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REPUBBLICA ITALIANA La Corte dei conti in Sezione regionale di controllo per la Puglia composta dai seguenti magistrati: Presidente di Sezione Agostino Chiappiniello Consigliere Stefania Petrucci Consigliere Rossana Rummo Primo Referendario Rossana De Corato Relatore Primo Referendario Cosmo Sciancalepore Primo Referendario Carmelina Addesso Primo Referendario Michela Muti A seguito dell’adunanza pubblica del 23 marzo 2018 ha assunto la seguente deliberazione. Visti: - il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni; - la legge 21 marzo 1953, n. 161; - la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, e ss. mm. ii.; - la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante “Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti”; - il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL); - la legge 5 giugno 2003, n. 131; - la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 166 e seguenti; - il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149; DELIBERAZIONE N.95/2018/PRSP

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REPUBBLICA ITALIANA La

Corte dei conti

in

Sezione regionale di controllo per la Puglia

composta dai seguenti magistrati:

Presidente di Sezione Agostino Chiappiniello

Consigliere Stefania Petrucci

Consigliere Rossana Rummo

Primo Referendario Rossana De Corato Relatore

Primo Referendario Cosmo Sciancalepore

Primo Referendario Carmelina Addesso

Primo Referendario Michela Muti

A seguito dell’adunanza pubblica del 23 marzo 2018 ha assunto la seguente deliberazione.

Visti:

- il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n.

1214, e successive modificazioni;

- la legge 21 marzo 1953, n. 161;

- la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14 del 16 giugno 2000, che ha

approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, e

ss. mm. ii.;

- la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante “Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo

della Corte dei conti”;

- il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento

degli enti locali (TUEL);

- la legge 5 giugno 2003, n. 131;

- la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 166 e seguenti;

- il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149;

DELIBERAZIONE N.95/2018/PRSP

pag. 2

- il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, in legge 7 dicembre

2012, n. 213;

- le linee guida ed i relativi questionari per gli organi di revisione economico-finanziaria degli

enti locali, approvate in relazione ai Rendiconti della gestione 2012, 2013 e 2014 dalla Sezione

delle autonomie della Corte dei conti rispettivamente con deliberazioni n.

18/2013/SEZAUT/INPR in data 12 luglio 2013, n. 11/SEZAUT/2014/INPR in data 15 aprile 2014

e n. 13/SEZAUT/2015/INPR in data 9 marzo 2015;

- la nota istruttoria sui rendiconti 2012, 2013 e 2014 indirizzata alla Provincia ed all’Organo di

revisione della Provincia di Lecce, e le controdeduzioni depositate dall’ente a riscontro;

- le osservazioni conclusive del Magistrato relatore in data 15 gennaio 2018;

- l’ordinanza n. 7 del 15 gennaio 2018, con la quale il Presidente della Sezione ha convocato

l’adunanza pubblica in data 22 febbraio 2018, successivamente rinviata alla data del 23 marzo

2018 con ordinanza n. 25 del 16 febbraio 2018, per l’esame delle criticità evidenziate nelle

suddette osservazioni conclusive;

- le memorie presentate dalla provincia in data 2 febbraio 2018 in riscontro alle osservazioni

formulate dal magistrato istruttore e le successive integrazioni depositate in prossimità

dell’adunanza pubblica;

Udito il relatore Primo Ref. Rossana De Corato;

Uditi in rappresentanza della Provincia di Lecce il Presidente Antonio Gabellone, il Dirigente del

Settore economico – finanziario Pantaleo Isceri, e la dott.ssa Mariarita Nani, Posizione

organizzativa del settore economico – finanziario.

Ritenuto in

FATTO

Sono pervenute le relazioni dell’Organo di revisione della Provincia di Lecce (802.082 abitanti

alla data del 1/1/2017) sui rendiconti relativi agli esercizi 2012, 2013 e 2014 redatte ai sensi

dell’art. 1 comma 166 della L. n. 266/2005, in conformità alle linee guida approvate dalla

Sezione delle Autonomie della Corte dei conti con deliberazione n. 18/2013/AUT/INPR in data

12 luglio 2013, n. 11/SEZAUT/2014/INPR in data 15 aprile 2014 e n. 13/SEZAUT/2015/INPR

in data 9 marzo 2015.

Dall’esame dei questionari emergevano talune criticità, e con nota istruttoria del 21 ottobre

2016, indirizzata al Presidente della Provincia ed all’Organo di revisione, si chiedevano alcuni

chiarimenti in merito.

La Provincia di Lecce ha fornito riscontro con nota del 19 dicembre 2016.

Il Magistrato istruttore, non avendo ritenuto i suddetti chiarimenti idonei a superare tutti i rilievi

formulati, ha depositato le osservazioni finali, evidenziando i profili di criticità emergenti

dall’esame dei rendiconti 2012, 2013 e 2014 della Provincia di Lecce.

I rilievi formulati s’incentravano prevalentemente sulle seguenti criticità riguardanti:

- Flussi di cassa, anticipazione di tesoreria e vincoli di cassa;

- Gestione dei residui;

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- Debiti fuori bilancio;

- Servizi conto terzi;

- Tempestività dei pagamenti e violazione del parametro n. 2;

- Contratti di finanza derivata;

- Società partecipate;

- L’operazione di cartolarizzazione del patrimonio immobiliare mediante la costituzione della

Celestini s.r.l. –;

- Riaccertamento straordinario dei residui.

Nel corso dell’adunanza pubblica, dopo la relazione del Magistrato istruttore, i rappresentanti

dell’ente, riportandosi sostanzialmente a quanto dedotto nelle memorie scritte, hanno fornito

ulteriori chiarimenti su alcuni aspetti delle criticità rilevate.

Considerato in

DIRITTO

QUADRO NORMATIVO.

L’art. 1, c. 166, della legge n. 266/2005 stabilisce che “gli organi degli enti locali di revisione

economico-finanziaria trasmettono alle competenti Sezioni regionali di controllo della Corte dei

conti una relazione sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto

dell’esercizio medesimo”.

L’art. 148-bis del D.Lgs. n. 267/2000 (inserito dall’art. 3 del D.L. n. 174/2012) prevede che le

Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti

consuntivi degli enti locali ai sensi dell'art. 1, commi 166 e seguenti, della legge n. 266/2005,

per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno,

dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'art. 119 della Costituzione,

della sostenibilità dell'indebitamento e della assenza di irregolarità suscettibili di pregiudicare

gli equilibri economico-finanziari degli enti. Ai fini di tale verifica, le Sezioni regionali di controllo

della Corte dei conti accertano, altresì, che i rendiconti degli enti locali tengano conto anche

delle partecipazioni in società controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici

per la collettività locale e di servizi strumentali all’ente. Lo stesso art. 148-bis prevede, infine,

che l'accertamento, nell’ambito delle verifiche prima indicate, di squilibri economico-finanziari,

della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità

della gestione finanziaria o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità

interno comporta, per gli enti interessati, l'obbligo di adottare, entro 60 giorni dalla

comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a

rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio.

L’art. 6, c. 2, del D.Lgs. n. 149/2011 stabilisce che, qualora dalle pronunce delle Sezioni

regionali di controllo della Corte dei conti emergano comportamenti difformi dalla sana gestione

finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o

squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo

stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte, le necessarie misure

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correttive, la competente Sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al

Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. In tal caso,

ove sia accertato, entro 30 giorni dalla predetta trasmissione, da parte della competente

Sezione regionale della Corte dei conti, il perdurare dell'inadempimento da parte dell'ente locale

delle citate misure correttive e la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 244 del D.Lgs. n.

267/2000, il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli Consiglieri, un

termine non superiore a 20 giorni per la deliberazione del dissesto. Decorso infruttuosamente

il termine di cui al precedente periodo, il Prefetto nomina un commissario per la deliberazione

dello stato di dissesto e dà corso alla procedura per lo scioglimento del Consiglio dell'ente ai

sensi dell'art. 141 del D.Lgs. n. 267/2000.

Sia l’art.6 del D.Lgs. n. 149/2011 che l’art.3 del D.L. n. 174/2012 (inserendo l’art. 148-bis nel

D.Lgs. n. 267/2000), evidentemente, hanno sensibilmente rafforzato i controlli attribuiti alle

Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sui bilanci preventivi e sui rendiconti

consuntivi degli enti locali e hanno determinato il passaggio da un modello di controllo, di

carattere meramente “collaborativo”, privo di un effettivo apparato sanzionatorio e volto

semplicemente a stimolare processi di autocorrezione, ad un modello di controllo cogente,

dotato di efficacia inibitoria (il citato art. 148-bis prevede la preclusione della attuazione dei

programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della

relativa sostenibilità finanziaria) e idoneo a determinare, attraverso un preciso iter

procedimentale, in presenza dei relativi presupposti, il dissesto finanziario dell’ente (art. 6 del

D.Lgs. n. 149/2011).

Considerato che, anche dopo l’entrata in vigore della citata normativa, risulta tuttora in vigore

l’art. 7, c. 7, della legge n. 131/2003, qualora tutte o parte delle irregolarità esaminate non

siano così gravi da rendere necessaria l’adozione della deliberazione prevista dall’art. 148-bis

del D.Lgs. n. 267/2000 e/o l’avvio del procedimento di c.d. “dissesto guidato” disciplinato

dall’art. 6, c. 2, del D.Lgs. n. 149/2011, la natura attualmente anche collaborativa del controllo

svolto dalle Sezioni regionali della Corte dei conti non esclude la possibilità di segnalare agli

enti interessati irregolarità contabili non gravi o meri sintomi di precarietà. Ciò appare utile per

prevenire l’insorgenza di più gravi situazioni di deficitarietà o di squilibrio.

1.- Criticità nella gestione dei flussi di cassa, reiterato ricorso all’anticipazione di tesoreria e

sussistenza di vincoli di cassa

Nel corso dell’istruttoria, sono stati effettuati alcuni approfondimenti con riferimento alla

sussistenza di flussi di cassa negativi registrati negli esercizi finanziari 2013 e 2014, ed al

conseguente reiterato ricorso all’anticipazione di tesoreria.

Nelle suindicate annualità, la Provincia ha chiuso entrambi gli esercizi con un cospicuo scoperto

di tesoreria, rispettivamente di € 1.471.336,88 e di € 111.932,17, che ha comportato la

formazione di interessi passivi a carico dell’ente pari ad € 3.646,55 per il 2013 ed € 55.000,00

per il 2014. L’ente ha rappresentato (cfr. nota del 19 dicembre 2016) che al 31 dicembre 2013

pag. 5

poteva disporre di un saldo di cassa dell’importo di € 5.887.004,59, il quale, tuttavia, risultava

vincolato “…impropriamente…” dall’istituto tesoriere (Unicredit) per l’importo di € 5.599.998,00

“… in quanto rivenienti dalla vendita degli immobili alla Celestini…”; la residua somma di €

287.006,59 sarebbe, invece, riconducibile a pignoramenti disposti dal giudice ordinario nelle

more del riconoscimento e liquidazione del debito fuori bilancio da parte dell’ente debitore.

Inoltre, ha spiegato l’ente, la suddetta procedura prevede che solo successivamente al

pagamento del debito il giudice rilascia una liberatoria.

Con riferimento ai vincoli apposti dal Tesoriere in esecuzione di provvedimenti giudiziali

esecutivi (pignoramenti ed assegnazioni ecc.), la Provincia di Lecce ha chiarito che, in alcuni

casi, il mantenimento degli stessi da parte della banca avviene nonostante il Giudice

dell’esecuzione abbia già proceduto allo svincolo totale o parziale delle somme pignorate,

costringendo, quindi, l’ente ad inviare formale atto di diffida o diffida stragiudiziale per ottenere,

in ogni caso tardivamente, la disponibilità effettiva della liquidità.

A dimostrazione di quanto asserito, l’ente ha allegato un “Atto di diffida stragiudiziale”,

notificato ad Unicredit in data 20 febbraio 2015. Per rimediare a tale grave disservizio, la

Provincia ha dichiarato di aver attivato l’Ufficio legale e l’Ufficio contabilità per garantire un

miglioramento del flusso informativo con il Tesoriere “…affinché i suddetti svincoli avvengano

con cadenza al massimo trimestrale…”.

Per quel che concerne gli ulteriori chiarimenti richiesti in merito alla natura del vincolo

“…impropriamente…” apposto (dalla Banca), ed al titolo giuridico giustificativo dello stesso

vantato dal Tesoriere sull’importo di € 5.599.998,00 (corrispondente ad una quota del prezzo

versato dalla società partecipata Celestini alla Provincia per l’acquisto degli immobili), l’ente si

è limitato a trasmettere la documentazione bancaria attestante la situazione di cassa -

aggiornata al 31 dicembre 2013 ed al 31 dicembre 2014 - dalla quale risulta la sussistenza del

suddetto vincolo, e quella relativa al 31 dicembre 2015, dove lo stesso risulta cancellato.

Inoltre, ha inviato una lettera in data 24 ottobre 2014, a firma del Presidente della Provincia,

ad oggetto: “Svincolo totale del Sottoconto di Tesoreria “Incassi 2011 Celestini S.r.l”, nella

quale viene testualmente riportato quanto segue: “…Facendo seguito a quanto concordato nella

riunione tenutasi in data odierna in mia presenza (…) con l’amministratore della Celestini S.r.l.

(…) ed i Sigg. (…) dirigenti di Unicredit S.p.A si chiede lo svincolo totale del sottoconto di

Tesoreria in oggetto…” .

Preso atto che l’ente non ha fornito i chiarimenti richiesti in sede di deferimento all’odierna

adunanza pubblica, e considerato che le problematiche giuridico-contabili riguardanti

l’operazione di cartolarizzazione posta in essere dalla Provincia, mediante la costituzione della

“Celestini S.r.l.”, saranno oggetto di trattazione in prosieguo, il Collegio rinvia, al successivo

punto 8.3, l’approfondimento della suindicata criticità.

Al 31 dicembre 2014, la Provincia di Lecce, pur disponendo di una cassa pari ad € 380.034,67,

non è stata in grado di restituire la liquidità derivante dall’anticipazione di tesoreria in quanto

tale somma è stata considerata dal Tesoriere “…non (...) disponibile in quanto (…) importo

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pignorato…”. L’integrale restituzione dell’importo relativo allo scoperto di tesoreria è stato

effettuato nei primi giorni del 2015, in occasione dell’attivazione nell’anticipazione per

l’esercizio successivo. A tal proposito l’ente ha rappresentato che nel 2015 la liquidità derivante

dall’anticipazione di tesoreria è stata integralmente restituita a fine anno, mentre negli esercizi

2016 e 2017 non è stata attivata.

Per quel che concerne la gestione delle somme vincolate incassate, con particolare riferimento

alla loro contabilizzazione, l’ente ha chiarito che nel corso del triennio 2012 - 2014 non è stato

adottato un sistema puntuale di contabilizzazione degli incassi vincolati. Successivamente con

la determinazione n. 824 del 18 maggio 2015, adottata ai sensi del punto 10, allegato 4/2 del

D.Lgs n. 118/2011, si è dato atto dell’assenza, al 1° gennaio 2015, di somme giacenti presso

la tesoreria provinciale aventi natura di entrate a destinazione vincolata per legge, ovvero

derivanti da trasferimenti o prestiti.

In sede di deferimento all’odierna adunanza pubblica, sono state espresse alcune perplessità

in ordine alla determinazione della giacenza vincolata. La Provincia di Lecce nelle memorie

depositate in data 2 febbraio 2018, ha illustrato dettagliatamente il procedimento utilizzato

dall’ufficio competente nella fase di incasso e contabilizzazione delle entrate vincolate,

precisando che il sistema informatico, attraverso il quale sono gestiti i suddetti dati, garantisce

il collegamento tra entrate (incassi) e spese (pagamenti) in relazione a ciascuna tipologia di

finanziamento.

