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1 PROMOZIONE SOCIALE E VOLONTARIATO A CONFRONTO Atti e materiali del convegno 25.9.2004 “Promozione sociale e volontariato: realtà e nuove prospettive” A cura di Davide Cester e del CSV di Padova COLLANA ELEMENTI

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PROMOZIONE SOCIALE E VOLONTARIATO A CONFRONTO

Atti e materiali del convegno 25.9.2004

“Promozione sociale e volontariato: realtà e nuove prospettive”

A cura di Davide Cester e del CSV di Padova

COLLANA ELEMENTI

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PRESENTAZIONE

La legge n. 383/00 sulle associazioni di promozione sociale – e soprattutto l’attuazione a livello

locale da parte delle Regioni – hanno posto molte associazioni di fronte ad un bivio, e creato

difficoltà soprattutto in quegli enti, da sempre inseriti nel volontariato, di cui si è prospettato un

passaggio alla promozione.

La legge nazionale sembra infatti voler distinguere due categorie, sulla base dei concetti di

gratuità e mutualità: associazioni che operano a favore di terzi, rientranti nel volontariato, e

associazioni che operano per i propri soci, che sembrano trovare spazio nella promozione. La

legge 383/00 però dimentica o comunque non si pone in maniera chiara rispetto a quelle

associazioni che operano per i propri soci ma contemporaneamente per la collettività o

restituiscono loro benefici sociali. Un’analisi approfondita vede la necessità di analizzare anche

la questione relativa alla retribuzione dei soci, estranea al volontariato ma non alle associazioni

di promozione sociale, che vogliono conservare la possibilità di assumere (alcuni) soci senza

dover scegliere la forma di cooperativa sociale. Ma soprattutto, sotto il profilo etico, il

volontariato – che esiste già prima della legge 266 e quindi a prescindere da essa – non intende

allontanarsi dal suo genoma e dalla sua originaria collocazione, opzione che potrebbe

determinare una caduta d’impegno da parte dei volontari stessi.

Nell’organizzare il convegno “Promozione sociale e volontariato: realtà e nuove

prospettive”, tenutosi a Padova in data 25 settembre 2004 presso l'Aula Magna dell'Istituto

Tecnico "Duca degli Abruzzi", il Centro di Servizio per il Volontariato di Padova si è posto

l’obiettivo di rendersi interprete di queste e altre problematiche, coinvolgendo le associazioni e i

rappresentanti istituzionali, sia a livello locale, sia a livello nazionale.

In seguito al convegno, inoltre, la Consulta del Volontariato, l’Associazione Centro Servizi

Padova Solidale (composta da 300 organizzazioni di cui 257 iscritte al registro regionale del

volontariato) e il MoVI Movimento Volontariato Italiano di Padova hanno presentato alla

Regione Veneto – nella persona dell’Assessore alle Politiche Sociali e No-Profit Sante Bressan –

una proposta/traccia per un testo di legge da inserire nella legge finanziaria regionale del 2005,

o comunque per la formazione di una legge regionale sulla promozione sociale che disciplini

anche i rapporti con la L.R. Veneto n. 40/91 sul volontariato. Tale proposta intende porre i

criteri per la distinzione delle due figure, criteri incentrati sugli ambiti di operatività e sulle

finalità istituzionali dell’associazione, e prevede la possibilità per le organizzazioni, comunque

costituitesi, di identificarsi in uno solo dei registri regionali.

Auspichiamo che questo nuovo numero di “elementi” – che contiene gli atti del convegno,

opportunamente “rivisitati” dai relatori, e molteplici riferimenti alle questioni più dibattute –

possa costituire un valido strumento di lavoro e un contributo per le associazioni e gli esperti del

settore.

Il Presidente

Giorgio Ortolani

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IL PERCORSO DEL LEGISLATORE:

DAL VOLONTARIATO ALLA PROMOZIONE E OLTRE (On. Domenico Lucà1)

LE ORIGINI: ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO E COOPERATIVE SOCIALI

Se è difficile definire gli elementi che caratterizzano i tratti distintivi tra associazionismo di

promozione sociale, organizzazioni di volontariato ed altre tipologie di soggetti che

appartengono al cosiddetto terzo settore, in realtà è ancora più complesso farlo con esclusivo

riferimento alle norme di legge, anche perché quelle di carattere nazionale di cui disponiamo

sono di riferimento generale, quasi delle leggi cornice: la L. 381/91, riguardante le

cooperative sociali, ancor prima quella di riferimento per le ONG, la L. 266/91, che

regolamenta non tanto il volontariato, ma i rapporti tra le organizzazioni di volontariato e le

istituzioni pubbliche.

Successivamente sono intervenute altre normative: quella che introduce nell'ordinamento le

Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (le famigerate Onlus), ne prevede i settori

di intervento e stabilisce una particolare disciplina di ordine fiscale, comprendendovi anche le

Organizzazioni di Volontariato e le Cooperative sociali, e quella che riguarda le Associazioni di

promozione sociale con la L.383/00.

In genere sono norme, soprattutto quelle contenute nella L.266 e nella L.383, che vengono

calate e applicate sul territorio attraverso una ulteriore legislazione regionale. Per il volontariato

le Regioni hanno provveduto in diversi momenti con proprie normative, integrate anche in anni

successivi; per quanto riguarda le Associazioni di Promozione Sociale la maggior parte delle

Regioni non ha provveduto ad attuare la legge nazionale.

Prima di approdare alla normativa di cui abbiamo detto, si è parlato molto di volontariato e

di associazionismo; tutto il mondo del cosiddetto terzo settore aveva avviato una iniziativa di

pressione molto forte nei confronti del Parlamento già a partire dagli anni '80, nel corso dei

quali le Camere avevano provato più volte a legiferare senza riuscirvi. Il tentativo era di fare

una legge quadro, con riferimento particolare ai soggetti di natura privata senza scopo di lucro

e con finalità di utilità sociale. Non si è riusciti ad arrivare ad una legge cornice che

comprendesse tutti i soggetti non profit, anche per ragioni di contrasto all'interno dello stesso

mondo degli enti destinatari. Alla fine il legislatore ha deciso che era urgente separare con una

normativa specifica le organizzazioni di volontariato, considerato che era in via di forte

accelerazione un processo di intensa collaborazione tra gli enti pubblici e le organizzazioni

medesime, collaborazione per la quale la pubblica amministrazione si “inventava” spesso

strumenti più diversi, al fine di stabilire le relazioni con detti enti. L’esigenza principale era

quella di consentire all’ente pubblico l’erogazione di servizi attraverso l'esperienza, l'attività e il

contributo delle organizzazioni di volontariato. Il Parlamento fu investito della responsabilità di

indicare alcuni criteri per definire questo rapporto.

1 Deputato, esperto del terzo settore per i Democratici di Sinistra.

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Ecco perché si deve considerare la L.266 una legge diretta non a violare l'autonomia del

volontariato, o ad ingerirsi nella sua attività e nel suo spirito autonomo, libero e creativo, ma a

valorizzare, riconoscere e accompagnare, sulla base degli articoli 2, comma 3 e 18 della

Costituzione, queste vere e proprie risorse della società. Quindi una normativa diretta a meglio

tutelare gli stessi soggetti nel rapporto con la pubblica amministrazione, e inoltre a garantire la

società stessa dai rischi derivanti da attività di organizzazioni che non hanno assolutamente

finalità solidaristiche e che mascherano lo scopo di lucro attraverso il non-lucro, in una forma di

abusivismo associativo assai diffuso quanto pericoloso. Questa è la ragione dell'introduzione di

regole e riferimenti normativi particolari per le associazioni di volontariato che più diffusamente

collaborano e prestano un importante servizio di pubblica utilità e di interesse generale. Il

legislatore ha riconosciuto in esse uno spirito fondato sui principi di gratuità e di solidarietà, che

andava incoraggiato prima di qualsiasi altra finalità. Questo è il senso della Legge 266, che le

Regioni, con proprie disposizioni, hanno integrato, introducendo elementi di valorizzazione che

tenevano conto della specificità del territorio e della realtà locale.

Le disposizioni della L.266 hanno escluso altre tipologie associative, che per questo ne sono

risultate sfavorite, poiché la legge quadro, con lo strumento delle convenzioni, ha

regolamentato esclusivamente i rapporti tra Organizzazioni di volontariato ed enti pubblici. Ci

sono state di conseguenza realtà associative che pur di entrare in questo sistema, hanno

tentato di adeguare la loro vera natura - magari estranea allo spirito del volontariato – per

aderire alle prescrizioni della legge, riorientandosi e modificando addirittura gli statuti. E si è

così verificato un considerevole afflusso ai registri, dopo essersi adeguate ai requisiti indicati

dalla legislazione. Da qui la preoccupazione delle organizzazioni di volontariato – che prima

avevano fatto pressione per una legge a loro dedicata – che vedevano affluire nei “loro” registri

soggetti che modificavano la propria identità, per poter stipulare le convenzioni con gli enti

pubblici altrimenti a loro precluse.

