle in pentola. Aggiungervi i crauti con la salsetta e lasciar cuocere a fuoco basso per 34/40 minuti

JOTA 1 250 g di fagioli, 200 g di patate o 40 g di farina gialla, 250 g di cappuzzi garbi, 1 foglia di alloro, 10 cucchiai di olio, 30 g di farina, Aglio, Cumino, Sale, Pepe Ammollare e cuocere i fagioli e le patate come al solito; a parte cuocere i cappuzzi con il cumino e la foglia di alloro, coperti appena d’acqua.

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Fare un soffritto bruno con olio, aglio e farina, al solito modo, e allungarlo coi cappuzzi, unire quindi il resto. Pepe e sale. Sobbollire per altri 20 minuti. Si possono anche omettere le patate e aggiungere in-vece 40 g di farina gialla, rimestando sempre con un cucchiaio di legno. Il piatto cosi è forse più gradevole e caratteristico.

KIFELETTI DI PATATE Come per gli Gnocchi ripieni di frutta, sostituendo l’olio con burro fuso. A piacere aroma di noce moscata. Con lo stesso impasto degli gnocchi formare dei kifelettì, cioè delle piccole mezzalune. Per la forma si potrà usare una tazza più piccola. La pasta va stesa un po’ più spessa e non ripiegata. Sostituire l’olio, eventualmente, con del burro fuso. I kifelettì non vanno bolliti, ma fritti nell’olio. Volendo, aromatizzare l’impasto con noce moscata. Si possono servire anche cosparsi di zucchero. Salati possono servire come contorno al gulyas.

LASAGNE CON 1 SEMI DI PAPAVERO Come per le Lasagne con le noci, sostituendo alle noci 50 g di semi di papavero pestati nel mortaio con eguai peso di zucchero cristallino.

LASAGNE CON LE NOCI 500 g di farina 3 uova intere 2 cucchiai di olio Una punta di sale 100 g di gherigli di noce 120 g di burro Zucchero Cannella a piacere Tirare una sfoglia sottile con la farina, le uova, l’olio e il sale. Tagliarla con la rotella a lasagne della larghezza di due dita. Cuocere le lasagne in

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acqua leggermente salata e condirle con i gherigli di noce tritati e soffritti nel burro. Cospargere, a seconda del gusto, di solo zucchero, o di zucchero e cannella.

MINESTRA CARSOLINA 200 g di farina 1 uovo 150 g di burro Sale Mettere la farina con un pizzico di sale in una terrina e rompervi dentro l’uovo; lavorare con una forchetta formando degli gnocchetti minutissimi ma eguali che si friggeranno nel burro abbondante. Versare sugli gnocchetti fritti 1 l di acqua bollente, o brodo, e lasciar sobbollire per 30 minuti.

MINESTRA DI RISO, CAPPUZZI E FAGIOLI FRESCHI 80 g di lardo tritato 1 spicchio d’aglio 500 g di cappuzzi freschi 250 g di patate 250 g di fagioli freschi 100 g di pomodori pelati 100 g di riso Sale Pepe Far imbiondire lo spicchio d’aglio nel lardo tritato; stufarvi dentro per 15 minuti i cappuzzi tagliati fini, senza che prendano colore; poi per altri 10 minuti cuocervi anche le patate tagliate a dadini; aggiungere 2 1/2 l di acqua calda e i fagioli sgranati, pepe e sale e far bollire lentamente per 1 ora; aggiungere il pomodoro passato e cuocervi il riso.

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MINESTRA DI FAGIOLI 250 g di fagioli 8 cucchiai di olio 3 cucchiai di farina 1 cucchiaio di bicarbonato 200 g di cipolla 1 cucchiaio di salsa di pomodoro 1 foglia di alloro 1 cucchiaio di aceto 4 spicchi d’aglio Sale Pepe Ammollare i fagioli in 2 1 di acqua calda con 1 cucchiaio di bicarbonato per una notte. Cambiare l’acqua e cuocere i fagioli in 2 1 di acqua con 4 spicchi d’aglio. Preparare un soffritto con olio, cipolla, farina; diluirlo e versarlo nella zuppa con pepe e sale e 1 foglia di alloro. Aggiungere la salsa di pomodoro; far bollire per 20 minuti. Alla fine aggiungere l’aceto. Volendo, passare al setaccio. La salsa può essere facoltativa.

MINESTRA DI ORZO 100 g di orzo perlato 100 g di lardo affumicato 150 g di patate 100 g di passato di pomodoro 30 g di farina 1 cipolla Prezzemolo Sale Mondare l’orzo. Metterlo al fuoco in 2 1/2 I di acqua assieme al battuto di cipolla e farina; far bollire lentamente per almeno 1 ora, aggiungere il sale, il passato di pomodoro e le patate a dadini; rimescolare spesso e dopo 30 minuti levare dal fuoco cospargendo di prezzemolo tritato.

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MINESTRONE DI FAGIOLI E CAPPUZZI GARBI 1 kg di cappuzzi garbi 70 g di lardo Minestra di fagioli Preparare una minestra di fagioli; a parte cuocere 1 kg di cappuzzi garbi (crauti) con 70 g di lardo a listerelle. Versare su ogni piatto due forchettate di cappuzzi e coprire con la minestra di fagioli. Se la mine-stra di fagioli è abbastanza densa, versarla intorno ai crauti. Volendo una preparazione di magro, stufare i crauti con olio di semi di zucca e preparare la zuppa con olio di oliva o di girasole.

MINESTRA DI ORZO E FAGIOLI Ingredienti per 6 persone: 300 gr di fagioli secchi, 150 gr di orzo, 100 gr di pancetta, 1 patata grande, 2 carote, 1 cipolla, 1 costa di sedano, 1 spicchio d’aglio, 2 foglie di alloro, 1 ciuffo di prezzemolo, basilico, rosmarino, Sale e pepe Lasciate l’orzo a bagno in acqua fredda per 24 ore e i fagioli a parte lo stesso per 12 ore. Rosolare un trito di pancetta, aglio, cipolla e prezzemolo, unire i fagioli e le carote, la patata ed il sedano - tutto fatto a pezzettini - aggiungere le foglie d’alloro il basilico ed il rosmarino. Coprire con acqua già bollente e lasciar cuocere per 10 minuti, salare. Versare l’orzo e lasciar bollire altre 2 ore. Pepare e lasciar riposare 20 minuti prima di servire nelle scodelle

MINESTRONE DI ORZO E FAGIOLI 200 g di fagioli, 250 g di orzo, 80 g di lardo affumicato, 3 spicchi d’aglio, Prezzemolo, 2 patate, Sale, Pepe Porre al fuoco una pentola con 2 1/2 I di acqua; aggiungere i fagioli freschi (o ammollati), orzo, e un battuto di lardo, aglio e prezzemolo. Far bollire lentamente senza smuovere; dopo 1 ora mettervi pepe e sale e le patate tagliate a tocchetti. Mescolare spesso per evitare che si attacchino nel fondo. In questa zuppa si possono cuocere: salsicce, carne porcina fresca o affumicata o cotenne. L’osso di prosciutto è

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quasi sempre rancida: meglio evitarlo. Variante Con lo stesso procedimento si prepara il Minestrone coi bobici, sostituendo l’orzo con un eguale quantitativo di chicchi di mais fresco.

MINESTRONE DI ORZO, FAGIOLI E CAPPUZZI GARBI Come per il Minestrone di orzo e fagioli, stufando a parte 300 g di crauti con 1 foglia di alloro e coprendoli di acqua fino a prosciugamento. Unirli alla zuppa quasi all’ultimo.

ORZO E PISELLINI IN BRODO 250 g di orzo mondato 1 1/2 1 di brodo 200 g di pisellini 30 g di pancetta Cipolla Prezzemolo Mondare l’orzo e bollirlo a lungo nel brodo; quindi aggiungere qualche cucchiaiata di piselli, cotti a parte con cipolla e burro (o pancetta) e prezzemolo. Abbondare inizialmente nel brodo, perché, cuocendo, evapora. Il brodo, per la stessa ragione, deve essere un po’, sciocco.

PANADE Ingredienti: pane avanzato raffermo, 2 foglie di alloro, 1 manciata di semi di finocchio, Parmigiano grattugiato, Olio extra vergine, Sale e pepe Mettere il pane in una pentola con acqua salata e le foglie d’alloro. Far bollire finché ridotto in una pappa aggiungendo a metà cottura i semi di finocchio. Condire con olio, pepe e parmigiano

PAPAROT 500 g di spinaci, 80 g di burro o lardo battuto o 150 g di salsiccia da brodo, 1 cucchiaio di farina, Aglio, 3 cucchiai di farina gialla, Sale, Pepe

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Soffriggere insieme il burro (o il resto), la farina e l’aglio, colorendo leggermente; insaporire per 10 minuti gli spinaci già bolliti in 2 1/2 1 di acqua bollente sgocciolati e tritati; aggiungere poi l’acqua degli spinaci, pepe e sale; quando il liquido bolle farvi cadere a pioggia la farina gialla, scolando con forza. Lasciar bollire per 30 minuti circa. Meglio più che meno. Salare pochissimo e, semmai, aggiungere il sale che manca alla fine di cottura.

PAPAZZOI Come per il Minestrone di orzo, fagioli e cappuzzi garbi, sostituendo metà dell’orzo con del granoturco intero fresco. Usare mais giallo, non completamente maturo.

POLENTA E PRUGNE (O CILIEGIE) 500 g di prugne 50 g di zucchero 1 stecca di cannella 50 g di burro Far sobbollire per 1 ora le prugne fresche disossate, lo zucchero, la cannella e 1 bicchiere di acqua. Alla fine aggiungere il burro. Servire in luogo del latte su una polentina morbida, confezionata come per il

RISO IN BRODO ALLA GRECA 200 g di riso 1 limone 1 l di brodo 3 tuorli Parmigiano a piacere Cuocere il riso nel brodo (al dente); frattanto frullare in una zuppiera i tuorli aggiungendo il succo del limone e 1/2 bicchiere di acqua; aggiungere questo composto al brodo, a poco a poco, sempre mescolando dolcemente e togliendo la pentola dal fuoco perché cessi il bollore. Volendo, aggiungere anche la rapatura della buccia del limone. C’è chi aggiunge del parmigiano a metà cottura.

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SOPA CROATA Pane raffermo a fette Brodo Pancetta Tagliare del pane raffermo a fette di 1/2 centimetro e disporle in una terrina; versare sopra il pane dell’acqua bollente e salata (meglio se è con dado per brodo) e coprire. Dopo 8 minuti condire con pancetta a dadolini, fatta rosolare, ma ancora morbida. Mescolare e servire.

SOPA FRIULANA (Zuppa di sedano) 60 g di burro 3 cucchiai di olio Cipolla 6 cuori di sedano 250 g di pane Parmigiano Sale Imbiondire nell’olio la cipolla tritata, indi aggiungere e soffriggere a fuoco lento per 10 minuti i cuori di sedano tagliati a rotelle sottili; diluire con 2 1 di acqua bollente e sale e lasciar sobbollire lentamente per 1 ora; disporre in una pirofila uno strato di fette di pane e uno di parmigiano, poi altre fette di pane e altro parmigiano. Versarvi la zuppa e coprire la pirofila. Servire dopo 5 minuti. Eventualmente, fra uno strato e l’altro di pane, aggiungere anche un po’ di sedano, raccolto con il cucchiaio bucato. Il risultato è forse migliore adoperando dei sedani rapa tagliati a listerelle o a fiammifero ed usati in maggior quantità. Questa zuppa è tradizionale per la vigilia di Natale.

STRUGOLO DI PATATE E CARNE 1 kg di patate Parmigiano grattugiato

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3 uova 240 g di farina Burro Avanzi di carne cotta Prezzemolo Pane grattugiato 1 cucchiaio di lievito in polvere Preparare un impasto come per gli Gnocchi di patate fini. Qui però è d’obbligo l’aggiunta di lievito. Stendere la pasta all’altezza di 1 centimetro o poco più. Preparare una farcia con avanzi di carni, tritandole finemente insieme a prezzemolo, ad un po’ del loro sugo, a qualche cucchiaiata di parmigiano e legando il tutto con 1 o 2 tuorli. Si adeguano particolarmente alla preparazione avanzi di arrosto o di stufato. Distendere questa farcia sull’impasto nella parte centrale della sfoglia e sino a qualche centimetro da un bordo. Arrotolare la sfoglia di patate e racchiuderla in una garza, come un lungo strugolo, non ripiegato, che verrà cotto nella pesciera in acqua bollente. Lasciar sobbollire per 1 ora. Lasciar poi freddare, togliere la garza; tagliare lo strugolo a fette, disporle in una profila, irrorarle di burro fuso e pane grattugiato dorato, porre in forno e, quando il piatto è caldo, servire. Parmigiano facoltativo.

STRUGOLO DI PATATE E SPINACI 1 kg di patate Formaggio grattugiato (Grana o Vivàro) 1 cucchiaio di lievito in polvere Uova 240 g di farina Burro Spinaci Ricotta a piacere

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Aglio Noce moscata Pepe Come sopra, farcendo lo strugolo con spinaci cotti, ben spremuti e fatti saltare al burro con aroma d’aglio. Si legano quindi con abbondante formaggio grattugiato (Grana o Vivàro). C’è chi aggiunge una parte di ricotta e lega il tutto con dei tuorli d’uovo. Aroma di noce moscata e pepe. VARIANTE Con gli stessi ripieni delle precedenti ricette, si possono farcire degli strugoli preparati come per le ricette dolci. Si ripiegano le omelettine a busta si depongono su una pirofila imburrata, si coprono con una béchamel leggera, si cospargono di parmigiano e si fanno gratinare leggermente in forno, come cannelloni.

SUF 200 g di farina gialla 50 g di burro Latte a volontà Far bollire 1 l di acqua lievemente salata e farvi cadere a pioggia la farina mescolando continuamente; cuocere per 40 minuti. Levare dal fuoco e aggiungere il burro. Mescolare ancora e servire caldo con latte freddo.

