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Proprietà e tutela dell’ambiente Prof.ssa Valeria Corriero Docente di Diritto privato dell’ambiente [email protected]

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Page 1: Proprietà e tutela dell’ambiente - uniba.it · superato i limiti delle leggi pregresse e della cultura conservativa, finalizzati esclusivamente a scopi di conservazione e di ricerca

Proprietà e tutela dell’ambienteProf.ssa Valeria Corriero

Docente di Diritto privato dell’ambiente

[email protected]

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Proprietà e tutela dell’ambiente :

• La proprietà funzionalizzata alla tutela dei valori naturalistici, paesaggistici eantropologico - culturali nelle aree naturali protette.

• La funzionalizzazione delle proprietà collettive alla conservazione del

patrimonio naturale: gli usi civici nelle aree naturali protette.

• La bonifica dei siti contaminati: regole di proprietà e regole di responsabilità ambientale a confronto.

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Delle Proprietà

• L’individuazione di diversi tipi di proprietà (Pugliatti) deriva dalle varie discipline di settore esistenti all’interno del diritto positivo, come quella sulle aree naturali protette e sui siti da bonificare, le quali prevedono regole di circolazione e di utilizzazione controllata;

• La funzione sociale viene assicurata dalle leggi che determinano i modi di acquisto (v. la legge sulla prelazione agraria e l’art. 15, comma 5, della l. 394/1991) e i modi di godimento (v. leggi sui beni paesaggistici e naturalistici, raccolte nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42 s.m.i.).

• Il dibattito dottrinale sul cosiddetto «terribile diritto» (Rodotà) si arrichisce di nuova linfa grazie agli interventi normativi in campo ambientale a livello internazionale, comunitario, nazionale e regionale, i quali utilizzano ai fini di tutela ambientale strumenti di natura civilistica.

• Il presente lavoro si pone come obiettivo un’indagine di carattere sistematico sul diverso atteggiarsi, seppure sempre in chiave funzionale, delle proprietà in campo ambientale, analizzando la disciplina di settore e la diversità morfologica dei beni, la cui diversa destinazione d’uso presenta quale minimo comune denominatore il fine ultimo di salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente e di protezione della salute umana (art. 174 Trattato UE).

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Delle Proprietà nelle aree protette

Anche nelle aree protette si dovrebbe parlare «delle proprietà», in relazione al grado di valore naturalistico del bene, in ossequio ad una ricostruzione dogmatica (Pugliatti), la quale ha da tempo avvertito il superamento di un modello unitario di proprietà;

Contrapposizione tra il termine piú antico «limitazioni» e l’espressione piú moderna di «funzione sociale»:

• il primo «manifesta la tendenza a mantenere la proprietà nell’orbita del privato, considerando la disciplina come un complesso di singolari doveri, oneri ed obblighi del proprietario»;

• la seconda si pone come superamento della nozione tradizionale di proprietà, in quanto considera le limitazioni come «attuazione della funzione del diritto o come il diritto stesso» (Costantino).

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Proprietà e Costituzione

La proprietà, quale diritto costituzionalmente garantito (art. 42), nello speciale regime di tutela delle aree protette è spesso sostanzialmente “svuotato” – o meglio arricchito di contenuti socialmente rilevanti - per garantire interessi a carattere “super-individuale”, come la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale della nazione.

Tali interessi derivano da valori, in parte sanciti in via diretta dalla Carta costituzionale:

• diritti inviolabili dell’uomo (art. 2);

• la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione(art. 9);

• la tutela della salute (art. 32);

in parte in via indiretta dalla stessa Costituzione, che a seguito della riforma del titolo V, ha inserito per la prima volta la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, nel testo costituzionale (art. 117, comma 2, lett. s).

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Proprietà funzionalizzata

La legge quadro sulle aree protette (l. 6 dicembre 1991, n. 394) contempla, all’art. 1, in attuazione degli artt. 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, i princípi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette.

Ipotesi di «proprietà funzionalizzata», assoggettata ad uno speciale regime di tutela, a prescindere dal soggetto titolare del diritto di proprietà; all’interno dei parchi, nazionali o regionali, il criterio discretivo si riferisce piú al profilo oggettivo, relativo al tipo di bene.

Sono stati superati i tempi della teorica dei limiti e dei vincoli del diritto di proprietà in termini di oneri reali o di servitú, sí che tale teoria va riletta alla luce della Costituzione, che assegna alla proprietà una funzione sociale (Perlingieri).