In parallelo a questo processo si realizzava la piena attuazione della legge 381 sulle

cooperative sociali, una nuova tipologia di organizzazione privata senza scopo di lucro: una

organizzazione che si definisce per le sue caratteristiche economico-imprenditoriali e per

l'erogazione di prestazioni e di servizi i cui tratti fondamentali sono la professionalità, il lavoro

dipendente, le competenze specifiche degli operatori, la struttura organizzativa complessa ecc.,

tutti aspetti che non caratterizzano il volontariato.

Tornando alla L.266 e ai suoi esiti, nel corso degli anni successivi alla sua approvazione, è

cresciuta una duplice pressione sul legislatore: da un lato da parte delle Organizzazioni di

volontariato, che chiedevano la conferma di una legislazione di garanzia, rispetto alle proprie

caratteristiche originarie di gratuità e solidarietà; dall'altro, da parte degli altri soggetti del terzo

settore (associazione di promozione sociale, associazioni sportive, ecc.) che chiedavano una

regolamentazione legislativa specifica, per accedere ad agevolazioni analoghe a quelle previste

dalla L.266.

LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE

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La discussione iniziata nel '96, si è conclusa nel 2000 con l'approvazione della legge 383 sulle

associazioni di promozione sociale. I tratti distintivi tra Organizzazioni di volontariato e

Associazioni di promozione sociale non sono certamente “apocalittici”, ma senza dubbio vi sono

differenze importanti e ben conosciute.

Le Aps svolgono attività di utilità sociale – recita l'articolo 2 – a favore di associati e di terzi, senza fini di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli aderenti.

Nel caso delle Aps, però, il principio di gratuità non è esclusivo come nelle organizzazioni

di volontariato. In queste ultime l’esistenza di operatori professionali e di prestazioni di lavoro

dipendente o autonomo non è completamente impedita, ma ammessa esclusivamente nei limiti

necessari al regolare funzionamento, cioè quando sia condizione indispensabile a garantire il

normale svolgimento delle attività e delle funzioni istituzionali, oppure quando siano occorrenti a

qualificare o specializzare le attività svolte. Le Aps, invece (cfr. art. 18), si avvalgono

prevalentemente delle attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita dei soci, il che

significa che ci possono essere lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, ma non con quella

esclusività e con quella rigidità che è prevista nelle organizzazioni di volontariato.

LO STATO DELLA LEGISLAZIONE E LA REALTÀ CONCRETA DEGLI ENTI NON PROFIT

La legislazione regionale deve fare il resto, ma a tale proposito ritengo che uno dei problemi sia

l’anomalia del nostro Paese nell’ordinamento delle organizzazioni senza scopo di lucro. In altri

Paesi non ci sono legislazioni così settoriali per tipologia di soggetti, ma esistono leggi di portata

assai più generale che disciplinano gli enti privati senza scopo di lucro. Negli Stati Uniti, ad

esempio, prevalgono le fondazioni (quindi la natura patrimoniale), strutture molto capitalizzate

che gestiscono ad esempio fondi di previdenza e, a volte, pezzi importanti dello stato sociale.

In Italia, come abbiamo visto, la legislazione nasce e si sviluppa in modo molto

frammentato: prima i Patronati, poi le Organizzazioni non governative per la cooperazione

internazionale allo sviluppo, poi il Volontariato, le Cooperative, le Onlus, le Associazioni di

promozione sociale. Un ventaglio molto ampio e variegato e ciò fa scaturire una riflessione in

ordine alla eventualità di una nuova legge quadro in grado di disciplinare unitariamente tutte

queste tipologie organizzative.

Ma, almeno in questo momento, il mondo del volontariato non vuol sentir parlare di una

legge quadro che comprenda tutti i soggetti che appartengono al terzo settore. Probabilmente,

le Organizzazioni di volontariato avvertono la minaccia di essere travolte o di essere omologate

ad altre forme associative e di perdere quindi il proprio carattere originario, la propria radice, la

propria vocazione.

D’altra parte, la collaborazione con le amministrazioni pubbliche ha generato una situazione

in cui sia le associazioni, sia le cooperative, sia le organizzazioni di volontariato gestiscono

servizi, e oltretutto vi è in atto un processo di progressiva trasformazione di questi soggetti, in

cui prevale sempre più la identità istituzionale e la configurazione economico imprenditoriale.

Soprattutto, si riduce sensibilmente la differenza tra ciò che fanno gli uni e ciò che fanno gli

altri.

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Anche l'amministrazione locale, a volte, fatica a comprendere che un’ associazione di

volontariato, ad esempio, non può gestire un servizio “pesante”, ad alto contenuto di

professionalità e con caratteristiche di regolarità, che non può gestire sistemi complessi di

prestazioni, ma deve invece essere favorita nella sua funzione partecipativa, di tutela dei diritti,

di anticipazione di servizi che poi l'amministrazione pubblica assume con regolarità, di

promozione di piccole disponibilità al servizio e all'attenzione verso le persone svantaggiate.

L'associazione di volontariato, ad esempio, non può essere assimilata ad una cooperativa.

Quando un pubblico amministratore non fa queste distinzioni, crea certamente un problema, un

corto circuito, soprattutto con riferimento a quei servizi importanti e significativi che non

possono essere promossi e gestiti indistintamente da una associazione di promozione sociale,

da una cooperativa o da una organizzazione di volontariato.

Ecco, allora, l'esigenza di distinguere nel concreto ciò che ciascuno di questi soggetti può

fare.

Nella cooperativa, naturalmente, prevale il dato economico, la natura imprenditoriale, la

complessità organizzativa, e, nel caso si stipuli una convenzione, dell'erogazione di un servizio

in nome e per conto dell'amministrazione; nell'associazione prevale la funzione di

promozione, di informazione, la organizzazione di servizi rivolti anche ai propri associati e di

attività che hanno dinamiche di mutualità, di intervento e di soccorso in un ambito intra-

associativo e non solo verso la comunità, e tutto ciò va valorizzato perché un’associazione può

essere composta da persone che si sostengono reciprocamente. L’organizzazione di

volontariato ha soprattutto una proiezione esterna solidaristica, dove la gratuità è elemento

fondativo ed esclusivo.

Non si tratta di tagliare con l'accetta: vi sono dei dati di prevalenza.

Bisogna ribadire a proposito che l'esigenza di mantenere quelle distinzioni (le

Amministrazioni in questo senso hanno importanti responsabilità) è utile anche e soprattutto

per tutelare e salvaguardare l'utente/beneficiario, che ha diritto di sapere a quale titolo un

operatore si presenta alla sua porta per svolgere un servizio nell’ambito di una responsabilità

pubblica,sia che si tratti di un funzionario del Comune, dell’ operatore di una cooperativa, dello

psicologo, di un infermiere o di un particolare volontario. Tutto questo per mantenere corretto e

chiaro il rapporto tra i soggetti erogatori di servizi e coloro che ne godono, in uno spirito di

fiducia e responsabilità

Siamo quindi di fronte all'esigenza di armonizzare, e non – come già detto – di fare una

legge quadro, che non sarebbe gradita al mondo del volontariato per i motivi sopra indicati e

che magari porterebbe all’esigenza di dover creare un quarto settore.

GLI ULTERIORI PROGETTI DI LEGGE

Ho preparato e depositato alla Camera una proposta legge di riforma della L.266, proprio per

andare incontro a questa esigenza di investire di più sulle funzioni di promozione e di

partecipazione del volontariato e sul suo coinvolgimento nella programmazione dei servizi in

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tutti i settori nei quali il suo contributo risulta determinante, cercando di cogliere i suggerimenti

e le esigenze delle associazioni.

Questa proposta di legge è rimasta ferma, in attesa del progetto di legge del Governo che non

è stato ancora portato all’attenzione del Consiglio dei Ministri, sembra per contrasti nella

maggioranza e con il Ministero del Tesoro, in ordine alla revisione dell'articolo 15 riguardante i

Comitati di gestione, alla funzione delle fondazioni, al ruolo dei centri di servizio e via dicendo.

Desidero concludere accennando al Disegno di legge sull’Impresa Sociale presentato dal

Governo, e approvato dalla Camera dei Deputati, con il quale si introduce nell'ordinamento una

nuova figura giuridica di carattere economico-imprenditoriale. Si tratta di un testo molto

sintetico, una Legge delega, contenente alcuni criteri ai quali il Governo si deve attenere

nell'approvare Decreti con i quali disciplinare l’Impresa sociale. In sede parlamentare sono stati

presentati numerosi emendamenti dall’opposizione, molti dei quali sono stati approvati, con il

risultato che è stato votato un testo molto diverso rispetto all'originale. In questo momento la

legge è al Senato, in Commissione giustizia, ma è bloccata per problemi di copertura finanziaria.

