rapporto 1 - trend e scenari nel settore dei trasporti · 2016. 1. 22. · valutando l’effetto...
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
TREND E SCENARI NEL SETTORE DEI TRASPORTI:
PERCHE’ E COME INTERVENIRE? 1
Andrea Zatti Università di Pavia, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
1.1 Premessa
Il settore dei trasporti acquisisce un ruolo chiave nel favorire un corretto equilibrio tra le
diverse componenti dello sviluppo sostenibile.2
Da un lato, infatti, la mobilità di persone e merci e le condizioni con cui essa viene soddisfatta
(tempi, prezzo, sicurezza, affidabilità) influenzano in maniera decisiva la competitività
presente e futura dei sistemi produttivi e territoriali, e, congiuntamente, l’accessibilità ad una
serie di funzioni base all’interno delle società moderne: attività lavorative, servizi educativi,
servizi socio-sanitari, tempo libero e attività ricreazionali, etc. Essa rappresenta quindi una
componente fondamentale della dimensione economica e sociale dello sviluppo sostenibile.
Dall’altro, l’evoluzione quantitativa dei volumi di domanda e delle relative quote modali è
alla base di importanti criticità dal punto di vista dell’eco-compatibilità e della sicurezza degli
approvvigionamenti, ovvero di due determinati essenziali del concetto di equità
intergenerazionale che sta alla base dello sviluppo sostenibile. L’incapacità di dissociare in
1 Documento prodotto dall’Università degli Studi di Pavia (Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali) nell’ambito del progetto “Pavia Mobility Manager”, co-finanziato dalla Fondazione Cariplo nell’ambito del Bando 2010 “Promuovere forme di mobilità sostenibile alternative all’auto privata”. 2 Ruolo ribadito dal recente Libro bianco comunitario che esordisce ribadendo che “I trasporti sono fondamentali per la nostra economia e la nostra società. La mobilità svolge un ruolo vitale per il mercato interno e la qualità della vita dei cittadini che fruiscono della libertà di viaggiare. I trasporti sono funzionali alla crescita economica e dell’occupazione e devono essere sostenibili in vista delle nuove sfide che viviamo” (Commissione europea, 2011 p. 4).
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maniera completa la domanda di trasporto dall’evoluzione degli indicatori economici e la
pressoché assoluta preponderanza dei combustibili fossili nel soddisfarla hanno portato infatti
ad incrementare continuamente negli ultimi decenni il contributo dei trasporti alle emissioni
di gas climalteranti e, allo stesso tempo, ad accrescere la vulnerabilità dei presenti trend di
consumo rispetto all’esaurimento delle risorse non rinnovabili e alla dipendenza da paesi
esteri. In questo scenario, la politica dei trasporti diviene uno snodo decisivo per raggiungere
gli impegni globali in materia di ambiente, compresi quelli previsti dal protocollo di Kyoto e
dalle successive evoluzioni, così come gli obiettivi della politica energetica comunitaria3.
Le dinamiche settoriali determinano inoltre effetti caratterizzati da una particolare
connotazione territoriale, che assume rilievo specifico a livello di aree urbane, ove viene
effettuata una quota preponderante degli spostamenti e ove, di conseguenza, si concentrano
una serie di problematiche caratterizzanti: ritardi da congestione, occupazione del suolo e
competizione con altri usi (abitazioni, attività commerciali, mezzi non motorizzati, spazi
verdi), emissioni di inquinati locali e maggiore esposizione dei bersagli (persone e cose),
intrusione visiva e paesaggistica. La gestione delle scelte e la capacità di modificare i trend
sinora sperimentati divengono in questo scenario una delle componenti essenziali delle
politiche per la sostenibilità urbana, andando ad influenzare in maniera decisiva la qualità
della vita e il livello complessivo di attrattività delle città.
L’esigenza di attribuire una valenza specifica ai trasporti, sia in riferimento alle tematiche
globali (cambiamento climatico, dipendenza energetica) che a quelle legate alla dimensione
locale (congestione, inquinamento atmosferico, rumore, etc), trova riconoscimento nella
Strategia Europea per lo Sviluppo Sostenibile4 (SSS dell’UE), che identifica la capacità di
promuovere un modello di “trasporti sostenibili” come una delle sette key challenges5 che il
sistema europeo deve affrontare in prospettiva futura. Una sfida basata, come per gli altri
settori economico-sociali, sull’affermazione e diffusione di nuove soluzioni tecnologiche nei
pattern di produzione/consumo, ma anche, se non soprattutto, sul riconoscimento della
necessità di assegnare una valenza trasversale alla tematica mobilità e alle relative scelte di
soddisfacimento all’interno delle diverse politiche settoriali (commercio, logistica industriale,
turismo, pianificazione e gestione del territorio, etc) al fine del perseguimento del primo (e
3 Commissione europea (2011); European Commission (2006a). 4 Consiglio dell’Unione Europea (2006). 5 Insieme a: Cambiamenti climatici ed energia pulita, Consumo e produzione sostenibili, Conservazione e gestione delle risorse naturali, Salute pubblica, Inclusione sociale, Demografia e migrazione, Povertà mondiale e sfide dello sviluppo, Istruzione e formazione.
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funzionale a tutti gli altri) obiettivo operativo, ovvero la dissociazione dei volumi di domanda
dalla crescita economica (Box 1).
Box 1. Trasporti sostenibili nella SSS dell’UE
Obiettivo generale: garantire che i nostri sistemi di trasporto corrispondano ai bisogni economici, sociali e ambientali della società, minimizzandone contemporaneamente le ripercussioni negative sull'economia, la società e l'ambiente.
Obiettivi operativi e traguardi:
- Dissociare la crescita economica dalla domanda di trasporto al fine di ridurre l'impatto sull'ambiente.
- Pervenire a livelli sostenibili di consumo di energia nei trasporti e ridurre le emissioni di gas a effetto serra dovute ai trasporti.
- Ridurre le emissioni inquinanti dovute ai trasporti a livelli che minimizzino gli effetti negativi sulla salute umana e/o sull'ambiente.
- Realizzare un passaggio equilibrato a modi di trasporto eco-compatibili ai fini di un sistema sostenibile di trasporto e di mobilità.
- Ridurre l'inquinamento acustico dovuto ai trasporti sia all'origine sia tramite misure di attenuazione per garantire che i livelli globali di esposizione minimizzino gli effetti negativi sulla salute.
- Entro il 2010 modernizzare il quadro europeo dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri per incoraggiare una maggiore efficienza e prestazioni migliori.
- In linea con la strategia dell'UE sulle emissioni di CO2 dei veicoli, mirare a ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture nuove, in media, a 140g/km (2008-09) e a 120g/km (2012).
- Entro il 2010 dimezzare il numero di decessi dovuti a incidenti stradali rispetto al 2000.
Fonte: Consiglio dell’Unione Europea (2006).
I paragrafi seguenti presentano un quadro di sintesi delle recenti dinamiche settoriali e alcune
ipotesi di scenari evolutivi, al fine di individuare le principali criticità e necessità d’intervento.
In un contesto di grande incertezza e variabilità, accentuato dalla perdurante crisi economica,
è infatti importante cogliere le dinamiche di fondo sottostanti ai dati, per verificare se, come
sollevato anche dall’Agenzia europea per l’ambiente (EEA, 2011 p. 11) “Are we moving in
the right direction”, o se il quadro di base rimane difficilmente compatibile con gli obiettivi di
sostenibilità di medio-lungo periodo.
La prospettiva adottata è in prevalenza europea e nazionale, pur riconoscendo come i trend a
livello mondiale pongano sfide ancora più incerte e preoccupanti6, nella convinzione di fondo
che la capacità dei paesi sviluppati, e dell’Europa in particolare, di trovare soluzioni vincenti
nel modificare i sentieri di sviluppo sinora privilegiati rappresenti un pre-requisito
fondamentale per una successiva e accelerata azione delle altre realtà in campo internazionale.
6 Basti pensare che la sola domanda cinese di petrolio è quasi raddoppiata nel periodo 2000-07 (ENEA 2008).
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1.2 Trend recenti nel settore dei trasporti
Volumi di mobilità e scelte modali
La domanda di trasporto motorizzato nell’Europa-27 ha sperimentato nell’arco degli ultimi
decenni un perdurante processo di crescita (Fig.1), evidenziando la difficoltà di arrivare ad (o
per lo meno di tendere verso) un disaccoppiamento completo rispetto alle variabili reddituali.
In particolare, il trasporto passeggeri ha fatto segnare tassi di crescita al di sopra di quelli
della popolazione – il che significa una maggiore mobilità motorizzata pro capite – e al
disotto dell’evoluzione del reddito prodotto (Tab.1), con un’elasticità rispetto a quest’ultimo
che è risultata in media vicino allo 0,97 nel periodo 1995-2006 (European Commission,
2008b), senza mostrare cedimenti decisivi verso un progressivo ridimensionamento o
saturazione.
Sul versante delle merci, la domanda ha sperimentato nel complesso del periodo un
andamento ancor più dinamico, risultante da un’evoluzione molto vicina a quella del PIL fino
al 2003 e da un’accelerazione significativa a partire dal 2004, quando l’allargamento
dell’Unione Europea verso Est e l’effetto espansivo che ciò ha indotto sugli scambi intra-UE
hanno determinato una crescita dell’elasticità fino a valori attorno a 1,45 (European
Commission 2008b).
La fine del decennio, caratterizzata da un’eccezionale caduta dell’attività economica, registra
una contrazione dei volumi di trasporto (Tab. 1), molto più accentuata per le merci, mentre la
mobilità passeggeri ha mostrato una certa rigidità verso il basso8. Si tratta comunque, con
ogni probabilità, di “an exceptional case, likely due to the global economic recession, and the
main trend is still that passenger transport continues to grow” (EEA, TERM FACTSHET
01)9.
7 Ciò significa che ad ogni incremento di un punto percentuale del Pil reale è corrisposta una crescita dello 0,9% dei volumi di trasporto passeggeri. 8 Nelle parole dell’EEA (EEA, 2011 p. 43): “the reduction in demand is significantly less than the fall in GDP, indicating that many passenger journeys are unavoidable, and that options to reduce travel when income declines may be limited. 9 Un’analoga previsione è contenuta in European Commission (2011a p. 136) ove si calcola che nello scenario business as usual: “Total transport activity continues to grow in line with economic activity in the Reference scenario. Even though a decrease is visible for 2008-2009 as a result of the recent economic crisis, the recovery is reflected by transport activity returning to its long-term trends”.
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Figura 1. Evoluzione della domanda di trasporto* **, delle emissioni di gas serra, del PIL
e della popolazione (UE-27; 1995-2006)
*Trasporto passeggeri: auto, due ruote motorizzate, bus e pullman, treno, tram, metro, trasporto aereo e marittimo intra-UE.
** Trasporto merci: strada, ferrovia, vie navigabili, condotte, trasporto aereo intra UE, trasporto marittimo intra-UE. Fonte: European Commission (2008a).
Tabella 1. Tassi di crescita medi annui (UE-27)
1995-2006 2008-2009
PIL (prezzi 1995) 2,4% -4,2%
Trasporto passeggeri (p-km) 1,7% -0,2%
Trasporto merci (t-km) 2,8% -6,5%
Fonte: European Commission (2008a e 2011b).
Valutando l’effetto d’insieme, il trasporto merci è cresciuto del 18,7% tra il 1995 e il 2009,
con un + 36,4% nel periodo 1995-2007 e un – 13% nel biennio 2008-2009. La mobilità
passeggeri è cresciuta nel medesimo periodo del 22,1%: risultato di un trend meno accentuato
tra il 1995 e il 2007 (+22,6%) e di una flessione molto modesta in concomitanza della crisi
(poco più dello 0,4% nel biennio 2008-2009). Quest’ultima componente della domanda
mostra quindi una certa rigidità verso il basso, in larga parte dovuta alle caratteristiche delle
mobilità nelle aree urbane, ove le scelte pianificatorie degli ultimi decenni hanno reso
difficilmente comprimibili le esigenze di spostamento (ISIS, 2010).
L’evoluzione dei volumi complessivi è caratterizzata in entrambi i comparti dal
mantenimento di una predominanza assoluta da parte delle modalità su strada.
6
Nel settore merci l’autotrasporto ha infatti consolidato nel decennio la sua posizione (Tab.2),
sperimentando i maggiori tassi di crescita (+31,3% complessivo e 2% medio annuo) e
incrementando la propria quota modale di più di quattro punti percentuali. Di contro, la
ferrovia e la navigazione interna hanno mostrato le performance peggiori, con una
contrazione sia in termini di volumi complessivi, sia di quote modali. Sostanzialmente stabile,
con una quota poco superiore ad un terzo del totale, la percentuale di merci che nel traffico
intra-UE si muove con il cabotaggio marittimo. Lo squilibrio relativo alle quote modali risulta
essere particolarmente accentuato nel contesto italiano (Fig.2), ove i dati inerenti al totale del
traffico interno evidenziano la copertura di quasi due terzi delle t-km da parte del trasporto su
strada.
Tabella 2. Evoluzione della domanda complessiva e quote modali nel trasporto merci (UE-27)
Strada Ferrovia Navigazione interna
Condotte Mare Aereo
2009/1995 (variazione %) 31,3 -6,3% -1,8% 4,6% 16,6% 24
2009/1995 (variazione % media annua) 2,0 -0,5% -0,1% 0,3% 1,1% 1,5%
1995 (quota modale %) 42,1 12,6 3,9 3,8 37,6 0,1
2009 (quota modale %) 46,6 10 3,3 3,3 36,8 0,1
Fonte: European Commission (2008a).
Figura 2. Quote modali del trasporto interno di merci (Italia, 2009)
Gli impianti fissi includono oleodotti e ferrovia
Le vie d’acqua includono la navigazione interna e il cabotaggio marittimo
Fonte: Elaborazioni su Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2011).
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Ancora più squilibrata appare la ripartizione modale nel comparto passeggeri10 (Tab.3), ove il
dominio dei mezzi privati su strada (auto + moto) arriva a coprire i tre quarti della domanda
ed è stato solo parzialmente intaccato nell’ultimo decennio (per lo meno sulle medio-lunghe
distanze) dalla rapida crescita (4,6% media annua) del trasporto aereo. In chiara difficoltà
risultano invece tutti gli altri mezzi collettivi11 (Bus, Ferrovia e Nave) che perdono
costantemente quote modali, confermando nei trend più recenti la loro natura di beni inferiori,
la cui attrattività tende a decrescere con il miglioramento delle condizioni reddituali degli
utenti. Anche in questo caso la realtà italiana si segnala per la particolare incidenza del
trasporto privato su strada (Fig.3), con la quota modale di auto e moto superiore all’80%.
Tabella 3. Evoluzione della domanda e quote modali nel trasporto passeggeri (UE-27)
Auto Due ruote motorizzate
Bus e Pullman
Ferrovia Tram e metro
Aereo Nave
2009/1995 (variazione %) 19,4 24,6 4,3 10,4 17,9 63,3 -10,1
2009/1995 (variazione % media annua)
1,6 2 0,4 0,9 1,5 4,6 -1
1995 (quota modale %) 73,1 2,3 9,5 6,6 1,2 6,4 0,8
2009 (quota modale %) 72,7 2,4 8,3 6,1 1,3 8,6 0,6
Fonte: Elaborazioni su European Commission (2011b).
Figura 3. Quote modali del trasporto totale interno di passeggeri (Italia, 2009)
Fonte: Elaborazioni su Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2011).
10 Solo mezzi motorizzati. 11 Con la sola eccezione dei trasporti su ferro in aree urbane.
8
Elemento trainante di tali dinamiche complessive è rappresentato dalla crescita del numero di
veicoli in circolazione, che risulta essere una determinate essenziale della perdita di
competitività dei mezzi più efficienti da un punto di vista energetico-ambientale12 (treni, bus,
tram) e testimonia del sostanziale fallimento delle politiche pubbliche nel garantire il
soddisfacimento delle crescenti esigenze di mobilità attraverso i servizi collettivi, una volta
che lo sviluppo economico ha reso possibile una maggiore libertà di scelta agli utenti (EEA,
2008a).
Lo stock di auto dell’Europa a 27 è infatti cresciuto del 30% negli ultimi quindici anni
(Tab.4), raggiungendo un totale di 236 milioni di veicoli, a cui si aggiungono circa 34 milioni
di veicoli merci e bus e 35 milioni di motocicli e ciclomotori. Le dinamiche maggiori sono
state registrate nei 12 nuovi paesi membri, che presentano ancora ampi margini di crescita
prima di raggiungere i livelli dell’Europa a 15; va tuttavia notato come anche nei paesi con la
maggiore diffusione di mezzi (compresi gli USA) si registrino ancora tassi di crescita positivi
e il (previsto) raggiungimento della fase di maturità e di crescita zero sia continuamente
rinviato nel tempo (Panella, Zatti, 2007).
Tabella 4. Evoluzione dello stock di auto e degli indici di motorizzazione (1995-2006)
UE 27 UE 15 UE 12 Italia
Crescita % n. auto (1995/2009) 29,9% 23,2% 83,9% 20,4%
Indice motorizzazione 1995 381 435 190 533
Indice motorizzazione 2009 473 503 360 605
Fonte: Elaborazioni su European Commission (2011b).
Anche in questo caso l’esperienza italiana è emblematica, sia dal punto di vista
dell’evoluzione dello stock complessivo che della sua composizione qualitativa.
Il numero di vetture in circolazione ha infatti raggiunto nel 2009 i 36,5 milioni di unità, a cui
corrisponde un indice di motorizzazione pari a 61 auto x 100 abitanti: il valore più elevato di
tutta l’UE-27 dopo il solo Lussemburgo. Ad esse si aggiungono più di 10 milioni di motocicli
e ciclomotori, che rappresentano circa 1/3 dell’intero stock circolante in tutta l’Unione
Europea e costituiscono un elemento di caratterizzazione specifico delle aree urbane italiane.
Considerando l’insieme dei mezzi motorizzati circolanti si arriva nel 2009 ad una valore
totale di circa 51,3 milioni, corrispondente a 84,9 veicoli ogni 100 abitanti.
12 Sull’efficienza energetica dei diversi modi cfr. Tab. 7 infra.
9
Il trend di crescita del dato nazionale è caratterizzato al suo interno da un processo di
“recupero” delle Regioni più arretrate, che hanno sperimentato tassi di crescita superiori alla
media (Fig. 4 e 5), convergendo verso i (ragguardevoli) valori nazionali. Nel complesso,
malgrado il progressivo rallentamento registrato negli ultimi decenni,13 accentuato dalla
profonda (e prolungata) fase di crisi dell’ultimo periodo, i principali saldi tra nuove
immatricolazioni e radiazioni si sono comunque mantenuti positivi (Tab. 5)14, rendendo
difficile prevedere la loro evoluzione futura in una situazione di “normalizzazione” delle
dinamiche economiche. Se infatti, vi possono essere fattori che supportano l’idea per cui:
“l’auto, a livello di massa, ha perso il suo potere attrattivo, il suo farsi elemento distintivo da
esibire, fatto sta che l’acquisto del nuovo – sul totale delle compravendite di autovetture o
motocicli – tende costantemente a ridursi” (ACI-Censis, 2011 p. 3)15, tale modificazione in
profondità delle dinamiche (e delle preferenze) sinora sperimentate va certamente verificata
su un orizzonte temporale più ampio e meno turbolento.16
Figura 4. Rapporto popolazione/autovetture nelle Regioni italiane (1990-2010)
Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2011).
13 Nel caso delle autovetture i tassi di crescita medi annui dello stock circolante sono stati del 2,1% nel periodo 1990-1995; dell’1,5% nel periodo 1995-2000; dell’1,3% nel periodo 2000-2005; e dell’1,2% nel periodo 2005-2010. 14 Dati confermati dal recente Rapporto ISFORT e al. (2012). 15 Non può non sottolinearsi la visione di diversa natura per cui (ISFORT e al., 2012 p. 110-111): “Eppure gli italiani non rinunciano all’auto, la cambiano meno spesso, forse ci fanno meno chilometri ma l’auto è e rimane un oggetto da possedere, uno status symbol”. 16 Va in altri termini verificato se le risposte di “difesa” registrate dal Rapporto ACI-CENSIS alla crisi economica e all’aumento del costo della benzina (p.4): “Pensionati e casalinghe – molto più degli altri – scelgono l’alternativa di andare a piedi, chi è occupato stabilmente – e quindi con obblighi quotidiani serrati – si è rivolto prevalentemente al trasporto pubblico locale. Chi è nell’orbita del lavoro precario – più degli altri – ha attuato politiche di condivisione (car pooling) con amici e colleghi. Studenti e disoccupati hanno opzionato le due ruote (moto e bici) come mezzo sostitutivo alla vettura privata”, si confermino come strutturali in uno scenario caratterizzato da un contesto esterno più stabile.
10
Figura 5. Variazioni % del parco auto circolante per Regione 2008-2009*
Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2011).
Tabella 5. Saldo prime iscrizioni – radiazioni (Italia)
2009 2010 2011
Autovetture 220.759 281.818 336.581
Motocicli 255.818 190.199 139.361
Fonte: ACI-CENSIS (2011).
Da un punto di vista qualitativo, la suddivisione del parco auto vede l’affermarsi di una
predilezione verso l’alimentazione a gasolio (Fig. 6), che rappresenta ormai più di 1/3
dell’intero circolante,17 mentre rimane ancora poco più che ancillare (5,8%) il ruolo delle
alimentazioni alternative (GPL, metano, elettricità, altro). Congiuntamente, viene registrato
uno spostamento della domanda verso le autovetture di media ed alta cilindrata (Fig. 7), con
la fascia inferiore ai 1050 c.c. che ha registrato una contrazione dal 43% del 1990 al 23% del
2009. Anche in questo caso due trend rappresentativi dell’insufficienza, ed in alcuni casi
17 E circa il 45% delle nuove immatricolazioni nel biennio 2009-2010.
11
dell’inadeguatezza, delle risposte finalizzate a qualificare la gamma dei veicoli prodotti e
commercializzati verso scelte più sostenibili.
Figura 6. Composizione % per tipologia di carburante del parco auto circolante (Italia, 1990-2006)
Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2011)
Figura 7. Composizione % per classe di cilindrata del Parco autovetture circolante in Italia
Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2011)
Rimane da sottolineare, in chiave globale, come l’importanza attribuita alla variabile
motorizzazione nello spiegare i trend di mobilità spinga ad evidenziare i potenziali di crescita
12
e, di conseguenza, di impatto futuro dei paesi meno sviluppati. Le realtà mondiali a medio-
basso reddito stanno infatti sperimentando tassi di incremento del parco auto attorno al 7%
annuo, con valori ancora più spettacolari nelle realtà demograficamente più rilevanti: + 12%
medio annuo in India e +20% in Cina negli ultimi 4 anni (World Bank, 2008). Trend che, se
proiettati sul futuro, rischiano di generare in tempi brevi forti elementi di conflittualità e
incompatibilità rispetto alla disponibilità di risorse naturali, in particolare petrolifere. Riuscire
a soddisfare la crescente e legittima domanda di mobilità futura di queste realtà senza
replicare i pattern sperimentati dai paesi sviluppati rappresenta quindi una delle sfide cruciali
di qualsiasi strategia globale verso la sostenibilità.
Consumi energetici ed emissioni serra
Il settore dei trasporti incide fortemente sulla dimensione e la dinamica dei consumi finali
d’energia. Come evidenziato in Tab. 6, esso è responsabile nel 2009 del consumo di poco
meno di 1/3 del totale di energia finale nell’UE-27 e ha fatto registrare nel periodo 1990-2008
una crescita (31%) nettamente superiore a quella registrata nel complesso (4%). La situazione
congiunturale più recente ha inciso sulle dinamiche complessive dei consumi, con alcune
caratterizzazioni interne d’interesse. La domanda energetica complessiva si è ridotta infatti
del 4% dal 2007 al 2009 (EEA, 2011), con una incidenza maggiore alla media per trasporto
aereo, ferrovie e navigazione (con tassi di contrazione tra il 5 e il 5,6%) e decisamente
inferiore per il trasporto su strada (-2,8%), che conferma una certa rigidità verso il basso delle
proprie dinamiche. Ciò ha determinato l’ulteriore consolidamento, in termini di quote di
consumo, della modalità di trasporto meno efficiente da un punto di vista energetico (EEA,
2011).
Tabella 6. Consumi finali di energia per settore nell’UE-27 (Milioni di tep e incidenza % sul totale)
1990 2001 2005 2006 2008 2009 Variazione (2009/1990)
Trasporto* 281 26%
343 30%
362 31%
370 31%
374 32%
368 33%
31%
Industria 366 34%
331 29%
326 28%
324 28%
318 27%
269 24%
-26%
Residenziale/ servizi/altro
422 39%
466 41%
484 41%
482 41%
476 41%
477 43%
13%
TOTALE 1.068 100%
1.140 100%
1.172 100%
1.176 100%
1.168 100%
1.114 100%
4,3%
* Il valore esclude i consumi marittimi e i trasporti aerei internazionali (bunkeraggi). Se si includono anche queste due voci viene stimato un valore complessivo riferito ai trasporti di 410 Mtep, corrispondente a quasi il 34% del totale (European Commission, 2009).
Fonte: Elaborazioni su European Commission (2011b e c)
13
Dal punto di vista delle fonti, il settore mostra una dipendenza quasi totale dal petrolio, che
copre il 96% dei consumi nel 2009 (EEA, 2011). Il valore si è ridotto solamente di un paio di
punti percentuali dal 1990, grazie ad una parziale crescita dei consumi delle rinnovabili,
rappresentati in questo caso dai biocarburanti (Box. 2), che hanno fatto registrare nel periodo
1999-2009 un incremento di circa 26 volte, arrivando a coprire circa 12 Mtep di consumi
finali nel 2009 (European Commission, 2011c).
Box. 2. I biocarburanti nei trasporti europei
I biocarburanti nel settore dei trasporti sono rappresentati principalmente dal biodiesel e dal bioetanolo. La direttiva 2003/30 ha fissato un target indicativo del 2% della domanda del settore terrestre da coprire con i biocarburanti entro il 2005 e del 5,75% entro il 2010. La quota raggiunta dalla UE è stata dell’1,2% nel 2005 e dell’3,9% nel 2009. Nonostante i tassi di crescita registrati negli ultimi anni, anche il target del 5,75% entro il 2010 appare difficilmente raggiungibile nell’attuale scenario evolutivo.
Fonte: Elaborazioni su EEA (2008a, 2009, 2011)
In base a tali dati, risulta che il petrolio utilizzato per il trasporto costituisce più del 60% della
domanda finale di petrolio nell’Unione europea, a testimonianza dell’importanza che
acquisiscono le politiche settoriali nell’ambito delle strategie rivolte alla sicurezza energetica.
In merito alle diverse modalità, il comparto stradale è responsabile della quota nettamente
prevalente dei consumi energetici – 301 Milioni di Tep. nel 2009, corrispondenti all’82% del
totale18 – e ha fatto registrare nel periodo 1990-2009 la crescita più importante: vicina al 30%
e in valore assoluto di quasi 70 milioni di tep. Ciò equivale a dire che circa i ¾ della crescita
dei consumi registrata nel settore è dovuta a questa modalità. I mezzi privati (auto e moto)
rappresentano la parte preponderante del comparto stradale, coprendo quasi il 60%
dell’energia consumata; quote inferiori riguardano il trasporto merci (39%) e il trasporto
pubblico (meno del 2%). Oltre alla componente su strada, una dinamica significativa in
18 Valore calcolato escludendo i bunkeraggi. Se si includono questi ultimi, la quota del trasporto su strada scende al 73% (EEA, 2011).