Osserva il Collegio, che la crisi di liquidità che ha interessato la provincia, praticamente senza

soluzione di continuità, nel periodo 2013 - 2015, ha conseguentemente determinato, per un

verso, la necessità di ricorrere reiteratamente all’anticipazione di tesoreria, palesando

l’evidente incapacità nel fronteggiare le spese correnti con risorse proprie, e per l’altro, ha

contribuito a gravare il bilancio con oneri ulteriori derivanti dagli interessi pagati sulle somme

anticipate dal tesoriere.

Si evidenzia, in generale, che l’esame della situazione di cassa costituisce certamente lo

strumento più attendibile ed immediato per accertare il reale stato di salute delle finanze di un

ente. In via esemplificativa, il costante ricorso all’anticipazione di tesoreria (art. 222 del D.Lgs.

n. 267/2000), la non completa restituzione al termine dell’esercizio finanziario

dell’anticipazione di tesoreria ricevuta, oppure l’incapacità di fare fronte ai debiti certi, liquidi

ed esigibili nei tempi e con le modalità stabilite dalla legge sono indicative, anche

singolarmente, della sussistenza di serie difficoltà economico-finanziarie.

L’art. 222 del D.Lgs n. 267/2000 e l’art. 3, comma 17, della legge 350/2003 consentono il

ricorso all’anticipazione di tesoreria, che è una forma di contrazione di debito a breve termine

sottratta ai limiti di destinazione alle spese di investimento posti dall’art. 119, u.c. della

Costituzione, per “superare una momentanea carenza di liquidità” e finalizzato a fronteggiare

momentanee ed improrogabili esigenze di cassa derivanti dallo sfasamento cronologico che può

verificarsi tra pagamenti e riscossioni. I dati già evidenziati escludono, tuttavia, la natura

transitoria dello squilibrio in cui versa l’ente; invero, la Provincia di Lecce ha utilizzato nel 2014

pag. 7

l’anticipazione di tesoreria per n. 282 giorni, rischiando di trasformare tale istituto da strumento

di correzione degli squilibri temporali dei flussi di cassa in una forma d’indebitamento vero e

proprio, gestito in alternativa al debito commerciale.

Tale operazione, quando si verifica senza soluzione di continuità, costituisce comportamento

difforme da una sana e prudente gestione finanziaria e, per l’assenza del presupposto della

temporaneità del deficit di cassa, potrebbe integrare una violazione della regola aurea di

destinazione dell’indebitamento alle spese d’investimento.

Il ricorso all’anticipazione di tesoreria può essere riconducibile, sotto il profilo finanziario, sia

ad una gestione non corretta dei residui (attivi e passivi), che all’incapacità di attuare

un’adeguata politica di programmazione della spesa e delle entrate.

Tuttavia, nel caso specifico della Provincia di Lecce, in disparte la presenza delle suindicate

criticità che hanno comportato il ricorso all’anticipazione di tesoreria, si è verificata anche

l’impossibilità de facto di poter disporre della liquidità presente nella cassa al termine degli

esercizi finanziari 2013 e 2014, per la restituzione di tutta l’anticipazione ricevuta,

determinando l’ulteriore elemento di criticità rappresentato dallo scoperto di tesoreria, con

conseguente aumento dell’entità degli interessi passivi dovuti all’istituto tesoriere.

Invero, il vincolo d’indisponibilità apposto dall’Unicredit S.p.A. sulle somme incassate dalla

provincia come corrispettivo dell’alienazione degli immobili nei confronti della partecipata

“Celestini s.r.l.”, sembrerebbe dimostrare, per un verso, che l’operazione finanziaria posta in

essere con la Celestini s.r.l. si presentava discutibile e problematica e, per l’altro, che gli effetti

dell’operazione di che trattasi coinvolgevano direttamente l’ente alienante, tanto da comportare

- così come nell’ipotesi suindicata - delle immediate ricadute negative sul bilancio della

provincia (cfr. successivo punto 8.3).

2. Gestione dei residui

Nel corso dell’istruttoria, e con particolare riferimento al rendiconto 2014, è stato chiesto

all’ente di indicare la natura dei “minori residui attivi riaccertati” pari complessivamente ad €

57.545.215,85 (tab. 1.8) specificando, altresì, per ciascuna voce di bilancio, l’importo e l’anno

di provenienza del residuo. Analoga istanza è stata formulata in relazione ai minori residui

passivi riaccertati.

L’ente con nota di risposta in data 19 dicembre 2016, non ha fornito tutte le informazioni

richieste, ma si è limitato a trasmettere un elenco di residui in cui sono indicati l’anno d’impegno

o di accertamento ed i relativi importi.

Nelle controdeduzioni depositate in data 2 febbraio 2018, la provincia ha completato i suddetti

dati ed ha, almeno in parte, chiarito le motivazioni che l’hanno indotta ad effettuare la

cancellazione dei residui attivi. Inoltre, con riferimento ad alcuni residui attivi conservati (per

es. crediti IVA – anni d’imposta 2001/2009, crediti con la concessionaria SERFIN, crediti nei

confronti della società ALBA service ecc.) l’ente ha rappresentato che si tratta di situazioni

peculiari, costantemente attenzionate e per le quali, ove ritenuto necessario, si è provveduto

pag. 8

a svalutare il relativo credito.

In considerazione di quanto suesposto, il Collegio, pur riservandosi di verificare il trend di

cancellazione o realizzazione dei suddetti residui attivi in sede di controllo sui rendiconti 2015,

2016 e 2017, ritiene superato il rilievo e sollecita la Provincia di Lecce a continuare l’attività di

monitoraggio al fine di verificare il permanere delle ragioni del mantenimento degli stessi in

bilancio.

3. Debiti fuori bilancio (rendiconto 2012-2013-2014) e mancato accantonamento del fondo

rischi e contenzioso

Nell’esercizio finanziario 2012, tra gli altri, la provincia ha riconosciuto il debito fuori bilancio

pari di € 2.739.712,84 (cfr. Deliberazione C.P. n. 39 del 25.05.2012) relativo alla

ricapitalizzazione della Società SPT di Terra di Otranto (in perdita dal 2003 al 2011). La verifica

della documentazione trasmessa ha evidenziato la sussistenza di informazioni non coincidenti

tra quanto riportato nella suddetta deliberazione ed il questionario compilato per la Sezione

Autonomie “Debiti fuori bilancio e disavanzi – Esercizio 2012”.

Infatti, mentre il provvedimento consiliare riportava nel dispositivo che l’ente aveva

programmato il ripiano del debito de quo in due anni 2012-2013, e previsto la copertura

finanziaria nei rispettivi bilanci con l’utilizzo di risorse proprie di parte corrente pari ad €

1.600.000,00 (per l’esercizio 2012) e mediante l’alienazione di beni patrimoniali di €

1.139.712,84 (per l’esercizio 2013), nel suindicato questionario, invece, s’indicava l’integrale

copertura finanziaria della spesa con l’utilizzo di risorse proprie di parte corrente imputate nel

bilancio 2012.

A fronte delle integrazioni istruttorie formulate in occasione del deferimento all’odierna

adunanza pubblica (per es. documentazione relativa all’avvenuto trasferimento della somma

alla Società STP di Terra di Otranto, all’alienazione del bene, richiesta di giustificare l’utilizzo di

risorse derivanti da alienazione di beni immobili per il finanziamento di spese correnti ecc.), la

Provincia di Lecce ha chiarito che, in sede di manovra di assestamento (cfr. Deliberazione C.P.

n. 89 del 28.11.2012), ha approvato una variazione di bilancio con la quale ha fornito copertura

integrale alla suddetta debitoria, utilizzando esclusivamente risorse correnti ed anticipando,

quindi, anche il finanziamento della quota inizialmente prevista per il 2013.

Pertanto, l’informazione fornita nel questionario inviato alla Sezione Autonomie risulta corretta.

La Provincia di Lecce ha riconosciuto debiti fuori bilancio anche nel corso degli esercizi finanziari

2013 e 2014, rispettivamente pari ad € 1.724.555,04 ed € 748.556,93.

Alcune criticità sono state rilevate con riferimento alla suddetta debitoria; in particolare, si è

constatato che per alcune partite debitorie la provincia sembrava aver posticipato il

riconoscimento ed il conseguente impegno di spesa, all’esercizio finanziario successivo rispetto

a quello in cui ha avuto effettiva conoscenza del debito medesimo; pertanto, sono stati

effettuati ulteriori approfondimenti in merito.

L’ente ha rappresentato che, normalmente, l’ufficio finanziario provvede a “bloccare”, mediante

pag. 9

prenotazione/impegno di spesa, le somme che saranno oggetto di riconoscimento

successivamente alla notifica delle sentenze; tuttavia, l’iter di riconoscimento del debito ha

determinato, in taluni casi, un prolungarsi dei tempi di conclusione della procedura medesima.

Considerato che una parte cospicua della debitoria fuori bilancio maturata nei suddetti esercizi

finanziari, è riconducibile alla sussistenza di contenziosi in corso, è stato chiesto di fornire tutte

le informazioni in ordine all’andamento degli stessi, nonché di “…conoscere se l’ente ha

effettuato, alla luce della nuova normativa contabile, una ricognizione del contenzioso pendente

e se la stessa è stata seguita dal calcolo del Fondo rischio contenzioso da accantonare nel

risultato di amministrazione…(cfr. Osservazioni del magistrato istruttore in data 12 gennaio

2018). A tal proposito, si è chiesto di comunicare l’entità del suddetto fondo all’1.1.2015, in

caso di determinazione in sede di riaccertamento straordinario dei residui; ovvero, in mancanza

di fornire i necessari chiarimenti.

La Provincia di Lecce ha riferito che la situazione di <<…crisi che ha investito le Province in

generale e in particolar modo quella di Lecce (…) non ha consentito un accantonamento di un

“Fondo rischi contenzioso” come previsto dai nuovi principi dell’armonizzazione. Tuttavia tra le

poste accantonate vi è lo stanziamento di € 3.000.000,00 originariamente destinato alla

copertura delle perdite conseguite dalla società Alba Service che, essendo stata posta in

liquidazione, potrebbe essere liberato a sensi dell’art. 21 comma 1 del D.Lgs 275/2016 (Nuovo

Testo unico sulle società Partecipate)…>>.

Su quest’ultimo punto, osserva il Collegio che la risposta fornita dall’ente risulta carente in

quanto, per un verso, non ha chiarito in quale esercizio finanziario risulta il suindicato

“stanziamento di € 3.000.000,00”, e per l’altro, non ha specificato se si tratta di un mero

stanziamento, oppure di un vero e proprio accantonamento nel risultato di amministrazione,

così come prevede la vigente normativa.

Pur prendendo atto di quanto riferito dall’ente in merito alle problematiche riguardanti il

riconoscimento di debiti fuori bilancio, il Collegio non può esimersi dall’evidenziare che la

sussistenza di una cospicua debitoria fuori bilancio, rilevata, senza soluzione di continuità nel

triennio 2012 – 2014, costituisce una grave criticità per il mantenimento degli equilibri di

bilancio.

La formazione di debiti fuori bilancio è indice della difficoltà dell’Ente di governare

correttamente i procedimenti di spesa attraverso il rispetto delle norme previste dal TUEL.

L’esatta individuazione e quantificazione dei debiti fuori bilancio nel corso dell’esercizio

finanziario costituisce, pertanto, un preciso dovere del consiglio provinciale, quale organo

investito dal legislatore dell’obbligo di dare atto del permanere degli equilibri di bilancio e di

verificare, contestualmente, se l’eventuale sussistenza di debiti fuori bilancio possa, in qualche

modo, incidere negativamente sulla situazione finanziaria complessiva dell’ente o alterare i

risultati di competenza.

Osserva il Collegio che il fenomeno dei debiti fuori bilancio, soprattutto se reiterato in più

esercizi finanziari, crea possibili rischi per gli equilibri di bilancio; infatti, tra i parametri obiettivi

pag. 10

dei comuni ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, è

previsto il parametro n. 8, che misura la consistenza di tale debitoria in rapporto con i valori di

accertamento delle entrate correnti. Il debito fuori bilancio rappresenta un’obbligazione verso

terzi per il pagamento di una determinata somma di denaro, assunta in violazione delle norme

giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa degli enti locali. L’art.194 del D.Lgs. n.

267/2000 individua, in modo tassativo, l’ambito e le procedure per riconoscere la legittimità

dei debiti fuori bilancio.

In applicazione dei principi di veridicità, trasparenza ed equilibrio di bilancio, l’ente, senza

attendere l’adempimento annuale previsto dall’art. 193 del D.Lgs. 267/2000, ha l’obbligo di

adottare tempestivamente i provvedimenti di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, onde

evitare la formazione di oneri aggiuntivi che potrebbero determinare danno erariale.

L’ente deve, quindi, provvedere immediatamente al finanziamento del debito riconosciuto ed

al relativo pagamento (anche con rateizzazione triennale in presenza dei requisiti di legge

richiesti).

Per il finanziamento di tali spese, il legislatore pone precisi limiti (art.193 e 194 del D.Lgs. n.

267/2000). Al riguardo, evidenzia il Collegio che secondo il Principio contabile n. 2 (nella

formulazione all’epoca vigente): “…i principi generali dell’ordinamento richiedono agli

amministratori e ai funzionari degli enti locali sia di evidenziare con tempestività le passività

insorte che determinano debiti fuori bilancio, sia di adottare tempestivamente e

contestualmente gli atti necessari a riportare in equilibrio la gestione modificando, se

necessario, le priorità in ordine alle spese già deliberate per assicurare la copertura di debiti

fuori bilancio insorti…” (punto n. 94).

Quando il fenomeno assume dimensioni rilevanti e reiterate in più esercizi finanziari, è

presumibile che gran parte dei debiti fuori bilancio sia riconducibile alla incapacità di porre in

essere una corretta politica di programmazione e gestione finanziaria delle risorse e delle spese,

alla possibile sottostima degli stanziamenti di bilancio rispetto alle effettive necessità di spesa,

ovvero al fine di garantire i vincoli del pareggio e degli equilibri interni.

Si rammenta che il principio contabile n. 3 punto 65 (all’epoca vigente) stabiliva che l’ente

“…identifica e valuta eventuali passività potenziali al fine di predisporre adeguati

accantonamenti che permettano la copertura dei futuri debiti o di dare adeguata

informazione…”.

I successivi punti 66 e 67 prevedevano: “…le passività potenziali unitamente alle attività

potenziali devono essere indicate nella relazione illustrativa distinte in eventi probabili, possibili

e remoti (…) l’avanzo di amministrazione non vincolato è opportuno sia utilizzato secondo le

seguenti priorità: a. per finanziamento debiti fuori bilancio; b. al riequilibrio della gestione

corrente; c. per accantonamenti per passività potenziali; d. al finanziamento di maggiori spese

del titolo II e/o estinzione anticipata di prestiti…”.

Pertanto, alla luce della situazione di debitoria che ha investito la Provincia di Lecce nelle

annualità considerate, è evidente che solo l’adeguato accantonamento (nel risultato di

pag. 11

amministrazione) di un fondo rischi contenzioso, avrebbe potuto garantire una migliore

sostenibilità delle spese e maggiore attendibilità del bilancio dell’ente, evidenziando, tra l’altro,

una condotta prudente ed attenta alle esigenze di sana gestione finanziaria.

Si rammenta che l’onere di accantonamento di un fondo per le passività potenziali a fronte di

contenzioso pendente, è stato oggetto di una pronuncia della Sezione delle Autonomie (cfr.