Si pone, infatti, una questione di ordine fiscale, relativamente al trattamento tributario

dell’Impresa sociale. Uno dei tratti fondamentali di questo nuovo soggetto è rappresentato della

capitalizzazione, prevista per sopperire alle difficoltà del soggetto “impresa sociale” che noi oggi

conosciamo – e cioè la cooperativa – di fruire di finanziamenti da fonti diverse dalla Pubblica

Amministrazione. Si pensa insomma che in prospettiva non sia più sostenibile che questi

soggetti economici ed imprenditoriali senza scopo di lucro si possano avvalere esclusivamente

dei proventi che derivano dalle convenzioni con l'ente pubblico; condizione di dipendenza

economico-finanziaria che li fa spesso diventare vere e proprie appendici della pubblica

amministrazione.

Da qui l’esigenza di agevolare un processo attraverso il quale questi soggetti possano

avvalersi di risorse provenienti anche da altre fonti e possano fare investimenti al fine di

sostenere processi di innovazione, riorganizzazione, formazione, e via dicendo. L'affluenza di tali

risorse deve essere quindi agevolata, attraverso meccanismi che assicurino una convenienza

all'ingresso nell'assetto “societario” dei privati e degli enti pubblici, seppur non in maggioranza.

Questo può creare dei rischi, ma anche delle opportunità.

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VOLONTARIATO E PROMOZIONE SOCIALE:

I NODI VENGONO AL PETTINE (Davide Cester1)

INTRODUZIONE

Compito tanto ingrato quanto stimolante il mio – e soprattutto, tra gli altri, dei Centri di Servizio

per il Volontariato – di addentrarsi e navigare insieme alle associazioni in questo arcipelago di

norme, figure, soggetti giuridici, registri ed iscrizioni. La visuale dall’alto (o meglio, dal basso)

non è delle più semplici: associazioni riconosciute e non riconosciute, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, gruppi e movimenti, organizzazioni non lucrative di utilità sociale, organizzazioni non governative, ora anche imprese sociali, associazioni sportive dilettantistiche e altro ancora: devo confessare che anche gli addetti ai

lavori danno qualche segno di difficoltà a dipanare una matassa che via via non sembra

semplificarsi ma accrescere solo nelle proporzioni, sotto l’azione di una continua stratificazione

legislativa.

Vista l’estrema difficoltà di dare una risposta univoca alle molte questioni sul campo, e

considerati anche gli autorevoli interlocutori, vi chiederei la cortesia di considerare questo

incontro, per quel che mi riguarda, come un “laboratorio”, in cui porre alcune questioni e

cercare per quanto possibile, alcune soluzioni o vie interpretative.

ODV E APS NEL SISTEMA DELLE DUE LEGGI QUADRO STATALI

Si potrebbe dire: i nodi del legislatore vengono al pettine. E le Regioni useranno le forbici? O

lasceranno le doppie punte? Questi infatti – sotto le mentite spoglie di una scelta di

acconciatura – i problemi di molte delle associazioni/organizzazioni di volontariato2 iscritte ai

registri regionali di cui alla legge 266/91, dopo l’entrata in vigore e l’attuazione a livello locale

della legge n. 383/00 sulle associazioni di promozione sociale3.

Introducendo la nuova disciplina, infatti, il legislatore non ha specificato quale sia

la differenza “ontologica” – se vi deve essere – tra le associazioni di volontariato e le

loro cugine (o meglio, sorelle) di promozione sociale, e soprattutto se una qualifica

escluda l’altra: nella quasi totalità dei casi, però, entrambe assumono la forma di associazione

non riconosciuta, hanno un atto costitutivo e uno statuto dal particolare ma analogo contenuto,

e agiscono per scopi ideali, senza distribuire gli eventuali utili, in settori comuni o coincidenti.

Gravate del problema sono, appunto, soprattutto le Regioni, cui il legislatore ha affidato

il compito della tenuta dei registri, dell’individuazione dei procedimenti di iscrizione e

cancellazione e, nella sostanza, proprio ai fini dell’accoglimento delle domande di iscrizione e

1 Avvocato, consulente legale del Centro di Servizio per il Volontariato della Provincia di Padova. 2 In seguito anche “Odv” o “Adv”. 3 In seguito anche “Aps”.

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delle revisioni periodiche dei registri medesimi, della qualificazione e dell’inquadramento

concreto di una associazione in uno o nell’altro profilo. Poteri e atti regionali che hanno precise

conseguenze sulla vita delle associazioni e che si intersecano – con potenziale contrasto – con

quelli della Direzione Regionale dell’Entrate, considerato che l’iscrizione ad un registro (del

volontariato) comporta l’automatica applicazione delle agevolazioni fiscali delle Onlus, mentre

l’iscrizione all’altro (della promozione sociale) non è assistita da questo automatismo, e

comporta conseguenze più limitate sul piano fiscale, salvo che l’ente non profit sia nelle

condizioni di poter usufruire comunque della disciplina di favore del D.Lgs. 460/974.

Lo stesso schema della legge n. 383 ricalca, del resto, quello della legge quadro sul

volontariato: individua una vastissima categoria di enti, che perseguono, questa volta, l’“utilità sociale” (concetto molto generico anzi forse onnicomprensivo), ne prevede l’iscrizione ai registri

locali e – questa una novità – ad un registro nazionale, definisce il contenuto necessario degli

statuti, ne descrive le possibili fonti di entrata, fissa i criteri che le amministrazioni devono

seguire nei rapporti con tali enti, principalmente sotto il profilo della stipula di convenzioni e

della concessione di finanziamenti; prevede, infine, alcune agevolazioni fiscali. Il principale e

generale effetto è quindi quello di introdurre nell’ordinamento un ulteriore soggetto,

disciplinato – come per le Odv – sia da una lex specialis (la n. 383), sia da norme

esterne e precedenti, principalmente di natura civilistica (artt. 14 ss e art. 36 ss codice

civile, D.P.R. n. 361/00) e tributaria (D.Lgs 460/97 e D.P.R. 917/86). Niente di nuovo sotto il

sole, come si dice.

In alcuni articoli della L. 383/00 i tradizionali principi civilistici vengono peraltro

addirittura ignorati: all’art. 2, comma 1 si dice che sono associazioni di promozione sociale

anche “i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni”, nozioni che non hanno reale

fondamento giuridico e che vanno ricondotte, di necessità, alle forme dell’associazione, della

fondazione o del comitato regolate dal codice civile; all’art. 6 si prevede, in relazione ad

eventuali debiti dell’associazione, una sorta di beneficium excussionis a favore di coloro che

hanno agito per conto dell’ente5, dimenticando però che anche una Aps, ottenuto il

riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato secondo il procedimento del D.P.R. n.

361/00, dovrebbe godere di autonomia patrimoniale, con conseguente impossibilità per i

creditori dell’associazione di agire (pur in via subordinata) sul patrimonio individuale degli

amministratori6. Sono altri colpi al vecchio sistema delineato nel titolo I del codice civile, di cui si

invoca da tempo una riforma.

Le incertezze interpretative e attuative della legge 383/00 nascono tuttavia

principalmente non per quello che la legge dice, bensì per le sue lacune.

4 Decreto Legislativo nel quale è contenuta, appunto, la disciplina delle Organizzazioni Non Lucratice di Utilità Sociale. 5 L’art. 6, comma 2, stabilisce che i creditori possono rivalersi sul patrimonio di chi ha agito in nome e per conto dell’associazione solo dopo aver aggredito senza risultato il patrimonio dell’associazione. 6 Autorevole dottrina sostiene che l’iscrizione al registro delle Aps, e la normativa corrispondente, prevalgano sulle norme civilistiche, e che pertanto l’Aps dotata di personalità giuridica ma anche iscritta al registro della promozione si veda privata “dell’unico privilegio acquisito chiedendo il riconoscimento civilistico (l’irresponsabilità degli amministratori per le obbligazioni assunte)”; cfr. De GIORGI, La scelta degli enti privati: riconoscimento civilistico e/o registrazione speciale?, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2001, n. 2, p. 83ss.; cfr. anche GIARMOLEO, Attività commerciale ed enti non profit, Padova, 2003, p. 215.

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Questo innanzitutto perché nel disciplinare proprio le “associazioni di promozione

sociale” il legislatore della 383 ha tralasciato di indicare che ne deve essere sia delle

“associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno”, e a cui il D.Lgs 460 (art. 10 comma 9) aveva esteso le agevolazioni

fiscali in ordine alle attività tipiche della Onlus, sia delle “associazioni di promozione sociale”

finanziate con legge n. 476/87 e rifinanziate, con legge n. 438/98, addirittura anche per il

periodo successivo all’entrata in vigore della 383. Se i commentatori e gli “addetti ai lavori”

sostengono che dopo l’entrata in vigore della legge n. 383 le “associazioni di promozione

sociale” siano, o debbano essere, solo – o per meglio dire, tutte – quelle regolamentate e

finanziate sulla base della legge stessa, il Parlamento sembra non aver accolto tale tesi: anche

la successiva legge n. 328/00 sul “sistema integrato di servizi sociali” fa infatti riferimento (art.