SUF 1 Ingredienti per 4 persone: Farina di granturco: 200 g, Latte: 2 litri, Burro: 20 g, Sale: quanto basta Versate il latte in una pentola, ponetelo sul fuoco e portatelo all’ebollizione; dopo di che salatelo e aspettate che riprenda il bollore; quindi versatevi a pioggia la farina, mescolando con un cucchiaio di legno affinché non si formino grumi. Fate cuocere a fuoco bassissimo, continuando a mescolare, per 40 minuti. Poco prima di togliere dal fuoco amalgamatevi il burro e servite in tavola ben caldo.

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ZUPPA DI RICOTTA Pane casereccio raffermo Ricotta affumicata grattugiata Burro Brodo o latte Un pizzico di pepe a piacere Tagliare a fette di 1 centimetro del pane casereccio raffermo, disporlo sul fondo di una terrina, coprirlo di ricotta affumicata grattugiata, cospargere di burro dorato, e irrorare con acqua o brodo, o latte bollenti, sino al livello del pane. Incoperchiare per 1 minuto e servire immediatamente. Facoltativo un pizzico di pepe.

ZUPPA DI VINO CALDO Pane raffermo Zucchero Burro Vino Tagliare a fette di 1 centimetro del pane raffermo, e disporlo in due strati su una terrina, cospargendo ogni strato di zucchero e fiocchetti di burro. Versare sul pane il vino bollente sino a coprirlo. Incoperchiare per 1 minuto e servire caldissimo. VARIANTI Sostituire il burro con un filo di olio. Il vino può essere preventivamente aromatizzato, come per un brulé, ma non bruciato. Oppure mescolare inizialmente lo zucchero con un po’ di polvere di cannella e di garofano.

PESCI CROSTACEI E MOLLUSCHI

BACCALA ALLA GRIGLIA Baccalà (stoccafisso) Aglio Prezzemolo Sale Far bollire il baccalà ammollato in molta acqua salata per 10 minuti e sgocciolarlo; mescolare in una terrina: pepe, sale, prezzemolo battuto

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con aglio; marinare i pezzi di baccalà per 2 ore, girandoli spesso; ar-rostire i pezzi sulla graticola e rimetterli poi nella marinata. Aggiungere altro prezzemolo ed aglio tritati insieme. Coprire la terrina con un piatto e porla sopra una pentola di acqua calda sino al momento di servire.

BACCALA IN BRODETO 1 kg di baccalà (stoccafisso) 1 cucchiaio di farina 1 dl di olio 2 spicchi d’aglio 4 filetti d’acciughe 1 foglia di alloro Passato di pomodoro Prezzemolo Patate a piacere Sale Pepe Occorre 1 kg di baccalà ben battuto e ammollato. Squamarlo, mondarlo, aprirlo a pezzi. Imbiondire in 1 dl di olio, 1 cucchiaio di farina; aggiungere 2 spicchi d’aglio tritati e 4 filetti d’acciuga a pezzetti, quindi i pezzi di baccalà. Far dorare i pezzi. Aggiungere pepe e sale, 1 foglia di alloro e annegare il tutto con passato di pomodoro (fresco o pelati). Sobbollire coperto per circa 2 ore. Alla fine aggiungere abbondante prezzemolo tritato. Volendo, cuocervi insieme patate a tocchetti aggiunte negli ultimi 30 minuti. Gli istriani fanno il brodetto con il baccalà ben battuto, senza però ammollarlo, conservandogli cosi un sapore più intenso. Naturalmente la cottura deve essere più prolungata e raddoppiata l’aggiunta di liquido.

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BACCALÀ MANTECATO Ingredienti 4 persone: 800 gr di stoccafisso già bagnato, olio extra vergine d’oliva, sale, pepe Mettete lo stoccafisso in una pentola e coprite con acqua fredda. Salate leggermente. Portate a ebollizione e lasciate cuocere per 20 minuti circa. Scolate il pesce e, quando sarà tiepido, spellatelo e eliminate tutte le lische. Sbriciolatelo e mettete i pezzettini in un robot da cucina dotato di pale per impastare. Frullate prima ad alta velocità, quindi diminuite e cominciate a versare olio d’oliva a filo sulla crema. L’impasto dovrà risultare omogeneo e la quantità d’olio sarà quella che il composto riesce ad assorbire. Salate, pepate e aggiungete, a piacere, per insaporire, un battuto di aglio e prezzemolo

BRODETO A LA DALMATA 1 Kg dì pesce 3 cipolle Aglio Prezzemolo 4 cucchiai di aceto Olio Per 1 kg di pesce imbiondire nell’olio 2 cipolle tritate con aglio e prezzemolo. Aggiungere 1/4 1 di acqua con 4 cucchiai di aceto. Lasciar sobbollire per 1 ora e aggiungere il pesce con 1 grossa cipolla cruda tagliata fina. Sobbollire con coperchio per il tempo richiesto dal pesce, messo dentro intero o a fette. Basteranno 15 minuti o 20 al massimo.

BRODETO (BORETO) A LA GRAISANA 1 kg di rombo, oppure gò, volpine, zievoli, baracole, cagnoletto 1 bicchiere abbondante di olio d’oliva 3 o 4 spicchi d’aglio 4 cucchiai di aceto Sale Pepe Per il brodeto di Grado occorre una sola qualità di pesce, che sarà

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accuratamente mondata e lasciata intera se si tratta di pesci piccoletti, mentre si taglierà in trance se si tratterà di pesci grossi. Si fanno diventar bruni nell’olio gli spicchi d’aglio e quindi si gettano. Allora si caleranno nella padella i pesci, interi, o il pesce a pezzi. Lo si rivolterà, e poi lo si spruzzerà con l’aceto. Sale e pepe. Poi tanta acqua, meglio se bollente, sino a coprire per metà il pesce. Incoperchiare per 4 minuti e poi portare a cottura completa senza coperchio, a fuoco vivo, sino a che il sugo si restringe. Si serve con polenta.

BRODETO A LA ISTRIANA (I) 1 kg di pesce misto, da zuppa 1 1/2 bicchiere di olio 1/2 cucchiaio di farina 1 cipolla grossa (o due piccole) 3 spicchi d’aglio 1 mazzetto di prezzemolo 1 cucchiaio di aceto 400 g di passato di pomodoro Far dorare la farina nell’olio, aggiungere allora la cipolla tritata o affettata sottilissimamente. Quando questa sia appassita (e tutto dovrà procedere a fuoco molto basso), irrorare il tutto con 1 cucchiaio di aceto e aggiungere un battuto di aglio e prezzemolo. Lasciar sobbollire ancora un poco e poi diluire il tutto con circa 400 g di passato di pomodoro ben maturo. Far sobbollire il tutto lungamente (anche 2 ore) aggiungendo di tanto in tanto qualche cucchiaiata d’acqua (in tutto un paio di bicchieri), mescolando sempre pazientemente. Prima di portare in tavola, aggiungere le varie qualità di pesce, oppure anche una sola, e cuocere per il tempo che esse richiedono. Si può servire con polenta, oppure anche come condimento degli spaghetti.

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BRODETO A LA ISTRIANA (II) Come sopra, sostituendo il passato di pomodoro con del vino bianco secco ed un po’ di acqua. Per il conchigliame, peoci, o datteri, o altro, dimezzare le dose dei condimenti, in rapporto al peso di 1 kg di pesce. Il brodetto viene così chiamato a volte anche sugheto de... o datoli (datteri) o pedoci (mitili).

CALAMARI RIPIENI 1 kg di calamari di media grandezza Olio 50 g di pane grattugiato 2 spicchi d’aglio Prezzemolo 2 tuorli Sale Pepe Mondare i calamari e toglier loro la testa; batterli per intenerirli e lavarli accuratamente. Rosolare 1 dl di olio con 50 g di pane grattugiato; scottarvi dentro 2 spicchi d’aglio e molto prezzemolo tritati insieme; aggiungere le teste e i tentacoli dei calamari pure tritati, pepe e sale. Soffriggere per qualche minuto e lasciar poi raffreddare; legare con 2 tuorli e farcire con questa mescolanza le pance dei calamari, ma non troppo. Saldare l’apertura con uno stecchino o cucirli. Si ungono con l’olio e si arrostiscono alla graticola o in forno. Cospargerli con olio crudo e prezzemolo dopo la cottura. Si possono anche infarinare, friggere e poi irrorare dì salsa di pomodoro. La stessa ricetta può adeguarsi alle seppie.

CAPE SANTE A LA TRIESTINA (per persona) 4 cape sante 30 g di burro 1 cucchiaio di cipolla tritata

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1/2 cucchiaio di pane grattugiato 1 cucchiaino di prezzemolo pure tritato Sale Pepe Mondare le cape sante e sbollentarle. Separare la parte bianca dal resto, che verrà tritato minutamente ed insaporito a parte con il burro, la cipolla ed il prezzemolo, cui si unirà alla fine il pane grattugiato. Salare e pepare. Sistemare nella mezza conchiglia concava la capa santa e coprirla con 1 cucchiaino del composto sopra descritto. Cospargerla leggermente di altro pane grattugiato e passare al forno caldo per una decina di minuti. C’è chi aggiunge un trito di ostriche, o di gamberetti, all’impasto, irrorandolo anche con una cucchiaiata di vino bianco secco. Taluno aggiunge anche un lieve aroma d’aglio, tritandone 1 spicchio assieme a 3 cucchiaini di prezzemolo.

CROZ Rane Fior di farina Pane grattugiato Prezzemolo Aglio Olio e burro Spellare le rane, e usare le sole coscette (il resto servirà a preparare il brodo per un ottimo risotto), passarle al fior di farina, quindi all’uovo battuto, e poi in pane grattugiato con un trito di prezzemolo, aglio, pepe e sale. Friggere le coscette in metà olio e metà burro. VARIANTE Si può anche passarle alla sola farina, senza l’uovo ed il pane grattugiato, aggiungere però ugualmente il battuto di prezzemolo e aglio, irrorandole con poco vino bianco. Questa preparazione può essere

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aggiunta ad un risotto in bianco preparato con la parte anteriore delle rane bollita lungamente in acqua con aroma di cipolla e sedano.

GIAMBARS (Gamberi) I gamberi alla friulana sono gli stessi che « alla sampolese », e in sostanza differiscono dagli Scampi in buzzara solo per l’assenza del pane grattugiato e l’aggiunta del battuto d’erbe aromatiche (prezzemolo, basilico, e maggiorana). Il piatto nel Friuli è comunque quasi introvabile, data la scomparsa quasi totale dei gamberi nei torrenti del Veneto orientale. Si possono comunque adeguare ad una tale preparazione canocie e gamberoni di mare.

GRANZEVOLE ALLA TRIESTINA Si preparano sostanzialmente come « alla veneta », solo che si aggiunge ad esse un battuto di prezzemolo e poco aglio, le si cosparge di pane grattugiato e poi le si passa al forno moderato sino a quando la superficie sia lievemente dorata.

SARDELLE IN SAVÒR Come la ricetta veneziana, solo che le sardelle, anziché essere passate semplicemente alla farina bianca e fritte, qui vengono prima passate all’uovo battuto e al pane grattugiato. Altra differenza la « o » del savòr che a Venezia è stretta ed a Trieste aperta.

SCAMPI ALLA BUZZARA IN SOPA Come per gli Scampi in buzzara (vedi sotto), ma aggiungendo, dopo che il vino sarà parzialmente evaporato, tanto brodo di pesce (quello di canocie è ottimo), oppure brodo vegetale, da coprire quasi gli scampi stessi. Gli scampi si servono allora in scodella, su crostini di pane, meglio se fritti nell’olio.

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SCAMPI IN BUZZARA 1 kg di scampi grandi con la testa 1 bicchiere di olio 2 spicchi d’aglio 3 cucchiai di pane grattugiato 1 e 1/2 bicchiere di vino bianco secco Sale Pepe Lasciare agli scampi la testa e le chele, togliere loro solo le zampette, e la punta della testa, che ha di solito una sostanza verdolina. Lavarli accuratamente e pulirli uno ad uno con uno spazzolino. Far soffriggere nell’olio gli spicchi d’aglio tritati finemente (oppure gli spicchi interi che poi verranno tolti). Quando l’aglio è di un color nocciola, aggiungere gli scampi e rivoltarli. Appena avranno preso un colore uniformemente rosato, cospargerli col pane grattugiato. Quando questo sarà lievemente abbrustolito, annaffiare il tutto con il vino bianco. Aggiungere sale e pepe (o paprica) e portare a cottura completa senza coperchio. Il tempo dipende dalla misura degli scampi, ma anche per i grandissimi non deve mai superare i 20 minuti. All’occorrenza aggiungere qualche cucchiaiata d’acqua, affinché il sugo non attacchi sul fondo, il che è abbastanza facile, data la presenza del pane grattugiato.

SCAMPI IN RISOTTO ALLA MANIERA DI CHERSO 1/2 kg di piccoli scampi interi 300 g di riso 1/2 bicchiere di olio 2 spicchi d’aglio 1 bicchiere di vino bianco 50 g di burro 30 g di parmigiano

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Pepe Preparare « in buzara » degli scampi piccolini, senza aggiungere però il pane grattugiato, che verrà sostituito da un congnio quantitativo di rìso, la cui cottura sarà portata avanti con l’aggiunta di brodo di pesce. A tre quarti cottura si mantecherà il risotto con burro e formaggio. La proporzione fra il riso e gli scampi è affidata all’iniziativa personale. Ad esempio per 1/2 kg di piccoli scampi interi, basteranno 300 g di riso, 1/2 bicchiere di olio, 2 spicchi d’aglio, 1 bicchiere di vino bianco, 50 g di burro, e 30 g di parmigiano. Pepe.