Deliberazione. 3/SEZAUT/2016/QMIG). La Sezione romana, infatti, nell’affrontare la questione

relativa alle modalità di accantonamento del fondo contenzioso nel risultato di amministrazione,

alla luce delle operazioni di cui all’art. 3, comma 7, lett. e), del D.Lgs. n. 118 del 2011, ha

ritenuto corretta l’interpretazione secondo la quale il “fondo spese legali” debba essere

determinato nel primo esercizio del bilancio di previsione, o in quote uguali tra gli esercizi del

bilancio finanziario, sia per il contenzioso sorto nell’anno precedente e nell’anno in corso (2014

e 2015), sia per il contenzioso formatosi negli esercizi precedenti (2013 e anteriori).

Invero, sotto il profilo esegetico si è ritenuto che la nuova disciplina non preveda alcuna

modalità differenziata, per l’accantonamento del fondo rischi, con riferimento agli anni ante

2014 e a partire dal 2014, salva la possibilità di ripartire l’onere eccessivo in quote uguali, nei

termini indicati dal “Principio applicato della contabilità finanziaria, par. 5.2, lett. h.).

Infine, fermo restando gli ulteriori approfondimenti che saranno effettuati in sede di controllo

finanziario sul rendiconto relativo agli esercizi finanziari 2015 e 2016, si evidenzia che,

quantomeno in sede di riaccertamento straordinario all’1 gennaio 2015, la Provincia non ha

effettuato alcun accantonamento a titolo di fondo rischi/fondo spese legali, né ha chiarito in

quali termini ha gestito, ovvero intenda gestire, lo “stanziamento” di € 3.000.000,00

predisposto originariamente per fronteggiare le perdite conseguite dalla partecipata “Alba

service”, oggi posta in liquidazione. In disparte, che la provincia negli esercizi finanziari oggetto

della presente deliberazione, comunque, non aveva predisposto alcun accantonamento in

violazione dei principi contabili all’epoca vigenti.

Per quel che riguarda, invece, l’evoluzione del fondo rischi costituito con riferimento dei rapporti

debitori-creditori con la società “Alba Service” nei successivi esercizi finanziari, si rinvia a

quanto trattato nel successivo punto 7).

4. Servizi in conto terzi

In sede istruttoria è stato rilevato, con riferimento agli esercizi finanziari 2012, 2013 e 2014,

che la provincia aveva contabilizzato erroneamente tra i servizi in conto terzi, alcune voci di

“entrata/spesa non riconducibili alle ipotesi previste dalla legge, ovvero individuate dalla

costante giurisprudenza contabile.

Dalle ulteriori informazioni acquisite dall’ente si è constatato che alcune tipologie di spese 2012-

2013-2014, indicate come “somma da imputare al giusto capitolo”, riguardavano, in effetti,

“…somme incassate in assenza di appositi capitoli di entrata e spesa o di stanziamenti degli

stessi non sufficienti, da regolarizzare, dopo apposita variazione o nel bilancio dell’anno

successivo…”, confermando la sussistenza dell’irregolarità segnalata nel corso dell’istruttoria.

pag. 12

Rammenta il Collegio che, qualora l’ente dovesse incassare somme relative a contributi di altre

amministrazioni per le quali non è stato previsto il corrispondente stanziamento nella parte

spesa del bilancio di previsione, ovvero lo stesso risulti insufficiente e non sia possibile

procedere ad una successiva variazione in caso di scadenza dei termini di legge, è necessario

far confluire le somme incassate nell’avanzo vincolato, e procedere alla riprogrammazione

nell’esercizio successivo.

Inoltre, risultano altre tipologie di operazioni poste in essere dalla provincia negli anni 2013 e

2014, che sono state contabilizzate al Titolo IV del bilancio alla voce “Servizi in conto terzi”.

In sede di osservazioni conclusive del magistrato istruttore, sono state indicate (a titolo

meramente esemplificativo) e contestate (in quanto non ritenute rientranti nella suindicata

categoria) alcune di questa tipologia di spesa: integrazione scolastica alunni diversamente abili

(cfr. imp. 2764/2012), trasferimento per trasporto locale (cfr. imp. 2604/2013), contributi per

impianti sportivi (cfr. imp. 2020/2014). Su tali rilievi, l’ente non ha fornito ulteriori informazioni

in prossimità dell’adunanza pubblica. Si rileva che in adempimento ai principi contabili sia

vigenti che previgenti, nei “Servizi conto terzi” possono e devono inscriversi soltanto le

transazioni poste in essere per conto di altri soggetti, in assenza di qualsiasi discrezionalità ed

autonomia decisionale da parte dell’ente.

Non è, pertanto, sufficiente ai fini della relativa allocazione, la sola circostanza che una spesa

sia sostenuta dall’ente per conto di un terzo e sia destinata ad essere interamente rimborsata.

Si richiama, altresì, quanto disposto dall’art. 165, comma 12 del D.Lgs n. 267/2000, all’epoca

vigente. Va ricordato, inoltre, che l'art. 7 comma 1 lett. b del D.Lgs. n. 118/2011 ha sancito il

divieto di imputare, sia pure provvisoriamente, alle partite di giro/servizi per conto terzi,

operazioni che non vi rientrano.

5. Tempestività dei pagamenti e violazione parametro deficitario n. 2 (rendiconto 2012-2013-

2014)

Nel corso dell’istruttoria sono stati richiesti all’ente numerose informazioni in merito ai debiti

liquidi ed esigibili non estinti al 31/12/2015, nello specifico l’ente doveva compilare un

prospetto dettagliato dal quale si potessero evincere le seguenti informazioni: l’indicazione dei

creditori, i singoli importi di debito, l’imputazione degli stessi alla spesa corrente o alla spesa

in conto capitale, se tale debitoria era riconducibile ad impegni di spesa che trovavano

copertura finanziaria nel bilancio di competenza 2015 o precedenti, ovvero se integravano (ed

in che misura) debiti fuori bilancio, le motivazioni per le quali l’ente non aveva provveduto al

regolare e puntuale pagamento; infine si chiedeva di comunicare l’importo dei pagamenti

effettuati nel corso del 2016.

All’esito di tali approfondimenti la Provincia di Lecce ha comunicato la debitoria riferita al

periodo precedente alla data del 1° gennaio 2014 (pari ad € 115.346,06), e non ancora pagata

nel 2016; tale dato è stato aggiornato in sede di controdeduzioni depositate in prossimità

dell’adunanza pubblica, ove è stato riferito che “…Tutti i pagamenti e le regolarizzazioni relative

pag. 13

all’importo indicato nell’allegato (…) pari a € 115.346,06 sono state effettuate per €

14.610,13…”. Preliminarmente, si rileva che l’ente non ha fornito i dati richiesti nel corso

d’istruttoria che, così come chiaramente riportato (cfr. pag. 6 della nota istruttoria del 21

ottobre 2016), si sarebbero dovuti riferire alla massa debitoria sussistente al 31 dicembre 2015,

e non, invece, al 31 dicembre 2013. Le ulteriori integrazioni sono state richieste dal magistrato

istruttore in sede di osservazioni conclusive “…L’ente vorrà (…) comunicare l’indice di

tempestività dei pagamenti relativo all’annualità 2015-2016-2017. Dovrà, inoltre, trasmettere

l’elenco della debitoria certa, liquida ed esigibile esistente al 31.12.2017…”.

La provincia, in allegato alle controdeduzioni depositate in data 2 febbraio 2018, ha trasmesso

un prospetto relativo alla debitoria liquida ed esigibile al 31 dicembre 2017, dal quale risultano

debiti liquidati ma non pagati pari ad € 615.826,29. Evidenzia il collegio che, nonostante la

mole della debitoria indicata non sia particolarmente gravosa, in ogni caso, la Provincia di Lecce

ha scontato, quantomeno per il triennio 2012 – 2014, una situazione di evidente difficoltà che

si è riverberata negativamente sulla capacità di rispettare puntualmente la tempistica di

pagamento delle obbligazioni, secondo quanto previsto dalla legge.

Tali considerazioni trovano conferma sia nel valore relativo all’indice di tempestività dei

pagamenti registrato negli anni in esame (2012 gg. 68,10, 2013 gg.70,71 e 2014 gg. 56,37),

che nel superamento - per i medesimi tre gli esercizi considerati - del parametro di deficitarietà

n. 2.

Quest’ultimo, infatti, misura percentualmente la formazione dei residui passivi di cui al titolo I,

in rapporto all’entità della stessa tipologia di impegni di spesa nell’ambito della gestione di

competenza.

Conseguentemente, il consolidato ed ininterrotto superamento del suddetto parametro

potrebbe indicare la sussistenza di una fisiologica difficoltà dell’ente di eliminare i residui

passivi, mediante il pagamento delle proprie obbligazioni.

Il Collegio si riserva, tuttavia, in occasione del controllo finanziario sul rendiconto 2015 e 2016,

di verificare l’andamento della debitoria liquida ed esigibile della Provincia di Lecce, con

particolare riferimento all’eventuale sussistenza di spese correnti non ancora liquidate, ovvero

liquidate e non pagate.

Infine, in sede di misure correttive l’ente vorrà chiarire se al 31 dicembre 2017 sussistevano

debiti liquidi ed esigibili non ancora liquidati.

6. Gli strumenti di finanza derivata

Dalla verifica delle note informative presenti nella Banca Dati SIQUEL, relative ai flussi generati

negli anni 2012-2013-2014, sono emerse talune criticità con riferimento ai tre contratti di

finanza derivata attualmente in essere della Provincia di Lecce.

Alla luce dei chiarimenti forniti e dalla documentazione trasmessa dalla Provincia di Lecce nel

corso dell’istruttoria, non risultavano superate le criticità relative ai predetti contratti.

Nell’esercizio 2006, nell’ambito di un intervento ristrutturazione del debito avviata su indirizzo

pag. 14

della Giunta provinciale con Deliberazione n.249 del 03/07/2006, l’ente ha sottoscritto, con

Determinazione Dirigenziale n. 85 del 09/08/2006, cinque contratti di finanza derivata, due dei

quali (n. 608230089 e n.1321585B) estinti anticipatamente nell’esercizio 2011. La questione

in esame, risulta già ampiamente trattata da questa Sezione, come può evincersi dalla

Deliberazione n.95/PRSP/2011 (relativa alla verifica del Rendiconto 2009) contenente

un’accurata descrizione dei cinque contratti derivati allora in essere. Quest’ultima evidenziava

alcune criticità riguardanti il rischio di un aggravamento dei flussi finanziari negativi a carico

del bilancio provinciale, la mancata previsione delle risorse necessarie a fare fronte ad eventuali

flussi negativi e la necessità di effettuare un attento e costante monitoraggio delle operazioni

concluse. La predetta deliberazione è stata, inoltre, richiamata, in occasione della verifica del

rendiconto 2011, dalla Deliberazione n. 156/PRSP/2014.

Nel corso dell’istruttoria sui rendiconti 2012-2013-2014, relativamente ai tre contratti derivati

ancora attivi (n.1321671B, n.608230086 e n.608230087), sono emerse talune criticità sia sotto

il profilo finanziario che sotto un profilo meramente procedurale, organizzativo e

comportamentale.

Con riferimento al profilo finanziario, le irregolarità emerse e non superate hanno riguardato i

contratti n. 6082300806 e n. 321671B; tali contratti, sottoscritti rispettivamente con Banca

Intesa Infrastrutture e Sviluppo s.p.a. e con Barclays Bank, presentano medesime

caratteristiche (identico nozionale, uguali parametri di riferimento e stessa tipologia di flussi).

Entrambi i contratti, inoltre, hanno come passività sottostanti mutui con Cassa Depositi e

Prestiti rinegoziati nel 2003 con opzione digitale.

A seguito della verifica dei prospetti inseriti nella Banca Dati Siquel, nel corso dell’istruttoria è

stato richiesto di relazionare in merito alle modalità di contabilizzazione dei flussi positivi e

negativi generati dagli strumenti derivati e la ragione per la quale i flussi positivi generati dai

contratti n. 6082300806 e n. 321671B sono stati contabilizzati in parte a valere sul Titolo III

(entrate extratributarie) e in parte a valere sul Titolo IV (entrate in conto capitale). Si è chiesto,

inoltre, di precisare se tali entrate sono state destinate al finanziamento di un fondo rischi da

accantonarsi nell’avanzo di amministrazione, a presidio di eventuali futuri flussi negativi.

La Provincia di Lecce non ha fornito i chiarimenti richiesti circa le modalità di contabilizzazione

dei flussi generati dai contratti derivati; alla luce di tale circostanza, con successiva integrazione

del 13.03.2018, il magistrato istruttore ha chiesto una relazione descrittiva e dettagliata delle

suddette operazioni di finanza derivata al fine di specificare la tipologia di flussi positivi generati

dai due contratti n.6082300806 e n.321671B ed individuarne la corretta contabilizzazione,

soprattutto con riferimento ai flussi positivi iscritti tra le “entrate in conto capitale”. L’ente, con

relazione del 16 marzo 2018, ha evidenziato che trattasi di contratti che prevedono oltre allo

scambio semestrale di flussi a titolo di interessi (Interest rate swap) anche un Cash Flow Swap,

ossia uno scambio di capitali secondo un piano predefinito che consentirà alla Provincia di Lecce

di incassare flussi di quota capitale fino al 31/12/2023 e di pagare flussi di quota capitale

negativi fino alla scadenza del contratto prevista per il 31/12/2032.

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Dalla lettura delle tabelle B e B1 “flussi attesi dal 2018 al 2032” (“B” relativa al contratto con

Banca Intesa n.608230086 e “B1” relativa al contratto con Barclays n. 1321671B), allegate alla

summenzionata relazione, si può confermare quanto asserito dall’ente per entrambi i contratti;

dalle richiamate tabelle, infatti, emergono flussi di quota capitale attesi positivi fino al 2023 e

negativi fino alla scadenza del contratto 31.12.2032.

In relazione, invece, ai flussi di interesse attesi, le tabelle su richiamate riportano delle

previsioni negative già a partire dal secondo semestre 2016.

Il mark to market (attualizzazione dei flussi differenziali a scadenza al momento della

rilevazione) dei due contratti derivati (n.6082300806 e n.321671B) al 31.12.2016 è negativo

(€ -1.058.232,93 per il contratto con Banca Intesa n.608230086 e € -1.058.232,93 per il

contratto con Barclays n. 1321671B), in linea pertanto con i dati riportati nelle tabelle relative

ai flussi futuri attesi allegate alla relazione del 16 marzo 2018 (“B” e “B1”).

Anche con riferimento al contratto derivato n. 608230087, collegato al prestito obbligazionario,

il mark to market rilevato al 31.12.2016 è di valore negativo (€ -717.165,27).

Pertanto, il valore complessivo del mark to market al 31.12.2016, dell’intero portafoglio derivati

della Provincia di Lecce, è di valore negativo (€ - 2.833.631,13).

A seguito di chiarimento richiesto in merito alla costituzione di apposito fondo rischi da

accantonarsi nell’avanzo di amministrazione a presidio di eventuali futuri flussi negativi, è stato

accertato che l’ente, soltanto nell’esercizio 2014, dopo oltre dieci anni dal primo

accantonamento, ha incrementato il fondo rischi di finanza derivata pari ad € 50.000,00 di

ulteriori € 521.199,06. L’ente ha dichiarato, inoltre, che tale politica di accantonamento è stata

interrotta già a partire dall’anno 2015, a causa dei tagli imposti dalla Legge n. 190/2014.

Il fondo attualmente accantonato risulta pari € 571.199,06, notevolmente inferiore al valore

attualizzato dei flussi attesi espresso dal mark to market complessivo summenzionato pari ad

€ € - 2.833.631,13 (cfr. nota informativa al bilancio consuntivo 2016 della Provincia di Lecce

ex art. 62 comma 2 della Legge di stabilità per l’anno 2014 – allegato 6e memorie del 2 febbraio

2018).

Alla luce di tale circostanza e considerato che, già a partire dall’esercizio 2016, tutti i flussi

registrati sono negativi, si può asserire, sin da ora, che il fondo costituito risulta essere

incapiente rispetto ai flussi negativi attesi fino alla scadenza degli strumenti derivati prevista

nell’anno 2032.

