reclamo e della mediazione tributaria · 2014-04-02 · 6.3 riscossione in pendenza di giudizio...
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Processo Tributario
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Reclamo e della mediazione tributaria:
disamina e brevi considerazioni a distanza di un anno dalla loro entra in vigore
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COMMISSIONE DI STUDIO U.N.G.D.C.E.C.
“PROCESSO TRIBUTARIO”
D E L E GA TO D I GIU N TA M A RIA TE RE SA M O RE L L I B A RI E TRA N IPRE SID E N TE FA N A RA RE N A TO TRE N TOSE GRE TA RIO D E SA RIO M IC H E L E B A RI E TRA N ICOM PON EN TE ADDAZIO SIM ON A BEN EVEN TOCOM PON EN TE CAPUTO M ARIA N APOLICOM PON EN TE CIAN CIAN AIN I RICCARDO M ASSACOM PON EN TE CICERO PIER VIN CEN ZO CATAN IACOM PON EN TE CICIN ELLI CATERIN A BARI E TRAN ICOM PON EN TE CRAM AROSSA M ARCO BARI E TRAN ICOM PON EN TE D'ALTERIO LUIGI N APOLICOM PON EN TE DELL 'IN N OCEN TI M ATTEO PISACOM PON EN TE DON EDDU GUIDO CAGLIARI COM PON EN TE ERRICO ILEN IA ROM ACOM PON EN TE FIN OTTI GIUL IA ROVIGOCOM PON EN TE GIACALON E DAN IELE PALERM OCOM PON EN TE LAZZIN I LARA M ASSACOM PON EN TE M ELI ROSA AN N A RITA AN CON ACOM PON EN TE N OLI REM O TERAM OCOM PON EN TE PAPA VALEN TIN A ROM ACOM PON EN TE SALVATORE AM ICO CATAN IACOM PON EN TE SAN N IBALE FLORA ROM ACOM PON EN TE SAN TAM ARIA M ARIA DOM EN ICA BEN EVEN TOCOM PON EN TE SCH IAVO ELEN A ROM A
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SOMMARIO
Introduzione pag. 4
1. Inquadramento generale degli istituti e della normativa applicabile
1.1 Normativa e prassi di riferimento pag. 6
1.2 Estensione dell’ambito di applicazione dell’istituto agli atti emessi dagli Uffici Provinciali del
Territorio: la Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 28/12/2012 n. 49/T
pag. 7
1.3 L’Ufficio competente pag. 10
2. Gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate
2.1 Considerazioni generali pag. 12
2.2 Gli avvisi di accertamento pag. 13
2.2.1 Accertamenti c.d. “esecutivi” pag. 14
2.3 Gli avvisi di liquidazione pag. 17
2.4 I ruoli e gli atti dell'Agente della Riscossione pag. 17
2.4.1 Criticità del ricorso/reclamo in presenza di vizi del ruolo e della cartella di
pagamento pag. 18
2.4.2 Omessa notifica di atti presupposti pag. 20
2.5 Gli atti volti al recupero di aiuti di Stato pag. 21
3. Natura giuridica del reclamo pag. 24
4. Il reclamo
4.1 Accertamento con adesione e reclamo pag. 26
4.2 Motivi di ricorso pag. 29
4.3 La sospensione della riscossione pag. 30
4.4 Documenti da depositare pag. 32
4.5 Termini per la notifica pag. 33
4.6 Inammissibilità pag. 35
4.7 Accoglimento totale o parziale pag. 36
5. La mediazione pag. 40
5.1 La mediazione ed altre forme deflattive del contenzioso pag. 40
6. Instaurazione del processo
6.1 La costituzione in giudizio pag. 42
6.1.1 Decorrenza, termini e modalità costituzione in giudizio del contribuente pag. 42
6.2 Inapplicabilità della conciliazione giudiziale pag. 47
6.3 Riscossione in pendenza di giudizio pag. 47
6.4 La tutela cautelare pag. 51
6.5 Le spese processuali pag. 53
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7. Società di persone e procedimento del reclamo pag. 55
8. Considerazioni conclusive e spunti di riflessione pag. 58
L'elaborazione dei tesi, anche se curata con scrupolosa attanzione, non comporta né sostituisce una prestazione professionale e non può
comportare specifiche responsabilità per involontari errori o inesattezze.
Introduzione
Nel mese di luglio del 2011 è stato introdotto nell'apparato normativo del D.Lgs. n. 546/92
l'art 17 bis.
La disposizione in esame regolamenta l'impugnazione degli atti impositivi dell'Agenzia delle
Entrate notificati a decorrere dal 1° aprile 2012 mediante i quali vengono recuperate
dall'Amministrazione maggiori imposte per importi non superiori ad euro 20.000,001
L'instaurazione della controversia attraverso il reclamo è imposta dal comma 2 del succitato
articolo che sanziona l'omissione con l'inammissibilità del ricorso, rilevabile d'ufficio in ogni
stato e grado del giudizio.
.
Il legislatore con la norma in questione ha voluto introdurre nel panorama dei provvedimenti
deflattivi del contenzioso una procedure che, senza soluzione di continuità, attiva prima una fase
di natura squisitamente amministrativa. In tale fase, l'atto notificato deve obbligatoriamente
avere il contenuto e la forma del ricorso, nonché tutti gli elementi necessari ad introdurre il
giudizio dinanzi alla Commissione Tributaria.
La fase dell'instaurazione del reclamo, regolamentata dal comma 5, evidenzia la necessità di
differenziare l'organo che deve vagliare il contenuto del dello stesso e decidere sul suo
accoglimento o meno; tale norma pende, tuttavia, dalla parte dell'A.F., non convincendo gli
1 Il valore della lite è regolamentato dal 3° comma dell'art. 17 bis del D.Lgs. 546/92, che rimanda la determinazione al comma 5 dell'art. 12 dello stesso decreto.
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addetti ai lavori circa la terzietà dello degli uffici deputati a tale lavoro. Tale delicato aspetto,
considerata la natura dell'atto (amministrativa ma con il germe del ricorso in seno), necessitava
una maggiore attenzione da parte del Legislatore per evitare di sollevare dubbi di
incostituzionalità. La norma, infatti, statuisce che il reclamo sia presentato presso la “Direzione
provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l'atto, le quali provvedono attraverso
apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l'istruttoria degli atti reclamabili”.
Lo stesso articolo prosegue, ai commi 7 ed 8, innestando nel nostro ordinamento l'istituto della
mediazione tributaria, introducendo concetti nuovi quali l'incertezza delle questioni controverse,
il grado di sostenibilità della pretesa ed il principio di economicità dell'azione amministrativa, su
cui poggiano le basi della fase tecnico operativa dell'Agenzia delle Entrate.
La mediazione, benché facoltativa, viene introdotta come condizione insopprimibile anche in
assenza di istanza di parte accertata, ma deve rispondere a dettami che la stessa norma non
trascura di sottolineare, ed è probabilmente in quest'ottica che a livello nazionale sono stati
sottoscritti dei Protocolli di Intesa tra l'Agenzia delle Entrate e l'Ordine dei Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili, nonché l'Ordine dei Consulenti del Lavoro e l'Ordine
degli Avvocati, che hanno il compito di dare delle linee guida operative per una gestione proficua
della Mediazione stessa.
La norma menziona in tale contesto l'applicazione dei dettami di cui all'art. 48 d.lgs. 546/92 in
quanto compatibili.
Infine “Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l'accoglimento del reclamo o senza
che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso”. Tutto ciò che
sino ad un istante prima avevamo visto sotto un'ottica amministrativa si trasforma quindi nella
veste giurisdizionale dell'atto introduttivo della lite tributaria, ossia il ricorso in tutti i suoi
aspetti regolati dal d.lgs. 546/92.
L'Agenzia delle Entrate con la Circolare del 19 marzo 2012 n. 9, ha interpretato, lasciando
innumerevoli dubbi irrisolti, il contenuto della norma, e ciò anche in considerazione della forte
ambiguità che la stessa evidenzia, non potendo nella sostanza in vari punti, come si vedrà nel
prosieguo del lavoro, porre le parti contrapposte sullo stesso piano di eguaglianza di fronte alla
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legge, mostrando lo spettro dell'incostituzionalità in più passaggi. Tale circolare, non di certo
esaustiva, allo stato attuale rimane pur sempre un faro interpretativo per gli addetti ai lavori.
1. Inquadramento generale degli istituti e della normativa applicabile
1.1 Normativa e prassi di riferimento
Come accennato in premessa, il D.L. n. 98 del 2011, convertito con Legge n. 111 del
2011, introducendo l'art. 17 bis nella D.Lgs. 546/92, ha riformato le modalità di instaurazione
del processo tributario, con riferimento a determinate liti e a decorrere dagli atti notificati dal
primo di aprile del 2012, introducendo una fase amministrativa pre-contenziosa.
Con tale riforma è stato innestato nel testo normativo che regola il processo tributario un
articolo rubricato “Il reclamo e la mediazione”2
La ratio del procedimento di reclamo è rinvenibile nel deflazionare le controversie, e nello
stimolare la loro soluzione stragiudiziale
.
3
L'Agenzia delle Entrate ha fornito i primi chiarimenti su tale istituto con le circolari 19.3.2012 n.
9/E e 3.8.2012 n. 33/E.
.
Il reclamo consiste, in sintesi, in un atto che deve essere notificato alla Direzione Provinciale o
alla DRE, solo se il provvedimento emesso dall'Agenzia delle Entrate è di valore non superiore a
20.000,00 euro.
A seguito della notifica di tale atto, tra ente impositore e contribuente si avrà una fase che
consistere nell'esame della proposta di annullamento totale o parziale dell'atto. All'interno di
2 Si precisa che l'istituto in esame non ha nulla a che vedere con il reclamo ex art. 28 del D.Lgs. n. 546/92. 3 Il legislatore sembra essersi ispirato al processo del lavoro, anche se le due fattispecie sono alquanto differenti:
infatti, datore di lavoro e lavoratore (entrambe parti private) si incontrano di fronte alla Direzione provinciale del Lavoro (parte terza e pubblica), mentre nel reclamo la procedura deflativa si svolge di fronte alla parte in causa (Agenzia delle Entrate), parte che, come ovvio, gode di forti privilegi anche nel processo. Per questi motivi, non è escluso che la Corte Costituzionale venga investita della questione.
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questa fase potrà aprirsi un ulteriore parentesi consistente in un tentativo di pervenire ad una
mediazione (se richiesto dal contribuente).
Qualora tale fase dovesse avere esito negativo, il contribuente non dovrà proporre un ulteriore
ricorso, in quanto occorrerà solo depositare l'atto di reclamo presso la segreteria del giudice
tributario, che, secondo le norme ordinarie, procederà all'istruzione della causa ed alla sua
discussione, con l'unica particolarità consistente nell'inapplicabilità della conciliazione giudiziale.
Come già accennato, il procedimento di reclamo si applica agli atti reclamabili notificati a
decorrere dall'1 aprile 20124
L'Agenzia delle Entrate, a tal proposito, ha specificato che occorre riferirsi al momento in cui il
contribuente ha ricevuto l'atto reclamabile (cfr. circ. 19.3.2012 n. 9/E, § 1.5)
.
5
Con riferimento alla impugnazione contro il c.d. silenzio-rifiuto occorre sin da ora precisare che
la procedura di mediazione si applica ai rifiuti per i quali, all'1.4.2012, non siano ancora decorsi i
novanta giorni dalla data di presentazione della domanda di rimborso (cfr. circ. Agenzia delle
Entrate 19.3.2012 n. 9/E, § 1.5). Per effetto dell'art. 21, DLgs. n. 546/92, il silenzio-rifiuto si
forma decorsi novanta giorni dalla proposizione della domanda di rimborso, e il ricorso può
essere notificato a partire dalla formazione di detto silenzio entro il termine prescrizionale di
dieci anni.
.
1.2 Estensione dell’ambito di applicazione dell’istituto agli atti emessi dagli Uffici
Provinciali del Territorio: la Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 28/12/2012 n. 49/T.
4 L'elemento dirimente è la data di notifica, momento che, tuttavia, non è il medesimo per il notificante (Agenzia delle
Entrate) e per il notificatario (contribuente). Infatti, per costante giurisprudenza, la notifica si perfeziona, per il notificante, al momento di consegna dell'atto all'agente notificatore o nel momento della spedizione nelle notifiche a mezzo posta, e, per il notificatario, al momento della ricezione.
5 Nel caso di atto notificato a mezzo posta anteriormente al 1° aprile 2012, ma ricevuto dal contribuente successivamente a tale data, il nuovo istituto risulta applicabile, con la conseguenza che l'eventuale giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale non può essere proposto direttamente, dovendosi avviare in via preventiva il procedimento di cui all'art. 17-bis, D.Lgs. n. 546 del 1992.
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Con la circolare 49/T del dicembre 2012, sono state fornite ulteriori precisazioni,
afferenti l'istituto in esame, con specifico riferimento agli atti emessi dagli Uffici Provinciali –
Territorio dell’Agenzia.
Si evidenzia, infatti, che, per effetto delle disposizioni di cui all’articolo 23-quater del decreto
legge 6 luglio 2012, n. 95, inserito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135, a decorrere
dal 1° dicembre 2012 l’Agenzia del Territorio è stata incorporata nell’Agenzia delle Entrate
che, dalla predetta data, esercita le funzioni e i compiti facenti capo all’Ente incorporato, ivi
compresi i relativi rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali.
Con la predetta circolare, l'Amministrazione Finanziaria ha ricordato che la procedura di
mediazione, che si instaura mediante presentazione di un’istanza di reclamo, è da esperire
obbligatoriamente in presenza dei requisiti previsti dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del
1992, rientrando nell’ambito di applicabilità dell’istituto tutti gli atti elencati nell’articolo 19
dello stesso decreto legislativo, purché emanati dall’Agenzia delle Entrate e di valore non
superiore a ventimila euro.
Da ciò ne consegue che, per quanto concerne, nello specifico, gli atti degli Uffici Provinciali del
Territorio, sono oggetto di mediazione, in particolare, le controversie relative a:
- avviso di accertamento del tributo;
- avviso di liquidazione del tributo;
- provvedimento che irroga le sanzioni;
- ruolo;
- rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e
interessi o altri accessori non dovuti;
- diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti
tributari;
- ogni altro atto per il quale la legge prevede l’autonoma impugnabilità.
