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RAPPORTO SUI PROGETTI DI ALTA FORMAZIONE Il percorso di formazione rivolto al Gruppo Dirigente della CdLM ha preso avvio a partire dal seminario “Studiare il lavoro”, promosso alla fine del 2014 dall’Ufficio Studi - allora diretto da Riccardo Terzi - e dall’Ufficio Formazione. Un seminario rivolto in particolare ai giovani dirigenti delle Categorie e confederali, che si proponeva di offrire uno spazio dedicato di lettura e analisi dei cambiamenti in corso nel mercato del lavoro e nell’organizzazione delle imprese, in rapporto ai processi economici e produttivi internazionali e nazionali e al contesto sociale e politico. L’esperienza ha consentito di mettere in luce alcuni temi di particolare importanza per il Sindacato e di sperimentare un metodo di lavoro che affiancava i contributi di esperti della materia provenienti dal mondo scientifico e accademico alle testimonianze di Dirigenti sindacali di consolidata esperienza, per consentire l’approfondimento e il confronto sulle politiche, le priorità e i problemi dell’azione sindacale. La scelta di continuare a “studiare il lavoro”, ossia di offrire uno spazio dedicato periodicamente a rafforzare la nostra capacità di analisi dei processi di riorganizzazione, innovazione e cambiamento nelle imprese e nel territorio, e di conseguenza la nostra capacità di di proposta e azione sindacale, è stato senza dubbio uno degli esiti più importanti del percorso. Dei molti temi presi in esame, si è deciso di approfondire in particolare quelli legati ai cambiamenti produttivi e organizzativi nelle imprese e nel lavoro, nonché nel mercato del lavoro, e quello dell’innovazione tecnologica. Dal 2016 è stato infatti progettato un ciclo di seminari annuali di alta formazione, rivolti al Gruppo dirigente della CdLM e delle Categorie, dei quali si indicano impostazione e temi:

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RAPPORTO SUI PROGETTI DI ALTA FORMAZIONE

Il percorso di formazione rivolto al Gruppo Dirigente della CdLM ha preso avvio a partire dal seminario “Studiare il lavoro”, promosso alla fine del 2014 dall’Ufficio Studi - allora diretto da Riccardo Terzi - e dall’Ufficio Formazione. Un seminario rivolto in particolare ai giovani dirigenti delle Categorie e confederali, che si proponeva di offrire uno spazio dedicato di lettura e analisi dei cambiamenti in corso nel mercato del lavoro e nell’organizzazione delle imprese, in rapporto ai processi economici e produttivi internazionali e nazionali e al contesto sociale e politico. L’esperienza ha consentito di mettere in luce alcuni temi di particolare importanza per il Sindacato e di sperimentare un metodo di lavoro che affiancava i contributi di esperti della materia provenienti dal mondo scientifico e accademico alle testimonianze di Dirigenti sindacali di consolidata esperienza, per consentire l’approfondimento e il confronto sulle politiche, le priorità e i problemi dell’azione sindacale. La scelta di continuare a “studiare il lavoro”, ossia di offrire uno spazio dedicato periodicamente a rafforzare la nostra capacità di analisi dei processi di riorganizzazione, innovazione e cambiamento nelle imprese e nel territorio, e di conseguenza la nostra capacità di di proposta e azione sindacale, è stato senza dubbio uno degli esiti più importanti del percorso. Dei molti temi presi in esame, si è deciso di approfondire in particolare quelli legati ai cambiamenti produttivi e organizzativi nelle imprese e nel lavoro, nonché nel mercato del lavoro, e quello dell’innovazione tecnologica.

Dal 2016 è stato infatti progettato un ciclo di seminari annuali di alta formazione, rivolti al Gruppo dirigente della CdLM e delle Categorie, dei quali si indicano impostazione e temi:

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Settembre 2016, Darfo 1:

IL TEMA DELLA PARTECIPAZIONE NEL QUADRO DI UN NUOVO SISTEMA DI RELAZIONI INDUSTRIALI

Il seminario ha trattato ampiamente il tema della partecipazione dei lavoratori: questione su cui il Sindacato si interroga da tempo e oggi rilanciata dal documento unitario per Un moderno sistema di relazioni industriali, che indica nella formazione una condizione per la contrattazione di un innovativo sistema di relazioni industriali, di cui la partecipazione è aspetto determinante.

Si è partiti dall’analisi dell’evoluzione del “sistema Toyota” in Italia, applicato nei più diversi ambiti produttivi (industria, Pubblica Amministrazione, servizi, sanità…) e dallo studio di alcuni casi aziendali di particolare interesse, per estendere poi la riflessione al tema del welfare aziendale e locale.

Infine, si è approfondita l’analisi ampliando il nostro ambito di osservazione alla sfera sociale e politica, con una sessione di studio sulla partecipazione politica ed elettorale dei lavoratori, sul ruolo dei partiti e sui cambiamenti che hanno investito negli anni più recenti concezioni, forme e pratiche della democrazia deliberativa.