14
termini di consumi ha riguardato il trasporto aereo, i cui consumi tra il 1990 e il 2008 sono
aumentati di 12,5 milioni di tep, ovvero più del 70%, prima di subire una significativa
contrazione nel 2009 (5 milioni di tep in un solo anno). Parimenti, è da rilevare la contrazione
che ha caratterizzato il settore della ferrovia (-14%) tra il 1990 e il 2009.
La realtà italiana risulta (Fig. 9) essere assolutamente in linea con il quadro europeo, con i
trasporti responsabili del 31,5% dei consumi energetici finali e con il petrolio a coprire il 97%
di tale consumo. Ancora più squilibrata la redistribuzione modale che vede la strada
responsabile di circa il 90% dei consumi settoriali.
Figura 8. Consumi energetici finali del settore dei trasporti per fonte e per modalità (UE-27, 2009)
Fonte: elaborazioni su European Commission (2011b).
Figura 9. Consumi finali d’energia (Mtep) nei settori d’uso
Fonte: Ministero dello sviluppo economico, 2011
15
Il trend di crescita dei consumi energetici registrato fino al manifestarsi della crisi economica
è avvenuto nonostante nel medesimo periodo lo sviluppo tecnologico abbia determinato un
miglioramento dell’efficienza energetica dei diversi modi di trasporto (Tab.7). In altri termini,
la continua crescita della domanda di mobilità ha più che compensato nel periodo in esame gli
effetti del miglioramento tecnologico: nel settore dei trasporti stradali, ad esempio, il già
descritto incremento del 29% dei consumi energetici è derivato da una crescita del 61% dei
volumi di traffico (sia passeggeri che merci) e da una riduzione del 20% dei consumi
unitari19. Solo quindi un’accelerazione del progresso tecnico e/o una più incisiva politica di
gestione della domanda possono portare determinare in futuro una reale dissociazione tra
sviluppo economico e consumi energetici finali.
Tabella 7. Consumi energetici per unità di trasporto* (UE-27, 1990-2006)
1990 2006 Variazione 2006/1990
Ferrovia 0,020 0,019 -3%
Vie navigabili 0,05 0,034 -32%
Strada 0,145 0,116 -20%
Aereo 1,058 0,899 -15%
Mare 0,004 0,004 -6%
*1.000 tep per unità di traffico equivalenti, calcolate ponendo 1tkm=10pkm
Fonte: European Commission (2009).
La descritta dinamica dei consumi energetici trova un riflesso diretto nelle emissioni di gas ad
effetto serra. Nell’UE-27, infatti, le emissioni derivanti dal settore dei trasporti sono
aumentate del 21% tra il 1990 e il 2009,20 in controtendenza rispetto alle altre dinamiche
settoriali che hanno fatto registrare nel medesimo periodo una contrazione più o meno ampia
(Fig. 10 e Tab. 8). Ciò ha portato l’incidenza dei trasporti sul totale delle emissioni al 20,2%21
rispetto al 13,5% del 1990. Anche per quanto riguarda le emissioni di gas serra, la flessione
congiunturale di fine decennio ha determinato una diminuzione sia nel 2008 che nel 2009,
rispetto alla quale rimangono valide le due considerazioni espresse dall’Agenzia europea per
19 Ottenuta prevalentemente nel settore passeggeri, mentre il traffico merci ha avuto un andamento pressoché stabile. 20 Si fa qui riferimento alle emissioni incluse nel protocollo di Kyoto, che escludono la navigazione ed il traffico aereo internazionali. Includendo anche i bunkeraggi internazionali la crescita tra il 1990 e il 2009 è stata del 29%. 21 La percentuale sale al 24 se si includono anche i bunkeraggi.
16
l’ambiente (EEA, 2011 p. 4): “Nevertheless, a major effort is still needed in order to acheive
targets, and ..emissions may grow again once economic growth resumes”.
Figura 10. Evoluzione delle emissioni di CO2 per settore nell’EU-27 (1990-2008)
Fonte: European Commission (2011a p. 99).
Tabella 8. Emissioni di gas serra nell’UE-27
2009 (milioni di ton. equivalenti di CO2)
2009/1990 (var. %)
Totale Trasporti UE15 UE 12
932 810 122
+21 +17
+29,4 Navigazione interna 19 -8,3 Strada 878 +23 Aviazione interna 18 +23 Ferrovie 7 -48% Altri trasporti 10 -9,1% TOTALE 4.615 -17,4%
Fonte: elaborazioni su EEA (2011).
Come già riscontrato in riferimento ai consumi energetici, il trasporto su strada rappresenta la
principale fonte di emissioni di gas serra, con 878 Mton. equivalenti di CO2 nel 2009, pari al
94,2%22 del totale settoriale. La crescita del comparto stradale è stata del 23% tra il 1990 e il
22 71,7% se nel totale vengono inclusi anche i bunkeraggi.
17
2009, un valore analogo a quello del trasporto aereo interno,23 mentre le modalità più eco-
efficienti (ferrovia e vie navigabili, cfr. Fig.11) hanno fatto registrare significative riduzioni,
in larga parte dovute alla perdita di quote modali e traffico.
Figura 11. Valori stimati delle emissioni unitarie per modalità di trasporto
Fonte: EEA, 2011 p. 54
Nel contesto italiano (Tab.9), l’evoluzione delle emissioni dovute ai trasporti24 ha seguito il
trend europeo, con una crescita del 19% tra il 1990 e il 2009. Gli ultimi due anni hanno fatto
registrare una parziale riduzione, da verificare, come si è osservato, su di un arco di tempo più
prolungato.
Il settore risulta responsabile nel 2008 dell’emissione di 124 Mton di CO2, corrispondenti al
26,5% del totale di emissioni di anidride carbonica; di tale valore una percentuale attorno al
93% è rappresentata dai trasporti su strada che hanno totalizzato una crescita vicina al 20% tra
il 1990 e il 2009. Guardando al complessivo nazionale, emerge come circa il 58% della
crescita delle emissioni nazionali di CO2 tra il 1990 e il 200825 sia dovuta al settore dei
trasporti.
23 Valori ancora superiori sono stati registrati per il trasporto aereo internazionale (+93%) e per la navigazione internazionale (+43%), comunque non inclusi nelle politiche riferite al Protocollo di Kyoto. 24 La tabella 9 presenta i dati relativi alle sole emissioni di anidride carbonica, che differiscono in maniera minima nel settore dei trasporti dal totale dei gas serra: nel 2008, ad esempio, la differenza è stata di circa 1,6 Mton, pari a poco più dell’1% (European Commission, 2011b). 25 Le emissioni totali di CO2 rientranti nei vincoli di Kyoto sono cresciute di 33,3 Mton tra il 1990 e il 2008, ovvero del 7,6%. Esse rappresentano la parte preponderante delle emissioni serra in Italia (circa 85%). Il totale delle emissioni serra ricomprese nel Protocollo di Kyoto è cresciuto del 4,4% tra il 1990 e il 2008. Il 2009 ha fatto registrare un crollo significativo che ha avvicinato sensibilmente il dato nazionale al target di 485Mt indicato da Protocollo di Kyoto come media del periodo 2008-2012 (ENEA, 2012), tuttavia “gli scenari ENEA mostrano come queste tendenze siano da considerarsi temporanee in assenza di interventi, politiche ed
18
Dal punto di vista delle dinamiche interne, il traffico passeggeri copre una quota vicino al
62,3% delle emissioni di anidride carbonica ed è stato caratterizzato nel corso degli ultimi
quindici anni dalla forte modificazione delle preferenze verso la motorizzazione diesel che
incide ormai in maniera superiore a quella a benzina. Il traffico merci ha visto crescere nel
periodo 1990-2009 la sua quota sul totale settoriale dal 29,6% al 31,5%, con una dinamica
maggiore delle emissioni dovute ai veicoli leggeri rispetto a quelli pesanti. Minoritarie le
quote delle altre modalità, tenendo conto che la navigazione e il trasporto aereo
sovranazionali non rientrano nelle statistiche riguardanti gli obblighi di Kyoto e che il valore
delle ferrovie non include le emissioni dovute all’elettricità consumata.
Tabella 9. Emissioni di anidride carbonica in Italia (Mton CO2)
1990 1995 2000 2005 2006 2007 2008 2009 Traffico passeggeri su
strada - benzina di cui motocicli - gasolio - altro Totale
38,8 3,1
19,6 4,3
62,6
51,4 3,5
15,3 4,8
71,5
49,1 3,7 20,4 4,8 74,3
39,9 5,2
32,2 3,8
76,1
37,4 5,7
36,4 3,8
77,6
35 5,6
38,8 3,7
77,5
32,8 5,6
38,7 4
75,5
31,6 5,5 39,3 4,4 75,3
Traffico merci su strada - veicoli leggeri < 3,5t - veicoli pesanti >3,5t Totale
11,9 18,2 30,1
10,5 20,8 31,4
18
18,2 36,2
20,5 21,5 42,0
20,0 20,7 41,9
20,7 20,8 41,5
20,7 19,6 40,3
20,4 17,7 38,1
Ferrovie Navigazione nazionale Aerei (nazionale) Altro
0,4 4,8 1,7 1,9
0,4 4,4 1,7 1,8
0,4 5,2 2,6 1,0
0,3 4,8 2,2 1,4
0,4 4,6 2,3 1,2
0,3 4,3 2,4 1,2
0,2 4,6 2,3 1
0,2 4,1 2,1 1,1
TOTALE TRASPORTI 101,6 111,3 119,8 126,7 126,8 127,3 124 120,9 Totale Italia CO2 434,8 445,7 463,6 490,5 486,3 476,7 468,1 nd CO2 Trasporti/totale
nazionale 23,4% 25,0% 25,8% 25,8% 26,1% 26,7% 26,5% nd
Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2011).
I risultati osservati a livello europeo e nazionale testimoniano, nonostante la forte incidenza
della crisi economica, l’evidente inadeguatezza delle politiche settoriali nel garantire una
dinamica evolutiva maggiormente coerente con gli obiettivi strategici della tutela ambientale e
della sicurezza energetica. Emblematico risulta il caso italiano ove il Piano Generale delle
Logistica e dei Trasporti del gennaio 2001 aveva ipotizzato un (ambizioso) scenario evolutivo
basato su una riduzione media delle emissioni del 6% entro il 2010 rispetto a quelle del 1990.
Uno scenario costruito sia sul progresso tecnologico dei mezzi, sia su politiche attive di
gestione della domanda e di trasferimento modale verso il trasporto collettivo, che non ha
investimenti in grado di indurre cambiamenti di tipo strutturale nel sistema energetico (ibidem p. 36). Considerazione avvalorata dal rimbalzo fatto registrare nel 2010, con una crescita di circa 10 Mt, che riportato il totale delle emissioni appena al di sopra dei 500Mt (http://www.eea.europa.eu/pressroom/newsreleases/higher-eu-greenhouse-gas-emissions) .
19
trovato riscontro effettivo nella realtà (Vittadini, degli Espinosa, 2007), nonostante l’inatteso e
certamente non auspicabile contributo della crisi economica.
Il quadro emerso dall’analisi è il frutto, in parte, di risultati al di sotto delle aspettative dal
punto di vista dell’eco-efficienza dei carburanti (Box 2) e dei mezzi (Box 3), ma soprattutto
della difficoltà di affrontare in modo radicale il tema della gestione della domanda. Una
convinzione ricorrente nei rapporti TERM dell’Agenzia Europea per l’ambiente (EEA, 2007,
2008a, 2009 e 2011), ove si sottolinea come la politica europea dei trasporti si sia focalizzata
negli ultimi decenni quasi esclusivamente sul versante dell’offerta, ponendo scarsa attenzione
alle politiche della domanda. Tale approccio si è dimostrato insufficiente al fine di controllare
le emissioni settoriali e ha fatto inoltre sì che le misure adottate per ridurre le emissioni di
effetto serra, determinando un miglioramento dell’efficienza ed una riduzione del costo
unitario dei trasporti, abbiano portato ad un effetto di rimbalzo26 che ha ulteriormente
alimentato la domanda stessa.
La difficoltà europea a porre un freno alle dinamiche interne al settore dei trasporti risulta
ancor più preoccupante se letta nella prospettiva globale. Tra il 1970 e il 2004, infatti, le
emissioni mondiali di gas serra sono aumentate del 70%, da 28,7 Gton CO2 equivalenti a 49.
Le emissioni relative al settore dei trasporti sono aumentate nel medesimo periodo di circa il
120% e sono responsabili nel 2004 di 6,3 GtCO2 equivalenti, pari al 15% del totale; un terzo
di tale valore è attribuibile ai paesi in via di sviluppo (World Bank, 2008). Quest’ultima quota
è destinata a salire rapidamente nei prossimi anni visto che le emissioni dei trasporti nei paesi
meno sviluppati stanno crescendo a ritmi medi del 3-5% annuo contro l’1-2% dei paesi
sviluppati. L’effetto congiunto del catching-up delle realtà in ritardo e del mancato
raggiungimento di un disaccoppiamento completo nei paesi sviluppati porta a scenari di
crescita delle emissioni settoriali attorno al 30% tra il 2007 e il 2025 (Kalmbach e al., 2011),
con evidenti ripercussioni su qualsiasi prospettiva di controllo delle tematiche riguardanti il
riscaldamento globale e la gestione delle risorse esauribili.
26 Stimato in un range tra il 10 e il 30% (EEA, 2008b e 2011). Ciò significa che, in particolare per il settore stradale, una percentuale tra il 10 e il 30% dei miglioramenti in termini di consumi ed emissioni legati al progresso tecnico non si realizzano in seguito agli effetti di rimbalzo sulla domanda. La conseguente considerazione è che: “demand optimisation in the form of better vehicle utilisation, avoidance of unnecessary trips and via modal shift, will therefore be indispensable, and could contribute to an overall reduction in GHGs as well as offer co-benefits such as improved air quality and reduced emissions” (EEA, 2011 p. 45).
20
Box. 3. Le politiche rivolte all’efficienza dei mezzi nell’Unione Europea
Il fulcro delle politiche di miglioramento dell’eco-efficienza delle auto private nella UE è stato rappresentato dall’accordo volontario stipulato con le principali organizzazioni delle case produttrici (Europa: ACEA; Giappone: JAMA; Corea: KAMA). L’accordo prevedeva il raggiungimento di un target di emissione medio delle auto nuove messe in commercio di 140 g CO2/km entro il 2008/2009. Il trend delle emissioni si è effettivamente ridotto sensibilmente dal 2000, raggiungendo il valore di 140,2 g CO2/km nel 2010, sostanzialmente un anno in ritardo rispetto al timing previsto. In termini prospettici, per quanto la disponibilità tecnica di mezzi a basse emissioni non rappresenti un problema in sé, visto che esistono già in commercio un buon numero di auto con emissioni al di sotto di 120g/km, le principali criticità sembrano riguardare i differenziali di costo e le scelte dei consumatori, che tendono ad orientarsi verso mezzi più pesanti e potenti e di conseguenza con maggiori emissioni. Per il futuro, l’impostazione adottata a livello europeo (Regolamento n.443/2009) è quella di introdurre misure maggiormente vincolanti, basate su di un valore medio di 130g CO2/km entro il 2015 per le nuove auto immesse sul mercato, e su di un target ancora più restrittivo (95g/km) per il 2020.
L’UE ha anche adottato uno specifico regolamento (510/2011) sui veicoli merci leggeri, con un vincolo di breve periodo per ogni casa produttrice di immettere una flotta di mezzi con emissioni medie massime di 175g CO2/km, da realizzarsi in maniera crescente tra il 2014-2017, e un obiettivo di lungo periodo (2020) di abbassare tale valore medio a 148g CO2/km.
Fonte: Elaborazione su EEA (2008a e 2011)
Le emissioni inquinanti
Oltre alla tematica energetica e dei cambiamenti climatici, i trasporti assumono un ruolo
fondamentale anche dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico su scala regionale e
locale: “many cities and other urban areas are facing challenges in meeting concentration
limits set in EU legislation for air quality pollutants – road transport in particular makes a
large contribution to urban air quality” (EEA, 2011 p. 28).
E’ il trasporto su strada, infatti, a rappresentare una fonte di emissione di primaria importanza,
che va a incidere in maniera significativa su alcuni rilevanti fattori di deterioramento della
qualità dell’aria delle aree urbane (ozono troposferico, monossido di carbonio, materiale
particolato). Sulla base delle più recenti valutazioni (EEA, 2011), esso rappresenta, infatti, la
prima fonte d’emissione di tre tipologie di inquinanti - NOx, CO, COVNM - e la seconda per
quanto riguarda le emissioni di particelle fini - PM10 e PM2,5 – (Fig. 12). Un’incidenza
21
generalmente accentuata dalla collocazione delle emissioni che, avvenendo a livello del suolo,
produce, a parità di quantità, effetti superiori a quelle derivanti dal settore industriale o dagli
edifici.
Figura 12. Contributi settoriali alle principali emissioni inquinanti (Anno 2009-32 paesi EEA)
Fonte: EEA (2011)
Da sottolineare, inoltre, come le emissioni di alcuni dei principali inquinanti legati al trasporto
su strada - COVNM e PM – siano determinate sia dalla combustione dei carburanti, sia da
altri fenomeni (evaporazione, consumo dei penumatici, abrasione del manto stradale), con la
tendenza di questi ultimi a crescere di importanza nel tempo27, anche per la mancanza di una
effettiva regolamentazione.
Per quanto il miglioramento dei mezzi di trasporto, e in particolar modo dei veicoli su strada,
abbia portato a riduzioni spettacolari nell’arco degli ultimi 15 anni per le emissioni delle
principali sostanze inquinanti (cfr. Fig. 13), nelle aree urbane permangono ancora
27 Le emissioni non derivanti da combustione di PM2,5 nel settore del trasporto su strada sono aumentate dal 10% nel 1990 al 25% nel 2009, quelle PM2,5 dal 20% al 40%.
22
significative problematiche in termini di concentrazioni e qualità dell’aria che richiedono
ulteriori miglioramenti delle dinamiche settoriali (EEA, 2011; European Commission, 2011a).
Il monitoraggio dell’Agenzia Europea per l’Ambiente mostra ad esempio come nel 2009 il
valore limite della media giornaliera delle concentrazioni di PM10, da raggiungersi entro il
2005, è stato superato nel 30% dei siti di rilevazione su arterie da traffico, nel 31% delle
stazioni urbane non su strada, nel 18% degli altri siti urbani (principalmente industriali) e nel
6% di quelli in zone rurali. Nel caso del NO2, si è avuto un superamento del valore limite
annuo, pari a 40 µg /m3, nel 47% delle stazioni su strada, con una forte influenza determinata
dalla diffusione dei motori diesel. La conclusione dell’Agenzia è che “There is a disparity
between the general emission reductions and the limited changes in concentrations ..These
findings demonstrate that PM10 and NO2 concentrations must be reduced substantially in
larger areas of Europe, including the areas influenced by traffic, for the LVs to be met”
(EEA, 2011 p. 32).
Figura 13. Emissioni di NOx e PM2,5 nel settore dei trasporti-Stati membri EEA (1990-2009)
Fonte: EEA (2011).
La difficoltà nel garantire il rispetto dei valori limite in tema di concentrazioni è avvalorata
dalla situazione italiana, ove (Fig. 14-15), pur in un quadro di miglioramento costante negli
23
ultimi tre anni, si registra ancora il frequente superamento sia delle soglie medie annue sia di
quelle giornaliere.
Figura 14. Valore medio annuo di concentrazione del PM10 e degli NO2 e valore limite fissato dalla
normativa (2009)
Nel 2009, 36 Comuni sui 50 monitorati hanno fatto registrare una media per il PM10 inferiore al limite, nel 2006 erano 21, nel 2007 25 e nel 2008 30. Nel caso del biossido di azoto, sono 13 i Comuni che si sono mantenuti sotto alla media nel 2009, 5 in più rispetto al 2007.
Fonte: Euromobility (2010).
Figura 15. Numero di giorni di superamento per il PM10 del valore limite (2009)
Nel 2009 i giorni di superamento complessivi nei 50 comuni monitorati sono stati 3029, rispetto ai 4561 del 2006, 3936 del 2007 e 3214 del 2008.
Fonte: Euromobility (2010).
Emissioni sonore
I trasporti rappresentano la più importante fonte di rumore nell’Unione Europea, in particolar
modo a livello di aree urbane (EEA, 2009 e 2011). Le più recenti stime (EEA, 2011)
24
calcolano che almeno 100 milioni di cittadini europei siano esposti a livelli di rumore
superiori a quelli previsti dalla direttiva 2002/49/EC28 a causa delle attività di trasporto. Per
quanto l’esposizione a elevati livelli di rumore si sia sensibilmente ridotta a partire dagli anni
’80, grazie al progresso tecnologico (silenziosità motori, attrito copertoni, caratteristiche
dell’asfalto, etc) e ad alcune misure di separazione tra le infrastrutture e le zone residenziali
(barriere fisiche, delocalizzazioni), viene ritenuto verosimile che in assenza di misure
aggiuntive i livelli di emissioni siano destinati a crescere nei prossimi decenni a causa della
crescita dei volumi di traffico, in particolare stradale e aereo (European Commission, 2009 e
2011a). L’idea sottostante è che i margini di miglioramento dal punto di vista tecnologico
siano già stati ampiamente sfruttati e che senza un’adeguata gestione dei volumi della
domanda, e della loro collocazione spazio-temporale, l’incidenza della tematica riacquisterà
rilevanza nei prossimi decenni.
Incidentalità
Il sistema dei trasporti è divenuto più sicuro nel corso degli ultimi decenni: in tutte le
principali modalità, infatti, il numero di decessi si è sensibilmente ridotto, nonostante la
significativa crescita dei volumi di domanda (European Commission, 2009). Nel trasporto su
strada, che causa la quota nettamente preponderante della mortalità (> 95%), si è avuta una
riduzione del 55% tra il 1990 e il 2009, e del 38% tra il 2000 e il 2009. L’obiettivo del
dimezzamento dei morti nel periodo 2001-2010, stabilito dal Libro Bianco del 2001 e ripreso
nella SSS della UE, non pare comunque raggiungibile (Fig. 16), anche se lo scostamento si è
ridotto sensibilmente nel tempo.
Tabella 10. Numero di decessi e incidenti con feriti nel trasporto su strada (EU-27, 1990-2009)
1990 2000 2006 2009 Differenza % 2009/1990
Differenza % 2009/2000
Decessi 77.977 56.412 42.953 34.826 -55,3 -38,3
Incidenti con feriti 1.487.610 1.491.223 1.326.302 1.189.863 -20 -20,3
Fonte: European Commission (2011b).
28 Pari a 55 dB per la media ponderata di giorno e notte e 50 per la sola notte.
25
Figura 16. Numero di decessi e obiettivo di dimezzamento 2001-2010 (EU 27)
Fonte (European Commission, 2011a)
Il tema dell’incidentalità non genera solamente impatti di natura economica, ma incide
fortemente anche sul diritto alla mobilità delle categorie più vulnerabili (pedoni e ciclisti), che
sono vittime frequenti della strada (Fig. 17), costituendo una barriera alla vita attiva ed un
ulteriore incentivo verso l’uso dei mezzi motorizzati (Commissione Europea, 2007).
Figura 17. Decessi nel settore dei trasporti per mezzo degli occupanti (EU-24, 2008-2009)
Fonte: elaborazioni su European Commission (2011b). Tra i 27 paesi UE sono esclusi per mancanza di dati
aggiornati Cipro, Bulgaria e Lituania
La realtà italiana (Fig. 18 e 19) mostra un’intensità per abitante della mortalità per incidenti
nella media comunitaria (vicina ai 70 decessi per milione), con un notevole miglioramento
negli ultimi 10 anni. Per quanto, infatti, l’obiettivo del dimezzamento dei decessi previsto dal
Libro bianco potrà essere difficilmente raggiunto, la riduzione di circa il 40% avvenuta tra il
26
2001 e il 2009 rappresenta un risultato importante, che ha significativamente modificato la
posizione italiana nel contesto europeo. Da notare con una certa attenzione, anche in termini
di implicazione di policy, è la forte sovra-rappresentazione nel contesto nazionale dei decessi
che coinvolgono conduttori e passeggeri dei mezzi motorizzati a due ruote che incidono per
quasi 1/3 sul totale (1080 su 4700) contro un media comunitaria del 14% (12,5% se si
escludono i dati italiani).
Figura 18. Decessi per milione di abitanti nei paesi UE
Fonte: European Commission (2011a).
Figura 19. Incidenti stradali, morti e feriti in Italia (2001-2009)
Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2011).
27
Anche in riferimento al tema della sicurezza dei trasporti emergono importanti ripercussioni a
livello globale29 nei rapporti presenti e futuri tra paesi sviluppati e in via di sviluppo. Sono i
paesi a medio e basso reddito infatti a totalizzare circa il 90% dei decessi e ad evidenziare un
trend crescente del loro andamento (Fig. 20). In tale prospettiva, l’incidentalità è destinata a
divenire un problema cruciale di salute pubblica, andando a rappresentare entro il 2030 la
principale causa di morte in questo gruppo di paesi (World Bank, 2008).
Figura 20. Evoluzione prevista delle morti per incidenti stradali* (2000-2020)
* AFR= Africa, EAP= East Asia and Pacific; ECA=Europe and Central Asia; LAC: Latin America and the Caribbean; MNA: Middle East and North Africa; SAR: South Asia
Fonte: World Bank (2008).
Congestione e occupazione del suolo
Un ultimo importante fattore di pressione esercitato dai trasporti riguarda le politiche di
gestione del suolo, su cui vanno ad incidere sia la congestione generata dai mezzi, sia
l’occupazione di spazi da parte delle infrastrutture.
La congestione causa ritardi e perdita di tempo e ha quindi ripercussioni e impatti di natura
prevalentemente economica. Viene valutato che nell’UE tali ritardi incidano per circa l’1%
del PIL e siano in continua crescita (Commissione Europea, 2006 e 200130). Si tratta di un
29 A livello mondiale si stima che circa 1,2 milioni di persone muoiano ogni anno a causa degli incidenti stradali, un effetto equivalente al ripetersi dello Tsunami del 2004 ogni tre mesi. 30 Il Libro Bianco UE del 2001 (p. 8) richiama in particolare come: “secondo i più recenti studi i costi esterni della congestione legati al solo traffico stradale sarebbero pari allo 0,5% circa del PIL comunitario. La crescita del traffico prevista entro il 2010 comporterà presumibilmente, in assenza di interventi correttivi, un significativo aumento della congestione stradale ed un parallelo aumento del 142% dei costi legati a tale congestione, pari a 80 miliardi di euro per anno (ovvero l’1% circa del PIL) “. Un valore percentuale che gli studi successivi hanno
28
fenomeno fortemente differenziato nel tempo e nello spazio, che tende a concentrarsi nelle
aree urbane (e in alcuni snodi chiave della rete extra-urbana) e in alcuni periodi del giorno e
della settimana. Anche in questo caso è il traffico stradale a causare i problemi maggiori, ma
la gestione efficiente della rete e delle infrastrutture coinvolge parimenti le altre modalità.