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Proprietà e iniziativa economica privata

La proprietà, come situazione giuridica soggettiva reale e statica, e l’iniziativa economica privata, come situazione giuridica complessa e dinamica, pur rappresentando degli istituti distinti e costituzionalmente garantiti (artt. 42, comma 2, e 41, comma 2, cost.), sono entrambi asserviti, in quanto facce di una stessa medaglia, ad assolvere una funzione sociale e un’utilità sociale;

Controllo dell’iniziativa economica privata in funzione della libertà, sicurezza e dignità umana (art. 41, comma 2, cost.);

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (art. 41, comma 2, cost.).

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Proprietari e non proprietari

.

lo Stato con legge formale ha assolto il compito di contemperaregli interessi in conflitto, in termini economici, dei proprietari allo sfruttamento del bene, i cui poteri dispositivi e di godimento vengono conformati dagli strumenti di pianificazione e di gestione dell’Ente parco, e dei non proprietari alla tutela della salute e alla conservazione del patrimonio naturale, con indubbio sacrificio dei primi, soprattutto nelle zone di riserva integrale.

Se si ridimensionasse l’ottica economica e si analizzasse la tutela del proprietario-persona, e non semplicemente del titolare di un diritto reale, si potrebbe superare il problema del conflitto di interessi, in quanto gli interessi dei proprietari e dei non proprietari coinciderebbero.

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Proprietà conformatanelle aree protette

La conformazione della proprietà dei beni rientranti nelle aree protette nazionali e regionali è operata direttamente dalla legge statale o regionale, nel rispetto della riserva di legge prevista dall’art. 42 cost., alla quale viene affidato il compito di determinare :

i modi di acquisto (si pensi alla prelazione dell’Ente parco);

i modi di godimento (si pensi alle zonizzazioni in funzione del diverso grado di protezione del territorio del parco):

i limiti della proprietà privata (vincolo a parco).

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Strumenti di pianificazione e di gestionenelle aree protette

Gli organi delle aree naturali protette assolvono la funzione di realizzare la protezione e la valorizzazione del patrimonio naturale della nazione, mediante gli strumenti giuridici disciplinati dalla legge quadro:

il Piano per il parco;

il Regolamento del parco;

il Piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili;

il nulla osta dell’Ente parco;

la locazione, l’acquisto degli immobili compresi nel parco, anche mediante espropriazione o esercizio del diritto di prelazione da parte dell’Ente parco (art. 15, comma 5, l. 391/1994).

Strumenti di conformazione che incidono sulle facoltà di godimento (i primi quattro) e di disposizione del proprietario (gli ultimi).

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Destinazione giuridica unitaria dei beni nelle aree protette

I beni, rientranti all’interno del territorio del parco, soprattutto quando ledimensioni di quest’ultimo sono abbastanza estese, possono presentarecaratteristiche diverse:

alcuni si caratterizzano paesaggisticamente, altri naturalisticamente, altri ancoraculturalmente, archeologicamente;

conseguenza:

frapporsi di regimi vincolistici previsti dalle varie leggi su tali tipi di beni.

la teorica dei beni, elaborata in seno agli studi sulla proprietà, dimostrerebbe, comegià ampiamente sostenuto in dottrina, la propria limitatezza, data laimpossibilità di inserire i beni rientranti nelle aree protette nella categoria deibeni di consumo o in quella dei beni di produzione.

tali beni, di là dalle diversità morfologiche, presentano un fattore comune, costituitodalla destinazione giuridica volta alla conservazione e alla valorizzazionedel patrimonio naturale della nazione.

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Il Piano per il parco

La legge cornice sulle aree naturali protette individua il Piano per il parco come strumento principale di conformazione delle proprietà ricadenti nei confini dell’area sottoposta al particolare regime di tutela, in vista della conservazione e della valorizzazione del patrimonio naturale.

Tale strumento di pianificazione utilizza il metodo urbanistico dello zoning per garantire la tutela dei valori naturalistici ed ambientali, nonché storici, culturali e antropologici tradizionali.

L’art. 1, comma 3, della l. n. 391/1994 annovera tra le sue finalità proprio la realizzazione di una integrazione tra uomo e ambiente naturale che si realizzi mediante metodi di gestione o di restauro ambientale e anche attraverso la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali.