TON COME CHE JERA UNA VOLTA IN MAR 2 o 3 kg di tonno 1/2 1 di aceto 2 cipolle Alcune foglie di alloro Alcuni spicchi d’aglio Olio d’oliva Sale Pepe in grani Preparare un fumetto con 13 1 di acqua, 1/2 1 di aceto, 2 cipolle affettate, 6 spicchi d’aglio, 6 foglie di alloro. Far bollire il tutto sino a che si riduca di un terzo, aggiungere allora il sale. Tagliare il tonno a fette grosse due dita, privarlo della pelle e delle lische, lavarlo accuratamente e poi passarlo nel liquido dove verrà fatto sobbollire per 45 minuti. Togliere il tonno dal liquido e lasciarlo asciugare, rivoltandolo. Quando sarà ben asciutto disporne i pezzi in un vaso di coccio o di vetro, ricoprendone ogni strato con olio di oliva, e cospargendolo di aglio tritato (o intero a spicchi) e di un pizzico di pepe in grani. Fra uno strato e l’altro disporre 1 o 2 foglie di alloro. Alla fine l’olio deve coprire tutto. Conservare in luogo fresco. Dopo 15 o 20 giorni, questo tonno si può servire.

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Variante C’è chi non lessa il tonno, ma lo cuoce alla graticola, cospargendolo di sale pestato nel mortaio insieme a semi di finocchio. Si procede poi come sopra.

CARNI

CAPRETTO O AGNELLO IN PADELLA Capretto o agnello Pancetta Scalogno Cipolla Prezzemolo e basilico o salvia e rosmarino Limone a piacere Spezie a piacere Sale Pepe Tagliare a spezzatino del capretto o dell’agnello, e farlo rosolare in un battuto abbondante di pancetta, scalogna, o cipolla, prezzemolo e basilico, con olio e burro. Irrorare con vino bianco. Sale e pepe, e (facoltativi) un pizzico di spezie e la rapatura di un limone. Il prez-zemolo e il basilico, possono essere sostituiti o integrati da un battuto di salvia e rosmarino. Oltre alla rapatura del limone, alla fine si può aggiungere anche il succo del limone stesso.

CARNE ALL’ACETO Qualsiasi tipo di carne forte Aceto Aglio Cipolla Alloro Bacche di ginepro

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Pancetta Olio Burro Sale Far marinare qualsiasi tipo di carne forte (maiale, o manzo, o capriolo, o castrato) in aceto per almeno 4 giorni, contornandola di aglio, cipolla, alloro, e bacche di ginepro, un pizzico di sale. Rivoltare la carne ogni giorno. Poi asciugare la carne e farla rosolare in un battuto di cipolla e pancetta, con olio. Rosolata che sia da ogni parte aggiungere un po’ di burro e irrorare con l’aceto della marinata. Poco alla volta. La cottura, lentissima, può avvenire in forno, oppure anche sul fornello, in un tegame di coccio.

CEVAPCICI Carne di manzo, maiale e agnello o vitello Aglio Pane grattugiato Olio Sale Pepe o paprica Carne di tre qualità: manzo, maiale, agnello o vitello, in eguale quantità. Passata due volte al macina-carne, insaporita d’aglio. Pepe o paprica e sale. Si mescolano le carni e si lavorano a lungo, formando poi delle polpettine a forma di siluretto, della misura di un piccolo pollice. Si passano al pane grattugiato, e si lasciano riposare per almeno 12 ore. Si cuociono in graticola unte d’olio, quando sono già un po’ secche.

COTOLETTE USO VIENNA Cotolette di coscia di vitello (170 g l’una) Uova Pane grattugiato finissimo

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Strutto di maiale o òlio o burro Filetti d’acciuga Olive Fettine di limone a piacere Sale Pepe Per ogni 2 cotolette di coscia di vitello da latte (grandi, di 170 g l’una) occorre 1 uovo. Vanno impanate appena prima di friggerle. Si battono ben bene con la costa del coltello, si mondano perfettamente da ogni possibile pellicina, poi si passano all’uovo battuto con sale e pepe. Si passano poi al pane grattugiato finissimo (non solo grattugiarlo, ma passarlo ad un setaccio di seta). Si friggono in strutto abbondante. Sostituire parte dello strutto con olio d’oliva o di semi. C’è chi anche a Trieste le frigge con olio e burro, ma la ricetta vuole esplicitamente dell’ottimo strutto di maiale. Servire caldissimo su piatto caldo. Decorazione usuale, un’oliva, con un filetto d’acciuga intorno, disposta al centro della cotoletta. A volte sotto l’acciuga viene posta una fettina sottilissima di limone.

CRAGNOLINI ALLA CARNIOLA Cragnolini Vino bianco Kren o senape Farli sobbollire per 1 ora, oppure soffriggerli a fuoco lento dopo averli punzecchiati con la punta dì una forchetta; spruzzare con vino bianco, portarli a cottura con coperchio. Accompagnare con kren o con senape.

FEGATO DI VITELLO ALLA TEDESCA 400 g di fegato 1 cipolla 1/8 1 di olio o grasso 1 cucchiaio di farina 1 cucchiaio di salsa di pomodoro

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Salvia 1 cucchiaio di aceto Sale Pepe Affettare 1 grossa cipolla a listerelle quasi trasparenti. Mondare il fegato e tagliarlo a fettine sottili. Rosolare la cipolla con l’olio e aggiungere qualche cucchiaio di brodo lasciando sobbollire per 15 minuti. Alzare il fuoco e aggiungere il fegato mescolando per 2 minuti; aggiungere il cucchiaio di farina sciolta con la salsa di pomodoro, la salvia tritata, il pepe e un po’ di acqua calda. Mescolare delicatamente sino all’addensamento. Aggiungere il sale alla fine e anche l’aceto.

FRITTURA IMPANATA Qualsiasi tipo di carne 3 parti di pane grattugiato 1 parte di parmigiano o Vivàro grattugiato Prezzemolo Aglio Strutto Uovo battuto a piacere Sale Pepe Una preparazione alla quale si adegua qualsiasi tipo di carne, dalle fettine di vitello alle braciole, dal maiale all’agnello, al capretto, al pollo, ai petti di tacchino, ai piedini di vitello e di maiale, già bolliti, alla cervella, al fegato di ogni specie.Mescolare insieme 3 parti di pane grattugiato, 1 parte di parmigiano o di Vivàro grattugiato, e un battuto finissimo di prezzemolo e aglio. Sale e pepe. Ungere le carni di strutto e poi impanarle nella miscela sopraddetta. Oppure passarle all’uovo battuto e poi procedere come sopra. Friggere in olio e burro. Oppure con strutto. Gli eventuali avanzi di una tale frittura vanno passati in

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forno caldo, irrorati di vino bianco ed incoperchiati.

GULYAS (Gulasch) 80 g di lardo macinato 2 grosse cipolle (500 g) 600 g di muscolo di manzo o cavallo Paprica in polvere (20 g del tipo medio, non piccantissimo) Alloro Rosmarino Kummel Maggiorana 80 g di salsa di pomodoro Sale Imbiondire il lardo con la cipolla affettata; aggiungere la carne tagliata a dadi. Salare. Rosolare a fuoco vivo. Aggiungere la paprica, le erbe aromatiche (legate e avvolte in una garzetta). Diluire con la salsa di pomodoro sciolta in 1 bicchiere di acqua calda. Portare a cottura con coperchio a fuoco moderato. Se si vogliono aggiungere patate, prelessarle ed includerle all’ultimo. Sono un adeguatissimo complemento: i chifeletti di patate.

GULASCH 1 Ingredienti per 6 persone: gr. 800 di spezzatino di manzo, mezzo kg. di cipolle affettate, gr. 70 di grasso di maiale o lardo, 2 cucchiai di concentrato di pomodoro, brodo, paprika in polvere, un rametto di rosmarino - una foglia di alloro In una casseruola sciogliete il grasso di maiale tagliuzzato, mettete le cipolle e fatele appassire; unite gli spezzatini e rosolateli a fuoco vivace, rimescolando spesso poi, con la paprika e il mazzetto di odori, versate il concentrato, sciolto in un mestolo di brodo caldo. Mettete il coperchio e cuocete a fuoco basso aggiungendo, di tanto in tanto se necessario, dell’altro brodo; regolate di sale. A fine cottura, passate al setaccio e servite con patate intere lessate e spellate.

JEUR IN SALSA (Lepre in salsa) 1 lepre Marinata (paiz) del Jeur Rustit Farina

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Cipolla Aglio Prezzemolo Rosmarino Pancetta 1 bicchiere di aceto 1 bicchiere di vino rosso Sedano Zucchero Sale Pepe Preparare la lepre con la marinata (paiz) del Jeur Rustit (vedi sotto). Tolta da essa la lepre verrà asciugata e tagliata a pezzi, che si infarineranno e si faranno dorare su un soffritto di cipolla, aglio, prezzemolo, rosmarino battuti con pancetta. Rosolati da ogni parte, i pezzi verranno irrorati con 1 bicchiere di aceto, lievemente zuccherato. Aggiungere poi un abbondante battuto di sedano ad 1 buon bicchiere di vino rosso. Sale e pepe secondo il gusto. Eventualmente addensare la salsa con 1 cucchiaino di farina. Cuocere per 30 minuti con coperchio, e terminare la cottura senza. VARIANTI Al fondo di cottura precedente, aggiungere un battuto di salsiccia, fegato di vitello ed acciuga. Tritare dell’altro prezzemolo con la buccia di 1 limone. Aggiungere l’agro del limone ed incorporare tutto ben bene. Servire la salsa, cosi come risulterà, granulosa, oppure passarla al setaccio. Pepe a discrezione. Aggiungere anche un battuto di peperoni verdi piccanti.

JEUR RUSTIT (Lepre arrosto) 1 lepre 1 cipolla 1 spicchio d’aglio

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Rosmarino 1/2 1 di aceto Pancetta Olio Sale Lasciar frollare la lepre almeno per 6 giorni con la sua pelle (stagione autunnale) e 2 giorni senza. Far bollire 2 1 di acqua con 1 spicchio d’aglio, 1 cipolla affettata, e 1 rametto di rosmarino. Aggiungere poi 1/2 1 di aceto, e lasciarvi a bagno, in luogo fresco, la lepre per almeno 12 ore, ma è preferibile 1 giorno intero. Togliere la lepre dalla sua bagna, e lardellarla con minuti pezzetti di pancetta, e foglioline di rosmarino, praticando con un punteruolo dei piccoli buchi ad intervalli regolari nel corpo della lepre. Aiutandosi sempre con lo stesso arnese, introdurre le listerelle di pancetta (come un mezzo grosso fiammifero) e le foglioline di rosmarino. Infilare la lepre nello spiedo, e ungerla di olio. Sale a metà cottura. La cottura dovrà essere lentissima e sarà proporzionata alla grandezza della bestia. Porre sotto la leccarda, ed irrorare la lepre con il suo sugo. Si potrà preparare a questo modo anche il capretto.

LINGUA IN BIANCO 1 lingua di vitello 1 cipolla 200 g di sedano bianco 2 spicchi d’aglio 150 g di pancetta tritata 1 cucchiaio di farina Brodo quanto basta 1 bicchiere di vino bianco Pepe Noce moscata

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Lessare a metà la lingua spellarla e affettarla. Rosolare nella pancetta tritata un battuto con la cipolla, il sedano e l’aglio. Legare con la farina, diluire col brodo e col vino. Aggiungere pepe e noce moscata. Quindi aggiungere la lingua e far sobbollire sino a che sia tenerissima. Servire bollente.

MANZO AL BURRO Fettine di cosciotto di manzo (70 g l’una) Burro pari alla metà del peso della carne 1 stecca di cannella regina Sale Pepe Farsi tagliare delle fettine di cosciotto di manzo, da 70 g l’una. Ne occorreranno 2 per commensale. Salarle, peparle e disporle in un tegame di coccio, con coperchio, irrorandole con un quantitativo di burro fuso (non dorato) pari alla metà del loro peso complessivo. Ag-giungere 1 stecca di cannella regina. Incoperchiare e porre a forno moderatissimo per circa 3 ore. Il sugo sarà delicatissimo, adatto a tagliatelle e gnocchi.

MANZO COME CAPRIOLO 1/4 1 di aceto 1/2 1 di Refosco Alloro Salvia Rosmarino Mentuccia Timo Maggiorana Pepe in grani 30 bacche di ginepro pestate

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Carote Cuore di sedano Radici di prezzemolo Garofano 2 cipolle 20 aghi di pino o abete 70 g di burro 80 g di lardo macinato 1 kg di girello di manzo Qualche cucchiaio di panna a piacere Per la marinata far bollire per 15 minuti l’aceto con il vino e tutte le erbe aromatiche. Versare la marinata ancora calda sopra la carne in un recipiente di coccio con coperchio. Lasciare in luogo fresco per almeno 1 giorno. Soffriggere in un tegame di coccio il burro, il lardo macinato e 1 cipolla novella. Asciugare la carne. Rosolarla da ogni parte e poi passarla al forno irrorata di marinata, tipo arrosto morto. Volendo, aggiungere anche un terzo delle erbe della marinata. Rivoltare la carne ogni tanto. A cottura ultimata si può passare al setaccio il sugo e legarlo con qualche cucchiaio di panna. Si accompagna con un grosso gnocco di pane e, alla tedesca, con marmellata di mirtilli. Naturalmente si potrà preparare così anche il capriolo autentico, la schiena o le cosce, oppure anche il castrato.

MULZE DOLCI Sangue Uvetta, pinoli, cedrini Buccia di limone Spezie Budelli Burro o grasso 100 g di farina a piacere

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1 bicchiere di latte a piacere Riscaldare il sangue a bagnomaria, mescolando spesso finché comincia a coagularsi; aggiungere : uvetta, pinoli, cedrini, buccia di limone grattugiata, zucchero, spezie (cannella, garofano, coriandoli, macis, oppure dosa già pronta); mescolare fino a consistenza di crema; riempire i budelli e legarli. Friggerli nel burro o nel grasso, in padella. Volendo, aggiungere per ogni 1 di sangue 100 g di farina sciolta in 1 bicchiere di latte, portare il sangue a bollore e mantenendolo per 5 minuti.