L'Agenzia delle Entrate ha, inoltre, puntualizzato che “devono invece ritenersi esclusi dalla fase
di mediazione tributaria i ricorsi con cui si impugnano gli atti relativi alle operazioni catastali
indicate nell’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, in quanto tali atti, anche se
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emessi dagli Uffici Provinciali – Territorio dell’Agenzia e previsti dall’articolo 19, comma 1,
lettera f), del suddetto decreto legislativo, sono caratterizzati da un “valore” non determinabile
ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 3”.
Si ricorda, infatti, che, il citato comma 3 prevede che il valore delle controversie alle quali si
applica la mediazione “... è determinato secondo le disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo
12” del medesimo decreto legislativo.
Per valore, dunque, deve intendersi “l’importo del tributo al netto degli interessi e delle
eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente
alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste”.
Al riguardo, vanno pertanto ribaditi i chiarimenti forniti al punto 1.3.2 della circolare 19 marzo
2012, n. 9/E, ove si sottolinea che “poiché l’art. 17-bis richiede che la controversia sia
contraddistinta da un valore espressamente individuato, restano escluse dalla fase di mediazione
le fattispecie di valore indeterminabile”6
Di contro, il contribuente deve esperire la fase del reclamo qualora oggetto di contestazione sia
non solo la rendita attribuita, ma anche il tributo liquidato e/o i relativi accessori ovvero le
sanzioni irrogate con il medesimo atto
.
7
.
Si pensi, a titolo esemplificativo, al ricorso con il quale il contribuente impugna l’atto di
attribuzione della rendita presunta di cui all’articolo 19, comma 10, del decreto legge 31 maggio
2010, n. 782, al fine di contestare i correlati tributi speciali catastali, relativi accessori e
sanzioni.
In merito all’operatività dell'istituto oggetto del presente documento con riferimento alle
controversie nelle quali sono attualmente legittimati passivi gli Uffici Provinciali – Territorio
6 Sul tema, si evidenzia anche che la circolare del Dipartimento delle Finanze n. 1/DF del 21 settembre 2011 – in tema
di introduzione del contributo unificato nel processo tributario – ha precisato che “le controversie inerenti le operazioni catastali ... si configurano di valore indeterminabile”.
7 Non possono formare oggetto di mediazione tributaria, invece, i ricorsi con cui, con l’impugnazione dell’avviso di liquidazione o di accertamento emesso dal Comune, si contesti anche la rendita catastale. Relativamente alle contestazioni in ordine ai tributi richiesti dall’Ente Locale, infatti, difetta il requisito della riconducibilità dell’atto impositivo alle attività dell’Agenzia delle Entrate. Per quanto riguarda le contestazioni in merito alla rendita, le stesse, come detto, si configurano come di valore indeterminabile e dunque alle stesse non trova comunque applicazione l’istituto in esame.
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dell’Agenzia, in forza delle disposizioni di cui al citato articolo 23-quater del decreto legge n. 95
del 2012, occorre operare una distinzione:
a) per quanto concerne gli atti emessi dagli Uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio
fino al 30 novembre 2012, ancorché notificati dopo il 1° dicembre 2012, si precisa che gli stessi
non sono soggetti a “mediazione”. Tali atti, infatti, non erano “suscettibili di reclamo” alla
predetta data del 30 novembre 2012.
b) per gli atti emessi dagli Uffici Provinciali – Territorio dal 1° dicembre 2012, data a
decorrere della quale l’Agenzia del territorio è stata incorporata nell’Agenzia delle Entrate, “le
disposizioni di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 risultano invece applicabili, in
presenza degli altri requisiti previsti dalla norma”.
Per quanto concerne, il rifiuto tacito alla restituzione di tributi, “la mediazione troverà
applicazione con riferimento alle fattispecie per le quali alla data del 1° dicembre 2012 non
siano decorsi novanta giorni dalla data di presentazione della istanza di rimborso, in quanto con
il decorso di tale termine si forma il silenzio-rifiuto che consente al contribuente di proporre
ricorso giurisdizionale, ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992”.
Per converso, l’istituto della “mediazione” non è applicabile alle controversie riguardanti i rifiuti
taciti per i quali alla data del 30 novembre 2012 sia già decorso il termine di novanta giorni dalla
presentazione della relativa istanza.
Occorre far notare che nella circolare succitata l'Agenzia ha utilizzato sovente impropriamente il
termine “mediazione”, intendendo, con tale termine, far riferimento all'istituto del reclamo.
1.3 L’Ufficio competente
Come accennato in precedenza, ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 546
del 1992, “il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha
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emanato l’atto, le quali provvedono attraverso apposite strutture diverse ed autonome da quelle
che curano l’istruttoria degli atti reclamabili”8
In caso di atti suscettibili di reclamo emanati dall’Ufficio Provinciale-Territorio, l’istanza pare
debba essere notificata a quest’ultimo.
.
Infatti, a nostro avviso, dato il nesso che sussiste tra l’articolo 17-bis e il ricorso
giurisdizionale, nel procedimento in esame deve ritenersi applicabile, sebbene non espressamente
richiamato, l’articolo 10 del D.Lgs. n. 546 del 1992 ove dispone che è parte nel processo
tributario (e quindi competente a ricevere l’istanza di mediazione) “l’ufficio ... che ha emanato
l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto”.
8 Al fine della trattazione delle istanze, le “strutture diverse ed autonome” da quelle che curano l’istruttoria degli atti
reclamabili sono individuate nell’ambito delle strutture di staff, alle dirette dipendenze del Direttore dell’Ufficio Provinciale-Territorio.
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2. Gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate
2.1 considerazioni generali
Come detto in precedenza, il reclamo è obbligatorio solo per gli atti emessi dall'Agenzia
delle Entrate, fermo restando, ovviamente, il requisito del valore non superiore a 20.000,00
euro. Quindi, si può affermare che fra gli atti reclamabili vi rientrano i seguenti provvedimenti:
• avvisi di accertamento e di rettifica;
• avvisi di maggior valore e di liquidazione delle imposte d'atto;
• atti di recupero dei crediti d'imposta;
• atti di diniego/revoca di agevolazioni con cui viene contestata una maggiore imposta;
• atti irrogativi di sanzioni amministrative;
• ruoli;
• atti ex art. 36, D.P.R. n. 602/73 notificati a soci, amministratori e liquidatori di società;
• rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi;
• gli atti di competenza della "vecchia" Agenzia del Territorio9
• ogni atto emanato dall'Agenzia delle Entrate autonomamente impugnabile.
Restano, di conseguenza, esclusi gli atti emessi da ogni altro ente impositore. A titolo
meramente esemplificativo non sono reclamabili gli atti emessi da diverse Agenzie fiscali (ad
esempio, Dogane), da enti locali (Comuni, Province) e da Camere di Commercio e Consorzi di
bonifica.
L'esclusivo riferimento agli atti dell'Agenzia delle Entrate, invece, porta a sostenere che si
debba prescindere dalla tipologia di imposta contestata; quindi, a titolo esemplificativo, rientrano
nel nuovo procedimento gli atti relativi a:
• imposte sui redditi e imposte sostitutive;
• imposta sul valore aggiunto;
• imposta regionale sulle attività produttive;
9 Cfr. paragrafo 1.2 del presente documento.
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• imposte d'atto (registro, successioni, donazioni, ipotecaria, catastale);
• imposta di bollo;
• imposta sulle assicurazioni.
2.2 Gli avvisi di accertamento
A seguito della fase di controllo di merito, gli Uffici finanziari fanno valere le rettifiche
effettuate mediante un atto formale, chiamato avviso di accertamento o atto di accertamento.
L’avviso di accertamento è, quindi, l’atto impositivo alla base del procedimento di controllo
degli Uffici. Esso rappresenta lo strumento attraverso cui l’Amministrazione Finanziaria,
successivamente alle verifiche fiscali diverse da quelle effettuate ai sensi degli artt. 36 bis e 36
ter del D.P.R 600/1973, comunica al contribuente le rettifiche effettuate su reddito imponibile.
Al fine di poter essere considerato valido e a pena di nullità, come stabilito dall’art. 42, D.P.R
600/1973, l’avviso di accertamento deve recare alcuni elementi fondamentali, ovvero:
a. imponibile accertato;
b. aliquota applicata nella determinazione dell’imposta a carico del contribuente;
c. liquidazione delle maggiori imposte accertate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle
ritenute d’acconto e dei crediti d’imposta;
d. l’Ufficio presso cui è possibile ottenere le informazioni in merito all’avviso, nonché il
responsabile del procedimento;
e. modalità e termini del pagamento;
f. organo giurisdizionale al quale è possibile proporre ricorso.
Inoltre, l’avviso di accertamento deve contenere le motivazioni di fatto e di diritto alla base
delle rettifiche operate ed il metodo di rettifica adottato. Quest’ultimo può essere riportato
analiticamente o in maniera sintetica.
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L’Ufficio dell’Amministrazione Finanziaria, in aggiunta, deve allegare all’atto gli eventuali
documenti citati nell’avviso di accertamento, ovvero può inserire una riproduzione degli stessi
indicando i dati essenziali.
Al fine di velocizzare l’attività di riscossione e di garantire una maggiore tutela degli interessi
erariali, a partire dal 1° ottobre 2011, gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle
Entrate diventano “esecutivi”, come stabilito dalla Legge n. 111 del 15 luglio 2011.
Il contribuente che riceve un avviso di accertamento, nel momento in cui decide di rinunciare
alla presentazione del ricorso, ha l’opportunità di tenere dei comportamenti giuridici che
riducono l’importo delle sanzioni.
L’acquiescenza, ossia l’accettazione del contenuto dell’atto di accertamento, di cui all’art. 15
del D.Lgs n. 218/1997 comporta la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative irrogate dagli
Uffici dell’Amministrazione Finanziaria. La riduzione, opera nel solo caso in cui il contribuente
rinunci ad impugnare l’avviso di accertamento, rinunci alla predisposizione di un’istanza di
accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. n. 218/97 e, provveda entro il termine di
impugnazione dell’atto, al pagamento delle somme complessive dovute.
Oltre all’acquiescenza, il contribuente può decidere di formulare una proposta di accertamento
con adesione. Tale proposta può essere formulata successivamente alla notifica dell’avviso di
accertamento, purché non sia preceduto dall’invito al contraddittorio.
2.2.1 Accertamenti c.d. “esecutivi”
Gli avvisi di accertamento emessi dal 1° ottobre 2011, aventi ad oggetto i periodi d'imposta
in corso al 31 dicembre 2007 e successivi (quindi, in caso di periodi coincidenti con l’anno
solare, dal 2007 in poi), diventano esecutivi decorso il termine di 60 giorni dalla loro notifica.
Mentre per tutti gli avvisi di accertamento emessi fino al 30 settembre 2011 e relativi ai periodi
d'imposta precedenti quelli in corso al 31 dicembre 2007 (in caso di periodi coincidenti con
l’anno solare: anno 2006 e precedenti) resta invece valida la precedente procedura che
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prevedeva l'ulteriore fase della formazione del ruolo e della conseguente e successiva notifica
della cartella di pagamento.
Si può dunque dire che le esigenze di cassa dell’Erario hanno portato il legislatore ad introdurre
degli avvisi di accertamento potenziati sotto il profilo della riscossione.
Come previsto dall’art. 29 del D.L. n. 78/2010, rubricato “concentrazione della riscossione
nell’accertamento”, gli avvisi devono, infatti, contenere l’intimazione ad adempiere, nonché
all’obbligo di pagare gli importi in essi indicati ovvero un terzo delle maggiori imposte accertate
nel caso in cui si decida di ricorrere davanti alla Commissione Tributaria.
Per effetto della novella, gli avvisi di accertamento in materia di imposte sui redditi, IVA ed IRAP
emessi a partire dal 1° ottobre 2011 assumono funzione ed effetti, otre che di atto impositivo,
anche di titolo esecutivo e di precetto.
I nuovi atti impoesattivi diventano per l'appunto “esecutivi” trascorsi 60 giorni dalla notifica e
devono espressamente contenere l’intimazione in forza della quale, trascorsi i 30 giorni dal
termine utile per il pagamento, la riscossione delle somme richieste verrà affidata ad Equitalia (o
altro agente della riscossione competente per territorio).
Orbene, in questa sede è doveroso evidenziare il difficile coordinamento tra il reclamo e
riscossione mediante avvisi di accertamento.
La nuova modalità “obbligatoria” di trattazione degli atti recanti l’importo complessivo a titolo
di maggiori imposte non superiore a 20.000 euro10
Ne deriva, quindi, che il procedimento relativo al reclamo dovrà essere raccordato con quello
concernente le nuove modalità di riscossione concentrata, proprie degli atti impoesattivi. Il primo
aspetto interessante concerne la circostanza che l’obbligatoria produzione del reclamo appare
destinata a dilatare i nuovi termini della riscossione frazionata, coincidenti con la data di
presentazione del ricorso.
caratterizza atti impositivi che oggi,
generalmente, sono corredati dalla pressoché immediata esecutività.
10 obbligatorietà che deriva dal fatto che, nel caso in cui il contribuente non proceda al preventivo reclamo dell’atto, l’eventuale ricorso presentato è inammissibile.
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16
Infatti, salvo successivi interventi del legislatore volti a modificare quanto appena detto, la
produzione del reclamo potrebbe essere teoricamente suscettibile di dilatare i tempi per il
versamento del terzo delle maggiori imposte accertate, anche sino a 150 giorni, per gli avvisi di
accertamento per i quali non è possibile presentare istanza di accertamento con adesione11,
oppure sino a 240 giorni per i restanti avvisi di accertamento per i quali il contribuente è nella
facoltà di presentare istanza di accertamento con adesione12
Detto ciò, approfondiamo la questione circa il momento in cui deve avvenire il pagamento che, in
un primo momento era saldamente ancorato alla data di presentazione del ricorso.
.
In relazione agli avvisi di accertamento emanati ai sensi dell’art. 29 del D.L. 78/2010 la
riscossione coattiva è oggi differita ipso iure dalla sospensione legale dell’esecuzione degli
accertamenti stessi. Tale sospensione opera a prescindere dalla presentazione del reclamo o
dalla presentazione del ricorso.
In questo nuovo sistema, l’esecuzione forzata è differita per legge a un momento successivo alla
conclusione del procedimento di reclamo e mediazione, sicché non sembrano porsi in fase di
reclamo problemi di tutela cautelare dei contribuenti.