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Contenuti del Piano per il parcoStrumento principale di conformazione del territorio

art. 12, comma 1, l. 394/1991

a) organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o particaratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela;

b) sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo aipercorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e aglianziani;

c) vincoli di destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazionerelative con riferimento alle varie aree o parti del piano;

d) sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale delparco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attivitàagro-turistiche;

e) indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna esull'ambiente naturale in genere.

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Evoluzione della concezione di Parco naturale

La tutela dei valori ambientali e naturali non può piú essere considerata come incompatibile o contrastante con gli interessi dei privati, dato che questa logica ha portato nel corso dei secoli ad uno sviluppo tecnologico ed industriale irrispettoso dell’ambiente;

L’ottica del legislatore nella legislazione contemporanea sulle aree protette ha superato i limiti delle leggi pregresse e della cultura conservativa, finalizzati esclusivamente a scopi di conservazione e di ricerca scientifica, preclusivi di qualsiasi utilizzazione del territorio anche nel caso di compatibilità con tali scopi. La concezione del parco naturale era «statica», secondo il modello dei primi parchi naturali, istituiti nella seconda metà del XIX secolo negli Stati Uniti e nel nord-Europa;

Nell’evoluzione storica dei parchi nazionali si parte dal modello del parco-riserva, il cui «schema normativo preferito era quello del divieto di massima di una serie di attività umane, con possibilità di eccezioni in seguito a permesso dell’autorità del parco».

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La zonizzazione del parcoart. 12, comma 2, l. 394/1991

• RISERVE INTEGRALI: l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità;

• RISERVE GENERALI ORIENTATE: è vietato costruire nuove opere edilizie,ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Sono consentite leutilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutturestrettamente necessarie, nonchè interventi di gestione delle risorse naturali acura dell'Ente Parco ed opere di manutenzione delle opere esistenti (art. 31, comma 1,lett. a) e b), l. 457/1978 ora art. 3 d.P.R. 380/2001);

• AREE DI PROTEZIONE: possono continuare, secondo gli usi tradizionaliovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastoralinonché di pesca e raccolta dei prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità; sono consentiti interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente Parco e, inoltre, opere di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere esistenti, interventi di restauro e di risanamento conservativo (art. 31, comma 1, lett. a) b) e c), l. 457/1978 ora art. 3 d.P.R. 380/2001);

• AREE DI PROMOZIONE ECONOMICA E SOCIALE: più estesamentemodificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attivitàcompatibili con le finalità istitutive del Parco e finalizzate al miglioramento dellavita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco daparte dei visitatori.

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Dalla massima conservazione

alla fruizione funzionalizzata alla conservazione del territorio

La zonizzazione si ispira al criterio del diverso grado di protezione, il quale determina un sistema che parte da una tutela integrale dell’ambiente(«riserve integrali») e giunge attraverso gradi intermedi («riserve generali orientate» e «aree di protezione») alle aree maggiormente antropizzate («aree di promozione economica e sociale»), nelle quali è consentito un utilizzo funzionalizzato sí, ma meno limitato.

La graduazione della protezione del patrimonio naturale ha come obiettivo la realizzazione sinergica delle esigenze di conservazione e valorizzazioneda un lato e di fruizione dall’altro delle risorse naturali, che la legge quadro sulle aree protette sembra soddisfare a pieno almeno sul piano normativo, mediante un sistema che va dalla massima conservazione alla fruizione funzionalizzata alla conservazione del territorio.

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Beni ambientali e paesaggistici

La giurisprudenza del giudice delle leggi ha considerato i beni aventi valenza ambientale e paesaggistica come categorie di beni originariamente di interesse pubblico (Corte cost., 29 maggio 1968, n. 56), sottoposti ad un particolare regime di proprietà, sí che i vincoli ad essi imposti non possono considerarsi come espropriazioni sostanziali, dalle quali discenderebbe l’obbligo di indennizzo in base all’art. 42, comma 3, Cost. e la durata temporanea degli stessi.

Le misure di salvaguardia, sia ex lege Galasso, sia in base all’art. 6 della 394/1991, essendo relative a particolari categorie di beni, rientrano nel contenuto dell’art. 42, comma 2, Cost., che ammette delle limitazioni poste dalla legge alla proprietà privata, qualora queste assolvano una funzione sociale.

