responsabilità delle aziende

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© Kadir van Lohuizen Nigeria, 2008: gas in fiamme dopo una prospezione alla ricerca di petrolio nel Delta del Niger. L’industria petrolifera presente in questa regione ha provocato l’ulteriore impoverimento di molte persone. IMPRESE, DIRITTI UMANI E POVERTÀ DIRITTI UMANI=MENO POVERTÀ

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Le imprese possono essere complici, e talvolta direttamente responsabili, di diverse violazioni dei diritti umani. Mancano strumenti efficaci per chiamare le aziende a rispondere del loro operato o garantire riparazione alle vittime di abusi.

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Nigeria, 2008: gas in fiamme dopo una prospezionealla ricerca di petrolio nel Delta del Niger. L’industriapetrolifera presente in questa regione ha provocatol’ulteriore impoverimento di molte persone.

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DIRITTI UMANI=MENO POVERTÀ

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Quando in Guyana, nel 1995, si ruppe unadiga in una miniera d’oro gestita dalla OmaiGold Mines Ltd, uno dei maggiori fiumi delpaese fu contaminato e le comunità chevivevano lungo le sue rive ne risultaronogravemente colpite. Furono avviate varieazioni legali per ottenere risarcimenti, tra cuiuna causa in Québec, Canada, contro laCambior Inc., l’azionista di maggioranza dellaminiera. La causa fu respinta. E non ebberosuccesso nemmeno gli sforzi legali volti aottenere i risarcimenti in Guyana.

Le imprese hanno un enorme impatto suidiritti di persone e comunità. Spesso questoimpatto è positivo. Ad esempio, aziendeaffermate creano posti di lavoro e accresconole entrate dello stato, che possono essereimpiegate per finanziare servizi essenziali ealtre iniziative.

Ma vi sono anche alcune imprese checompromettono o violano i diritti umani, vuoiper scarsa lungimiranza e mancanza diadeguata pianificazione, vuoi in conseguenzadi azioni deliberate. Oltre a ciò, nella ricercadi risorse preziose, alcuni stati non rispettanol’obbligo di proteggere le persone dalleviolazioni dei diritti umani all’interno delproprio territorio, oppure possono essi stessiviolare i diritti umani. Le vittime hanno benpoche possibilità di ricorrere in giudizio perun risarcimento e i tentativi di otteneregiustizia possono essere resi vani dallacorruzione, dagli interessi personali odall’inefficacia dei sistemi giudiziari.

I mezzi di sostentamento delle comunitàvengono minacciati o distrutti e le personesono spinte sempre più a fondo nella povertà.

In Papua Nuova Guinea, per esempio, laminiera di rame Ok Tedi ha scaricato milionidi tonnellate di scorie di lavorazione chehanno contaminato l’ecosistema fluvialeprovocando vasti danni ambientali esconvolto l’esistenza delle comunità chevivevano lungo il fiume. La società all’epocaproprietaria di maggioranza della miniera,l’anglo-australiana BHP Billiton, nel 2002 hatrasferito la propria quota di partecipazione aun’altra impresa, con un accordo che laesentava dalla responsabilità legale per ildanno provocato.

Come nel caso della miniera Ok Tedi, moltevolte i progetti vengono intrapresi senzaun’idonea valutazione del potenziale impattosui diritti umani, incluso quello ambientale esociale. Le comunità possono essereallontanate con la forza dalle loro terre e imezzi di sussistenza tradizionali – e le vitestesse – possono essere distrutti o minacciatidalla contaminazione della terra edall’inquinamento delle risorse idriche.

Assai di frequente le comunità interessatenon vengono messe al corrente dell’impattodelle operazioni delle imprese e sono esclusedal prendere parte a decisioni che influisconosulle loro vite, esacerbando così l’insicurezzae la privazione. Quando si verificano violazionidei diritti umani, se le comunità si vedononegare l’accesso alla giustizia e i governi nonpossono o non vogliono chiamare le impresea rispondere delle proprie azioni, la situazionenon fa che peggiorare.