L’esecuzione non può avvenire prima di 180 giorni dall’affidamento in carico all’agente della
riscossione. Tale affidamento, a propria volta, deve seguire di almeno 30 giorni il decorso del
termine di pagamento delle somme accertate, coincidente con quello di presentazione del ricorso
(o del reclamo). Fra la data di presentazione del reclamo e quella di inizio dell’esecuzione
forzata devono dunque decorrere almeno 210 giorni. Tali giorni possono essere di più in caso di
previa richiesta di accertamento con adesione o di sospensione feriale dei termini processuali. Il
procedimento di reclamo e mediazione non può invece protrarsi per più di 90 giorni, durante i
quali, in forza della disciplina appena richiamata, l’atto reclamato non è ancora eseguibile.
11 come nei casi degli atti concernenti studi di settore e il nuovo accertamento sintetico, stante l’obbligatoria fase
contraddittoria preventiva alla notifica dell’atto 12 Trattasi di giorni successivi alla notifica, restando ferma l’eventuale stratificazione della sospensione feriale dei
termini processuali (da valutare caso per caso).
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Processo Tributario
17
2.3 Gli avvisi di liquidazione
L’avviso di liquidazione, al pari del ruolo, non trova alcuna definizione specifica all’interno
della normativa vigente in quanto, essendo finalizzato alla mera riscossione del tributo e degli
oneri accessori, non è riconducibile alla categoria di atto impositivo.
In particolare, gli avvisi di liquidazione non presuppongono operazioni di rettifica delle
dichiarazioni presentate dei contribuenti o delle basi imponibili, ma si limitano a trarre
conclusioni sulla base dei dati in esse dichiarati. Tali avvisi, infatti, attengono a particolari
procedimenti che non prevedono alcuna autoliquidazione dei tributi13
.
2.4 I ruoli e gli atti dell'Agente della Riscossione
Il ruolo costituisce un atto impugnabile ex art 19 del D.Lgs. 546/92 emesso dall'Agenzia delle
Entrate, pertanto non vi è motivo di escluderlo dal reclamo14
Invece, non rientrano fra gli atti reclamabili gli atti dell'Agente della Riscossione. Più
precisamente, sono esclusi dal reclamo i seguenti provvedimenti:
.
• cartelle di pagamento, nella misura in cui si eccepiscano vizi imputabili solamente
all'Agente della Riscossione;
• intimazioni ad adempiere ex art. 50, D.P.R. n. 602/73;
• fermi di beni mobili registrati;
• ipoteche.
13 Nella Circolare n. 48E del 24 ottobre 2011 dell’Agenzia delle Entrate è dato leggere: “… Occorre, tuttavia,
evidenziare che, ai fini della definizione rileva la natura sostanziale dell’atto impugnato, prescindendo dal “nomen iuris”. In tal senso si è espressa la Corte di cassazione con riferimento all’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, volto a far valere “per la prima volta nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata al momento della richiesta di registrazione” (Cass. 6 Ottobre 2010, n. 20731). In questo caso, infatti, l’avviso di liquidazione assume natura di atto impositivo, in quanto destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, in via provvisoria, al momento della richiesta di registrazione …”
14 Cfr. Circolare Agenzia delle Entrate del 19.3.2012 n. 9/E, § 1.1.
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2.4.1 Criticità del ricorso/reclamo in presenza di vizi del ruolo e della cartella di pagamento
Rientrano nell’ambito di applicazione del nuovo istituto anche i ruoli emessi dall'Agenzia.
Prima dell'entrata in vigore dell'istituto in esame, con frequenza venivano impugnati dinanzi alle
Commissioni Tributarie, con un unico ricorso, ruolo e cartella di pagamento (ovviamente per vizi
propri dei singoli atti).
Sovente la cartella di pagamento è il primo atto impugnabile, ex art 19 D.Lgs 546/92, a mezzo
del quale, ai sensi degli artt. 36 bis e 36 ter del D.P.R 600/1973, l’Amministrazione Finanziaria
procede alla liquidazione delle imposte a seguito di controlli automatizzati o formali.
Il summenzionato art. 19 annovera espressamente tra gli atti impugnabili “il ruolo e la cartella di
pagamento”, lasciando intendere che il ruolo è contestabile in sede di ricorso congiuntamente
alla cartella. D'altronde, il contribuente viene a conoscenza dell'iscrizione a ruolo solo con la
notifica della cartella esattoriale.
Alla luce del 17 bis, nelle liti scaturenti dalla notifica delle cartelle di pagamento, si pongono vari
problemi in quanto, come dicevamo, il contribuente può impugnare sia il ruolo (atto reclamabile
emesso dall’Agenzia delle Entrate) sia la cartella di pagamento (atto non reclamabile proprio
dell'Agente della Riscossione).
Difatti, se il contribuente impugna in via congiunta il ruolo e la cartella la questione si complica
non di poco, atteso che qualche elementare errore potrebbe comportare effetti processualmente
irreversibili nei confronti dei contribuenti15
Qualora sorgeva l’opportunità di sollevare vizi sia del ruolo sia della cartella di pagamento, il
contribuente, in passato, proponeva ricorso contro “il ruolo e la cartella di pagamento”
chiamando in giudizio, mediante notifica del ricorso, sia l’Agenzia delle Entrate che l'Agente
della Riscossione, nel medesimo procedimento.
.
Oggi, non è più così semplice!
15 Si veda in merito la Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 19.3.2012 n. 9.
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19
Infatti, il reclamo e l’eventuale fase di mediazione sono gestiti da strutture interne all’Agenzia
delle Entrate ed è illegittimo che anche i vizi della cartella di pagamento possano essere
sindacati in detta sede amministrativa16
Per evitare di incappare, a causa della tardiva costituzione in giudizio, nell'inammissibilità del
ricorso per ciò che concerne l'impugnativa della cartella, occorre tenere un comportamento
cautelativo, in antinomia con lo spirito deflattivo della norma, che potrebbe consistere nel
notificare il ricorso all'Agente della Riscossione e il reclamo all’Agenzia delle Entrate.
.
Ebbene, “in tal caso:
• se il reclamo ha esito positivo, il ruolo viene meno, quindi il ricorso contro la cartella dovrebbe
essere dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere;
• se il reclamo ha esito negativo e il ricorso contro la cartella viene accolto sulla sola base di vizi
imputabili all’Agente della Riscossione, Equitalia può rinotificare la cartella sanando il vizio che
ha causato l’annullamento giudiziale, entro i termini decadenziali, in quanto solo in tal modo la
pretesa potrà essere azionata;
• se la mediazione ha esito positivo, le somme derivanti dall’accordo verranno versate secondo
le modalità stabilite dall’art. 48 del DLgs. 546/92 e il ricorso contro la cartella di pagamento
verrà dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere.
Un’ulteriore soluzione, che deve essere prospettata utilizzando il condizionale, sarebbe
rinvenibile nell’esigenza che il giudice investito del ricorso contro la cartella di pagamento
sospenda il processo in attesa della definizione del procedimento di reclamo contro il ruolo”17
16 Qualora il contribuente, al pari di quanto avveniva in passato, notificasse il reclamo sia all’Ufficio delle Entrate che
ad Equitalia, rischierebbe di perdere la possibilità di far valere i vizi della cartella di pagamento.
.
17 Così in particolare Cissello A. “Reclamo e mediazione: cartelle di pagamento e liti di rimborso”, Schede di Aggiornamento, Eutekne, 5, 2012, agg. 5/2012 scheda n. 1013.02, p. 878. L'autore, puntualmente, fa notare quanto segue: “Assai diversa si profila la tesi dell’Agenzia delle Entrate, sostenuta nella circ. 19.3.2012 n. 9 (§ 1.2 e 10.1.11). L’Agenzia delle Entrate, in primis, afferma che anche nel caso di ruolo e cartella di pagamento impugnati congiuntamente, rimane ferma la necessità del reclamo. Poi, però, si evidenzia che, in questo specifico caso, il contribuente, sia con riferimento al ruolo che alla cartella di pagamento, deve costituirsi in giudizio non entro il termine di cui all’art. 22 del DLgs. 546/92 (30 giorni dalla data di notifica del ricorso) ma entro il termine di cui all’art. 17-bis del DLgs. 546/92 (30 giorni decorrenti dal decorso di 90 giorni dalla notifica del reclamo, o da quando il contribuente ha ricevuto il diniego di mediazione o l’accoglimento parziale del reclamo). In tal modo, il ricorso contro la cartella di pagamento potrebbe risultare inammissibile per costituzione in giudizio tardiva, siccome ruolo e cartella, come, del resto, affermato espressamente nella circolare, sono (e rimangono, anche nel procedimento di reclamo) atti distinti. La rischiosità della strategia processuale delineata dalla circolare porta ad
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Per completezza occorre però evidenziare che l'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate,
trasfusa nella Circolare del 19.3.2012 n. 9, non si sposa con l'opinione prevalente in dottrina,
sopra sinteticamente riportata.
2.4.2 Omessa notifica di atti presupposti
Anche la questione dell'omessa notifica dell'atto presupposto crea non pochi problemi. Infatti,
con l'introduzione del reclamo sorgono una serie di dubbi teorico-pratici forieri di incertezza
applicativa.
A titolo meramente esemplificativo, nel caso di omessa notifica dell'accertamento, il contribuente
può, per questo solo motivo, impugnare la successiva cartella di pagamento (in caso di
accertamenti non esecutivi), facendo valere tale vizio nei confronti dell'Amministrazione
Finanziaria. In tal caso, però, se il valore dell'atto non è superiore a 20.000,00 euro, il
contribuente dovrebbe notificare il reclamo all'Agenzia?
A nostro parere si!
Qualora, invece, si tratti di accertamenti esecutivi, l'atto che segue all'accertamento è il fermo o
l'ipoteca, ossia una misura cautelare, o direttamente il pignoramento, per cui sorge il problema
circa la necessità del reclamo.
Ebbene, in tal caso pare corretto affermare l'opportunità di notifica del reclamo
ove il contribuente intenda censurare l'omessa notifica dell'avviso di accertamento, e
chiedere, per tale motivo, la nullità della misura cautelare o del pignoramento18
L'esempio che segue servirà per chiarire meglio i termini della questione.
.
adottare una soluzione alternativa, che comunque tenga conto del termine di deposito del ricorso di 30 giorni dalla notifica dello stesso. Del resto, tale aspetto è stato evidenziato anche in dottrina, ove, in armonia con quanto prima illustrato, si è consigliato di notificare il reclamo all’Agenzia delle Entrate contro il ruolo e il ricorso ad Equitalia contro la cartella di pagamento”.
18 Cfr. Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 19.3.2012 n. 9/E, § 1.1, ove si afferma espressamente l'applicabilità, nel procedimento di reclamo, dell'art. 19, co. 3, DLgs. n. 546/92.
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L'Agenzia delle Entrate, tramite posta, notifica un accertamento c.d. "esecutivo" al
contribuente. Con tale avviso si recupera un'imposta inferiore a 20.000,00 euro. Tuttavia,
notifica erroneamente il plico presso un indirizzo diverso da quello del contribuente, per cui
l'accertamento viene rispedito all'Agenzia. Nelle more della notifica dell'avviso, il credito viene
affidato all'Agente della Riscossione, che, a sua volta, notifica apposita comunicazione per
l'iscrizione ipotecaria.
Ricevuta detta comunicazione di Equitalia, il contribuente è reso edotto, per la prima volta, della
pretesa avanzata nei suoi confronti. In tal caso, egli può chiedere al Giudice tributario di
dichiarare la nullità della comunicazione ipotecaria in forza dell'omessa notifica
dell'accertamento, e, per fare ciò, la circolare 9E del 2012 sostiene che debba essere notificato,
anziché il ricorso, il reclamo19
.
2.5 Gli atti volti al recupero di aiuti di Stato
Per aiuti di Stato si intendono tutti i finanziamenti a favore di imprese o produzioni, sia
provenienti direttamente dallo Stato sia da altri soggetti, quali a titolo esemplificativo le imprese
pubbliche, intese come quelle imprese nei confronti delle quali i poteri pubblici possono
esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante per ragioni di proprietà, di
partecipazione finanziaria o della normativa che le disciplina.
L'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea o TFUE, ex
articolo 87, precisa i presupposti che devono essere presenti affinché l'intervento costituisca un
aiuto di Stato nel senso comunitario del termine. condizioni richieste:
1. origine statale dell'aiuto: aiuto concesso dallo Stato ovvero mediante risorse
statali;
2. esistenza di un vantaggio a favore di talune imprese o produzioni;
19 L'interpretazione prospettata potrebbe però scontrarsi con la formulazione letterale dell'art. 17-bis, DLgs. n. 546/92,
che circoscrive il reclamo alle liti su “atti emessi” dall'Agenzia delle Entrate, e non alle liti in cui essa è parte.
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3. esistenza di un impatto sulla concorrenza;
4. idoneità ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri.
Gli aiuti di stato rappresentano un vantaggio reale per i soggetti che li ricevono. Infatti,
potrebbero essere destinati alla ricerca ed allo sviluppo oppure permettere una maggiore
formazione del personale. Tuttavia, il sostegno statale potrebbe provocare anche effetti negativi
nel caso in cui tali aiuti venissero destinati ad imprese inefficienti e che hanno difficoltà a restare
sul mercato, provocando di conseguenza danni per i consumatori.
Gli aiuti di Stato devono essere notificati alla Commissione Europea20
Nell’ambito degli aiuti di Stato, esistono purtroppo casi in cui i beneficiari dell’aiuto abbiano
fruito indebitamente dello stesso. In questo caso, le somme corrisposte devono essere restituite
e con le decisioni del 27/04/2012 nn. 6546, 6538, 6540, 6541, 6542, la Corte di Cassazione ha
stabilito che l’Amministrazione finanziaria ha l’obbligo di procedere mediante ingiunzione al
recupero delle somme corrisposte a titolo di agevolazione se ritenute incompatibili con il diritto
comunitario
preposta al controllo degli
stessi, al fine di garantire che contribuiscano al raggiungimento di obiettivi stabiliti di comune
accordo. La Commissione, in seguito all’analisi delle centinaia di richieste che riceve ogni anno,
decide di destinare gli aiuti agli obiettivi considerati maggiormente lodevoli.
21
20 La Commissione europea ha adottato il Regolamento n. 800/2008 del 6 agosto 2008 che consolida in un unico
documento tutti i Regolamenti di Esenzione per categoria (eccetto il de minimis), attraverso i quali gli Stati Membri possono concedere intere categorie di aiuti di Stato senza previa notifica alla Commissione europea. Il nuovo testo semplifica e rende più veloce il controllo sugli aiuti di Stato.
.