Il documento unitario per Un moderno sistema di relazioni industriali indica nella formazione una condizione per la contrattazione di un innovativo sistema di relazioni industriali, di cui la partecipazione è aspetto determinante. Viene affidata alla contrattazione la sperimentazione di forme e strumenti adeguati di partecipazione. Per questo non va sottovalutato che la definizione di schemi di lavoro partecipativi è questione su cui le imprese si cimentano dagli anni Ottanta e che caratterizza la trasformazione che in questi anni di crisi interessa in particolare quelle esposte alla competizione globale. Non è stato così negli anni Settanta quando, mentre in Europa si definivano programmi congiunti di partecipazione istituzionale, in Italia era la contrattazione a porre la questione delle nuove forme di organizzazione del lavoro, attraverso i gruppi di lavoro, la rotazione, l’allargamento e l’arricchimento delle mansioni, migliorando la professionalità e ampliando gli spazi di discrezionalità del lavoro.

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Ora ci si trova a fronteggiare schemi partecipativi derivati dal Toyota Production System - TPS -, che è un modello produttivo che sollecita la partecipazione dei lavoratori, rivolta al miglioramento continuo dei processi e agli incrementi di produttività nell’ambito di una relazione diretta con la gerarchia aziendale. E’ un processo che interessa non solo la manifattura, ma coinvolge la grande distribuzione e le banche; la logistica e l’edilizia; gli ospedali e i servizi pubblici. L’obiettivo della partecipazione può essere inserito, quindi, in contesti organizzativi e culturali diversi: Deve essere, quindi, discusso e chiarito, anche per evitare che la proposta contenuta nel documento sindacale di una formazione congiunta tra management e delegati sindacali non porti ad una adesione passiva ai moduli partecipativi dell’azienda. Occorre discutere se la partecipazione dia luogo ad una maggiore discrezionalità e condivisione di potere o se mantenga il comando gerarchico esclusivamente al management. Se la partecipazione si riduca a comunicazione , dal basso con le varie forme di sollecitazione dei suggerimenti dei lavoratori e dall’alto con la riunioni di gruppo ( come i circoli di qualità) o se permetta di incidere , anche attraverso la contrattazione, sulle scelte organizzative e su quelle relative alle mansioni. In definitiva, se la partecipazione sia parte di un processo di miglioramento della qualità del lavoro e dei suoi spazi di autonomia oppure di messa ai margini della contrattazione, a cominciare da quella del contratto di categoria, come è stata nell’esperienza del WCM alla FCA. Il toyotismo, che ha al suo centro l’idea di “comunità aziendale” integrata e non conflittuale e per questo punta a “fidelizzare i collaboratori” attraverso le pratiche di welfare aziendale, si porta anche appresso un conflitto tra benefits e diritti, tra “società aziendale” e welfare generale. Va, per questo, indagato come nella pratica contrattuale del sindacato, a cominciare dall’area milanese, accanto ad esperienze eterodirette dal management e dominate dalla cultura dell’impresa, si realizzino esperienze e accordi, in cui esistono e sono misurabili spazi di effettiva autonomia organizzativa, collettiva o individuale, dei lavoratori .

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Vanno anche tenute presenti le diversità culturali presenti nel sindacato. La FIM - CISL ha ritenuto il diffondersi degli schemi partecipativi del TPS, nelle loro varie forme, dal WCM alla lean production, come una occasione positiva. La CGIL sul WCM ha avuto giudizi diversi, mentre a livello aziendale si è mossa in modo pragmatico da situazione a situazione ( emblematici i casi degli accordi sulle varie forme di welfare aziendale). Se il fordismo ha avuto come corrispettivi il sindacato di classe e i partiti di massa, ora il toyotismo ben si adatta a una società di individui e comunità, locali o virtuali, e a un restringimento della partecipazione politica, segnalato dalla crisi/trasformazione dei partiti e dall’astensionismo elettorale, che marginalizza i lavoratori dipendenti. Tutto questo dà un segno nuovo alla questione dell’autonomia del sindacato, presa in mezzo tra bisogno d’ iniziativa politica e rischi di isolamento.

Settembre 2017, Darfo 2:

LA CONTRATTAZIONE D’ANTICIPO DEI CAMBIAMENTI A partire dall’analisi delle caratteristiche del processo di innovazione tecnologica e digitalizzazione dell’economia noto come “Industria 4.0” e del suo impatto sull’organizzazione del lavoro e sulle condizioni dei lavoratori, sono stati messi a disposizione alcuni spunti per innovare la nostra pratica contrattuale e per provare a “contrattare l’algoritmo”, ossia a negoziare i processi tecnologici e l’organizzazione del lavoro a partire dai diritti e dalle esigenze dei lavoratori. Una particolare sessione di studio è stata dedicata al tema dell’inchiesta, come strumento progettato e partecipato di raccolta dei dati, di costruzione di un’interpretazione critica e di una elaborazione collettiva - a partire dal punto di vista dei lavoratori - e quindi di proposta e azione politico-sindacale.