La conseguenza sono violazioni continue, checonsolidano ulteriormente il circolo viziosodella povertà e rinforzano gli ostacoli che le

LA GLOBALIZZAZIONE HA GENERATO POTERE E INFLUENZA SENZAPRECEDENTI PER LE IMPRESE, NONCHÉ POSTI DI LAVORO E PROFITTIPER MILIONI DI PERSONE. MA QUANDO LE ATTIVITÀ DELLE IMPRESEVIOLANO I DIRITTI UMANI E TRASCINANO LE PERSONE ANCORA PIÙ AFONDO NELLA POVERTÀ, SPESSO NON VI SONO STRUMENTI EFFICACIPER CHIAMARE LE AZIENDE A RISPONDERNE O PER GARANTIRE UNRISARCIMENTO A COLORO CHE NE SONO COLPITI.

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Nigeria, 2008: fiammate

di gas nel Delta del Niger.

Le comunità locali sono

seriamente preoccupate

per i possibili danni alla salute.

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Amnesty International Maggio 2009DIRITTI UMANI = MENO POVERTÀ

persone si trovano ad affrontare per goderedel diritto a servizi essenziali come l’istruzionee l’assistenza sanitaria e del diritto aprocurarsi i mezzi di sostentamento.

GLOBALIZZAZIONE: CHI VINCE ECHI PERDELe imprese hanno largamente beneficiatodella globalizzazione dell’economia. Laderegolamentazione del commercio,l’apertura dei mercati agli investimentistranieri e altre libertà commerciali promossedall’Organizzazione mondiale per ilcommercio, dalla Banca mondiale e da altriattori hanno accresciuto il potere el’influenza delle imprese. Ben poco si è fatto,al contrario, per creare una corrispondentenormativa vincolante per le imprese, così dagarantire che esse siano chiamate a rendereconto dell’impatto delle loro attività. Troppospesso, purtroppo, le violazioni dei dirittiumani che coinvolgono le imprese vengonoperpetrate con impunità e gli stati non sonoin grado o non vogliono impedire e punire taliazioni. La natura transnazionale di moltepotenti società e la complessità giuridico-legale delle loro operazioni sono fattori che

pesano in modo particolare sulla possibilitàdi chiamarle a rispondere del propriooperato.

Nei paesi in via di sviluppo, normative internedeboli e scarsamente osservate e privilegiaccordati alle imprese si combinano conl’assenza di meccanismi internazionali efficacidi accertamento delle responsabilità,provocando effetti devastanti. Sono spesso lepersone che vivono in povertà a pagare leconseguenze della cattiva condotta e degliabusi delle imprese.

Molti esperti economisti sostengono che unadiretta conseguenza della globalizzazione èstato l’affrancamento dalla povertà dicentinaia di migliaia, se non milioni, dipersone. Ma il reale impatto dellaglobalizzazione sulla riduzione della povertàrimane dubbio. Ben prima dell’attuale crisieconomica, vi erano evidenti sintomi

IL CASO: IL DISASTRO DI BHOPAL

Poco prima della mezzanotte del 2 dicembre1984, nella città indiana di Bhopal, circa mezzomilione di persone furono esposte agli effetti diun gas velenoso a causa della fuoriuscita dimigliaia di tonnellate di sostanze chimichetossiche dall’impianto per la produzione dipesticidi della Union Carbide.

Nel giro di pochi giorni morirono tra 7000 e10.000 persone. Almeno altre 15.000 morirononei vent’anni successivi per cause correlateall’incidente. Più di 100.000 persone furonocolpite da malattie croniche e debilitanti percui non esistono cure efficaci. Il disastro diBhopal impressionò il mondo intero e suscitògrandi interrogativi sulla responsabilità delleimprese. Ciò nondimeno, a distanza diventicinque anni e dopo che l’aziendainteressata è divenuta una società controllatadella Dow Chemical Company, moltisopravvissuti stanno ancora aspettando unrisarcimento adeguato. L’area di Bhopal non èmai stata bonificata del tutto. Tribunalistatunitensi e indiani non sono riusciti a faregiustizia e non è mai stata effettuata un’indagineesauriente e indipendente sull’incidente.

India, 2004: due ragazzi raccolgono acqua a Sunder Nagar,

Bhopal. Le autorità hanno fatto dipingere di rosso la

pompa per segnalare che il pozzo è stato contaminato dal

disastro di Bhopal.

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dell’approfondirsi delle disuguaglianze. Adesempio, il numero di persone affette dafame cronica è aumentato dal 1992 in poi.Alla fine del 2008 erano più di 963 milioni lepersone che ogni giorno pativano la fame.