21 Cfr. Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi - 9.5.2012 - p.25: “Aiuti di stato, riforma per fine 2013” di Beda Romano: “La Commissione europea ha annunciato ieri l'intenzione di proporre una riforma del diritto comunitario in materia di aiuti di stato. Il commissario alla Concorrenza, Joaquín Almunia, ha spiegato che l'obiettivo è di fare in modo che la spesa pubblica sostenga l'economia in un contesto di recessione «purché sia efficiente, ben confezionata e affronti le vere debolezze del mercato». Tra i compiti della Commissione vi è quello di garantire la concorrenza in una regione popolata da 500 milioni di persone, evitando distorsioni del mercato. L'esecutivo comunitario non vuole venire meno a questo compito sancito nei Trattati, ma vuole semplificare una normativa che nel corso degli anni è cresciuta a dismisura, tanto da contare oggi 37 linee-guida e un numero considerevole di direttive, sentenze e altri testi giuridici. Tre sono gli obiettivi della riforma che dovrebbe entrare in vigore entro la fine del 2013 dopo un lungo dibattito pubblico. Prima di tutto il controllo sugli aiuti di stato vorrà sostenere l'obiettivo di una crescita durevole, in linea con i principi della strategia Europa 2020. In questo senso, la Commissione potrebbe rivedere i testi normativi sugli aiuti statali agli investimenti di lungo periodo e sul salvataggio di imprese in difficoltà. In secondo luogo, con la riforma l'esecutivo comunitario vuole concentrarsi sui casi più eclatanti, semplificando se necessario la normativa per i casi meno generosi. « Ciò sarà possibile – precisa la Commissione – solo se gli Stati miglioreranno la qualità delle informazioni e rispetteranno ancora di più il diritto comunitario». Infine, Almunia vuole semplificare le procedure di controllo in modo da dirimere rapidamente i casi controversi. In un discorso in febbraio, il
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23
In questa sede occorre, con riferimento a tale forma di agevolazione, occorre solo ricordare che
l’art. 17-bis del D.Lgs 546/1992, dispone che la procedura di reclamo e mediazione non si
applica alle controversie di cui all'articolo 47-bis, ovvero quelle riguardanti gli aiuti di stato, per
le quali è prevista una disciplina ad hoc.
3. Natura giuridica del reclamo
Nella circolare 19 marzo 2012, n.9/E, il reclamo viene definito come “un rimedio da esperire
in via preliminare ogni qualvolta si intenda presentare un ricorso, pena l’inammissibilità dello
stesso”. Tale definizione è tuttavia ingannevole in quanto potrebbe indurre a ritenere il reclamo
e il ricorso come due atti distinti e differenti, seppur strettamente correlati l’uno essendo
presupposto dell’altro. L’atto è invece unico ma può assumere una veste differente a seconda
del momento in cui viene esaminato. In una fase iniziale, che si apre con l’invio del reclamo
all’Amministrazione Finanziaria, assume la veste di atto introduttivo della fase amministrativa ma
può trasformarsi in atto giudiziario nel momento in cui, in caso di mancato accordo tra le parti
commissario spagnolo aveva anticipato il suo desiderio di rivedere la politica della Commissione in questo ambito. In quella occasione, aveva spiegato di volere «incoraggiare investimenti più elevati e più mirati nella ricerca e lo sviluppo», «promuovere» l'economia verde, «facilitare» l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, «sostenere» i settori più deboli della società europea. La Commissione è alla ricerca di un delicato equilibrio, tra la necessità di difendere la libera concorrenza e l'urgenza di sostenere l'economia anche con la spesa pubblica. C'è chi parla di light keynesianism. Dallo scoppio della crisi, nel 2008 a oggi, la Commissione ha permesso ai 27 Paesi membri di sostenere le banche con un totale di 1.600 miliardi di euro. Per ora il regime speciale applicato agli istituti di credito non cambia.”
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nella fase precontenziosa, una sua copia viene depositata presso la Commissione tributaria
provinciale per la costituzione in giudizio.
Quanto sopra viene confermato dall’art. 17 bis, comma 9, D. Lgs. n. 546/1992, laddove
contiene la previsione che “decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento
del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del
ricorso”.
Nelle intenzioni del Legislatore il reclamo si inserisce nella perseguita politica di dialogo e
conciliazione tra Pubblica Amministrazione e contribuente, assumendo il ruolo (per come già
detto) di strumento deflativo del contenzioso tributario. Scopo dichiarato è pertanto quello di
facilitare i rapporti con i contribuenti e nel contempo contenere il numero delle controversie
relative ad atti di valore non ingente emessi dall’Agenzia delle entrate ed instaurate innanzi alle
Commissioni tributarie, con conseguente snellimento dei tempi del processo tributario. Non da
ultimo viene evidenziato il risparmio derivante dall’eliminazione delle spese processuali in caso
di accoglimento del reclamo nella fase amministrativa.
La principale differenza tra l’istituto del reclamo e gli altri strumenti deflativi del contenzioso
tributario consiste nella presenza contemporanea di due caratteristiche:
1) L’obbligatorietà
Si manifesta sia per il contribuente, al quale è interdetto l’accesso al contenzioso in
assenza della preventiva istanza di reclamo, sia per l’Agenzia delle Entrate, chiamata a
esaminare puntualmente l’istanza e a motivare dettagliatamente e puntualmente l’eventuale
provvedimento di rigetto (provvedimento che, in caso di costituzione in giudizio del
contribuente, si trasforma automaticamente in atto di controdeduzioni).
2) La generalità
L’istituto è applicabile non solo agli avvisi di accertamento, bensì a tutti gli atti
impugnabili emessi dall’Agenzia delle Entrate.
Il nuovo istituto del reclamo tributario non è immune da critiche, la principale delle quali risiede
proprio nella sua natura di atto atipico: pur aprendo una fase precontenziosa amministrativa, la
sua forma e il suo contenuto sono identici a quelli del ricorso. Esiste quindi una totale
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coincidenza tra reclamo e ricorso, caratteristica questa che porta ad affermare che il reclamo
possa risultare lesivo del diritto alla difesa del contribuente il quale si trova a dover rivelare
l’intera strategia difensiva già nella fase amministrativa.
E ancora, l’Agenzia delle Entrate, sempre nella circolare n.9/E, afferma che “il procedimento di
mediazione si svolge su di un piano di sostanziale parità tra contribuente e Ufficio".
Tale affermazione risulterebbe maggiormente veritiera se il ruolo di mediatore venisse dalla
Legge affidato, come nella conciliazione civilistica, ad un organo terzo e imparziale. Così invece
non avviene nel caso del reclamo tributario. Infatti, come già detto in precedenza, il soggetto
preposto a stabilire se il reclamo sia o meno fondato è anch’esso un organo della stessa Pubblica
Amministrazione cui appartiene l’organo che ha emesso l’atto impugnato, e non appare
sufficientemente garantista la previsione contenuta nell’art. 17 bis, 5 comma, secondo la quale
“il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato
l’atto, le quali provvedono attraverso strutture diverse e autonome da quelle che curano
l’istruttoria degli atti reclamabili”.
4. Il reclamo
4.1 Accertamento con adesione e reclamo
Nell’intento di ridurre il contenzioso tributario, il Legislatore ha messo a disposizione dei
contribuenti numerosi istituti deflativi che spesso si accavallano fra di loro comportando una non
facile interpretazione delle norme vigenti. Occorre, infatti, una rilettura delle norme alla luce
dell'innesto legislativo.
In particolare, è opportuno analizzare come si coniuga l’accertamento con adesione, previsto dal
D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218, al nuovo istituto del reclamo, contenuto nell'art. 17 bis del
D.Lgs. 546/1992, e, al contempo, analizzare i tratti distintivi dei due istituti.
Il nuovo istituto ha contribuito a cambiare le abitudini, le procedure e gli schemi dei contribuenti
dei loro difensori per contestare un accertamento o una rettifica dell’Agenzia delle Entrate,
ricevuti a partire dal 02 aprile 2012.
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In primo luogo i due istituti presentano un differente campo di applicazione: mentre l’adesione
riguarda soltanto gli avvisi di accertamento, il reclamo riguarda tutti gli atti impugnabili emessi
dall’Agenzia delle Entrate, il cui valore non sia superiore ai ventimila euro.
Il reclamo, rispetto all’accertamento con adesione, pone in rilievo il suo carattere obbligatorio.
Infatti, il contribuente che intenda adire il Giudice è obbligato a presentare preventivamente
l’istanza di reclamo all’Ufficio, pena l’inammissibilità del ricorso, ad esclusione dei ricorsi
avverso gli atti di recupero degli aiuti di Stato di cui all’art. 47-bis D.Lgs. 546/1992, per i quali
la disciplina di cui al nuovo art. 17-bis, come già accennato in precedenza, è espressamente
esclusa. L’Ufficio, dal canto suo, è tenuto a esaminare l’istanza e ad esprimersi al riguardo.
L’accertamento con adesione può essere avviato sia ad iniziativa degli Uffici Finanziari, i quali
inviano al contribuente un invito a comparire ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 218/1997, sia dal
contribuente mediante la presentazione di apposita istanza in carta libera ai sensi dell’art. 6
D.Lgs. 218/1997. Invece, per quanto riguarda l’iter procedimentale del reclamo, il contribuente
che intenda presentare ricorso è obbligato, preliminarmente, a notificare l’atto di reclamo.
L’atto di reclamo può contenere sia una richiesta di annullamento totale o parziale dell’atto, sia
una motivata proposta di mediazione completa della rideterminazione dell’ammontare della
pretesa erariale. In aggiunta, ai sensi del comma 9 art. 17-bis, decorsi novanta giorni senza che
sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il
reclamo produce gli effetti propri del ricorso. Pertanto, il termine e le modalità di presentazione
del reclamo sono quelli previsti per l’introduzione del ricorso giurisdizionale e, precisamente, gli
artt. 12, 18, 19, 20, 21 e 22 comma 4 D.Lgs. 546/1992.
Il reclamo va presentato, come detto nei paragrafi che precedono, alla Direzione provinciale o
alla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, le quali lo esamineranno attraverso apposite
strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili.
L’accertamento con adesione, invece, è un procedimento amministrativo volto a definire la
pretesa tributaria con il consenso del contribuente e si sviluppa attraverso il contraddittorio con
lo stesso. Durante questa fase viene posta in discussione la sostenibilità della pretesa fiscale e si
pone attenzione all’analisi degli eventuali elementi che possano condurre alla sua riduzione o
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modificazione, pertanto si apre un confronto tra le reciproche posizioni dell’Ufficio e del
contribuente.
L’art 17-bis non richiede, al contrario, la convocazione del contribuente presso l’Ufficio per
consentirgli di discutere la pretesa tributaria.
Inoltre, a differenza del reclamo, nell’accertamento con adesione la pretesa è nota al
contribuente, ma quest’ultimo non è tenuto a formalizzare le proprie doglianze e ad anticipare le
proprie ragioni prima dell’instaurazione di una eventuale fase contenziosa. Tuttavia, è prassi
consolidata fra i difensori tributari quella di produrre delle memorie/note illustrative al fine di
addivenire ad una composizione bonaria della vicenda fiscale.
Il reclamo è l’unico strumento deflativo in cui la materia del contendere è già compiutamente
delineata e su di essa il contribuente e l’Amministrazione si confrontano su un piano di
apparente parità, avendo entrambi manifestato e documentato le proprie posizioni.
Il comma 8 dell’art. 17-bis prevede esplicitamente tre criteri di valutazione che l’Ufficio deve
adottare nell’analizzare l’istanza proposta dal contribuente, consistenti nella “eventuale
incertezza delle questioni controverse”, nel “grado di sostenibilità della pretesa” e nel “principio
di economicità dell’azione amministrativa”.
Circa gli esiti dei due procedimenti in esame, occorre fare una distinzione dei trattamenti
sanzionatori che da essi scaturiscono. Precisamente, mentre dall'accordo di mediazione può
derivare una riduzione delle sanzioni al “quaranta per cento delle somme irrogabili in rapporto
dell'ammontare del tributo risultante” dalla mediazione, dall'adesione potrà derivare una più
elevata riduzione delle sanzioni sino ad un terzo del minimo edittale (e non più a un quarto), in
applicazione degli artt. 2 e 3 del D.Lgs. 218/97, come modificati dall’art. 1 co. 18 lett. a) e b)
della L. 220/2010, nonché dell'art. 15 dello stesso decreto (in caso di acquiescenza)22
Da ultimo, l’art. 17-bis prevede, nel caso in cui si instauri il giudizio, che la parte soccombente
debba rimborsare alla parte vittoriosa le spese riferibili alla mediazione, per una somma pari al
.
22 Circa le sanzioni in caso di mediazione si veda il combinato disposto degli artt. 17 bis, comma 8, e 48, comma 6, del
D.Lgs 546/92.
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50% delle spese liquidate dal Giudice diversamente a quanto avviene nell’accertamento con
adesione dove i predetti oneri non sono rimborsabili.
Infine, occorre ricordare che il reclamo non è incompatibile con l'accertamento con adesione.
Pertanto, una volta ricevuto un avviso di accertamento reclamabile, non preceduto da invito a
comparire, il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione, con sospensione
del termine per novanta giorni. Poi, se l'adesione ha esito negativo, occorre notificare il reclamo
entro il termine comprensivo del periodo di sospensione, e tentare nuovamente l'accordo col
Fisco23
.
4.2 Motivi di ricorso
L'atto di reclamo è una sorta di anticipazione del ricorso, quindi occorre che il contribuente
delinei, puntualmente, i motivi per cui si intende censurare l'atto. In altre parole, i motivi di
ricorso devono essere indicati nel reclamo, non essendovi la possibilità di integrarli in un
momento successivo.
Ciò posto, emerge che il reclamo è un atto che può contenere nel contempo sia i motivi di
ricorso (che dovranno essere valutati dall'Amministrazione per l'eventuale annullamento dell'atto
reclamato), sia la proposta di mediazione.
Come avrebbe detto il Satta, nel gioco delle parti le carte vanno scoperte sin dall'inizio al fine di
evitare di incappare nel regime delle preclusioni (simile a quello previsto nel sistema processual
civilistico).
Se, dunque, il contribuente, nella parte di atto rivolta al giudice, chiede, nelle conclusioni,
l'annullamento totale dell'atto e, in via subordinata, quello parziale, la richiesta del contribuente
permane tale, nonostante nel ricorso/reclamo stesso sia stata manifestata la volontà di pervenire
ad una mediazione, o il contribuente, estremizzando, abbia chiesto all'ufficio il solo annullamento
23 In senso favorevole all'applicabilità sia della sospensione feriale che di quella derivante dalla domanda di adesione si
è espressa l'Agenzia delle Entrate (circ. 19.3.2012 n. 9/E, § 2.9).