Si conferma, pertanto, che il mancato accantonamento in un apposito fondo rischi futuri dei

flussi positivi connessi alle operazioni di finanza derivata, oltre che costituire un’irregolarità

suscettibile di pregiudicare in prospettiva l’equilibrio economico-finanziario dell’ente, costituisce

violazione di legge poiché in contrasto con il principio contabile vigente (allegato n. 4/2 del

D.lgs. n. 118/2011) secondo il quale “…L’eventuale differenza positiva costituisce una quota

vincolata dell’avanzo di amministrazione, destinata, secondo il seguente ordine di priorità, a

garantire i rischi futuri del contatto, alla riduzione del debito sottostante in caso di estinzione

anticipata, al finanziamento di investimenti…” e, più in generale, risulta essere contrario con i

pag. 16

principi di sana e prudente gestione finanziaria.

La stessa raccomandazione era contenuta al punto 24 del previgente principio contabile n. 2

redatto dall’Osservatorio per la Contabilità e la finanza degli enti locali in data 18 novembre

2008.

Ulteriore elemento di criticità sembrerebbe ravvisarsi in merito al mancato rispetto, da parte

della Provincia di Lecce, dell’obbligo di garantire la separata contabilizzazione dei flussi

finanziari riguardanti il debito originario rispetto ai saldi differenziali attivi o passivi rilevati nel

bilancio generati dal contratto “derivato”.

Il principio contabile vigente (allegato n. 4/2 del D.lgs. n. 118/2011), infatti, dispone al punto

3.23: ”… Pertanto, tenuto conto della natura di contratti autonomi e distinti rivestita, ad ogni

effetto di legge, dai derivati e dai contratti di finanziamento sottostanti, dovranno trovare

separata contabilizzazione i flussi finanziari riguardanti il debito originario rispetto ai saldi

differenziali attivi o passivi rilevati nel bilancio a seguito del contratto derivato…”.

Tale principio riprende tra l’altro quanto già disposto dal previgente principio contabile n. 2

dell’osservatorio per la Contabilità e la finanza degli enti locali, al punto 24: “…Pertanto

dovranno trovare separata contabilizzazione i flussi finanziari riguardanti il debito originario

rispetto ai saldi differenziali attivi o passivi rilevati nel bilancio a seguito del contratto

derivato…”.

La suindicata irregolarità è, d’altra parte, confermata anche in considerazione delle verifiche

effettuate, nel corso dell’istruttoria, sui dati estratti dalla piattaforma SIOPE, ove è emersa

l’assenza di movimentazione dei codici 3325 “Entrate derivanti da interessi attivi per operazioni

finanziarie in derivati” e 1626 “Oneri finanziari derivanti dalla effettuazione di operazioni in

derivati”.

In merito a tale aspetto, nonostante i chiarimenti richiesti in fase istruttoria, l’ente non ha

fornito riscontro sulle modalità di rilevazione in contabilità dei flussi finanziari generati dagli

strumenti finanziari.

Uno dei profili di maggiore criticità emerso nel corso dell’istruttoria, con riferimento ai due

contratti di finanza derivata n.6082300806 (Banca intesa) e n.321671B (Barclays Bank), ha

riguardato l’impossibilità di individuazione delle passività sottostanti, ovvero quei contratti che

pur mantenendo la loro autonomia, ma che hanno un collegamento funzionale con l’operazione

finanziaria in derivati.

Questa Sezione, infatti, tra le informazioni integrative richiedeva alla Provincia di Lecce di

trasmettere un elenco analitico delle passività sottostanti i due suddetti contratti

(n.6082300806 e n.321671B). Si precisa che tale richiesta non ha riguardato il terzo contratto

n.608230087 di tipo “opzione Collar” (Banca Intesa), per il quale risulta nota la passività

sottostante costituita da un prestito obbligazionario a tasso variabile, contratto dalla Provincia

di Lecce nell’anno 2006, per un valore nominale pari ad € 6.326.000,00 e con scadenza nel

2026, coincidente con la scadenza del contratto derivato ad esso collegato (n.608230087).

Nella relazione del 16 marzo 2018, la Provincia di Lecce ha dichiarato di non essere in grado di

pag. 17

ricostruire in modo dettagliato il “sottostante”, a causa della difficoltà di reperire tutta la

documentazione dell’operazione de qua, all’epoca curata e sottoscritta da un Dirigente non più

presente nell’ente dal 2008.

Tali considerazioni sono state confermate anche nel corso della discussione orale.

Tuttavia, pur non potendo verificare la perfetta coincidenza del “sottostante” con i collegati

derivati in assenza dell’elenco dettagliato richiesto, l’analisi della documentazione trasmessa

(cfr. determinazione dirigenziale n. 85 del 09/08/2006 e relazione del 16 marzo 2018) e la

verifica successiva della sezione mutui presente nella Banca dati Finanza Locale – Ministero

dell’interno, palesa che, con ogni probabilità, la scadenza delle passività sottostanti, indicate

genericamente dalla Provincia di Lecce quali “mutui cdp rinegoziati nel 2003”, sia prevista per

l’anno 2023, a differenza della scadenza dei contratti derivati ad essi collegati attesa per l’anno

2032. Tale circostanza sembrerebbe, inoltre, correlata ad un altro elemento riscontrato

analizzando la documentazione relativa ai flussi di capitale generati dai due contratti.

Invero, dall’analisi delle tabelle di previsione dei flussi di capitale (allegate ai contratti), è

emerso che in coincidenza dell’anno 2023 (anno di scadenza delle passività) i flussi di capitale,

positivi sino al 1° semestre 2023, riportano un valore negativo; tale valore negativo prosegue

fino alla scadenza del derivato (anno 2032). Anche su tale ultimo aspetto, la Provincia di Lecce

non ha fornito spiegazioni sia durante l’istruttoria che nel corso dell’adunanza pubblica.

La verifica delle passività sottostanti è stata effettuata con lo scopo di poter accertare la

corrispondenza della scadenza del derivato con quella del sottostante debito; la coincidenza

della scadenza, infatti, è tra gli altri, un elemento rappresentativo del carattere non speculativo

dell’operazione finanziaria derivata, poiché la stessa dovrebbe servire unicamente a contenere

il rischio di aumento dei tassi di interesse variabile, ovvero a ridurre il costo di un indebitamento

a tasso fisso.

Pertanto, l’unica tipologia di derivato stipulabile dagli enti locali, per espressa previsione

normativa, è quella di strumento finanziario derivato di copertura (cfr. Corte d’Appello di

Milano, sentenza n.4303/2015). Il legislatore, infatti, nel disciplinare la possibilità per gli enti

territoriali di concludere operazioni di finanza derivata al solo scopo di copertura del rischio

finanziario delle proprie passività, ha disposto il divieto di allungamento della scadenza del

derivato rispetto alla sua passività sottostante. Il decreto 1° dicembre 2003, n. 389 recante

“Regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni,

delle città metropolitane, delle comunità' montane e delle comunità' isolane, nonché' dei

consorzi tra enti territoriali e delle regioni, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della legge 28

dicembre 2001, n. 448...”, dispone, infatti, che “...sono inoltre consentite (…) f) altre operazioni

derivate finalizzate alla ristrutturazione del debito, solo qualora non prevedano una scadenza

posteriore a quella associata alla sottostante passività'…”. Tale evenienza, oltre ad essere

contraria ad una norma di legge, farebbe venir meno la stessa finalità perseguita dal legislatore,

il quale, con l’art. 41 della Legge 448/2001, ha voluto fornire degli strumenti di gestione del

debito pubblico finalizzati al contenimento del costo dell’indebitamento, e al monitoraggio degli

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andamenti di finanza pubblica. Tale contenimento, non si configura, evidentemente, nel caso

di strumenti finanziari derivati di tipo speculativo che non si muovono nella stessa direzione del

sottostante.

Tale connotazione speculativa sembrerebbe confermarsi nei due contratti di che trattasi,

considerata l’assenza di passività sottostanti a cui dare copertura per il periodo compreso tra

l’anno 2023 (data di scadenza dei mutui sottostanti) e l’anno 2032 (data di scadenza dei

derivati). Invero, la discrasia temporale delle suddette scadenze comporta il venir meno del

collegamento funzionale tipico dei derivati quale strumento di “copertura” con le passività

sottostanti. Nel caso specifico, la permanenza “in vita” del derivato - nonostante l’avvenuta

scadenza del mutuo sottostante – sembrerebbe per lo più privilegiare la connotazione cd.

speculativa dell’operazione finanziaria posta in essere, piuttosto che garantire la funzione di

derivato di “copertura” voluta dal legislatore. Alla luce di quanto prospettato, è evidente che la

Provincia di Lecce, quantomeno a partire dal 2023, dovrà sopportare gli oneri rivenienti dai

derivati (considerati i flussi negativi previsti fino al 2032), in assenza di alcun rischio finanziario

da coprire.

Il concetto di collegamento funzionale è riscontrabile anche nella Comunicazione n.

DI/99013791 del 26 febbraio 1999 della CONSOB. Quest’ultima, infatti, nell’operare la

distinzione tra strumento speculativo o di copertura ha specificato che “…possono essere

considerate “di copertura” le operazioni su strumenti finanziari derivati nel caso in cui: a) siano

esplicitamente poste in essere al fine di ridurre la rischiosità di altre posizioni detenute dal

cliente; b) sia elevata la correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie (scadenza, tasso

d'interesse, tipologia etc.) dell'oggetto della copertura e dello strumento finanziario utilizzato a

tal fine; c) siano adottate procedure e misure di controllo interno idonee ad assicurare che le

condizioni di cui sopra ricorrano effettivamente…”.

La Corte di Cassazione (cfr. sentenza del 31 luglio 2017, n. 19013, prima sezione civile), in

tema di contratti derivati richiama espressamente la comunicazione Consob del 26 febbraio

1999, al fine confermare che un contratto derivato, per assolvere all’effettiva funzione di

copertura, deve necessariamente e contemporaneamente rispettare le suindicate tre

condizioni.

Pertanto, un’operazione di finanza derivata conclusa da un ente locale che non abbia finalità

tipica di copertura (elemento oggettivo previsto dalla legge nell’ambito delle operazioni in

derivati degli enti territoriali), ma, che al contrario, possieda un carattere speculativo (in quanto

realizza un lucro per l’istituto di credito), potrebbe integrare un’ipotesi di nullità per mancanza

della causa (lecita) in concreto (cfr. Corte d’Appello di Milano, sentenza n.4303/2015).

Anche sotto il profilo procedurale, la complessa operazione di finanza derivata effettuata dalla

Provincia di Lecce e relativa, in questo caso, a tutti i contratti derivati stipulati nel 2006 (inclusi

i due estinti nel 2011), sembra evidenziare alcune irregolarità e violazioni normative.

L’ente ha rilasciato, al momento della sottoscrizione dei suddetti contratti, delegazioni di

pagamento a garanzia delle obbligazioni originate dai flussi di capitale e di interesse. L’istituto

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della delegazione di pagamento, previsto dall’art. 1269 del codice civile, si sostanzia in un

accordo tra il debitore e un terzo, in forza del quale il debitore delegante delega il terzo ad una

determinata prestazione verso il terzo delegatario; la Provincia di Lecce ha delegato, il proprio

tesoriere al pagamento semestrale dei flussi generati dagli strumenti derivati, in caso di

mancata emissione del mandato di pagamento.

Rammenta, tuttavia, il Collegio che l’art. 206 del TUEL prevede ipotesi tassative di rilascio di

delegazioni di pagamento: “…Quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei

mutui e dei prestiti gli enti locali possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle

entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio di previsione…”).

In considerazione di ciò, la delegazione di pagamento rilasciata nell’ambito di un contratto di

finanza derivata, non ricadendo nelle ipotesi tassative previste dal legislatore, sembrerebbe

configurare, piuttosto, una fattispecie contraria alla legge.

In sede di istruttoria, inoltre, è stato richiesto all’ente di trasmettere i provvedimenti con cui è

stata autorizzata la sottoscrizione di contratti di finanza derivata. Dalla documentazione

ricevuta si evince che l’autorizzazione alla sottoscrizione di strumenti di finanza derivata non è

stata deliberata dal Consiglio provinciale dell’ente; invero, la Provincia di Lecce, con

Deliberazione di Giunta provinciale n. 249 del 03/07/2006 avente ad oggetto “Operazioni di

gestione del debito. Interventi di ristrutturazione sull’indebitamento a medio e lungo termine.

Indirizzi.”, dava mandato, al dirigente del Settore risorse interne e Servizi finanziari, per

l’adozione di tutti gli atti successivi e necessari alla definizione degli strumenti finanziari più

adeguati per la complessiva gestione dell’indebitamento. Quest’ultima, tra l’altro, non ha fornito

alcuna indicazione sui principali obblighi e vincoli che l’operazione avrebbe dovuto assumere

per realizzare la suddetta ristrutturazione del debito, anche in considerazione dell’incidenza

delle modalità operative prescelte, sull’utilizzo delle risorse dell’ente.

Alla luce di quanto esposto, sembrerebbe che la Provincia di Lecce, nel sottoscrivere i contratti

di finanza derivata (comprensivi, tra l’altro, di delegazioni di pagamento in favore del tesoriere),

attraverso un suo funzionario, abbia violato la normativa in materia di attribuzione delle

competenze tra gli organi degli enti locali.

L’art. 42 lettera i), del D.Lgs n. 267/2000 (Tuel) prevede la competenza esclusiva del Consiglio

provinciale per le “…spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi…”.

E’ evidente che le operazioni di ristrutturazione del debito, non solo rientrano formalmente tra

quelle che impegnano e condizionano i bilanci futuri dell’ente, ma potrebbero, come nel caso

di specie, esporre nel tempo l’ente ad eventuali gravi ricadute sugli equilibri di bilancio; infatti,

non può ignorarsi l’aleatorietà ex se che caratterizza, in generale, le operazioni di finanza

derivata. Osserva il Collegio come, la normativa che prevede l’attribuzione delle competenze

tra gli organi degli enti locali, disciplinando il procedimento di formazione della volontà

negoziale della Pubblica amministrazione, integra indubbiamente un’ipotesi di norma

imperativa.

D’altra parte, anche in sede di conclusione ed esecuzione dei contratti sottoscritti dal dirigente

pag. 20

incaricato, sembrano ravvisarsi alcune anomalie che potrebbero aver inciso e condizionato la

corretta e valida formazione del consenso in sede di sottoscrizione.

In via esemplificativa basti pensare alla mancata valutazione (anche eventualmente mediante

il supporto di esperti in materia) della convenienza economica in termini di rendimento (costo)

e rischio effettuata dall’ente, all’omessa comunicazione del mark to market alla data di

sottoscrizione dei contratti, all’individuazione di un’advisor coincidente con la figura

dell’intermediario finanziario (controparte contrattuale) ed all’utilizzo esclusivo, in sede di

sottoscrizione, della lingua inglese per il contratto sottoscritto con Barclays.

Nello specifico, la circostanza dell’assenza di valutazione ex ante effettuata dall’ente in

relazione alla convenienza economica dell’operazione, è tanto più significativa se si tiene conto

della mancata comunicazione, al momento della sottoscrizione, del mark to market.

La conoscenza del mark to market iniziale, infatti, costituisce un fondamentale elemento

informativo che l’ente avrebbe dovuto possedere per poter valutare l’operazione e conoscere

l’alea assunta, in un’ottica di sana e prudente gestione finanziaria. Tale valore, infatti, come

più volte precisato, contiene una stima (valore teorico) - elaborata da operatori esperti sulla

base di fattori ed indici condivisi dal mercato finanziario - sul possibile esito complessivo

dell’operazione.