Come l’attuale crisi economica mondiale haben messo in evidenza, i successi dellaglobalizzazione nello sradicamento dellapovertà si sono dimostrati fragili. La revisionedelle stime sulla povertà della Bancamondiale ha rivelato che nei paesi in via disviluppo 1,4 miliardi di persone (più di unasu quattro in tutto il pianeta) vivono conmeno di 1,25 dollari al giorno. Almenoulteriori 100 milioni di persone sonopiombate nella povertà a causa delle crisialimentari, energetiche e finanziarie del2008.

Alla luce della crisi economica mondiale, sipuò prevedere un ulteriore aumento dipovertà e fame in conseguenza dellariduzione delle esportazioni e delrallentamento degli investimenti diretti dicapitali stranieri provocati dalla contrazionedell’economia degli stessi paesi ricchi.

LA MALEDIZIONE DELLE RISORSENATURALIMolti dei paesi più poveri sono anche i piùricchi di risorse naturali. La Banca mondialeha classificato come “paesi poveri fortementeindebitati” 12 stati tra i più ricchi di mineralial mondo e sei stati tra i maggiori produttorimondiali di petrolio. Questi paesi sono traquelli che fanno registrare le peggioricondizioni di vita, salute e istruzione.

Deve essere possibile, come molte impresedel settore estrattivo sostengono, che gliinvestimenti per l’estrazione delle risorsenaturali diano un contributo significativoall’alleviamento della povertà e allo svilupposostenibile. Ma è innegabile che decenni diestrazione di risorse naturali e gli enormiprofitti che ne sono derivati, troppo spessohanno alimentato conflitti e violazioni deidiritti umani, accresciuto la povertà ecompromesso lo sviluppo sostenibile.

DIRITTI UMANI NEGATILe imprese possono essere complici, etalvolta direttamente responsabili, di varie

violazioni dei diritti umani. Se paragonato adaltre attività industriali, il settore estrattivo èquello in cui si registrano con maggiorefrequenza accuse di violazioni dei dirittiumani. Ciò non sorprende, consideratol’impatto che le operazioni minerarie hannosulla terra e sulle risorse idriche. Per farespazio alle attività estrattive, intere comunità

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Il territorio del Delta del Niger, in Nigeria, è ricco dienormi giacimenti di petrolio che hanno generato econtinuano a generare ricavi per miliardi di dollari.Eppure la maggior parte dei 30 milioni di abitantivive in stato di estrema povertà. Il contrasto tral’impoverimento del Delta e la ricchezza prodottadal suo petrolio è uno degli esempi più crudi einquietanti della “maledizione delle risorsenaturali”.

L’industria petrolifera nel Delta del Niger ha portatoben pochi benefici alla regione e ha ulteriormentetrascinato molte persone ancora più a fondo nellapovertà. Le diffuse violazioni dei diritti umanicollegate all’estrazione del petrolio hannocompromesso i tradizionali mezzi di sostentamento,inquinato l’ambiente, danneggiato la salute dellepersone e contribuito a scatenare conflitti.

Se gli attivisti delle comunità protestano vannoincontro alla violenza. Per esempio, nel maggio

1998 circa 120 giovani del gruppo etnico Ilajeoccuparono la piattaforma petrolifera di Parabedella società Chevron, chiedendo risarcimentieconomici e altre forme di indennizzo per i danniambientali alle riserve idriche e alle zone di pesca.La Chevron chiese l’aiuto delle forze di sicurezza e,tre giorni dopo l’inizio delle proteste, il capo delservizio di sicurezza della compagnia trasportò sulposto in elicottero agenti di polizia e militari dellaMarina. Le forze di sicurezza uccisero duemanifestanti, Aroleka Irowainu e Jola Ogungbeje, eferirono diverse altre persone.

Gli abitanti del Delta del Niger sono statisistematicamente tenuti all’oscuro sul modo in cuila ricerca e l’estrazione di petrolio avrebberoinfluenzato le loro vite. Le compagnie petroliferehanno compromesso i loro diritti umani e, poiché ilgoverno non le costringe a renderne conto, lecomunità locali si sono ripetutamente viste negarel’accesso alla giustizia.