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Processo Tributario
29
parziale. Per contro, se nel reclamo si insiste solo ed esclusivamente per l'annullamento parziale,
ciò non può essere mutato in domanda di annullamento totale nel momento in cui ci si costituisce
in giudizio24
.
4.3 La sospensione della riscossione
Decisamente controversa appare la novella per ciò che concerne la sospensione dell'atto
reclamato/impugnato.
La regola generale prevede che il contribuente abbia facoltà di richiedere sia la sospensione di un
atto in sede amministrativa all'Amministrazione finanziaria, prima dunque dell'instaurazione del
giudizio innanzi la Commissione Tributaria, che una sospensione cautelare in sede
giurisdizionale, al Giudice tributario.
Non così snella appare invece l'applicazione di tale regola al neo introdotto istituto del reclamo e
ciò in quanto non vi è concordanza di opinioni nel ritenere tale momento, cioè quello che va dalla
proposizione del reclamo-ricorso fino al deposito in Commissione dell'atto, come una fase
amministrativa. C'è infatti chi sostiene che, proprio per il fatto che il reclamo abbia il contenuto
del ricorso e che lo stesso non possa essere cambiato, già dalla notifica del reclamo-ricorso
all'Agenzia delle Entrate debba ritenersi sussistente la fase giudiziale.
Tale diatriba rende dubbia l'applicazione della sospensione cautelare ex art. 47, DLgs. n.
546/92, sino al momento del deposito del reclamo/ricorso in CTP.
Ciò in quanto tale rimedio, come accennato, è esperibile solo in fase di giudizio.
Rimane pacifico, invece, che l'atto di reclamo/mediazione possa contenere la domanda di
sospensione dell'atto impugnato ai sensi dell'art. 2-quater, comma 1-bis, D.L. n. 564/94, ossia
24 L'art. 17-bis, D.Lgs. n. 546/92 non contiene deroghe alla disciplina dei motivi di ricorso, quindi, nel momento in cui
il contribuente, in ipotesi di esito negativo del reclamo/mediazione, provvede al deposito del ricorso, dovrà depositare la copia del reclamo, senza nessuna aggiunta, specie in merito ai motivi. Perciò, l'unico caso in cui è possibile l'integrazione dei motivi è rappresentato dal deposito di documenti non conosciuti ad opera della Direzione provinciale/DRE, ai sensi dell'art. 24, D.Lgs. n. 546/92. L'integrazione dei motivi deve, ad avviso di parte della dottrina, essere ammessa anche ove il contribuente sia reso edotto dei nuovi documenti nelle more del procedimento di reclamo, quindi prima della costituzione in giudizio.
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quella rivolta all'Agenzia delle Entrate (Cfr. Circolare Agenzia delle Entrate 19.3.2012 n. 9/E,
§ 2.4).
Secondo parte dei sostenitori della tesi che la fase del reclamo debba considerarsi
giurisdizionale, il contribuente può domandare la sospensione alla Commissione Tributaria sin dal
momento di notifica del reclamo, ossia prima dell'instaurarsi della fase dinanzi alla Commissione
Tributaria. Tale orientamento si fonda sul fatto che la sospensione in via amministrativa,
provenendo da una delle parti (ossia l'Agenzia delle Entrate), non assicura di certo un'adeguata
tutela dei diritti del contribuente, ponendosi di conseguenza in palese contrasto con in principi
costituzionali.
Il contribuente, pertanto, potrebbe inserire la richiesta di sospensiva cautelare nello stesso
corpo dell'atto di reclamo (da depositare ai soli fini della sospensiva presso la CTP) o, invece,
notificare una vera e propria istanza cautelare, evidenziando debitamente il fumus boni iuris,
ricavandolo dai motivi di reclamo/ricorso, e il periculum in mora) e depositarla presso la
segreteria della Commissione tributaria. In tale seconda ipotesi, all'atto della costituzione in
giudizio, che riguarda, come detto, la sola domanda cautelare, bisogna depositare ovviamente
copia dell'atto di reclamo, in modo da consentire alla Commissione tributaria di valutare la
concedibilità della sospensiva. A nostro parere, la notifica dell'istanza cautelare, non inserita nel
corpo del reclamo/ricorso, è preferibile in quanto si evita di ingenerare confusione all'atto del
deposito in Commissione tributaria.
Se la sospensiva viene accolta, nessuna misura cautelare/esecutiva può essere adottata. Se la
mediazione, che nel frattempo prosegue il suo corso, ha esito positivo, il contribuente deve
versare le somme risultanti dall'accordo, quindi con il pagamento dell'intero o della prima rata
egli non dovrebbe più essere considerato inadempiente, e la funzione della sospensiva verrebbe
meno.
Se la sospensiva viene accolta, nessuna misura cautelare/esecutiva può essere adottata. Se la
mediazione, che nel frattempo prosegue il suo corso, ha esito positivo, il contribuente deve
versare le somme risultanti dall'accordo, quindi con il pagamento dell'intero o della prima rata
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egli non dovrebbe più essere considerato inadempiente, e la funzione della sospensiva verrebbe
meno.
Secondo l'altro orientamento dottrinario, invece, è da ritenersi impercorribile la strada della
proposizione della “sospensiva” alla Commissione tributaria prima dell'instaurarsi del giudizio
tributario.
In tale ipotesi, l'unica strada percorribile sarebbe quella di sollevare la questione di legittimità
costituzionale dinanzi alla Consulta, censurando l'art. 17-bis, D.Lgs. n. 546/92 nella parte in cui
non prevede la tutela cautelare in pendenza del procedimento di reclamo.
4.4 Documenti da depositare
Nel procedimento di reclamo/mediazione, come precedentemente anticipato, il contribuente
formula una apposita istanza illustrando le motivazioni che dovranno coincidere con i motivi di
impugnazione proposti nel ricorso. Con la predetta istanza il contribuente chiede, in via
preventiva, alla competente struttura dell’Agenzia delle Entrate l’annullamento totale o parziale
dell’atto; tuttavia, l’istanza può contenere una motivata proposta di mediazione, completa della
rideterminazione dell’ammontare della pretesa. Decorsi 90 giorni senza che sia stato notificato
l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, l’istanza produce gli
effetti propri del ricorso di cui all’art. 18 D.Lgs. 546/1992. Produce i medesimi effetti anche in
caso di rigetto o di accoglimento parziale dell’atto di reclamo.
A tal proposito, essendo il reclamo un istituto diretto ad evitare il processo tributario, l’Ufficio
ha l’esigenza di esaminare i motivi che sono alla base dell’impugnazione dell’atto ed i
documenti che l’istante intende produrre in giudizio. È proprio per questa funzione pre-
processuale, che riveste il nuovo istituto, che si giustifica il rinvio, disposto dall’art. 17-bis
comma 6 D.Lgs. 546/1992, alle disposizioni di cui agli artt. 12, 18, 19, 20, 21 e al comma 4
dell’art. 22 del medesimo decreto.
In merito ai vari documenti da depositare, il citato art. 22 comma 4 sancisce quanto segue:
“Unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio
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fascicolo, con l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato, se notificato, ed i documenti che
produce, in originale o fotocopia”.
In riferimento alla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9/E/2012, oltre alla motivata istanza
presentata alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto, il
contribuente è tenuto ad allegare:
- copia dell’atto impugnato;
- copia di tutti i documenti che il contribuente intende allegare al ricorso e depositare
presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale nel caso in cui il
procedimento sfoci nel contenzioso.
Ovviamente, la mancata produzione di documenti nelle more del procedimento di reclamo non
comporta l’impossibilità di produrli in un momento successivo, sempre che vengano depositati
entro 20 giorni liberi prima dell’udienza.
Il deposito dei predetti documenti favorisce l’Agenzia delle Entrate nella immediata valutazione
dell’istanza ed inoltre pone l’Ufficio nella condizione di poter conoscere tutti i profili di
legittimità. In definitiva l’obbligatorio procedimento di reclamo, potendo estinguere la
controversia, richiede pertanto la notifica dell’istanza completa di tutti quei documenti che il
contribuente intende depositare insieme al ricorso qualora venga a fallire il tentativo di
reclamo/mediazione.
4.5 Termini per la notifica
L’istanza per il reclamo e la mediazione va notificata alla medesima Direzione provinciale o
regionale che ha emanato l’atto oggetto di impugnazione, le quali provvedono attraverso
apposite strutture diverse ed autonome rispetto a quelle che hanno curato l’istruttoria degli atti
reclamabili.
Il comma 6 dell’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992 richiama, tra gli altri, l’art. 21 del medesimo
decreto. Pertanto l’atto di reclamo segue gli stessi termini previsti per il ricorso, ossia deve
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essere notificato entro 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto che il contribuente intende
impugnare, a pena di inammissibilità. In caso di rifiuto tacito relativo ad una domanda di
rimborso, l’istanza può essere proposta decorso il novantesimo giorno dalla proposizione della
domanda medesima.
Nonostante il procedimento di reclamo abbia natura amministrativa, il richiamo al termine
processuale di proposizione del ricorso comporta l’applicazione anche per il reclamo del periodo
di sospensione feriale – dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno – ed eventualmente, della
sospensione di 90 giorni conseguente alla presentazione dell’istanza di accertamento con
adesione.
Come già evidenziato, il reclamo non è incompatibile con l’accertamento con adesione. Pertanto,
ricevuto l’accertamento del valore non superiore a 20.000,00 euro, non preceduto da invito a
comparire, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 218/1997, il contribuente può presentare istanza di
accertamento con adesione, con sospensione per 90 giorni del termine del reclamo/ricorso. Poi,
in caso di esito negativo dell’adesione, occorre notificare il reclamo/ricorso entro il termine
comprensivo del periodo di sospensione e tentare un nuovo accordo con il Fisco.
La predetta sospensione feriale non trova applicazione nel corso della fase amministrativa della
reclamo/mediazione, di cui ai commi 7 e seguenti del citato art. 17-bis, ma solo alla decorrenza
del successivo termine di costituzione in giudizio, con la conseguenza che la procedura di
reclamo/mediazione deve concludersi comunque entro 90 giorni dalla sua notifica all’Ufficio
competente.
Inoltre, il comma 6 dell’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992 richiama, tra gli altri, anche l’art. 20
del medesimo decreto. Il comma 1 del predetto art. 20 stabilisce che “Il ricorso è proposto
mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16”.
In particolare il comma 2 dell'art. 16 prevede che “Le notificazioni sono fatte secondo le norme
degli artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall’art. 17”.
Mentre il comma 3 dell’art. 16 stabilisce che “Le notificazioni possono essere fatte anche
direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta
raccomandata con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali
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possa desumersi il contenuto dell’atto, ovvero all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente
locale mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia”.
Pertanto, come specificato anche nella C.M. 9/E/2012, la notifica dell’istanza all’Ufficio che ha
emanato l’atto deve essere effettuata:
- a mezzo di Ufficiale giudiziario, in riferimento alle modalità di cui all’art. 137 e ss. del
codice di procedura civile;
- attraverso consegna diretta all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, che ne rilascia
ricevuta;
- direttamente a mezzo del servizio postale, mediante spedizione dell’istanza in plico a
mezzo raccomandata A.R., senza busta.
4.6 Inammissibilità
Il richiamo all’applicazione dell’art. 18 D.Lgs. 546/1992, effettuato dal comma 6 dell’art.
17-bis del medesimo decreto, sancisce l’inammissibilità dell’atto di reclamo se manca o è
assolutamente incerta una delle indicazioni di cui al comma 2 del predetto art. 18, ad eccezione
di quella relativa al codice fiscale e all’indirizzo di posta elettronica certificata, o non è
sottoscritto.
Dunque l’istanza di reclamo deve contenere:
- la Direzione nei cui confronti è avviato il procedimento amministrativo del reclamo;
- il contribuente ed il suo legale rappresentante, la relativa residenza o sede legale o il
domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché il codice fiscale e
l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC);
- l’atto impugnato e l’oggetto dell’istanza;
- i motivi di diritto e di merito sottostanti alla richiesta di nullità dell’atto
Nell’istanza il contribuente dovrà indicare, altresì, il valore della controversia al fine di stabilire
l’obbligatorietà della fase di reclamo.
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L’istanza di reclamo, come anticipato in precedenza, deve essere motivata sulla base di elementi
di fatto e di diritto che devono coincidere con i motivi di impugnazione proposti nel ricorso.
A fronte di quanto detto, la C.M. 9/E/2012 prevede l’inammissibilità dell’atto di reclamo
qualora i motivi in esso contenuti non coincidano integralmente con quelli esposti nel ricorso. In
applicazione del comma 2 dell’art. 17-bis, è inammissibile il motivo di ricorso per il quale non sia
stata preventivamente esperita la procedura di reclamo.
In relazione ai motivi contenuti nell’istanza di reclamo, l'art. 17-bis D.Lgs. 546/1992 non
contiene alcun passaggio o deroga per una eventuale integrazione dei motivi con la conseguenza
che non sarà possibile eccepire nuove contestazioni rispetto all'atto impugnato essendo la fase
successiva direttamente quella della costituzione in giudizio.
Né è consentito integrare i motivi dopo la costituzione in giudizio delle parti. Infatti, ai sensi del
comma 2 dell’art. 24 D.Lgs. 546/1992, l’integrazione dei motivi di ricorso è ammessa
esclusivamente quando “resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle
altre parti o per ordine della commissione”.
Un ulteriore elemento di inammissibilità si evidenzia qualora il ricorso depositato nella segreteria
della Commissione tributaria provinciale non sia conforme a quello consegnato o spedito alla
Direzione con l’istanza di mediazione.
Infine, come ribadito nei precedenti paragrafi, l’istanza di reclamo è inammissibile qualora non
venga notificata entro 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto che il contribuente intende
impugnare.
Tuttavia, anche nei casi di palese inammissibilità, l’Agenzia delle Entrate con C.M. 9/E/2012,
ha precisato che l’istanza può comunque essere trattata come una richiesta di autotutela.
4.7 Accoglimento totale o parziale
Prima di giungere ad un accordo e successivamente alla presentazione dell’istanza, l’Ufficio
procede con le seguenti modalità:
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1. verifica se sussistono i presupposti e i requisiti per la presentazione dell’istanza
individuati dall’art. 17-bis;
2. verifica la fondatezza dei motivi;
3. valuta la proposta di mediazione eventualmente formulata dal contribuente, nel caso in
cui riscontri la mancanza dei presupposti per l’annullamento dell’atto impugnato;
4. in mancanza di proposta formulata dal contribuente, l’Ufficio, se ne ravvisa i presupposti,
può formulare una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione della
pretesa ai sensi del comma 8 dell’art. 17-bis;
5. negli altri casi in cui ritenga possibile esperire la mediazione, l’Ufficio invita il
contribuente al contraddittorio.