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Il seminario di Darfo 2016 ha messo in luce quanto la questione della partecipazione influisca sulle relazioni industriali e sulle stesse forme della rappresentanza. Il documento unitario del gennaio 2016 per Un moderno sistema di relazioni industriali ha colto il problema: in un modello di sviluppo fondato sull’innovazione e la qualità del lavoro la partecipazione è questione decisiva da affrontare con un progetto autonomo. In questi mesi non si è consolidato, però, un punto di vista comune all’interno del sindacato

Accanto a significative, ma ridotte esperienze di partecipazione e di intervento nell’organizzazione del lavoro sulla base di processi decisionali bilaterali, secondo una pratica che si richiama al mitbestimmung tedesco, si sono molto diffusi , a cominciare da aziende leader come la FCA, o la Luxottica o la Pirelli, modelli organizzativi ispirati al TPS (Toyota production system) che, pur nelle varianti WCM o lean production , hanno in comune il rapporto diretto tra impresa e lavoratori , che rende marginale il ruolo del sindacato. Molte grandi e medie imprese, anche in Lombardia, si sono riorganizzate secondo logiche coerenti di sistema per realizzare obiettivi di miglioramento continuo, di superamento delle criticità e degli sprechi, con una produzione centrata sul cliente e relazioni “partecipative” con i dipendenti. Moltissime aziende, pur non procedendo con logiche di sistema, stanno, però, applicando, in tutto o in parte, le tecniche gestionali del TPS come il just in time, il kanban ( il sistema informativo che regola la sincronia nel flusso produttivo) per organizzare non solo la produzione, ma anche la logistica; il total quality management e il muda (la lotta agli sprechi) per migliorare l’efficienza.

Il salto tecnologico, che caratterizza l’esteso processo di digitalizzazione che va sotto il nome di “Industria 4.0”, produrrà sul lavoro effetti diversi a seconda del tipo di organizzazione della produzione in cui verrà inserito. Nelle imprese digitali varrà sempre di più il concetto di “anticipazione” per lo sviluppo e la ingegnerizzazione non solo dei prodotti, ma delle procedure di lavoro. Già ora si calcola che durante la loro ideazione e progettazione si definiscono circa il 90% delle attività necessarie all’intero processo produttivo.

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Per intervenire su questo utilizzo del salto tecnologico sono sempre meno efficaci le vertenze ex post. Governare il flusso di informazioni e definire il sistema di relazioni sono due condizioni perché i lavoratori ed il sindacato abbiano un ruolo attivo in questo cambiamento, anche per quanto riguarda le trasformazioni sociali indotte dal nuovo sistema di produzione e che sono particolarmente visibili nel processo di urbanizzazione. Ritorna centrale la questione della contrattazione d’anticipo, che è stata in Europa il punto di arrivo di forme di organizzazione del lavoro caratterizzate dal diritto dei lavoratori, a fronte di processi di modifica della produzione, ad essere consultati per poter avanzare pareri e proposte. Gli accordi sulle nuove tecnologie sono stati caratterizzati, in particolare nei Paesi scandinavi, da intese aziendali sorrette da linee guida discusse e definite da governo e poteri pubblici, esperti, imprese e sindacati . In un sistema fondato sulla partecipazione, seppur in via gerarchica come è la tendenza dominante, dove si punta a “fidelizzare” i lavoratori necessari (sempre meno numerosi) ed ad estendere per gli altri l’area e le forme del precariato, serve una azione sindacale sorretta da un progetto autonomo di mutamento dell’organizzazione del lavoro e di promozione della coesione sociale come condizione per dare efficacia all’azione di tutela, a cominciare dai livelli occupazionali, a cui il sindacato è chiamato in un Paese segnato da ritardi e arretratezze.

Tenere insieme capacità di interpretazione, attraverso la ricerca, dei cambiamenti nella produzione e nel territorio; definizione di progetti per il confronto con i decisori politici e contrattazione nei luoghi di lavoro sono le condizioni per sviluppare la contrattazione d’anticipo.

1) Industria 4.0: salto tecnologico e mutamenti nell’organizzazione del lavoro L’esito di “Industria 4.0” sarà diverso se i suoi programmi si svilupperanno in un contesto che nega ruolo al sindacato o al più lo riconosce come struttura aziendale (sta qui la ragione di fondo della guerra scatenata contro il contratto nazionale di categoria) oppure se ci sarà riconoscimento del suo ruolo come interlocutore propositivo sui temi dell’organizzazione del lavoro, della produzione e dello sviluppo.

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A tirare il processo di digitalizzazione della produzione è una domanda sempre più selettiva di prodotti maggiormente differenziati e integrati con contenuti di servizio. C’è bisogno di più informazioni (e della loro efficace gestione) e di più relazioni tra persone, oggetti e luoghi . Ne vengono tutta una serie di innovazioni: big data e intelligenza artificiale; IOT (internet of things), stampanti 3D e personalizzazione della produzione di massa; sharing economy, perché con la condivisione nessun asset economico rimanga inutilizzato e chiunque possieda un bene possa diventare insieme consumatore e produttore, abbassando drasticamente i costi. Questi processi hanno una forte pervasività, si applicano a una varietà di attività e di settori, dalle manifatture alla logistica, dai servizi alle Pubbliche Amministrazioni, influiscono sul lavoro liberandolo da molti aspetti ripetitivi, anche perché verrà potenziata la capacità delle macchine di rilevare errori e correggerli. Ai lavoratori è richiesto di gestire dati e strumenti tecnologici; di operare nelle reti tecnologiche e in quelle relazionali all’interno dei team di lavoro; di compiere, con il supporto delle tecnologie che aumentano le loro capacità, più operazioni simultaneamente. La CONFINDUSTRIA ritiene che le condizioni per governare questo processo siano il dominio dei saperi operativi, scientifici e organizzativi da parte delle imprese e un sistema di produzione a elevata intensità di coinvolgimento e a bassa conflittualità .