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Diritti reali e di usi civici appartenenti alle collettività locali

art. 11, comma 5, della l. 394/1991

• La presenza all’interno del perimetro dei parchi nazionali e regionali di diritti reali e di usi civici appartenenti alle collettività locali, non pone alcun problema di «sdemanializzazione» (artt. 12, comma 2, l. 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici e 39 del r.d. 26 febbraio 1928, n. 332, che costituisce il regolamento di attuazione della legge), come rilevato dalla giurisprudenza costituzionale e dall’art. 11, comma 5, della l. 394/1991, il quale ultimo conserva il regime giuridico di tali proprietà collettive, in quanto svolgono da sempre una funzione sociale rispondente alla tutela di interessi collettivi, come quelli della tutela ambientale, paesaggistica e degli usi e delle consuetudini locali.

• I limiti che potrebbero derivare dall’inclusione delle terre di uso civico all’interno delle aree naturali protette sono legittimi, in quanto derivanti da leggi statali (l. 394/1991) e da leggi regionali, istitutive di aree protette di interesse locale.

• Non vi sono preclusioni al potere conformativo delle leggi regionali, purché queste rispettino i princípi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e siano relative alle materie di cui all’art. 117 cost., sí che la riserva di legge ex art. 42, comma 2, cost. può essere attuata anche da leggi regionali.

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Usi civici conformati alla

conservazione dell’ambiente naturale

Il comma 5 dell’art. 11, infatti, esprime un giudizio di eco-incompatibilità soltanto nei confronti di «eventuali diritti esclusivi di caccia delle collettività locali o altri usi civici di prelievi faunistici», i quali «sono liquidati dal competente commissario per la liquidazione degli usi civici ad istanza dell’Ente parco».

Gli usi civici rispecchiano appieno le finalità della legge quadro sulle aree protette, soprattuto in relazione alle modifiche apportate dalla l. 426/1998, che affianca alla tutela delle caratteristiche naturali e paesistiche la tutela dei valori antropologici, storicie culturali locali.

La destinazione pubblica dei beni silvo-pastoraliall’utilizzazione come fattori produttivi, impressa dalla legge del 1927, riguardante il riordinamento degli usi civici, viene conformata all’interesse della conservazione dell’ambiente naturale.

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Ratio dell’istituto degli usi civici

Rimeditazione della ratio dell’istituto degli usi civici, in quanto risulta superata la qualificazione di strumento di difesa della proprietà collettiva, finalizzata soltanto al soddisfacimento di utilità economiche, che determinava la configurazione di tali proprietà fondiarie come aventi ad oggetto beni produttivi in grado di soddisfare i bisogni primari delle collettività (diritto di legnatico, di fungatico, di erbatico, di pascolo, di semina, di caccia, di pesca, di abbeveraggio del bestiame, ecc.).

Inclusione delle terre di uso civico nell’elenco delle undici categorie individuate dalla legge Galassocome beni ambientali tutelati ex lege (lett. h, aree assegnate alle università agrarie e zone gravate da usi civici).

Si è sollevata la questione di illegittimità costituzionale di alcune disposizioni di leggi regionali, che includevano le terre di uso civico nel perimetro di alcuni parchi regionali, prima dell’emanazione della legge quadro sulle aree protette, la quale all’art. 11, comma 5, fa espressamente salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali nei parchi.

La Corte costituzionale (sent. 11 luglio 1989, n. 391) ha escluso che l’inclusione delle terre di uso civico potesse essere realizzata solo a seguito della procedura di «sdemanializzazione» (artt. 12, comma 2, l. 16 giugno 1927, n. 1766 e 39 r.d. 26 febbraio 1928, n. 332), realizzata attraverso il consenso della popolazione titolare del dominio collettivo.

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Locazione degli immobili compresi nel parco o

acquisizione mediante espropriazione

ad opera dell’Ente parco

L’art. 15, comma 1, della legge quadro, in alternativa all’esclusiva operatività del sistema vincolistico, derivante dalla zonizzazione ambientale prevista dal piano del parco, impresso alla proprietà privata, prevede altre strade percorribili per garantire il rispetto delle finalità del parco:

a) la prima soluzione non modifica il regime di appartenenza del bene, ma si sostanzia nella costituzione di un diritto personale di godimento in favore dell’Ente parco, in quanto prevede la locazione a quest’ultimo di beni appartenenti a soggetti diversi da questi (che possono essere soggetti pubblici o privati);

b) la seconda è rappresentata dall’acquisizione mediante espropriazione per pubblica utilità da parte dell’Ente parco (art. 42, comma 3, cost.);

c) la terza prevede l’acquisizione mediante esercizio del diritto di prelazione sul trasferimento a titolo oneroso della proprietà e di diritti reali su terreni situati all’interno delle riserve integrali e delle riserve generali orientate, di cui all’art. 12, comma 2, lett. a) e b).