IL CASO: PETROLIO, POVERTÀ E DIRITTI UMANI NEL DELTA DEL NIGER

“La causa di fondo delladifficile situazione odierna tramondo degli affari e dirittiumani sta nei vuoti digovernance creati dallaglobalizzazione… La nostrasfida fondamentale è trovare ilmodo per ridurre e colmare talivuoti rispetto ai diritti umani”.John Ruggie, Rappresentante speciale del Segretariogenerale delle Nazioni Unite per gli affari e i diritti umani,2008

Protesta indigena contro i danni ambientali

provocati dalla produzione di petrolio in

Ecuador. Sullo striscione è scritto: “Mai più

Texaco!”.

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possono essere trasferite con la forza.L’inquinamento o lo sfruttamento intensivodelle risorse idriche possono pregiudicarel’accesso all’acqua potabile. Operazioni disicurezza a protezione dei siti estrattivicondotte in modo vessatorio sono unproblema ricorrente, sovente in paesi o zonegià teatro di conflitti.

Intenzionalmente o per mancanza delladovuta diligenza, le società estrattive spessodividono le comunità e scatenanoantagonismi. L’arrivo di imprese con ampimezzi a disposizione che cercano diaccaparrarsi l’appoggio delle comunità localipuò accrescere violenza e conflitti sociali, inparticolare quando chi rimane escluso daibenefici dello sviluppo economico sente dinon essere stato trattato in modo equo.Anche la mancanza di trasparenza suimetodi con cui le società assegnano allecomunità contratti e pagamenti puòalimentare conflitti all’interno e tra lecomunità. Analogamente, anche le trattativecon i governi in merito a particolari progettiestrattivi spesso mancano di trasparenza. Èun fenomeno molto frequente anche la

mancanza di una consultazione adeguatadelle comunità.

Tra la conclamata retorica dell’impegno alla“partecipazione” e la realtà c’è un abisso,poiché spesso le società non mettono adisposizione delle comunità informazioni chele riguardano e, quando lo fanno, può nonessere altro che un mero esercizio direlazioni pubbliche. Inoltre, molte comunitàpovere possono ignorare che esistonoinformazioni disponibili o possono nonessere in grado di comprenderle.

PERICOLI DOPPI PER LE DONNE Per le donne, le conseguenze delle operazioniestrattive possono essere esclusione e abusi.Troppo spesso, quando le imprese cercano diinteragire con le comunità in merito alleoperazioni estrattive, le donne sono lasciatefuori dal processo. L’afflusso di manodoperalargamente maschile in piccole comunità puòavere conseguenze sociali che provocano, adesempio, aumento del consumo di sostanzestupefacenti, violenza sessuale, malattiesessualmente trasmissibili e altri problemi

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IL CASO: CAROTAGGI ILLEGALI INMESSICO

Nel marzo 1998, preoccupati per la diminuzionedelle riserve idriche, gli agricoltori della Sierrade Petatlán e Coyuca de Catalán, nello statomessicano di Guerrero, presentarono unadenuncia contro una società impegnata inindagini geologiche alla ricerca di risorse eavviarono una campagna per far cessare ilcarotaggio illegale.

I militari arrestarono e torturarono dueagricoltori, accusandoli di appartenere a ungruppo di guerriglieri. In seguito, i due uominifurono condannati con prove false per spaccio distupefacenti e detenzione di armi. Prima diessere rilasciati su ordine del presidente,rimasero in carcere per quattro anni.

Anche altri attivisti locali che avevanodenunciato l’impatto ambientale degli eccessivicarotaggi nella regione sono andati incontro arappresaglie e periodi di carcere, ma nessuno èmai stato chiamato a rispondere di tali violazionidei diritti umani.

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Canada, 2008: un pozzo di petrolio sovrasta una vecchia cabina di caccia dei Lubicon, ormai in disuso. Lo

sfruttamento su larga scala dei giacimenti di petrolio e gas ha distrutto il tradizionale modo di vivere dei Lubicon,

una popolazione indigena che vive nell’ovest del paese.

“È nell’interesse delle imprese chehanno una visione progressistalavorare con i governi, con leorganizzazioni non governative,con i sindacati e con altrecomponenti del mondo degli affariper ricondurre i diritti umani nellapratica comune degli affari”. Business Leaders Initiative on Human Rights

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IL PRINCIPIO DEL CONSENSOLIBERO, PREVENTIVO EINFORMATO

Il principio del consenso libero, preventivo einformato richiede la partecipazione dellepopolazioni indigene in tutte le fasi del processodecisionale, della progettazione, dell’attuazionee della valutazione di qualunque attività cheriguardi i loro diritti e interessi. Il loro consensodeve essere cercato e ottenuto senza ricorrere amezzi coercitivi.