Il punto di partenza per il sindacato deve essere la condizione di lavoro, dove crescerà sempre più lo stress psichico accanto alla fatica fisica. Per sostenere il processo di innovazione in tutti i suoi aspetti serve un lavoratore creativo, responsabile e coinvolto, ma già ora non sempre contributi di idee e partecipazione responsabile hanno adeguati riconoscimenti. Per questo formazione, riconoscimento professionale, autonomia e responsabilità nella prestazione diventano i primi terreni di progettazione e contrattazione del sindacato, a partire dal coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro.

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2) Diritti di informazione e contrattazione degli algoritmi Non solo il mercato, ma la vita sociale e politica e sempre più la produzione saranno segnati dai criteri con cui si organizzano e si selezionano le informazioni.

Da un lato la Rete, per il fatto di essere diffusa, accessibile e gratuita, permette alle persone di autoprogrammare le proprie attività e di avere relazioni dirette tra individui e comunità, saltando poteri e gerarchie; dall’altro si sta formando una nuova concentrazione di potere nei gruppi che producono il codice, ossia il linguaggio informatico che, tramite gli algoritmi, è il motore della Rete e che dà agli utenti le istruzioni con le quali risolvere i problemi che quotidianamente delegano ai sistemi digitali. Gli algoritmi danno una parvenza di scientificità agli indirizzi che li determinano, occultando le scelte dei decisori e mantenendo credibile l’ideologia che la Rete permetta forme diffuse di partecipazione alla pari, mentre essa è colonizzata dai prodotti e dai servizi di Microsoft, Apple, Facebook, Amazon, Google. Anche per questo è preoccupante che il Ministero della Pubblica Istruzione abbia affidato a Microsoft l’alfabetizzazione al codice nelle scuole dell’obbligo. Il carattere riservato e inaccessibile della potenza di calcolo che produce gli algoritmi sta creando una situazione non dissimile dalla crescente concentrazione della ricchezza o dalla presenza di monopoli nell’industria, come nel controllo di servizi vitali. Tutto ciò influisce sulla vita delle persone, dalla gestione degli orari ai trasferimenti, dalla valutazione dei curricula nella selezione del personale alle varie forme di organizzazione del lavoro precario e della sharing economy

E’ necessario che si formi e si diffonda una consapevolezza critica della natura profonda dei processi tecnologici, che non sono neutri, e si sviluppi nella società un protagonismo negoziale da parte di gruppi di utenti professionali, di associazioni di consumatori, centri di ricerca e università, comunità locali .

Per quanto riguarda i lavoro, il sindacato deve sviluppare una nuova pratica di utilizzo dei diritti di informazione per rivendicare trasparenza nei processi che, attraverso gli algoritmi, rendono automatiche le attività discrezionali, sottraendole ad ogni controllo, e per negoziare, a partire dalle esigenze e dai diritti dei lavoratori, la modifica e la adattabilità dei codici e dei software.

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3) L’inchiesta come strumento di conoscenza e di azione sindacale

Nel TPS la miniera di ogni miglioramento nel processo produttivo è il gen-ba ( il luogo di lavoro). L’osservazione delle persone che lavorano e il “dirigere con gli occhi” sostituiscono le pratiche tayloristiche del prescrivere e sorvegliare e permettono alle imprese di mettere in valore ( basti pensare a uno strumento come la “cassetta delle idee”) anche il lavoro informale, facendo proprio quel sapere che nell’organizzazione fordista aveva permesso ai lavoratori di difendere, in forma diretta o contrattata, propri spazi di autonomia nell’organizzazione del lavoro. La pratica della inchiesta nel luogo di lavoro è stata importante nel sindacato dei consigli per sviluppare la capacità di azione dei delegati, che, infatti, traggono origine da accordi sindacali per gestire le condizioni di lavoro (salute, sistemi di cottimo, tempi alle linee di montaggio) frutto non solo di un rapporto con il sapere dei tecnici, ma di nuove forme di partecipazione collettiva, di cui le inchieste e i programmi di ricerca erano parte. Non solo producevano conoscenze e competenze, ma mettevano in moto un processo di iniziativa e di partecipazione dal basso su cui si formavano la decisioni dell’organizzazione sindacale, a cominciare dalle piattaforme sindacali. Negli ultimi vent’anni si è avviato un processo di sostituzione dei gruppi omogenei con i team di lavoro e la diffusione dei team leader di emanazione aziendale. Mentre gli eletti delle RSU faticano a tener dietro alle mutazioni nell’organizzazione del lavoro, nel mondo WCM i team leader sono una rete diffusa, uno su sei. A ciò si accompagna una metodologia di soluzione dei problemi che vede i supervisori non dire ai lavoratori cosa fare, ma interrogarli mentre stanno lavorando (come stanno operando, se sanno di farlo correttamente, se sono sicuri che il prodotto sarà senza difetti, come reagiscono ai problemi ). Il problem solving si presenta così, nel TPS, come apprendimento dal basso e come inchiesta. E’ da questa situazione che il sindacato deve ripartire formando i delegati alla cultura e alla metodologia dell’inchiesta sindacale. Tutte le questioni rivendicative connesse all’organizzazione del lavoro presuppongono che si sviluppi e si strutturi una elaborazione collettiva, ancor più necessaria nelle situazioni di maggior difficoltà dove l’azione sindacale è messa ai margini dall’iniziativa manageriale e aziendale. L’inchiesta per il sindacato non solo raccoglie dati per capire i fenomeni, ma per costruirne una interpretazione a partire dal punto di vista dei soggetti coinvolti ed è quindi anche azione.