Aspetto fondamentale dal punto di vista degli scenari futuri è la stretta dipendenza della
tematica dall’evoluzione della domanda e della sua gestione, senza che il progresso tecnico
possa andare ad incidere in maniera significativa.
Considerazioni analoghe riguardano l’occupazione di suolo da parte delle infrastrutture, che
ricevono una continua spinta alla crescita dall’esigenza di adeguamento rispetto ai volumi di
traffico. Ciò rappresenta un fattore di pressione importante nel contesto europeo visto che
“The EU is the most fragmented continent in the world: nearly 30% of land in the EU is
moderately, highly or very highly fragmented” (European Commission 2011a p. 150) e che
“Data also show that fragmentation due to transport infrastructure and urban sprawl
constitutes a growing threat and also results in increased accessibility and disturbance”
(EEA, 2011 p. 39). Le stime disponibili (Fig. 21) mostrano come nell’Europa a 15 più
dell’1% del territorio sia direttamente occupato da infrastrutture ferroviarie e stradali, con
queste ultime che coprono la quota nettamente preponderante sul totale (93%), e con una forte
concentrazione a livello di aree urbane, ove la copertura del suolo arriva al 25-30 % (UNECE,
WHO EUROPE, 2008). Tale evoluzione pone problemi di compatibilità con gli altri usi (aree
verdi, servizi, insediamenti abitativi), genera importanti ripercussioni ambientali in termini di
frammentazione e alterazione degli habitat, e rappresenta in diversi casi un importante fattore
di separazione e di riduzione del senso di comunità (Panella, Zatti, 2007). Anche in questo
caso la prospettiva d’intervento si fonda sul controllo della domanda complessiva e,
congiuntamente, sulla corretta valutazione delle alternative modali: si stima infatti che la rete
ferroviaria richieda circa 3,5 volte meno suolo per unità di trasporto (i.e. pax-km e t-km) in
confronto alla rete stradale (EEA, 200231).
stimato essere già stato raggiunto ben prima del 2010. In assenza di interventi il Libro Bianco del 2011 (prevede un ulteriore aumento del 50% dei costi entro il 2050 31 Land take by transport infrastructures, TERM Indicator Fact Sheet 08.
29
Figura 21. Occupazione di suolo e infrastrutture di trasporto (strada e ferrovia) (UE-15)
Fonte: EEA (2002), Land take by transport infrastructures, TERM Indicator Fact Sheet 08.
Rispetto a tale evidenza, i trend più recenti, caratterizzati da una crescita continua delle strade
e delle autostrade e da una contrazione delle ferrovie (European Commission, 2011b),
identificano chiaramente la necessità di promuovere un’inversione di tendenza. Inversione che
dovrebbe essere promossa anche dai diversi enti finanziatori nazionali e internazionali che
hanno diffusamente manifestato negli ultimi anni un eccessivo sbilanciamento dei propri
interventi sulle infrastrutture stradali (UNECE, WHO EUROPE, 2008; EEA, 2009).
Alcune brevi considerazioni di sintesi
Il quadro sopra presentato conferma l’importanza centrale del settore dei trasporti riguardo ad
una importante serie di pressioni, sia di carattere globale che su scala prevalentemente locale.
Rispetto a tale considerazione complessiva emergono alcuni elementi interni caratterizzanti:
1. Il trasporto stradale rappresenta la fonte principale di tali effetti, circa il 90% secondo le
valutazioni più recenti (European Commission, 2008c), spiegabile con la crescita dei mezzi e
dei volumi di domanda soddisfatti.
2. Il progresso tecnologico e l’adeguamento infrastrutturale hanno portato ad innegabili
progressi in termini di prestazioni, sicurezza e comfort negli ultimi decenni, ma “there has
30
been no structural change in the way the system operates” (European Commission, 2011a p.
10). Ciò implica, tra le altre cose, che la pausa di riflessione in termini di fattori di pressione
generata dalla prolungata crisi economica degli ultimi anni è destinata a non durare se non vi
saranno politiche d’intervento più risolutive.
3. Il livello di internalizzazione di tali costi nei prezzi pagati dagli utenti è ridotto e
inadeguato e genera quindi inefficienze (esternalità negative) dal punto di vista delle scelte
presenti e future (European Commission, 2008c e 2011a).
4. Tra le diverse componenti di costo, una rilevanza crescente è attribuita agli effetti esterni
principalmente legati ai volumi di traffico e al ciclo di guida (congestione, incidentalità,
rumore), mentre un peso minore sembra riguardare gli impatti legati all’inquinamento
atmosferico.32
5. Tale ultima considerazione è rafforzata dalle dinamiche previste per il futuro (Fig. 22),
che vedono andamenti fortemente differenziati ed evidenziano l’insufficienza di approcci che
si fondano esclusivamente sul progresso tecnologico.
Figura 22. Proiezioni al 2050 delle diverse forme di costi esterni legati al trasporto
Fonte: European Commission (2011a).
32 Su questo punto cfr. ad esempio: Parry e al. (2007), European Commission (2008c e 2011a).
31
1.3 Target e scenari futuri
Gli scenari evolutivi del settore dei trasporti assumono rilevanza particolare se valutati
rispetto ai principali target di riferimento a medio e lungo periodo adottati in sede europea e
nazionale. Alcuni dei principali riferimenti sono riportati in Tab. 11.
Tabella 11. Obiettivi e target per il settore dei trasporti
Quote modali Il più recente Libro Bianco della Commissione europea (2011) identifica come obiettivo “generico” che la gran parte del trasporto passeggeri di media distanza dovrebbe essere coperto dal treno entro il 2050. Per il trasporto merci oltre i 300 km si prevede uno shift del 30% dalla strada alla rotaia e al cabotaggio entro il 2030 e di più del 50% entro il 2050. Funzionale al raggiungimento di tali obiettivi è la previsione di triplicare entro il 2030 la rete ferroviaria ad alta velocità. Emissioni di gas serra Il pacchetto clima ed energia approvato dall’Unione Europea nel dicembre 2008* (20-20-20) prevede l’esclusione dei trasporti dal sistema continentale dei permessi negoziabili** (EU-ETS) e l’attribuzione a tutti i settori esclusi (tra cui rientrano anche il settore civile, l’agricoltura e i rifiuti) di un target medio di riduzione entro il 2020 del 10% delle emissioni rispetto al valore del 2005. Tali settori rappresentano circa il 60% del totale delle emissioni (European Commission, 2008d) e il loro adeguato coinvolgimento risulta quindi fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi generali. Tenendo conto dell’inclusione del traffico aereo interno nel sistema EU-ETS a partire dal 2012, il totale delle emissioni non ETS nel settore dei trasporti nel 2005 è pari a circa 940 Mton CO2 equivalenti nell’UE-27, e a 123 in Italia. Il target previsto per l’Italia dal burden sharing tra Stati è di una riduzione del 13% rispetto al 2005 (European Commission, 2008d). Gli Stati si devono far garanti del rispetto degli obiettivi attraverso politiche e misure autonome, coinvolgendo a loro volta gli enti sub-nazionali. E’ prevista la definizione di una traiettoria di riduzione dal 2013 al 2020 su cui basare annualmente i monitoraggi e i controlli. Sulla base degli obiettivi definiti, i quantitativi minimi da perseguire entro il 2020 sono così identificabili: Target Trasporti UE-27 (2020): -94 Mton CO2 equivalenti rispetto al 2005, pari ad un valore complessivo al 2020 di ca. 845 Mton CO2 equivalenti. Target trasporti ITA (2020): -16,5 Mton CO2 equivalenti, pari ad un valore complessivo al 2020 di ca. 107 CO2 equivalenti. Il Libro Bianco sui trasporti (Commissione europea, 2011) ha previsto per il 2030 un ulteriore obiettivo di riduzione del 30% rispetto al 2008. In un ottica di lungo periodo il Consiglio europeo ha adottato una “Low-carbon economy 2050 roadmap” (European Commission, 2011d) che prevede l’obiettivo di lungo periodo della riduzione delle emissioni serra del’80% entro il 2050 rispetto al 1990, con tappe intermedie del 40% entro il 2030 e del 60% entro il 2040. Il target specifico per i trasporti prevede una riduzione del 60% (includendo l’aviazione ma non i trasporti marittimi internazionali), che corrisponde ad una riduzione del 70% rispetto al 2008 e del 68% rispetto al 2009 (EEA, 2011). La riduzione del 60% delle emissioni da trasporto è valutata essere coerente e realizzabile con una riduzione del 70% dell’uso di combustibili fossili rispetto al presente. Per il settore marittimo è previsto dal Libro Bianco l’obiettivo di ridurre entro il 2050 del 40% (e, se praticabile, del 50%) le emissioni di CO2 generate dagli oli combustibili utilizzati. (Bio)carburanti Il pacchetto clima e la direttiva 2009/28 sull’energia rinnovabile stabiliscono un target del 10% di consumo finale di energia nei trasporti terrestri coperto da fonti rinnovabili entro il 2020, sottolineando la possibilità di raggiungere tale target con diverse fonti rinnovabili (tra cui in particolare, oltre a i biocarburanti, l’elettricità verde); l’obiettivo è soggetto ad alcune condizioni di sostenibilità (da definirsi da parte della Commissione UE) per quanto riguarda i metodi produttivi. Il Piano d’Azione Nazionale per le Energie Rinnovabili del giugno 2010 prevede che le energie rinnovabili soddisfino il 10,14% del consumo energetico associato ai trasporti, sia attraverso un maggior apporto dei biocarburanti e sia mediante altri tipi di
32
intervento, volti anche al miglioramento dell’efficienza energetica e dello sviluppo della trazione elettrica (ENEA, 2012). Il Libro Bianco del 2011 definisce un obiettivo del 40% di carburanti a basso contenuto di carbonio nel trasporto aereo entro il 2050. Lo stesso Libro Bianco include l’obiettivo di ridurre del 50% entro il 2030 e del 100% entro il 2050 il traffico veicolare urbano coperto da auto con combustibili tradizionali e ipotizza sistemi di distribuzione urbana delle merci carbon free entro il 2030. Veicoli Valore medio delle emissioni delle auto nuove messe in commercio di 130 gCO2/km , da attuarsi progressivamente tra il 2012 (65%) e il 2015 (100%). Tale limite diviene di 95 gCO2/km dal 2020. Valore medio delle emissioni dei veicoli leggeri nuovi messi in commercio di 175 gCO2/km, da attuarsi progressivamente tra il 2014 e il 2017. Tale limite diviene di 147 gCO2/km entro il 2020. Il Libro Bianco del 2011 mira a dimezzare entro il 2030 nei trasporti urbani l’uso delle autovetture alimentate con carburanti tradizionali e ad eliminarlo del tutto entro il 2050; per le merci l’obiettivo è di conseguire un sistema di logistica urbana a zero emissioni di CO2 entro il 2030. Efficienza energetica Il pacchetto clima presenta un obiettivo (non vincolante) del 20% di riduzione dei consumi finali di energia al 2020 rispetto allo scenario inerziale. Il potenziale di risparmio nel settore trasporti è valutato essere del 20-26%. La stima contenuta nell’Action Plan del 2006 (European Commission 2006b) quantifica i consumi energetici finali nel settore dei trasporti al 2020 in 405 Mtep (UE-25) e ipotizza un potenziale di risparmio di 105 Mtep. Ciò equivale a realizzare un livello di consumi al 2020 attorno ai 300 Mtep, ovvero circa il 10% in meno rispetto al valore del 2005. La direttiva 2006/32/CE stabilisce che gli Stati membri debbano conseguire entro il nono anno di applicazione della direttiva stessa (2016) un obiettivo nazionale indicativo globale di risparmio energetico pari al 9%, da calcolarsi rispetto alla media della quantità di energia distribuita o venduta ai clienti finali durante i precedenti cinque anni (sono esentati i consumi energetici in attività coperte dalla direttiva sull’emission trading). Incidentalità Il Libro Bianco del 2011 definisce l’obiettivo dell’avvicinamento al target “zero vittime” nel trasporto su strada entro il 2050, con il target intermedio del dimezzamento entro il 2020 rispetto al valore 2010.
* European Commission, IP/08/1998, 17/12/2008.
** Ad eccezione del trasporto aereo che è previsto vi rientri a partire dal 2012.
Il Libro Bianco UE e lo scenario europeo al 2010
Alcune previsioni riguardo all’evoluzione del settore dei trasporti e delle relative emissioni
hanno avuto per oggetto il decennio passato e possono quindi costituire un primo elemento di
valutazione dei risultati raggiunti.
Il Libro Bianco UE del 2001 (Commissione Europea, 2001), ad esempio, ha identificato il
periodo 1998-2010 come termine di riferimento, ipotizzando alcuni scenari evolutivi collegati
alle diverse ipotesi e opzioni d’intervento (Tab. 12).
Tutti gli scenari si basano su una crescita della domanda passeggeri del 24% e di quella merci
del 38% a fronte di una crescita del PIL del 43% (3% medio annuo). La Commissione
riconosce esplicitamente come non sia nelle possibilità dell’intervento comunitario
influenzare in modo sostanziale la domanda complessiva di trasporto e ciò spiega il suo
andamento uniforme in tutti gli scenari. L’ipotesi sottostante alle dinamiche previste è
33
comunque quella di una parziale saturazione rispetto all’andamento del PIL, con valori medi
dell’elasticità di 0,56 per i p-km e di 0,88 per le ton-km.
Nello scenario tendenziale, ovvero a politiche invariate, viene ipotizzata una crescita delle
emissioni di CO2 del 27% (elasticità rispetto al PIL dello 0,63). Lo scenario è costruito
ipotizzando il mantenimento del predominio della strada nel trasporto passeggeri (pur con una
riduzione spontanea della quota modale dal 79% al 77%) e in quello merci (con una crescita
della quota modale dal 44% al 47%).
Rispetto a tale ipotesi vengono definiti tre scenari alternativi:
1. Opzione A: caratterizzata dalla tassazione del trasporto stradale e da un
conseguente incremento dei fattori di carico che portano a ridurre i v-km su strada a
parità di volumi di merci e passeggeri. La crescita della CO2 è contenuta al 17%, con
un’elasticità rispetto al PIL dello 0,35.
2. Opzione B: in linea con lo scenario precedente e caratterizzata da una più
marcata riduzione dei v-km percorsi su strada, pur a parità di quote modali.
3. Opzione C: caratterizzata dall’abbinamento della tariffazione con il
potenziamento dei modi alternativi. Ne risulta, rispetto alle due ipotesi precedenti, una
modificazione anche delle quote modali (a favore dei mezzi più eco-efficienti) ed il
contenimento della crescita delle emissioni di CO2 al 10% (elasticità rispetto al PIL
pari a 0,23). Si tratta dell’opzione di riferimento del Libro Bianco, da perseguirsi
attraverso una serie di misure infrastrutturali e gestionali (Box 4) finalizzate a
garantire il contenimento della mobilità (intesa come v-km) senza limitare gli
spostamenti di persone e merci.
Tabella 12. Dinamiche previste nel settore dei trasporti fra il 1998 ed il 2010 (UE-15)
1998=100
PIL
Pax-km
Ton-km
Veh-km
Emissioni CO2
Tendenziale 143 124 138 126 127
Opzione A 143 124 138 115 117
Opzione B 143 124 138 115 115
Opzione C 143 124 138 112 110
Trend effettivo
(1998-2009)
117,8 115 110,3 / 104,6
34
Tutti i dati escludono i bunkeraggi internazionali relativi a navigazione e aviazione civile.
I dati sul trend effettivo si riferiscono all’EU-27
Fonte: Commissione Europea (2001) ed elaborazioni personali per il trend effettivo.
La disponibilità di dati a consultivo relativi al periodo 1998-2009 (seppur relativi
all’aggregato EU-27) permette di evidenziare alcuni importanti aspetti rispetto a quanto
contenuto nelle previsioni comunitarie.
La considerazione più generale riguarda il fatto che la bassa crescita sperimentata nel periodo
1998-2009 rispetto allo scenario tendenziale (1,6% medio annuo rispetto al 3% ipotizzato)
porterà a fine decennio ad un risultato in termini di emissioni CO2 addirittura migliore di
quanto ipotizzato nello scenario C.33 Tuttavia, tale risultato non appare decisivo dal punto di
vista del disaccoppiamento e richiede che le dinamiche sottostanti vadano incontro a più
radicali cambiamenti. Se fosse infatti stato rispettato per tutto il periodo 1998-2010 il trend di
crescita previsto (3% annuo), per altro in linea con l’ambizioso quadro strategico definito
all’interno della cosiddetta Strategia di Lisbona, si avrebbero al 2010 emissioni di CO2 al di
sopra dell’OPZIONE C di circa 2 punti %. Nell’ipotesi (auspicabile) che non sia la bassa
33 Con un’elasticità complessiva delle emissioni rispetto al PIL attorno allo 0,26.
35
crescita a rendere ambientalmente sostenibili i trend futuri34, appare chiaro come le dinamiche
reali mostrino l’insufficienza delle misure sinora adottate (e/o previste) nell’ambito
dell’opzione C del Libro Bianco.
Box 4. Principali misure proposte dal Libro Bianco UE del 2001
Il Libro Bianco contiene 60 misure relative ai trasporti da adottare a livello comunitario. Esse si indirizzano ai seguenti principali aspetti:
- rilanciare le ferrovie - migliorare la qualità del trasporto stradale - promuovere il cabotaggio e le vie navigabili - coniugare la crescita del trasporto aereo con la sostenibilità ambientale - rendere l’intermodalità una realtà - realizzare il sistema di reti transeuropee - migliorare la sicurezza stradale - promuovere una corretta tariffazione dei trasporti - riconoscere i diritti degli utenti - sviluppare un trasporto urbano di qualità e mettere la ricerca al servizio di un sistema di trasporto
pulito ed efficiente - sviluppare un set di obiettivi di medio e lungo termine per un sistema di trasporti sostenibili
Al fine di promuovere una maggiore sostenibilità futura dei trasporti è possibile scomporre
l’esigenza di disaccoppiamento delle pressioni ambientali dalla crescita economica in tre
principali componenti a cui corrispondono poi diverse opzioni d’intervento (Tab. 13).
La prima colonna è rappresentativa della relazione tra mobilità complessiva e reddito. Come
già osservato, la Commissione riconosce apertamente come la responsabilità d’intervento su
questa componente risieda a livello nazionale e, ancor più locale, attraverso misure e
iniziative (pianificazione territoriale, organizzazione del sistema lavorativo, modificazione dei
modelli commerciali e logistici) che riescano a limitare all’origine le esigenze di spostamenti.
I dati reali 1998-2009 mostrano come siano emersi alcuni elementi di difformità rispetto a
quanto contenuto nello scenario tendenziale definito nel Libro Bianco: con una dinamica
maggiore della mobilità passeggeri (elasticità di poco inferiore a 1 su tutto il periodo) rispetto
a quella merci (attorno allo 0,6). Risultato da spiegarsi, come già argomentato in precedenza,
con la caduta particolarmente forte del traffico merci durante il recente periodo di crisi e, di
contro, con la tenuta significativa della mobilità passeggeri.
La seconda colonna è espressione del sistema di trasporto, ovvero delle modalità di
soddisfacimento della domanda di mobilità complessiva. In essa trovano rappresentazione due
componenti essenziali: le quote modali e i fattori di carico interni ad ogni modalità. Ciò
34 E’ d’altronde intrinseca nel concetto stesso di sviluppo sostenibile l’idea per cui la tutela di una dimensione (economica, ambientale o sociale) non debba avvenire a discapito o indipendentemente dalla considerazione delle altre.
36
significa che a parità di domanda di trasporto (p-km e ton-km) vi può essere una riduzione dei
v-km (e anche di altri fattori di pressione come i consumi energetici e le emissioni unitarie) se
si riesce a spostare le scelte degli utenti verso le modalità più eco-efficienti35 e/o se si migliora
l’utilizzo dei singoli modi. Su queste variabili, come osservato, è supposto intervenire lo
scenario C, prevalentemente attraverso il potenziamento delle reti su ferro ed una tariffazione
più efficiente dei diversi modi.
Tabella 13. Misure per il disaccoppiamento delle pressioni ambientali dalla crescita
Componente Crescita economica/mobilità
Sistema di trasporto Efficienza ambientale
Indicatori PIL/passeggeri e tonnellate -chilometro
Quote modali/ Veicoli-chilometro
Emissioni x veicolo chilometro
Misure di disaccoppiamento (esempi)
Pianificazione urbana
Organizzazione del lavoro
Organizzazione del sistema produttivo e commerciale
Tariffazione efficiente
Sistemi di trasporto intelligenti
Potenziamento delle modalità alternative alla strada
Miglioramento dei fattori di carico
Carburanti e veicoli meno inquinanti
Dimensione e potenze dei mezzi
Rendimento energetico dei motori
Controllo della velocità e modalità di guida ecologiche
Fonte: elaborazioni su Commissione Europea (2001).
I dati a consultivo permettono di evidenziare come le quote modali effettivamente registrate
nel 2009 rappresentino una situazione intermedia tra lo scenario tendenziale e l’opzione C
(Tab.14).
Tabella 14. Quote modali previste e reali (%)
Trasporto passeggeri Trasporto merci Reale
1998 Reale 2009
Tendenziale 2010
Opzione C
Reale 1998
Reale 2009
Tendenziale 2010
Opzione C
Auto 83,3% 83,1% 85,0% 82,6% Strada 73,7% 75,2% 78,7% 74,3% Autobus 9,2% 8,4% 8,1% 9,1% Ferrovia 14,1% 13,7% 11,4% 14,3% Tram+metro 1,1% 1,3% 1,0% 1,1% Nav. interna 7,1% 6,3% 5,8% 7,1% Ferrovia 6,4% 7,2% 6,0% 7,2% Oledotti 5,1% 4,8% 4,2% 4,3% TOTALE escluso aereo 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
TOTALE escluso cabotaggio
100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
Aereo 5,1% NA 7,7% 6,9% Cabotaggio 40,6% NA 41,2% 41,2% Per l’aereo e il cabotaggo marittimo non si è potuto fare il confronto con il valore reale 2009 in quanto non sono disponibili i dati relativi
all’EU-15. Va segnalato comunque che il trasporto aereo di passeggeri nell’EU-27 ha incrementato la propria quota modale di poco meno di
un punto percentuale tra il 1998 e il 2009, mentre il cabotaggio ha sperimentato per l’UE-27 una contrazione della quota modale di circa 1
punto nel medesimo periodo.
Fonte: elaborazioni su dati Commissione Europea (2001) e European Commission (2011b).
35 Cfr. quanto mostrato prima in Fig. 10.
37
L’auto privata mantiene una quota predominante (83,1% dei mezzi per cui è possibile il
confronto) del trasporto passeggeri, leggermente al di sotto del dato del 1998, ma al di sopra
di circa mezzo punto al valore ipotizzato nell’opzione C. Il trasporto su ferro e i mezzi
collettivi su gomma, pur migliorando rispetto all’ipotesi tendenziale, non sono riusciti a
raggiungere quanto ipotizzato nello scenario C. Il traffico aereo sembra essere cresciuto meno
di quanto previsto, anche se non sono disponibili dati confrontabili su base EU-15. Sul
versante delle merci, la ferrovia e la navigazione interna hanno perso meno rispetto a quanto
ipotizzato nello scenario tendenziale, ma sono rimasti sensibilmente al di sotto dei valori
contenuti dello scenario C. Il risultato è una quota modale dell’autotrasporto di 1 punto
superiore a quanto auspicato. Pur non essendo disponibili dati confrontabili per il cabotaggio
nell’EU-15, il dato in regresso per i 27 non sembra essere coerente con il recupero ipotizzato
dal Libro Bianco.
Il quadro complessivo sembra essere in linea con le prospettive ipotizzate: emergono infatti
alcuni risultati riferibili alle politiche di sviluppo, sia infrastrutturali che gestionali, rivolte alle
modalità più efficienti (ferrovia, tram+mentro), che hanno permesso di invertire, o per lo
meno arginare, il trend decrescente che le ha caratterizzate per lungo tempo, nonché di frenare
la crescita delle altre modalità (aereo e strada); mentre più problematica appare la capacità,
d’altronde non riferibile all’intervento comunitario, di disincentivare in maniera più diretta e
decisiva la mobilità motorizzata su strada.
Non sono disponibili stime dirette sui v-km, ma alcune valutazioni sull’evoluzione dei fattori
di carico mostrano trend non positivi, confermati da alcune analisi specifiche su singoli paesi
(Fig. 23). Per le merci viene riscontrato un declino continuo della densità di trasporto,
testimoniato da una crescita dei volumi in termini di m3 superiore a quella in termini di ton.;
tale trend, strettamente collegato alla modificazione delle caratteristiche dei canali di
commercializzazione e vendita, porta ad incrementare i v-km necessari per trasportare lo
stesso volume di merci (EEA, 2009).
Considerazioni analoghe emergono nel settore passeggeri, ove gli studi disponibili mettono in
luce un peggioramento dei tassi d’occupazione, in particolare per le auto (Fig. 24), risultato
della riduzione della dimensione media dei nuclei familiari e della crescita degli indici di
motorizzazione.
38
Figura 23. Fattori di carico nel trasporto merci su strada in alcuni paesi europei (1997-2007)
Fonte: EEA, http://www.eea.europa.eu/themes/transport/indicators.
Figura 24. Tassi di occupazione nel trasporto passeggeri (1980-2005)
Fonte: EEA (2005), TERM 2005 29— Occupancy rates in passenger transport
La terza colonna della Tab. 13 fa riferimento, infine, alle caratteristiche tecniche del
circolante e dei carburanti, nonché alle modalità di conduzione dei veicoli: si tratta di aspetti
accomunati dal fatto che possono portare ad una riduzione delle pressioni a parità di v-km
percorsi. Su questo punto non si ipotizzano nel Libro Bianco interventi particolari, se non un
fisiologico processo di rimpiazzo del circolante e l’applicazione effettiva del già citato
volontario concluso con le industrie automobilistiche (ACEA, KAMA, JAMA).
39
Nel complesso, il pieno disaccoppiamento tra dinamiche dei trasporti e fattori di pressione
richiede interventi strutturali maggiormente incisivi su tutti i tre livelli evidenziati ed in
particolare:
- sulla domanda totale, in modo da ridurre in maniera più radicale il rapporto tra
evoluzione del reddito e volumi di mobilità motorizzata;
- sulla gestione del sistema di trasporto, all’interno del quale, se alcuni risultati in
termini di stabilizzazione delle quote modali sembrano essere stati raggiunti36, le
incognite maggiori riguardano la capacità di andare ad influire in maniera più
significativa sui fattori di carico;
- sull’evoluzione tecnica del circolante e dei carburanti, riguardo alle quali incide in
maniera cruciale l’effettivo sviluppo degli standard previsti per le auto e per i veicoli
merci.