Qualora le motivazioni dell’istanza giustifichino l’annullamento dell’atto in via di autotutela,
l’Ufficio porta a conoscenza del contribuente il provvedimento di accoglimento dell’istanza. Allo
stesso modo l’Ufficio accoglie l’istanza del contribuente quando siano sussistenti i presupposti
del rimborso richiesto.
L’Agenzia delle Entrate ha specificato nella circolare 9/E/2012 che la conclusione di una
mediazione parziale possa intervenire esclusivamente in casi eccezionali, in presenza di
specifiche e motivate ragioni. Pertanto, la conclusione della mediazione, in considerazione della
finalità deflativa del nuovo istituto, deve condurre, di norma, alla definizione del rapporto,
evitando la fase contenziosa.
Una volta valutata favorevolmente la possibilità di mediazione, l’Ufficio invita il contribuente al
contraddittorio tutte le volte in cui non reputi possibile e/o opportuno formulare
immediatamente una motivata proposta di rideterminazione della pretesa.
L’accordo con il quale le parti decidono di mediare la controversia, si conclude al momento della
sottoscrizione da parte del contribuente e dell’Ufficio di un atto contenente l’indicazione degli
importi risultanti dalla mediazione e le modalità di versamento degli stessi.
La conclusione dell’accordo di mediazione individua il momento a partire dal quale decorre il
termine per effettuare il pagamento che realizza il perfezionamento della mediazione.
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L’accordo può anche concludersi mediante sottoscrizione per accettazione della proposta di
mediazione formulata da una delle parti, quando dalla proposta risulti in modo specifico il
contenuto dell’accordo.
Una volta conclusa con la sottoscrizione, la mediazione si perfeziona con il pagamento delle
somme dovute per l’intero importo ovvero della prima rata in caso di pagamento rateale,
effettuato entro venti giorni dalla conclusione dell’accordo di mediazione.
Qualora l’Ufficio non dovesse accogliere il reclamo o la mediazione, nel termine di novanta
giorni dal ricevimento dell’istanza, porterà il provvedimento di diniego a conoscenza del
contribuente. Pertanto, in caso di mancato accordo, il reclamo/mediazione non si perfezionerà
ed il contribuente potrà decidere di agire in giudizio o desistere dal contenzioso; in tale ultimo
caso, decorso il termine di trenta giorni di cui all’art. 22 del D.Lgs. 546/1992, l’atto oggetto di
istanza diviene definitivo e l’Ufficio procede alla conseguente riscossione.
In conclusione, il contribuente, dopo aver presentato il reclamo alla Direzione provinciale o
regionale che ha emanato l’atto, può trovarsi nelle seguenti situazioni a seconda dell’esito del
reclamo:
- se la Direzione accoglie il reclamo e annulla totalmente l’atto, la procedura si conclude,
restando a carico del contribuente le relative spese della procedura;
- se la stessa annulla parzialmente l’atto, il contribuente lo potrà impugnare per la parte
non accolta;
- se l’organo destinatario del reclamo non lo accoglie, né accoglie l’eventuale proposta di
mediazione in esso contenuta, formula d’ufficio una proposta di mediazione considerando:
l’incertezza delle questioni controverse, il grado di sostenibilità della pretesa e il
principio di economicità dell’azione amministrativa.
Quanto detto viene rappresentato nel seguente prospetto:
Accoglimento atto di reclamo Annullamento atto impugnato Procedura conclusa
Accoglimento parziale atto di Annullamento parziale atto Possibilità per il contribuente
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reclamo impugnato di impugnare l’atto per la
parte non accolta
Mancato accoglimento atto di
reclamo e proposta di
mediazione
Proposta di mediazione
formulata d’ufficio dalla
Direzione
Possibilità di concludere la
mediazione o di impugnare
l’atto
5. La mediazione
La mediazione è un segmento del procedimento amministrativo che si incardina, mediante la
notifica del reclamo/ricorso, all’interno di quella parentesi di 90 giorni volta al riesame dell'atto,
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parentesi che si dispiega fra due termini processuali, quello di 60 giorni per notificare il ricorso
all’Agenzia e quello successivo di 30 giorni che ha il ricorrente per depositare in Commissione
tributaria il medesimo ricorso. Ovviamente i 90 giorni si riducono nel caso in cui
l’Amministrazione Finanziari dovesse notificare al contribuente l’esito negativo (totale o
parziale) del ricorso.
L’esame della domanda di mediazione è chiaramente ispirato ai tre principi contenuti nel comma
8 dell’art. 17-bis. Le valutazioni devono tenere conto delle linee guida finalizzate ad una
efficace gestione non solo della mediazione ma anche della eventuale fase di instaurazione del
contenzioso, per cui, posta la natura squisitamente deflattiva che ha ispirato il legislatore a
partorire siffatta norma, gli sforzi amministrativi devono tendere alla ricerca del corretto punto di
equilibrio che medi la necessità per il percettore dell’istanza, di non cadere nell’errore di
giudicare accertabile una questione palesemente controversa, di sostenere con motivate ragioni
nella fase giurisdizionale la pretesa, di incorrere in una procedura il cui introito incerto non
giustifichi una spesa certa.
Per l’esame della domanda formulata dal contribuente, l'Ufficio deve tener conto degli
orientamenti espressi dalla Corte di Cassazione.
5.1 La mediazione ed altre forme deflattive del contenzioso
Come già rilevato in precedenza la mediazione non esclude la possibilità di azionare procedure
deflattive alternative che spaziano dalla richiesta di semplice autotutela amministrativa alla
presentazione di apposita istanza di accertamento con adesione o alla procedura di acquiescenza.
Queste procedure possono essere instaurate anche in concorso con la presentazione della
richiesta di mediazione e non ne limitano l’efficacia, anzi diventano elementi di supporto alla
valutazione della fase della mediazione laddove non escludano a priori la definizione della stessa.
Rileva sottolineare che la sovrapposizione ad esempio dell’accertamento con adesione con
l’istituto della mediazione non è necessariamente da considerarsi un doppio tentativo con
medesimi effetti, posto che la mediazione, ed è questa la peculiarità che maggiormente emerge
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40
dall’istituto, costringe l’Ufficio a valutare i motivi del ricorso sottostanti l’istanza di reclamo
che rappresentano i vizi formali e sostanziali dell’atto impositivo che con estrema probabilità
non sono trattati nell’istanza di adesione. Ulteriore elemento discriminante è il necessario peso
che nella fase di mediazione occorre dare agli orientamenti giurisprudenziali, i quali sono basati
su logiche diverse da quelle del gettito che spesso non aiutano l’adesione ed altri istituti
deflattivi.
Nel caso in cui si arrivi ad una accettazione della proposta di mediazione da parte dell’Ufficio, o,
in alternativa, ad una mediazione basata sull’accettazione della pretesa da parte del
contribuente, non è necessaria, ovviamente, l’instaurazione del contraddittorio.
6. Instaurazione del processo
6.1 La costituzione in giudizio
Il comma 9 dell'art. 17-bis D.Lgs. 546/1992 stabilisce che, in caso di esito negativo della
mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso individuando il momento da cui decorrono i
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41
termini per la costituzione in giudizio del contribuente e dell'Ufficio ai sensi dagli artt. 22 e 23
D.Lgs. 546/1992.
Infatti, come precedentemente evidenziato, la notificazione del reclamo, alla luce del
dettato del comma 9, equivale a quella di un ricorso del quale produce gli effetti:
• dopo che siano trascorsi novanta giorni dalla sua proposizione nell’ipotesi in cui non sia
stato accolto o non sia stata conclusa la mediazione;
• oppure, antecedentemente, nell’ipotesi di notifica, da parte dell’Ufficio competente, del
provvedimento di rigetto totale o parziale del reclamo.
Quindi, se l'Agenzia delle Entrate non accoglie il reclamo oppure le parti non concludono la
mediazione ed il contribuente ha intenzione di adire le vie giudiziarie si ha un mutamento della
natura dell'istanza di reclamo che, da atto stragiudiziale, volto ad introdurre una fase
amministrativa, diviene atto introduttivo del processo tributario.
6.1.1 Decorrenza, termini e modalità costituzione in giudizio del contribuente
L'art. 22 D.Lgs. 546/1992 disciplina le modalità ed i termini della costituzione in giudizio
del ricorrente. A tale norma è necessario fare rinvio nel momento in cui il "reclamo produce gli
effetti del ricorso".
La norma prevede che la costituzione in giudizio deve avvenire entro trenta giorni dalla
proposizione del ricorso a pena di inammissibilità, mediante deposito in Commissione Tributaria:
• del ricorso in originale (se è stato notificato a controparte tramite ufficiale giudiziario)
oppure in copia conforme se consegnato o spedito a mezzo posta alla controparte (in tal
caso con fotocopia della ricevuta di deposito o spedizione);
• del fascicolo di parte contenente l'atto impugnato ed i documenti da produrre in allegato
e citati nell'atto.
A questo punto è necessario vedere come tale norma si coordina con il procedimento di
reclamo.
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In relazione al termine perentorio (trenta giorni), previsto per la costituzione in giudizio del
reclamante/ricorrente, questo comincia a decorrere dal giorno successivo:
• a quello del compimento dei 90 giorni dal ricevimento dell'istanza da parte dell'Ufficio in
caso di mancato accoglimento del reclamo o conclusione della mediazione. In tal caso il
termine di novanta giorni decorre dalla data di ricevimento dell'istanza stessa da parte
dell'Ufficio, con la conseguenza che, se il reclamo è stato proposto tramite raccomandata,
il termine decorrerà dal momento della ricezione della stessa da parte dell'Ufficio
competente (e non dal giorno della spedizione da parte del contribuente). Si ribadisce che
il suddetto termine, a parere dell'Agenzia delle Entrate, non soggiace alla sospensione
feriale dei termini in quanto si tratta di una fase amministrativa e non processuale;
• a quello di notificazione del provvedimento di diniego da parte dell'Ufficio25
• a quello di notificazione da parte dell'Ufficio, prima del decorso dei 90 giorni, di
accoglimento solo parziale dell'istanza;
;
• in presenza di non perfezionamento della mediazione (es. per mancato versamento della
prima rata o della complessiva somma) il termine comincia a decorrere o passati i venti
giorni per il pagamento26
Al termine previsto dall’art. 22 D.Lgs. 546/1992, invece, si applica sempre la
sospensione dei termini prevista dalla L. 742/1969 con la conseguenza che, se il provvedimento
di diniego totale o parziale fosse comunicato o la decorrenza dei novanta giorni andasse a spirare
nel periodo compreso tra il 1 agosto ed il 15 settembre i trenta giorni previsti per la costituzione
andrebbero a decorrere a partire dal 16 settembre.
o comunque dal giorno successivo al compimento dei 90 giorni
(si veda circolare 9/E punto 10.1.3) in quanto, come visto, l'atto continua a produrre i
suoi effetti permettendo al contribuente di costituirsi in giudizio.
25 Nel caso in cui il contribuente riceva comunicazione del provvedimento dopo la scadenza del novantesimo giorno, il
termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio decorre comunque dal giorno successivo a quello di compimento dei novanta giorni dal ricevimento, da parte dell’Ufficio, dell’istanza.
26 Di differente orientamento appare l’Agenzia delle Entrate che, al punto10.1.3 della circolare n. 9/E 2012, ritiene che nella fattispecie esaminata, il termine decorra dal <<.. giorno successivo al compimento dei novanta giorni previsti dal comma 9 dell’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992..>>.
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43
Particolarmente importante, quindi, è il momento in cui il contribuente riceve il diniego parziale
o assoluto all'istanza di reclamo inviato dall'Agenzia delle Entrate che può essere comunicato
nelle forme di notifica previste per gli altri atti tributari ai sensi dell’art. 60 D.P.R. 600/1972
oppure utilizzando la posta elettronica certifica.
Di seguito una sintesi di quanto detto in merito alla decorrenza dei termini ex art. 22 D.Lgs.
546/1992 nelle differenti fattispecie.
TERMINI PER LA COSTITUZIONE IN GIUDIZIO
30 giorni decorrenti dal giorno successivo:
a) al compimento del 90° giorno dal ricevimento dell’istanza da parte dell’ufficio, in caso di mancato accoglimento
del reclamo o conclusione della mediazione
b) alla notificazione del provvedimento di diniego
c) alla notificazione, da parte dell’ufficio, prima del decorso dei 90 gg., di accoglimento parziale dell’istanza
d) decorsi venti giorni per il pagamento di quanto previsto nella mediazione, nel caso, appunto, di mancato
perfezionamento della mediazione
In relazione al deposito in Commissione tributaria provinciale del ricorso e del fascicolo di parte
si applicano le normali procedure previste per tutti i giudizi.
Quindi, la costituzione in giudizio dovrà avvenire con deposito a mano oppure con spedizione a
mezzo posta in plico raccomandato, senza busta chiusa, con avviso di ricevimento.
All'atto della costituzione parte ricorrente dovrà depositare:
A) il reclamo/ricorso:
• l'originale del reclamo/ricorso notificato a mezzo ufficiale giudiziario (dove è apposta la
relata di notifica);
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• o, la copia conforme del reclamo/ricorso con la fotocopia della ricevuta di spedizione, se
la notifica è stata eseguita a mezzo posta;
• o, la copia conforme del reclamo/ricorso con la fotocopia della ricevuta di deposito, se la
notifica è avvenuta tramite consegna diretta.
B) il fascicolo di parte contenente:
• l'originale o la fotocopia dell'atto impugnato;
• i documenti che il contribuente ha indicato nel reclamo/ricorso che devono essere
riprodotti tutti, anche se già consegnati all'Ufficio in sede di mediazione.
C) la nota di iscrizione a ruolo
con applicata o allegata la prova del versamento del contributo unificato.
Si ricorda che, a pena di inammissibilità del reclamo/ricorso, l'atto depositato o spedito alla
Commissione tributaria provinciale deve essere conforme a quello consegnato o spedito
all'Ufficio competente.