Con riferimento alla coincidenza tra l’advisor e l’intermediario con cui sono stati concluse le

operazioni di finanza derivata, la più volte richiamata Deliberazione n.249 del 03/07/2006

avente ad oggetto il ricorso ad operazioni di ristrutturazione del debito (cfr. allegato 6c delle

memorie del 2 febbraio 2018) riporta nella parte narrativa: “…con deliberazione di G.P: n. 56

del 10 febbraio 2006 a Banca Intesa Infrastrutture e Sviluppo S.p.A. e Barclays Capital è stato

conferito l’incarico, gratuito fino al 31 dicembre 2007, di advisor finanziario per le finalità

contenute nel dettaglio del richiamato atto…”. Tale scelta non integra certamente una condotta

corretta dell’ente sotto il profilo finanziario, poiché l’advisor dovrebbe essere rappresentato da

un soggetto terzo e indipendente, dotato di particolare competenza finanziaria, che agisce

nell’interesse del proprio mandante e che, esaminata la situazione finanziaria e stabilito

l’obiettivo che lo stesso intende raggiungere, elabora un progetto di operazione finanziaria da

far realizzare. Nel caso di specie, invece, l’operazione finanziaria è stata studiata e predisposta

dallo stesso soggetto incaricato di realizzarla, ovvero la banca proponente, con la possibile,

quanto probabile, esistenza di una situazione di potenziale conflitto di interesse.

Le predette anomalie, tra loro strettamente correlate, sembrerebbero sufficienti per poter

affermare che la complessa operazione di ristrutturazione del debito, posta in essere dalla

Provincia di Lecce, sia stata eseguita con la più ampia discrezionalità della controparte bancaria

realizzando evidenti squilibri contrattuali, tanto da potersi ipotizzare profili di possibile nullità

dei contratti medesimi.

In disparte la possibilità dell’ente di valutare la possibilità di avviare azioni legali, al fine di

accertare in sede giudiziaria la nullità dei contratti di finanza derivata sottoscritti, in ogni caso,

resta l’obbligo in capo all’ente di considerare un’eventuale rimodulazione degli stessi, oltre che

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verificare con Cassa Depositi e Prestiti l’opportunità di rivedere le condizioni dei mutui

rinegoziati nel 2003 (soprattutto con riferimento all’opzione “digitale”), i quali, come più volte

specificato, sono sottostanti l’operazione di finanza derivata relativa ai due contratti n.

6082300806 (Banca intesa) e n. 321671B (Barclays Bank).

Considerato che l’ente, in sede istruttoria e nel corso dell’audizione orale, ha dimostrato di non

possedere un’approfondita conoscenza delle molteplici e complesse condizioni contenute nei

contratti sottoscritti, il Collegio raccomanda di attivare un attento monitoraggio sui flussi

differenziali liquidati semestralmente dagli istituti bancari, e di richiedere apposite

comunicazioni in tal senso, al fine di verificare l’esatta applicazione delle condizioni contrattuali

stipulate nel 2006.

Il controllo, inoltre, non può prescindere da una corretta contabilizzazione nelle scritture

contabili dei predetti flussi; invero, la rilevazione in contabilità deve assicurare, come previsto

dai principi contabili vigenti, una separazione degli oneri finanziari generati dai derivati, rispetto

alla contabilizzazione degli oneri prodotti dalle passività sottostanti il contratto derivato stesso.

A tal fine, l’ente dovrà effettuare un’attenta e analitica ricognizione dei mutui sottostanti i due

contratti n. 6082300806 (Banca intesa) e n. 321671B (Barclays Bank), considerato che, anche

in questo caso, le risposte fornite sono risultate insufficienti e scarsamente qualificate.

7. Società partecipate

La Provincia di Lecce, sulla base dei dati acquisiti dal sito istituzionale dell’ente ed aggiornati al

31 dicembre 2015 deteneva le seguenti partecipazioni:

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Fonte: Sito istituzionale ente. Sezione Organismi partecipati “Rapporti crediti/debiti al 31.12.2015”

Nel corso dell’istruttoria, è stata evidenziata la sussistenza di discordanze contabili riguardanti

l’operazione di allineamento dei debiti e crediti reciproci tra l’ente socio e gli organismi

partecipati. Tali criticità riguardavano i tre esercizi finanziari (dal 2012 al 2014) considerati.

Preliminarmente, si rammenta che l’art. 6 comma 4 (abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2015)

del D. L. n. 95/2012, recitava: “… A decorrere dall'esercizio finanziario 2012, i Comuni e le

Province allegano al rendiconto della gestione una nota informativa contenente la verifica dei

crediti e debiti reciproci tra l'Ente e le società partecipate. La predetta nota, asseverata dai

rispettivi organi di revisione, evidenzia analiticamente eventuali discordanze e ne fornisce la

motivazione; in tal caso il Comune o la Provincia adottano senza indugio, e comunque non oltre

il termine dell'esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione

delle partite debitorie e creditorie…”.

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Si trattava, secondo l’intendimento del legislatore, di un adempimento obbligatorio da

effettuare contestualmente all’approvazione del conto consuntivo, finalizzato, in primis, a dare

evidenza contabile alle partite economico-finanziarie esistenti nei relativi bilanci (degli enti soci

e delle società) e, conseguentemente, ad individuare le misure necessarie per garantire sia la

copertura finanziaria di eventuali partite debitorie vantate dalle società partecipate, e non

presenti nel bilancio dell’ente socio, sia la contabilizzazione di entrate non accertate.

Come ha avuto modo di statuire la giurisprudenza contabile (cfr. Sezione delle Autonomie

deliberazione n. 2/2016), l'informativa relativa ai crediti e debiti tra ente e soggetti partecipati

deve essere asseverata dai rispettivi organi di revisione ed evidenziare analiticamente eventuali

discordanze, nonché riportarne le relative motivazioni.

Analogo adempimento è stato espressamente statuito dall’art. 11 comma 6 del D.Lgs n.

118/2015, il quale, nell’indicare i contenuti della relazione sulla gestione allegata al rendiconto,

specifica, alla lett. j) che la suddetta relazione illustra: “…gli esiti della verifica dei crediti e

debiti reciproci con i propri enti strumentali e le società controllate e partecipate. La predetta

informativa, asseverata dai rispettivi organi di revisione, evidenzia analiticamente eventuali

discordanze e ne fornisce la motivazione; in tal caso l’ente assume senza indugio, e comunque

non oltre il termine dell'esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della

riconciliazione delle partite debitorie e creditorie…”.

In considerazione delle criticità rilevate, nel triennio 2012 – 2014, in merito al riallineamento

dei debiti e crediti della Provincia di Lecce con le società partecipate, sono stati richiesti ulteriori

aggiornamenti, al fine di verificare l’eventuale superamento delle suddette discrasie contabili.

Nello specifico, è stato chiesto, per tutti gli organismi partecipati, di fornire un quadro chiaro

ed esaustivo dello stato di attuazione della suddetta operazione contabile di riconciliazione,

unitamente alla trasmissione dell’asseverazione rilasciata dai relativi organi di controllo, in

occasione dell’approvazione del Rendiconto 2014.

Con memorie in data 2 febbraio 2018, la Provincia di Lecce ha riscontrato quanto richiesto;

tuttavia, le informazioni e la documentazione fornite sono parziali ed incomplete.

Infatti, non risulta che il Collegio dei revisori della provincia abbia mai rilasciato ai sensi dell’art.

6, comma 4 del D.L. n. 95/2012, alcuna asseverazione sulla situazione crediti/debiti dell’ente

nei confronti delle società partecipate. Sono state inviate, invece, le asseverazioni certificate

dal Collegio sindacale di solo n. 5 società partecipate:

- Dhitech: non risultano debiti e crediti nei confronti dell’ente;

- Nuova Salento Energia: crediti € 922.000,00 e debiti € 262.352,36;

- Società Trasporti Pubblici Terre d’Otranto S.p.A: crediti € 9.367,70 e debiti € 0,00;

- Celestini s.r.l.: crediti € 0,00 e debiti € 13.051.586,14;

- Terme di Santa Cesarea S.p.A.: non risultano debiti e crediti nei confronti dell’ente.

Nessuna asseverazione è stata rilasciata per le seguenti società: Alba service spa, Fiera di

Galatina e del Salento in liquidazione spa, Mercaflor in liquidazione srl, Porto d’Otranto spa in

liquidazione.

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Alla luce di quanto suesposto, è evidente che sono rilevabili gravi inadempienze sia formali che

sostanziali. Invero, sotto il profilo formale “…la nota informativa contenente la verifica dei

crediti e debiti reciproci tra l'Ente e le società partecipate…” allegata al rendiconto 2014 (e con

ogni probabilità anche quella riferita agli esercizi 2012 e 2013) della provincia, risultava priva

di tutte le asseverazioni richieste dalla legge e quindi, de facto, non possedeva, neanche in

concreto, i requisiti necessari per certificare che, effettivamente, entrambi i bilanci (dell’ente

socio e delle società partecipate) avessero contabilizzato e correttamente quantificato tutte le

partite creditorie/debitorie esistenti al 31 dicembre 2014.

Né la Provincia di Lecce ha chiarito, in sede di controdeduzioni, se, ad oggi, le discrasie

segnalate siano state contabilmente allineate, in modo tale da garantire che i bilanci dell’ente

e delle sue partecipate risultino, in conformità alla ratio legis, veritieri ed attendibili.

Sulla base delle informazioni acquisite, particolarmente critici appaiono i rapporti della provincia

con la partecipata Alba Service SpA in liquidazione; infatti, fermo restando che alcuna

asseverazione è stata depositata con riferimento alla situazione debitoria-creditoria

intercorrente con la stessa, nel corso dell’istruttoria è stato rilevato che la società non aveva

approvato i bilanci di esercizio 2012, 2013 e 2014, proprio a causa della mancata riconciliazione

delle partite contabili con l’ente socio.

Nelle controdeduzioni presentate in prossimità dell’odierna adunanza, la Provincia di Lecce ha

sinteticamente ripercorso le vicende legali e gestionali che hanno interessato la società,

rappresentando che nel 2017 sono stati approvati i bilanci relativi agli esercizi 2014, 2015 e

2016. In quest’ultimo, “…la società ha prudenzialmente effettuato un accantonamento a fondo

per rischi ed oneri pari al 50% degli importi oggetto di contestazione per € 898.712,54 e l’Ente

da parte sua in sede di approvazione del rendiconto 2016 ha mantenuto un accantonamento di

pari importo nel fondo rischi. …”.

Nel bilancio di esercizio 2016 dell’”Alba Service” in liquidazione, oltre al fondo rischi ed oneri

quantificato in € 898.712,54, sono stati iscritti debiti nei confronti della controllante pari ad €

684.101,00, tale dato non trova corrispondenza nell’elenco dei residui del titolo III, confermati

all’1/1/2015, dove risultano contabilizzati crediti nei confronti della società pari al minor

importo di € 450.000,00. Medesima somma risulta svalutata nell’ambito del FCDE al 31

dicembre 2015 alla voce: “Utili distribuiti dalla società Alba Service - cap. 7500”.

In sede di adozione di misure correttive, la provincia dovrà chiarire tale discrasia e fornire i dati

aggiornati.

8. Celestini s.r.l. – Operazione di cartolarizzazione del patrimonio immobiliare

8.1- Le fasi dell’operazione di cartolarizzazione

Preliminarmente, osserva il Collegio che le cartolarizzazioni sono operazioni finanziarie a valere

su flussi di cassa generati da attivi patrimoniali finanziari o non finanziari; esse rappresentano

una modalità finanziaria che consente lo smobilizzo di attività mobiliari (crediti) o immobiliari

e sono generalmente finalizzate ad ottenere un’anticipazione sul valore dei futuri flussi

pag. 25

finanziari (per i crediti), ovvero sul valore di collocamento sul mercato del cespite (per gli

immobili).

La Provincia di Lecce con deliberazione C.C. n. 69 del 7 novembre 2011 (rettificata e modificata

successivamente con deliberazione C.C. n. 80 del 30 novembre 2011), ha costituito la società

interamente partecipata di cartolarizzazione “Celestini S.r.l.” (d’ora in poi Celestini), ai sensi

dell’art. 84 della L. n. 289/2002, per la valorizzazione, la gestione e la parziale dismissione del

patrimonio immobiliare della provincia.

Nella suindicata deliberazione si legge: “…. è emersa l’opportunità di dare autonomia alla

gestione di parte del patrimonio immobiliare provinciale attraverso la creazione di una apposita

Società, totalmente ed unicamente costituita dalla Provincia di Lecce che consentirebbe di

perseguire i seguenti obiettivi:

1) Finanziari, in quanto tramite le dismissioni operate a favore della società veicolo, la Provincia

potrebbe beneficiare da subito di una immediata e consistente risorsa indispensabile al fine di

garantire il pareggio di bilancio ed il rispetto del patto di stabilità nonché per finanziare il piano

degli investimenti;

2) operativi, con un indubbio miglioramento gestionale attraverso la separazione

dell’investimento immobiliare dal restante patrimonio dell’Ente, preponendo alla sua gestione

un management con funzioni di commercializzazione, promozione e marketing, e di

rivalutazione del patrimonio in quanto, se nel bilancio i cespiti patrimoniali sono esposti a valori

corrispondenti a quelli catastali, il trasferimento dall’Ente alla società dei beni immobili

determinerebbe la possibilità di valorizzare il patrimonio, permettendo ai soggetti finanziatori

di avere immediatamente consapevolezza dei valori in campo;

3) fiscali, in quanto operazioni di dismissione del patrimonio vengono effettuate dalla Società

in regime di I.V.A. in luogo dell’imposta di registro proporzionale, con una maggiore

propensione degli investitori all’acquisto e con la possibilità di recuperare l’I.V.A. sulle spese di

manutenzione e gestione del patrimonio immobiliare oggetto del trasferimento in capo

alla Società;

4) strategici, in quanto la Società potrebbe procedere a reperire autonomamente ulteriori

risorse finanziarie nell’ambito della valorizzazione patrimoniale…”.

A seguito dell’adozione del successivo provvedimento consiliare n. 80/2011 è stato definito

l’elenco definitivo dei beni da alienare alla “Celestini”; il trasferimento dei beni è stato

formalizzato con atto notarile del 29 dicembre 2011.

Il valore di cessione dei quattro immobili individuati dalla provincia è stato determinato in

complessivi € 18.651.586,14, a fronte del valore stimato di € 21.943.042,52, risultante dalla

relazione di stima redatta dal Dott. Lauri, ai sensi dell’art. 2465, comma 2 cod. civ..

Si riporta di seguito la tabella trasmessa dalla provincia con nota del 2 febbraio 2018, dalla

quale si evincono gli immobili oggetto del trasferimento, il valore di cessione ed il valore

stimato.

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A completamento dell’istruttoria, l’ente ha dimostrato che il prezzo di cessione è stato

correttamente quantificato nella misura dell’85% del valore definito dalla relazione giurata di

stima del perito esterno incaricato.

A tal proposito, si rammenta che il comma 17, art. 3 della L. n. 350/2003 (nella formulazione

all’epoca vigente) prevedeva: “…Per gli enti di cui al comma 16 costituiscono indebitamento,

agli effetti dell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, l’assunzione di mutui, l’emissione

di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di entrata non collegati a un’attività

patrimoniale preesistente e le cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all’85 per

cento del prezzo di mercato dell’attività oggetto di cartolarizzazione valutato da un’unità

indipendente e specializzata…”.

La norma evidenzia come le uniche cartolarizzazioni non considerate indebitamento sono quelle

effettuate con corrispettivo iniziale superiore all’85% del valore di mercato, come valutato da

un’unità indipendente e specializzata. Tale presupposto sembra richiedere qualcosa in più

rispetto ad una mera perizia di parte, sia pure a firma di professionista del settore, ma

quantomeno la valutazione di un organismo pubblico o privato avente i caratteri di

indipendenza e specializzazione, come per esempio l’Agenzia del Demanio o l’ex Agenzia del

Territorio.