La necessità di agire congiuntamente su tali tre pilastri sembra essere una delle principali
indicazioni al fine di migliorare i risultati raggiunti e di tener conto dei costi marginali
crescenti che inevitabilmente caratterizzano ognuno di essi.
Lo scenario europeo aggiornato al 200437
La Commissione Europea ha ripreso nel 2004 (European Commission, 2004) il quadro
previsionale già delineato nel Libro Bianco, integrandolo con l’ingresso dei nuovi paesi (UE-
25) e definendo scenari di più lungo termine (20-30 anni)38.
Lo scenario di riferimento (baseline) si basa sulle seguenti ipotesi:
- tassi di crescita del PIL differenziati per gruppo di paesi (UE-15 ed UE-10), con medie
annue per l’Europa a 25 del 2.49% per il periodo 2000-10; del 2,38% per il periodo
2010-20 e del 2,22% per il decennio 2020-30.
- una sostanziale abbondanza dell’offerta di petrolio, che porta l’evoluzione del prezzo
al barile ad oscillare dai 28 $ del 2000 ai 20,1 del 2010, fino a tornare a 27,9 nel 2030.
36 Quanto abbiano inciso le politiche d’intervento e quanto invece fenomeni interni di “saturazione” o modificazione delle preferenze non è cosa facile da definire. 37 Le grandezze contenute in questo scenario non sono immediatamente confrontabili con quanto visto nel paragrafo precedente perché la Commissione ha adottato un diverso trattamento di alcuni dati e aggregati (come ad esempio l’esclusione del cabotaggio marittimo dai dati ricompresi nel trasporto merci o l’introduzione delle due ruote motorizzate nelle valutazioni del trasporto su strada di passeggeri). 38 In quanto segue limiteremo la nostra attenzione agli scenari fino al 2020, che sono oggetto di target ufficiali della Commissione.
40
- una prosecuzione e/o messa in atto delle politiche d’intervento già adottate, senza
l’introduzione di nuove misure; in particolare, si prevede per il settore trasporti
l’attuazione dell’accordo volontario sulle auto e il raggiungimento, seppur con tempi
diversificati, degli obiettivi sui biocarburanti.
Rispetto allo scenario base, vengono immaginate due opzioni d’intervento (Tab. 15),
sostanzialmente in linea con quanto contenuto nel Libro Bianco:
- uno scenario di “promozione del ferro”, basato su ipotesi di intervento a favore delle
modalità collettive;
- uno scenario di “promozione del ferro e incremento dei fattori di carico” che associa
alle misure previste al punto precedente anche interventi finalizzati ad un uso più
efficiente dei singoli modi. Tale scenario è considerato coerente con la piena
applicazione dell’insieme di misure contenute nel Libro bianco del 2001.
Come già visto precedentemente, l’evoluzione della domanda di trasporto è ipotizzata essere
uguale in tutti i tre scenari e si basa sulla previsione di un tasso di crescita medio annuo tra il
2000 e il 2020 del 1,5% nel trasporto passeggeri (elasticità media rispetto al PIL
sostanzialmente costante e intorno a 0,59) e del 2,2% nel trasporto merci (elasticità media
rispetto al PIL attorno a 0,9).
Nello scenario di baseline, le quote del trasporto passeggeri vedono una sostanziale
stabilizzazione dei trasporti privati sino al 2020 e una continua perdita di attrattività dei
trasporti collettivi su gomma e rotaia, che sperimentano complessivamente un calo tra il 2000
e il 2020 di più di tre punti percentuali. In grande crescita è invece previsto il traffico aereo
che arriva nell’arco del ventennio a quasi raddoppiare la propria quota modale sino al 10,7%.
Sul versante delle merci si delinea una sempre maggiore predominanza dell’autotrasporto (dal
69% del 2000 al 77,5% del 2020) a discapito sia della ferrovia che delle vie navigabili.
Il consolidarsi delle modalità meno efficienti dal punto di vista energetico ha effetti diretti
sulle previsioni riguardanti i consumi finali di energia e le emissioni di CO2. La domanda
finale d’energia legata ai trasporti cresce infatti del 16% entro il 2010 e del 29% (circa 100
Mtep) entro il 2020: un valore pari a poco meno del 40% del totale della crescita della
domanda finale nell’UE-25, che porta la quota settoriale sul totale attorno al 32%. Il tasso
medio annuo di crescita è previsto essere dell’1,5% nel primo decennio, per poi scendere
all’1% nel periodo 2010-20, per effetto del rimpiazzo dei mezzi più obsoleti e di una parziale
saturazione della domanda, in particolare nell’UE-15. In termini di emissioni di CO2 le
dinamiche settoriali si traducono in una crescita del 15% al 2010 e del 25% al 2020; i trasporti
41
risultano essere responsabili nello scenario di riferimento di circa due terzi della crescita delle
emissioni totali entro il 2020.
Gli scenari “Promozione del ferro” e “Promozione del ferro e incremento dei fattori di carico”
modificano la baseline attraverso due differenti tipologie di interventi: il primo solo con
politiche dell’offerta indirizzate alle modalità alternative all’uso dei mezzi privati, il secondo
attraverso un mix che coniuga politiche dell’offerta con una migliore gestione della domanda.
Nei due scenari viene ipotizzato un effetto similare sulle quote modali, che porta, nel trasporto
passeggeri, a incrementare la quota della ferrovia (7,8% nel 2010 e 7,7% nel 2020 rispetto al
7,3% registrato nel 2000 e al 6,4% del 2010 e previsto nella baseline per il 2020) e a limitare
l’emorragia del trasporto pubblico su strada (8,7% nel 2010 e 7,9% nel 2020 rispetto al 8,9%
del 2000 e al 7,1 del 2020 nella baseline) a discapito dei mezzi privati e del trasporto aereo,
di cui viene in parte contenuta la forte dinamica (6,3% al 2010 e 7,9% al 2020 contro 7% al
2010 e all’8,8% al 2020 della baseline). Nel trasporto merci le migliori performance garantite
dalla ferrovia e dalle vie navigabili permettono di ridurre di circa 4 punti percentuali la quota
dell’autotrasporto sia al 2010 che al 2020.
L’importanza del policy mix è evidenziata dal fatto che, pur ipotizzandosi un’analoga
evoluzione delle quote modali, lo scenario “promozione del ferro e incremento dei fattori di
carico” porta a risultati decisamente migliori sia in termini di consumi energetici che di
emissioni di anidride carbonica. La riduzione della domanda finale di energia rispetto alla
baseline è infatti limitata al 3,5% (sia al 2010 che al 2020) nel caso della sola azione di
promozione del ferro, mentre risulta più che triplicata nell’ipotesi d’intervenire anche sulle
modalità di utilizzo dei singoli modi. Lo stesso vale per le emissioni di CO2 che vedono una
riduzione, in questa seconda ipotesi, del 15,3% al 2010 e del 15,1% al 2020 rispetto ad una
riduzione attorno al 5% (sia al 2010 che al 2020) nell’ipotesi di sola “promozione del ferro”.
I risultati contenuti nella simulazione del 2004 (Tab.15) permettono di derivare due ordini di
considerazioni: le prime riferite a quanto avvenuto sino ad oggi, le seconde riguardanti le
evoluzioni future.
Dal primo punto di vista, i dati effettivi del 2010 evidenziano (e confermano) la limitata
applicazione di quanto ipotizzato negli scenari previsivi e nelle opzioni di intervento
riconducibili ai contenuti del Libro Bianco. Si è infatti registrato sì un avvicinamento delle
emissioni di CO2 a quanto previsto nello scenario migliore, ma, in larga parte, solo grazie a
fattori esogeni - crescita economica ben al di sotto del previsto e prezzi del carburante ben al
42
di sopra39 – che hanno fortemente ridimensionato le dinamiche della mobilità passeggeri e
merci. L’elasticità delle emissioni al PIL è stata in media nel decennio pari a 0,23, più vicina a
quella ipotizzata nello scenario “promozione del ferro” (0,35 al 2010), rispetto a quella
“promozione del ferro e incremento dei fattori modali” (intorno allo 0). Una dinamica
determinata, con ogni evidenza, da una capacità solo parziale di garantire gli effetti di
diversione modale e razionalizzazione previsti dall’ultima ipotesi considerata, nonostante la
spinta data dagli elevati prezzi del petrolio nella seconda metà del decennio.
Il messaggio che ne emerge è chiaro: le dinamiche registrate sino al 2010 portano ad
un’evoluzione al 2020 (+9,9% delle emissioni di biossido di carbonio rispetto al 2005)
incompatibile con gli obiettivi del “pacchetto clima” e della direttiva sull’efficienza
energetica. Per quanto la bassa crescita e un progressivo affievolimento dell’effetto
dell’allargamento possano contribuire a smussare tali trend, solo un radicale miglioramento
della capacità d’intervento può portare a risultati coerenti con gli obiettivi strategici.
Ciò passa in primo luogo attraverso una effettiva applicazione di quanto già ipotizzato nello
scenario di “Promozione del ferro e incremento dei fattori di carico” (assimilabile, come si è
detto, all’Opzione C del Libro Bianco), visto che si tratta di un quadro d’intervento composito
e articolato, che richiede un adeguato periodo di progettazione, sviluppo e realizzazione. E’
quindi verosimile ipotizzare che i risultati previsti non abbiano ancora avuto luogo nel breve
periodo, ma possano poi progressivamente manifestarsi entro l’orizzonte temporale del 2020.
Resta comunque da sottolineare come anche la piena attuazione di tale scenario d’intervento
non garantisca risultati sufficienti. La Tab.15 evidenzia infatti come la piena applicazione di
tutte le misure a livello europeo porti comunque ad un valore delle emissioni al 2020 del 2,9%
superiore al 200540, distante più di 120 MtCO2 dal target fissato nel pacchetto clima. Anche
dal punto di vista dei consumi energetici appare lontano l’obiettivo della riduzione al 2020 del
20% rispetto allo scenario tendenziale.
Rispetto a ciò, l’analisi della Commissione presenta un ulteriore scenario di “Politiche estese”
(Tab.16) che integra quanto contenuto nel precedente con:
- una forte diffusione dei carburanti alternativi al petrolio (biocarburanti, metano,
idrogeno, etc), che arrivano a coprire dopo il 2020 il 20% della domanda; tale ipotesi
include una penetrazione dei biocarburanti nei consumi complessivi di combustibile
39 Nel 2010, ad esempio, il prezzo del petrolio è oscillato fra 70 e 80 euro. 40 Considerando il valore effettivo del 2005 e non quello ipotizzato, altrimenti la crescita sarebbe quasi del 10%. Si è inoltre escluso dal calcolo il trasporto aereo in quanto ricompreso nel sistema EU-ETS.
43
dell’8% nel 2010 e dell’11% nel 2020, e un ruolo dell’idrogeno pari al 4,5% della
domanda finale nel 2020.
- una piena applicazione della direttiva (2003/96) sulla tassazione dei prodotti
energetici.
Lo scenario di “politiche estese” si basa su un ulteriore miglioramento dell’efficienza
energetica delle singole modalità, stimolato dalla tassazione, e, soprattutto, da una forte
penetrazione delle energie alternative, che contribuiscono a ridurre il consumo di prodotti
petroliferi41 e, conseguentemente, l’intensità di carbonio del settore. I risultati previsti al 2020
sotto queste condizioni sono sostanzialmente in linea con gli obiettivi strategici della politica
energetica e ambientale dell’Unione.
Tabella 15. Dinamiche previste nel settore dei trasporti fra il 2000 ed il 2020 (UE-25)
2000=100 PIL Pax-km Ton-km Emissioni CO2 2005 2010 2020 2005 2010 2020 2005 2010 2020 2005 2010 2020
Baseline 113,1 127,9 161,8 107,7 116,5 136 111,7 125,2 155,5 109,1 114,8 125,3 Promozione del ferro 113,1 127,9 161,8 107,7 116,5 136 111,7 125,2 155,5 110 120,1 Promozione del ferro e incremento dei fattori di carico
113,1 127,9 161,8 107,7 116,5 136 111,7 125,2 155,5 99,5 110,2
Trend effettivo
109,3 113 106 109,5 113,5 110,3 105,8 102,6
(dato 2009)
41 Nello scenario di politiche estese il consumo complessivo di combustibili liquidi si riduce del 27,3%, in gran parte grazie alla riduzione ottenuta nel settore dei trasporti.
BASELINE 1990 2000 2010 2020 2030
Totale trasporto passeggeri (Gp-km) di cui autobus auto e moto ferro aereo navigazione
Totale trasporto merci (Gt-km) di cui strada ferrovia vie navigabili + condotte
Domanda finale d’energia (Mtep) Emissioni di CO2 (Mton)
4.683,8
10,3% 76,7% 8,7% 3,6% 0,6%
1.762,6
60,4% 25%
14,6%
273,7
794,6
5.519,7
8,9% 77,8% 7,3% 5,4% 0,6%
2.147,6
69,0% 17,1% 13,8%
332
967,5
6.432,8
7,8% 78,1 6,4% 7,0% 0,6%
2.689,8
73,1% 14,1% 12,8%
387,2
1.110,5
7.509,1
7,1% 77,1% 6,4% 8,8% 0,6%
3.339
75,4% 12,6% 12,0%
427
1.212,7
8.538,9
6,5% 75,8% 6,3%
10,7% 0,6%
4.042,8
77,5% 11,2% 11,3%
448,7
1.257,6
PROMOZIONE FERRO E INCREMENTO FATTORI DI CARICO Totale trasporto passeggeri (Gp-km)
di cui autobus auto e moto ferro aereo navigazione
Totale trasporto merci (Gt-km)
di cui strada ferrovia
4.683,8
10,3% 76,7% 8,7% 3,6% 0,6%
1.762,6
60,4% 25%
5.519,7
8,9% 77,8% 7,3% 5,4% 0,6%
2.147,6
69,0% 17,1%
6.427,7
8,7% 76,6% 7,8% 6,3% 0,6%
2.688,8
68,8% 17,3%
7.504
7,9% 75,8% 7,7% 7,9% 0,6%
3.339
71,3% 15,6%
8.536
7,3% 74,7% 7,7% 9,7% 0,6%
4.042,8
73,6% 14%
44
Fonte: elaborazioni su European Commission (2004) e European Commission (2012).
Lo scenario di “politiche estese”, per quanto ancor più distante dai trend attuali rispetto al
precedente, risulta utile per evidenziare due principali aspetti. Il primo riguarda il fatto che
solo un insieme complesso e assai ambizioso di interventi può portare al raggiungimento degli
obiettivi strategici di medio periodo. Il secondo, collegato al primo, fa riferimento
all’opportunità/necessità di prendere in considerazione all’interno di tale quadro anche la
variabile “domanda di mobilità”, visto che l’intervento su di essa permetterebbe di fare ipotesi
meno spinte sulle altre componenti42 e di avere, con ogni probabilità, costi complessivi
d’intervento minori.
Tabella 16. Scenari sui trasporti a confronto (UE-25, 2000-30)
2000 2010 2020 2030 “Promozione del ferro e incremento dei fattori di carico”
- consumi finali di energia (Mtep)
- emissioni di CO2 (Mton)
332
969
337 (-13,0%)
962 (-13,4%)
377 (-11,7%)
1.066 (-12,1%)
410 (-8,7%) 1.144
(-9,0%) “Politiche estese”
- consumi finali di energia (Mtep) - emissioni di CO2 (Mton)
332
969
319,6 (-17,5%)
860,9 (-22,5%)
335 (-21,5%)
840,4 (-30,7%)
353,9 (-21,1%)
871,8 (-30,7%)
* Tra parentesi la differenza percentuale rispetto alla baseline.
Fonte: elaborazioni su European Commission (2004).
La revisione delle Baseline del 200743
La Commissione Europea ha aggiornato nel 2007 lo scenario di baseline al fine di tener conto
dell’entrata di due nuovi Stati membri e delle evoluzioni intercorse rispetto alla valutazione
precedente. In particolare, vengono riviste al ribasso le stime riguardanti la crescita del PIL, e
42 Il riferimento va ad esempio al tema dei biocombustibili che è oggetto di crescenti tensioni e posizioni contrastanti. L’Agenzia Europea per l’ambiente ha ad esempio una posizione critica riguardo al target del 10% al 2020 (EEA, 2006a). 43 Scenario contenuto in European Commission (2008b) e prodotto sulla base del modello PRIMES.
vie navigabili + condotte Domanda finale d’energia (Mtep) Emissioni di CO2 (Mton)
14,6%
273,7
794,6
13,8%
332
967,5
13,9%
336,9
962,1
13,1%
377
1.065,9
12,4%
409,9
1.144,4
45
sensibilmente al rialzo quelle riguardanti i prezzi dei combustibili fossili: per il petrolio, ad
esempio, è assunto come riferimento un prezzo di 55$/b44 al 2005, in crescita fino a 62$/b al
2020 (a prezzi costanti 2005), ovvero un valore più che doppio rispetto a quello contenuto
nello scenario di baseline del 2004 e comunque inferiore a quanto effettivamente registrato.
Come nell’esercizio del 2004, la simulazione è costruita ipotizzando l’introduzione e
applicazione di tutte le misure già stabilite e un fisiologico processo di miglioramento
tecnologico sulla base di quanto sperimentato in passato. In particolare, per quanto riguarda i
trasporti si ipotizza:
- una penetrazione dei biocarburanti vicina ai target previsti dalla direttiva 2003/96;
- l’inclusione dell’accordo volontario sulle auto, tenendo conto della sua evoluzione;
- l’applicazione delle aliquote minime previste dalla direttiva sulla tassazione dei
prodotti energetici.
L’ipotesi di base riguardante l’attività di trasporto prevede una parziale e crescente
dissociazione dei volumi rispetto al PIL (Fig. 25). Quest’ultimo è infatti previsto aumentare
con una media annua del 2,2% tra il 2000 e il 2010 e del 2,4% nel decennio successivo,
contro l’1,5% delle domanda di trasporto passeggeri (su tutto il periodo) e il 2,4% (tra il 2000
e il 2010) e l’1,8% (tra il 2010 e il 2020) del trasporto merci. Ciò equivale ad una elasticità
dei p-km rispetto al reddito costante attorno allo 0,65 ed una per le t-km che si riduce prima a
0,92 tra il 2005 e il 2010 e poi allo 0,72 tra il 2010 e il 202045. L’ipotesi implica un
significativo effetto di saturazione rispetto a quanto sperimentato nel periodo pre-crisi, visto
che il valore dell’elasticità nell’UE-27 è risultato per il trasporto passeggeri pari 0,9 tra il
1990 e il 2000 e a 0,78 tra il 2000 e il 2005, mentre per il trasporto merci pari a 0,73 tra il
1990 e il 2000 e a 1,43 tra il 2000 e il 2005.
Dal punto di vista delle quote modali, lo scenario ipotizza, rispetto alla versione 2004, una
maggiore contrazione delle modalità su strada sia per i passeggeri che per le merci (Tab.17),
compensata da una migliore performance delle ferrovie per entrambi i segmenti e da una
maggiore crescita del trasporto aereo nel segmento passeggeri. Rimane confermata la
predominanza delle modalità considerate meno efficienti (auto e aereo) con una quota sul
totale al 2020 del 85% nel settore passeggeri e del 75% in quello merci.
Interessante è notare come la parziale saturazione prevista per il settore auto, con una crescita
del 24% dei p-km (1,5% medio annuo) tra il 2005-20, abbia luogo nonostante si preveda una
44 Nella simulazione si ipotizza inoltre 1€ = 1,25$. 45 Il valore del trasporto passeggeri rivede al rialzo quanto previsto nell’analisi 2004, mentre per le merci si prevede un lieve rialzo tra il 2005 e il 2010 e una forte riduzione nel decennio 2010-20. Questa seconda appare l’ipotesi più “forte” tra quelle adottate.
46
dinamica ben superiore delle vendite di auto, che porta l’indice di motorizzazione da 460
auto/1000ab del 2005 a 610 del 2020 (+32,6%). In altri termini, una ipotesi di dissociazione
(parziale) basata sul minor uso e non sulla minore proprietà, che dovrà trovare conferma nella
realtà dei fatti.
Figura 25. Crescita dell’attività di trasporto e dinamiche reddituali (UE-27, 1990-2030)
Fonte: European Commission (2008b)
Tabella 17. Volumi di traffico e quote modali nel settore dei trasporti (UE-27)
2005 2010 2020 Passeggeri Gpkm % Gpkm % Gpkm %
Autobus 529 8,5% 540,40 8,0% 580,2 7,3%
Auto e moto 4.714,4 75,5% 5.115,00 75,4% 5.849,3 74,1%
Ferro 446,8 7,2% 468,20 6,9% 556,2 7,0%
Aereo 506,3 8,1% 610,90 9,0% 860,1 10,9%
Vie navigabili 48,9 0,8% 49,40 0,7% 51,4 0,7%
TOTALE 6.245,4 100,0% 6.783,80 100,0% 7.897,1 100,0%
Merci
Strada 1.790 72,6% 2.048,3 74,0% 2.485,6 74,8%
Ferrovia 393,9 16,0% 427,2 15,4% 504,6 15,2%
Vie navigabili 280,1 11,4% 294,2 10,6% 331,3 10,0%
TOTALE 2.463,9 100% 2.769,7 100% 3.321,5 100% Fonte: elaborazioni su European Commission (2008b).
I consumi energetici totali del settore dei trasporti sono previsti crescere di circa il 21% nel
periodo 2005-20 (Tab. 18), portando la quota sul totale della domanda finale a poco meno di
un terzo; il settore risulta responsabile nel medesimo arco di tempo di circa il 42% della
crescita della domanda finale complessiva. Viene comunque ipotizzato un progressivo
rallentamento del processo, con un tasso medio di crescita annua del 1,4% nel periodo 2000-
10, che cala all’1,2% nel decennio successivo, per poi ridursi drasticamente (0,5% annuo) tra
il 2020 e il 2030 per effetto della saturazione della domanda e del progresso tecnologico.
47
I mezzi privati del comparto passeggeri (auto+moto) mantengono il primato del settore con
una quota sul totale dei consumi del 44% al 2020, in calo rispetto al 48,6% del 2005; le
principali prospettive di crescita sono previste per i consumi dei mezzi pesanti (+30%) e del
settore aereo che arriva a quasi raddoppiare la propria domanda finale in solo 15 anni; in calo
viceversa i consumi legati alle ferrovie e al trasporto pubblico su strada.
Dal punto di vista dell’intensità energetica – intesa come consumo per unità di trasporto – si
prevede una riduzione media dell’1,1% annuo tra il 2005 e il 2020, come effetto di un
miglioramento dell’1,18% per il comparto passeggeri e dello 0,87% per quello merci: si tratta,
nel complesso della domanda finale, del settore per cui sono previsti i miglioramenti più
contenuti. Ciò è in parte giustificato da una minore penetrazione del progresso tecnologico,
ma anche dal fatto che la scarsa efficienza nell’uso dei mezzi (fattori di carico) porta a
vanificare, almeno in parte, i risultati ottenuti in termini di minori consumi per singolo km
percorso. Nel settore delle auto, ad esempio, lo scenario di baseline è costruito ipotizzando
una riduzione dei tassi di occupazione medi da 2,41 nel 2005 a 2,17 nel 2030.
Tabella 18. Consumi energetici finali totali e per modalità (UE-27, 2005-20)
2005 2010 2020 2020/2005 (%)
ktep % ktep % ktep % %
Autobus 4.316 1,2% 4.256 1,1% 4.385 1,0% 1,5%
Auto e moto 175.721 48,6% 183.393 46,9% 193.342 44,1% 10,0%
Mezzi pesanti 116.963 32,3% 129.609 33,2% 151.841 34,6% 29,8%
Ferro 9.605 2,7% 9.849 2,5% 9.688 2,2% 0,9%
Aereo 49.744 13,8% 58.234 14,9% 73.432 16,7% 47,6%
Navigazione interna 5.356 1,5% 5.574 1,4% 6.003 1,4% 12,1%
Totale Trasporti (ktep) 361.705 390.915 438.642 21,2%
Totale consumi finali (ktep) 1.166.880 1.237.040 1.347.807 15,5% % Trasporti 31% 31,6 32,5
Fonte: elaborazioni su European Commission (2008b).
Rimane l’osservazione di fondo per cui il miglioramento tecnologico e la maggiore efficienza
energetica dei mezzi non sono in grado di compensare in nessuna delle modalità l’aumento
dei volumi di domanda. Ancora esemplificativo appare il caso delle auto private per cui la
prevista riduzione dei consumi unitari medi da 10,3l/100km del 2005 a 8,67l/100km del 2020
non impedisce una crescita della domanda finale complessiva di circa il 10% nel medesimo
periodo.
L’effetto complessivo delle dinamiche settoriali porta infine a prevedere per i trasporti una
crescita delle emissioni di CO2 del 15,4% tra il 2005 e il 2020, con un tasso medio annuo
48
dell’1% ed un’elasticità rispetto al reddito attorno a 0,36 (in leggero calo nel periodo). La
quota delle emissioni dei trasporti sul totale continua a crescere fino a raggiungere il 28,5%
nel 2020: nel periodo 2005-20 i trasporti risultano responsabili di circa il 53% del totale della
crescita delle emissioni nell’UE-27.
In conclusione, nonostante l’inclusione di ipotesi aggiuntive e più favorevoli rispetto alla
simulazione del 2004 dal punto di vista dell’evoluzione delle dinamiche energetico-ambientali
(crescita del PIL più moderata, prezzi energetici più che doppi, alcune politiche d’intervento
aggiuntive), le proiezioni aggiornate al 2007 confermano in larga parte quanto già riscontrato
nei precedenti esercizi, sia dal punto di vista della centralità del settore all’interno delle
dinamiche energetico-ambientali, sia dal punto di vista delle esigenze d’intervento.
Nonostante, infatti, l’adozione di ipotesi non certo pessimistiche (parziale saturazione della
domanda, in particolare quella di merci, parziale dissociazione tra uso e proprietà dell’auto,
penetrazione dei biocarburanti al 7,4% al 2020), permane uno scenario di crescita del 15%
delle emissioni tra il 2005 e il 2020, che pone l’esigenza di intervenire, come già richiamato
dall’opzione di “politiche estese” considerata nel paragrafo precedente, con un ampio set di
misure per il raggiungimento degli obiettivi settoriali.
Lo scenario EEA 2008
Lo scenario definito dall’Agenzia Europea per l’ambiente nel 2008 (EEA, 2008a) parte dalla
considerazione che il quadro di interventi ipotizzati dal Libro Bianco del 2001 si è dimostrato
insufficiente per raggiungere i target previsti e ipotizza un nuovo set di misure finalizzate a
coprire il gap. Lo scenario (Tab.19) si basa su di una previsione di crescita delle emissioni di
gas serra dei trasporti ricomprese nel trattato di Kyoto (escludendo il trasporto aereo e quello
marittimo) fino a 1090 Mteq CO2 nel 2020, a cui corrisponde una target di riduzione attorno
ai 270 Mteq. CO2 al fine di raggiungere l’obiettivo del pacchetto clima (-10% rispetto al
2005).