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Ciò vale ancor più in questa fase di trasformazione del sistema di produzione e di salto tecnologico. Un sistema rigido, fondato su gerarchia e divisione del lavoro, era più facilmente interpretabile e negoziabile. Nel nuovo sistema partecipativo-tecnologico non contano le mansioni, contano i ruoli e le relazioni. Per negoziare bisogna sapere cosa fanno concretamente le persone, a partire dal luogo di lavoro; occorre essere messi a conoscenza dei contenuti “informali” della prestazione lavorativa. La questione è se il “sapere” dei lavoratori è parte della resilienza dell’impresa rispetto alle varianze del ciclo produttivo oppure garantisce quello spazio di autonomia che può diventare base di una negoziazione individuale e/o collettiva. Lo “smagrimento “ dell’impresa fordista, che concentrava produzione e saperi dando anche una impronta precisa alla struttura e al funzionamento delle città, ha portato a un sistema di lean production, quella che si definisce anche come produzione “snella”, la cui caratteristica è il decentramento delle funzioni e delle attività produttive (non solo operaie, ma tecnico -scientifiche ), tenute insieme dalle Reti sia di Internet che di una logistica sempre più estesa. Contemporaneamente i grandi supermercati sono diventati centri di aggregazione di forza lavoro e di relazioni sociali. C’è una massa crescente di persone, a cui manca l’esperienza fondativa del lavorare insieme e che operano nel nuovo terziario secondo modalità dove dominano velocità, stress, ansia. Si allarga l’area del lavoro precario, che determina una condizione personale nuova: si vive nel presente mischiando insieme sensazione di inutilità e isolamento, malamente compensati dalla continua connessione in rete. Ne viene una forte spinta all’individualismo, al convincimento che, comunque sia, il lavoro “autonomo” è la via per liberarsi dalla subordinazione e che lo “sballo” del sabato sera compensi la stress della dipendenza gerarchica nel lavoro. Le metropoli, dove si concentrano il massimo di ricchezza e il massimo di emarginazione, dove sono più visibili i grandi trend che caratterizzano la fase presente (ineguaglianza, invecchiamento, immigrazione,impoverimento) hanno una capacità di integrazione e di coesione debole. Diffuso è il senso di insicurezza (non solo per l’ordine pubblico, ma per il lavoro, l’abitare, l’accesso alle prestazioni sociali, alla formazione e alla cultura).

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La stessa interpretazione della direzione dei loro processi di trasformazione non è semplice (Milano è città del terziario o città di una nuova manifattura?). Rimangono indefiniti anche quali siano i protagonisti sociali che possono governare il cambiamento (i lavoratori, superando la spesso artificiosa separazione tra dipendenti e autonomi? I nuovi ceti medi che vivono di terziario? Il management della nuova manifattura e gli intellettuali delle università e dei centri di ricerca che se ne occupano?). All’impresa globale, a rete, che usa la forza lavoro in modo fluido e mobile, il sindacato deve opporre una capacità di riunificazione di azienda e territorio; di governo, oltre il posto di lavoro e le categorie, delle transizioni da un lavoro all’altro, da una condizione professionale all’altra; per contrastare nella grande trasformazione tecnica e sociale la crescente polarizzazione tra vincenti e perdenti .

Per questo serve una capacità di inchiesta sociale: per avere una lettura critica dei dati statistici ; per fare, attraverso il lavoro di campo, una verifica attenta delle tendenze che permetta una interpretazione innovativa e originale della realtà e lo sviluppo di una azione autonoma del sindacato.

L’istituzione - nella seconda metà del 2017 - del Dipartimento confederale Innovazione e territorio e

dell’Osservatorio sull’Innovazione digitale ha permesso di coordinare il lavoro su questi temi e di promuovere un

percorso di inchiesta sui processi di innovazione tecnologica, sui cambiamenti nell’odl e nella rappresentanza.

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Giugno 2018, Montegrotto:

INNOVAZIONE, DISEGUAGLIANZE, CONTRATTAZIONE

Nella terza edizione dei seminari di alta formazione abbiamo proposto il tema: innovazione, disuguaglianze e contrattazione, con l’obiettivo di conoscere la natura profonda del salto tecnologico ed organizzativo in atto, proseguire nell’analisi dei cambiamenti prodotti nell’organizzazione del lavoro, dei possibili modelli di controllo e di partecipazione nelle imprese, e approfondire l’esame dell’impatto sociale, culturale e politico ad esso collegato. Una riflessione particolarmente significativa alla vigilia del Congresso della CGIL, occasione per ripensare e aggiornare le nostre proposte e le nostre pratiche alla luce dei cambiamenti in atto.