Il processo per ottenere il consenso deveprevedere un periodo di tempo sufficiente perfare in modo che tutti gli interessati ne venganomessi a conoscenza, ricevano informazioni inmerito, ne discutano tutti gli aspetti eraggiungano un accordo. Tutte le informazionipertinenti devono essere messe a disposizionedella comunità. Il consenso deve esseremanifestato chiaramente, in conformità con lestrutture decisionali delle popolazioni indigenecoinvolte.

Il principio del consenso libero, preventivo einformato è enunciato dalla Convenzionedell’Organizzazione internazionale del lavorosulle popolazioni indigene e tribali nei paesiindipendenti e dalla Dichiarazione delleNazioni Unite sui diritti delle popolazioniindigene. Il principio è anche sviluppato indocumenti emessi dal Comitato delle NazioniUnite per l’eliminazione della discriminazionerazziale.

Papua Nuova Guinea, 2008: la miniera di rame Ok Tedi vicino a Tabubil. Milioni di tonnellate di scorie di lavorazione

sono state scaricate nell’ecosistema fluviale provocando un vasto danno ambientale.

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sanitari, che molte volte gravano in modoesorbitante sui servizi sanitari o socialiesistenti.

SENZA IL CONSENSO DELLE POPOLAZIONIINDIGENE Per le popolazioni indigene, l’impatto delleoperazioni estrattive e di altri progetti disviluppo può essere devastante. Quanto èaccaduto ai Lubicon nel Canada occidentaleè purtroppo assai diffuso. Il territoriotradizionale dei Lubicon è in un’area dellaprovincia di Alberta ricca di giacimenti dipetrolio e gas ed è stato protagonista di unostraordinario boom economico della regione.Quando, negli anni Settanta, è iniziata lacorsa al petrolio, i Lubicon vivevano quasiesclusivamente di agricoltura. La caccia conle trappole forniva un introito sufficiente e laforesta e l’ecosistema idrico provvedevano inpratica a tutti i bisogni dei Lubicon.L’estrazione su larga scala di petrolio e gassul loro territorio ha provocato una drasticariduzione della fauna e ha seriamentedanneggiato la caccia, la pesca e la raccoltadi cibo e piante medicinali.

Con il crollo dell’economia tradizionale, neiprimi quattro anni di sfruttamento petroliferodelle loro terre, la percentuale di famiglieLubicon il cui reddito principale provenivadai sussidi dell’assistenza sociale federale èsalita dal 10 al 90 per cento. Nel 2007, ilRelatore speciale delle Nazioni Unite perl’alloggio adeguato ha rilevato che i Lubicon“sono buttati fuori con la forza, le terrevengono loro tolte, l’area è sempre piùinquinata”.

POVERTÀ E PRIVATIZZAZIONIIn nome dell’efficienza economica, gli statihanno privatizzato molti servizi pubblici,compresi quelli essenziali per la realizzazionedei diritti umani, come il diritto all’istruzione,alla salute e all’acqua. Troppo spesso, ilprocesso di privatizzazione non è riuscito agarantire che questi servizi venissero forniti

senza discriminazione. Per esempio, nel2004 ActionAid ha scoperto che la gestioneprivata dell’acqua a Dar es Salaam, la capitaledella Tanzania, non forniva le comunità piùpovere e aveva determinato l’aumento deiprezzi nelle aree servite, senza uncorrispondente miglioramento della forniturao della qualità.

Oltre a ciò, gli stati hanno progressivamenteindebolito l’attività di vigilanza su tali servizi.La deregolamentazione fondata sullapremessa che sarebbero stati gli stessifornitori privati a vigilare ha creato un contestoche opprime coloro che sono già emarginati.Le comunità povere che vivono negliinsediamenti abitativi precari possono doverpagare prezzi più alti per avere acqua nonpotabile che deve essere trasportata con icamion, rispetto a quanto pagano le comunitàbenestanti per l’acqua potabile che ricevonodirettamente in casa dall’acquedotto.

Senza la prospettiva di un incentivo èimprobabile che le aziende, le quali lavoranoper il profitto, forniscano i propri servizi allecomunità a basso reddito. Quando lo fanno,possono adottare procedure eccessivamenteonerose, discriminatorie o rapaci versocomponenti di quelle comunità.