MUSETTO UBRIACO Pulire bene un cotechino, e poi disporlo come il Salam di ocie, sostituendo metà dell’acqua con del buon vino rosso, ed affettando sopra i fagioli 1 bella cipolla.

PROSCIUTTO PASQUALE 1 prosciutto carsolìno di 3 kg già salato Salsa al kren Lasciare a bagno per 10 ore in acqua fredda un prosciutto carsolino già salato di 3 kg; togliervelo e poi pulirlo accuratamente. Lavarlo ancora; metterlo in una grande pentola con molta acqua fredda su fuoco vivissimo. Dopo circa 5 ore spegnere il fuoco. Lasciare che l’acqua intiepidisca un po’. Servire caldo o tiepido, a fette spesse, con salsa al kren.

QUAGLIE, TORDI, PERNICI, FRANCOLINI AL FORNO Quaglie, tordi, pernici, francolini Pancetta magra e salata Salvia Bacche di ginepro Vino bianco Burro a piacere Polenta

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Si vuotano e si mondano gli uccelli già spennati e fiammeggiati, tenendo da parte i fegatelli, che verranno tritati insieme a pancetta magra e salata, salvia e bacche di ginepro. Farcire con questo composto le cavità degli uccelli che si vestiranno di fettine sottili di pancetta e si irroreranno di vino bianco. Far sobbollire per 10 minuti con coperchio entro a una teglia. Poi togliere il coperchio e passare in forno sino a che siano cotti e morbidi, ma non rinsecchiti. Ridurre eventualmente il sugo di cottura aggiungendo del burro. Servire con polenta.

RAMBASICCI Con l’impasto dei Cevapcici farcire delle foglie di verza. Procedere come per le Verze ripiene, solo sostituire il passato di pomodoro con un po’ di brodo. A tre quarti di cottura cospargerli di pane grattugiato misto a parmigiano, e servirli irrorati con il loro sugo di cottura.

ROGNONE ALLA PAPRICA 4 rognoncini di vitello 8 cappelle di funghi porcini 1/2 bicchiere di olio 2 cucchiaini di paprica 1 bicchiere di vino 50 g di burro fuso Aceto Paprica Tagliare i rognoncini di vitello (o anche di agnellone) a metà per il lungo, tenerli a bagno in acqua e aceto per 2 ore, poi lavarli. Rosolarli in padella all’olio, cospargendoli di paprica non troppo forte ed irrorandoli di vino bianco (o rosso). Toglierli dalla padella e conservarli al caldo; nel loro sugo saltare le cappelle intere 4 minuti da una parte e 4 dall’altra. Cospargere con altra paprica. Disporre ogni mezzo rognone con una cappella di fungo sopra, dopo aver salato all’ultimo momento. Irrorate con burro fuso e servite caldissimo.

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SALAM DI OCIE (Salame d’oca) Pelle del collo di 1 oca Filetti di petto d’oca Filetti di polpa di maiale Pancetta (o carne di maiale, o d’oca, o di manzo, o di pollo) Spezie per salumi 1 spicchio d’aglio a piacere Fagioli freschi sgranati Farina Sale Pepe Decapitata l’oca, servare la pelle del collo intatta, mondarla bene e porla a bagno in acqua salata. Tagliare dei filetti di pelle d’oca e un eguale quantitativo di filetti di polpa di maiale. Tritare pancetta o carne di maiale, o di oca, o di manzo, o di pollo, per un peso eguale alla metà di quello dei filetti. Salare, pepare, aggiungere un pizzico di spezie per salumi e 1 spicchio d’aglio tritatissimo (facoltativo). Riempire con i filetti e la carne macinata il collo dell’oca. Legarlo strettamente alle due estremità. Porre su una pentola di coccio una base di fagioli freschi sgranati, disporre sopra di essi il salame d’oca. Coprire con 3 dita di acqua sopra i fagioli. Salare poco. Coprire e sigillare con pastella di acqua e farina. Porre in forno caldo, e non riaprire prima di 3 ore. Allora saggiare se va bene di sale. Eventualmente aggiungerne un po’. Servire caldo sul recipiente di cottura.

SALAME FRIULANO 5 kg dì polpa di prosciutto 2 kg di pancetta mondata 2 spicchi d’aglio pestati Sale Pepe Macinare una volta la polpa di prosciutto e due volte la pancetta. Mescolare insieme la carne, il sale, il pepe e l’aglio e irrorare di vino

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bianco o rosso. Lasciar riposare un po’ e poi insaccare.

SALAME O SOPPRESSA ALLA FRIULANA Fette di salame Olio Aceto o vino Burro a piacere Su una padella nera, unta di olio e posta su fuoco moderato deporre le fette di salame pelate e tagliate piuttosto spesse. Rivoltarle e spruzzarle di aceto. Servire con polenta. C’è chi aggiunge pezzetti di burro e chi sostituisce l’aceto in tutto o in parte, con vino bianco o rosso.

SALSICCE DI FEGATO 1 kg di testa di maiale 4 piedini di maiale 600 g di fegato di maiale Budelli 500 g di pane raffermo Maggiorana Buccia di limone Vino Sale Pepe Far bollire per 2 ore 1 kg di testa di maiale e 4 piedini. Lasciar freddare e macinare 3 volte la carne con 600 g di fegato di maiale, pepe e sale, maggiorana, buccia di limone, 500 g di mollica di pane raffermo, fatto rinvenire nel vino e spremuto; amalgamare bene tutto e riempire i budelli ma non troppo perché tendono a scoppiare. Formare rocchi da 10 centimetri. Immergerli nell’acqua bollente e toglierli quando vengono a galla.

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SCHINCO Garretto di vitello anteriore o posteriore Olio di oliva q.b. 3 spicchi d’aglio 2 bicchieri di vino bianco secco Brodo Sale Rosolare ben bene, da ogni parte, lo schinco in abbondante olio, poi innaffiarlo con il vino bianco e ricoprirlo a metà con il brodo (salato), aggiungendo l’aglio e facendo sobbollire per 1 ora a fuoco bassissimo. Rivoltarlo ogni 15 minuti. Passarlo quindi in forno a calore medio per 1 altra ora, senza coperchio. Servire caldo, accompagnando con il sugo ristretto, servito a parte in salsiera. Lo schinco triestino deve risultare morbidissimo, con i legamenti gelatinosi.

SGUAZETO ALLA FRIULANA 30 g di olio 30 g di burro e di lardo macinato 600 g di polpa di vitello (o manzo, o maiale) 2 spicchi d’aglio 2 cm di cannella in canna 2 chiodi di garofano rosso 20 g di salsa di pomodoro 1 cipolla Brodo Sale Pepe Porre in un tegame di coccio i tre grassi con la carne tagliata a dadi piccoletti, cipolla affettata, l’aglio, il pepe, il sale, la cannella e il garofano; cuocere a fuoco basso con il tegame coperto. Mescolare ogni tanto e aggiungere qualche cucchiaio di acqua calda o brodo. Quando la

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cipolla sarà dorata, aggiungere 1 bicchiere di acqua bollente con la salsa di pomodoro. Complemento ideale, la polenta.

UOVA E FORMAGGI

FRICO Formaggio fresco, grasso o semigrasso Burro o olio o lardo o strutto Sale Pepe Si taglia a listerelle del formaggio fresco, grasso o semigrasso, e lo si fa soffriggere nel burro, o nell’olio, o nel lardo macinato o strutto, sino a quando si sciolga e formi una specie di frittata. Sale e pepe. Usare una padella nera, o di quelle in cui la frittura non si attacca al fondo. Va servito caldissimo.

FRICO CON CIPOLLA Formaggio fresco, grasso o semigrasso Cipolla Burro (o olio, o lardo, o strutto) Sale Pepe Si mettono in padella i pezzetti di formaggio su un soffritto di abbondante cipolla, e si procede poi come per il frico.

FRICO CON CIPOLLA E PATATE Formaggio fresco, grasso o semigrasso Cipolla Pancetta 100 g di patate per ogni 100 g di formaggio Burro (o olio, o lardo, o strutto) Sale Pepe Si fa un soffritto di pancetta battuta e cipolla, si aggiungono 100 g di

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patate grattugiate, o a pezzettini, per ogni 100 g di formaggio. Quando le patate sono cotte, si aggiungono le listerelle di formaggio, e si procede come per il frico.

FRICO CON LA MORCIA Formaggio fresco, grasso o semigrasso Ricotta Parmigiano o Vivàro grattugiato Uova Morcia Sale Pepe A volte per conservarlo più agevolmente in casa, si faceva sciogliere il burro e salato lo si conservava in vasi. Nella pentola di coccio ove era stato sciolto, rimaneva un residuo di un color biondo nocciola, appunto la morda, che serviva come base ad un particolare frìco, a base di formaggio a listerelle e di ricotta. C’è chi arricchisce questo frico con parmigiano o Vivàro grattugiato e uova battute. Un uovo per ogni 100 g tra formaggio, ricotta e formaggio grattugiato. Pepe.

FRICO CON PATATE Ingredienti: 1/2 Kg di patate, 40 gr di burro, 1 porro, 150 gr formaggio Montasio fresco, sale Sbucciare e lessare le patate fatte a tocchettini per c.a. 15 minuti. Scolar al dente e passarle nello schiacciapatate. Fate scaldare in una padella piuttosto grande il burro ed il formaggio ridotto a dadini. Quando il formaggio di fonderà aggiungere il passato di patate, salare e pepare a gusto, cuocere su entrambi i lati come per una frittata.

FRICO CON UOVA Formaggio fresco, grasso o semigrasso Uova

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Burro (o olio, o lardo, o strutto) Sale Pepe Aggiungere al frico, quando il formaggio comincia a sciogliersi delle uova battute, in ragione di uno per ogni 70 g di formaggio. Oppure cuocere a parte delle uova all’occhio, al burro, e servirle insieme al frico, con polenta.

FRITTATA DI PRIMAVERA Erbine primaverili Cipolla Pancetta Uova Olio o strutto, o olio e burro Mollica di pane imbevuta a piacere Sale Pepe Si cuociono in tegame varie erbine primaverili (germogli di papavero selvatico, di pungitopo, di ortica, di luppolo, insieme ad ogni erba aromatica a disposizione) con un battuto di pancetta, cipolla e aglio. Si lasciano intepidire queste erbine, si tritano grossolanamente e si mescolano alle uova battute, con sale e pepe. Si cuociono in padella nera, con olio o strutto, o con olio e burro. Alle erbine primaverili si possono sostituire, spinaci, bietole e blede, con l’aggiunta di abbondanti erbe aromatiche, particolarmente basilico, prezzemolo e maggiorana. C’è chi aggiunge alle uova anche della mollica di pane imbevuta nel cao de late (panna). La frittata deve risultare piuttosto spessa.

FRITTATA CON LE PATATE Patate Uova

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Cipolla Pancetta o salame o salsiccia o ciccioli Zucchero e aceto a piacere Olio Si grattugiano le patate e si fanno rosolare su un battuto di cipolla e pancetta, con poco olio. Quando sono cotte, si aggiungono le uova battute, si mescola, e si provvede come per la cottura delle altre frittate. In luogo della pancetta si possono usare dei cubettini di salame, o di salsiccia, oppure dei ciccioli ammorbiditi. C’è chi serve la frittata cospargendola di zucchero e spruzzandola di aceto.

LIPTAUER (Formaggio) 200 g di Liptauer o altro formaggio bianco, 100 g di burro, 1 cucchiaino di paprica, Erba cipollina, Acciughe, Cumino, 50 g di capperi, 1/2 cipolla, 1 cucchiaino di senape, Fettine di pane Lavorare con la forchetta 200 g di formaggio Liptauer, incorporandovi piano piano 100 g di burro appena ammorbidito. Mescolarlo poi con 1 cucchiaino di paprica ed un trito finissimo di erba cipollina, acciughe, cumino, insieme a 50 g di capperi. Aggiungere alla fine 1/2 cipolla tritata finemente e 1 cucchiaino di senape. Lavorare sino a che l’impasto risulti omogeneo. Conservare in luogo fresco. Servire con fettine di pane. Eventualmente sostituire il Liptauer con un formaggio bianco, morbido. Ottima anche la riuscita col mascarpone. In tal caso usarne 300 g ed abolire il burro.

LIPTAUER 1 Ingredienti : 50 g di burro, 100 gr formaggio di Liptauer o formaggio latteria fresco, 1 acciuga tritata, cumino, 1 porro piccolo tritato, 1 cipollina tritata, 1/2 cucchiaino di senape, paprica, fettine di pane di segale o crostini, capperi sotto sale

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Mantecate il burro, incorporatevi il formaggio, quindi aggiungete tutti gli altri ingredienti. Montate il composto con la frusta in modo che risulti spumoso e spalmatelo sul pane spruzzandolo appena sopra di paprica

SCIPI Formaggio magro e fresco Farina di mais macinata grossa Strutto o burro Preparazione analoga alla tosella ed allo schizz dell’alto Veneto. Si tagliano delle fette di formaggio magro e fresco, di uno spessore di 1/2 centimetro e grandi come la mano di un bambino di sei anni. Si ungono di strutto, si passano alla farina di mais macinata grossa, si frìggono nello strutto. Allo strutto si può sostituire del burro. Si servono con polenta e uova al burro, cotte a parte.

SALSE

MAIONESE ALLA TRIESTINA (Detta anche impropriamente Salsa Tartara) 2 tuorli 3 dl di olio di semi 20 g di burro o margarina 30 g di farina Brodo Paprica in polvere 1 cucchiaio di aceto 50 g di capperi Prezzemolo 1 cucchiaio di senape Sale Preparare una normale maionese con 2 tuorli e 3 dl di olio di semi; aggiungere quindi il sale, la paprica in polvere, 1 cucchiaio di aceto ed 1

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cucchiaio di senape. Sciogliere in un pentolino 20 g di burro o margarina e mescolarvi 30 g di farina; diluire con brodo (di dado, o vegetale, o di pesce) sino a ottenere una crema densa. Far sobbollire per 10 minuti e lasciar freddare. Aggiungere poi un battuto di prezzemolo e capperi. Unire questa béchamel alla maionese ed amalgamare. Questa ricetta serve egregiamente anche per ricuperare una maionese impazzita.