I sistemi di produzione flessibile di derivazione toyotista (come il world class manufacturing o la lean production) e i processi di innovazione digitale, con l’aumento della potenza di calcolo, il management algoritmico e la velocità delle connessioni, stanno provocando una serie di trasformazioni economiche, sociali e politiche che vanno indagate a partire dai cambiamenti nel lavoro. C’è molta enfasi sulla previsione che robotica e intelligenza artificiale possano provocare una catastrofe occupazionale, mentre ci sono poche analisi e inchieste sui cambiamenti già in atto. La competizione globale tra sistemi- Paese è sempre più senza regole e ne sono parte il dumping contrattuale e le delocalizzazioni. La ristrutturazione della manifattura e dei servizi alle imprese impone forti incrementi di produttività, sostenuti dagli investimenti in innovazione, ma anche dall’aumento di fatto degli orari di lavoro e dalla loro de - regolazione. L’enfasi sulla centralità del cliente non solo ha modificato i sistemi organizzativi nella manifattura, nei servizi e nel commercio, ma ha generato, anche grazie ai social network, forme pervasive di profilazione delle persone attraverso l’elaborazione algoritmica di dati ceduti o sottratti.

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Il principio ordinatore del just in time (avere ciò che serve solo quando serve e nella quantità che serve) non solo ha cambiato il modo di produrre, ma ha diviso il mercato del lavoro tra una quota decrescente di lavoratori stabili, da “fidelizzare” ai destini delle imprese, e una quota crescente di lavoratori precari, sempre a disposizione. Si estende, perciò, la pratica della somministrazione e crescono i lavori comandati dalle piattaforme nei nuovi servizi, la cui totale precarizzazione viene travisata ideologicamente in scelta di libertà. La conseguenza è uno spreco di conoscenze e di professionalità. In questo contesto sono cresciute le disuguaglianze, di reddito, di cultura, di potere sia tra gruppi sociali, a cominciare dai lavoratori dipendenti con la riduzione del welfare pubblico e la caduta dei salari rispetto ai profitti, sia tra territori, di cui è emblematica la separazione tra centri urbani e periferie. Il problema di fondo è come governare i processi di cambiamento, a cominciare da quello tecnologico, che richiedono un ruolo regolatore alla politica e ai Governi e la costruzione di processi democratici partecipati che ricuciano la separazione tra i cittadini e le istituzioni così evidente non solo nell’astensionismo elettorale, ma nella diffusa diffidenza verso le organizzazioni politiche e sociali e le classi dirigenti. La disuguaglianza nel potere, che si riscontra nella partecipazione ai processi decisionali, è particolarmente evidente nei luoghi di lavoro ed è causa non secondaria dell’indebolimento del potere contrattuale del sindacato, spesso relegato in un ruolo di tutela dalle conseguenze dei cambiamenti. Lo rende evidente lo scarto tra rappresentanti sindacali e team-leader. Laddove la rete dei delegati di gruppo omogeneo sopravanzava in numero e conoscenze i capi-reparto, ora, dopo un lungo processo di riorganizzazione del sistema produttivo, a cominciare dal WCM e dal lean, è la nuova gerarchia aziendale dei team leader ( in media uno ogni dieci lavoratori) a guidare e farsi interprete delle esigenze dei gruppi di lavoro, mentre le RSU faticano, per il modo di elezione ed il numero ristretto, a essere diffusamente presenti sui posti di lavoro. Se la ragion d’essere fondamentale di un sindacato è la contrattazione, occorre un lavoro complesso di inchiesta; di formazione, valorizzazione ed allargamento del numero dei delegati sindacali; di ripresa di una azione contrattuale d’anticipo e inclusiva; di ricostruzione di un quadro di regole che permetta una partecipazione autonoma e responsabile dei lavoratori ai processi di trasformazione dei sistemi produttivi, a partire dai luoghi di lavoro.

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LE GIORNATE DI STUDIO

Parallelamente ai seminari rivolti al gruppo dirigente, sono state organizzate alcune giornate di studio con la finalità di affiancare ai contributi degli studiosi la raccolta e il racconto delle pratiche sindacali e contrattuali che sono state sperimentate nei vari settori, soprattutto in rapporto alla questione della partecipazione, dell’innovazione tecnologica e di tutti i temi connessi all’industria 4.0, nonché del mercato del lavoro. In queste occasioni sono stati coinvolti i delegati sindacali, offrendo così la possibilità di condividere e confrontare le sperimentazioni sindacali in corso.

31/3//2015 IL MERCATO DEL LAVORO A MILANO

31/3/2017 IL LAVORO OLTRE IL PRESENTE:

ESITI DEL JOBS ACT NEL MERCATO DEL LAVORO DI MILANO, PROSPETTIVE OCCUPAZIONALI E CONDIZIONI PER LO SVILUPPO DELL’AREA METROPOLITANA

14/6/2017 INNOVAZIONE DIGITALE E CAMBIAMENTI NEL LAVORO

13/2/2018 BRUNO TRENTIN DIRIGENTE SINDACALE ED INTELLETTUALE

7/5/2018 LA VERA INNOVAZIONE SI FA INSIEME INNOVAZIONE DIGITALE E FORMAZIONE

23/5/2018 MATCHING - MISMATCHING: INCONTRO/SCONTRO NEL NUOVO MERCATO DEL LAVORO

28/5/2018 BIG DATA: SE SIAMO NUMERI, QUANTO CONTIAMO?