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Vincoli urbanistici e vincoli paesaggistici

L’inclusione dei beni privati in queste zone rendenecessaria una rilettura costituzionalmente orientatadell’art. 832 c.c. Il dubbio da sciogliere è fino a chepunto il legislatore ordinario, coperto dalla garanziacostituzionale della funzione sociale della proprietà,possa spingersi a limitare i diritti di uso, digodimento e di disposizione del proprietario, senzadeterminare una sostanziale espropriazione.

Vincoli urbanistici preordinati all’espropriazione: la giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost. n. 55 del 1968) li sottopone alla regola alternativa della necessaria temporaneità o dell’indennizzo.

Vincoli paesaggistici: il giudice delle leggi (Corte cost. n. 56 del 1968), ha da tempo affermato di non poter inquadrare negli schemi dell’espropriazione, dei vincoli indennizzabili e dei termini di durata i beni immobili aventi valore paesistico - ambientale, «in virtú della loro localizzazione o della loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualità indicate dalla legge». Attuazione dei princípi costituzionali della funzione sociale della proprietà e del conseguimento del razionale sfruttamento del suolo(artt. 42, comma 2, e 44, comma 1, cost.).

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Vincolo a parco come vincolo paesaggistico

In dottrina (Dell’Anno) ha arricchito il sistema dei vincoli con quello naturalistico -ambientale, a seguito dell’emanazione della legge cornice sulle aree protette e dell’istituzione del Ministero dell’ambiente (l. 349/1986), affiancandolo a quelli piú antichi (idrogeologico, forestale, paesaggistico, di uso civico) ed a quelli generali di tipo urbanistico.

I vincoli a parco potranno definirsi come vincoli paesaggistici, qualora si voglia individuarli come species nell’àmbito del genus paesaggistico contrapposto a quello urbanistico, o come vincoli ambientali, data la natura ambientale del bene, rientrante nelle undici categorie previste dalla legge Galasso, o come vincoli naturalistici, data la finalità di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale, ma in ogni caso si sottrarranno al principio dell’indennizzabilità sancito dall’art. 42, comma 3 cost. ed al criterio decadenziale temporale.

Sono vincoli di zonizzazione del territorio, che stabiliscono la destinazione d’uso del territorio del parco e sono manifestazione della potestà conformativa e non espropriativa dell’Ente parco.

La qualificazione del vincolo a parco come vincolo paesaggistico dovrebbe essere preferita, tra le varie soluzioni, anche in ossequio alla disciplina del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ove scompare la categoria dei beni ambientali.

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Indennizzabilità per vincoli alle attività agro - silvo - pastorali

e per vincoli, temporanei o parziali, relativi ad attività

«astrattamente» compatibili

L’art. 15, comma 2, della legge quadro prevede due tipi di vincoli, indennizzabili in base a differenti criteri:

a) «vincoli generali» derivanti dal piano alle attività agro - silvo - pastorali, il cui indennizzo viene stabilito sulla base di princípi equitativi;

b) «vincoli temporanei e parziali» relativi ad attività eco-compatibili, secondo gli strumenti di pianificazione e gestione delle aree protette, che comportano compensi e indennizzi calcolati tenendo conto degli svantaggi e dei vantaggi derivanti dall’attività del parco.

È bene sottolineare che la previsione dell’indennizzabilità dei vincoli alle attività agro -silvo - pastorali e alle attività compatibili non è obbligatoria, per quanto si tratti di attività sostenibili, ma è data la possibilità all’Ente parco, in relazione alle disponibilità finanziarie, di corrispondere una forma eventuale di compensazione economica per le diminuzioni del potere di godimento subite.