SALSA ALLA MARINARA 500 g di pomodori molto maturi (o pelati) 5 cucchiai di olio d’oliva 3 spicchi d’aglio Prezzemolo Sale Pepe Aggiungere in un tegame di pomodori pelati, privati dei semi e tritati, a un soffritto di aglio, olio e dì prezzemolo. Pepe e sale. Far sobbollire coperto per 30 minuti rimestando di tanto in tanto.

SALSA DI CETRIOLI PER IL LESSO 1 cipolla tritata 1/2 bicchiere di olio di semi 1 mazzetto di basilico e prezzemolo 100 g di capperi e altrettanti cetriolini Il succo e la rapatura di 1 limone 1 bicchiere di vino bianco 1 cucchiaio colmo di farina 1 cucchiaio raso di zucchero Kren grattugiato a piacere Imbiondire la cipolla nell’olio, aggiungere la farina e lasciarla diventar rossiccia. Allungare con il vino bianco e con tanto brodo da ottenerne una salsa abbastanza fluida. Aggiungere il succo e la rapatura di limone, lo zucchero, le erbe aromatiche tritate finemente, i capperi e i cetriolini tritati più grossolanamente. Mescolare e servire la salsa sia calda sia

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tepida o fredda con il bollito. Volendo si può aggiungere a questa salsa anche del kren grattugiato all’ultimo momento.

SALSA DI KREN AL BRODO 70 g di kren grattugiato 80 g di pane raffermo grattugiato 3 dl di brodo 2 cucchiai di aceto 15 g di zucchero Mescolare gli ingredienti in un pentolino di pirofila o ferro smaltato, porre a fuoco lento sempre rimestando finché la salsa sì addensi. Servire tiepido. Non avendo brodo usare dadi.

SALSA DI KREN ALL’ACETO .150 g di kren grattugiato 100 g di pane raffermo grattugiato 2 dl di aceto 1 cucchiaio di zucchero 1 cucchiaio di senape a piacere Grattugiare il kren e unirlo agli altri ingredienti, zucchero e aceto, amalgamando bene il tutto. Facoltativa l’aggiunta di 1 cucchiaio di senape.

SALSA DI KREN AL LATTE 50 g di burro 50 g di farina 3 dl di latte 1 dl di panna 100 g di kren grattugiato Preparare una béchamel soda con la farina, il burro e il latte. All’ultimo aggiungere il kren grattugiato diluito nella panna liquida. Amalgamare sino alla perfetta fluidità e servire caldo.

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SALSA DI KREN ALLE MELE 50 g di kren 500 g di mele 1 dl circa di aceto 1 cucchiaio di zucchero 1/2 dado per brodo Grattare il kren e mondare le mele. Mescolare insieme ed aggiungere l’aceto e lo zucchero. Aggiungere aceto sino a raggiungere una certa fluidità. Si può anche preparare cuocendo per 10 minuti le mele mondate con l’aceto, passando al setaccio e poi unendo il kren grattugiato. Salare con 1/2 dado per brodo.

SALSA DOLCE AL KREN 150 g di confettura di albicocche o pesche o susine 1 dl di vino bianco 3 cucchiai di aceto 150 g di kren grattugiato Stemperare la confettura nel vino e porre sul fuoco riducendo il liquido della metà. Lasciar intepidire ed aggiungere alla fine l’aceto e il kren grattugiato. Servire fredda. Ottima con il prosciutto tipo Praga affettato spesso e servito caldissimo. VARIANTE Si può dimezzare il quantitativo del vino e sostituirlo con 1 bicchiere di panna liquida. Ottima con la lingua salmistrata calda.

SALSA PER PESCE BOLLITO 40 g di burro 40 g di farina 3 tuorli Succo di limone 3 cucchiai di olio Prezzemolo Filtrare il brodo di un pesce bollito con tutti gli aromi. Portarlo a bollore e ridurlo della metà. Aggiungere a burro bruno la farina e diluire con 2

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dl di brodo di pesce; lasciar freddare; frullarvi dentro i tuorli, l’olio a poco a poco; per ultimo aggiungere il prezzemolo tritato.

VERDURE

BISI IN TECIA Ingredienti: 800 gr di piselli sgranati, 1 cipolla, 1 spicchio d’aglio, 30 gr di pancetta, 1 rametto di rosmarino, 1/2 bicchiere di aceto bianco, Olio, sale, pepe Affettare sottilmente la cipolla e lo spicchio d’aglio. Farli soffriggere in una padella insieme alla pancetta a dadini e 4 cucchiai d’olio. Come si dora versate i piselli ed il rosmarino. Mescolate, salate e pepate facendo insaporire per 5 minuti. Spruzzate l’aceto e fate cuocere a fuoco basso e recipiente coperto per altri 10-15 minuti.

BLEDE STUFATE (Foglie di bietola) 1 kg di blede 60 g di burro o lardo macinato 30 g di pane grattugiato 1 spicchio d’aglio a piacere Cuocere le blede in molta acqua bollente e salata senza coperchio per 3 minuti; sgocciolarle immediatamente e tritarle. Rosolare il pane nel burro, aggiungere le blede e lasciarle stufare con il coperchio. Le blede primaticce si tritano a crudo. Si può usare lardo macinato anziché il burro ed allora vi si fa imbiondire 1 spicchio d’aglio.

BROVADE (Rape acide) Alcune grosse rape Feccia del vino Olio Lardo Qualche spicchio d’aglio a piacere

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Cipolla a piacere Brodo di carni grasse 1 cucchiaio di farina a piacere Mondare delle grosse rape, sbollentarle, e farle macerare per almeno 30 giorni nella feccia del vino. Quando poi si devono usare, le rape vanno sbucciate, mondate e tagliate a listerelle sottili, oppure grattugiate con un apposito arnese che le riduce in fili, in listerelle. Si cuociono su un battuto di lardo, con olio solo, oppure con olio nel quale sia stato fatto imbiondire qualche spicchio d’aglio, poi tolto quando abbia raggiunto un color bruno intenso. C’è chi aggiunge anche un bat-tuto abbondante di cipolla, o della cipolla tagliata a fette sottili. La cottura deve essere prolungata e le rape Vengono irrorate di tanto in tanto dal brodo delle carni grasse (cotechini o carne porcina) ad accompagnare le quali sono destinati. Qualcuno aggiunge alla fine 1 cuc-chiaio di farina per addensare la preparazione.

CAPPUZZI AGRODOLCI 100 g di lardo o strutto 2 kg di cappuzzi 2 cucchiai di zucchero Cumino 1/2 dl di aceto Sale Pepe Caramellare lo zucchero nel grasso, unire i cappuzzi crudi tagliati a listerelle, e, a fuoco vivace, rimestarli per 10 minuti; aggiungere il cumino pestato al mortaio, il pepe e il sale. Ultimare la cottura a fuoco lento e con coperchio; prima di toglierli dal fuoco, aggiungere l’aceto.

CAPPUZZI GARBI 1 kg di cappuzzi garbi 100 g di lardo affumicato

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2 cucchiai di farina 2 spicchi d’aglio Cumino 1 foglia di alloro Sale Pepe Coprire d’acqua i cappuzzi in una pentola di coccio e far bollire per 40 minuti; se sono troppo garbi, appena raggiunto il bollore, cambiare loro l’acqua e aggiungerne dell’altra già in bollore. Rosolare il lardo macinato o battuto, soffriggervi la farina, imbiondire l’aglio ed aggiungervi il cumino pestato nel mortaio; unire al soffritto i cappuzzi con tutta l’acqua, il pepe, il sale, la foglia di alloro e lasciar stufare per 2 ore. I tedeschi dicono che i crauti sono eccellenti solo se riscaldati sette volte. Assieme ai cappuzzi si possono far bollire cragnolini o porcina. I cappuzzi garbi si possono servire anche con patate fritte o bollite e con gnocchi di pane. Come contorno all’arrosto, specie di maiale, condirli con il sugo dello stesso, abolendo il soffritto. Alla tedesca, si possono aggiungere a 1 kg di crauti, 500 g di mele mondate e tagliate a fettine. I cappuzzi riusciranno meno garbi e più digeribili. Con i crauti è preferibile servire birra.

CARCIOFI ALLA TRIESTINA Carciofi 2 limoni Pane grattugiato Aglio Prezzemolo Olio Sale Pepe Mondare i carciofi, tagliare le punte e togliere le foglie coriacee, lasciarli per qualche ora in acqua fresca con il succo di 2 limoni. Asciugarli, allargare le foglie e tagliare le eventuali barbette dal cuore.

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Sistemare i carciofi ritti ed allargati in un tegame piuttosto alto, as-sieme ai gambi pelati e tagliati a tronchetti di 3 centimetri; farcire i carciofi con pane grattugiato mescolato a un battuto di aglio e prezzemolo. Pepe e sale. Versare un filo d’olio nel ripieno di ognuno e sulla teglia; aggiungere due dita d’acqua che, sobbollendo (10 minuti con coperchio e poi senza) dovrà prosciugarsi. Servirli tiepidi o anche freddi.

CARCIOFI, CETRIOLI, O ALTRI LEGUMI, ALLA GRECA Carciofi, cetrioli o altri legumi Olio Sedano Semi di finocchio Foglie di alloro Succo di 1 o 2 limoni Maggiorana a piacere Sale Pepe A Trieste c’è un modo assai saporito di preparare i legumi, detto « alla greca », si adegua particolarmente ai carciofi, tagliati a spicchi (e devono essere tenerelli), ai cetrioli sbucciati, tagliati a spicchi o a tronchetti, e anche alle zucchine. Si dispongono i legumi nel fondo di una pentola di coccio o di pirofila, li si cosparge abbondantemente d’olio, e di un trito di sedano e semi di finocchio. Sale e pepe. Qualche foglia di alloro. Poi tanta acqua da coprirli e il succo di 1 o 2 limoni. Si cuoce lentamente, aggiungendo semmai qualche cucchiaiata d’acqua, dalla quale debbono sempre risultare coperti. Si serve freddo. Un sapore gradevole può venire dall’aggiunta di un battuto di maggiorana fresca, o dall’aggiunta di un pizzico di maggiorana secca.

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CAROTE O TOPINAMBUR AL FUNGHETTO 500 g di carote (o topinambur) 5 cucchiai di olio Aglio Prezzemolo Pelare, affettare e tagliare a fettine le carote o i topinambur e farli insaporire in un battuto d’aglio e prezzemolo soffritti nell’olio. Coprire d’acqua e lasciar prosciugare lentamente.

CAVOLO ROSSO AL VINO Ingredienti: 1 cavolo rosso da c.a. 1 Kg, 1 cipolla, 1 mela grande, 40 gr di burro, 50 gr di speck, 1 bicchiere di vino rosso, sale Affettare sottilmente la cipolla. Tagliare il cavolo a striscioline (lavarlo e scolarlo bene). Sbucciare e tagliare a dadini la mela. Mettere in un tegame grande la cipolla ed il burro aggiungedovi lo speck e far soffriggere, appena la cipolla si dora unitevi il cavolo e la mela, salate e fate insaporire qualche minuto. Mescolando spruzzate il vino rosso e fate cuocere a fuoco basso e a recipiente scoperto per c.a 45 minuti. Mescolate di tanto n tanto e servite caldo

FASOI E FRUMENTON Ingredienti per 6 persone: gr. 400 fagioli borlotti, gr. 450 grani di frumento, gr. 100 lardo affumicato, 6 patate, una cucchiaiata di prezzemolo tritato, 5 cucchiai di olio d’oliva, sale e pepe Mettere a mollo per una nottata intera, fagioli e grani di frumento. Dopo le 12 ore regolamentari, cambiare l’acqua, sciacquateli e di nuovo in acqua, però stavolta è quella del minestrone, in pentola, unite inoltre il lardo battuto e ribattuto. Calcolate che deve cuocere per almeno tre ore, e a metà cottura va aggiunto il prezzemolo, l’olio le patate a pezzi, il sale e il pepe. Le patate si possono mettere intere e poi schiacciarle con la forchetta prima di portare in tavola. C’è un altro zuppone che gli

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assomiglia, il papazzoi. Ancora fagioli, ancora g granoturco, ancora lardo battuto e, in più orzo perlato.

PAPRICHE 500 g di peperoni gialli 5 cucchiai di olio 2 spicchi d’aglio Prezzemolo 500 g di pomodori anche pelati Levare i semi, mondare e tagliare le papriche a listerelle; imbrunire nell’olio gli spicchi d’aglio; togliere l’aglio e aggiungere le papriche. Lasciar rosolare un poco, quindi aggiungere il pomodoro a tocchetti e portare a cottura completa. Alla fine aggiungere il prezzemolo tritato.

PAPRICHE RIPIENE (I) 10 peperoni 3 cucchiai di olio 1 cipolla 300 g di carne cruda 80 g di salame ungherese 3 cucchiai di pane grattugiato Latte 60 g di burro 500 g di passato di pomodoro Sale Tagliare le papriche orizzontalmente verso il picciolo formando un coperchietto e vuotarle. Far imbiondire nell’olio la cipolla a fettine sottilissime; unire la carne passata al tritacarne due volte con il salame; rimescolare e dopo 15 minuti togliere dal fuoco ed aggiungervi il pane ammollato nel latte. Salare. Farcire le papriche con questo impasto; fissare il coperchietto con uno stecchino e cuocerle, in un passato di

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pomodoro, in un tegame con coperchio. Per farcire le papriche si possono usare anche avanzi di bollito o di altre carni. Si può sostituire la metà del ripieno con del riso già cotto.