L’eventuale previsione di un corrispettivo iniziale inferiore all’85% del prezzo di mercato,

avrebbe comportato l’obbligo, da parte della provincia, di contabilizzare la suddetta operazione

finanziaria come indebitamento e di iscrivere l’entrata al Titolo V del bilancio; tuttavia, ad avviso

del Collegio, e come si avrà modo di dire in seguito, sono individuabili altri elementi che

potrebbero indurre a ritenere inquadrabile la cartolarizzazione de qua come indebitamento.

La Provincia di Lecce ha accertato l’entrata di € 18.651.586,14 (riveniente dalla vendita del

patrimonio immobiliare) a valere sul titolo IV del rendiconto 2011.

La suindicata operazione di cartolarizzazione è stata oggetto di specifico approfondimento

istruttorio, sia in considerazione della peculiarità dell’iniziativa finanziaria realizzata, che

dell’incidenza dei proventi (€ 18.651.586,14) dell’alienazione immobiliare - peraltro, finanziata

mediante indebitamento bancario - sul rispetto del patto di stabilità e dell’obiettivo

programmatico 2011, conseguito per un importo pari ad € 123.000,00.

La Celestini, contestualmente all’acquisizione dei beni immobili da parte della provincia, ha

stipulato nella medesima data (29 dicembre 2011) un prestito “bridge” dell’importo di €

6.000.000,00 con Unicredit S.p.A. - già all’epoca istituto tesoriere della Provincia di Lecce – per

coprire parzialmente l’onere connesso all’acquisto degli immobili. Le condizioni pattuite con

pag. 27

l’istituto di credito prevedevano un tasso d’interesse variabile con Euribor (365 giorni) a 6

mesi,”, spread 7,50% e scadenza iniziale al 30 giugno 2012, prorogata al 31 dicembre 2013 e

successivamente fissata al 31 dicembre 2016 per l’estinzione della parte residua di debiti pari

ad € 922.734,63. A garanzia del finanziamento chirografario concesso alla società, la banca ha

richiesto alla provincia di sottoscrivere una lettera di patronage, ed alla Celestini di rilasciare

una procura speciale per l’iscrizione d’ipoteca sui beni immobili trasferiti, per la somma

complessiva massima di € 12.000.000,00.

Nonostante la provincia abbia affermato che ”…ogni valutazione sulle opportunità/convenienza

di quelle condizioni (spread pari al 7,5%) è stata quindi della Celestini…” (cfr. memorie in data

2 febbraio 2018), il Collegio non può esimersi dal rilevare che, ai sensi dell’art. 9 dell’atto

costitutivo della società, sono riservate alla competenza della provincia, tra le altre, le decisioni

sull’assunzioni di mutui.

Quindi, come si avrà modo di approfondire in seguito, non è possibile denegare la sussistenza,

già ab origine, di un forte coinvolgimento dell’ente nelle determinazioni gestionali della propria

partecipata.

Secondo quanto dichiarato dall’ente, il prestito si sarebbe dovuto convertire in mutuo ipotecario

entro il mese di marzo 2012; tuttavia, l’Unicredit S.p.A. “…ha successivamente rivalutato la

questione e non ha più accordato la richiesta conversione…”, inducendo la Celestini ad avviare

un’azione legale per accertare giudizialmente l’eccessiva onerosità del prestito ed il possibile

superamento della soglia del tasso di usura (cfr. atto di citazione del 6 giugno 2016).

Il prestito è stato parzialmente rimborsato mediante la sottoscrizione con la Banca Monte dei

Paschi di Siena, in data 14 maggio 2014, di un ulteriore prestito a condizioni più vantaggiose:

tasso d’interesse variabile con Euribor (360 giorni) a 6 mesi, spread 4,25%, durata 18 anni,

iscrizione d’ipoteca per un ammontare di € 8.000.000,00 e la cessione dei canoni di alcuni

immobili individuati nello stesso atto per un importo annuo di € 245.741,42.

Nello specifico, gli immobili sui quali è stata apposta ipoteca sono l’ex convento Cassinesi ed il

Palazzo della Questura, mentre i canoni di locazione oggetto di cessione riguardano il Palazzo

del TAR.

Nonostante, già a decorrere dalla fine del 2011, fossero stati posti in essere tutti gli

adempimenti necessari per perfezionare il trasferimento degli immobili dalla Provincia di Lecce

alla Celestini, compresi l’immediato riversamento sul conto di tesoreria dell’ente della somma

di € 5.600.000,00 derivante dal finanziamento con Unicredit S.p.A., ed il pagamento delle quote

di ammortamento derivanti dal mutuo, la società non aveva ancora acquisito immediata e

concreta operatività sul mercato, in quanto ha ottenuto solo in data 21 dicembre 2012 e, quindi,

un anno dopo dalla sua costituzione, l’autorizzazione della Sovrintendenza di Puglia

all’alienazione dei beni.

In ogni caso, anche successivamente all’ottenimento del suddetto provvedimento autorizzativo,

i risultati ottenuti a seguito dell’espletamento delle procedure di pubblico incanto non hanno

sortito gli effetti remunerativi auspicati; infatti, sulla base di quanto accertato in sede

pag. 28

istruttoria, risulta venduto un unico immobile “Castello Pio” per l’importo di € 1.206.000,00.

Nelle memorie presentate in prossimità dell’adunanza pubblica, la Provincia di Lecce ha

depositato il piano aggiornato di alienazione del patrimonio immobiliare della Celestini,

precisando che ad oggi, sono stati aggiudicati e venduti ulteriori n. 11 lotti per l’importo di €

3.908.274,00; in buona sostanza, dal 2012 al 2017 sono stati incassati dalla Celestini, a titolo

di corrispettivo dell’alienazione dei beni trasferiti dalla provincia, complessivi € 5.114.274,00,

di cui versati alla Provincia di Lecce, in data 3 maggio 2017, solo € 400.000,00.

In altri termini, la Celestini, dopo più di un quinquennio dalla sua costituzione, ha incassato

come corrispettivo dell’alienazione degli immobili un importo minore (€ 5.114.274,00) rispetto

a quello versato alla provincia di € 6.000.000,00 (di cui € 5.600.000,00 proveniente, tra l’altro,

da indebitamento), e di gran lunga inferiore al corrispettivo di acquisto di tutti i beni considerati

(pari ad € 18.651.586,14).

I risultati concretamente perseguiti dalla provincia a seguito dell’operazione di finanziamento

de qua, quantomeno sotto il profilo delle condizioni di pagamento del corrispettivo di acquisto

concordato con la Celestini, sono ben lungi da quelli inizialmente programmati; basti pensare

che l’art. 3 dell’”Atto di trasferimento di immobili a titolo oneroso – ai sensi dell’art. 84 della

Legge n. 389 del 27 dicembre 2002” (cfr. Atto del Notaio Roberto Vinci n. 30778 di Repertorio),

con riferimento alle modalità di pagamento del prezzo, prevedeva il versamento di una prima

tranche di € 5.600.000,00 entro il 30 dicembre 2011, mediante indebitamento della Celestini

con Unicredit S.p.A. e indicava esplicitamente - in relazione all’utilizzo di tale somma - che le

parti “…dichiarano essere necessari per il rispetto del patto di stabilità per l’anno 2011…”, e

due successive quote di € 4.000.000,00 e di € 9.051.586,14 da estinguere rispettivamente

entro il 31 dicembre 2012 ed il 31 dicembre 2013.

Specificamente, € 4.000.000,00 erano anch’essi finalizzati a garantire il rispetto del patto di

stabilità per l’anno 2012, mentre € 9.051.586,14 si sarebbero dovuti versare “…senza interessi

con gli incassi derivanti dall’alienazione degli immobili oggetto del presente atto, e comunque

entro il 31 dicembre 2013…”. Si legge, inoltre, al medesimo articolo 3 cit. che ”… ad ogni buon

conto (…) la società porrà in essere le operazioni di vendita degli immobili oggetto del presente

atto e con i primi incassi derivanti dalle vendite estinguerà innanzitutto il mutuo che sarà acceso

con l’istituto di credito erogante e con il residuo salderà il debito con la Provincia…”.

Tale formulazione non sembra lasciare dubbi in merito all’intento principale dell’ente, che si

sostanziava, in estrema sintesi, nell’esigenza di garantire per gli esercizi finanziari 2011 e 2012

il rispetto del patto di stabilità, e di individuare come prioritaria ed immediatamente successiva

l’estinzione del mutuo da parte della società, ponendo solo in subordine il pagamento del debito

residuo alla Provincia medesima. E’ evidente che siffatte condizioni contrattuali, pur

rispondendo subitaneamente all’esigenza dell’ente di rispettare il patto di stabilità per il 2011

(la reversale d’incasso n. 7257 di € 5.600.000,00 è stata emessa in data 31 dicembre 2011),

hanno riversato e consolidato esclusivamente in capo alla Provincia di Lecce, il totale rischio

dell’operazione di cartolarizzazione che qui ne occupa.

pag. 29

Tali considerazioni trovano, tra l’altro, conferma nella grave situazione finanziaria in cui versa

l’ente, ormai senza soluzione di continuità, quantomeno dal 2010, e nel cospicuo disavanzo di

amministrazione registrato sia in sede di riaccertamento straordinario all’1° gennaio 2015, sia

nei rendiconti 2015 e 2016 (cfr. successivo punto 9).

8.2- L’inquadramento giuridico – profili d’indebitamento

Prima di approfondire le criticità sotto il profilo economico-finanziario, nonché le notevoli

ripercussioni avutesi nel tempo sul bilancio della provincia, a seguito della suddetta

cartolarizzazione, è opportuno soffermarsi su alcuni aspetti peculiari dell’operazione de qua, la

quale potrebbe configurarsi quale operazione d’indebitamento/anticipazione.

Con la conseguenza che i proventi accertati dalla provincia si sarebbero dovuti correttamente

imputare, al Titolo V dell’entrata con effetto sui saldi rilevanti ai fini del rispetto del patto di

stabilità, piuttosto che al Titolo IV.

L’art. 84, comma 1, della Legge n. 289/2002 (Finanziaria 2003) prevedeva che: “Le regioni, le

province, i comuni e gli altri enti locali sono autorizzati a costituire o a promuovere la

costituzione, anche attraverso soggetti terzi, di più società a responsabilità limitata con capitale

iniziale di 10.000 euro, aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di

cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione dei rispettivi patrimoni immobiliari…”.

Successivamente, l’art. 3 comma 17 della Legge n. 350/2003 (Finanziaria 2004), sempre con

riferimento alle operazioni di cartolarizzazione intraprese dagli enti locali stabiliva, nella sua

originaria formulazione che, a determinate condizioni, le cartolarizzazioni costituivano

indebitamento (per es. in presenza di garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e di

cessioni di credito vantate verso altre amministrazioni pubbliche).

Giova, a tal fine, richiamare anche le regole fissate da Eurostat a partire dal 2001 e,

segnatamente, quelle fissate a seguito della decisione metodologica n. 88 del 25 giugno 2007

- applicabili ratione temporis alla fattispecie considerata in questa sede - che, come evidenziato

nell’allegato 2 al DPCM 28 dicembre 2011, “…hanno ridotto di molto la possibilità di registrare

una vendita di asset al punto che non è lontano dal vero affermare che, per definizione, le

cartolarizzazioni siano sempre da registrare come prestito…”.

Del resto non si può ignorare che il d.lgs. n. 126/2014, intervenendo, peraltro, a colmare un

disallineamento tra la normativa nazionale e le regole comunitarie, abbia novellato l’art. 3

comma 17 della legge n. 350/2003, qualificando, tout court, come indebitamento tutte le

operazioni in parola.

In disparte le novità recate dal d.lgs. n. 126/2014 - cui pure può riconoscersi un’indubbia

valenza ermeneutica - è opportuno evidenziare come alla stregua dei richiamati principi

Eurostat, la registrazione di una vendita di asset sia subordinata alla sussistenza di stringenti

presupposti e, in particolare, tra gli altri, alla circostanza che “…la società veicolo sia una entità

privata e che non ricorrano le condizioni perché questa sia considerata a sua volta una pubblica

amministrazione…”.

La giurisprudenza contabile ha avuto modo di pronunciarsi, già in passato, in merito alla

pag. 30

possibile incidenza della contabilizzazione delle operazioni di cartolarizzazione sui saldi del patto

di stabilità; invero, in linea di principio, si ritiene che destino perplessità le cessioni a titolo

oneroso del patrimonio degli enti locali ad organismi partecipati, laddove, quest’ultimi - privi di

sufficienti risorse proprie - debbano necessariamente indebitarsi per reperire le relative fonti di

finanziamento, normalmente attingendo a mutui bancari.

Tali ipotesi potrebbero configurare un improprio “collegamento negoziale” tra il contratto di

vendita del patrimonio pubblico all’organismo partecipato – di per sé legittimo – ed il negozio

di mutuo attraverso cui l’organismo partecipato paga all’ente locale il prezzo di acquisto del

bene dell’ente socio.

Infatti, la complessiva operazione “triangolare” consentirebbe, per un verso, di non classificare

(solo formalmente) il suddetto finanziamento come indebitamento in capo all’ente locale, con i

conseguenti effetti favorevoli sul saldo del patto di stabilità, e per l’altro, l’ente socio finirebbe

per “ribaltare” il proprio indebitamento sull’organismo partecipato (cfr. in tal senso: Corte dei

conti, Sez. reg. per la Lombardia n. 531/PAR/2011).

Sarebbe, inoltre, configurabile sicuramente un’operazione d’indebitamento, nel caso in cui il

contratto di mutuo fosse direttamente garantito dall’ente locale (mediante fideiussione o lettera

di patronage forte), ovvero nell’ipotesi in cui le rate di mutuo fossero estinte avvalendosi della

liquidità fornita dal socio sotto forma di erogazione di contributo in favore della partecipata (cfr.

Corte dei conti, Sez. reg. per la Lombardia, deliberazione n. 459/PAR/2012 e Sez. reg. per le

Marche, deliberazione n. 189/PRSP/ 2014).

La costituzione della partecipata Celestini da parte della Provincia di Lecce (unitamente

all’operazione di cartolarizzazione realizzata mediante cessione di parte del patrimonio

immobiliare), sulla base di quanto accertato agli atti, è stata dichiaratamente, sin dall’inizio,

finalizzata a garantire il rispetto del patto di stabilità per gli esercizi 2011 e 2012, oltre ad

assicurare la copertura del disavanzo di amministrazione riveniente dal rendiconto 2010.

In tal senso, è evidente che gli obiettivi di riordino, gestione, valorizzazione del patrimonio

pubblico, mediante la privatizzazione dello stesso, ai quali è sicuramente tesa la normativa che

consente la costituzione ed operatività di società-veicolo (così com’è, per l’appunto, la

Celestini), non sono stati minimamente perseguiti dalla Provincia di Lecce (cfr. art. 84 della L.

n. 289/2002).

Il Collegio evidenzia, nel caso di specie, la sussistenza di alcuni elementi che potrebbero indurre

a ritenere possibile l’inquadramento della fattispecie de qua, nell’ambito di un’operazione

d’indebitamento.

Invero, la giurisprudenza contabile, interpretando e facendo propri i criteri con cui Eurostat

verifica il rispetto da parte dell’Italia degli obiettivi posti dai Trattati, ha ritenuto che

“…l’operazione può essere registrata come una vendita soltanto se è stato realizzato il

trasferimento della proprietà - intesa in senso economico - che si verifica quando la SPV

(società-veicolo) assume per intero i rischi ed i benefici generali degli asset…” (cfr. Corte dei

conti, SS.RR., sentenza n. 25/2015/EL).

pag. 31

Alla luce del quadro tratteggiato, è possibile – in disparte la posizione della Amministrazione

provinciale quale socio di riferimento titolare cui spetta la direzione ed il coordinamento ex art.

