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QUALE CARITAS PER QUALE CHIESA INCONTRI FORMATIVI DELLA CARITAS DIOCESANA DI BELLUNO-FELTRE PER L’ANNO 2014-2015 Testi e immagini a cura di Francesco D’Alfonso

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QUALE CARITAS PER QUALE CHIESAINCONTRI FORMATIVI DELLA CARITAS DIOCESANA DI BELLUNO-FELTRE PER L’ANNO 2014-2015

Testi e immagini a cura di Francesco D’Alfonso

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LA COMUNITA’ DELLE ORIGINI (AT 2, 42-47)

“[I discepoli] erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno.

Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati”.

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LA COMUNITA’ DELLE ORIGINI (AT 2, 42-47)

In At 2 Luca descrive una comunità ideale, ma certo protesa a diventare famiglia di Dio;

una comunità di fede, di preghiera e di carità;

è questo il segno distintivo della Chiesa : “L’amore del prossimo radicato nell’amore di Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma è anche un compito per l’intera comunità ecclesiale, e questo a tutti i livelli: dalla comunità locale alla Chiesa particolare fino alla Chiesa universale nella sua globalità” ( Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 20).

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LA COMUNITA’ DELLE ORIGINI (AT 2, 42-47)

Per realizzare questo modello è necessario andare alle sorgenti della carità, al Vangelo.

La carità, infatti, non è frutto della nostra buona volontà o della nostra capacità d’iniziativa o della nostra efficiente organizzazione, ma è dono di Dio (Nervo);

viene da Gesù Cristo, che vive nella Chiesa per mezzo dello Spirito; viene a noi dalla sorgente, che è la santissima Trinità.

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LA COMUNITA’ DELLE ORIGINI (AT 2, 42-47)

“Lo Spirito è anche forza che trasforma il cuore della Comunità ecclesiale, affinché sia nel mondo testimone dell’amore del Padre, che vuole fare dell’umanità, nel suo Figlio, un’unica famiglia. Tutta l’attività della Chiesa è espressione di un amore che cerca il bene integrale dell’uomo … Amore è pertanto il servizio che la Chiesa svolge per venire costantemente incontro alle sofferenze e ai bisogni, anche materiali, degli uomini” (Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 19).

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LA COMUNITA’ DELLE ORIGINI (AT 2, 42-47)

Le leggi dello stare insieme con Gesù, dunque dell’essere Chiesa, sono nel Vangelo:

1) il commento della lavanda dei piedi (Gv 13, 12-17: “Vi ho dato un esempio … perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” );

2) il comandamento nuovo (“Amatevi come io vi ho amato”, Gv 15, 12).

Non possiamo dividerci sul modo di “fare Chiesa” o nelle metodologie di apostolato:

l’unico modo di “fare Chiesa” è quello di farci servi gli uni degli altri,

e la prima tecnica apostolica è la bontà di cuore (C.M. Martini).

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LA CARITA’ NELLA CHIESA

Confrontandoci con la comunità delle origini poniamoci qualche domanda:

1) Siamo coscienti della presenza operante di Gesù Cristo, morto, risorto e vivente in mezzo a noi, dello Spirito Santo promesso da Gesù alla Chiesa e quindi della carità come dono di Dio?

2) Ci preoccupiamo di agire come protagonisti efficienti che organizzano la carità nella Chiesa o di ricevere con umiltà e riconoscenza il dono della carità e farlo fruttare con amore? (Nervo)

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LA CARITA’ NELLA CHIESA

Gesù è il centro della storia e della vita dell’uomo, quindi l’annuncio del Vangelo è il primo e fondamentale atto di carità perché risponde alle domande essenziali per la felicità di ogni uomo ed è il contributo più prezioso per rivitalizzare la comunità cristiana e la società civile.

In At 2 la Chiesa è comunità che annuncia, celebra e testimonia il Vangelo della carità.

La comunità cristiana è tutta insieme soggetto di carità: abbiamo superato il modello della delega?

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L’AQ

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A

Le iniziative di solidarietà delle Chiese del Nordest a L’Aquila dopo il terremoto del 6 aprile 2009 sono state il frutto della generosità di tanti e dell’impegno di singoli, gruppi e associazioni, comunità.

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LA CARITA’ NELLA CHIESA

Le “opere segno” sono espressione della comunità?

Il metodo della carità è l’assistenzialismo o la “presa in carico”?

Una comunità che sa aprirsi al territorio (scuola, mondo del lavoro, sanità, cultura, ecc.) per portarvi un messaggio: una Chiesa-comunione è un seme di speranza per il mondo (Pasini).

Questo esige volontà e capacità di collaborare e di “fare rete” a tutti i livelli.

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LA CARITA’ NELLA CHIESA

Gli strumenti della comunione e della corresponsabilità (consigli e commissioni pastorali) per una pastorale unitaria e missionaria.

“Uscire verso le periferie” del mondo (papa Francesco) ovvero la scelta preferenziale per i poveri e gli ultimi, radicata nel Vangelo.

Non escludere nessuno, ma agire come Gesù ha agito: avere attenzione per i più deboli e i più bisognosi, come in una famiglia:

“la scelta non è alla foce, ma alla sorgente: l’altra verrà da sé (Nervo).

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LA CARITA’ NELLA CHIESA

Non è una scelta ideologica o politica, ma è una scelta fondata sul Vangelo:

aprire gli occhi e il cuore (Nervo) alle persone in difficoltà;

questa affabilità indica “la premura che vogliamo avere gli uni per gli altri” (Siamo il profumo di Cristo, nota pastorale 2014) e dona bellezza alle relazioni umane.