Rispetto al quadro delle misure già concordate o in fase di negoziazione, l’analisi valuta che
un ulteriore avanzamento nella tecnologia delle auto nuove messe in commercio verso i 120g
CO2/km, come previsto dalle più recenti disposizioni europee dal 2012-14, dovrebbe
consentire una diminuzione aggiuntiva di circa 40Mteq CO2 rispetto allo scenario tendenziale,
avvicinando quindi il valore del 2020 al target previsto dal pacchetto clima. In altri termini,
l’effettiva implementazione delle previste misure riguardanti la componente tecnologica di
49
mezzi e carburanti sembra rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi strategici
unilaterali adottati in sede comunitaria. Ad integrazione di tale conclusione, sostanzialmente
ottimistica, emergono però due importanti elementi aggiuntivi.
Tabella 19. Emissioni di gas serra nei trasporti (escluso settore aereo e trasporti marittimi)
Proiezione al 2020 1091 Mteq CO2 Assumendo una crescita media annua dell’1,5% del volume complessivo dei trasporti*
Misure già concordate o in fase di negoziazione
Misure sui combustibili - 95 Mteq CO2 - revisione della direttiva sui combustibili 98/70/EC** - target 10% sui biocombustibili
Legislazione sulle auto - 125 Mteq CO2 Ipotizzando il rispetto del target di 130g di CO2/km dal 2012
e un tasso di rimpiazzo come quello attuale Misure ulteriori necessarie per il raggiungimento dei target futuri
- 50 Mteq CO2 Riduzione necessaria per raggiungere l’obiettivo settoriale
del –10% rispetto al 2005 entro il 2020 previsto dal pacchetto clima
- 105 Mteq CO2 Riduzione necessaria per raggiungere l’obiettivo del –
25/30% di emissioni serra complessive rispetto al 2005 entro il 2020, previsto come target minimo dalla Bali roadmap
- 165 Mteq CO2 Riduzione necessaria per raggiungere l’obiettivo del –
35/40% di emissioni serra rispetto al 2005 entro il 2020, previsto come target massimo dalla Bali roadmap
* Valore da considerarsi come soglia minima visto che corrisponde all’ipotesi di crescita riguardante il trasporto passeggeri ed è ben al di sotto di quella inerente le merci (cfr. paragrafo precedente)
** L’accordo, raggiunto nell’ambito del pacchetto clima del dicembre 2008, fissa un target obbligatorio di riduzione del 6% entro il 2020 delle emissioni derivanti dall’intero ciclo di vita dei combustibili, lasciando aperta la possibilità di fissare un valore più ambizioso (10%) nella prevista revisione del 2012.
Fonte: elaborazioni su EEA (2008a)
Il primo riguarda l’effettiva tempistica di adozione di tali sviluppi, visto che sia il target sui
biocombustibili, sia quello sull’eco-efficienza delle auto sono da verificarsi nel concreto e ciò
può far sì che i risultati entro il 2020 siano ben al di sotto di quelli ipotizzati. Il secondo
riguarda la valutazione che, pur considerando realizzabili i previsti progressi tecnologici in
tempi utili, qualsiasi obiettivo ulteriore di riduzione delle emissioni deve necessariamente
passare per un’inversione di tendenza dell’evoluzione della domanda di trasporto. Più nello
specifico, si stima che il raggiungimento dei target della Bali roadmap sia possibile solamente
limitando la crescita complessiva della domanda al 4% (target minimo) o riducendola del 2%
(target massimo). L’idea di fondo è che le misure previste esauriscano, per lo meno sino al
202046, i margini di manovra sul versante dell’efficienza e richiedano che una maggiore
46 Si ritiene ad esempio che il ruolo dell’alimentazione ad idrogeno non possa giocare un ruolo significativo entro tale data, mentre possa divenire maggiormente rilevante in seguito; tale ipotesi è peraltro confermata da quanto contenuto in altre analisi (cfr. ad esempio ENEA, 2008; e Casamassima, 2008; ove si riporta che l’ingresso della tecnologia a celle combustibili nel mercato dei trasporti possa avvenire non prima del decennio 2020-30). Ciò è in chiaro contrasto con quanto visto in precedenza nello scenario “politiche estese” ove si prevedeva già al 2020 una copertura della domanda finale di circa il 4,5% da parte di tale fonte.
50
attenzione sia rivolta al versante della gestione della domanda. Più in generale, tenendo conto
anche degli altri elementi di pressione generati dalle dinamiche settoriali, viene richiamata
con forza l’idea per cui in assenza di tale cambio di prospettiva non sia possibile
l’affermazione di un sistema di trasporti realmente sostenibile (EEA, 2008a).
Scenario del progetto HOP (High Oil Price)
L’analisi è finalizzata ad evidenziare i possibili impatti sulle dinamiche settoriali derivanti da
scenari dei prezzi energetici sensibilmente più elevati di quelli contenuti nelle simulazioni
precedenti (Casamassima, 2008). Mentre infatti si ritiene comunemente che l’elasticità della
domanda di trasporto sia bassa e che i consumatori reagiscano in misura ridotta ai
differenziali di prezzo47, il raggiungimento di valori particolarmente alti può portare a
modificare tale evidenza, determinando effetti più significativi. Si ipotizzano diversi scenari
futuri, di cui solo alcuni presi qui in considerazione (Tab.20).
Tabella 20. Gli scenari del progetto HOP
Prezzo del petrolio* Tassazione dell’energia Sentiero di crescita
Ref 70 Prezzo del petrolio a 70 €/b nel 2020 fino a raggiungere i 140 nel 2050 Come previsto dalla direttiva UE Aumento progressivo
150 smooth Prezzo che raggiunge i 150€/b nel 2020 Come previsto dalla direttiva UE Aumento progressivo
220 smooth Prezzo che raggiunge i 220€/b nel 2020 Come previsto dalla direttiva UE Aumento progressivo * tutti a prezzi costanti 2000.
Fonte: Casamassima (2008).
I risultati ottenuti dalle simulazioni evidenziano una certa sensibilità della domanda di
trasporto rispetto al prezzo (Tab.21). Il traffico passeggeri vede contenuta la crescita entro il
2020 al 15% con l’ipotesi di prezzo del petrolio a 70€/b e allo 0,2% con un prezzo a 150€/b.
Alcuni effetti si hanno anche sulle quote modali: la percentuale dell’auto, pur rimanendo
nettamente prevalente, si ridimensiona parzialmente attorno al 70%, e si manifesta un effetto
47 E’ realistico (Sterner, 2012, OECD, 2006) collocare l’elasticità della domanda di combustibile tra –0,35 (breve periodo) e –0,8 (lungo periodo); mentre quella dei v-km percorsi tra –0,1 (breve) e –0,3 (lungo). Il differenziale tra combustibile e mobilità si spiega con la modificazione delle scelte dei consumatori che, di fronte ad un incremento del prezzo del combustibile, possono continuare ad effettuare spostamenti, optando per mezzi più efficienti.
51
marcato sul trasporto aereo che vede la sua crescita ridimensionata ad una quota modale
dell’8,5% nell’ipotesi ref70 e del 7% in quella 150smooth.
L’impatto è ritenuto essere minore sul traffico merci, ove l’aumento dei prezzi del carburante
induce soltanto una parziale riduzione del tasso di crescita, che comunque si mantiene al di
sopra del 30% anche con un’ipotesi di prezzo del petrolio a 220 €/b.
Tabella 21. Variazione % dei p-km e dei v-km (UE-27)
P-km Ton-km Variazione % 2020/2005 Variazione % 2020/2005
Trends to 2030* 26,50% 34,80%**
Ref 70 15% 49,60%
150 smooth 0,20% 36,60%
220 smooth -3,10% 35,80% *Si riportano qui i valori contenuti dalle previsioni della Commissione Europea del 2007, ottenuti con un modello diverso e con
un prezzo del petrolio al 2020 di 62$/b (prezzi costanti 2005).
** Tale valore risulta del tutto anomalo rispetto a quelli seguenti a causa dell’ipotesi di significativa saturazione che lo scenario della Commissione assume dal 2010 al 2020. Un’ipotesi non ritenuta verosimile nell’analisi qui riportata.
La crescita dei prezzi petroliferi stimola una maggiore penetrazione dei bio-carburanti, anche
se gli effetti maggiori vengono ipotizzati per il decennio 2020-30. Fino al 2020 la quota non
supera il 6%, pur con il prezzo del petrolio a 150€/b. Ciò pare confermare quanto già
osservato nello scenario dell’EEA, ovvero che la possibilità di risolvere i problemi
energetico-ambientali entro il 2020 con l’incremento dell’efficienza di mezzi e combustibili
può incontrare seri vincoli sia di natura tecnica che in termini di onerosità delle opzioni
disponibili. Nel caso dei biocarburanti, variabili cruciali per raggiungere i livelli di domanda
previsti in ambito UE risultano sia l’effettiva messa in opera degli investimenti nella
produzione, sia il differenziale di prezzo rispetto ai combustibili tradizionali, sia una più
chiara risoluzione (anche in chiave internazionale) dei problemi relativi alla loro effettiva
sostenibilità (Box 5).
Box 5. Potenzialità e criticità della diffusione dei biocarburanti
I più importanti biocarburanti attualmente commercializzati sul mercato risultano: l’etanolo, prodotto da fermentazione di zuccheri derivati da mais, canne da zucchero e barbabietole, e successiva distillazione; il biodiesel, prodotto a partire da oli vegetali (più comunemente di colza, girasole e soia); ed il biogas, derivato dalla digestione anaerobica di scarti di materiali vegetali.
Dal punto di vista energetico, è comunemente verificato il beneficio ambientale derivante dall’uso dei biocarburanti rispetto alla benzina e al diesel, seppure con differenziali anche significativi tra le diverse opzioni in termini di materia prima utilizzata e di processo di produzione (ENEA, 2008). In generale, tali valutazioni portano ad evidenziare la superiorità del biodiesel rispetto al bioetanolo da grano e barbabietola; fa eccezione il bioetanolo ottenuto da scarti cellulosici che può portare a riduzioni di CO2 per v-km sino al 75-100% (ENEA,
52
2008; Casamassima, 2008). Si tratta, in quest’ultimo caso, dei cosiddetti biocarburanti di seconda generazione, per ora non disponibili in maniera diffusa sul mercato: in un recente rapporto del Ministero dell’Ambiente italiano (MATTM, 2009) si sottolinea ad esempio come questi ultimi dovrebbero progressivamente divenire commercialmente redditizi, ma ancora al 2030 forniranno solo un piccolo contributo al consumo totale di biocarburanti.
Dal punto di vista economico, diverse analisi ipotizzano che i costi di abbattimento per unità di CO2 derivanti dall’utilizzo dei biocarburanti sarebbero elevati e superiori a molte delle alternative disponibili (ECMT, 2007). Anche da questo punto di vista lo sviluppo delle generazioni più avanzate può portare a notevoli progressi, ma numerose incertezze rimangono sulla tempistica di sviluppo.
In termini di sostenibilità, le riserve principali riguardano gli impatti ambientali associati alla loro produzione (consumo di risorse idriche, rilascio di input chimici, perdita di biodiversità) e quelle relative alla competitività con altri utilizzi del terreno, come la produzione alimentare (sia umana che animale) o le aree naturali protette (EEA, 2011). L’ENEA stima ad esempio (ENEA, 2008) che sarebbe necessario, in assenza di importazioni, circa 1/5 della superficie agricola utilizzata in Italia per produrre le colture energetiche occorrenti per rispettare i target europei previsti per il 2010; tale quota salirebbe al 35% se si considerasse il target del 10% al 2020.
L’insieme di queste considerazioni non porta a negare l’importanza della diffusione dei biocombustibili, quanto piuttosto a sottolineare come il loro contributo nel breve-medio periodo possa risultare inferiore a quello auspicato, soprattutto se si tiene conto dei crescenti requisiti di sostenibilità che verranno richiesti e dei costi che ciò potrà implicare. Parallelamente, emerge una indicazione forte a favore del sostegno finanziario e in termini di ricerca delle soluzione maggiormente avanzate che possono adeguatamente coniugare migliori performance energetico-ambientali-sociali e costi di produzione contenuti.
Dal punto di vista delle emissioni di CO2, si ottiene che la riduzione della domanda di
trasporto insieme agli effetti sul parco circolante e sui combustibili portano ad un significativa
modificazione degli scenari tendenziali. Con un prezzo del petrolio di 70€ nel 2020 si ipotizza
infatti una riduzione delle emissioni dello 0,7% rispetto al 2005, riduzione che sale al 15%
nell’ipotesi di una crescita progressiva del prezzo a 150€.
Nel complesso, gli scenari contenuti nelle simulazioni HOP evidenziano chiaramente come un
più alto prezzo del petrolio possa rappresentare sul versante della domanda un importante
elemento di integrazione e supporto alle politiche sviluppate su quello dell’offerta al fine del
perseguimento degli obiettivi energetico-ambientali a livello comunitario. Già infatti con un
valore di riferimento attorno ai 70€/b emergono sostanziali differenze rispetto agli scenari
precedentemente considerati, ove si supponevano valori degli input energetici
significativamente inferiori.
A riguardo va osservato come l’affermarsi sul mercato europeo di un trend di prezzi elevati
degli input energetici possa essere verosimilmente l’effetto di una dinamica naturale a livello
mondiale, come anche di recente sperimentato, ma anche, almeno in parte, di una precisa
scelta delle autorità politiche che, attraverso la leva fiscale, possono garantire una soglia
minima di tali prezzi, al fine di stabilizzare le aspettative degli operatori e di rendere
strutturali i cambiamenti intrapresi.
53
Ovviamente, tale opzione presenta costi sociali, in termini di impatto sulle categorie più
deboli, e politici, in termini di accettabilità, che devono essere adeguatamente considerati e
che possono opportunamente essere affrontati attraverso un adeguato utilizzo delle entrate.
Il Libro Bianco del 2011
Il nuovo Libro Bianco del 2011 (Commissione europea 2011 e European Commission, 2011a)
permette di valutare nuove ipotesi di scenari proiettati sul futuro, tenendo conto (almeno in
parte) delle dinamiche reddituali più recenti, di quanto sperimentato in termini di prezzi del
carburante e dei nuovi obiettivi di medio-lungo periodo nel campo energetico-ambientale
(2030-2050).
Lo Scenario di riferimento adottato dal Libro Bianco si basa sulla proiezione dei trend recenti
in assenza di nuove politiche oltre a quelle adottate sino al marzo 2010. Le principali
assunzioni alla base di tale scenario sono così riassumibili:
- il PIL è previsto crescere del 2,2% annuo medio tra il 2010 e il 2020 e dell’1,6% tra il
2020 e il 2050, con una flessione principalmente ricondotta all’invecchiamento
demografico e alla riduzione della forza lavoro attiva;
- il prezzo del petrolio è previsto crescere significativamente rispetto all’ipotesi di
riferimento adottata nel 2007, fino ad arrivare a 106$ nel 2030 e 127$ nel 2050 (a prezzi
costanti 2008).
- dal punto di vista tecnologico si ipotizza che i costi legati alle auto elettriche rimangano
elevati sino al 2050 (costi delle batterie in un range 560-780 €/kWh), mentre
significativi miglioramenti in termini di efficienza sono previsti per motori a benzina e
diesel.
Alla luce delle precedenti assunzioni vengono ottenuti i seguenti risultati:
- la domanda di trasporto passeggeri cresce del 51% tra il 2005 e il 2050, mentre quella
merci dell’82%;
- l’auto mantiene la predominanza nel trasporto passeggeri con una quota del 70% nel
2030 e del 67% nel 2050, comunque di circa 6 punti % inferiore al 2005; il trasporto
aereo sperimenta la performance più significativa, raggiungendo una quota modale del
15% nel 2050;
- la strada rimane predominante anche nel trasporto merci, con una quota nei trasporti
terrestri del 73% nel 2030, seguita dalla ferrovia (17%);
54
- i consumi finali di energia nel settore trasporti crescono del 5% fino al 2030 e di un
ulteriore 1% entro il 2050; in controtendenza il settore del trasporto passeggeri su strada
che sperimenta una contrazione dell’11% tra il 2005 e il 2030, principalmente dovuta
all’implementazione del regolamento sulle auto auto messe in commercio (Regolamento
443/2009).
- le rinnovabili arrivano a coprire il previsto 10% dei consumi settoriali nel 2020,
crescendo sino al 13% nel 2050; la penetrazione della trazione elettrica rimane limitata
in quanto poco competitiva in termini di costi;
- il consumi settoriali rimangono largamente dipendenti dai combustibili fossili: 90% nel
2030 e 89% nel 2050;
- le emissioni settoriali di CO2 nel 2030 sono più alte del 31% rispetto al 1990 e nel 2050
del 35%; rispetto al 2005 ciò corrisponde ad una riduzione di circa l’1% al 2030 e ad
una successiva sostanziale stabilizzazione sino al 2050; le emissioni settoriali arrivano a
pesare il 38% del totale nel 2030 e circa il 50% nel 2050.
- la decomposizione dell’evoluzione totale delle emissioni totali di CO2 (Fig. 26) mostra
la diversa incidenza delle tre principali componenti: l’evoluzione dei volumi, l’intensità
energetica, e l’intensità di emissione per unità di energia utilizzata;
Figura 26. Decomposizione delle emissioni di CO2 nello scenario di riferimento (2005-2050)
Fonte. European Commission, 2011a
55
Nel complesso si può osservare come l’aumento dei volumi tenda a portare ad un
incremento delle emissioni, mentre la riduzione dell’intensità di carbonio dell’energia e,
ancor più, il miglioramento dell’efficienza energetica dei mezzi siano previsti operare in
direzione opposta. Per il trasporto passeggeri, ad esempio, la riduzione complessiva
dell’8% delle emissioni al 2050 è riconducibile ad un incremento dei volumi (+47), più
che compensato dal miglioramento dell’intensità energetica (-46%) e dell’intensità delle
emissioni (-9%). Nel trasporto merci avviene l’opposto, con la crescita dell’attività
(+55%) a prevalere sui miglioramenti (rispettivamente – 28 e -9%).
- diverse forme di costi esterni causati dai trasporti sono previsti crescere: 20miliardi di
euro annui aggiuntivi legati all’inquinamento acustico, 60 miliardi legati agli incidenti
(+40% nelle aree urbane), 200 miliardi legati alla congestione (+50% al 2050 rispetto al
valore attuale); solo i costi esterni legati all’inquinamento atmosferico sono previsti
ridursi del 60%.
La conclusione formulata sulla base delle proiezioni del “Reference scenario” è che “It is
clear from the above that, factoring in all indicators, today’s unsustainable system of mobility
is not likely to become sustainable if present trends continue” (European Commission, 2011a
p. 19) e che “the efficiency of the EU transport system in the use of natural resources and its
ability to respond to the mobility needs and aspirations of people and businesses are not
satisfactory” (ibidem p. 26).
Rispetto a tale quadro evolutivo, ottenuto, come si è detto, in assenza di politiche aggiuntive
(OPZIONE 1), vengono ipotizzati tre scenari alternativi:
OPZIONE 2: basata sulla gestione della mobilità e una crescita della tassazione sui trasporti
(carburanti, possesso, auto aziendali, trasporti internazionali, etc.) al fine di raggiungere la
piena internalizzazione dei costi esterni e di andare oltre per il raggiungimento degli obiettivi
comunitari48. Si considera anche un notevole sforzo infrastrutturale nel completare la rete
ferroviaria comunitaria. La tecnologia dei veicoli si evolve sino al 2020 nel rispetto degli
standard previsti dal regolamento del 2009, e poi secondo un processo tecnologico autonomo,
ma meno spinto dalla regolazione pubblica.
OPZIONE 3: viene centrata in particolar modo sull’adozione di standard più restrittivi sui
veicoli e gli altri mezzi a partire dal 2030 in avanti, fissati in modo da raggiungere il target di
-60% delle emissioni di CO2 entro il 2050. Il ricorso alla tassazione è meno diffuso e
48 La componente CO2 della tassazione è calcolata endogenamente in modo da ottenere il target di riduzione del 60% delle emissioni entro il 2050 rispetto al 1990.
56
completo49. Meno rilevante è anche l’investimento infrastrutturale per il completamento della
rete su ferro di carattere transfrontaliero.
OPZIONE 4: rappresenta un soluzione intermedia, con vincoli tecnologici e livelli di
tassazione che si posizionano tra quelli delle due precedenti.
Tabella 22. Evoluzione dell’attività e degli effetti esterni dei trasporti nei diversi scenari d’intervento
OPZIONE 2 OPZIONE 3 OPZIONE 4
(in % rispetto al OPZIONE 1) 2020 2030 2050 2020 2030 2050 2020 2030 2050
Volumi trasporto passeggeri
Strada
Ferrovia
Aereo
-3%
-3%
9%
-12%
-9%
-12%
19%
-12%
-18%
-23%
35%
-22%
0
-1%
0
1%
0
0
0
3%
-2%
-2%
5%
-8%
-1%
-1%
8%
-11%
-2%
-3%
17%
-9%
-7%
-9%
27%
-17%
Volumi trasporto merci
Strada
Ferrovia
Vie navigabili
Navigazione marittima
-1%
-11%
9%
10%
1%
0
-27%
34%
20%
3%
1%
-42%
58%
35%
5%
0
-3%
2%
3%
1%
2%
-1%
3%
3%
3%
5%
2%
3%
1%
6%
0
-5%
7%
11%
1%
2%
-5%
15%
22%
3%
5%
-3%
18%
21%
6%
Emissioni CO2*
In % rispetto al 1990
-10%
18,7%
-22,6%
-1,9%
-68,6%
-60,9%
-5,7%
24,5%
-11,5%
12,2%
-69,5%
-62,0%
-8,6%
20,7%
-15%
7,7%
-68,6%
-60,9
Costi esterni congestione -6% -16% -26% 0% 1% -3% -3% -4% -11%
Costi esterni inquinamento atmosferico -6% -23% -84% -2% -15% -79% -3% -18% -78%
Costi esterni rumore -6% -18% -46% -1% -4% -39% -2% -4% -32%
Costi esterni incidenti -4% -14% -27% -1% 0 -2% -2% -3% -9%
* Le emissioni includono i trasporti aerei ma non il trasporto marittimo internazionale (come nella definizione dei target della low carbon roadmap al 2050).
Fonte: elaborazioni su European Commission (2011a)
Il confronto tra gli effetti delle diverse opzioni permette di evidenziare alcuni importanti
aspetti. Per quanto, infatti, tutte e tre le alternative garantiscano il raggiungimento del target
esogeno di almeno il 60% di riduzione di emissioni nei trasporti rispetto al 1990, ciò avviene
con effetti e altre implicazioni assai diversificate.
49 Permangono ad esempio le distorsioni legate al trattamento privilegiato concesso a agli spostamenti su scala internazionale e alle auto aziendali.
57
L’attività di trasporto, come era logico attendersi, è infatti molto più contenuta nell’OPZIONE
2 (-18% al 2050 rispetto allo Scenario di riferimento per quanto riguarda il trasporto
passeggeri) e caratterizzata da una più marcata diversione modale verso le modalità a minore
impatto: nel trasporto merci, ad esempio, a parità di volumi complessivi rispetto
all’OPZIONE 1, il traffico su strada si riduce del 42% al 2050, mentre quello su ferrovia
aumenta del 58% e sulle vie navigabili del 35%50. Tali risultati sono generati, con ogni
evidenzia, dell’elevato livello di tassazione adottato e dagli sviluppi infrastrutturali previsti
che influenzano in maniera molto più marcata sia l’attività di trasporto sia il mix modale
rispetto all’alternativa 3 e, in parte, a quella 4.
Analogamente, la domanda di energia si riduce maggiormente nell’OPZIONE 2 rispetto alle
altre 2. Tale dinamica si traduce in un pressoché uguale riduzione dei consumi di combustibili
fossili, perché negli scenari 3 e 4 assume un ruolo molto più significativo l’elettrificazione dei
trasporti.
Il costo (privato) per unità di trasporto51 cresce in tutti gli scenari (Tab. 23), nonostante la
riduzione dell’onere del carburante per km-percorso. L’incremento è decisamente superiore
nell’OPZIONE 2: +23% per passeggero trasportato (+42 nelle merci) rispetto all’OPZIONE 1
a causa dei costi di sviluppo delle infrastrutture del trasporto alternativo alla strada e del
maggiore cuneo fiscale introdotto.
Tabella 23. Costi unitari privati di trasporto rispetto alla Baseline.
Fonte: European Commission (2011a)
50 Parimenti la strada perde 5 punti percentuali di share modale nel trasporto passeggeri al 2050 rispetto alla Baseline, mentre nell’OPZIONE 3 rimane stabile e nella 4 ne perde solo 2,5. 51 Il costo unitario dei trasporti include i costi del capitale, i costi di manutenzione, i costi del carburante e gli altri costi variabili (incluse le imposte e le tariffe).
58
L’evoluzione dei costi esterni diversi da quelli legati ai gas serra evidenzia una
differenziazione marcata tra gli scenari. In particolare, le forme di impatti legati in maniera
prevalente (rumore e incidenti) se non esclusiva (congestione) ai volumi di mobilità e alle
scelte modali vengono significativamente ridimensionati nello scenario 2, in maniera inferiore
nel 4 e quasi per nulla nel 3 (Tab. 22).
In termini di costo/efficacia (costo per unità di CO2 ridotta), l’OPZIONE 3 viene considerata
la migliore (Tab. 24), anche tendo conto degli altri benefici (co-benifit) associati alle diverse
soluzioni alternative (minore congestione, minore rumore etc.).
Tabella 24. Costi di mitigazione e analisi di costo/efficacia delle diverse opzioni
Fonte: European Commission (2011a)
In termini di incertezza, le problematiche maggiori riguardano l’OPZIONE 3 che “is highly
dependent on the successfull uptake on large scale of alternative fuels” (European
Commission, 2011a p.82) . Riguardo a tale ipotesi, si sottolinea come sia nel campo
dell’elettrificazione, sia in quello dei biocarburanti permangano incognite significative
riguardo all’evoluzione futura dei costi e alla sostenibilità/percorribilità dei modelli
produttivi.52 Se ne deriva l’idea per cui “Policy Option 2 is the option which is the least
exposed to technology risk, and hence can be considered more reliable in achieving the GHG
emission target” (ibidem).
52 “The potential GHG emissions reduction from the use of biofuels depends on the feedstock and their production methods. The use of biofuels in transport may also be constrained by total limits to land availability and by competing demand for biomass or for land and water from other sectors. Finally, ensuring that biofuels deliver GHG emissions reductions over the lifecycle of the fuel (taking into account the effect of direct and indirect land use changes) remains a challenge” (Euroepan Commission, 2011a p. 82).
59
Nel complesso, la valutazione d’impatto del Libro Bianco sottolinea la preferenza per
soluzioni che garantiscano un approccio equilibrato alle diverse problematiche 53 (la 4 e, in
sub-ordine la 2), e che non si affidino in maniera eccessiva sullo sviluppo futuro delle opzioni
tecnologiche, come avviene nel caso della 3.
Lo scenario di Baseline per l’Italia del 2007
Le previsioni della Commissione Europea aggiornate al 2007 (European Commission, 2008b)
permettono di definire il quadro degli scenari del contesto nazionale (Tab.25).