2497 c.c. - che la Celestini non abbia assunto per intero i rischi ed i benefici generati dagli

asset.

La suddetta finalità potrebbe essere stata, almeno in parte, disattesa ove si consideri che i

rapporti intercorrenti tra la Provincia di Lecce e la società partecipata Celestini, così come

definiti dall’atto costitutivo della società, dall’atto di trasferimento degli immobili e dalla

Convenzione tra Provincia e Società Celestini (allegato C alla deliberazione C.C. n. 69/2011),

sembrano palesare la presenza di taluni vincoli di ordine gestionale, finanziario ed

organizzativo.

Osserva il Collegio che i seguenti profili potrebbero essere indicativi della sussistenza di una

forma di dipendenza funzionale della Celestini nei confronti dell’ente socio:

- la provincia mantiene le polizze assicurative in essere sugli immobili ceduti alla Celestini

(cfr. art. 5 della convenzione cit.);

- la Celestini non ha personale proprio in quanto utilizza i dipendenti della provincia

(facoltà riconosciuta ai sensi dell’art. 12 della convenzione cit.);

- la sede della Celestini coincide con quella della provincia;

- sono riservate alla competenza della provincia, tra le altre, le decisioni sull’assunzione

di mutui (cfr. art. 9 dell’atto costitutivo della società);

- alla provincia sono riconosciute eventuali plusvalenze (dedotte eventuali minusvalenze

nel frattempo verificatesi nonché gli oneri di gestione della società) derivanti dalla

cessione degli immobili, mediante apposita delibera in sede di destinazione del risultato

di esercizio (cfr. art. 9 comma 4 della convenzione cit.);

- la provincia ha prestato a garanzia del mutuo stipulato dalla Celestini con Unicredit

S.p.A., una lettera di “patronage cd. debole”.

Con specifico riferimento alla previsione di cui al suindicato art. 9, comma 4 della Convenzione

tra Provincia e Società Celestini (allegato C alla deliberazione C.C. n. 69/2011), osserva il

Collegio che il riconoscimento a favore della provincia di eventuali plusvalenze derivanti dalla

cessione degli immobili, evidenziate nel bilancio della società, sembrerebbe integrare una

clausola contrattuale che presenta alcune similitudini con l’istituto della vendita con clausola di

prezzo differito (DPP). Quest’ultima prevede che la società-veicolo, oltre al controvalore

dell’emissione versato all’inizio dell’operazione, versi all’originatur al termine della stessa le

risorse che eventualmente residuino dopo che la società-veicolo ha onorato tutti i suoi obblighi

(verso gli obbligazionisti, le società che svolgono servizi connessi all’operazione ecc.).

Il pagamento di un DDP si configurerebbe, infatti, come una mancata cessione alla società-

veicolo dei benefici derivanti dagli asset; la suddetta clausola (DDP) sarebbe “…connaturata

alle operazioni di cartolarizzazione e quindi la registrazione come prestito è praticamente

certa…” (cfr. Corte dei conti, SS.RR., sentenza n. 25/2015/EL). In altri termini, la presenza di

siffatta clausola contrattuale configurerebbe un’ipotesi di indebitamento, precludendo l’effettivo

pag. 32

trasferimento della proprietà - intesa in senso economico (nell’accezione di assunzione per

intero, da parte della SPV, dei rischi e dei benefici generali degli asset) - dall’originatur alla

società-veicolo.

Sotto diverso profilo, anche il rilascio da parte della Provincia di Lecce della “lettera di patronage

cd. debole”, a garanzia del mutuo stipulato dalla Celestini con Unicredit S.p.A., potrebbe essere

considerato come un elemento individualizzante la stretta connessione tra l’organismo

partecipato e l’ente locale, e determinare, comunque, nei termini di seguito illustrati, dei profili

di responsabilità per la Provincia-patrocinante.

Le lettere di patronage (traducibile in italiano come “lettere di presentazione”) sono delle

dichiarazioni, generalmente redatte in forma epistolare, rilasciate ad una banca o ad un diverso

ente creditore da un soggetto (di solito una società capogruppo o una società controllante),

detto patron, in sostituzione di una fideiussione vera e propria al fine di ottenere, rinnovare o

mantenere un finanziamento in favore di un determinato soggetto (detto patronnant).

Costituiscono, per lo più, uno strumento di garanzia atipico, alternativo alle garanzie personali

tipiche, e sono rilasciate in presenza dell’interesse a favorire l’erogazione del credito; fermo

restando che il dichiarante assume, comunque, un impegno meno stringente rispetto alla

fideiussione.

La funzione tipica delle dichiarazioni contenute in tali lettere di gradimento non consiste

propriamente nel “garantire” l’adempimento altrui, nel senso tecnico delle garanzie personali

specificamente previste dal legislatore. Infatti, mentre in queste ultime il garante assume

l’obbligo di eseguire la prestazione dovuta dal debitore principale, la funzione propria della

lettera di patronage va ravvisata nel tentativo di rafforzare nel creditore il convincimento che

il patrocinato farà fronte ai propri impegni. In altri termini, la lettera di patronage è diretta alla

promozione del credito mediante il ricorso a forme di garanzia atipiche. In particolare, mediante

tale strumento si forniscono ai creditori delle rassicurazioni - di valore tanto più pregnante,

quanto più stretto è il rapporto tra il patrocinante e il patrocinato - in merito al buon esito delle

operazioni di finanziamento. In considerazione di ciò, è evidente che non può negarsi alle

dichiarazioni di patronage qualsiasi valore giuridico, dal momento che esse sono spesso

collegate ad operazioni di notevole rilievo economico.

La rilevanza giuridica delle lettere di patronage varia a seconda del loro contenuto, che può

avere natura informativa o impegnativa, per cui è possibile distinguere lettere di patronage

“forti” e “deboli”, in base agli obblighi assunti dalla società capogruppo o controllante.

Le lettere a carattere impegnativo, dette lettere forti, danno vita ad un’assicurazione di

solvibilità in quanto, contengono dichiarazioni con le quali il patrocinante assume, nei confronti

del destinatario uno o più obblighi, quali quello di mantenere il soggetto controllato in condizioni

patrimoniali tali da permettere la restituzione del finanziamento. In caso d’inadempimento della

prestazione restitutoria del patrocinato, ed in considerazione della natura negoziale del

rapporto, si configurerebbe una responsabilità del patronnant ex art. 1218 c.c. che esporrebbe

il patrocinante ad una responsabilità di tipo contrattuale.

pag. 33

Le lettere a carattere informativo o assertivo, dette anche lettere deboli, sono quelle in cui il

patrocinante si limita a dichiarare la sua partecipazione di influenza o di controllo sul pacchetto

azionario della società controllata o a dare informazioni sulle condizioni patrimoniali,

economiche e finanziarie. In tali ipotesi, pur non potendosi configurare l’assunzione di obblighi

di natura negoziale in capo al patrocinante, è possibile, comunque, ritenere sussistente la

responsabilità precontrattuale del patrocinante, in quanto viene, “…ad inserirsi nello

svolgimento di trattative avviate tra altri soggetti proprio al fine di agevolarne la positiva

conclusione, creando così ragionevoli aspettative sul buon esito dell’operazione; la sua

posizione è quindi ben diversa da quella di un terzo che “accidentalmente” venga ad interferire

in una vicenda precontrattuale a lui estranea, e tale diversità è sufficiente a giustificare

l’applicazione di quelle regole di diligenza, di correttezza e di buona fede, dettate proprio al fine

di evitare che gli interessi di quanti partecipano alle trattative possano essere pregiudicati da

comportamenti altrui scorretti (art. 1337 cod. civ.) o anche negligenti (art. 1338 cod. civ.) (in

questi termini, ad esempio, Cass. civ., sez. I, 27 settembre 1995, n. 10235)…” (Cfr., da ultimo:

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 5/2018).

Alla luce di quanto suesposto, quindi, la sottoscrizione della lettera di “patronage debole” da

parte della Provincia di Lecce, in occasione del mutuo stipulato dalla Celestini con Unicredit

S.p.A., pur non integrando propriamente uno strumento di garanzia tipico (fideiussione o

lettera di “patronage forte” che comproverebbe, senza alcun dubbio, la natura d’indebitamento

della cartolarizzazione), sembrerebbe, comunque, confermare, una sorta di contiguità,

quantomeno sotto il profilo finanziario, tra l’ente socio e l’organismo partecipato; in disparte,

la possibile configurazione di una responsabilità precontrattuale in capo alla Provincia di Lecce

nell’ipotesi d’inadempienza contrattuale della Celestini.

Sebbene la descritta cartolarizzazione posta in essere dalla Provincia di Lecce,

complessivamente considerata, presenti - come detto - molteplici profili che inducono a

considerarla ai limiti di una vera e propria operazione d‘indebitamento, nondimeno, ritiene il

Collegio che nella fattispecie non siano sussistenti tutti quegli elementi (rilascio di una

fideiussione o di lettera di patronage forte, riconoscimento di un contributo, pagamento delle

rate di mutuo, trasferimento ad hoc di beni sui quali apporre un’ipoteca, presenza della clausola

di pagamento del prezzo differito ecc.) in presenza dei quali, secondo la sopra richiamata

normativa e giurisprudenza, è integrabile, senza ombra di dubbio, una sottostante operazione

di tal genere.

8.3- Effetti economico-finanziari sul bilancio della Provincia

Così come già diffusamente affermato in precedenza, la costituzione della Celestini e la

cartolarizzazione posta in essere dalla Provincia di Lecce hanno avuto, sin dall’inizio,

dichiaratamente, se non esclusivamente, l’obiettivo di garantire il rispetto del patto di stabilità

per il 2011 e di coprire il disavanzo di amministrazione registrato nel consuntivo 2010, oltre

che di creare una certa liquidità, considerata la sussistenza di un consolidato deficit di cassa.

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Sebbene il rispetto del patto di stabilità ed il finanziamento del disavanzo siano stati perseguiti

nell’immediatezza, è innegabile che l’operazione finanziaria de qua, valutata nel suo

complessivo svolgimento e verificata nella sua effettiva attuazione, non solo non ha mai

concretizzato il reperimento delle risorse finanziarie programmate (né per l’ente socio, né per

la società), ma, al contrario, ha sortito notevoli, quanto irreversibili, ripercussioni negative sul

bilancio della provincia (cfr. successivo punto 9).

Invero, in disparte la circostanza, seppur grave, che la Celestini non poteva diventare operativa

sino al rilascio delle relative autorizzazioni da parte della Sovrintendenza, avvenuto solo alla

fine del 2012, non può sottacersi che la mancata alienazione a terzi dei beni immobili trasferiti

- quantomeno fino al 2014 e, comunque, avvenuta in tale anno solo per l’esiguo importo di €

1.206.000,00 - ha determinato la formazione di ingenti perdite e l’erosione del capitale sociale

nei bilanci di esercizio 2013 e 2014. Il Consiglio Provinciale con le deliberazioni n. 32/2013 e

n. 4/2014, ha approvato la ricapitalizzazione della Celestini autorizzando il versamento

rispettivamente di € 95.674,00 e di € 435.570,00 al fine di ricostituire il capitale sociale e di

coprire le suddette perdite.

Per quanto sopra osservato, è di tutta e lampante evidenza che, per un verso, l’aspettativa di

incassare consistenti entrate da alienazioni (cfr. art. 3 dell’”Atto di trasferimento di immobili a

titolo oneroso) non si è certamente realizzata nei tempi programmati, e secondo le previsioni

di bilancio, e per l’altro, che gli oneri sostenuti e, per vero, conseguenti esclusivamente

all’assoluta irrealizzabilità dell’operazione di cartolarizzazione, si sono, de facto, completamente

riversati sul bilancio della provincia, e risolti in un probabile danno.

Le criticità rilevate nella gestione della cassa, con particolare riferimento alla presenza di un

cospicuo scoperto di tesoreria (€ 1.471.336,88 nel 2013 ed € 111.932,17), non sembrerebbero,

ad avviso del Collegio, del tutto estranee alle complesse vicende finanziarie che hanno

coinvolto, nello specifico, la gestione della Celestini e, più in generale, l’intera operazione di

cartolarizzazione degli immobili.

Infatti, al 31 dicembre 2013 l’ente, in realtà, poteva disporre di un saldo positivo di cassa di €

5.887.004,59, il quale, tuttavia, risultava vincolato “…impropriamente…” dall’istituto tesoriere

(Unicredit) per l’importo di € 5.599.998,00 “… in quanto rivenienti dalla vendita degli immobili

alla Celestini…” (cfr. precedente punto 1). Considerato che, come si è avuto già modo di

illustrare, la somma di € 5.599.998,00 (corrispondente ad una quota del prezzo versato dalla

società partecipata Celestini alla Provincia per l’acquisto degli immobili) derivava interamente

dal mutuo che la Celestini aveva assunto con Unicredit S.p.A., non appare improbabile al

Collegio che l’istituto tesoriere, mediante l’apposizione del vincolo sulla cassa, avesse inteso

ottenere dalla Provincia di Lecce una sorta di garanzia (di fatto) per la solvenza del mutuo

erogato, per l’appunto, alla Celestini.

Tali conclusioni appaiono ancora più fondate se si considera che, dalla corrispondenza

intercorsa tra il Presidente della Provincia di Lecce ed i dirigenti di Unicredit S.p.A. relativa

all’istanza di svincolo del “…sottoconto di tesoreria – incassi 2011 Celestini S.r.l...” emerge che

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alla riunione organizzata a tal fine ha partecipato l’amministratore unico della Celestini. Ove

non vi fosse stata una stretta connessione tra la liquidità di cui disponeva la provincia e la

(in)solvenza del mutuo erogato a favore della Celestini, è evidente che la presenza

dell’amministratore della partecipata, in tale occasione, sarebbe stata del tutto ultronea ed

immotivata.

Inoltre, non può ignorarsi come lo svincolo delle suddette somme (e quindi della cassa) si è

verificato solo nel 2015, ovvero quando, a seguito del finanziamento contratto con la Banca

Monte dei Paschi, la Celestini ha quasi integralmente estinto il mutuo stipulato con Unicredit

s.p.A., facendo, pertanto, venire meno il paventato rischio d’insolvenza.

Nel corso della discussione orale, i rappresentanti della Provincia di Lecce, pur non confermando

lo stretto collegamento tra l’apposizione dei vincoli di cassa e lo stato di insolvenza della

Celestini, hanno dichiarato di non poter escludere che ricorresse, all’epoca, una tale evenienza.

Alla luce di quanto suesposto, il Collegio non può esimersi dal censurare fortemente, e nel suo

complesso, l’operazione finanziaria di cartolarizzazione de qua, sia in quanto è risultata

strumentale al perseguimento di obiettivi (per es. rispetto del patto di stabilità) del tutto

estranei e difformi da quelli previsti ed auspicati dalla normativa disciplinante la soggetta

materia (riordino, gestione, valorizzazione del patrimonio pubblico), sia per le gravi ed

incontrovertibili ripercussioni determinatesi sul bilancio della provincia (cfr. successivo punto

9).