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LA RETE DEI DOCENTI E DEGLI ESPERTI COINVOLTI

FABRIZIO BARCA Economista e politico italiano. Presidente del Comitato per le politiche territoriali dell'OCSE dal 1999 al 2006, ha ricoperto la carica di Ministro per la coesione territoriale del governo Monti (2011- 2013). Oggi dirige il Forum sulle disegualianze.

ROBERTO BIORCIO Professore di Scienza politica presso il Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università degli studi di Milano Bicocca.

ALDO BONOMI Sociologo, esperto di dinamiche antropologiche, sociali ed economiche dello sviluppo territoriale. Direttore del Consorzio Aaster, che dirige dall’84.

FEDERICO BUTERA Professore Emerito di Scienze dell’Organizzazione, è uno scienziato italiano, studioso di organizzazione e architetto di organizzazioni complesse. Attualmente Presidente della Fondazione Irso - Istituto di Ricerca Intervento sui Sistemi Organizzativi - da lui fondato e presieduto ininterrottamente fin dal 1974.

DOMENICO CARRIERI Professore ordinario di Sociologia economica e del lavoro presso l’Università La Sapienza di Roma. Coordinatore di studi e ricerche in materia di relazioni industriali e cambiamenti sociali del lavoro. Presidente dell'AISRI (Associazione italiana di studi sulle relazioni industriali).

DANIELE CHECCHI Professore in Economia politica presso l’Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali. Membro del Consiglio direttivo di ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca) Roma, dal 2015. Direttore di ricerca del LIS (Luxemburg Income Study) Luxemburg, dal 2016.

CESARE DAMIANO Già dirigente sindacale della FIOM e della CGIL, ha svolto l’incarico di Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale. (2006-2008). Presidente della XI Commissione Lavoro alla Camera dei deputati (2013-2018).

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MAURIZIO DEL CONTE Professore di Diritto del lavoro all'Università Bocconi, Consigliere giuridico del Presidente del Consiglio dei Ministri dal 2014 al 2016. E’ Presidente della Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro-ANPAL e Amministratore Unico di Italia Lavoro S.p.A.

GIANLUIGI FERRARI Professore associato di Telecomunicazioni - Internet of Things (IoT) presso il Dipartimento di Ingegneria e architettura dell’Università di Parma.

FRANCESCO GARIBALDO

Già dirigente sindacale della FIOM, svolge da tempo attività di ricerca sociologica sui temi dell’analisi della struttura produttiva, dell'organizzazione del lavoro e dell'innovazione tecnologica. Già dell’Ires nazionale e membro del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (Cnel), è direttore della Fondazione “Claudio Sabattini”

SALVO LEONARDI Ricercatore dell’IRES nazionale, area delle relazioni industriali. Dottore di ricerca e cultore della materia presso la Facoltà di sociologia di Roma La Sapienza. Membro di numerosi network internazionali.

ANNALISA MAGONE Presidente e amministratore delegato di Torino Nord Ovest srl impresa sociale, centro di studio, consulenza, valutazione e progettazione in ambito socioeconomico specializzato nell’analisi delle trasformazioni urbane della città di Torino in relazione al nordovest italiano.

TATIANA MAZALI Sociologa dei processi culturali e comunicativi, ricercatrice al Politecnico di Torino, docente a Ingegneria del cinema e dei mezzi di comunicazione, si occupa di cultura digitale, linguaggi dei media e trasformazioni del lavoro.

MICHELE MEZZA Direttore di PollicinAcademy, già giornalista Rai per 35 anni. Autore e scrittore di saggi e libri di storia e giornalismo. Docente di culture digitali e della comunicazione presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli.

MARIO MEZZANZANICA Direttore del Dipartimento di statistica e metodi quantitativi presso l’Università di Milano Bicocca. Svolge attività didattica e di ricerca sui temi del management delle informazioni e gestione della conoscenza, sui sistemi informativi e la business intelligence.

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ENZO MINGIONE Professore di Sociologia presso l’Università Milano Bicocca, già Preside della Facoltà di Sociologia e Presidente della Fondazione Bignaschi. Si occupa principalmente di Sociologia economica ed è uno dei principali esponenti della Nuova Sociologia Economica europea.

ALESSANDRO PEREGO Professore ordinario presso il Politecnico di Milano, direttore del Dipartimento di Ingegneria gestionale.

ANNA PONZELLINI Sociologa del lavoro, è stata docente di Relazioni industriali e di Organizzazione e gestione delle risorse umane alle Università di Bergamo e di Brescia e direttore di ricerca alla Fondazione Pietro Seveso di Milano. È partner della società di consulenza Apotema, Etica ed Economia (area risorse umane). Si occupa di relazioni industriali, odl e politiche del lavoro e del welfare, con particolare riferimento ai giovani, alle donne, agli anziani.

ENRICO PUGLIESE Professore ordinario di Sociologia del lavoro presso la Facoltà di Sociologia della Sapienza-Università di Roma. Dal 2002 al 2008 è stato direttore dell'Istituto di ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRPPS-CNR). La sua attività di ricerca riguarda l'analisi del funzionamento del mercato del lavoro e la condizione delle fasce deboli dell'offerta di lavoro, con particolare attenzione al lavoro agricolo, alla disoccupazione e ai flussi migratori.