Una questione particolare riguarda la costituzione in giudizio in presenza di istanza di reclamo
avverso il ruolo notificato con la cartella di pagamento quando sono contestati sia vizi del ruolo
(attività dell'Agenzia delle Entrate) sia vizi propri della cartella di pagamento (atto emesso
dall'Agente della riscossione). In tal caso si ribadisce che, in mancanza di chiarimenti in merito
da parte della giurisprudenza, sarà assolutamente opportuno tenere un comportamento
cautelativo notificando il ricorso all'Agente della riscossione eccependo i vizi della cartella di
pagamento ed il reclamo all'Agenzia delle Entrate sostenendo la nullità per omessa notifica
dell'atto presupposto e/o per i altri vizi di merito relativi al ruolo. A seguito di ciò il ricorso
avverso la cartella di pagamento dovrà seguire i normali termini di costituzione previsti dall’art.
22 D.Lgs. 546/1992 e quindi, salvo sospensione dei termini feriali, il contribuente dovrà
costituirsi in giudizio nei trenta giorni successivi alla notifica all'Agente della riscossione mentre
il reclamo/ricorso contro il ruolo notificato solo all'Agenzia delle Entrate seguirà la procedura
del reclamo che abbiamo affrontato sopra con una sospensione dei termini di costituzione in
giudizio che durerà fino alla conclusione della mediazione (comunque non oltre novanta giorni).
In tal caso, infatti:
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Processo Tributario
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• se il reclamo avesse esito positivo, il ruolo viene meno ed il ricorso contro la cartella
dovrebbe essere dichiarato estinto per cessata materia del contendere;
• se il reclamo ha esito negativo, invece, si potrebbe instaurare il giudizio avverso il ruolo
nei termini previsti dall’art. 17-bis e chiedere la riunione dei procedimenti con quello già
pendente in Commissione contro la cartella di pagamento;
• se la mediazione ha esito positivo, le somme derivanti dall'accordo verranno versate con
le modalità previste dall’art. 48 D.Lgs. 546/1992 ed il ricorso avverso la cartella di
pagamento dovrebbe essere dichiarato estinto per cessata materia del contendere.
Differentemente, invece, seguendo la circolare 9/E dell'Agenzia delle Entrate, si potrebbero
prefigurare alcune situazioni potenzialmente sfavorevoli per il contribuente (Cfr. paragrafo
afferente le Criticità del ricorso/reclamo in presenza di vizi del ruolo e della cartella di
pagamento).
6.2 Inapplicabilità della conciliazione giudiziale
Il comma 1 dell’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992 prevede espressamente: <<…, chi intende
proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti
ed è esclusa la conciliazione giudiziale di cui all’art. 48..>>.
Il reclamo, quindi, preclude l’accesso all’istituto della conciliazione giudiziale, ovvero alla
possibilità di definire la lite, a giudizio instaurato, con il pagamento delle imposte concordate e la
riduzione al 40% delle sanzioni irrogabili in base al tributo conciliato.
Chiara appare la ratio della preclusione; il legislatore, infatti, ritenendo il reclamo/mediazione
uno strumento deflativo del contenzioso nel quale è stata riposta grande aspettativa, vuole
evitare, verosimilmente e soprattutto, a coloro i quali utilizzano il ricorso quale strumento
dilatorio, di usufruire di una ulteriore possibilità di definizione della lite, spingendo gli stessi
verso la soluzione precontenziosa.
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6.3 Riscossione in pendenza di giudizio
A seguito della costituzione in giudizio, l'Amministrazione Finanziaria ha il potere-dovere di
riscuotere in via provvisoria, frazionatamente quote dell'imposta accertata, maggiorata degli
interessi previsti dalle leggi fiscali, nonché delle sanzioni pecuniarie in determinati casi.
Le norme di riferimento sono dettate dall’art. 68 D. Lgs. 546/1992 e dell’art. 19 D. Lgs.
472/1997.
In particolare l’art. 68 del D. Lgs. 546/1992 si occupa della riscossione frazionata del tributo
nelle fasi successive delle sentenze della Commissione Tributaria Provinciale e Regionale; tale
norma va coordinata con la disciplina prevista dalle singole leggi d’imposta per la fase anteriore
all’instaurazione del giudizio e prima che si sia pronunciata la Commissione Tributaria
Provinciale, se ed in quanto esse stabiliscano la riscossione in via provvisoria dei tributi a
seguito della presentazione del ricorso.
Prima della riforma della riscossione che ha portato all’avvento dell’accertamento esecutivo di
cui all’art. 29 del D.L. 78/2010, in presenza di presentazione del ricorso, la riscossione
frazionata avveniva attraverso l’iscrizione provvisoria a ruolo e quindi successiva notifica della
cartella di pagamento:
• per le imposte dirette pari a 1/2 dell’imposta accertata più i relativi interessi ai sensi
dell’ art. 15 D.P.R. 602/1973 per le dichiarazioni presentate a decorrere dal 01.01.1999;
• per l’Iva pari a 1/2 dell’imposta accertata più i relativi interessi ai sensi dell’art. 60 del
D.P.R. 633/1972;
• per l’imposta di registro e imposta di successioni e donazioni pari a 1/3 dell’imposta
accertata ai sensi dell’art.56 del D.P.R. 131/1986.
Almeno in questa fase erano escluse le sanzioni
Attualmente invece, alla luce della nuova disciplina sulla riscossione, per gli avvisi di
accertamento emessi a partire dal 1^ ottobre 2011 e in relazione ai periodi d’imposta in corso al
31 dicembre 2007, pur rimanendo ferme le disposizioni sulla riscossione delle somme in pendenza
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di giudizio, ciò che cambia riguarda l'entità delle somme che il contribuente è tenuto a versare in
caso di proposizione del ricorso e, ovviamente, il procedimento di riscossione.
In particolare, i nuovi atti “impoesattivi” in sostituzione della riscossione in base al ruolo, sono
immediatamente esecutivi ancorché in caso di impugnazione limitatamente ad 1/327
Il ritardo nella sottoposizione del ricorso al giudice, imposto dalla necessaria proposizione del
reclamo, quale condizione di ammissibilità del ricorso medesimo, si traduce inevitabilmente, in un
ritardo di tutela cautelare nei confronti degli atti impoesattivi, già idonei a legittimare atti
espropriativi e/o misure cautelari o conservative se pur in base alle prescrizioni di legge
dell’imposta
e degli interessi; ciò significa che una volta decorsi i termini per impugnare, l’agente della
riscossione può procedere all’esecuzione forzata in forza del solo avviso di accertamento, senza
bisogno di notificare alcun nuovo ed ulteriore atto.
28
Sull’aspetto della tutela cautelare si rimanda al paragrafo successivo.
.
Fermo restando le disposizioni suddette, l’art. 68 del D.Lgs 546/1992 fissa le regole di
pagamento “provvisorio” dopo l’emanazione della sentenza della Commissione Tributaria
Provinciale e in pendenza di giudizio.
Gli importi dovuti vengono determinati avuto riguardo al contenuto della sentenza e al grado
dell’organo giudicante, anche in deroga, dopo la sentenza, a quanto previsto dalle singole leggi
d’imposta.
Nel dettaglio per gli atti notificati a partire dal 1^ aprile 199829
• dopo la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale con la quale è stato respinto il
ricorso (totalmente), il ricorrente dovrà versare i 2/3 non solo della maggiore imposta
accertata con i relativi interessi ma anche delle sanzioni amministrative irrogate; previa
detrazione di quanto precedentemente pagato nella misura sopra indicata;
:
27 La misura del versamento frazionato è stata ritoccata in 1/3 dal D.L. n. 70/2011 come modificato in sede di
conversione con L. 12 luglio 2011 n. 106. 28 L’affidamento della riscossione all’agente avviene dopo il decorso di 30 giorni dalla scadenza del termine per
impugnare e comunque l’esecuzione forzata rimane sospesa per un periodo di 180 giorni successivi all’affidamento. 29 Il riferimento agli atti notificati a partire dal 1^ aprile 1998 è dovuto all’entrata in vigore - in tale data - della riforma
del sistema sanzionatorio che ha esteso le norme della riscossione frazionata in pendenza di giudizio anche alla sanzioni amministrative. Per gli atti precedenti la sanzione veniva irrogata per intero solo dopo la sentenza della Commissione Tributaria Regionale.
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• dopo la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che ha accolto parzialmente il
ricorso, il ricorrente dovrà versare, fermo restando il limite dei 2/3 dell’intero tributo, la
misura dell’imposta e della sanzione come disposti dalla sentenza con l’aggiunta dei
relativi interessi;
• dopo la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, il ricorrente dovrà versare
l’intero ammontare del tributo determinato dalla stessa sentenza maggiorato dei relativi
interessi e sanzioni al netto delle somme precedentemente pagate.
La tabella seguente riepiloga le fasi della riscossione in pendenza di giudizio:
La riscossione del tributo e delle sanzioni durante le fasi del ricorso
dopo la notifica
dell’accertamento
Imposte dirette, Iva, imposta di
registro e imposte di donazioni e
successioni
1/3 della maggiore imposta
sanzioni nessun importo
dopo la decisione della
Commissione Tributaria
Provinciale
Sentenza sfavorevole al
contribuente
i 2/3 al netto di quanto già corrisposto
Sentenza parzialmente
sfavorevole al contribuente
per l’ammontare risultante dalla
decisione (e comunque non oltre i 2/3) al
netto di quanto già corrisposto
dopo la decisione della
Commissione Tributaria
Regionale e della Commissione
Tributaria Centrale
Sentenza sfavorevole al
contribuente
per il residuo ammontare indicati nella
sentenza
Nell’ipotesi di accoglimento del ricorso, l’art. 68 co. 2 del D. Lgs. n. 546/1992 prevede che
“……..il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della
commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere
rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza.”.
Il dato letterale della norma in questione ha fatto emergere nel tempo due elementi di criticità,
sui quali l’Amministrazione Finanziaria ha fatto definitivamente chiarezza con la Circ. 49/E del
1^ ottobre 2010, con lo scopo di presidiare l’effettività dell’obbligazione tributaria e l’integrità
patrimoniale del contribuente.
In particolare è stato ribadito che per dare esecuzione ai provvedimenti giudiziari e, in
particolare, per procedere ai rimborsi ai sensi dell’articolo 68, comma 2, del decreto legislativo
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31 dicembre 1992, n. 546, non occorre attendere la notifica della sentenza favorevole al
contribuente né alcuna specifica richiesta o sollecito da parte del contribuente.
Infine benché il citato articolo 68, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 faccia riferimento alle
sole sentenze delle Commissioni tributarie provinciali, in base ad un’interpretazione logico
sistematica della norma in esame, deve ritenersi che gli Uffici siano parimenti obbligati a dare
esecuzione anche alle sentenze favorevoli al contribuente emesse dalla Commissioni tributarie
regionali e della Commissione Tributaria Centrale.
6.4 La tutela cautelare
Con riferimento al rapporto tra tutela cautelare e mediazione tributaria, l’Agenzia delle
Entrate ha chiarito che nei casi di applicabilità del reclamo, in primo luogo, l’obbligatoria
presentazione del reclamo non comporterebbe la sospensione automatica dell’esecuzione
dell’atto impugnato e che, nel corso del procedimento amministrativo di mediazione, non è
applicabile l’istituto processuale della tutela cautelare ex art. 47 D.Lgs 546/92.
L’ex art. 47 D.Lgs 546/92 rubricato “sospensione dell’atto impugnato” prevede che se al
contribuente possa derivare un danno grave ed irreparabile, può chiedere la sospensione
dell’esecuzione alla Commissione Tributaria Provinciale.
L’introduzione di tale istituto risponde alle necessità derivanti dalla particolare natura del
rapporto tributario e dalla rigidità della gestione amministrativa del prelievo tributario nei diversi
settori della riscossione in pendenza di giudizio e della prevenzione della lite tributaria.
Il criterio che ha ispirato il legislatore è stato la previsione “di un procedimento accessorio ai fini
della sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato disposta mediante provvedimento
motivato, con efficacia temporale limitata e non oltre la decisione di primo grado e con obbligo di
fissazione dell’udienza entro 90 giorni” (Cfr. Art.30 Legge 413/1991 lettera h).
Nell’ambito di tale previsione, lo stesso legislatore ha fissato i presupposti per l’emanazione di
un provvedimento di sospensiva: fumus bonis iuris e periculum in mora.
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50
Con il primo presupposto si intende la ragionevole probabilità di accoglimento del ricorso,
emergente dall’esame del merito della causa e valutato alla luce della peculiarità che caratterizza
il contesto probatorio nel giudizio tributario.
Per quanto riguarda il periculum in mora, considerando la circostanza secondo cui il
provvedimento impugnato in un giudizio tributario ha ad oggetto, nella maggior parte dei casi, il
solo obbligo del pagamento di una somma di denaro, spetterà al giudice, di volta in volta,
valutare se dal pagamento possa derivare un danno grave ed irreparabile per ilcontribuente30
30 Procedura: La domanda motivata deve essere proposta nel ricorso introduttivo ovvero in un atto separato, notificata alle parti e depositata in segreteria, osservando le disposizioni di cui all’articolo 47, comma 1°, D.Lgs 546/92. Successivamente al deposito, il Presidente fisserà la data della trattazione e la comunicherà alle parti almeno 10 giorni liberi prima.
. Per
maggiori approfondimenti si rinvia al paragrafo 4.3 del presente documento.