18 comma 1) agli “enti e associazioni nazionali di promozione sociale di cui all'art. 1, comma 1, lettere a) e b), della legge 19 novembre 1987, n. 476 e successive modificazioni, maggiormente rappresentativi” quali soggetti coinvolti nel procedimento di formazione del Piano nazionale

degli interventi e dei servizi sociali.

LA DISTINZIONE TRA LE DUE FIGURE E LA DIVERSA ISCRIZIONE AI REGISTRI REGIONALI

Come già anticipato, la principale incertezza creata dal sistema delle due leggi quadro

riguarda però proprio l’esistenza e l’individuazione di una linea di separazione tra le

associazioni di promozione sociale e le organizzazioni/associazioni di volontariato.

La 383, infatti non include espressamente le Adv nel novero delle associazioni di

promozione sociale, ma nemmeno le esclude, cosicché, in teoria, anche una Adv – anzi,

molte di loro – può astrattamente inquadrarsi in un ente di promozione sociale se associazione

non riconosciuta o riconosciuta “costituita al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore […] di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati”, e

non avente come finalità “la tutela esclusiva di interessi economici degli associati” (cfr. art. 2

legge n. 383).

Nel silenzio o incertezza della legge, la non sovrapponibilità tra le due figure di ente non

profit va quindi dedotta – se esiste – dal complesso della disciplina di legge, senza tuttavia

ricadere nella tendenza, alle volte esistente, di citare solo quelle disposizioni che non qualificano

il soggetto giuridico, ma semplicemente regolano “a valle” la vita e l’azione di un ente che ha

già, o ha già scelto, una sua identità.

Il rapporto tra le due figure è stato affrontato “di petto” dalle Regioni che, nel

disciplinare l’iscrizione ai registri delle Aps, hanno previsto l’incompatibilità o alternatività

rispetto all’iscrizione ai registri del volontariato7.

Ora, dall’incompatibilità dettata dalle leggi regionali, del tutto giustificabile sul piano

operativo e probabilmente – come vedremo – coerente anche sul piano dei principi, deriva una

7 Cfr. art. 20 L.R. Friuli Venezia Giulia n. 13 del 15.5.2002; art. 10, comma 2 L.R. Toscana n. 42 del 9.12.2002; art. 4, comma 6 L.R. Emilia Romagna n. 34 del 9.12.2002.

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disciplina forse più rigorosa rispetto a quella delineata dal sistema delle due leggi quadro (L.

266 e L. 383), ed effetti che potrebbero esser considerati un limite all’autonomia delle

associazioni non profit, che devono scegliere tra un registro e l’altro, quando invece il legislatore

nazionale non imponeva espressamente tale alternativa8.

Da tale incompatibilità deriva inoltre una serie di problemi applicativi, che si

affronteranno in seguito9.

APPROFONDIMENTO: GLI AMBITI DELLA LEGISLAZIONE STATALE E REGIONALE IN MATERIA DI

VOLONTARIATO E ASSOCIAZIONISMO Proprio in ragione di tale maggior “rigore” rispetto alla legge quadro, le norme regionali

sull’incompatibilità andrebbero valutate sotto il profilo della legittimità costituzionale, per capire

cioè se sia consentito alle Regioni disporre in tal senso.

Il tema, assai delicato, e non suscettibile in questa sede di una organica trattazione,

investe la natura e i limiti della potestà legislativa regionale in ambito di volontariato e

associazionismo, ed è già stato affrontato addirittura dalla Corte Costituzionale con sentenza n.

75 del 28.2.199210, nella quale i giudici costituzionali hanno svolto affermazioni precise e

incisive, sostenendo che i principi fondamentali della legge quadro nazionale sul volontariato

vincolavano anche la legislazione “esclusiva” delle regioni a statuto speciale con conseguente

impossibilità, per gli enti regionali, di regolare la materia in modo difforme o contrastante11.

Le riforme della Carta Costituzionale nel frattempo introdotte12 hanno modificato il

quadro delle competenze legislative esistenti all’epoca della sentenza del 1992; anche nella

nuova formulazione dell’art. 117 Cost., tuttavia, volontariato e associazionismo di

promozione sociale non sono contemplati, e diversi sono i profili (forse non incompatibili) di

un loro inquadramento:

a) innanzitutto, anche se non compresi nella tassativa elencazione delle materie di competenza

esclusiva statale di cui all’art. 117, comma 2, potrebbero rientrarvi per tutti gli aspetti della loro

8 Autorevoli studiosi, dopo l’entrata in vigore della 383/00, hanno ritenuto che tale incompatibilità non sussista, o comunque non si possa desumere dalle leggi quadro, con evidenti problemi di sovrapposizione di competenze e comunanza di discipline: cfr. PONZANELLI, Leggi speciali, disciplina tributaria, riforma del codice civile, in Il volontariato a dieci anni dalla legge quadro di ROSSI-BRUSCUGLIA, Milano, 2002, p. 59; De GIORGI, La scelta degli enti privati…, cit., p. 92. 9 Ci si riferisce, ad esempio, al caso di un’associazione a carattere nazionale che ottenga, ai sensi dell’art. 7, comma 2 L. 383/00, l’iscrizione al registro nazionale delle APS: cfr. infra. 10 La sentenza è riportata in Foro It, 1992, I, 2578 e Giur. It., 1992, I, 1 1206, con nota di PALICI DI SUNI; cfr. anche BRUSCUGLIA “266/91 - La legge sul volontariato - analisi e commento giuridico”, Padova, 1993, p. 9ss. I profili di diritto costituzionale relativi al volontariato sono affrontati anche da CELOTTO, Legislazione regionale sul volontariato, in Il volontariato a dieci anni.. cit., p. 93ss. 11 Alcuni passi della sentenza vanno espressamente richiamati: “il volontariato non costituisce una materia ma un modo d'essere della persona nell'ambito dei rapporti sociali e, in quanto tale, sfugge a qualsiasi rigida classificazione di competenza; come schema generale di azione nella vita di relazione, basato sui valori costituzionali primari della libertà individuale e della solidarietà sociale, il volontariato esige che siano stabilite, da parte del legislatore statale, le condizioni necessarie affinché sia garantito uno svolgimento dello stesso il più possibile uniforme su tutto il territorio nazionale, al fine specifico di garantire l'essenziale e irrinunciabile autonomia che deve caratterizzare le stesse organizzazioni di volontariato e le loro attività istituzionali; i principi cui le regioni e le province autonome dovranno attenersi, in base alla l. n. 266 del 1991, vanno qualificati come principi generali dell'ordinamento giuridico, in ragione della concorrente circostanza che attengono strettamente a valori costituzionali supremi e che contengono criteri direttivi così generali da abbracciare svariati e molteplici campi di attività materiali”. 12 La nota riforma del titolo V della Costituzione in senso “federalista” e in particolare dell’art. 117 Cost. attuata con legge costituzionale n. 3/01.

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disciplina che vi hanno diretta attinenza, come ad esempio la normativa fiscale (cfr. art. 117,

comma 2, lett. e: “sistema tributario”: significa ad esempio che una legge regionale non

potrebbe dettare una disciplina tributaria degli enti non profit diversa da quella stabilita dal

legislatore nazionale13), la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (lett. m) o, ma in

termini assai difficili da definire, l’ “ordinamento civile” (lett. l; per cui una norma regionale non

potrebbe modificare la disciplina delle associazioni di cui al codice civile, anche se, per la verità,

per “ordinamento civile” si deve intendere in una accezione assai ampia tutto ciò che

direttamente o indirettamente può interferire nei rapporti tra privati);

b) salvo quanto detto al punto a), volontariato e associazionismo di promozione sociale

possono probabilmente essere di volta in volta indirettamente ricondotti alle materie di

competenza concorrente Stato/Regioni di cui all’art. 117, comma 3, se e in quanto aventi

finalità e oggetto riferibili alla “tutela della salute”, all’“ordinamento sportivo”, alla “protezione civile”, alla “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali” (cfr. art. 117, comma 3), ambiti che entrambe le leggi quadro dicono

espressamente voler promuovere e tutelare14. In tali settori la legislazione regionale si deve

esplicare nei limiti dei “principi fondamentali” della legislazione nazionale;

c) secondo una terza prospettiva, volontariato e promozione sociale, in quanto o quando “non espressamente riservate alla legislazione dello Stato” (né esclusiva né concorrente, cfr. ipotesi

a) e b), sarebbero soggette alla competenza legislativa regionale primaria/esclusiva dell’art.