Quando gli stati privatizzano i servizi, nonpossono abdicare ai propri obblighi al rispetto,alla tutela e alla realizzazione dei diritti umani.Ogniqualvolta privatizzi l’acqua, la sicurezzao qualsiasi altra funzione pubblica, lo statodeve osservare scrupolosamente questiobblighi.

La privatizzazione non deve necessariamenteessere realizzata a spese dei diritti umani. Èsufficiente che ogni contratto di pubblicoservizio comprenda le necessarie tutele pergarantire che le aziende private opererannonell’ambito del diritto internazionale dei dirittiumani. Inoltre, le imprese che fornisconoservizi essenziali per la realizzazione dei dirittiumani devono essere sotto la strettasorveglianza degli stati, per garantire che non

attuino comportamenti discriminatori neiconfronti delle persone che sono meno ingrado di pagare per tali servizi. Soprattutto, icontratti di pubblico servizio non possonoessere una scappatoia per permettere aglistati di chiamarsi fuori dai propri obblighiverso i diritti umani.

ALLA RICERCA DELLA GIUSTIZIANel 2008 la Commissione per il rafforzamentodella capacità giuridica dei poveri delProgramma di sviluppo delle Nazioni Unite haconcluso che circa due terzi della popolazionemondiale non ha modo di accedere allagiustizia in maniera significativa. L’incapacitàdegli stati a costruire e a mantenere sistemigiuridici efficaci mina alla base la potestàdella legge e viola il diritto delle vittime delleviolazioni dei diritti umani a ottenere unrimedio efficace. Nel dicembre 2008,l’Assemblea generale delle Nazioni Unite haadottato il Protocollo opzionale al Pattointernazionale sui diritti economici, sociali eculturali. Il Protocollo rappresenta unimportante passo avanti perché stabilisce unmeccanismo internazionale che offre uncanale per un rimedio giuridico a coloro chenon sono in grado di ricorrere alla giustizia neipropri paesi.

UN FUTURO PROTETTOLa globalizzazione economica ha dato alleaziende l’opportunità senza precedenti dientrare in nuovi territori ed espandere ilproprio ambito oltre i confini nazionali.Tuttavia, il controllo sulle aziende, inclusequelle transnazionali, per garantire il rispettodei diritti umani non è riuscito a mantenere ilpasso. Le attività delle aziende devono essereregolamentate in modo efficace al fine diimpedire la ricerca del profitto a spese deidiritti umani.

Per essere efficace, tale regolamentazionedeve prevedere metodi adeguati d’indagine,sanzioni ed eque riparazioni del danno.

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Amnesty International è un’organizzazione non governativa fondata nel 1961, presente in oltre 150 paesi e ter-ritori con 2,2 milioni di soci e sostenitori (80.000 in Italia). Attraverso campagne globali e altre attività, AmnestyInternational si batte per un mondo in cui ogni persona goda di tutti i diritti umani sanciti dalla Dichiarazioneuniversale dei diritti umani e da altri standard internazionali sui diritti umani. Amnesty International è indipen-dente da governi, ideologie politiche, interessi economici o fedi religiose ed è finanziata essenzialmente daipropri soci e dalle donazioni del pubblico.

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ITÀ È NECESSARIO AGIRE IMMEDIATAMENTE!

• Porre fine all’impunità delle imprese e chiamarle a risponderedel proprio operato

Gli stati devono adottare strutture legali e politiche più forti a livellonazionale e internazionale per vincolare le imprese a rendere conto delleloro violazioni dei diritti umani. Queste misure devono includere controllipiù rigorosi, un’idonea regolamentazione delle operazioni delle aziende euna maggiore cooperazione internazionale tra gli stati per garantirel’accertamento delle responsabilità.

• Garantire l’accesso alla giustizia a tutte le persone i cui dirittisono stati violati dalle imprese

Le persone che subiscono violazioni dei diritti umani da parte delle impresedevono essere in grado di ricorrere alla giustizia e ottenere equa riparazione.Dove appropriato, devono poter ricorrere alla giustizia nello stato di originedell’azienda.

• Garantire che le comunità possano partecipare alle decisioniche influiscono sulle loro vite

Gli stati e le imprese devono garantire che le comunità e le personeinteressate dalle operazioni delle aziende abbiano pieno accesso alleinformazioni adeguate. Gli stati e le imprese devono mettere le comunitàe le singole persone in grado di partecipare ai processi decisionali in modosignificativo.

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