8.4- Altre irregolarità finanziarie

Nell’ambito dell’operazione di cartolarizzazione che qui ne occupa, è stato disposta anche

l’alienazione dell’immobile “Questura”, stimato per € 4.080.000,00 e trasferito alla Celestini al

prezzo di € 3.468.000,00. Tuttavia, l’ente con provvedimento consiliare n. 19 dell’11 maggio

2015 ad oggetto: “Riequilibrio di bilancio ex art. 193, D.Lgs n. 267/2000” ha deliberato di

considerare, ai fini del riequilibrio, le risorse rivenienti dai provvedimenti di cui alla Circolare

n.1/2015 della Funzione Pubblica e del Comunicato del 27/3/2015 della Cassa Depositi e

Prestiti, pari complessivamente ad € 19.000.000,00, di cui € 4.000.000,00 derivanti

dall’alienazione dell’edificio “Questura” ad INVIMIN per finanziare spesa corrente. Nel

medesimo provvedimento si dispone anche di “…incaricare gli uffici a verificare l’alienazione

alla società Invimit del patrimonio attualmente di proprietà della Celestini s.r.l. attivando, in

caso di riscontro negativo, le azioni finalizzate alla alienazione da parte della Provincia previo

riacquisizione degli immobili interessati…”. Ulteriori approfondimenti hanno confermato che la

Provincia, in sede di riequilibrio, ha individuato e stanziato, tra gli altri, l’importo di €

4.000.000,00, ancorché, poi, in sede di rendiconto 2015, non è stato contabilizzato il relativo

accertamento. Nel corso della discussione orale, il Presidente della Provincia ha specificato che

l’alienazione della Questura alla società INVIMIT (Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A.)

era stata, all’epoca, sollecitata dal Ministero dell’Interno.

Il Collegio, pur prendendo atto di quanto dichiarato, manifesta alcune perplessità sulla

pag. 36

correttezza contabile della suindicata operazione. Infatti, la Provincia di Lecce, in sede di

approvazione del provvedimento di riequilibrio ex art. 193 del D.L.gs n. 267/2000 (TUEL), ha

previsto e stanziato, con effetto sul bilancio 2015, un’entrata riveniente dall’alienazione di un

immobile (per l’appunto la Questura) di cui non possedeva il titolo, avendolo già trasferito -

quantomeno formalmente - alla Celestini; né vale a superare il rilievo, la mera intenzione

manifestata dalla Provincia di riacquistare eventualmente il bene de quo (cfr. pag. 6,

deliberazione C.P. n. 19/2015). Inoltre, non può ignorarsi che l’ente non avrebbe potuto,

comunque, in sede di adozione del provvedimento di riequilibrio, prevedere il suddetto

stanziamento, in quanto l’accertamento dello stesso importo, ed in presenza del medesimo

titolo giuridico era stato già contabilizzato nel rendiconto 2011, e risultava iscritto tra i residui

attivi. Anche il mancato accertamento di tale entrata nel rendiconto della provincia, a fine

esercizio 2015, non può certamente sanare la grave irregolarità posta in essere; invero, il

Collegio ritiene che è stata indebitamente utilizzata un’entrata inesistente - nei termini

suindicati - per garantire una previsione di copertura ai sensi dell’art. 193 TUEL.

Tali conclusioni appaiono ancora più fondate se si considera che nel 2015 permaneva, in capo

alla Provincia di Lecce, una situazione di grave difficoltà finanziaria, che aveva determinato il

responsabile del settore bilancio ad effettuare le segnalazioni di cui all’art. 153 comma 6 del

D.Lgs n. 267/2000 (TUEL); nello specifico, la norma prevede che nel caso in cui viene rilevato

che la gestione delle entrate o delle spese correnti evidenzia “…il costituirsi di situazioni - non

compensabili da maggiori entrate o minori spese - tali da pregiudicare gli equilibri del

bilancio…”, entro trenta giorni dal ricevimento della segnalazione, il consiglio provvede al

riequilibrio a norma dell'articolo 193 del TUEL, adottando tutte le misure necessarie a

ripristinare il pareggio di bilancio.

La mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata

approvazione del bilancio di previsione di cui all'articolo 141, con applicazione della procedura

prevista dal comma 2 del medesimo articolo.

Proprio alla luce di quanto suesposto, è evidente che il provvedimento di cui all’art. 193 TUEL,

a maggior ragione se assunto in presenza di una situazione di grave squilibrio, così come è

avvenuto per la Provincia di Lecce, deve prevedere misure d’intervento finanziario risolutive ed

attendibili, non potendosi ammettere, in alcun modo, la contabilizzazione in bilancio di

previsioni illegittime ed inverosimili.

9. L’operazione di riaccertamento straordinario dei residui al 1.1.2015

La Sezione ha preso in esame l’operazione di riaccertamento straordinario dei residui al

1.1.2015 della Provincia di Lecce, approvata con provvedimento del Presidente della Provincia

n. 43 del 12/05/2015 (allegato alla nota di risposta del 19 settembre 2016), all’esito del quale

sono emerse talune criticità.

Dall’analisi della documentazione inviata è emerso che l’ente, a seguito della rideterminazione,

ha registrato all’1.1.2015 un risultato di amministrazione negativo. In particolare, l’ente ha

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chiuso con disavanzo da riaccertamento straordinario dei residui pari ad € 11.235.727,36, di

cui tecnico per € 6.660.333,24 (differenziale tra i residui passivi reimputati di parte capitale

pari ad € 128.460.370,55 ed i residui attivi reimputati di parte capitale pari ad €

135.120.703,79).

Con deliberazione di Consiglio provinciale n. 26 del 22 giugno 2015, sono state approvate, ai

sensi dell’art. 3 comma 7 del D.Lgs. n. 118/2011, le modalità di ripiano del disavanzo da

riaccertamento straordinario. Nello specifico, l’ente si è avvalso della possibilità di ripianare

l’interno disavanzo pari ad € 11.235.727,36 in 30 quote annuali costanti di € 374.525,00

ciascuna (secondo quanto disposto dal d.m. del 2 aprile del 2015), disponendo per gli esercizi

2015, 2016 e 2017, una copertura mediante alienazione di beni patrimoniali.

A tal proposito, in sede di osservazioni, il magistrato istruttore ha chiesto un prospetto

dimostrativo dell’avvenuta copertura della quota di disavanzo da riaccertamento straordinario

per gli anni 2015-2016-2017, unitamente ai riferimenti contabili ed alla indicazione degli

immobili alienati, in esecuzione di quanto disposto nella richiamata deliberazione di Consiglio

provinciale n. 26 del 22 giugno 2015 di ripiano del disavanzo.

L’ente, con memorie in data 2 febbraio 2018 (acquisite al prot. n. 342 cdc del 5.02.2018), ha

rappresentato che la previsione di vendita dei beni patrimoniali non è stata più realizzata poiché

la Provincia, investita dalla riforma, non ha potuto attivare le pratiche di alienazione. Tuttavia,

nulla è stato riferito in merito alle coperture alternative utilizzate per il suddetto ripiano.

In effetti, successive verifiche sui dati di rendiconto 2015, hanno fatto venire in emersione che

l’ente ha chiuso l’esercizio con un disavanzo di amministrazione pari ad € -31.082.790,07. Alla

luce di tale circostanza, pertanto, si evince che l’ente non solo non ha recuperato la quota di

disavanzo da riaccertamento al 31.12.2015, ma ha anche chiuso l’esercizio con un maggior

disavanzo (da € -11.235.727,36 al 1.1.2015 ad € 31.082.790,07 al 31.12.2015).

Prima dell’adunanza pubblica, il magistrato istruttore ha richiesto il provvedimento di ripiano

del maggior disavanzo ed un prospetto dettagliato circa le modalità di copertura del maggior

disavanzo di amministrazione determinato al 31.12.2015, unitamente alla copertura delle

quote del disavanzo da riaccertamento straordinario, e dei prospetti sintetici di bilancio 2016-

2018 rappresentativi della quota di disavanzo applicato da recuperare.

L’ente ha trasmesso la deliberazione di Consiglio provinciale n. 62 del 8.11.2016 di

approvazione del Bilancio 2016 (cfr. allegato c delle memorie integrative acquisite al prot. 753

cdc del 19.03.2018), con cui l’ente disponeva il ripiano delle due quote di disavanzo da

riaccertamento straordinario (2015-2016), e la quota di maggior disavanzo del 31.12.2015

applicato negli esercizi 2016 e 2017 (ripiano in due quote). Da una verifica della Banca dati

“BDAP” è emerso, infine, che la Provincia di Lecce ha chiuso l’esercizio 2016 con un disavanzo

di amministrazione pari ad € € -27.941.492,25.

L’analisi dell’operazione di riaccertamento straordinario dei residui all’1.1.2015 ha riguardato

anche ulteriori aspetti; nello specifico, si è verificata la reimputazione dei residui attivi e passivi

e la determinazione del FCDE al 1.1.2015. All’esito di tale verifica, sono emerse alcune

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incongruenze che inducono a dubitare sulla correttezza e sulla conformità dell’operazione ai

principi contabili generali e applicati di cui al D.Lgs. n.118/2011.

Con riferimento al primo aspetto, sembrerebbe che l’ente abbia effettuato delle reimputazioni

improprie di residui attivi. Dalla lettura degli elenchi, infatti, è emerso che l’ente ha reimputato

residui attivi di parte capitale (titolo IV e V codifica DPR 194/1996) molto vetusti (es. anno

1998), per i quali sarebbe estremamente insolito ritenere che possa trattarsi di obbligazioni

non ancora giunte a scadenza, né dalla motivazione inserita in corrispondenza del residuo

stesso risulta confermata tale circostanza. Si rammenta, infatti, che la reimputazione agli

esercizi successivi, secondo i principi contabili armonizzati, deve avvenire nel caso in cui gli

stessi non siano ancora giunti a scadenza e pertanto, sono da considerarsi inesigibili.

Un altro aspetto che rende la reimputazione operata dalla Provincia di Lecce chiaramente

contraria ai principi contabili armonizzati, è quello relativo alla reimputazione di residui attivi

iscritti a valere sul Titolo V aventi ad oggetto mutui (anch’essi vetusti). Il principio contabile

applicato concernente la contabilità finanziaria (allegato n. 4/2 al D.lgs. n.118/2011) dispone

che, nel caso di mutuo tradizionale, la somma è esigibile al momento della stipula del contratto

o dell’emanazione del provvedimento (cfr. pag. 13 del principio). Alla luce della nuova

normativa, pertanto, devono considerarsi reimputabili le sole somme derivanti dalla stipula di

mutui flessibili, introdotti da Cassa Depositi e Prestiti a decorrere dalla fine del 2005.

Considerato che i mutui in questione sono stati contratti dalla Provincia di Lecce anteriormente

all’anno 2005, non sembrerebbero rientrare in questa categoria. In ogni caso, non avendo

l’ente relazionato in merito, il rilievo risulta confermato.

Dagli elenchi sono state riscontrate ulteriori reimputazioni, a valere sul Titolo III delle entrate,

concernenti residui attivi (gran parte degli stessi risalgono al periodo 1978 - 1998).

Il magistrato istruttore alla luce di tali criticità, ha chiesto di relazionare in merito, e di fornire

la motivazione giuscontabile che aveva indotto l’ente ad operare tali reimputazioni, considerato

che gli stessi elenchi non riportavano la motivazione nell’apposita colonna (cfr. Provvedimento

del Presidente n. 43/2015).

L’ente si è limitato a rappresentare, sia nelle memorie che in sede di adunanza, che l’operazione

di riaccertamento straordinario è risultata essere molto complessa e che, ad ogni modo, in

occasione dell’approvazione del Rendiconto 2017 sarebbe stato effettuato un riaccertamento

ordinario dei residui più accurato.

Per quanto concerne la modalità di determinazione del FCDE all’1.1.2015, dal prospetto di

calcolo allegato al questionario preventivo 2015, compilato ed inserito nella banca dati SIQUEL,

è emerso che l’ente ha escluso alcune entrate suscettibili di essere svalutate. Nello specifico,

tra le altre, infatti, non è stata inclusa la somma relativa ai residui attivi iscritti al titolo III

derivanti dai dividendi non percepiti dalla società partecipata “ALBA service” (società messa in

liquidazione in data 17.11.2015). L’ente ha confermato, nelle memorie, che tali somme sono

state escluse solo in sede di determinazione del fondo crediti di dubbia esigibilità all’1.1.2015,

mentre le stesse sono state considerate nel calcolo, con una percentuale di svalutazione pari

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al 100%, del fondo determinato a rendiconto 2015 e 2016.

Un’ulteriore esclusione dalla determinazione del FCDE, ha riguardato i residui concernenti i fitti

attivi; invero, la Provincia di Lecce, dopo aver confermato tale esclusione ha dimostrato che

l’importo del FCDE a rendiconto 2016, non è stato, in ogni caso, sottostimato in quanto è stata

inclusa la svalutazione dei crediti vantati verso i Comuni a titolo di TEFA. Quest’ultimi, com’e

noto, essendo crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche, potevano essere esclusi dal

calcolo del FCDE.

La Sezione, in ogni caso, rinvia la verifica relativa alla congruità del FCDE al 31.12.2015 e al

31.12.2016, in occasione dell’esame dei rispettivi rendiconti.

In sede di misure correttive la Provincia di Lecce dovrà individuare le obbligazioni attive e

passive giuridicamente perfezionate ed esigibili nell’esercizio in corso e nei due seguenti,

assicurando la corretta applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 118/2011 e principi

contabili allaegati.

PQM

la Sezione regionale di controllo per la Puglia nell’esercizio delle funzioni conferite dall’art. 1

comma 166 e ss. della L. n. 266/2005 e dall’art. 148 bis TUEL, in relazione agli esiti del controllo

sul rendiconto degli esercizi finanziari 2012, 2013 e 2014 della Provincia di Lecce adotta

specifica pronuncia accertando che costituiscono irregolarità suscettibili di pregiudicare, in

prospettiva, gli equilibri economico-finanziari dell’Ente:

- le criticità nella gestione dei flussi di cassa, reiterato ricorso all’anticipazione di tesoreria e

sussistenza di vincoli di cassa;

- i debiti fuori bilancio (rendiconto 2012-2013-2014) e mancato accantonamento del fondo

rischi e contenzioso;

- le anomalie di contabilizzazione nei servizi conto terzi;

- la tempestività dei pagamenti e la violazione parametro deficitario n. 2 (rendiconto 2012-

2013-2014);

- le problematiche inerenti ai contratti di finanza derivata;

- il mancato allineamento dei debiti e crediti con le società partecipate;

- le gravi criticità derivanti dall’operazione di cartolarizzazione del patrimonio immobiliare

mediante la costituzione della Celestini s.r.l.;

- la violazione dell’art. 193 del D.Lgs n. 267/2000 in occasione dell’adozione delle misure di

riequilibrio di bilancio, riferite all’esercizio finanziario 2015;

- i rilievi evidenziati in parte motiva sulle modalità di riaccertamento straordinario dei residui.

DISPONE

1) che da parte dell’ente siano adottate le opportune misure correttive idonee a superare

definitivamente le rilevate criticità, oltre a quelle espressamente richieste in parte motiva;

pag. 40

2) che la presente pronuncia sia trasmessa, a cura della Segreteria, al Presidente della

Provincia di Lecce, al Presidente del Consiglio provinciale affinché ne dia tempestiva

comunicazione all’Organo consiliare ed all’Organo di revisione, per gli adempimenti di cui all’art.

239 del TUEL;

3) che l’Organo di revisione dell’Ente svolga, in merito a quanto riportato nella presente

deliberazione, una attenta attività di controllo e vigilanza riferendo a questa Sezione ogni

aspetto rilevante;

4) che la presente deliberazione sia trasmessa alla Procura regionale della Corte dei conti

per le valutazioni di competenza;

5) che la deliberazione consiliare di presa d’atto della presente pronuncia da parte

dell’ente e tutti i provvedimenti richiesti nella presente deliberazione, se non diversamente

previsto, dovranno essere adottati dalla Provincia entro il termine di 60 giorni dalla

comunicazione del deposito della deliberazione. Tali atti dovranno essere trasmessi a questa

Sezione, unitamente alla attestazione dell’avvenuto adempimento dell’obbligo di pubblicazione

della presente deliberazione disposto dall’art. 31 del D.Lgs. n. 33/2013, nei successivi 30 giorni.

Così deciso, in Bari, il giorno 23 marzo 2018

Il Relatore Il Presidente

F.to Rossana De Corato F.to Agostino Chiappiniello

Depositata in Segreteria il 21 giugno 2018

Il Direttore della Segreteria

F.to Marialuce Sciannameo