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Equo ristoro

ai vincoli imposti ad attività ontologicamente compatibili

La maggiore sensibilità mostrata dal legislatore per alcuni tipi di vincolo a parco (art. 15, comma 2, l. 394/1991), in realtà si giustifica per essere i vincoli allo jus utendi e allo jus colendi, relativi ad attività ontologicamente compatibili con le finalità di conservazione e di valorizzazione delle risorse naturali, sí che la limitazione delle facoltà, che possono contemporaneamente soddisfare interessi generali (come la tutela dell’ambiente) e interessi individuali del proprietario, merita un equo ristoro.

L’ultimo comma dell’art. 15 della legge quadro stabilisce che l’Ente parco provvede a destinare un apposito capitolo del bilancio al pagamento degli indennizzi, con dotazione adeguata al prevedibile fabbisogno, sulla base di un programma che stabilisca le opportune priorità.

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Prelazione dell’Ente Parco e suo riscatto

All’interno del panorama dei diritti di prelazione disciplinati nel nostro ordinamento la prelazione dell’Ente parco(art. 15, commi 5 e 6, l. 394/1991) si distingue per una serie di peculiarità soggettive e oggettive, per le modalità di esercizio del diritto e infine per l’importanza dell’interesse protetto

La prelazione legale in favore dell’Ente parco vede come soggetto onerato il titolare del diritto di proprietà o di diritti reali di terreni, che rientrano nelle zone individuate dal piano del parco come riserve integrali o come riserve generali orientate, il quale intenda trasferirli a titolo oneroso e non gratuito (si escludono, quindi, le donazioni).

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Oggetto del diritto di prelazione dell’Ente Parco

Oggetto della prelazione: non soltanto diritto di proprietà, ma anche dai diritti reali sui terrenicompresi nelle riserve integrali e nelle riserve generali orientate (art. 12, comma 2, lett. a e b);

La formula ampia contenuta nell’art. 15, comma 5, ossia «diritti reali», consentirebbe di includere tutti i diritti reali di godimento, eccetto i diritti reali di garanzia; tuttavia la limitazione personalistica e l’incedibilità dei diritti di uso e di abitazione (art. 1024 c.c.), riduce la possibilità di esercitarli soltanto al caso in cui il proprietario li costituisca per contratto;

Pertanto soggetto onerato della prelazione disciplinata dall’art. 15 della legge quadro non è soltanto il proprietario, come di solito avviene nelle altre ipotesi di prelazione legale, ma anche l’enfiteuta, l’usufruttuario e il superficiario.

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Preferenza accordata ai prelazionari agrari

Altro aspetto singolare della prelazione in esame è rappresentato dalla preferenza accordata ai prelazionari agrari (art. 8 della l. 26 maggio 1965, n. 590), i quali sono preferiti all’Ente parco in caso di trasferimento a titolo oneroso della proprietà o nel caso in cui il proprietario decida di concedere l’enfiteusi.

La prelazione dell’Ente parco non incontrerà limiti, quindi, soltanto in caso di trasferimento a titolo oneroso del diritto di superficie e del diritto di usufrutto.

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La precedenza a favore dei prelazionari agrari

nelle riserve integrali

La dottrina (Carboni ) ha sollevato il dubbio sulla razionalità della previsione della precedenza accordata dalla stessa norma in favore dei beneficiari della prelazione agraria.

Nelle riserve integrali, il grado di protezione dell’ambiente naturale è cosí elevato da non ammettere alcun tipo di attività, neanche sostenibile; la destinazione d’uso del territorio anziché prevedere un uso particolare (agricolo, edilizio o altro), sembra prevedere un «non uso».

Il legislatore avrebbe potuto limitare la precedenza a favore dei prelazionari agrarisoltanto nelle riserve generali orientate, in cui sono consentite «le utilizzazioni produttive tradizionali».

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Modalità di attuazione dell’offerta di acquisto da parte

dell’onerato

Anche le modalità di attuazione dell’offerta di acquisto da parte dell’onerato presentano diversità:

• la proposta di alienazione deve contenere la descrizione catastale dei beni, la data di trasmissione del possesso, l’indicazione del prezzo e delle sue modalità di pagamento.

L’Ente parco deve esercitare la prelazione entro tre mesi dalla notifica della proposta di alienazione, mentre i beneficiari della prelazione agraria devono esercitarlo entro trenta giorni.