Dal punto di vista della domanda, viene ipotizzato un accentuato processo di saturazione che
porta la mobilità passeggeri a crescere in media dello 0,6% annuo e quella merci dell’1,3%,
contro rispettivamente il 3% e il 2,5% del decennio 1990-2000. Tali valori corrispondono per
il periodo 2005-20 a un’elasticità rispetto al reddito di 0,32 per i passeggeri e di 0,67 per le
merci: stime al di sotto di quanto ipotizzato per gli altri paesi dell’Eu-15, che riflettono in
parte la fase di rallentamento sperimentata in Italia nel quinquennio 2000-0554, ma che
implicano un radicale cambiamento rispetto a quanto sperimentato nel decennio precedente.
Le quote modali sperimentano, come già visto nel resto del sistema europeo, un tendenziale e
parziale declino dei mezzi privati nel trasporto passeggeri (da 79,3% a 77,2%), di fatto
compensato dalla crescita di due punti percentuali del trasporto aereo. La strada consolida
invece il proprio primato nel trasporto merci portando la propria quota all’83,1%. Rimane
ridotto e sostanzialmente stabile in entrambi i comparti il ruolo del ferro (5,1% nel trasporto
passeggeri e 7,6% in quello merci).
Le previsioni sui volumi di domanda e sulle quote modali portano ad una crescita dei consumi
energetici settoriali di circa il 21% nel periodo 2005-20, esattamente in linea con quanto
ipotizzato nello scenario per l’UE-27 e 2,5 punti percentuali in più di quanto ottenuto a livello
di UE-15. Tale evoluzione, alla luce della limitata crescita dell’attività di trasporto per l’Italia,
è il risultato di una dinamica sfavorevole degli indici di efficienza (per unità di trasporto) che
53 As regards GHG emissions, individual measures or policies that focus exclusively on either the technological or the organisational and regulatory aspects would come short of the target of setting the EU transport sector on a sustainable path and of reducing GHG emissions by close to 60% below 1990 levels by 2050. (Euroepan Commission, 2011a p. 38) 54 Periodo durante il quale la mobilità passeggeri ha subito una contrazione del 2%, mentre quella merci è cresciuta di circa l’11% (Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, 2008). I dati italiani dell’ultimo periodo sono in realtà caratterizzati non solo da tale marcata disparità tra il versante merci e quello passeggeri, ma anche da forti fluttuazioni annue (basti pensare che la mobilità passeggeri ha subito nel 2006 un balzo in avanti del 6,5% che ha praticamente compensato la stasi dei cinque anni precedenti), che rendono necessaria una loro valutazione su un arco di tempo più lungo per poterne derivare indicazioni realmente affidabili e rappresentative.
60
sono previsti peggiorare nel periodo considerato (del 7% per i passeggeri e del 5% per le
merci), a fronte invece di un miglioramento pressoché generalizzato negli altri paesi europei.
Tenendo conto della sostanziale stabilità delle quote modali, ciò è spiegabile con la previsione
di una decrescente efficienza delle diverse modalità sia in termini di fattori di carico, sia di
caratteristiche dei mezzi (in particolare con l’evoluzione verso auto di maggiore cilindrata),
sia, infine, di modalità di conduzione degli stessi (maggiore velocità, maggiore congestione):
un risultato che identifica con chiarezza una delle priorità d’intervento per il futuro. Nel
complesso, la quota dei trasporti sul totale della domanda energetica finale è stimata costante
tra il 2005 e il 2020, a poco meno di un terzo; il settore risulta responsabile nel medesimo
arco di tempo di circa il 31% della crescita della domanda finale complessiva.
Tabella 25. Lo scenario di baseline per l’Italia (2005-20)
2005 2010 2020 2020/2005 % GDP in .000 Mil. € 2005 1417,2 1541,5 1864,3 31,5%
Passeggeri Gpkm % Gpkm % Gpkm %
Autobus 101,3 10,3% 105,50 10,5% 110,4 10,2% 9,0%
Auto e moto 777,9 79,3% 788,80 78,6% 832,8 77,2% 7,1%
Ferro 52,3 5,3% 51,00 5,1% 54,9 5,1% 5,0%
Aereo 43,1 4,4% 52,10 5,2% 74,2 6,9% 72,2%
Navigazione interna 5,8 0,6% 5,90 0,6% 6 0,6% 3,4%
TOTALE 980 100,0% 1003,3 100,0% 1078,3 100,0% 10%
Merci Gtkm % Gtkm % Gtkm %
Strada 211,8 81,5% 233,8 82,8% 261,5 83,1% 23,5%
Ferrovia 20,1 7,7% 20,6 7,3% 23,9 7,6% 18,9%
Vie navigabili 28,1 10,8% 27,9 9,9% 29,2 9,3% 3,9%
TOTALE 260 100,0% 282,3 100,0% 314,6 100,0% 21,0%
Consumi energetici ktep % ktep % ktep %
Autobus 701 1,6% 746 1,6% 796 1,5% 13,6%
Auto e moto 24.557 56,3% 25.363 54,4% 27.530 52,3% 12,1%
Mezzi pesanti 13.327 30,6% 14.841 31,8% 17.060 32,4% 28,0%
Ferro 907 2,1% 906 1,9% 898 1,7% -1,0%
Aereo 3863 8,9% 4559 9,8% 6112 11,6% 58,2%
Navigazione interna 248 0,6% 247 0,5% 252 0,5% 1,6%
TOTALE TRASPORTI 43.604 100% 46.662 100% 52.649 100% 20,7%
TOTALE CONSUMI FINALI 134.080 145.970 162.631
TRASPORTI/TOTALE 32,5% 32% 32,4%
Emissioni CO2 Mteq Mteq Mteq
Trasporti 126,8 131,9 144,9 14,3%
TOTALE ITALIA 451 469,1 518,5 15,0%
Trasporti/totale 28,1% 28,1% 27,9% Fonte: Elaborazioni su European Commission (2008b).
61
L’effetto delle descritte dinamiche settoriali porta infine a prevedere una crescita delle
emissioni di CO2 settoriali del 14,3% tra il 2005 e il 2020, con un tasso medio annuo dello
0,9% ed un’elasticità rispetto al reddito di 0,45. Anche questa previsione identifica una
criticità della realtà nazionale, poiché l’evoluzione stimata avvicina l’Italia più alle dinamiche
dei nuovi paesi membri che a quelle dell’UE-15, ove l’elasticità è prevista essere intorno a
0,3. Ne deriva che, facendo riferimento ai soli paesi UE-15, l’Italia sperimenta un incremento
superiore delle emissioni (14,3% contro poco più dell’11% medio nell’UE-15) nonostante i
tassi attesi di crescita del PIL e della domanda complessiva di mobilità siano inferiori alla
media.
La valutazione complessiva conferma, in maniera amplificata, quanto già visto per il contesto
europeo. Per quanto infatti ci si basi su presunzioni favorevoli su alcune grandezze future
(crescita moderata del PIL, accentuata saturazione dei volumi di trasporto, penetrazione dei
biocarburanti al 7,3% nel 2020 contro un valore solo dello 0,4 nel 2005), il disaccoppiamento
tra emissioni e dinamiche reddituali è debole e assolutamente insufficiente, identificando con
forza l’esigenza di interventi correttivi ad ampio spettro.
Il piano d’azione italiano per l’efficienza energetica 2007
Il Piano d’azione, presentato a settembre 2007 e rivisto nel 2011, descrive gli orientamenti e
le previsioni del Governo al fine di perseguire gli obiettivi contenuti nella direttiva europea
2006/32/CE concernente l’efficienza energetica degli usi finali. Il target minimo prefissato è
un risparmio energetico del 9% entro il 2016 rispetto alla media dei consumi finali registrati
nei precedenti cinque anni (Tab. 26). Tale requisito si traduce in un obiettivo di risparmio
complessivo di circa 10,2 Mtep. Se i trasporti fossero chiamati a contribuire in termini
proporzionali alla propria quota sui consumi finali, entro il 2016 dovrebbero essere realizzati
risparmi pari a circa 4 Mtep. In merito alle le dinamiche settoriali, lo scenario inerziale
prevede una crescita dei consumi relativi ai trasporti, fino a 51 Mtep nel 2014 a 55 Mtep nel
2020, superiore a quanto ipotizzato nella Baseline 2007 della Commissione.
Tabella 26. Obiettivi di risparmio nel Piano d’azione Media consumi energetici totali ultimi cinque anni* 1.316.261 GWh (113,3 Mtep)
Target di risparmio energetico totale del 9% nel 2016 118.464 GWh (10,2 Mtep)
Media consumi energetici nei trasporti ultimi cinque anni 506.137 GWh (43,5 Mtep)
62
Target teorico** di risparmio energetico nei trasporti del 9% nel 2016 45.552 GWh (3,9 Mtep)
* Esclusi i consumi di attività rientranti nella Direttiva Emission Trading
**Calcolato ipotizzando che i trasporti contribuiscano in maniera proporzionale alla propria quota sui consumi finali.
Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico (2007)
Rispetto a tale quadro, il Piano identifica una serie di misure in grado di perseguire, almeno
nelle previsioni, il raggiungimento di un miglioramento del 9,6% al 2016 (Tab. 27).
Per quanto riguarda i trasporti, risulta evidente dai contenuti della tabella l’approccio
minimale adottato, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Il settore, infatti,
contribuisce solamente con un risparmio previsto inferiore ai 2 Mtep al target complessivo,
praticamente la metà di quanto ipotizzabile in base al proprio peso sulla domanda finale di
energia nelle attività non coperte dall’emission trading scheme (ETS). Sono i maggiori
risparmi in altri settori a compensare tale minore sforzo settoriale: una circostanza che non
trova giustificazioni esplicite in termini di maggiori costi marginali di riduzione dei consumi.
Da un punto di vista qualitativo, a fronte di una gamma abbastanza articolata di interventi
negli usi finali del settore residenziale e terziario, l’unica misura esplicitamente prevista per i
trasporti è costituita dall’introduzione obbligatoria a partire dal 2009 del limite di 140
gCO2/km per il nuovo parco circolante: misura che riprende in maniera vincolante quanto già
previsto per il medesimo anno dall’accordo volontario con le case costruttrici e che risulta già
superata da quanto stabilito dalla Commissione dal 2012 in avanti.
Emerge quindi in modo chiaro come, anche alla luce dei più ambiziosi obiettivi di risparmio
previsti nell’ambito del pacchetto clima del 2008, siano da ipotizzare più estese e articolate
misure d’intervento per garantire una radicale inversione di tendenza rispetto alle dinamiche
settoriali sinora sperimentate.
Il Piano d’azione italiano integra in effetti con un insieme (Tab. 28) di “altre possibili misure
atte a conseguire riduzioni dei consumi nel settore del trasporto stradale” quanto visto in
precedenza (per un totale indicativo di circa 3,45 Mtep), riconoscendo implicitamente
l’approccio riduttivo adottato nell’impostazione principale, ma senza dar precise indicazioni
di sviluppo e applicazione. Al di là delle singole indicazioni contenute, in alcuni casi
largamente approssimative 55è condivisibile l’idea di fondo dell’integrazione proposta: solo
un mix articolato di misure, che riesca a coinvolgere sia le componenti tecnologiche, sia
quelle gestionali, sia quelle comportamentali, può portare a risultati, in termini di risparmio
55 Sorprende leggere in un documento ministeriale ufficiale un’ipotesi di sviluppo di 45 milioni di km di car sharing (?) o di penetrazione del 2% del car-pooling.
63
energetico e riduzione di emissioni, in linea con quelli contenuti negli obiettivi strategici di
recente adozione. Interessante è notare, in tale contesto generale, come alle misure orientate
alla domanda ed alla modificazione dei comportamenti siano associate stime di costi di
abbattimento56 negativi: una circostanza che dovrebbe spingere in maniera decisa verso
iniziative in questa direzione.
Tabella 27. Interventi previsti dal Piano d’azione italiano per l’efficienza energetica 2007
Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico (2007).
Tabella 28. Altre misure d’intervento nel settore dei trasporti
56 Costi valutati per la società, considerando i costi delle soluzioni tecniche e quelli del combustibile risparmiato. Il costo del combustibile è calcolato facendo riferimento ad un prezzo del petrolio di 50 €/barile.
64
Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico (2007).
Anche in questo caso la disponibilità di un aggiornamento al 2011 (Bertini e al., 2012)
permette di fare alcune considerazioni integrative e di stocktaking.
Il nuovo PAEE 2011 ha in sostanza mantenuto la struttura per obiettivi e per settori
aggiornandoli parzialmente ed estendendoli al 2020 in coerenza con il pacchetto clima (Tab.
29). Dalla tabella risulta chiaro come sia previsto un significativo incremento del contributo
fornito dal settore dei trasporti tra il 2016 e il 2020, visto che il risparmio annuo è presunto
più che duplicare, arrivando ai 4,2 Mtep/anno (circa 185.000 GWh/anno).
Tabella 29. Riduzione dei consumi finali di energia attesi al 2016 e 2020 ed emissioni di CO2 evitate
Fonte: Bertini e al., 2012 p. 39.
65
I dati al 2010 rendono parimenti possibile la verifica dei passi sinora compiuti rispetto agli
obiettivi definiti nel 2007 (Tab. 30). Il monitoraggio, effettuato dall’ENEA nella sua funzione
di Agenzia per l’efficienza energetica, mostra che l’obiettivo complessivo è stato pienamente
raggiunto, con un superamento di circa il 30% rispetto al target previsto 2010.
Tabella 30. Risparmio energetico atteso e raggiunto al 2010 e al 2016 sul consumo finale lordo
Fonte: Bertini e al., 2012 p. 40
Rispetto a tale quadro, due considerazioni sembrano necessarie.
La prima riguarda, ancora una volta, gli effetti della crisi economica, che certamente hanno
contribuito a deprimere i consumi rispetto al periodo di riferimento e a ottenere una
contrazione maggiore di quella preventivata. Un effetto che va tenuto in conto per la
valutazione degli scenari futuri e delle ulteriori esigenze d’intervento.
La seconda riguarda la dinamica eterogenea registrata nei diversi settori, con casi di risultati
ben oltre alle attese, in particolar modo nel settore residenziale, e altri al di sotto. I trasporti,
già accreditati di un obiettivo contenuto, non hanno raggiunto il risparmio atteso con le sole
politiche di incentivo al rinnovo dei mezzi (Tab.30) e rappresentano in prospettiva (Tab. 29 e
30) il campo d’intervento con i maggiori (e più sfidanti) margini rispetto ai target 2016 e
2020. Risulta infatti che l’obiettivo 2020 sia superiore di più di 16 volte rispetto al risparmio
annuo conseguito al 2010: una performance da compiere decisamente al di sopra di quella
richiesta agli altri settori. Anche in questo caso le misure prospettate dal Libro Bianco (Tab.
31) riguardano essenzialmente aspetti tecnologici relativi alle autovetture, in linea con gli
standard europei: introduzione di limiti di emissioni (e quindi di consumo) per le autovetture
nuove (Regolamento 443/2009) e pneumatici a bassa resistenza di rotolamento. L’estensione
di tali misure determina una riduzione di consumi di circa 4,2 Mtep nel 2020, a fronte di un
risparmio atteso nel 2016 di quasi 2 Mtep. Il significativo risparmio addizionale, concentrato
nel periodo 2016-2020, è imputabile principalmente all’intensificazione dei limiti sulle
66
emissioni medie delle autovetture nuove da immettere in commercio (si passa infatti dai 130
gCO2/km del 2015 ai 95 nel 2020). Un risultato non privo di incognite e incertezze, visto che
la simulazione è fatta adottando tassi di ricambio elevati (media di 2,4 milioni di auto nuove
immesse sul mercato italiano ogni anno) e non tenendo conto della variabile “massa del
veicolo” (ovvero l’effetto dello spostamento nel tempo delle preferenze verso modelli di
maggiore o minore cilindrata e volume), né del fatto che le case automobilistiche potrebbero
ad un certo punto propendere per pagare la multa piuttosto che rispettare i limiti sulle auto
immesse.
Tabella 31. Risparmio energetico atteso e raggiunto al 2010 e al 2016 sul consumo finale lordo
Interventi di miglioramento efficienza
energetica
Risparmio annuale
conseguito al 2010
Risparmio
annuale atteso al
2016
Risparmio
emissioni CO2
al 2016
Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico (2011).
Alla luce dell’impegno particolarmente intenso necessario per raggiungere gli obiettivi di
risparmio energetico al 2020, anche il PAE 2011 richiama l’esigenza di prevedere interventi
integrativi al miglioramento tecnologico, che possano anche compensare eventuali risultati
inferiori al previsto di quest’ultimo: “Per il settore trasporti: sarà importante, sotto numerosi
profili, oltre al progressivo aumento dell’efficienza del parco veicoli che risulterà dalle
norme in vigore, attivare misure che favoriscano uno spostamento di quote di traffico su
modalità e tecnologie a maggiore efficienza energetica, incluso il trasporto navale e la
mobilità elettrica, anche valorizzando le iniziative di Regioni ed Enti Locali” (Ministero dello
Sviluppo Economico, 2011 p. 128).
67
Lo scenario ISSI 200757
L’analisi si basa su due diversi scenari evolutivi a seconda delle ipotesi assunte
sull’andamento della domanda di trasporto.
Il primo, detto di “Stabilizzazione”, si fonda sul proseguimento e rafforzamento fino al 2020
della tendenza alla saturazione della domanda di trasporto sia per i passeggeri che per le
merci: si tratta di un’ipotesi forte che va ben oltre quanto contenuto nel modello PRIMES
della Commissione Europea58. In realtà, si sottolinea opportunamente come non si possa
intendere tale dinamica come spontanea, ma necessariamente come frutto di politiche “attive e
consapevoli di gestione della domanda”. Rispetto agli scenari sinora analizzati, tale ipotesi
rappresenta quindi un buon termine di riferimento per comprendere i risultati raggiungibili se,
oltre alle misure d’intervento sul sistema dei trasporti e l’efficienza ambientale di carburanti e
circolante, fosse sviluppata una maggiore capacità d’incidere anche sulle dinamiche della
mobilità complessiva. Va inoltre osservato come si ipotizzi che la stabilizzazione dei volumi
di mobilità si traduca automaticamente in una stabilizzazione dei consumi energetici: ipotesi
che è verificata solo se non si determinano nel tempo riduzioni di efficienza nel sistema dei
trasporti in termini di fattori di carico, quote modali e cilindrate delle auto.
Il secondo, di “Crescita moderata”, sconta il proseguimento delle tendenze del decennio
precedente e assume come scenario di riferimento la stima delle emissioni contenuta nella III
Comunicazione dell’Italia alla Convenzione sui Cambiamenti Climatici che indica un valore
di 160 Mton di CO2 al 2020.
Rispetto a tale evoluzione, l’analisi ISSI propone un insieme di interventi finalizzati alla
riduzione dei consumi e delle emissioni. Le principali azioni considerate riguardano:
- una significativa modificazione della ripartizione modale nel trasporto passeggeri,
calcolata ipotizzando quasi il raddoppio dei p-km del trasporto pubblico terrestre entro
il 2020, una riduzione del 14% dei p-km dei mezzi privati e una stabilizzazione del
trasporto aereo; ne deriva un quadro al 2020 ove l’insieme del trasporto pubblico
(strada+ferrovia) vede la propria quota modale crescere al 26% (dal 15,5% del 2000) e
57 Analisi che riprende quanto contenuto nel rapporto ISSI (Istituto Sviluppo Sostenibile Italia) del 2007 (Vittadini, degli Espinosa, 2007), tenendo conto di alcuni aggiornamenti inseriti dallo stesso autore (degli Espinosa) nel presente Rapporto. 58 La Commissione ipotizza per l’Italia nel periodo 2005-2020 un’elasticità rispetto al reddito di 0,32 per i passeggeri e di 0,67 per le merci: stime già al di sotto di quanto ipotizzato per gli altri paesi dell’Europa a 15.
68
quella dei trasporti privati ridursi al 72% (rispetto all’82,5% del 2000)59. Ne risultano
consumi evitati per 1,8 Mtep ed emissioni evitate per 9,2Mton;
- un miglioramento tecnologico delle prestazioni dei motori di auto e moto pari al 20%,
che porta l’emissione specifica media da 109 gCO2/p-km a 87 gCO2/p-km. Ciò si
traduce in un risparmio di energia di 6,4 Mtep e di emissioni di 19,4 Mton CO2;
- un miglioramento dei carburanti, con la copertura da parte del gas naturale del 10% dei
consumi nel 2020 (1,1 Mton CO2 evitate) e con una quota dei biocombustibili del 6%
(2,8 Mton di CO2 evitate) alla medesima scadenza; tali valori non sono però
direttamente contabilizzati in Tab. 32 e vanno ad incrementare i margini disponibili
delle altre misure;
- un miglioramento del fattore di carico delle auto attraverso misure di gestione della
domanda (road e parking pricing, mobility management, car-sharing, etc); si assume la
crescita del fattore medio di carico standard da 1,18 pass/auto a 1,31, con un risparmio
di 3,05 Mtep e una riduzione di 9,3 Mton di CO2;
- una modifica delle quote modali nel trasporto merci a favore di ferrovia e cabotaggio,
tale da ridurre di circa 25 miliardi di t-km il trasporto su strada; ne deriva un quadro ove
la quota modale della ferrovia cresce dal 11,6% del 2000 al 17,5 del 2020, mentre
l’autotrasporto si riduce dal 68% al 56,5%. Ne consegue un consumo evitato di 1,1
Mtep e una riduzione delle emissioni di 3,4 Mton CO2;
- un miglioramento dei fattori di carico del trasporto merci che porta a consumi evitati di
0,7 Mtep e ad emissioni evitate di 2,3Mton CO2;
- un miglioramento tecnologico delle motorizzazioni nel trasporto merci, con emissioni
evitate per 3 Mton di CO2.
Tabella 32. Quadro complessivo degli interventi e dei risultati nello scenario ISSI
Intervento Riduzione Consumi (Mtep) Riduzione emissioni (Mton CO2) Ripartizione modale passeggeri 1,8 9,2 Tecnologia autoveicoli 6,4 19,4 Fattori di carico auto 3,5 9,3 Ripartizione modale merci 1,1 3,4 Fattore di carico merci su strada 0,7 2,3 Miglioramento tecnologico merci su strada 0,9 3,0 Totale interventi 14,4 46,6
Fonte: Vittadini, Degli Espinosa (2007)
59 L’ipotesi va quindi ben oltre gli scenari della Commissione, che sono costruiti ipotizzando una sostanziale stabilità delle quote modali.
69
Tabella 33. Evoluzione dei consumi e delle emissioni di CO2 nell’ipotesi di stabilizzazione e crescita moderata
Stabilizzazione Crescita moderata Consumi finali
(Mtep) Emissioni di CO2
(Mton) Consumi finali
(Mtep) Emissioni di CO2 (Mton)
1990 33,6 102 33,6 102 2005 44,4 130,4 44,4 130,4 2020 44,4 130,4 51,6
(scenario BAU) 160
(scenario BAU)
Evoluzione con interventi ISSI
30 83,6 37,2 115,4
Evoluzione con intervento ISSI e target di riferimento
-18% rispetto al 1990
-35,9% rispetto al 2005
+13% rispetto al 1990 -11% rispetto al 2005
Fonte: Vittadini, Degli Espinosa (2007)
Considerando l’ipotesi di crescita moderata come il vero scenario Business as usual,
scaturisce dall’insieme complessivo di possibili interventi (Tab. 32 e 33) una riduzione dei
consumi al 2020 di circa il 42% (21,6 Mtep) e delle emissioni di CO2 del 40% (77 Mton di
CO2). Tale risultato è ottenuto per circa il 38% grazie alla stabilizzazione della domanda, per
il 31% grazie ai miglioramenti nel sistema di trasporto (ripartizione modale e fattori di carico)
e per la rimanente parte attraverso il progresso tecnologico dei mezzi. Non si contabilizzano
gli effetti del miglioramento dei carburanti, che potrebbero portare ad una ulteriore riduzione
di circa 4 Mton di CO2.
Lo scenario si basa con ogni evidenza su ipotesi forti e su interventi radicali rispetto
all’andamento inerziale, che permettono di mettere in luce almeno tre aspetti essenziali.
Il primo è che l’ottenimento di risultati significativi, anche ben superiori a quelli previsti
all’interno del pacchetto clima del 2008, appare possibile adottando un’ampia gamma di
misure, piuttosto che basandosi sull’introduzione di poche misure spinte a livelli estremi di
applicazione.
Il secondo, collegato al primo, è che se viene a mancare una delle tre macro-aree d’intervento
(stabilizzazione domanda, miglioramento dell’efficienza nel sistema di trasporto, efficienza
ambientale di mezzi e combustibili) si richiedono necessariamente alle altre componenti sforzi
aggiuntivi notevoli, che rischiano di tradursi in sostanziali e forse insormontabili aggravi di
costo. Tutto sommato, guardando ad un obiettivo minimo di riduzione delle emissioni in linea
con il pacchetto clima (-13% rispetto al 2005, ovvero circa 17 Mton CO2), il risultato
potrebbe essere perseguito attraverso una versione “moderata” dello scenario di
stabilizzazione, basata su un parziale sviluppo di tutte e tre le componenti. Se, viceversa, la
70
domanda dovesse crescere come nello scenario BAU, non basterebbero le rilevanti politiche
d’intervento previste negli altri due settori a raggiungere il target.
Il terzo riguarda i meccanismi attuativi, che necessariamente richiedono un forte
coinvolgimento degli enti decentrati. Se, infatti, alcune linee d’azione possono essere
demandate in prevalenza al livello europeo-nazionale (standard sui veicoli, politiche di
sviluppo e incentivazione dei trasporti collettivi), solo un’azione capillare e consapevole sul
territorio può portare a risultati decisivi in termini di contenimento della domanda e di
incremento dei fattori di carico. Questa potenziale dissociazione tra il livello istituzionale ove
vengono adottati i target e quello responsabile, almeno in parte, del loro raggiungimento
rappresenta uno dei principali punti interrogativi degli scenari futuri e richiede l’adozione di
un adeguato quadro di governance multilivello per essere pienamente realizzato o per lo meno
realizzabile.
Scenario ENEA 2008
L’analisi si basa su una visuale che tiene conto solo delle misure pienamente implementate ad
inizio 2008 e risulta in linea con l’evoluzione contenuta negli scenari prodotti dalla
Commissione Europea (modello PRIMES); un’evoluzione considerata “prudente” se
confrontata con quella effettivamente osservata nell’UE negli ultimi quindici anni.
Rispetto allo scenario di riferimento vengono elaborate tre opzioni d’intervento che
ipotizzano la piena realizzazione del Piano d’azione italiano per l’efficienza energetica, cui si
aggiungono forti incentivi all’introduzione di fonti rinnovabili (ENEA, 2008):
- scenario ATC: si basa su un’ipotesi di accelerazione nella penetrazione di mercato
delle tecnologie energetiche che già esistono, o che sono già in sviluppo avanzato;
- scenario BLUE: ha come obiettivo il dimezzamento delle emissioni di CO2 entro il
2050, ipotizzando la diffusione di tecnologie ancora in fase di sviluppo (generazione
elettrica con cattura di CO2, molteplici tecnologie di utilizzo delle rinnovabili,
nucleare).
- Scenario ATC+: rappresenta una combinazione dei due precedenti.