L’art.47, inoltre, dice che, in caso di eccezionale urgenza, il Presidente, con lo stesso decreto con cui provvede a fissare la trattazione dell’istanza di sospensione, può disporre misure cautelari provvisorie a tutela di chi lamenta il pericolo di un serio pregiudizio, “tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data dell’udienza”. L’istanza di sospensione viene trattata sentite le parti in camera di consiglio. La sospensione può essere parziale e subordinata al pagamento di una cauzione, polizza fideiussoria. Nel caso di rigetto dell’istanza, l’udienza del merito verrà trattata secondo gli ordinari tempi, se accolta, invece, la trattazione della controversia deve avvenire non oltre 90 giorni dalla pronuncia e gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione delle sentenza di primo grado. L’istanza di sospensione può essere presentata per gli atti di cui all’art.19 del D.lgs. 546/1992 e pertanto variano da un avviso di accertamento ad un avviso di liquidazione di sanzioni ad una cartella di pagamento. Per quanto riguarda l’operatività della sospensiva, l’art.47, comma 7, e l’art.49 del D.lgs. 546/92 escludono la possibilità di disporre la sospensione della sentenza per effetto della sua impugnazione. Tale disposizione non ha mancato di sollevare critiche e posizioni contrastanti sia in dottrina che in giurisprudenza e,soprattutto, non sono venute meno richieste di sospensione di atti di riscossione davanti alle Commissioni Tributarie Regionali in pendenza di appelli avverso sentenze di primo grado, o richieste di sospensione, dinanzi alle Commissioni Tributarie Provinciali, di esecuzione di atti impugnati dopo che i ricorsi avverso gli stessi atti erano stati rigettati con sentenze appellate ed infine si è percorsa la strada della richiesta di sospensione per atti liquidativi o esattivi emessi a seguito di sentenze già rese in primo o secondo grado e impugnate in sede superiore. Per far fronte a tale disputa si è reso necessario l’intervento sia della Corte di Cassazione che della Corte Costituzionale. Nei primi interventi, sia la Suprema Corte di legittimità che il Giudice delle leggi sono state sempre costanti nel ritenere che l’interpretazione da dare all’art.49 fosse rigorosa e pertanto non fosse applicabile la tutela cautelare sospensiva nella fase successiva al primo grado. La pronuncia della Corte Costituzionale n.217 del 17/06/2010 rappresenta un punto di svolta riguardo alla possibilità di introdurre anche nei gradi successivi al primo la sospensione della riscossione. La pronuncia della Consulta stabiliva testualmente che :
• “…il contenuto normativo dell’art.337 cod.proc.civ. (inapplicabile al processo tributario per espresso disposto dell’art.49 del D.lgs.546/92) è costituito da una regola (“L’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione di essa”) e da una eccezione (“salve le disposizioni degli artt. …. 373 …”);
• “l’art.373, a sua volta, consta di una regola, al primo comma (“il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza”) e di una eccezione (“Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave ed irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa o che sia presentata congrua cauzione”);
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6.5 Le spese processuali
Analogamente a quanto previsto per la mediazione civile, le spese del procedimento di
reclamo sono liquidate a conclusione del primo grado di giudizio e, quindi, solo quando il
procedimento amministrativo non si sia perfezionato instaurandosi, conseguentemente, il
contenzioso giudiziale; infatti, l’art. 17 bis co. 10 D.Lgs 546/1992, nulla prevede nell’ipotesi in
cui il reclamo sia in tutto o parzialmente accolto. In tale fattispecie, in mancanza di indicazioni
normative, deve ritenersi che le ridette spese siano integralmente compensate tra le parti.
Rispetto alla mediazione civile, il comma 10 dell’art. 17bis, D.Lgs. 546/1992 prevede una
disciplina particolare con riferimento alle spese di giudizio instaurato a seguito di presentazione
del reclamo e della mancata conclusione della mediazione. Il soccombente è, infatti, tenuto a
corrispondere, in aggiunta alle spese di giudizio, a titolo di rimborso spese del procedimento di
reclamo e mediazione una somma forfettaria, pari al 50% delle spese di lite, in caso di sentenza
sfavorevole. E' previsto altresì che, al di fuori dei casi di reciproca soccombenza, i giudici
possono compensare parzialmente o per intero le spese di lite motivando la decisione con
riferimento ai giustificati motivi in seguito ai quali il soccombente ha deciso di disattendere
l'eventuale proposta di mediazione espressa dalla controparte.
Infatti, generalmente si applica l’art. 15 D.Lgs. 546/1992, il quale prevede al primo comma che
la parte soccombente è condannata a pagare le spese di lite salvo che la Commissione
competente non le compensi, e tale norma deve essere integrata oltretutto con l’art. 92 c.p.c.,
• “l’inapplicabilità al processo tributario, della regola contenuta nell’art.337 cod. proc. civ. e nel primo
periodo del primo comma dell’art.373 dello stesso, non comporta necessariamente l’inapplicabilità al processo tributario delle relative eccezioni”.
In generale non costituisce ostacolo normativo, l’applicazione dell’inibitoria cautelare di cui all’art.373 cod. proc. civ.. Il linea con questo principio si espressa, in ultimo, la Corte di Cassazione con sentenza n.2845 del 24/02/2012. Secondo i Giudici: “al ricorso per Cassazione avverso una sentenza delle Commissioni Tributarie Regionali si applica la disposizione di cui all’art.373 comma 1, secondo periodo, c.p.c. giusta la quale il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione”.
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il quale dispone che la compensazione integrale o parziale delle spese di giustizia può essere
sancita dal Giudice allorché "concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate
nella motivazione della sentenza".
In definitiva, chiaro appare l’intento del legislatore, il quale con l'ultimo comma dell’art. 17 bis,
D.Lgs. 546/1992 ha introdotto, all'interno del processo tributario, una regola peculiare per le
spese di lite che riguardano i processi instaurati successivamente al procedimento di reclamo e
mediazione; tale norma ha quale fine precipuo quello di scoraggiare e deflazionare il più possibile
la proposizione di un giudizio successivamente alla fase di reclamo.
7. Società di persone e procedimento del reclamo
Il reddito delle società di persone, per il principio di trasparenza, viene tassato in capo ai
soci, così come statuito dall'art. 5 del D.P.R. 917/96. Il principio di trasparenza fa si che,
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indipendentemente dall'effettiva percezione, il reddito della società confluisca ai soci, in
proporzione alle quote di partecipazione detenute o in proporzione a quanto stabilito,
eventualmente, dallo statuto.
E' evidente dunque un principio di conseguenzialità che è destinato a riflettersi sotto il profilo di
un eventuale accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate di un reddito diverso da quello
dichiarato. Il nesso è ovviamente diretto, maggior reddito in capo alla società equivale in
proporzione alle regole dettate dallo statuto un maggior reddito in capo ai soci.
Sul piano procedimentale questo meccanismo comporta un vincolo per l'Ente impositore che
deve notificare atti distinti di accertamento ma correlati.
E' tale nesso di consequenzialità, talvolta definito "nesso di interdipendenza", che la
giurisprudenza pretende di tradurre anche sul piano del processo affermando in una logica che
possiamo definire predominante, con l'affermazione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n.
14815 del 4 giugno 2008, che tra società e soci è presente un litisconsorzio necessario.
In effetti secondo le norme che regolamentano il litisconsorzio ed intervento di cui all'art. 14 del
D.Lgs. n. 546/1992 se il ricorso non è proposto da tutte le parti legate inscindibilmente, il
Giudice è chiamato a integrare il contraddittorio, tesi non sempre seguita dalla stessa
Cassazione che con la sentenza del 18 febbraio 2010 n. 3830 sembra essere pervenuta ad una
conclusione leggermente differente che nega il litisconsorzio necessario ed utilizza uno
strumento differente quale la riunione dei ricorsi che di fatto porta alle medesime tutele alla
presenza però di determinate circostanze, quali la coeva proposizione di autonomi ricorsi, in
processi distinti, avverso avvisi di accertamento notificati a società e soci, caratterizzati da
identità di difese; la simultanea trattazione dei processi e l'identità sostanziale delle decisioni
adottate; l'identità dei motivi di ricorso in cassazione avverso quelle sentenze.
Nonostante le premesse e nonostante recente giurisprudenza (Cassazione 2 agosto 2011, n.
16910) si allinei a quanto affermato dalla Cassazione del 2008, non pare sia possibile stabilire la
stessa linea nelle fasi deflative del contenzioso, probabilmente a causa di un ritardo di
assimilazione dei concetti sul piano legislativo nella veste pre-contenziosa invece maturati dalla
Giurisprudenza nei giudizi di merito.
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Nell'istituto dell'accertamento con adesione, ad esempio, laddove divenga incontestabile la
definizione del reddito della società, lascia margine di impugnazione l'atto conseguentemente
notificato al socio (Cassazione 3 novembre 2011, n. 22778).
Nell'istituto del reclamo è la stessa Agenzia delle Entrate con la circolare n. 9/2012 a stabilire
che il vincolo litisconsortile non si trasferisce nel procedimento del reclamo.
Dunque la società può in maniera autonoma instaurare la procedura del reclamo e concludere la
mediazione senza intaccare l'azione del socio che a sua volta si trova con un ventaglio di
possibilità che possono o meno prendere spunto dal risultato della mediazione.
Tale soluzione appare coerente con la differente natura dell'imposta che genera l'accertamento
in primis e con la stessa procedura di accertamento che genera due distinti ed autonomi atti
aventi vita e natura propria, pur non negando il rapporto di pregiudizialità-dipendenza che lega i
due procedimenti che pur legati nella logica impositiva non necessariamente devono pervenire
alle medesime conseguenze giudiziali.
Il socio che riceve l'accertamento può dunque seguire varie strade che possiamo sintetizzare nel
comportamento di:
1) presentare istanza di reclamo e concludere la mediazione anche autonomamente ai
risultati della mediazione della società;
2) costituirsi in giudizio dopo avere obbligatoriamente presentato istanza di reclamo, senza
avere concluso la mediazione;
3) depositare direttamente ricorso se l'avviso di accertamento non rientra nei limiti di valore
previsti per il reclamo.
Si esclude la presentazione dell'accertamento con adesione che a nostro avviso pur essendo
legittimamente formulabile avrebbe come unico obiettivo la dilatazione dei tempi di definizione
della lite.
Un aspetto importante da sottolineare nell'ambito degli accertamenti che coinvolgono le società
di persone, e per estensione le società di capitali che adottano il regime della trasparenza fiscale,
nei cui confronti valgono le considerazioni esposte per le società di persone, riguarda il valore
della lite.
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Tale valore non è sempre immediatamente riscontrabile in quanto gli accertamenti potrebbero
limitarsi a ridurre o limitare le perdite dichiarate dalla società con la conseguenza che il valore
della lite è determinato sulla base di una imposta virtuale, applicando le aliquote vigenti per il
periodo di imposta oggetto di accertamento all'importo derivante dalla differenza tra la perdita
dichiarata, utilizzata e/o riportata e quella accertata (punto 1.3.1. della Circolare AE
richiamata).
8. Considerazioni conclusive e spunti di riflessione
L’art. 17-bis del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 apre la strada all’istituto del reclamo e
della mediazione, con una veste decisamente innovativa in rapporto all’attuale panorama
legislativo in materia di deflazione del contenzioso, e laddove fossero superate le innumerevoli
riserve sollevate dalla Dottrina di eccezioni di incostituzionalità, diventa il punto di partenza per
una più accurata gestione delle maggiori pretese dell’Amministrazione Finanziaria, in un’ottica
dove l’economicità dell’azione accertatrice e la certezza della pretesa impositiva prevalgono
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sulla spinta alla riscossione fiscale, motivata da esigenze di gettito o da procedure di rilievo di
violazioni che non necessariamente si armonizzano con la prevalente giurisprudenza.
L’impressione è però che il legislatore non abbia avuto il coraggio di andare sino in fondo a
questo tentativo di semplificazione che limita la procedura deflattiva alle controversie di valore
non superiore a 20.000,00 euro, con il probabile intento di testare l’istituto deflattivo su
controversie di minore impatto sul gettito, dove l’incidenza dei costi fissi dell’amministrazione
finanziaria, giustifica un atteggiamento più morbido e accondiscendente, mascherando dietro il
risparmio e l’economicità del procedimento la volontà di ristabilire quella pace sociale tra
accertato ed accertatore minata da esasperati atteggiamenti aggressivi e vessatori.
Come l’abbiamo letta la norma non reggerà ai tentativi di farne emergere le contraddizioni, tra le
quali emerge come una follia giuridica l’assenza di terzietà ed imparzialità del conciliatore o
mediatore che non può evidentemente coincidere con il soggetto che emette l’atto di
accertamento. Ma anche e laddove l’Amministrazione riuscisse ad elevare il suo livello a Giudice
imparziale, senza rischiare di ingenerare tra i funzionari addetti una profonda crisi di identità,
(cosa che a nostro avviso, se di una crisi bisogna rischiare, potrebbe sforzarsi di poter fare nella
fase di elaborazione degli atti di accertamento in generale) non si comprende come la norma
possa obbligare il contribuente a dovere motivare irrevocabilmente e senza possibilità di
integrazione, in una fase amministrativa di tentativo di annullamento o mediazione della pretesa,
le ragioni di un eventuale ricorso avverso la pretesa impositiva.
L’Agenzia delle Entrate nella circolare 9/E del 16 marzo 2012, contenente indicazioni operative
e chiarificatrici sull'istituto, evidenzia come “…la previsione normativa della possibilità, per
l’Agenzia delle entrate, di esaminare preventivamente le doglianze che il contribuente intende
proporre innanzi al Giudice tributario risponde ad esigenze riconosciute come costituzionalmente
rilevanti. In proposito si ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, il
legislatore può ritenere opportuno, nell’interesse dello stesso ricorrente, che la fase giudiziaria
sia preceduta da un esame della potenziale controversia in sede amministrativa, oltre che allo
scopo di realizzare la giustizia nell’ambito della pubblica Amministrazione, anche per evitare
lunghe e dispendiose procedure giudiziarie.
Commissione di Studio UNGDCEC
Processo Tributario
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Peccato che nel commento si ometta di evidenziare come la stessa Giurisprudenza dichiari però
l’illegittimità di tali previsioni “…. quando esse comportino una compressione penetrante del
diritto di azione, ostacolandone o rendendone difficoltoso l’esercizio, in particolare comminando
la sanzione della decadenza’’.
Sembra quasi che nella circolare l’Amministrazione voglia mettere le mani avanti qualora fosse
posto in evidenza che l’obbligatorietà della fase prodromica al ricorso non può non essere che
una palese penetrante compressione del diritto di azione laddove inibisca e renda nulla l’azione
successiva del ricorso.
Rimane inoltre dubbio lo scopo di “realizzare la giustizia nell’ambito della P.A., anche per
evitare lunghe e dispendiose procedure giudiziarie” in quanto l’attività professionale necessaria
a garantire al contribuente l’adeguata tutela non può prescindere dal valutare un eventuale
risultato negativo del reclamo e della mediazione considerando la struttura legislativa che non
concede “ulteriori interventi” nell’atto che poi va a costituire in giudizio il contribuente presso
la Commissione adita. E’ dunque inevitabile che il corretto ristoro dell’attività professionale
significhi anche un costo elevato per il contribuente, mentre per contro alla parte avversa è
consentito di evitare il pagamento delle spese di giudizio annullando in autotutela l’atto
illegittimo.
Per concludere, senza la pretesa di avere affrontato in maniera esaustiva l’argomento ma con la
consapevolezza di potere dare una visione critica e puntuale dello stesso per i colleghi e per gli
addetti ai lavori, ci prendiamo l’impegno di rivisitare periodicamente l’attuale lavoro, con
sintetiche appendici che rendano la materia il più possibile monitorata almeno sino a quando non
ci sia un consolidamento nel tempo della stessa quantomeno per gli aspetti di natura tecnico
interpretativi