117, comma 4, come tale soggetta ai soli “principi fondamentali” non tanto e non più delle leggi

quadro nazionali, ma, assai più genericamente, dell’ordinamento giuridico, vale a dire

principalmente i valori costituzionali.

Quindi, sia in ambito di legislazione primaria/esclusiva regionale (cfr. punto c), sia,

ancor più, in ambito di legislazione concorrente (tesi forse da preferire, cfr. punto b), non

sembra ci sia valido motivo per ritenere del tutto superati gli argomenti della Corte

Costituzionale nel “lontano” 1992, secondo cui volontariato (e associazionismo), sarebbero da

considerarsi schemi generali “di azione nella vita di relazione”, basati “sui valori costituzionali primari della libertà individuale e della solidarietà sociale” (e, si può aggiungere, del diritto di

associazione), di talché i principi – ma solo i principi e in quanto tali – contenuti dalla L. 266 e

dalla 383/00 (assai più vicina in termini di tempo, anzi, appena precedente alla riforma del titolo

V della Costituzione, e quindi assai più contestualizzata), vanno “qualificati come principi generali dell'ordinamento giuridico, in ragione della concorrente circostanza che attengono strettamente a valori costituzionali supremi e che contengono criteri direttivi così generali da abbracciare svariati e molteplici campi di attività materiali”15.

13 Non è un caso che l’art. 23 L. 383 permetta agli Enti Locali di ridurre, a favore delle Aps, solo i tributi “di propria competenza”. 14 In particolare la L. 266/91 all’art. 1, comma 1, parla di “conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale”; la L. 383/00 all’art. 1, comma 1, si riferisce al “conseguimento di finalità di carattere sociale, civile, culturale e di ricerca etica e spirituale”. 15 Anche la giurisprudenza costituzionale successiva alla riforma dell’art. 117 sembra offrire argomenti a sostegno dell’esistenza di materie “trasversali” fondate su valori costituzionalmente protetti. In una fattispecie in realtà diversa, riguardante la legge regionale Lombardia in materia di “attività a rischio di incidenti rilevanti”, di cui era stata invocata l’illegittimità perché difforme (e più rigida) rispetto alla legge statale di riferimento, la Corte Cost., con sentenza 26.7.2002, n. 407 (in Giur. It., n. 3/03, 417ss) ha affermato che l’ambiente (rientrante nelle competenze esclusive

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L’INCOMPATIBILITÀ TRA I REGISTRI E I PRINCIPI DELLE LEGGI 266/91 E 383/00

Definito, anche se in termini necessariamente approssimativi, il passaggio di cui sopra, rimane

allora da capire se la previsione regionale dell’incompatibilità tra i due registri si ponga

effettivamente in contrasto con il sistema dei principi delle due leggi quadro e con l’esigenza –

sottolineata dalla Corte nel 1992 – di assicurare una disciplina uniforme in tutto il territorio

nazionale.

Quali, pertanto, i principi delle leggi quadro da considerarsi inderogabili, “cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato [e associazioni di promozione sociale] nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti” (art. 1, comma 2

legge 266 e art. 1, comma 2 legge 383)? Quali i criteri che le Regioni devono necessariamente

utilizzare nell’ambito dell’esercizio dei loro compiti, pur assai estesi, di “individuare le finalità di carattere sociale, civile e culturale dell’attività di volontariato” (art. 1 L. 266), di disciplinare

“l’istituzione e la tenuta” dei registri del volontariato, di determinare “i criteri per la revisione periodica dei registri, al fine di verificare il permanere dei requisiti e l'effettivo svolgimento dell'attività di volontariato da parte delle organizzazioni iscritte” (art. 6 L. 266), di disciplinare

“con proprie leggi, l’istituzione dei registri, i procedimenti per l’emanazione dei provvedimenti di iscrizione e di cancellazione nonché la periodica revisione dei registri” delle associazioni di

promozione sociale (art. 8 L. 383)?

Tra questi principi vanno probabilmente annoverati, per ciò che riguarda l’oggetto di

questa indagine, i requisiti per l’iscrizione delle Odv e delle Aps nei rispettivi registri: a tal

proposito l’art. 6, comma 3 della L. 266 stabilisce che hanno diritto all’iscrizione le Odv in

possesso dei requisiti dell’art. 3 16, mentre l’art. 7, comma 4 della L. 383 fa riferimento ai

requisiti dell’art. 2 17.

Incompatibile con le leggi quadro (o meglio, con i principi ivi contenuti) sarebbe

pertanto, con buona probabilità, una legge regionale che negasse l’iscrizione alle associazioni

dotate delle caratteristiche individuate dalle stesse leggi nazionali, o che, al contrario,

permettesse l’inserimento nei registri, ad esempio, di “partiti politici” o “organizzazioni sindacali”, e ciò in netto contrasto con l’art. 2, comma 2, L. 383.

Le Regioni – come visto – hanno però inteso completare o specificare la legge

nazionale, inserendo un ulteriore elemento preclusivo all’iscrizione nel registro delle Aps, ovvero

statali ex art. 117, comma 2, lett. s) può essere considerato un “valore costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di “materia trasversale in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale”. 16 E cioè lo svolgimento di attività di volontariato, la prevalenza delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti, l’assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l’elettività e la gratuità delle cariche associative, e altre indicazioni nello statuto: si tratta degli elementi cardine della disciplina delle associazioni di volontariato. 17 E cioè lo svolgimento di attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati; a tali requisiti si deve aggiungere – ovviando così necessariamente ad una grave lacuna del legislatore – quello dell’art. 18, ovvero la prevalenza delle prestazioni volontarie, libere e gratuite degli associati. Anche questi requisiti vanno probabilmente considerati principi fondamentali di legge, in quanto caratterizzanti la figura dell’Aps.

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l’esistenza di una precedente iscrizione al registro del volontariato, con ciò ritenendo non

sussista alcun principio di legge “nazionale” che attribuisca alle Odv iscritte al volontariato il

diritto all’iscrizione alla promozione (qualora ne abbiano i requisiti oggettivi). La Regione Veneto

ha fatto un passo ulteriore18, perché, escludendo “dal registro delle Aps le organizzazioni di volontariato già iscritte al Registro regionale”, ha giustificato la scelta dell’incompatibilità delle

iscrizioni con l’“incompatibilità del regime giuridico delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale”,. Quindi, se in generale la scelta delle Regioni può

considerarsi ispirata all’esigenza di evitare confusioni, contrapposizioni, e soprattutto disparità di

trattamento (ad esempio doppi finanziamenti e contribuzioni, qualora una stessa associazione

fosse inserita in entrambi i registri), la Regione Veneto ha fondato l’alternatività dei registri

anche sull’incompatibilità dei due regimi giuridici delineati dalle due leggi quadro, mostrando

cioè di voler così attuare non altro che quello che considera un principio

implicitamente contenuto nelle leggi nazionali: quello per cui, in sostanza,

considerato il diverso trattamento giuridico, o si sta da una parte, o si sta dall’altra.

Il riferimento alla posizione regionale sopra citata consente di giungere al nocciolo del

problema. Esiste veramente, nel sistema delle leggi quadro, questa incompatibilità dei

regimi giuridici tra Odv e Aps tale da giustificare l’alternatività dei registri? E, se sì,

come tracciare uno spartiacque tale da assegnare ai due enti non profit una collocazione (più o

meno) definitiva? Se tale linea di demarcazione dovesse far rientrare nell’area della promozione

sociale anche alcune o molte associazioni di volontariato attualmente iscritte nei registri

regionali del volontariato, quale sarebbe la sorte di queste ultime?

Per tentare di tare una risposta a tali quesiti vediamo se esistono criteri certi per

stabilire se una associazione o organizzazione rientri nel volontariato o nella promozione sociale.