PAPRICHE RIPIENE (II) 10 peperoni 3 cucchiai di olio 1 cipolla 300 g di carne cruda 300 g di riso crudo 1 cucchiaio di pane grattugiato 500 g di salsa di pomodoro Sale Procedere come sopra, ma mescolare la carne con un peso eguale di riso crudo. Preparare una salsa di pomodoro abbondante, con un battuto d’olio e cipolla, e con l’aggiunta di 1 cucchiaio di pane grattugiato. Disporre le papriche ripiene di carne e riso crudo in una teglia. Coprire tutto con la salsa di pomodoro, e porre a sobbollire sul fuoco sino alla cottura del riso. Occorreranno 20 minuti circa.

PATATE ALLA TRIESTINA 1 kg di patate 80 g di lardo 1 cipolla Sale o dado Pepe Far imbiondire un battuto di lardo e cipolla; aggiungere le patate lessate e tagliate a fette piuttosto spesse. Pepe e sale. Schiacciare le patate e rosolare a fuoco lento; colorite che siano da una parte, voltarle con l’aiuto di un piatto e di una paletta e friggerle dall’altra. Miglior sapore si ottiene salando con 1 dado per brodo sciolto in due dita di acqua.

PATATE SOUFFLEES Patate Olio Sale

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Affettare le patate (sbucciate e lasciate un po’ in acqua) piuttosto sottilmente. Passarle prima in padella con poco olio caldo, ma a fuoco non vivissimo; dopo circa 7 minuti togliere le fettine di patate con il colabrodo e lasciarle freddare su una carta assorbente; passarle poi in una padella più fonda con molto olio in bollore. Le patate si gonfieranno. Meraviglia dei menu del Lloyd Triestino. I cuochi raffinati .tagliano le patate a fettine quadrate e ne riescono così dei piacevoli cuscinetti. Servirle bollenti e subito.

PATATE TIPO GULYAS 80 g di lardo o grasso 1 cipolla Cumino Paprica 1 kg di patate 250 g di pomodori Brodo Sale Far imbiondire un battuto di lardo e cipolla, aggiungere il cumino e la paprica, poi le patate a pezzi e crude. Salare. Rimescolare a fuoco vivo per qualche minuto, poi irrorarle con poco brodo bollente. Portare a cottura a fuoco vivo, rimestando di tanto in tanto. Verso la fine aggiungere il passato di pomodoro, quando il brodo sia quasi prosciugato. Servire caldo.

PUREA DI MARRONI 500 g di marroni 50 g di burro 1/2 bicchiere di panna Sale Sgusciare i marroni e bollirli per 10 minuti, in maniera da togliere

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comodamente la seconda pelle. Passarli in altra acqua in bollore sino a cottura. Togliere l’acqua, aggiungere il burro e la panna, salare, e ri-mestare bene per ottenere una purea spumosa.

RAPE E PATATE ALLA CARSOLINA Rape Patate Grasso Farina Aglio Cumino Sale Pepe Preparare un soffritto con grasso e farina, aglio e cumino tritato. Aggiungere un peso eguale di rape e patate tagliate a cubetti; coprire d’acqua bollente. Pepe e sale. Lasciar sobbollire per 40 minuti. Eventualmente arricchire con qualche costicina di maiale o con salsicce varie, o con cotenne, codini od orecchie, cotti parzialmente a parte, tagliati a listarelle o pezzetti e versati poi sulle patate e rape già soffritte.

RAVUZZE AL LARDO 500 g di rapette con foglie 50 g di lardo macinato 40 g di pane grattugiato Sale Sbollentare le ravuzze per 6 minuti anche con le foglie; tritarle grossolanamente; rosolare il pane nel brodo e aggiungere le ravuzze tritate. Portare a cottura. Salare. Servire molto caldo.

VERZE RIPIENE 200 g di salsicce 50 g di pane imbevuto nel latte o nel brodo 10 toglie di verza

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50 g di burro Passato di pomodoro Farina Sale Scegliere delle belle foglie abbastanza grandi e possibilmente uguali. Sbollentarle in acqua salata finché si inteneriscano; levarle con delicatezza e lasciarle raffreddare; farcire le foglie con una farcia di salsicce e pane (o avanzi di carne preparati come per le polpette); arrotolare le foglie e saldarle con uno stecchino, oppure legarle con un filo. Sciogliere il burro in tegame e disporvi gli involtini infarinati; rosolarli da ogni parte e poi irrorarli con un po’ di passato di pomodoro; cuocere con coperchio per 15 minuti, a fuoco lento.

ZASTOCH Ingredienti per 4 persone: Zucca: 400 g, Fagioli: 400 g sgranati, Patate: 400 g, Cipolla: 1, Olio d’Oliva extravergine: 3 cucchiai, Sale: quanto basta Lavate i fagioli e fateli cuocere in una pentola con abbondante acqua fredda salata per circa un’ora e mezza; lavate le patate e lessatele in un’altra pentola con acqua fredda salata per circa 40 minuti, calcolando il tempo dall’inizio dell’ebollizione; cuocete la zucca in un’altra pentola ancora con acqua bollente salata per circa 20 minuti. Trascorsi i relativi tempi di cottura, scolate le verdure, poi sbucciate le patate e affettatele non troppo sottilmente, tagliate la zucca a dadini o a fette. Sbucciate la cipolla, tritatela e fatela soffriggere con l’olio in una casseruola su fuoco medio. Unite al soffritto di cipolla tutte le verdure lessate, regolate di sale, se necessario, e lasciate insaporire per circa 20 minuti, mescolando delicatamente con un cucchiaio di legno. Al termine, trasferite la preparazione nel piatto da portata e servitela calda in tavola.

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DOLCI

BISCOTTI DE FRIZE 400 g di ciccioli 500 g di farina 150 g di zucchero 2 uova Cannella Buccia di 2 limoni 6 chiodi di garofano pestati 2 bicchierini di rhum 4 cucchiaini rasi di lievito in polvere Strutto Tritare i ciccioli minutamente e impastarli con tutti gli altri ingredienti. Tirare una sfoglia alta Vi centimetro e tagliarla a quadratini di circa 5 centimetri di lato, che si disporranno! in una teglia unta di strutto, e dopo averli foracchiati regolarmente in superficie con una forchetta si passeranno al forno sino a quando abbiano raggiunto un bel color nocciola.

BUCHTEL 1 kg di fior di farina 6 uova 200 g di burro 1 cucchiaio di olio d’oliva 100 g di zucchero 50 g di lievito di birra Qualche cucchiaio di latte Rapatura di limone 1 bicchierino di rhum Marmellata di albicocche o altra a piacere

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Sale Sciogliere il lievito (di birra) con 1 cucchiaio di zucchero e 2 o 3 cucchiai di latte tiepido. Aggiungervi 2 o 3 cucchiai di farina; impastare in una scodella e poi lasciar lievitare in un luogo tiepido questa pastella che dovrà risultare morbida, quasi fluida. Il tempo per la lievitazione varia a seconda della temperatura: 30 minuti dovrebbero tuttavia essere sufficienti. Si passa allora la pasta lievitata in una terrina più grande aggiungendo la farina rimanente, le 6 uova, lo zucchero, 100 g di burro fuso, il sale, la rapatura di 1 limone ed il rhum. Lavorare delicatamente con il cucchiaio di legno, ottenendo un impasto liscio, omogeneo. Lasciar lievitare anche questo per circa 30 minuti, e poi stenderlo sulla spianatoia sino allo spessore di 1 centimetro. Tagliare dalla sfoglia dei quadrati di circa 5 centimetri di lato. Con un dito premere leggermente al centro e formare una piccola incavatura che si riempirà con un po’ di marmellata di albicocche, o di altro tipo. Con questo quadrato di pasta, riunendo gli spigoli formare una specie di pallina, che verrà poi passata al burro fuso e sistemata in una teglia. Pallina accanto a pallina. Lievitando le palline si toccheranno. Per questa operazione depositare la teglia in luogo tepido per ancora 30 minuti circa. Passare quindi la teglia in forno medio, per circa 45 minuti. Risulterà un blocco unico, ma a pezzi facilmente divisibili. Cospargere di zucchero e servire tiepido o freddo.

CHIFELETI Ingredienti: 1 Kg di patate, 120 gr di zucchero semolato, 200 gr di farina, 80 gr di burro fuso, 2 uova, zucchero a velo, cannella in polvere Lessare, sbucciare e passare le patate, aggiungervi lo zucchero semolato, la farina, il burro fuso 2 uova ed un pizzico di sale. Amalgamare bene e formare i chifeleti (mezzelune). Friggere in abbondante olio bollente. Scolare bene e servire spolverati con lo zucchero a velo e la cannella

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COLAZ PASQUALI (Ciambelline con uova) 1 kg di fior di farina 500 g di zucchero 150 g di burro 5 uova intere e 5 tuorli 1 cucchiaino di sale Battere le uova con lo zucchero, aggiungere il burro fuso, il sale sciolto in poca acqua tiepida, e poi tutta la farina. Impastare aggiungendo via via 10 mezzi gusci d’uovo di acqua fresca. Ottenere una pasta omogenea, e farne delle ciambelline con buco ben largo. Disporle su placca o su carta imburrata e cuocerle a fuoco moderato per 15 minuti. Eventualmente aromatizzare l’impasto con rapatura di limone, con anice, o con rhum. Antica leccornia conventuale, nel tempo pasquale.

CONSEGIMI 560 g di farina 150 g di burro 150 g di zucchero Vino bianco Preparare e lavorare una pasta frolla magra, né troppo dura, né troppo morbida; formare delle ciambelline e lasciarle riposare in luogo fresco per 12 ore; cuocere in forno su una placca unta di burro.

FRITOLE ISTRIANE 1/4 1 di vino bianco 100 g di zucchero 500 g di farina Lievito Spezie Rapatura di limone 2 bicchierini di maraschino Olio o strutto bollente Come le Fritole veneziane, ma senza uova, e sostituendo all’acqua del vino bianco secco e all’anice del maraschino. Abbondante poi l’aggiunta di spezie: cannella, noce moscata, garofano in polvere. Aroma di rapatura di limone. Far bollire 1/4 l di vino bianco con 100 g di zucchero, aggiungere poi 500 g di farina setacciata con la dose

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adeguata di lievito in polvere. Mescolare sino ad ottenere una pasta fluida, aggiungere allora le spezie, la rapatura di limone e 2 bicchierini di maraschino. Lasciar riposare per un paio d’ore e poi friggere in olio o strutto bollente. VARIANTE Lo stesso impasto di cui sopra, sostituendo il vino con latte, ed il maraschino con del rhum. Incorporare, una ad una, anche 3 o 4 uova, mescolando a lungo. Aggiungere alla fine 70 g di uvetta fatta rinvenire nel rhum.

(LA) GUBANA E LA PUTIZZA Di gubane ve ne sono almeno due tipi, l’uno, quello di Cividale, con pasta sfogliata, e l’altro, quello della Valle del Natisone con pasta lievitata. Questo secondo tipo è perfettamente eguale ad un tipico dolce triestino, la putizza, detto anche putitza. Diamo quindi una ricetta comune per i due ripieni che corrispondono esattamente, facendo poi seguire rispettivamente le dosi per la pasta sfogliata e per quella lievitata. IL RIPIENO 150 g di gherigli di noci 150 g di uva sultanina 150 g di zibibbo 70 g di pinoli 70 g di cioccolato fondente 70 g di burro 70 g di fichi secchi 50 g di prugne secche 70 g di cedro candito Rapatura di 1 bel limone e di 1 arancia 2 cucchiai di pane grattugiato (o biscotti, o focaccia rafferma, ridotti in polvere) Vino dolce passito q.b. 2 uova e 1 tuorlo Spezie a piacere

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Grappa a piacere Lavare i due tipi di uvetta e metterli a macerare per almeno 4 ore nel vino passito. Sbollentare i gherigli di noce, pelarli, asciugarli nel forno e poi tritarli insieme ai fichi, al cedro, alla polpa delle susine. Porre tutto in una terrina unendo l’uvetta, al trito precedente e ai pinoli; aggiungere la rapatura del limone e dell’arancia, il cioccolato ridotto in scagliettine. Soffriggere il pane grattugiato, o la polvere di biscotto, nel burro, incorporandolo al precedente impasto. Legare con le uova, prima i tuorli e poi gli albumi montati in fiocca. Nelle gubane alla vecchia maniera venivano aggiunti cannella, macis, garofano, noce moscata in polvere, mescolati a 1 cucchiaio di zucchero. Facoltativo anche l’aroma di grappa di vinaccia o di prugna. PASTA SFOGLIATA 500 g di fior di farina 400 g di burro 1 uovo 1 albume 1 bicchierino di grappa di vinaccia o di prugne 1 pizzicone di sale Ammorbidire il burro e impastarlo con il sale e la terza parte della farina. Con la rimanente farina, l’uovo, l’albume ed il bicchierino di grappa, preparare un impasto piuttosto sodo. Mettere i due panetti (quello col burro e l’altro senza) in luogo piuttosto fresco, e lasciarli riposare per circa 1 ora. Poi procedere alla preparazione della sfoglia tirando prima quella senza burro, racchiudendovi poi l’impasto col burro abbassato con le mani in tutta la parte centrale sulla quale verranno ripiegati i due lembi esterni della sfoglia. Tirare questa sfoglia e poi ripiegarla alla stessa maniera per tre volte, tirandola sempre. Lasciare un intervallo di 10 minuti, poi tirare la sfoglia, piegandola sempre allo stesso modo per altre tre volte. Dopo altri 10 minuti ripetere l’operazione per tre volte ancora. Lasciar riposare la pasta per 30

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minuti e poi stenderla allo spessore voluto, piuttosto sottile. Disporre su questa sfoglia l’impasto dolce già preparato, e arrotolarla formando un lungo biscione che verrà poi disposto a spirale entro una teglia imburrata. Pennellare allora la superficie con tuorlo d’uovo battuto con 1 cucchiaio di latte, cospargere di zucchero a granella e porre in forno moderato per circa 45 minuti. PASTA LIEVITATA 750 g di fior di farina 120 g di burro 150 g di zucchero 4 uova 30 g di lievito di birra Rapatura di 1 bel limone Pane grattugiato Latte q.b. Sale Sciogliere il lievito con 1 cucchiaio di zucchero e 2 o 3 cucchiai di latte tiepido. Aggiungere 3 cucchiai di farina. Impastare in una scodella e lasciar poi lievitare in luogo tiepido. Dopo 30 minuti di permanenza in luogo tiepido questa pasta sarà lievitata a sufficienza; le si aggiungerà allora tutto il resto, il burro fuso, le uova intere, lo zucchero e la rimanente farina, il sale e la rapatura di limone. Occorrendo aggiungere qualche altra cucchiaiata di latte. La pasta deve risultare abbastanza morbida. Porre la pasta in una terrina infarinata e lasciarla lievitare, sempre in luogo abbastanza tiepido. La lievitazione richiederà questa volta circa 90 minuti. Tirare allora questa sfoglia ad uno spessore di circa 1/2 centimetro, poco più poco meno, e stendere il ripieno già preparato sino a due dita dal brodo. Rotolando la pasta formare un gran biscione che verrà disposto sulla teglia o sulla placca imburrata e cosparsa di pane grattugiato, a spirale, come un gran chiocciolone. Lasciar lievitare ancora in luogo tiepido per circa 20 minuti, dorare la

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superficie con tuorlo d’uovo battuto con poco latte, cospargere di zucchero a granella e passare in forno già ben caldo per circa 40 minuti.