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Il riscatto dell’Ente parco

In caso di omessa denuntiatio, il bene acquistato dal terzo in virtú di un contratto valido ed efficace, potrà venir meno a seguito dell’esercizio del diritto potestativo di riscatto da parte dell’Ente parco. Si verifica, quindi, una sostituzione con effetto ex tunc dell’Ente parco all’acquirente a seguito della dichiarazione unilaterale recettizia di quest’ultimo, anche se subordinata all’effettivo pagamento del prezzo o alla sua offerta reale.

Condizione per l’esercizio del diritto di riscatto del diritto di prelazione dell’Ente parco è costituita da:

• mancata notificazione da parte del dante causa;

• superiorità del prezzo notificato rispetto a quello di cessione che risulta dalla trascrizione.

Il diritto di riscatto nei confronti dell’acquirente o di ogni altro successivo avente causa a qualsiasi titolo deve essere esercitato entro un anno dalla trascrizione dell’atto di compravendita (come per la prelazione agraria, mentre nella prelazione urbana è di 6 mesi e per il retratto successorio fino a quando dura la comunione).

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Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale possono

essere attivate su iniziativa degli interessati non responsabili (art. 245 d.lg. 152/2006 s.m.i.)

•L’obbligo di effettuare gli interventi di bonifica grava sull’autore di contaminazione.

i proprietari non responsabili della contaminazione non hanno alcun obbligo, ma

soltanto la facoltà di eseguire gli interventi di bonifica (art. 245 d.lg. 152/2006 s.m.i).

bonifica da parte della P.A., (Comune territorialmente competente, e ove questo

non provveda, la Regione (art. 250 d.lg. 152/2006 s.m.i.), qualora i soggetti

responsabili della contaminazione non provvedano direttamente alle procedure di

bonifica, ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito

né altri soggetti interessati.

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Onere reale sul sito da bonificare art. 253 d.lg. 3 aprile 2006

La normativa vigente, anche quando ricorre ad istituti desueti come l’onere reale, li inquadra sempre in un’ottica di proprietà funzionalizzata:

• onere reale sul sito da bonificare, qualora gli interventi di bonifica siano stati effettuati dalla P.A (art. 250 d.lg. 152/2006), a causa dell’inerzia dei responsabili della contaminazione e di coloro che sono titolari di situazioni giuridiche soggettive reali o personali;

• l’onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica;

• le spese sostenute per gli interventi di bonifica sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree da bonificare (art. 2748, comma 2, c.c.); si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile.

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La disciplina delle bonifiche utilizza il desueto istituto dell’onere reale sul bene immobile

oggetto di bonifica da parte dell’amministrazione pubblica, onere che grava sul

proprietario, colpevole o meno dell’inquinamento, rendendolo debitore degli

interventi di risanamento.

Tale istituto generalmente considerato come un peso inevitabile al diritto di proprietà, un

limite legale necessario a garantire la funzione sociale di tale diritto (Bigliazzi Geri), nei

procedimenti di bonifica viene a caratterizzarsi per essere particolarmente oneroso,

soprattutto in assenza di una responsabilità diretta del proprietario.

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Oneri reali e privilegi speciali

art. 253, commi 4 e 5, d.lg. 3 aprile 2006

Il proprietario non responsabile dell’inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di

provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990,

n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di

mercato del sito. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell’inquinamento abbia spontaneamente

provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile

dell’inquinamento per le spese sostenute e per l’eventuale maggior danno subito.

Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti da contributi pubblici entro il

limite massimo del 50% delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici

connessi ad esigenze di tutela igienico - sanitaria e ambientale o occupazionali.

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Proprietà funzionalizzata alla salvaguardia ed al ripristino ambientale

L’inefficiente applicazione da parte del legislatore italiano del principio “chi inquina paga” ha fatto sì che quest’ultimo ricorresse alle regole della proprietà, ed in particolar modo all’onere reale, per assicurare una tutela rispristinatoria effettiva.

Malgrado la proliferazione delle fattispecie di illecito civile, in materia di responsabilità ambientale si registra uno strano arretramento delle regole della responsabilità ed una funzionalizzazione della proprietà in chiave ripristinatoria. La funzione sociale della proprietà nella disciplina della bonifica dei siti contaminati risulta essere il rimedio volto a consentire una tutela ambientale effettiva, dal momento che le regole della responsabilità non consentono né di individuare l’effettivo responsabile della contaminazione in base a parametri soggettivi, né sono sorrette da criteri di imputazione oggettiva.