I PRINCIPALI CRITERI DISTINTIVI TRA VOLONTARIATO E PROMOZIONE SOCIALE:

1) I DESTINATARI DELL’ATTIVITÀ ISTITUZIONALE E IL FINE SOLIDARISTICO Come è noto, uno dei criteri più seguiti per delineare e distinguere le due figure è quello

relativo ai destinatari dell’attività istituzionale: se le Adv – si dice – svolgono la loro

18 In Veneto il dibattito Aps-Odv ha assunto una notevole importanza e urgenza, avendo la Regione tra le prime istituito i registri e concesso finanziamenti. La Regione Veneto ha disciplinato nella finanziaria (art. 43 L.R. n. 27 del 13.9.2001) solo l’istituzione del registro delle Aps e ha demandato alla Giunta Regionale l’emanazione di un apposito regolamento per la disciplina dei relativi procedimenti di iscrizione, cancellazione e revisione. In esecuzione di tale disposto è stata adottata la deliberazione di G.R. n. 2652 del 10.10.2001 (Criteri e modalità di iscrizione al registro regionale delle associazioni di promozione sociale) che ha approvato i requisiti di iscrizione al registro regionale delle associazioni di promozione sociale (allegato “A”) e ha rinviato, per la tenuta del registro regionale delle Aps, alla disciplina della L.R. 40/93 sulle Odv, in quanto compatibile con la legge 7 dicembre 2000 n. 383; l’allegato A ha fissato l’incompatibilità tra le due iscrizioni ai due diversi registri e ha escluso dal registro delle Aps le Odv già iscritte al registro regionale. Con L.R. n. 28 del 16.8.2002, poi, sono stati fissati i criteri per la stipula di convenzioni con le Aps da parte di Regione, enti locali e altri enti pubblici purché iscritte da almeno sei mesi nel registro e si è previsto che la Giunta regionale individui, con regolamento, i criteri di priorità per la stipula delle convenzioni ed approvi lo schema-tipo di disciplinare. Infine, con deliberazione della Giunta Regione Veneto n. 725 del 19.03.2004 sono stati stabiliti i criteri e modalità per l'erogazione di contributi regionali a sostegno dei progetti presentati dalle associazioni di promozione sociale per l’anno 2004 (per l’importo di € 300.000). Attualmente sono iscritte al registro delle Aps Veneto più di 160 associazioni di vario tipo, tra cui, assai numerose, le pro loco, e, tra le altre, Associazione Altraimpresa, Associazione Culturale Abracalam, Arcinuova Associazione Comitato Regionale Veneto, varie associazioni culturali, l’Associazione Lilliput ONLUS, l’Assostudenti, Cittadinanza Attiva ONLUS, Club UNESCO, Noi Padova, ecc.

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15

mission esclusivamente nei confronti di terzi, le Aps possono invece beneficiare, per espressa

previsione della legge 383/00, anche i soci e i loro familiari.

Tale criterio è desunto interpretando le norme di legge: l’art. 2 della 266, secondo cui

l’attività di volontariato è quella prestata “esclusivamente per fini di solidarietà”, e, per le Aps,

l’art. 20 della 383, per cui “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nei confronti dei familiari conviventi degli associati sono equiparate, a fini fiscali, a quelle rese agli associati” e

l’art. 4, che include tra le risorse economiche delle Aps anche i “proventi delle cessioni di beni e servizi agli associati e a terzi”. In questa prospettiva – che rievoca e riprende i dibattiti sorti fin dall’entrata in vigore della

266/91 e diretti a delineare un ambito peculiare del volontariato rispetto a quello più generale

dell’associazionismo, allora non ancora regolato19 – il volontariato si collocherebbe nell’ottica

(esclusiva) dell’ “io o noi per gli altri”, e quindi dell’altruità, la promozione sociale nella

prospettiva diversa del “noi per noi”, e cioè della mutualità. Già nel documento

dell’Osservatorio Nazionale del Volontariato del 2.7.1992, concernente proprio le “indicazioni per

l’iscrizione delle organizzazioni di volontariato nei registri regionali”, si metteva in luce che “la distinzione tra volontariato e associazionismo è segnata in modo discriminante dall’esistenza o meno di servizi e attività gratuite, senza fini di lucro, e promossi per scopi esclusivi di solidarietà, aperti verso terzi e non soltanto per i propri soci o iscritti”.

Il perseguimento dell’esclusivo fine solidaristico di cui al citato art. 2 della legge

266/91 faceva a ragione ritenere “l’apertura agli altri come dimensione fondamentale, come ragione d’essere, come giustificazione dell’esistenza stessa dell’organizzazione [di

volontariato]”20. L’altruità veniva dedotta, appunto, dal concetto di solidarietà, termine privo di

una preciso e univoco significato e ricondotto ad un “atteggiamento di altruismo e aiuto verso gli altri uomini, per far fronte ai bisogni emergenti della società in un determinato momento storico” oppure all’ “insieme dei legami affettivi e morali che uniscono gli uomini tra loro e li spingono all’aiuto reciproco”, “un’attività, materiale e spirituale, che è rivolta verso gli altri, per gli altri” comportante “un obbligo di eterodestinazione dei risultati”, o la “cura di interessi alieni”21.

La necessità dell’eterodestinazione dell’attività è stata fondata anche sul concetto di

gratuità dell’azione volontaria, requisito richiesto dall’art. 2 della legge 266/91 e ripreso anche

dalla recente Carta dei Valori del Volontariato, che al punto 3 precisa come l’azione gratuita del

volontario significhi anche “rinuncia ai vantaggi diretti e indiretti”. Si ritiene tuttavia che la

gratuità implichi l’impossibilità per il volontario di conseguire non qualsiasi vantaggio indiretto,

ma principalmente i vantaggi indiretti che abbiano contenuto economico22.

19 Cfr. COLOMBO, Le organizzazioni di volontariato, Milano, 1993, p. 6 20 Cfr. nota precedente. 21 Per questi e altri riferimenti cfr. ANGELONI, Liberalità e solidarietà,Padova, 1994, P. 271, nota 71; ANGELONI, Aspetti civilistici degli enti non profit e dell’attività di volontariato nel diritto positivo vigente, in Non profit e volontariato, a cura di CARINCI, MILANO, 1999, p 26.; CESAREO, Volontariato e solidarietà, in Aggiornamenti sociali, 1990, p. 799; PONZANELLI, Gli enti collettivi senza scopo di lucro, TORINO, 1996; ITALIA – ZUCCHETTI, Le organizzazioni di volontariato, Milano, 1998, p. 8 e p. 42. 22 Cfr. ITALIA – ZUCCHETTI, Le organizzazioni di volontariato, Milano, 1998, p. 8, nota 5 e, in ordine al concetto di lavoro gratuito/volontario nelle Aps e Odv, MORO, Il lavoro nelle imprese sociali, in L’affidamento di servizi alle imprese sociali,di BEZZI-COLOMBO-DALLA MURA-MORO-PERRINI, Il Sole24Ore, 2003, p. 173ss. e altresì DEL PUNTA, Diritto del lavoro e terzo settore, in Il volontariato a dieci anni.., cit., p. 457ss.

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Questi richiami consentono già alcune osservazioni.

Lo scopo esclusivo di solidarietà – se interpretato come obbligo di eterodeterminazione

dell’attività – sembra in effetti uno strumento astrattamento idoneo ai fini della distinzione tra

volontariato e promozione sociale; non altrettanto decisivi sono altri caratteri, come la gratuità e

spontaneità della prestazione dei volontari, e altre accezioni del concetto di solidarietà (come

l’assenza di fini di lucro, il divieto di distribuzione degli utili o lo scopo non economico ma ideale

dell’associazione23), perché assolutamente comuni alle due figure dell’Adv e dell’Aps, ed in

generale, agli enti non profit.

Sulla dicotomia solidarietà/utilità sociale sembra fondata anche l’attuale politica di

gestione dei registri delle Regioni, le quali sembrano voler considerare – ora più che mai, dopo

la L. 383 – le associazioni di volontariato una specie nell’ambito del più ampio genus delle associazioni di promozione sociale, anche in ragione della caratteristica peculiare del

volontariato di (dover) rivolgersi a terzi. Quindi, se l’esistenza dei soli registri del volontariato

dal 1991 in poi aveva comportato, in concreto, l’iscrizione negli stessi anche di enti la cui attività

era ed è rivolta ai soli iscritti o comunque è rivolta anche agli iscritti, l’entrata in vigore della

383, e l’istituzione dei registri della promozione, dovrebbe comportare, secondo questa

impostazione, una definizione più stringente e rigida delle Odv, in ragione della caratteristica

loro peculiare, di essere (o dover essere) completamente “altruistiche”.

Questa tesi, unita all’adozione del criterio finalistico/teleologico di cui si è detto, porta a

ritenere preferibile ragionare, nella ricerca delle differenze tra Odv e Aps, in termini geometrici

di “insiemi”, assumendo effettivamente che le prime costituiscano una categoria ristretta e

peculiare contenuta in quella, più generale, delle Aps24. Si deve però allo stesso tempo

ammettere la possibilità che siano Aps e si iscrivano (se vogliono) al (solo) registro delle Aps

anche enti/associazioni di volontariato svolgenti attività (di utilità sociale) “a favore di […] terzi”, e concludere che, in base alla stessa legge 383, la mutualità – e cioè lo svolgimento di una

attività a favore dei soli associati/aderenti, pur in presenza di una struttura “aperta” del vincolo

associativo – non è elemento caratteristico e differenziante la promozione sociale rispetto al

volontariato.

Tale impostazione, d’altra parte, ha il merito di valorizzare l’indiscussa finalità della

legge del 2000, ovvero incentivare e promuovere l’associazionismo complessivamente

considerato, applicando il sistema premiale (fondato sull’iscrizione ad un registro cui

conseguono vari benefici) a tutte le associazioni e non solo, quindi, a quelle inquadrabili nel più

ristretto ambito del volontariato.