LORENZO SACCONI Professore ordinario di Politica economica e titolare della cattedra Unicredit per l’etica economica e la responsabilità sociale dell’impresa presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Trento. E’ direttore del centro interuniversitario EconomEtica, presso l’Università Milano-Bicocca, che riunisce oltre 21 Atenei italiani attivi sui temi dell’etica economica e la CSR.

FRANCO SCARPELLI Professore ordinario di Diritto del lavoro nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Autore di moltei pubblicazioni in materia di diritto del lavoro e relazioni industrali. Componente della redazione di numerose riviste scientifiche di settore, dal 1996 è coordinatore scientifico della rivista "Note informative", e socio fondatore della enciclopedia on line Wiki Labour, Dizionario di diritti dei lavoratori. E' consulente giuridico della Cgil e membro della relativa Consulta giuridica. 

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FABIO SDOGATI Già Professore associato di economia politica presso la facoltà di ingegneria del Politecnico di Milano, insegna Economia internazionale nel corso di laurea in Ingegneria gestionale presso la II facoltà di Ingegneria. E’ inoltre docente nei master offerti dal MIP Politecnico di Milano, come responsabile degli insegnamenti di economia. Fa parte del Gruppo di studio del CNR su sviluppo economico e Economia internazionale.

MARCO TAISCH Professore ordinario presso il Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria gestionale, dove insegna sistemi di produzione automatizzati e tecnologie industriali. E’ stato direttore dell’Executive MBA e dell’International MBA della School of Management del Politecnico di Milano.

SALVATORE VECA Filosofo, ha insegnato in numerosi atenei italiani. In particolare, dal 1978 al 1986 ha insegnato Filosofia della politica presso l'Università di Milano. Dal 1986 al 1989 è stato professore straordinario di Filosofia della politica presso l'Università di Firenze. Dal 1990 al 2006 è stato professore ordinario di Filosofia politica alla Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Pavia, di cui dal 1999 al 2005 è stato Preside. Dal 2006, infine, è professore ordinario di Filosofia politica all’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.E’ stato Direttore scientifico e Presidente della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano.Ha inoltre tenuto seminari e cicli di lezioni all’Università di Cambridge, alle Università di San Paolo e Campinas, all’Università di Bogotà, all’Università di Evora, alla Sorbonne, all’Università di Grenoble, all’Istituto Universitario Europeo.

STEFANO ZANERO Professore associato presso il Politecnico di Milano, Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria.

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I DIRIGENTI SINDACALI CHE HANNO PARTECIPATO ALLE NOSTRE INIZIATIVE

Il percorso ci ha permesso anche di avviare una rete di collaborazione e scambio - nell’ambito di una rinnovata politica confederale nazionale - con alcune Camere del lavoro, come si è fatto con Vicenza e con Bergamo, e di coinvolgere periodicamente nei nostri lavori alcuni dirigenti sindacali nazionali.

SUSANNA CAMUSSO Segretario Generale CGIL

VINCENZO COLLA Segreteria CGIL Nazionale

MARIA GRAZIA GABRIELLI Segretaria generale FILCAMS CGIL

ALESSIO GRAMOLATI Responsabile politiche industriali CGIL Nazionale

MAURIZIO LANDINI Segretario CGIL Nazionale

FRANCO MARTINI Segretario CGIL Nazionale

AGOSTINO MEGALE Segretario Generale FISAC-CGIL

IVAN PEDRETTI Segretario Generale SPI-CGIL

GAETANO SATERIALE CGIL Nazionale responsabile per il Piano per il lavoro

TANIA SCACCHETTI Segretaria CGIL Nazionale

SERENA SORRENTINO Segretaria generale FP CGIL

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PROSPETTIVE DI LAVORO

❖ Il metodo di lavoro

L’elemento che ha caratterizzato il lavoro attorno a questi temi è stato lo sviluppo di una collaborazione tra Dipartimenti e strutture: l’Ufficio Studi, l’Ufficio Formazione, il Dipartimento Innovazione e territorio e il Dipartimento Mercato del lavoro, in costante rapporto con la Confederazione e le Categorie.

Un metodo di lavoro collegiale e interdisciplinare, che ci guiderà anche nella proposta e nell’organizzazione delle future iniziative.

❖ Per orientare non solo i programmi formativi, ma soprattutto la nostra azione sindacale nei luoghi di lavoro, è necessario promuovere una cultura e una pratica dell’inchiesta, come indispensabile strumento di conoscenza e di elaborazione collettiva.

❖ La nostra proposta formativa si articolerà in tre aree: 1) programmazione di una serie di interventi formativi rivolti ai Delegati sui temi dell’organizzazione del lavoro e dell’innovazione, stabilmente inseriti nel percorso formativo confederale di base. 2) strutturazione di una pratica formativa stabile rivolta ai Gruppi dirigenti, attraverso la progettazione di una Scuola di alta formazione sui temi di politica sindacale

3) prosecuzione delle giornate di studio, come momenti di connessione tra formazione di base e alta formazione, finalizzati anche a promuovere la condivisione delle pratiche e delle sperimentazioni sindacali in corso. ❖ La pubblicazione di una serie di Quaderni a tema (possibile titolo della

collana: Prima il lavoro) che raccolgano i contributi emersi nelle varie iniziative, non solo come supporto allo studio e al nostro lavoro sindacale, ma anche come canale di interlocuzione con il mondo accademico, i centri di ricerca, la società, i soggetti della politica e della rappresentanza.