(IL) KOCH 100 g di burro 100 g di zucchero (più 2 cucchiai) 100 g di pane fine raffermo grattugiato 3 o 4 uova Aromi La cucina triestina come già si è detto fa un gran consumo di pane grattugiato, e il koch è certo la più raffinata fra le preparazioni con questo ingrediente, richiede tuttavia del pane grattugiato fine, ricavato non dal pan biscotto pestato al mortaio, ma da un pane raffermo di qualità fine, effettivamente grattugiato. Solo cosi si può ottenere la morbidezza che lo caratterizza. Si tratta in sostanza di una specie di soufflé, variamente aromatizzato con aggiunta di sugo e rapatura di bucce di frutta (limone e arancia) o con un giulebbe ristretto di frutta (ciliegie, albicocche, anche pesche), oppure con un trito di mandorle dolci o amare (sostituibili con amaretti pestati al mortaio). La dose comune a tutti i koch prevede in genere un eguale quantitativo di pane grattugiato, di burro e di zucchero. Si lavora a crema il burro con lo zucchero sino a che diventi bianco e spumoso, si aggiunge poi il pane grattugiato, quindi i tuorli d’uovo e l’additivo aromatizzante, mescolando sempre sino a formare una crema fluida, cui si aggiungeranno alla fine gli albumi montati a neve e qualche altro cucchiaio di zucchero. Si cuoce in forno moderato, come il soufflé, e come il soufflé, va servito immediatamente sul recipiente di cottura.

KOCH DI ALBICOCCHE O DI PESCHE Procedere come sopra aggiungendo 200 g di polpa di pesche o

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albicocche sbucciate, fatte cuocere in 1/2 bicchiere di vino bianco e la rapatura di 1/2 limone.

KOCH DI ARANCIA O LIMONE Aggiungere alla preparazione base il succo e la rapatura di 2 belle arance, oppure la rapatura di 2 limoni ed il succo di uno.

KOCH DI CILIEGIE Disossare 200 g di ciliegie (marasche o visciole) e cuocerle in 1 bicchiere di vino rosso, con 1 bicchierino di maraschino, un pezzetto di cannella e 4 chiodi di garofano. Lasciare che il sugo si addensi, e passare le ciliegie al setaccio ottenendo una specie di marmellata piuttosto densa. Tritare 50 g di mandorle dolci pelate, unirle al passato di ciliegie ed incorporare alla preparazione base. Procedere come già detto.

KOCH DI MANDORLE Aggiungere alla preparazione base 80 g di mandorle dolci e 20 g di mandorle amare pestate finemente nel mortaio. Mancando le mandorle amare rafforzare il sapore con qualche goccia di essenza di mandorle amare.

KOCH DI PATATE Sostituire al pane grattugiato della ricetta base un peso doppio di patate bollite, passate e fatte asciugare in un tegame. Aroma di rapatura di limone.

KRAPFEN 30 g di lievito 100 g di farina 1 dl di latte 50 g di zucchero (più 1 cucchiaio)

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1 uovo e 2 tuorli Rapatura di limone 200 g di farina 1 cucchiaio di rhum 70 g di burro 170 g di marmellata tiepida Olio Zucchero a velo In una terrina formare una pastella con il lievito, 1 cucchiaio di zucchero, 100 g di farina e un po’ di latte tiepido; lasciar lievitare in luogo caldo ricoperto da salvietta. Quando la pasta avrà raggiunto il doppio del suo volume incorporarvi dentro: l’uovo, un po’ di zucchero, 1 tuorlo, ancora un po’ di zucchero, la rapatura del limone, sale e ancora un po’ di farina, il rhum; intiepidire il burro e aggiungerlo per ultimo incorporandolo con delicatezza; il composto deve essere battuto finché sarà cremoso e formerà alla superficie delle bollicine; coprire il recipiente con una salvietta e tenere al caldo; quando anche questo impasto avrà raddoppiato il suo volume, lo si versa sulla spianatoia infarinata e si tira ad un dito di spessore senza infarinare la superficie; ritagliare dei tondini con tagliapasta e porre al centro una punta di marmellata, ricoprendo poi con un altro tondino non infarinato. Unire i tondini a due a due, sempre con la marmellata al centro; porre al caldo a lievitare ancora, ricoperti con una salvietta; far riscaldare in padella l’olio e calarvi i tondini, friggendoli lentamente con coperchio. Quando sono dorati da una parte si voltano dall’altra e si leva il coperchio. Badare che l’olio sia sempre a due dita di altezza e frigga in continuazione. In questo modo i krapfen risultano con un cerchio chiaro all’intorno. Farli sgocciare e sgrassare su carta assorbente e cospargerli di zucchero a velo.

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KUGELHUPF 500 g di farina 30 g di lievito 3 uova 100 g di burro 20 g di burro per lo stampo 60 g di uvetta passita Mandorle dolci pelate Qualche cucchiaio di latte Rapatura di limone Sale Allo stesso impasto del Buchtel (ma è consigliabile dimezzarne le dosi) si aggiungerà prima dell’ultima lievitatura dell’uvetta passita. Si imburrerà uno stampo abbastanza profondo, lo si cospargerà di pane grattugiato, si disporranno sul fondo delle mandorle dolci pelate, e vi si verserà la pasta che dovrà risultare abbastanza fluida. A tal fine aumentare di poco l’aggiunta di latte. Lasciar lievitare la pasta nello stampo, coprendola con un tovagliolo, e quando sia raddoppiata di volume (sarà stata naturalmente versata nello stampo sino a riempirlo solo per metà) passarla a forno moderato, per circa 1 ora.

PALATSCH1NKEN Per la pastella: 150 g di farina 2 uova e 1 tuorlo 1/4 1 di latte 50 g di burro fuso Poco sale Mescolare tutti gli ingredienti e preparare così una pastella che si lascerà riposare per 15 minuti. C’è chi sostituisce il latte con l’acqua di seltz. Friggere in padellina delle omelettine sottilissime e porle su un piatto pronte per l’uso.

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PALATSCHINKEN ALLA CREMA Far bollire per 10 minuti 1/2 1 di latte con il giallo di 1/2 limone e con 2 centimetri di cannella in canna. Lasciar freddare il latte e poi, con 100 g di zucchero, 90 g di farina e 3 tuorli, 4 g di sale, preparare una crema densa con la quale fornire le crepes, tipo omelettina arrotolata. Imburrare una pirofila, disporvi le omelettine, cospargerle di zucchero a granella. Farle gratinare in forno, cospargerle di rhum e servire.

PALATSCHINKEN ALLA MARMELLATA Farcire le omelettine con ogni specie di marmellata o con passati di frutta piuttosto rassodati: ciliegie, mele, pere, prugne, pesche, albicocche, lamponi e mirtilli.

PALATSCHINKEN ALL’ARANCIA Passare al burro le omelettine, spalmarle all’interno di marmellata d’arancia, piegarle in quattro, caramellarle di zucchero e cospargerle di succo o liquore d’arancia.

PALATSCHINKEN ALLE FRAGOLE Farcire con 100 g di fragole di bosco irrorate di succo di limone e fatte macerare in 100 g di marmellata di fragole.

PALATSCHINKEN ALLE NOCI Tritare 150 g di gherigli di noci e legarli con 50 g di zucchero e 50 g di burro montato a crema (o mascarpone). Con questa crema di noci si possono preparare le palatschinken sia a rotolini farciti, sia piegandole in quattro.

PERSEGHINI CIVIDALESI 1 kg di farina 500 g di burro

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200 g di zucchero 1 cucchiaino di sale 40 g di carbonato di ammonio Impastare la farina con il burro ammorbidito, lo zucchero, il sale e il carbonato di ammonio. La pasta deve risultare piuttosto morbida. Ridurre la pasta ad un lungo bigolo che verrà tagliato a pezzetti di 10 centimetri, con i quali si formeranno delle ciambelline che, deposte su una placca imburrata, verranno premute leggermente con la mano. Il buco centrale deve quasi sparire. Passarle in forno a fuoco moderatissimo sino a completa cottura : 15 minuti a fuoco acceso e 10 a fuoco spento. Se poi non fossero sufficientemente cotte, riaccendere il forno per qualche minuto.

POVESEN Pane raffermo Vino Zucchero Rapatura di limone Fior di farina Uova Olio Zucchero vanigliato Affettare dei filoncini di pane raffermo, ed immergere le fette, che saranno abbastanza spesse (circa 1 centimetro) nel vino abbondantemente zuccherato, in un unico strato. Cospargere le fette con rapatura di limone. Le fette devono essere inumidite di vino, ma non spappolate. Passarle al fior di farina, quindi all’uovo battuto, friggerle nell’olio bollente. Toglierle dal fritto e passarle su un foglio di carta assorbente. Servirle ancora calde cosparse di zucchero vanigliato.

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PRESNIZ Per la pasta: 400 g di fior di farina 120 g di burro 130 g di zucchero 3 uova 1 limone 1 bustina di lievito per 500 g Altro stretto parente dei dolci precedenti, e particolarmente della gubana di Cividale, con la quale viene a volte confuso. Il presniz di Castegnevizza, ad esempio, ha un ripieno pressoché eguale a quello della gubana, solo, e facoltativamente, i gherigli di noce possono venire in parte sostituiti da mandorle pelate e pestate al mortaio con dello zucchero vanigliato. La pasta invece non è sfogliata, ma una normale pastafrolla. Setacciare la farina con il lievito, aggiungere lo zucchero, le uova ed il burro fuso; per ultimo il succo e la rapatura del limone. Tirare la sfoglia abbastanza sottile e poi procedere come per la gubana. (Per questa dose di pasta, dimezzare le dosi del ripieno suggerito per la gubana precedente.) C’è chi prepara il presniz anche con la pasta dello strudel. Le dosi del ripieno sono variabili, con aggiunta di zucchero vanigliato, di pezzetti di biscotto imbevuti nel liquore, e con un maggior quantitativo di arancia e cedro candito. Si parte di solito da una crema di burro e zucchero montati, cui si aggiunge poi tutto il resto. Si nota, rispetto alle varie gubane e putizze una maggior proporzione, nel ripieno, anche di focaccia o biscotti sbriciolati, in sostituzione del pane grattugiato.

SCHNITTE Come per i Consegimi, sostituendo del latte, oppure della panna, al vino. Si prepara con la parte più ricca del latte affiorata alla superficie del bollitore. Una semplice leccornia per bambini.

STRUCCOLI ALLA CARSOLINA 350 g di farina 100 g di pane grattugiato 1 uovo e 1 albume

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70 g di burro 100 g di uva passa 100 g di noci pestate 50 g di pinoli 4 carrube grattugiate 100 g di burro Zucchero a piacere Cannella a piacere Sale Si prepara una sfoglia con la farina, 1 uovo e 3 cucchiai di acqua o più; lasciarla riposare, spianarla piuttosto sottilmente a forma di ellisse. Stenderla su un canovaccio infarinato. Cospargere sulla sfoglia: il pane grattugiato, il burro a fiocchetti, l’uva fatta rinvenire in poco vino bianco, le noci tritate, i pinoli e le carrube; inclinando il tovagliuolo arrotolare la sfoglia come uno struccolo. Far aderire i bordi della pasta con dell’albume. Cuocere avvolto in una garza, in acqua salata e bollente, nella pesciera, per circa 1 ora. Tagliare poi a fette larghe tre dita. Condire con il burro dorato e, secondo il gusto, con zucchero e cannella.