Quanto detto deve comunque superare il problema concreto di individuare quelle Adv

idonee a conservare l’iscrizione al registro e quelle di cui si imporrebbe il “dirottamento” alla

promozione sociale. Vanno conservate solo quelle la cui attività istituzionale è rivolta

esclusivamente ai terzi? O anche quelle la cui attività è svolta anche a favore di terzi? O si può

dire che svolgono opera di solidarietà anche le cosiddette associazioni di mutuo o autoaiuto?

23 Cfr. ANGELONI, Liberalità e solidarietà, cit., p. 271; e, stesso autore, Aspetti civilistici degli enti non profit, cit., p. 26ss. 24 Cfr. sul punto, tra gli altri, ROSELLI, Il volontariato nella gestione dei servizi sociali, in Il volontariato a dieci anni…, cit., p. 312.; CAMPANELLI, Volontariato e legge sulle associazioni di promozione sociale, ult. op. cit., p. 365ss: contra, però, DE GOETZEN, Volontariato: sussidiarietà, pluralismo sociale e la tentazione del dirigismo, in Le Istituzioni del Federalismo, n. 5/03, p. 931.

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Anche questi sono temi già noti, allo stato ancora aperti, e, dopo la L. 383/00, dotati di nuova

attualità.

La prevalenza dei commentatori sinora pronunciatisi – sia prima sia dopo la 383 –

considera associazioni di volontariato solo quelle che agiscono esclusivamente nei confronti di

terzi25, argomentando dall’esclusivo fine di solidarietà di cui alla L. 266, in contrapposizione

all’utilità sociale della L. 383.

L’associazionismo, dal canto suo, ed in particolare il Forum Permanente del Terzo

Settore insieme ad altre importanti associazioni26, nel documento di critica alla riforma

governativa della legge 266, ha parlato dell’altruità come di “una caratteristica fondamentale che ha sinora distinto il volontariato dalle altre associazioni e da quelle di promozione sociale in particolare", e ha sostenuto che una Odv non può per sua natura occuparsi dei soli propri

iscritti. Tale criterio sembra escludere dal volontariato “puro” le cd. associazioni di autotutela o mutuo aiuto, “la cui costituzione avviene per iniziativa di soggetti accomunati dagli stessi bisogni e sulla base dell’esplicito intento di fornirsi l’un l’altro reciproco aiuto”27, in ragione del

vantaggio personale che muove l’aderente, vantaggio che esclude la presenza di un vero

intento solidaristico28; altri commentatori, però, considerano il fine solidaristico sussistente

anche in tali enti29. Ma al centro del problema stanno anche le numerose “associazioni di

genitori” o “familiari”, i cui soci sono genitori e quindi portatori solo “indiretti” del bisogno e

dell’assistenza, che resta invece in capo ad figli (con malattie o particolari bisogni anche

educativi); associazioni alle quali gli aderenti partecipano in ragione di questo particolare

bisogno, ma svolgendo un’attività diretta anche a terzi estranei alla famiglia e che può

travalicare in vari modi i confini dell’associazione30.

Ora, tenendo presente tutto quanto detto, è da ritenere che l’impostazione incentrata

sull’applicazione dello scopo solidaristico ai fini della distinzione tra Aps e Odv sia sicuramente

fondata, ma al contempo non vada assolutizzata.

Innanzitutto gli scopi esclusivi di solidarietà non sono riferiti dalla 266/91

all’associazione di volontariato, ma all’attività di volontariato svolta in essa da

ciascun aderente31. Di conseguenza, la differenziazione tra Aps e Odv va necessariamente

basata sull’altruità dell’interesse32 che muove il singolo volontario, e quindi, a livello di

25 Cfr. sul punto ROSELLI, cit., p. 312; GIARMOLEO, Attività commerciale ed enti non profit, Padova, 2003, p. 210; COLOMBO, in L’affidamento di servizi alle imprese sociali,cit., p. 121. 26 Si tratta delle seguenti associazioni o enti: A.N.P.AS., ARCI, AUSER, AVIS, Cesiav, Confederazione Nazionale Misericordie d'Italia, Centro Nazionale per il Volontariato, Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, E.V.A.N., F.I.S.H., FOCSIV, La Gabbianella, LEGAMBIENTE, Mo.V.I., Seniores Italia, Società San Vincenzo De Paoli, UISP. 27 Cfr. VENDITTI, L’attività di volontariato, Napoli, 1997, p. 25 28 Cfr. VENDITTI, op. cit., p. 26 e STALTERI, in Gli enti non profit in Italia, a cura di PONZANELLI, Padova, 1994, p. 105. 29 Cfr. ANGELONI, Liberalità e solidarietà,Padova, 1994, P. 280 e nota 88; DE GOETZEN, Volontariato: sussidiarietà, pluralismo sociale e la tentazione del dirigismo, in Le Istituzioni del Federalismo, n. 5/03, p. 930. 30 Cfr., tra gli altri, per una panoramica, ROSSI, I servizi alla persona offerti dal terzo settore in Italia, in Scenari e strumenti per il terzo settore, a cura di MATACENA, Milano, 1999, p. 175ss 31 Sulla stessa linea anche la legge regionale Veneto n. 40/93, la quale però si è spinta oltre, stabilendo all’art. 2 che l’attività di volontariato deve essere prestata non genericamente, con esclusivo fine solidaristico, ma “mediante prestazioni personali a favore di altri soggetti ovvero di interessi collettivi degni di tutela da parte della comunità”. Anche a tal proposito si ripropongono forse, anche si in termini molto meno incisivi, i dubbi di legittimità costituzionale della legge regionale sopra evidenziati con riferimento all’incompatibilità delle iscrizione nei due registri. 32 Parla espressamente di altruità dell’interesse VENDITTI, in L’attività di volontariato, Napoli, 1997, p. 52

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associazione/organizzazione, sull’altruità dell’interesse che, “determinante”, muove la

prevalenza dei volontari, ai sensi dell’art. 3 comma 1 della legge 266/91.

In secondo luogo, l’adozione totale del principio finalistico rappresenta forse una

radicalizzazione del concetto di solidarietà che, pur legittima, non trova diretto fondamento

costituzionale, e nemmeno trova sicuro aggancio nella disciplina (nazionale) di settore, poiché,

salvo il riferimento al “fine esclusivo di solidarietà”, non esiste alcuna norma espressa nella

266/91, che impone alle Odv di agire solo nei confronti dei terzi33.; né, come visto, la 383/00 si

è preoccupata di fornire un’interpretazione autentica.

In terzo luogo, e de iuris condendo, tutti i vari progetti di riforma della 266/91 sinora

proposti o paventati sembrano voler eliminare dall'art. 2 proprio il riferimento all'esclusivo fine

solidaristico, e oltretutto, paradossalmente, voler aggiungere, all’art. 3, proprio l’incompatibilità

tra Odv e Aps34; con ciò rendendo le due figure incompatibili ma allo stesso tempo eliminando

uno dei criteri maggiormente utilizzati per distinguerle.

Inoltre, la solidarietà non è sinonimo di (esclusiva) altruità in un’altra legge

fondamentale per il settore non profit, ovvero il D.Lgs. 460/97 sulle Onlus: in base al suo art.

10, comma 2, infatti, perseguono comunque finalità di solidarietà sociale quegli enti non profit

che operano nei settori tipici delle Onlus – anche se l’attività è svolta nei confronti dei soci, o

comunque a soci e terzi – e anche quegli enti che si rivolgono ai cd. “soggetti svantaggiati”, che

possono essere anche solo soci.

Infine, come visto, non è l’altruità/solidarietà a poter fondare tout court l’incompatibilità

tra le due figure, posto che una Odv può essere – in uno schema di tipo insiemistico –

compresa nell’ambito generale dell’associazionismo di promozione sociale; del resto, anche l’art.

1 della L. 383/00 assegna alla Repubblica il compito di riconoscere “il valore sociale dell’associazionismo come espressione di partecipazione, solidarietà, e pluralismo”, mostrando

di considerare la solidarietà elemento fondante non solo l’azione volontaria ma anche il

fenomeno associativo35.