La simulazione delle diverse opzioni porta a due principali risultati generali. Il primo è che in
nessuno dei tre scenari si raggiunge l’auspicata riduzione del 20% dei consumi energetici. Ciò
è dovuto in larga parte alla difficoltà nel superare la soglia di riduzione garantita dagli
interventi di miglioramento tecnologico e di efficienza energetica attraverso misure di
71
contenimento e razionalizzazione della domanda. Il secondo, legato al primo, riguarda una
certa rigidità del sistema energetico italiano che fa sì che, nonostante i significativi interventi
ipotizzati, l’aumento dell’efficienza rimanga comunque sotto l’1% medio annuo e sia non
molto distante da quello che caratterizza il trend di riferimento dell’UE-15.
Dal punto di vista dei trasporti, nello scenario intermedio ATC+ si ipotizza una riduzione dei
consumi al 2020 di 9 Mtep, non distante dal target del 20% (che è posizionabile tra i 10 e gli
11 Mtep a seconda dell’andamento tendenziale adottato). Gran parte del contributo alla
riduzione deriva dalla maggiore penetrazione delle tecnologie di trasporto più efficienti,
mentre solo un decimo è imputabile alla gestione della domanda.
L’impatto sulle emissioni di CO2 è previsto portare al 2020 a risultati inferiori al target
europeo (–20%)60, anche se nelle scenario BLUE esso viene di molto avvicinato (-19%,
corrispondente a –9% rispetto al 1990). Un elemento di rilievo è rappresentato dalla
previsione per cui lo scenario ATC+ risulta in grado di determinare nel medio-lungo periodo
riduzioni significative e crescenti di emissioni di CO2, tali da rendere possibile il
raggiungimento del target del –50% entro il 2050. Ancora una volta è quindi confermata
l’idea per cui la tecnologia vada a dispiegare pienamente i suoi effetti soprattutto nel periodo
post 2020.
Dal punto di vista settoriale, lo scenario ATC+ prevede entro il 2020 una riduzione per i
settori non ETS di circa il 12% rispetto al valore 2005, ovvero un risultato sostanzialmente in
linea con quanto previsto per l’Italia dal burden sharing del Piano d’azione della
Commissione. Nei trasporti, ciò è ottenuto, oltre grazie alla già descritta dinamica dei
consumi energetici, ipotizzando il pieno conseguimento del target del 10% dei biocarburanti.
Il risultato in termini di emissioni appare legato a due aspetti significativi.
Il primo è rappresentato dai costi energetici addizionali che esso implica nella prima parte
dell’orizzonte temporale (fino al 2020), derivanti da un forte incremento degli investimenti in
tecnologie energetiche innovative. Essi arrivano infatti ad incidere nell’opzione ATC+ sino a
circa lo 0,5% del PIL nel 2020 e in quella BLUE addirittura all’1,5%, per poi divenire
negativi a partire dal 2035-40.
Il secondo riguarda (Fig. 27) il ruolo rilevante degli interventi di risparmio energetico (14%
nel 2020 e 17% nel 2050) e di gestione degli usi finali di energia nel raggiungimento degli
obiettivi ipotizzati. Una circostanza sostanziale, visto che nella medesima analisi si evidenzia
come si tratti di interventi la cui efficacia risulta “difficilmente quantificabile” e la cui messa
60 Le previsioni sono di una riduzione dell’8% nell’ipotesi ATC e del 13% in quella ATC+.
72
in atto dipende da una serie di fattori e attori non facilmente controllabili e influenzabili. Ciò
appare particolarmente vero per quanto riguarda i trasporti, ove l’insieme di misure rivolte al
contenimento della domanda e allo shift modale (che si ipotizza vada a dare un contributo al
contenimento delle emissioni praticamente pari a quello dei biocombustibli) sono in larga
parte demandate all’azione delle autorità locali, se non, in alcuni casi, dei singoli consumatori.
Figura 27 - Contributo di diversi fattori alla riduzione delle emissioni di CO2 nello scenario ACT+
rispetto allo scenario di riferimento (anno 2020)
Fonte: ENEA (2008).
Scenario ENEA 2012
La più recente elaborazione prospettica dell’ENEA (2012) valuta la possibile evoluzione del
sistema energetico nazionale, su di un arco temporale che arriva al 2030, secondo tre scenari:
- uno scenario di riferimento, ove si ipotizza un’evoluzione tendenziale senza nuovi
interventi di politica energetica e ambientale dopo il 2009, e una sostanziale
continuazione delle tendenze in atto nel campo demografico, tecnologico ed
economico. Lo scenario tiene conto degli effetti della crisi economica, ipotizzando
comunque una crescita media annua con valori tra l’1,02% e l’1,76% nei due decenni
sino al 2030. Tra le politiche si considera l’attribuzione di un prezzo alla CO2, ma
sono esclusi gli obiettivi e le politiche adottate nel campo non-ETS, nonché i recenti
piani d’azione per le rinnovabili e per l’efficienza energetica.
73
- uno scenario a politiche correnti, che ipotizza il raggiungimento degli obiettivi
previsti nei recenti programmi nazionali nel settore delle rinnovabili (PAN 2010) e
dell’Efficienza Energetica (PAEE 2011);
- uno scenario Roadmap, costruito sulla linea della strategia europea per una low
carbon economy al 205061, con l’obiettivo principale di una riduzione delle emissioni
di almeno l’80% entro il 2050.
Sulla base delle ipotesi descritte, nello scenario di riferimento si stima un ritorno dei consumi
energetici ai livelli pre-crisi entro l’inizio del prossimo decennio e un loro superamento al
2030. Anche le emissioni di CO2 tornano a crescere in assenza di politiche e misure in grado
di indurre cambiamenti strutturali, così che gli obiettivi al 2020 non vengono raggiunti nè nel
settore ETS (-21% rispetto 2005) nè nei settori non-ETS (-13% rispetto al 2005). L’industria
sperimenta la maggiore ripresa dei consumi (+24% nel 2030 rispetto al 2010), mentre nei
settori civile e trasporti la crescita è più contenuta (+10%). In questi ultimi l’effetto
calmierante è dato in particolar modo dal miglioramento delle prestazioni medie dei mezzi,
influenzate dalla già operante regolamentazione sulle emissioni medie delle autovetture nuove
(130g CO2/km).
La piena applicazione delle misure in atto fa sì che nello scenario a politiche correnti vi sia
una riduzione di circa il 10% dei consumi finali rispetto allo scenario di riferimento, in larga
parte riconducibile al settore civile, dove si concentrano la maggior parte delle misure previste
dal Piano d’Azione Nazionale per l’Efficienza energetica. Il graduale processo di de-
carbonizzazione del parco generazione elettrica e il differente mix di combustibili negli usi
finali portano, insieme alla già descritta dinamica dei consumi finali, a raggiungere l’obiettivo
della riduzione di CO2 al 2020. Ciò non è però stimato essere sufficiente per il
raggiungimento degli ulteriori e sfidanti obiettivi al 2050, per cui si richiede un più radicale
mutamento dei trend sinora sperimentati.
Lo scenario Roadmap si basa su di un’accelerazione tecnologica più spinta rispetto allo
scenario a Politiche correnti e un maggior ricorso a fonti rinnovabili in modo da rendere
possibile il rispetto dei target sia al 2020, sia al 2050. Facendo riferimento al 2020, quasi la
metà della riduzione di CO2 nel periodo deriva da interventi di efficienza energetica nei settori
d’uso finale dell’energia, con il settore civile (residenziale e terziario) che costituisce ancora
una volta il principale segmento d’intervento. I trasporti contribuiscono con la quota minore al
miglioramento dell’efficienza (6% del totale rispetto allo scenario di riferimento, contro il
61 European Commission, Impact Assessment to “A Roadmap for moving to a competitive low carbon economy in 2050”, SEC(2011)288 final.
74
10% del terziario, il 14% dell’industria e il 17% del residenziale), grazie alla diffusione di
veicoli più performanti e il ricorso a carburanti alternativi62. Lo stesso rapporto evidenzia
comunque la “complessità del settore dei trasporti”, tanto che “l’accelerazione tecnologica
potrebbe non risultare sufficiente per perseguire una traiettoria di sviluppo coerente con la
Roadmap 2050” (p. 40).
In sintesi, l’analisi prospettica sul sistema energetico italiano evidenzia la difficoltà, anche
nell’ipotesi di rilevanti politiche di intervento, di tenere fede ai target adottati in ambito
comunitario e mette in luce alcune criticità interne riferite alle opzioni attraverso cui
perseguire tali target. In tale scenario, infatti, il progresso tecnologico garantisce un contributo
centrale nella direzione del cambiamento, ma ciò pare avere una collocazione temporale
prevalentemente concentrata nel trentennio 2020-50. Nel breve-medio periodo, un ruolo
maggiore viene acquisito, anche per motivi di costo-efficacia, dalla possibilità di adottare
adeguate politiche di risparmio e di behavioural change, che determinano però rilevanti
interrogativi in termini di reale applicabilità. Appare quest’ultima la sfida principale da
affrontare affinché gli scenari descritti non nascondano forti rischi di scostamento dalle
dinamiche reali.
Una visione globale: lo scenario OCSE 200863
L’analisi descrive le previsioni inerziali e con politiche d’intervento relative al settore dei
trasporti a livello mondiale, focalizzandosi in particolare sul ruolo del trasporto su strada.
Dal punto di vista complessivo, lo scenario BAU ipotizza una crescita delle emissioni dei
trasporti del 120% tra il 2000 e il 2050. Tutti i modi contribuiscono a tale crescita, anche se la
dinamica più significativa è sperimentata dal trasporto aereo (+250%), seguito da quello delle
auto e delle moto (+90%). La quota sul totale delle emissioni (Tab. 34) vede il permanere
della predominanza dell’ auto, con la notevole crescita del trasporto aereo che arriva ad
incidere quanto il traffico pesante su strada.
Nel settore auto, la variabile chiave alla base delle dinamiche future è rappresentata dal parco
circolante complessivo che è stimato crescere da 670 milioni di veicoli nel 2000 a 2.030
62 Mentre, rispetto all’analisi del 2008, non si fa più riferimento allo shift modale. 63 Scenario contenuto in OECD (2008) e basato sul MoMo-model dell’IEA.
75
milioni nel 205064, soprattutto per effetto della crescita nei paesi con un livello intermedio di
sviluppo (Europa dell’Est e Asia centrale, Medio oriente, India e Cina).
Tabella 34. Contributo % alle emissioni mondiali di CO2- BAU 2000-50
2000 2005 2010 2020 2030 2040 2050 Ferrovia 2,1 2,2 2,3 2,7 2,9 2,9 3 Bus 6,8 6,3 5,7 5,2 4,6 4,1 3,6 Trasporto aereo 12,9 13,5 14,8 18,1 21,1 21,8 23 Mezzi pesanti 22,4 22,2 22,8 23,9 23,7 24,1 23,4 Auto 43,8 43,3 41,9 37,6 35,6 35,9 36,5 Due-Tre ruote 1,6 1,8 2 2,5 2,6 2,6 2,4 Trasporto d’acqua 10,4 10,8 10,3 10 9,5 8,6 8
Fonte: OECD (2008).
Lo scenario BAU è realizzato ipotizzando che a tale crescita dello stock complessivo si
accompagni una riduzione dell’intensità d’uso nei paesi sviluppati - da 18.000 km annui nel
2000 a 16.000 nel 2050 nei paesi OCSE del Nord America, e da 13.000 a 11.000 nei paesi
OCSE europei – e una sostanziale stabilità negli altri. Nell’ipotesi, invece, che l’intensità
aumenti nei paesi in via di sviluppo con la crescita del reddito65, il modello trova un valore
delle emissioni delle auto al 2050 del 45% superiore rispetto al caso di stabilità. Di fatto, i due
differenti scenari possono essere interpretati come i due estremi di un range di dinamiche
future che si differenziano a seconda della maggiore o minore capacità di influenzare l’uso dei
mezzi.
Rispetto a tali contesti di riferimento, viene successivamente valutato l’impatto potenziale di
un miglioramento del 30% dell’efficienza energetica dei mezzi leggeri entro un decennio66,
che viene ritenuto essere raggiungibile con tecnologie ormai vicine alla commercializzazione
e “cost-effective”.
Due principali risultati emergono dall’analisi. Il primo è che si possono avere effetti di un
certo rilievo solo se si coinvolgono in maniera estensiva e rapida anche i paesi non-OCSE. Se
il progresso tecnico è limitato ai soli paesi sviluppati, infatti, il valore delle emissioni al 2050
rimane sostanzialmente analogo a quello dello scenario di riferimento. Ciò è dovuto al fatto
che la quota delle emissioni OCSE sul totale mondiale dei trasporti è destinata a scendere
64 Il risultato è l’effetto della relazione tra reddito e indici di motorizzazione. Si stima infatti che tale relazione sia caratterizzata da un andamento a campana, con valori dell’elasticità inferiori a uno per i paesi più poveri (ciò significa che ad una crescita del PIL dell’1% corrisponde una crescita meno che proporzionale del numero di auto), che arrivano a valori superiori a due per i paesi con un livello intermedio di sviluppo, per poi ridiscendere verso la saturazione nel paesi più ricchi (De Jong, Van de Riet, 2008). 65 Con un’elasticità al reddito di 0,1 nel breve e di 0,5 nel medio-lungo periodo. 66 Ciò porta ad esempio il consumo medio delle auto in Nord America a ridursi da 9,1 l/100km nel 2000 a 6,4 dal 2010 in poi, e in Europa da 7 l/100km a 5,2.
76
continuamente da quasi il 70% nel 2000 a poco più della metà nel 2050. Il secondo è che, pur
ipotizzando un miglioramento generalizzato della tecnologia, i risultati si concentrano nel
ventennio 2000-20, riuscendo a stabilizzare le emissioni delle auto, mentre l’effetto della
crescita della domanda porta nel periodo successivo alla ripresa del trend crescente. Ne
consegue che nel 2050 le emissioni sono solamente del 15% inferiori allo scenario BAU.
Il passo successivo è ipotizzare un “miglioramento continuo” della tecnologia nel contesto
mondiale (OCSE + non-OCSE), che porti i consumi a convergere nella media verso valori
attorno a 5l/100km dal 2030 in poi. Ciò porta a una ulteriore riduzione nella previsione 2050,
ma del tutto insufficiente per controbilanciare la crescita della domanda: i consumi sono
infatti ancora del 50% superiori al valore del 2000. Solo con valori medi dei consumi a livello
mondiale ricompresi tra i 3 e i 4 l/100km viene ipotizzata una stabilizzazione attorno ai valori
del 2010 (comunque superiori di circa il 20% al valore 2000).
L’ultima valutazione è infine dedicata ad un intervento composito sulle auto (miglioramento
30%) e i mezzi pesanti, in cui si ipotizza anche per questi ultimi un miglioramento
progressivo dell’intensità energetica (Mj/tkm) del 30% entro il 2020. Nonostante l’importanza
dei due settori sul complesso delle emissioni, ciò non risulta sufficiente a garantire risultati
decisivi sulle emissioni settoriali che crescono comunque del 90% entro il 2050. Solo
miglioramenti tecnologici e di efficienza più marcati e il coinvolgimento del settore aereo
portano ad effetti più radicali.
Le valutazioni complessive delle analisi effettuate a livello mondiale permettono di
sintetizzare alcuni aspetti sostanziali:
- i trasporti mostrano un considerevole trend inerziale di crescita delle emissioni serra,
trainato dall’incremento continuo della domanda. Tale crescita è collocata tra il 120 e
il 150% a seconda delle ipotesi adottate sull’elasticità della mobilità al reddito;
- la possibilità di intervenire su tali trend è legata al coinvolgimento dei paesi in via di
sviluppo: un’azione solo negli Stati OCSE infatti ha un impatto limitato e decrescente
nel tempo;
- il miglioramento dei mezzi realizzabile con le tecnologie già vicine alla
commercializzazione può portare a risultati importanti nell’arco dei prossimi due
decenni, ma non è risolutivo nel lungo periodo;
- per poter perseguire la stabilizzazione delle emissioni delle auto al valore del 2000
nello scenario al 2050 è richiesto un parco veicolare mondiale con consumi medi
77
attorno ai 3,5l/100km (approssimativamente 80 gCO2/km): ciò implica un
miglioramento superiore al 50% rispetto alla realtà attuale67;
- l’evoluzione tecnologica richiesta per l’obiettivo della stabilizzazione può determinare
significativi costi, che devono essere attentamente valutati in termini di costo-efficacia
rispetto alle alternative;
- le politiche settoriali devono guardare da subito al medio-lungo periodo, senza farsi
influenzare da rallentamenti o possibili inversioni di tendenza di natura
congiunturale68, perché ciò permette di garantire interventi strutturali e di mitigare i
costi di adeguamento futuri.
Alcune (sintetiche) considerazioni in termini di costo efficacia
L’analisi delle misure considerate nei diversi scenari d’intervento deve necessariamente
essere accompagnata da valutazioni in termini di costo-efficacia, rivolte sia a determinare
quale possa essere il contributo dei trasporti ai target complessivi, sia a individuare,
all’interno dei trasporti stessi, quali debbano/possano essere le tipologie d’intervento migliori.
Dal primo punto di vista, emergono impostazioni e risultanze assai diversificate, con esiti
spesso conflittuali (ECMT, 2007). Esemplificativo in un senso è lo scenario ipotizzato
dall’EEA (2005) in cui si stima al 2030 un valore delle emissioni di CO2 inferiore dell’11%
rispetto al 1990, nonostante le emissioni generate dai trasporti crescano del 46% nel
medesimo periodo (20% sopra il livello 2000). A giustificazione di tale ipotesi viene addotta
la maggiore convenienza ad intervenire nel settore della generazione elettrica
(prevalentemente attraverso una modificazione del mix di carburanti) rispetto a quanto
realizzabile nel settore dei trasporti, ove si ritiene esservi poco spazio per azioni che vadano
oltre al già presente accordo con le case produttrici di auto. In direzione opposta appare
l’indicazione contenuta nell’Action Plan della Commissione Europea sull’efficienza
energetica (European Commission, 2006b), che identifica nei trasporti uno dei settori con le
67 La stima è in linea con quanto recentemente definito dall’IEA (International Energy Agency), che ha lanciato insieme all’UNEP, l’ International Transport Forum (ITF) e la FIA una “50x50’Global Fuel Economy Iniziative” finalizzata ad ottenere entro il 2050 una riduzione del 50% dei consumi x km, nella prospettiva di dover/poter compensare in tal modo la prevista triplicazione a livello mondiale del parco auto (IEA Press release (09)2 del 5/03/2009). 68 Legate ad esempio al ciclo economico o alle fluttuazioni del costo del carburante.
78
maggiori potenzialità d’intervento, ipotizzando un target di riduzione dei consumi
economicamente efficiente del 26%.
Per comprendere tali difformità e difficoltà di valutazione va tenuto conto del secondo
aspetto, ovvero della molteplicità degli interventi settoriali che possono avere effetti sui
consumi e le emissioni:
A) contenimento della domanda di passeggeri e merci
B) efficienza del sistema di trasporto, tra cui:
B.1 modificazione della ripartizione modale
B.2 incremento dei fattori di carico
C) efficienza ecologica, tra cui:
C.1 modificazioni tecniche del circolante (iniezione diretta, riduzione della potenza e
delle dimensioni, limitatori di velocità, modificazione di alcune componenti)
C.2 modificazione degli stili di guida (ad esempio eco-driving)
C.3 modificazione delle scelte d’acquisto da parte degli utenti
C.4 diffusione di biocarburanti e combustibili alternativi
La stima dei costi di tutte le suddette ipotesi è con ogni evidenza assi problematica69, anche se
alcune rilevanze abbastanza condivise possono essere richiamate70.
In primo luogo, diversi studi evidenziano i costi crescenti necessari per ridurre lo standard
medio delle nuove vetture dall’attuale obiettivo 2008-09 (140 gCO2/km) ai 120g/km previsto
per il 2012. Nella valutazione ripresa dall’EEA, si stima ad esempio che il raggiungimento del
target possa portare ad un incremento del costo medio di vendita delle auto di circa 2.500 euro
e determini un costo marginale di abbattimento per le ultime unità (cioè tra 121 e 120g/km)
tra 130 e 230 €/ton71, a seconda dell’ipotesi adottata sui costi del carburante (Fig. 28)72. Da
notare inoltre come i costi subiscano un’ulteriore rapida crescita oltre i 25 g/km di riduzione,
circostanza che può impattare seriamente sulla previsione della Commissione di arrivare ad
un target di 95 g/km entro il 2020.
69 Sono ad esempio praticamente assenti stime riguardanti le politiche del tipo A. 70 Gran parte delle considerazioni di seguito riportate appaiono in sostanza coerenti con quanto contenuto del Piano d’azione italiano per l’efficienza energetica riportato supra. 71 Stime sensibilmente superiori sono ipotizzate dall’ACEA, ove si calcolano costi medi per il raggiungimento dei 120 g/km tra i 400 e i 540 €/t (ECMT, 2007). 72 Va sottolineato come un’ipotesi di stabilizzazione del costo del petrolio intorno ai 70 € porti a ridurre significativamente l’onere marginale di abbattimento delle emissioni: a conferma del fatto che un’azione di guida pubblica in questa direzione potrebbe giocare un ruolo decisivo a favore dello sviluppo tecnologico e dell’utilizzo accelerato delle soluzioni più eco-efficienti.
79
In secondo luogo, viene sottolineata l’esigenza di considerare nell’ambito delle misure C.1
anche comparti (come i veicoli commerciali leggeri e pesanti73) e componenti (pneumatici,
condizionatori, alternatori, lubrificanti) sinora poco o per nulla coinvolti, che potrebbero
portare a risultati significativi a costi inferiori.
In terzo luogo, diverse riserve emergono, allo stato attuale, riguardo ai costi di abbattimento
associati all’uso dei biocarburanti, che vengono spesso considerati essere superiori a quelli di
altre opzioni.
Figura 28. Costi marginali di abbattimento delle emissioni oltre ai 140 gCO2/km
(€ x ton CO2- equivalente)
Fonte: EEA (2007).
In quarto luogo, vi è una certa concordanza nell’evidenziare come diverse misure rivolte alla
modificazione degli stili di guida C.2 (campagne di sensibilizzazione e informazione, azioni
di controllo e limitazione della velocità) o delle scelte d’acquisto C.3 (indirizzandole verso
veicoli meno potenti o auto diesel) producano costi d’abbattimento inferiori rispetto alle
misure C1 ed in alcuni casi negativi (ECMT, 2007); la dimensione assoluta dei risparmi
ottenibili con queste misure è però ritenuta limitata (ibidem).
In quinto luogo, emerge un diffuso interesse per l’utilizzo di strumenti economici (tassazione
carburanti, tassazione differenziata dei veicoli, road pricing), visti come importante strumento
sia per incidere sull’efficienza del sistema di trasporto (B1 e B2), sia per modificare l’eco-
efficienza di mezzi e carburanti. Se applicati in modo corretto, ovvero commisurando il
prelievo ai costi esterni, e in presenza di costi d’applicazione contenuti, la tassazione
73 In EEA (2007) si stima ad esempio che i veicoli commerciali, non essendo stati sinora oggetto di politiche d’intervento, potrebbero garantire riduzioni delle emissioni sino a 45 gCO2/km con costi di abbattimento inferiori rispetto ad una riduzione di 20 gCO2/km nel traffico passeggeri.
80
ambientale permette di determinare benefici netti per la società, ovvero un costo marginale
negativo delle emissioni evitate.
In sesto luogo, va sottolineato come diverse tra le misure considerate producano importanti
benefici collaterali in termini di minori emissioni di inquinanti locali, minori incidenti, minore
congestione, etc. Ciò può quindi far acquisire ulteriore rilevanza alle azioni che massimizzano
tali effetti.
L’idea che emerge, pur in presenza di notevoli incertezze e approssimazioni valutative, è che
un adeguato policy mix sia decisamente preferibile rispetto a iniziative spinte su una o poche
componenti e possa portare ad ipotizzare un maggior contributo (costo-efficiente) del settore
dei trasporti ai target di riduzione delle emissioni. Tale raccomandazione sembra trovare
ridotto o comunque non adeguato riscontro nella realtà, ove determinate componenti
d’intervento (standard tecnici per le auto, incentivi ai biocarburanti) risultano sinora aver
ricevuto un’attenzione decisamente preponderante. Una distorsione che trova giustificazione
principalmente in due ordini di motivi: la difficile applicazione di alcune delle misure
alternative, che frequentemente richiedono, come già osservato in precedenza, un
coinvolgimento decisivo delle autorità decentrate, spesso non autonomamente interessate alla
loro adozione; e la ridotta accettabilità di alcune di esse, che finisce per precluderne lo
sviluppo, anche qualora risultino potenzialmente efficienti.
81
1.4 Conclusioni e implicazioni di policy
L’insieme complessivo delle analisi riportate nei paragrafi precedenti permette di evidenziare
come la capacità di dissociare i fattori di pressione esercitati dai trasporti dalla crescita
economica sia ancora allo stadio iniziale e richieda in un’ottica futura un impulso ben
maggiore (EEA, 2009). Le principali criticità emerse riguardano:
- Il trend delle emissioni di CO2 incluse nel protocollo di Kyoto, che ha fatto registrare
nell’UE-27 (e parimenti in Italia) una crescita superiore al 25% tra il 1990 e il 2005, in
controtendenza rispetto alle altre dinamiche settoriali. Un’evoluzione determinata
principalmente dal continuo incremento della domanda di mobilità - sia passeggeri che
merci -, che ha più che compensato i miglioramenti tecnologici ottenuti sul versante del
circolante e dei carburanti.
- L’impossibilità di considerare gli effetti depressivi sulla mobilità e le emissioni generate
dalla crisi economica come elementi risolutivi. Se le dinamiche congiunturali
particolarmente negative dell’ultimo quinquennio hanno infatti contribuito ad
avvicinarsi o a raggiungere target fino a poco tempo fa molto lontani, ciò non sembra
essere stato accompagno da modificazioni strutturali in termini di scelte e
comportamenti degli utenti, in grado di mantenere gli stessi risultati in presenza di una
(auspicabile) ripresa economica.
- L’impossibilità di ipotizzare che, anche nel futuro, le performance di altri settori (ad
esempio industria ed energia) compensino in termini di minori emissioni di CO2 le
dinamiche in crescita nei trasporti, come parzialmente avvenuto sino al 2008. Ciò sia
perché gli ambiziosi obiettivi futuri (20-20-20 e Bali road Map) richiedono una
compartecipazione di tutti i campi d’intervento, sia perché la ridotta azione nei trasporti
non trova giustificazione in termini di maggiori costi d’abbattimento.
- L’accentuazione degli impatti che sono prevalentemente (o esclusivamente) determinati
dai volumi di mobilità e dalla sua collocazione spazio-temporale - come la congestione,
l’occupazione di suolo, l’interferenza sul paesaggio e l’inquinamento sonoro - che
avvalora ulteriormente la necessità di rivisitare le determinanti su cui intervenire in
maniera prioritaria.
- L’incidenza assolutamente preponderante dei trasporti su strada, che sono
complessivamente responsabili di più del 90% degli effetti esterni negativi settoriali.