Questo non è un discorso teorico, ma è la logica dell’amore, la logica della famiglia di Dio.

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L’AQ

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A, L

UG

LIO

2009

Asilo in tendopoli: avere cura dei bimbi mentre gli adulti non

sono in grado di gestire la

quotidianità sconvolta

dal terremoto.

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LA CARITA’ NELLA CHIESA

La scelta di una speciale attenzione per i più deboli e la testimonianza della carità appartengono all’intera comunità, perché sono aspetti essenziali della vita cristiana.

Come la preghiera e l’annuncio, non possono essere delegati ad alcuni.

Non tutti potranno far parte di istituzioni caritative, ma tutti sono chiamati ad esercitare le opere di misericordia!

Una parrocchia che vive questa scelta saprà fare spazio ai poveri come soggetti attivi e non passivi nella vita della comunità e assumerà uno stile di vita sobrio.

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LA CARITAS COME STRUMENTO PASTORALE

E’ essenziale che una comunità si educhi alla carità,

alimentandosi di solide motivazioni di fede, a partire dal fondamento, che è Cristo, il quale “non è venuto per essere servito, ma per servire” (Mt 20, 28);

assumendo, sull’esempio di Gesù, atteggiamenti, sentimenti, gesti che esprimano rispetto del prossimo e disponibilità all’aiuto concreto, così da diventare gli uni educatori degli altri (Pasini) come persone, come famiglie e come comunità.

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LA CARITAS COME STRUMENTO PASTORALE La Caritas è stata costituita dalla Chiesa italiana per

volere di Paolo VI più di quarant’anni fa per coltivare l’attenzione della comunità cristiana verso i poveri e i più deboli.

E’ un organismo pastorale che ha il compito di promuovere la testimonianza della carità della Chiesa,

di incoraggiare e sostenere le diverse espressioni del servizio caritativo, curandone il coordinamento ed esercitando una “prevalente funzione pedagogica” (cfr. doc. CEI)

e attivando la Caritas parrocchiale in ogni comunità. Non si tratta di creare strutture, ma di plasmare la vita della comunità cristiana secondo il Vangelo.

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LA CARITAS COME STRUMENTO PASTORALE

Caritas diocesane e Caritas parrocchiali hanno infatti lo scopo di promuovere una cultura evangelica della carità

e di inserire la dimensione caritativa nella pastorale organica della Chiesa.

Questo differenzia nettamente la Caritas da un’associazione o gruppo di volontariato, che sono realtà di natura privata, nascono dal basso e offrono alle persone l’opportunità di praticare la carità: la Caritas è creata dalla Chiesa, ha il Vescovo come presidente e ha il compito di far crescere la Chiesa nella carità (Pasini).

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LA CARITAS DIOCESANA: LE FINALITA’

Animare la comunità al senso della carità e della giustizia (Avvento, emergenze, problemi della povertà e della emarginazione, impegno per la giustizia).

Coordinare le iniziative ecclesiali di carità e di promozione umana nel rispetto reciproco e collaborando per obiettivi concreti e iniziative comuni.

Formare gli operatori della Caritas, i volontari, gli operatori professionali che operano nel territorio.

Sensibilizzare la Chiesa locale su fame e sottosviluppo.

Promuovere la solidarietà nelle emergenze.

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Bosnia-Erzegovina 1995: convoglio della Caritas tra Sarajevo e Mostar nella valle della Neretva

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LA CARITAS PARROCCHIALE

E’ un organo pastorale del consiglio pastorale o comunque della comunità parrocchiale per promuovere e coordinare l’impegno di carità nella parrocchia.

Si rapporta alla Caritas diocesana come la parrocchia si rapporta alla diocesi (comunione con il Vescovo).

Le difficoltà: la Caritas parrocchiale non è un qualsiasi gruppo caritativo, esistendo il quale si considera superflua la Caritas; inoltre la funzione pedagogica della Caritas non va confusa con i discorsi astratti sulla carità.

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LA CARITAS PARROCCHIALE: LE FINALITA’

Farsi carico dei bisogni dei poveri. Favorirne l’inserimento dignitoso e attivo

nella vita della parrocchia. Essere coscienza critica della

amministrazione pubblica e della società civile per i diritti dei poveri.

Diventare il punto d’incontro dei gruppi caritativi esistenti in parrocchia, cercando percorsi di collaborazione nel rispetto di tutti.

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LA CARITAS: COME OPERA

Per ogni bisogno rilevato occorre operare su due piani:

1) il piano dell’informazione e della sensibilizzazione;

2) il piano delle proposte operative. Ma, in conclusione, si tratta di “rendere

visibile, nella testimonianza di carità, l’amore di Dio per gli uomini e il suo progetto che viviamo come famiglia di Dio” (Nervo)

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LA CARITAS: QUALE FORMAZIONE

Per tutto ciò la formazione è essenziale. Scrive Benedetto XVI con riferimento a quanti operano nelle istituzioni caritative della Chiesa:

“(…) a tali operatori è necessaria anche e, soprattutto, la “formazione del cuore”: occorre condurli a quell’incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il loro animo all’altro, così che per loro l’amore del prossimo non sia più comandamento imposto per così dire dall’esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell’amore” (Deus caritas est, n. 31).

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FINEGRAZIE PER L’ATTENZIONE

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TRACCIA PER LA DISCUSSIONE

Alla luce di quanto proposto riflettiamo e interroghiamoci:

qual è il volto della carità nella mia/nostra comunità?

Quale contributo potrei/potremmo offrire per renderlo più luminoso?

Che cosa suggeriscono le parole collaborazione, corresponsabilità, rete, comunione in relazione alla testimonianza della carità?

Ritornare alle sorgenti?