STRUDEL (Stuccolo o strugolo) 300 g di farina 50 g di burro fuso 1 uovo intero 20 g di zucchero Zucchero a velo Sale Mescolare la farina con il sale e lo zucchero, aggiungere l’uovo e il burro, allungando con qualche cucchiaio d’acqua tiepida sino ad ottenere un impasto morbido ed elastico. Lavorare quindi a lungo la pasta (non meno di 20 minuti) con la punta delle dita, sbattendola con una certa forza sul piano dove si lavora. Formare una palla e racchiuderla in un tovagliolo inumidito e chiudere il tutto in una pentola di coccio con coperchio, o in qualche cosa di equivalente. Si prepara quindi uno dei vari ripieni di cui si dà più avanti

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la ricetta e lo si lascia riposare per 30 minuti. Togliere quindi la pasta e tirarla con il mattarello sopra un grande foglio di pergamino cosparso di farina. Raggiunto un certo spessore, la sfoglia andrebbe tirata letteralmente a mano, con le dita infarinate, ungendo la sfoglia di burro fuso per renderla più elastica. Si può ottenere comunque una sfoglia sottilissima anche con il solo mattarello. Tagliare eventualmente il bordo se risultasse troppo grosso e servirsene per chiudere eventuali buchi. Disporre il ripieno sulla sfoglia e arrotolarla inclinando il pergamino, cercando di toccare il meno possibile la pasta con le mani. Formato il « serpentone », dargli una forma di mezzaluna con le corna che quasi si toccano, accomodandolo su una placca bene imburrata. Ungere il « serpentone » col burro fuso e cuocerlo nel forno (a 250°) per 30 o 35 minuti. Si serve freddo abbondantemente cosparso di zucchero a velo. A Trieste si sostituisce il burro della sfoglia, a volte, con olio, e c’è chi non aggiunge zucchero e chi forma la sfoglia solo con farina ed acqua.

STRUDEL DI ALBICOCCHE 750 g di albicocche a fettine 50 g di polvere di biscotto 50 g di pane grattugiato rosolato in 50 g di burro 100 g di zucchero 30 g di burro a fiocchetti Procedere come sopra.

STRUDEL DI CILIEGIE 1 kg e 1/2 di ciliegie nere snocciolate 70 g di polvere di biscotto 50 g di pane grattugiato rosolato in 60 g di burro 150 g di zucchero 1 pizzico di cannella e garofano 50 g di burro a fiocchetti

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Succo e rapatura di 1 limone Procedere come sopra.

STRUDEL DI MELE Ingredienti: 250 gr di farina, 65 gr di burro, 1 uovo, 2 Kg di mele, 150 gr di zucchero, 2 cucchiaini di cannella, 130 gr di uva passa, 1 limone, sale, altro burro e margarina per la cottura Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, versatevi al centro il burro fuso, un uovo sbattuto il sale ed un bicchiere d’acqua. Amalgamate il tutto fino ad ottenere una pasta liscia ed elastica. Lasciatela riposare per 20 minuti. Intanto preparate il ripieno. Sbucciate, lavate e tagliate sottilmente le mele, mescolatele con lo zucchero, la cannella, l’uva passa e la scorza grattugiata del limone. Stendete la pasta su un grande tovagliolo infarinato e fatene una sfoglia rettangolare sottilissima. Ricopritela per 3/4 con il ripieno, lasciando libero un bordo di c.a. 10 cm su tre lati, arrotolate in direzione del terzo lato libero. Premete le due estremità per far attaccare la pasta e posate lo strudel sulla piastra precedentemente unta di margarina. Spennellate abbondantemente con del b urro fuso la superficie e far cuocere per 30 minuti a 240°C

STRUDEL DI MELE 1 1 kg di mele ranette a fettine, 50 g di burro a pezzetti, 100 g di pane grattugiato rosolato in 60 g di burro, 150 g di zucchero, 60 g di uva passa, 30 g di pinoli, Un pizzico di cannella, Rapatura di 1 limone. Procedere al solito modo.

STRUDEL DI RICOTTA 80 g di burro 60 g di zucchero 2 uova 250 g di ricotta

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80 g di uva passa Rapatura di 1 limone Rhum Lavorare il burro con lo zucchero, aggiungere i tuorli e poi la ricotta, l’uvetta fatta rinvenire nel rhum, la rapatura del limone e per ultimo gli albumi in fiocca. Stendere questo composto sopra la pasta già confezionata e procedere al solito modo.

TORTA DE FRIZE 200 g di ciccioli 250 g di farina 150 g dì zucchero 1 uovo Cannella Rapatura di 1 limone 3 chiodi di garofano pestati 1 bicchierino di rhum 2 cucchiaini rasi di lievito in polvere Pane grattugiato Marmellata di prugne o di ciliegie Tritare i ciccioli minutamente e impastarli con tutti gli altri ingredienti. Imburrare una tortiera, cospargerla di pane grattugiato e mettervi dentro l’impasto. Cuocere per 45 minuti in forno medio. Volendo, cospargere di marmellata la superficie, procedendo come per una comune crostata. Preferibile marmellata di prugne o di ciliegie.

TORTA DE FRIZE GIALLA Come la ricetta precedente, sostituendo metà della farina con semolino di mais giallo. Con lo stesso impasto si possono preparare anche degli Zaleti cui si darà però la forma di una losanga leggermente rigonfia al centro.

TORTA DI LINZ 210 g di burro

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140 g di zucchero 5 tuorli 70 g di mandorle vestite e macinate Succo e buccia grattugiata di 1 limone Vaniglia 280 g di farina 100 g di marmellata Battere insieme burro e zucchero fino alla cremosità del composto; incorporarvi dentro un tuorlo alla volta e salare, mescolando continuamente per almeno 40 minuti; aggiungere: le mandorle, il limone, la vaniglia, e la farina setacciata un po’ alla volta. Imburrare e infarinare una tortiera e porvi dentro i 2/3 dell’impasto. La restante pasta va formata a bastoncini grossi come il mignolo i quali serviranno a formare la rete sopra la torta, il cui centro si riempirà di marmellata. Forno a calore allegro.

TORTA DI PATATE ALLA FURLANA Come per il Koch di patate, raddoppiando il quantitativo delle stesse, aggiungendo 1 cucchiaio di farina bianca, un pizzico di noce moscata, 100 g di uvetta fatta rinvenire in acqua tiepida e 70 g di pinoli. Si pone in uno stampo imburrato e cosparso di pane grattugiato si cuoce in forno per 45 minuti, e si serve capovolgendola dallo stampo e cospargendola di zucchero a velo.

TORTA PISCHINGER (Pasticciere di Vienna) 125 g di nocciole 125 g di burro 125 g di zucchero 2 tuorli 125 g di cioccolato 5 cialde da torta Sgusciare le nocciole e tostarle al forno caldo o in padella; spelarle e macinarle. Montare il burro a crema aggiungendo un po’ alla volta lo zucchero e i tuorli. Aggiungere il cioccolato grattugiato e le nocciole e mescolare finché il tutto è ridotto a un impasto cremoso. Spalmare

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questo impasto su 4 cialde e sovrapporle come una torta, la quinta serve da coperchio. Mettere sopra un peso e lasciarlo per qualche ora; poi si può spalmare con crema al cioccolato.

TORTA SACHER 50 g di cacao 100 g di mandorle vestite Latte 100 g di burro 9 tuorli 150 g di zucchero Qualche pezzetto di vaniglia 6 albumi montati a neve 50 g di farina 150 g di pane grattugiato Con il cacao e un po’ di latte fare una pastella densa; macinare le mandorle e pestarle nel mortaio con uno spruzzino di acqua. Il burro e lo zucchero si frullano assieme con i tuorli posti dentro uno alla volta e sempre mescolando ridurre l’impasto ad una crema leggera e spumosa; aggiungere poi delicatamente il cacao a pastella, le mandorle e poi gli albumi a neve, setacciando ogni tanto un po’ di farina e pane grattugiato, fino ad esaurimento. Imburrare bene una forma da dolci e versarvi l’impasto, che deve poggiare su un fondo di carta unta e deve essere cotto a forno moderato per 1 ora. Spalmare, il giorno dopo con marmellata di albicocca calda e ricoprire con crema al cioccolato.

LIQUORI E CONSERVE

CILIEGIE SOTTO SPIRITO 2 kg di ciliegie sode a polpa scura, 1 stecca di cannella, 10 chiodi di garofano, 1 pugnetto di chicchi di coriandolo, 1/2 kg di zucchero, 1/2 1 di alcool puro o 10,9 dl di grappa

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Scegliere 2 kg di ciliegie sode a polpa scura. Si pongono ad appassire leggermente, ma non direttamente al sole. Si taglia poi loro la metà del picciolo e si pongono in un vaso di vetro della capacità di 1 l. Far bollire in 2 dl di acqua 1 stecca di cannella, 10 chiodi di garofano e un pugnetto di chicchi di coriandolo, ben pesti, sino a quando il liquido si sia ridotto quasi alla metà. Con questa acqua aromatizzata e filtrata sciogliere a caldo 1/2 kg di zucchero. Quando bolle, schiumare e aggiungere, lontano dal fuoco, ½ 1 di alcool puro o 10,9 dl di grappa. Lasciar freddare e versare sopra le ciliegie. Chiudere i vasi e consumare dopo 2 mesi. Si potrà allora togliere la metà del liquido, diluirlo con uno sciroppo di zucchero e alcool nelle stesse proporzioni di quello precedente. Metà liquido delle ciliegie e metà sciroppo ed alcool. Si otterrà così un liquore da filtrare e da riporre in bottiglia. Eguale trattamento si potrà riservare alle albicocche mature e sode.

CURACAO Buccia di 3 arance, 1 l di alcool o grappa forte, 1.300 g di zucchero Dalla buccia di 3 arance tagliare soltanto il giallo e metterlo in infusione per 8 giorni in ½ 1 di alcool, o grappa a forte gradazione; aggiungere il rimanente 1/2 1 di alcool o grappa con 1.300 g di zucchero sciolto a freddo in 1 l di acqua. Colorare con 1 cucchiaio di zucchero caramellato e filtrare.

FICHI SCIROPPATI 2 kg di fichi maturi, Limoni o cedri, 1 kg di zucchero, 1 bicchierino di rhum o 1 stecca di vaniglia Pulire accuratamente 2 kg di fichi maturi, ma non troppo. Pungerli con uno stecchino, ed infilare in ogni fico come un mezzo fiammifero di buccia gialla di limone o di cedro. Calare poi delicatamente i fichi in uno sciroppo composto con 1 kg di zucchero e 3 dl d’acqua, fatta sobbollire con la buccia di 1 limone ed 1 bicchierino di rhum. Aggiungere il succo dei

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limoni o dei cedri dei quali s’è usata la buccia. Far sobbollire sino a quando la buccia dei fichi sia divenuta quasi trasparente. Lasciar freddare e passare quindi i fichi in vaso di vetro, immergendoli completamente nello sciroppo. Taluno sostituisce il rhum con 1 stecca di vaniglia.

GIULEBBE DI ROSE 250 g di rose, 500 g di zucchero, Succo di 1/2 limone Tagliare 250 g di rose in « julienne »; metterle in un vaso e mescolarle con 220 g di zucchero; irrorare con il succo di 1/2 limone. Fare bollire altri 250 g di zucchero con 1/4 1 di acqua. Aggiungere le rose e lasciar sobbollire il tutto a bagnomaria per 1 ora. Lasciar freddare, versare nei vasi e coprire con pergamino.

MARASCHE IN ACETO (Visciole) 1 kg di visciole, 1/2 kg di zucchero, Cannella, Garofano, Buccia di limone, Aceto bianco. Asciugare la frutta, una per una, con una salvietta e porne uno strato in un vaso di vetro; cospargere con abbondante zucchero. Seguitare a disporre uno strato di marasche e uno di zucchero finché siano esauriti gli ingredienti. Al di sopra deve esserci lo zucchero. Si adopera 1/2 kg di zucchero per ogni kg di marasche. Irrorare il tutto con del buon aceto bianco; tappare il vaso con carta comune ed esporlo al sole per 8 giorni; poi colare il succo e farlo bollire con cannella, garofano e buccia di limone; quando è freddo si getta nuovamente sulla frutta e si espone il vaso al sole per ancora 3 settimane.

MARASCHE SCIROPPATE (Visciole) 1 kg di visciole, 1/2 kg di zucchero Per 1 kg di marasche senza nocciolo si prende 1/2 kg di zucchero; far bollire lo zucchero con 1,5 dl di acqua finché fila; immergervi la frutta e bollire a fuoco lento finché il succo sarà divenuto quasi una gelatina; si

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lascia freddare per alcune ore; mettere il composto in un vaso di vetro e poi passarlo in un forno tiepido per qualche minuto, finché alla superficie si sarà formata una pellicola; far freddare nuovamente e tappare il vaso ermeticamente con carta pergamenata. Questo metodo serve per sciroppare qualsiasi sorta di frutta.

MARMELLATA DI PRUGNE SENZA ZUCCHERO (Powidl boemo) Snocciolare le prugne e metterne una parte in un pentolone largo; spappolarle e aggiungerne ancora via via che le prime sono ridotte in poltiglia; rimescolando sempre. Far sobbollire il tutto per 12 ore finché risulterà un composto denso. Questa marmellata, è assai delicata. In Cecoslovacchia ne consumano enormi quantità e viene cotta in grandissimi pentoloni all’aria aperta.

NOCINO GORIZIANO 25 noci verdi, 1 l di grappa, 250 g di zucchero, 1/2 limone, 50 g di cannella, 1 fiore di macis (foglia di noce moscata), 1 pizzico di semi di finocchio Una settimana prima di San Giovanni prendere 25 noci verdi e tagliarle per metà; porle in un vaso di vetro con 250 g di zucchero, 1 l di grappa, 1/2 limone, 50 g di cannella regina, e 1 fiore di macis (foglia di noce moscata), un pizzico di semi di finocchio. Si tappa il vaso con carta pergamenata nella quale si farà un forellino e si mette al sole per 30 o 40 giorni; quindi si filtra il liquore in bottiglie che si chiuderanno con cura.

PRUGNE IN SPIRITO 1 kg di prugne, 1/2 kg di zucchero, 1 bicchierino di alcool o grappa a piacere Con un ferro da calza pungere le prugne mature; 1/2 kg di zucchero per 1 kg di prugne. Porre in un vaso di vetro un primo strato di prugne e cospargerle di zucchero, poi altre prugne e altro zucchero fino ad esau-

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rimento del materiale. Finire con lo zucchero. Chiudere il vaso con carta pergamena e porlo al sole avendo cura di voltarlo spesso. Dopo alquanti giorni le prugne verranno alla superficie. Allora si ripongono in dispensa. Volendo, si migliora il composto aggiungendo 1 bicchierino di alcool o grappa prima di tappare il vaso.