82
- L’insufficienza degli interventi di policy sinora adottati per promuovere un’evoluzione
più sostenibile delle scelte di trasporto degli agenti e dei sistemi economici.
La visione che emerge richiede un rilancio e un rafforzamento delle politiche pubbliche al
fine di dare maggiore impulso e durevolezza al cambiamento delle dinamiche settoriali verso
un più sostanziale disaccoppiamento di tutti gli impatti rispetto alle variabili reddituali.
In questa direzione, è importante che tutti gli attori economici possano contare su un quadro
di politiche e scenari d’intervento il più possibile stabile e affidabile, al fine di poter fare
scelte razionali e di minimizzare il rischio e i costi legati al cambiamento. Tale esigenza
appare rafforzata dal quadro evolutivo che si è affermato a fine decennio, ove il forte
rallentamento economico e la volatilità dei prezzi petroliferi possono determinare un
pericoloso rallentamento o rinvio degli investimenti in tecnologie eco-efficienti e delle misure
di gestione della domanda. Un rallentamento che rischia di spiazzare la capacità d’intervento
futura, amplificando i costi di adeguamento, quando la crescita economica riprenderà il suo
corso e i prezzi petroliferi torneranno a riflettere la scarsità relativa della materia prima e la
crescente domanda mondiale.
In tale ambito, tre aspetti appaiono da considerare con particolare attenzione e risultano
meritevoli di un sintetico approfondimento: il ruolo del quadro istituzionale multi-livello;
l’esigenza di basarsi su un equilibrato policy mix; e l’importanza di attribuire un giusto prezzo
alle scelte degli utenti finali.
Integrazione e coerenza istituzionale
Il successo delle politiche nel campo dei trasporti richiede un quadro d’intervento coerente e
integrato, basato sul coinvolgimento di tutti i livelli di governo – europeo, nazionale, locale –,
con particolare enfasi per quest’ultimo.
Nelle città risiede infatti circa il 74% della popolazione europea, una percentuale prevista
crescere sino all’85% entro il 2050 (European Commission, 2011a). Ciò fa sì che circa i due
terzi degli spostamenti motorizzati coinvolgano gli ambiti urbani, generando circa il 40%
delle emissioni di CO2 settoriali e fino al 70% delle altre sostanze inquinanti prodotte dai
trasporti. In aggiunta, due terzi degli incidenti e un terzo delle vittime del traffico riguardano
le città (EEA, 2008a; Commissione Europea, 2006), mentre quasi i 4/5 di tutti i costi legati
alla congestione hanno luogo in ambito urbano.
83
Allo stesso tempo, diverse delle determinanti su cui è possibile intervenire per mitigare gli
impatti delle scelte di trasporto trovano a livello locale le principali opportunità d’intervento.
Se è infatti verosimile ritenere che le strategie europee e nazionali si concentrino sugli aspetti
tecnologici e di eco-efficienza (standard emissivi dei mezzi, normative sui carburanti,
politiche di incentivazione ai bio-combustibili, politiche di supporto alla ricerca e sviluppo), è
a livello cittadino che può aver luogo in misura prevalente l’azione di governo della mobilità
(pianificazione dei trasporti, pianificazione del suolo, organizzazione del lavoro, etc) e di
gestione della domanda (politiche di limitazione del traffico, politiche di tariffazione,
miglioramenti gestionali del trasporto collettivo, interventi a favore dei mezzi non
motorizzati, politiche formative e di sensibilizzazione).
La centralità del rapporto macro-micro è alla base del Libro verde europeo sulla mobilità
urbana (Commissione Europea, 2007), ove si sottolinea come molti dei problemi legati ai
trasporti emergano a livello locale, ma si ripercuotano (esternalità positive e negative),
almeno parzialmente, su scala nazionale e continentale, con conseguenze quali i cambiamenti
climatici e il riscaldamento globale, l’onere finanziario dei problemi sanitari, le inefficienze
legate alle strozzature della catena logistica, la perdita di competitività dei sistemi economici.
Emerge quindi un potenziale problema di governance legato alla necessità di coinvolgere e
responsabilizzare i governi urbani non solo rispetto a tematiche che incidono direttamente
sulla qualità della vita locale (congestione, rumore, inquinamento atmosferico), ma anche su
quelle di carattere globale74, rispetto alle quali è maggiore il rischio che le singole città non
abbiano incentivi a intervenire e si comportino da free rider. A tal fine, diventa fondamentale
la capacità di trovare un equilibrio tra i generali richiami alla sussidiarietà e alla
valorizzazione delle istanze e delle preferenze locali75 e la capacità di coinvolgere, sia con
misure vincolanti, sia con incentivi/disincentivi economici, sia con strumenti di tipo
reputazionale la capacità d’intervento degli attori locali.
E’ ad esempio importante che le città assumano un ruolo di protagonisti nel campo delle
politiche energetiche e della lotta al cambiamento climatico, quantificando gli obiettivi da
raggiungere e adottando appositi piani di riduzione delle emissioni di CO2. E’ questo
74 Il concetto è ben ripreso in ECMT (2007 p. 21) ove si sottolinea come : “traffic management measures including congestion charges, traffic guidance systems and parking policies have an influence on CO2 emissions but are not generally reported by national governments to be part of their CO2 emissions policies. The same is true of efforts to integrate spatial planning with transport policy, which is fundamental to managing traffic growth without restricting the access to services that mobility provides. This appears mainly to be a consequence of the division of responsibilities between central and local government”. 75 Nel Riesame intermedio del Libro bianco europeo sui trasporti (Commissione Europea, 2006) si sostiene ad esempio come l’iniziativa in materia di trasporti urbani spetti direttamente alle città più che alla UE.
84
l’approccio adottato in ambito comunitario76 nell’iniziativa “Patto dei sindaci”, attraverso cui
gli enti firmatari si impegnano ad andare oltre gli obiettivi fissati per l’UE al 2020, riducendo
le emissioni di CO2 più del 20%, attraverso un apposito piano d’intervento. Patto che prevede
un riscontro sia di tipo reputazionale, nella concessione da parte della Commissione di uno
specifico logo, sia di tipo finanziario, con la possibilità di considerare le attività incluse nei
Patti come priorità dei programmi di sostegno europei e nazionali.
Vanno nella medesima direzione le diverse fonti di finanziamento messe a disposizione a
livello UE (Fondi strutturali, prestiti della Banca Europea per gli Investimenti) e nazionale
(bandi per la mobilità sostenibile, leggi di finanziamento del trasporto rapido di massa e dei
parcheggi, legge obiettivo) per lo sviluppo di progetti a favore del trasporto urbano. Tra le
tipologie di interventi finanziabili possono essere menzionati: investimenti nelle infrastrutture
(rete su ferro e stazioni) e nel materiale rotabile, sistemi di trasporto intelligenti, sistemi di
regolazione e tariffazione automatica della mobilità, sistemi informativi per i passeggeri,
interventi a favore dell’accessibilità delle categorie protette (anziani e disabili), nonché tutte le
attività di ricerca rivolte allo sviluppo di sistemi di mobilità urbana sostenibile (come il
programma comunitario CIVITAS). Si tratta di un insieme di trasferimenti a destinazione
vincolata che può dare un contributo decisivo nello stimolare il coinvolgimento di tutti i livelli
di governo verso obiettivi condivisi e nel superare i problemi di scarsità di risorse che
limitano comunemente i loro margini d’azione.
Policy mix e gestione della domanda
La necessità di basare le politiche d’intervento su un insieme articolato ed equilibrato di
strumenti appare come uno dei punti di riferimento imprescindibili di qualsiasi strategia futura
nel settore dei trasporti: “Transport is a complex system that is based on the interaction of
many components all of which need to evolve together: vehicles, infrastructure, behaviour
etc. This explains the strong inertia of the system and the need for addressing several problem
areas in order to determine a paradigm shift” (European Commission, 2011a p.19). In
particolar modo, ciò implica la necessità di indirizzare un maggiore sforzo verso la gestione
della domanda, che ha sofferto sinora di una ridotta attenzione all’interno delle politiche
pubbliche. Secondo l’annuale rapporto TERM dell’Agenzia Europea per l’ambiente, infatti:
76 European Commission IP/08/103.
85
“Indeed few transport policy tools have been identified to manage demand. One reason for
this might be the absence of policy discussions on demand” (EEA, 2009 p. 28)77.
In base a quanto descritto nei paragrafi precedenti, tale squilibrio all’interno delle politiche
appare problematico sia perché il contributo dell’innovazione tecnologica potrebbe non essere
sufficiente a garantire i target di miglioramento previsti, sia perché l’eccessivo affidamento
sul miglioramento del circolante e dei carburanti potrebbe portare a costi di abbattimento
complessivi superiori a quelli minimi. Ancora nelle parole dell’EEA (2008b p. 15): “There is
a limit to which we can expect technological and supply-side measures to tackle transport
emissions on their own, although their careful use can make a significant contribution to
making the sector more sustainable. It is for this reason that measures to manage and reduce
demand must play a larger role”; concetto ribadito anche di recente nella prospettiva degli
ambiziosi obiettivi al 2050: “Compliance with the target is also dependent on behavioural
change and performance improvements, as it is unlikely that technological improvement
alone will allow for the 60 % reduction by 2050” (EEA, 2011 p. 25)78.
Una considerazione avvalorata dall’evidenza di come vi siano diverse esternalità negative,
alcune delle quali in continua crescita negli ultimi decenni (in particolare la cogestione e
l’inquinamento acustico), che risultano strettamente dipendenti dall’evoluzione della mobilità
motorizzata e che possono beneficiare solo parzialmente, o per nulla, del progresso tecnico.
Sviluppare una maggiore attenzione nei confronti della domanda significa poter/voler
influenzare sia i volumi complessivi di mobilità (passeggeri e merci), sia le scelte modali e i
fattori di carico, sia il ciclo di guida (che include la collocazione spazio temporale degli
spostamenti e le modalità di conduzione dei mezzi), ovvero le tre componenti alla base delle
opportunità di disaccoppiamento delle pressioni dalle dinamiche reddituali (Fig. 29).
La gestione della mobilità rappresenta comunque un obiettivo di non facile raggiungimento,
visto che la domanda ha carattere tipicamente derivato, e può essere influenzata da un numero
assai diversificato di determinanti (Fig.29), in molti casi al di fuori della sfera diretta
d’influenza delle politiche pubbliche. La dinamica del reddito disponibile, ad esempio, è
considerata la determinante principale della domanda di trasporto (De jong, Van de Riet,
77 Un giudizio analogo è contenuto in ECMT (2007, p. 18) ove, sulla base della rassegna delle politiche adottate nei paesi OCSE, si sostiene che “reducing demand for transport is largely ignored”. 78 L’incertezza tecnologica nel medio lungo periodo è ben sintetizzata in quest’ulteriore considerazione: “Looking to the long term, the White Paper on Transport lists 40 initiatives that will help us to reach the 2050 target of 60% GHG reduction relative to 1990. Since transport activity increases in all modeled scenarios, the decarbonisation of the transport sector is in essence reliant on two major assumptions: the availability of sustainable and very low GHG biofules, and the use of almost carbon-neutral electricity (in line with the target set for the power sector) in electrified road transport. Both assumptions are extremely important, but also face important barriers and uncertainties that require determined actions”.
86
2008), sia attraverso l’impulso che produce sulla mobilità complessiva di persone e merci, sia
causando, prevalentemente attraverso la crescita della motorizzazione privata e del valore del
tempo, uno spostamento delle scelte degli utenti verso le auto. Anche altri fattori
socioeconomici – partecipazione lavorativa delle donne, composizione demografica per età,
stili di vita, dimensione e composizione dei nuclei familiari - vanno ad influenzare le scelte
degli agenti, senza che sia ipotizzabile un intervento diretto su di esse al fine di modificare la
domanda di trasporto.
Figura 29: Forze trainanti della domanda di trasporto
DETERMINANTI SCELTE RISULTANTI/INDICATORI
* La diffusione di mezzi privati risulta essere in questo schema logico sia un elemento di scelta - influenzato da fattori socioeconomici
come il reddito, la composizione familiare e la struttura spaziale -, sia una determinante che va a sua volta ad influenzare le altre scelte degli utenti (modalità, destinazione, periodo, etc.).
Fonte: adattamenti e integrazioni su De Jong, Van de Riet (2008).
Nel complesso, le politiche pubbliche possono intervenire solo su alcuni dei legami e delle
relazioni descritte in Fig. 29, sia indirizzandosi internamente al sistema di trasporto, sia
andando ad agire sui drivers esterni. Per quanto riguarda il primo campo d’azione, si fa
Fattori sociali - Dimensione e composizione familiare - Livello d’educazione - Composizione demografica per età - Stili di vita - Grado di partecipazione al mercato del lavoro - Livello di sensibilizzazione e consapevolezza
ambientale
Tipologia e livello di attività
Tipologia e livello
di consumi
Destinazione
Fattori economici - Reddito - Composizione per settori - Integrazione dei mercati - Modalità di commercializzazione dei beni - Modalità di organizzazione della mercato del
lavoro
Modalità
Frequenza
Flessibilità
Fattori spaziali
- Densità - Localizzazione delle attività e degli
insediamenti - Integrazione trasporti-pianificazione urbana
Sistema di trasporto - Disponibilità di mezzi privati* - Disponibilità e caratteristiche dei mezzi
pubblici - Capacità delle infrastrutture - Costo del trasporto - Tempo di viaggio
Motorizzazione*
Ciclo di guida
Periodo
Percorso
Modalità di guida
Numero spostamenti
e distanza (p-km e t-km)
Quote modali
Tassi di occupazione e riempimento
(v-km percorsi)
Eco-efficienza
(costo esterno per v-km)
=
=
87
riferimento ad un insieme composito di strumenti (Tab. 35) finalizzati, da una parte, al
potenziamento dei mezzi e delle scelte di trasporto ritenuti più eco-efficienti (realizzazione di
nuove infrastrutture di trasporto collettivo, miglioramento qualitativo dei servizi,
realizzazione di piste ciclabili, etc,) e, dall’altra, a disincentivare quelle meno desiderabili:
essenzialmente i mezzi su strada, utilizzati nelle ore e nelle zone di punta e con bassi
coefficienti di riempimento. Rispetto a tale quadro di opportunità, qui non analizzabile in
maggior dettaglio, va sottolineato come uno dei risultati consolidati nelle analisi di settore
(European Commission, 1999; Panella, Zatti, 2007) è che importanti effetti in termini di
diversione modale e migliore efficienza possano essere ottenuti solamente attraverso strategie
che coniughino elementi di miglioramento sul versante dell’offerta dei trasporti alternativi
(cosiddette misure pull) con quelli di disincentivo (push) della mobilità privata su strada. E’
infatti l’adozione di pacchetti di misure (policy packages) che porta ad incrementarne in modo
decisivo l’efficacia (rendendo più facilmente recepibile il disincentivo alla mobilità privata) e,
contemporaneamente, l’accettabilità (riducendo gli impatti negativi su chi è indotto a
modificare le proprie scelte). In assenza di tale combinazione, risulta viceversa elevato il
rischio che gli interventi non portino a risultati significativi, o che il raggiungimento di tali
risultati avvenga imponendo significative perdite di benessere agli utenti.
Tabella 35. Interventi interni al sistema di trasporto
Strumenti economici
Regolamentazione/ Organizzazione
Interventi infrastrutturali/
tecnologici
Formazione /sensibilizzazione
Mobilità complessiva
Misure push Accise sui carburanti Tariffazione dei parcheggi Road pricing
Misure push Bandi del traffico ZTL Targhe alterne Divieti o limitazioni di parcheggio
Scelte modali/ fattori di carico
Misure push Accise sui carburanti Tariffazione dei parcheggi Road pricing Misure pull
Sussidi al trasporto collettivo Incentivi al car pooling e al car-sharing
Misure push Bandi del traffico ZTL Targhe alterne Divieti o limitazioni di parcheggio Mobility manager Misure pull
Riforma e potenziamento TPL Mobility manager
Misure push Interventi di traffic calming Strutture di car sharing
Misure pull
Nuove infrastrutture di trasporto collettivo in sede propria Corsie riservate Piste ciclabili Strutture per l’intermodalità passeggeri e merci Sistemi di trasporto intelligente per il TPL
Azioni di sensibilizzazione e informazione sugli impatti derivanti dalle scelte di trasporto
Ciclo di guida
Misure push Road pricing con differenziazioni temporali e o spaziali Peak load pricing nel trasporto collettivo
Misure push ZTL e aree pedonali Limiti di velocità Imposizione di fasce orarie per la consegna delle merci Modificazione orari di apertura dei negozi, scuole e altri servizi
Misure push Interventi di traffic calming Nuove infrastrutture stradali (tangenziali, tunnel, etc) Sistemi di trasporto intelligenti
Azioni di sensibilizzazione e informazione (eco-driving, campagne nelle scuole)
Fonte: adattamenti su Zatti (2004).
88
Parimenti importante è considerata l’opportunità/necessità di andare oltre al solo sistema
trasportistico, risalendo all’origine delle determinanti della domanda e intervenendo su quelle
variabili che possono influenzarne in maniera significativa l’evoluzione quantitativa e
qualitativa nel tempo (EEA, 2008a e 2008b). La convinzione di fondo è che le decisioni
adottate in diversi settori (pianificazione territoriale, commercio,
produzione/distribuzione/consumo alimentare, educazione, turismo) contribuiscano a
determinare la performance ambientale dei trasporti (Tab. 36, per alcuni esempi), senza però
che tale influenza sia tenuta adeguatamente in considerazione nelle politiche d’intervento.
Caso emblematico e di notevole rilevanza in tal senso è rappresentato dai fattori spaziali e dal
settore della pianificazione territoriale che vanno ad influire significativamente sia sulle
esigenze complessive di spostamento, sia sulle scelte modali adottate per rispondere a tali
esigenze (European Commission, 2011a, EEA, 2006b e 2008b; De Jong, Van de Riet, 2008).
Una maggiore integrazione tra gestione del territorio e politica dei trasporti, che contribuisca79
ad invertire il processo di dispersione urbana sperimentato negli ultimi decenni80, rappresenta
quindi una delle priorità d’azione per poter modificare all’origine le esigenze di spostamento,
determinando effetti positivi su tutte le forme di esternalità generate dai trasporti.
In generale, l’emergere di un insieme composito e complesso di relazioni tra la domanda di
trasporto e le dinamiche interne ad altri ambiti socio-economici fa sì che gli effetti (previsti)
sulla domanda di mobilità debbano divenire una delle variabili di giudizio all’interno dei
processi di valutazione strategica (VAS, valutazioni d’impatto, etc) dei piani e programmi
settoriali (piani territoriali, piani di gestione rifiuti, piani turistici, piani energetici, etc),
affinché sia sviluppata una maggiore capacita di coglierne gli impatti sin dalle fasi iniziali
delle scelte strategiche. In assenza di tale capacità, sarà sempre necessario intervenire a valle,
riducendo i margini d’azione e, verosimilmente, amplificando i costi.
79 La dispersione urbana è un fenomeno complesso, alla cui base vi è una moltitudine di fattori economici, sociali, ambientali, demografici, abitativi, etc. Le scelte di pianificazione territoriale non possono agire da sole, ma possono certamente dare un contributo affinché sia promosso un trend opposto verso la densificazione e l’accorciamento delle distanze. 80 In Europa, i dati evidenziano che a partire dagli anni ’50 le città si sono espanse in media del 78%, mentre la popolazione solo del 33%, con una conseguente significativa riduzione delle densità abitative (EEA, 2006b).
89
Tabella 36. Driver esterni e loro influenza sulla domanda di trasporto
Pianificazione territoriale*
Industria** Turismo Commercio/ Distribuzione/
Consumo TRASPORTO PASSEGGERI
Volume/distanza Numero di spostamenti Alta Alta Alta Lunghezza degli spostamenti Alta Alta Alta Tassi d’occupazione Alta Modalità Mezzi non motorizzati Alta Bassa Bassa Auto Alta Media Alta Mezzi collettivi Alta Alta Alta Ferrovia Alta Alta Bassa Navigazione Bassa Media Bassa Aereo Bassa Alta Bassa Ciclo di guida Collocazione temporale Bassa Alta Alta Collocazione spaziale Alta Alta Alta TRASPORTO MERCI Volume/distanza Numero di spostamenti Alta Alta Lunghezza degli spostamenti Alta Alta Fattore di carico Alta Alta Modalità Auto Alta Alta Ferrovia Alta Media Navigazione Alta Alta Aereo Bassa Bassa Ciclo di guida Collocazione temporale Media Media Collocazione spaziale Alta Alta * Considerata solo per il trasporto passeggeri ** Considerata solo per il trasporto merci
Fonte: EEA (2008b).
“Getting the pricing right”: il nuovo paradigma di riferimento nella gestione della mobilità
Dopo un lungo periodo in cui i trasporti sono stati tassati (o non sono stati tassati) in relazione
ad una molteplicità di motivazioni – fiscali, equitative, legate al recupero dei costi delle
infrastrutture – si è affermata nel corso dell’ultimo decennio l’esigenza di attribuire un
crescente ruolo alla tariffazione come strumento di miglioramento dell’efficienza e
dell’efficacia delle performance settoriali. Nel contesto europeo, l’obiettivo del “getting the
pricing right”, attraverso la piena internalizzazione dei costi esterni, è visto come un’azione
chiave al fine del perseguimento della mobilità sostenibile81 e rappresenta un passaggio
81 Definita come un’evoluzione dinamica in cui la capacità di soddisfare le esigenze di mobilità risulta dissociata dagli effetti negativi ad essa correlati (European Commission 2008f).
90
cruciale della strategia della Commissione rivolta allo sviluppo di un sistema più verde dei
trasporti (EEA, 2011; Commissione europea, 201182; European Commission, 2008f).
Il principio di riferimento di tale approccio è quello del “costo marginale sociale” (European
Commission, 2008f), in base al quale i prezzi dovrebbero riflettere il costo aggiuntivo (di
breve periodo) causato dall’ utente delle infrastrutture, ove tale costo include sia le
componenti private che quelle esterne. Un principio considerato sia efficiente, perché solo un
prezzo che riflette tutti i costi sociali va a stimolare un uso efficiente delle infrastrutture e
determina valutazioni razionali sulle scelte future (collocazione degli insediamenti,
realizzazione delle infrastrutture, scelta delle tecnologie)83, sia equo, perché è
l’utente/inquinatore a pagare.
Il passo decisivo, e al contempo critico, da un punto di vista delle politiche d’intervento (Fig.
30), è quello di adottare forme impositive (tasse, tariffe, pedaggi, etc) che diano corretta
rappresentazione dei costi marginali esterni associati alle diverse modalità di trasporto, in
modo che si tenda verso una perfetta (e comunque crescente) corrispondenza tra costi
marginali sociali e costi marginali privati.
Lo stato di tale processo, come richiamato da diversi studi84, non risulta sinora soddisfacente:
per quanto, infatti, il quadro delle conoscenze sia complesso e non ancora pienamente
consolidato, l’idea prevalente è che l’attuale sistema impositivo rifletta in maniera parziale e
inadeguata il costo esterno, sia per quanto riguarda la dimensione complessiva del cuneo
fiscale gravante sugli utenti delle infrastrutture, sia, e in maniera più rilevante, dal punto di
vista delle caratteristiche qualitative dei prelievi stessi. In particolare, il principale problema è
individuato nella inadeguata capacità dei meccanismi di prelievo di riflettere la variabilità
temporale e spaziale che caratterizza i costi esterni associati ai trasporti.
Dal punto di vista delle politiche d’intervento, la sfida è quindi di ridefinire complessivamente
il sistema impositivo, promuovendone un progressivo e graduale85 adattamento, che sia in
82 Secondo il Libro Bianco (p. 15): “I fattori di prezzo svolgono un ruolo cruciale in molte decisioni che hanno effetti duraturi sul sistema dei trasporti. I diritti e le tasse attualmente applicati nel settore dei trasporti devono essere ristrutturati in direzione di una più diffusa applicazione dei principi “chi utilizza paga” e chi inquina paga…., mentre gli oneri complessivi per il settore dovrebbero riflettere i costi totali di trasporto, compresi i costi per l’infrastruttura e quelli esterni”. 83 Il concetto è ben espresso in European Commission (2009, p. 37): “The internalisation of external costs is crucial, not only for its immediate effects, but also because it will raise users’ awareness and will provide long-term signals to investors: this will gradually transform the transport system”. 84 ECMT (2003); EEA (2004); European Commission (2008c). 85 A riguardo, l’ECMT (la Conferenza dei Ministri dei Trasporti di circa 50 paesi europei ed extraeuropei) nella sua Resolution no. 98/1 “On the policy approach to internalizing the external costs of transport” ha opportunamente sottolineato come l’obiettivo della piena internalizzazione debba essere inteso in una prospettiva di lungo termine, tenendo conto dell’ampia distanza esistente tra l’attuale struttura dei costi e dei prezzi nel mercato trasportistico e quella ideale.
91
grado di riflettere tutte le componenti di costo esterno (danni alle infrastrutture, sicurezza,
ambiente, congestione), in base anche alla tipologia di veicolo, al luogo e al periodo di
percorrenza.
L’Unione Europea ha già sviluppato alcuni passi significativi in tale direzione: attraverso la
direttiva sui prodotti energetici86, la proposta di una tassazione dei veicoli differenziata in
base alle emissioni87 e la direttiva “Eurovignette” sulla tassazione dei veicoli pesanti88.
Risulta però evidente come, per ragioni di sussidiarietà e flessibilità, spetti ai governi
nazionali e, ancor più, locali, il compito e la responsabilità di compiere passi decisivi in
questa direzione, in particolar modo in merito a quelle forme di costi esterni con una forte
differenziazione spazio temporale.
Figura 30. Componenti di costo nel settore dei trasporti veicolari
Se è quindi immaginabile che la tassazione del carburante (nazionale o, eventualmente,
europea) rappresenti il principale strumento d’intervento per l’internalizzazione dei costi
commisurati all’effetto serra, dovranno essere le autorità decentrate a promuovere
l’applicazione e l’adeguamento di quelle forme di prelievo (in particolar modo tariffe di
parcheggio e pedaggi d’ingresso), che meglio possono adeguarsi alle specificità locali. Da
86 Direttiva 2003/96 e la successiva proposta di revisione COM(2007)2. 87 COM(2005)261 88 Direttiva 1999/62 come modificata dalla 2006/38.
COSTI SOCIALI
COSTI PRIVATI 1. Costi delle risorse
(carburante, manutenzione, ammortamento, possesso, assicurazione, etc..)
2. Costi non monetari (tempo di viaggio + rischio proprio d’incidenti + danni da inquinamento e rumore causati a se stessi)
COSTI ESTERNI Infrastrutture Inquinamento Congestione Incidenti
COSTI PRIVATI +
IMPOSIZIONE SUI TRASPORTI
FORME IMPOSITIVE SUI TRASPORTI Tassazione carburanti Tasse d’acquisto e di possesso Tariffe di parcheggio Pedaggio d’ingresso
?
92
questo punto di vista, appare chiaro come l’accento posto sull’utilizzo degli strumenti
economici vada ulteriormente a rafforzare il protagonismo delle autorità locali nel
perseguimento degli obiettivi settoriali.
93
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