Sotto il profilo pratico, non è semplice spiegare come una associazione con le

caratteristiche dell’altruità e magari anche della mutualità, iscritta al volontariato quando

esisteva la sola 266, possa oggi essere estromessa dal registro sulla base della diversa o più

rigida (anche se plausibile) interpretazione di un criterio già esistente – e applicabile – sin dal

1991. Tale “dirottamento” alla promozione, poi, presenta conseguenze negative sotto il profilo

economico: i finanziamenti alle Odv iscritte (delle Regioni e dei Centri di Servizio) sono allo

stato ben più consistenti di quelli assegnati alle Aps36, per cui la rigida applicazione del criterio

solidaristico, con il conseguente passaggio di molte Adv alla promozione, porterebbe un ristretto

gruppo di associazioni di volontariato ad accedere ad ingenti risorse, e una vastissima cerchia di

33 Con riferimento alla L.R. Veneto n. 40/93 cfr. nota 31. 34 Ecco la lettera della prospettata riforma:“Non sono considerate O.d.V [...] le A.P.S. e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati". 35 Lo sottolinea DE GOETZEN, Volontariato: sussidiarietà, pluralismo sociale e la tentazione del dirigismo, in Le Istituzioni del Federalismo, n. 5/03, p. 932. 36 La Regione Veneto ha destinato per il 2004 al finanziamento dei progetti e dell’attività delle Odv iscritte, ai sensi della L.R. n. 40/93, complessivi € 1.200.000 (cfr. delibera di G.R. n. 676 del 12.3.2004).

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Aps (tra cui le Odv “dirottate”) ad usufruire di finanziamenti (su cui magari le ex Odv contavano

nello svolgimento o nella promozione dell’attività istituzionale) molto meno consistenti37.

Tali argomenti traggono forza anche dalla considerazione che una delle più rilevanti

finalità della L. 383 è quella di introdurre una disciplina di favore anche per quegli enti che non

rientrano nella disciplina delle Onlus, né indirettamente (come Odv iscritte, che sono Onlus di

diritto), né direttamente (in quanto non iscritte all’anagrafe Onlus, perché non rivolte a persone

svantaggiate), assicurando loro alcune agevolazioni – come ad esempio le detrazioni d’imposta

per le erogazioni liberali – prima non godute; la finalità, quindi, di allargare la legislazione

premiale ad una più vasta cerchia di soggetti, e non di sfavorire quelli che già ne godevano38.

(SEGUE) 2) L’OGGETTO O SETTORE DELL’ATTIVITÀ ISTITUZIONALE

Le incertezze sopra descritte con riferimento al criterio finalistico si ripropongono per la verità in

ordine agli altri criteri delle leggi quadro dai quali ricavare il postulato dell’incompatibilità dei

regimi giuridici tra Adv e Aps.

Non sembra determinante, innanzitutto, il criterio distintivo basato sull’oggetto o

settore dell’attività istituzionale.

Infatti, se la 266/91 non contiene alcun vincolo di oggetto dell’attività di volontariato

(l’unico riferimento è quello, del tutto generico ed esteso, dell’art. 1, secondo cui il volontariato

ha finalità “di carattere sociale, civile e culturale”), la 383/00 sembra porsi sulla stessa linea:

all’art. 1 si dice che l’associazionismo consegue finalità “di carattere sociale, civile, culturale e di ricerca etica e spirituale”, all’art. 2 si parla genericamente di “attività di utilità sociale”, senza

alcuna specificazione dei settori socialmente utili. La mancata indicazione dell’oggetto è

probabilmente connaturata alla caratteristica delle leggi quadro, ovvero promuovere

volontariato e associazionismo, fornendo ad essi solo un modello, un “vestito”, nel rispetto

dell’autonomia e della libera azione dei soggetti protagonisti39.

Sul piano fattuale, se sono poche le Odv iscritte operanti in campo esclusivamente

culturale, ciò non toglie che esistano e possano esistere; le Aps, dal canto loro, possono

svolgere la loro azione in ambiti – come quello socio assistenziale o ambientale – da sempre

tipici anche delle Odv, e nelle stesse suddivisioni “per materia” dei registri regionali delle Aps (di

valore comunque meramente organizzativo e descrittivo), sono presenti gli ambiti assistenziale

e turistico-ambientale, insieme a quello culturale, educativo-ricreativo e sportivo40.

D’altra parte, come già detto, non sembrano poterci essere associazioni di volontariato

la cui attività sia estranea agli ambiti “sociale, civile, culturale e di ricerca etica e spirituale” (art.

37 Il pericolo di questo “dirottamento” sembra però non avere un sicuro ed espresso fondamento legislativo, potendosi basare solo sui criteri interpretativi sopra descritti: gli ordinamenti regionali non prevedono infatti ipotesi di incompatibilità sopravvenuta o un obbligo di trasferirsi alla promozione, ma solo di esclusione (da intendersi anche come “non ammissione alla”) dalla promozione delle associazioni già iscritte al Registro regionale del volontariato. 38 Ciò emerge chiaramente dai lavori parlamentari: cfr. ad esempio seduta del 19.2.1998 della I Commissione Permanente Affari Costituzionali. 39 Azione che può esplicarsi in vari settori e con vari scopi: cfr. ITALIA – ZUCCHETTI, Le organizzazioni di volontariato, Milano, 1998, p. 46ss. 40 Il registro veneto comprende una sezione “assistenziale”, quello emiliano una sezione “socio-assistenziale” in cui vengono identificati anche i destinatari, quali anziani, tossicodipendenti, portatori di handicap, extracomunitari, donne, minori, “terzo mondo”.

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1 legge 383/00), o che non svolgano, genericamente, attività di utilità sociale (art. 2 legge

383/00).

Di qualche aiuto può essere la posizione del Ministero delle Finanze, che, nella circ. 124/E del

12.5.1998 (interpretativa e chiarificatrice del D.Lgs. 460/98), al punto 5.2.2. definisce le

associazioni di promozione sociale [di cui all’art. 111, comma 3 TUIR] “quelle associazioni che promuovono la solidarietà e il volontariato nonché l'aggregazione sociale attraverso lo svolgimento di attività culturali o sportive al fine di innalzare la qualità della vita, come ad esempio le ACLI e l'ARCI”. La circolare è tuttavia precedente alla 383/00 e si riferisce, come

visto, alla figura di “associazioni di promozione sociale” precedenti; alla luce della 383/00 (artt.

1 e 2), è inoltre da escludersi che le Aps siano solo quelle associazioni che svolgono attività

culturali e sportive o “dirette a innalzare la qualità della vita”.

Probabilmente un uso più incisivo e coraggioso del criterio cd. oggettivo da parte del

legislatore nazionale sarebbe stato di aiuto, quantomeno per escludere dal volontariato

“puro” e accogliere nella promozione sociale quelle associazioni che operano

esclusivamente negli ambiti della promozione e tutela dell’ambiente, della cultura e

delle culture, dello sport, del tempo libero, dell’educazione, del turismo sociale,

riferibili genericamente al concetto di cittadinanza attiva ma come tali più distanti

dal diretto perseguimento del fine solidaristico, inteso come intento a porre rimedio

a situazioni di (reale) bisogno e di svantaggio che investono direttamente la

persona umana41 (con le riserve dovute comunque alla difficoltà di risolvere le situazioni “di

confine”42).

Allo stato, però, il criterio incentrato sul settore d’attività non risulta imposto dalla legge

e si rivela comunque inidoneo a individuare, nel quadro generale dell’associazionismo, la

specificità del volontariato o caratteri certi di incompatibilità giuridica tra le due figure.

(SEGUE) 3) I RAPPORTI DI LAVORO ALL’INTERNO DELL’ENTE

Più precise indicazioni ci vengono fornite dall’art. 18, comma 2 della legge 383/00, secondo cui

le Aps “possono, in caso di particolare necessità, assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomi, anche ricorrendo ai propri associati”.

Si tratta di una importante differenza rispetto alle Odv, che possono anch’esse essere

parte di rapporti di lavoro, ma non con i volontari/aderenti, poiché nelle Odv “la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte” (art. 2, comma 3,

legge 266/91).

La presenza di volontari retribuiti costituisce quindi un elemento caratterizzante le

Aps43, e ha come conseguenza l’obbligo, per una Odv che vuole assumere propri soci/aderenti –

circostanza non frequente, anzi spesso vista con diffidenza dalle associazioni di volontariato, che

41 Associazioni ed enti che probabilmente si inquadrano anche nell’oggetto e finalità della disciplina sulle Onlus. 42 Si pensi, ad esempio, al volontariato cd. di advocacy, ovvero quello diretto alla tutela dei diritti di soggetti deboli. 43 Per ulteriori approfondimenti sul punto, con specifico riferimento all’aspetto lavoristico, si veda MORO, Il lavoro nelle imprese sociali, in L’affidamento di servizi alle imprese sociali,di BEZZI-COLOMBO-DALLA MURA-MORO-PERRINI, Il Sole24Ore, 2003, p. 173ss e 182ss

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vogliono mantenere netto il distacco tra attività lavorativa e di volontariato esplicate al loro

interno – di “passare” alla promozione sociale.

Sotto questo limitato aspetto, quindi, esiste incompatibilità, ma non sembra tale aspetto

decisivo, potendo sussistere benissimo una Aps priva di dipendenti/soci.

Per il resto, sotto il profilo dell’azione dei singoli soggetti all’interno dell’associazione,

sembrano più le somiglianze che le differenze: anche nelle Aps l’attività prevalente deve essere

quella volontaria libera e gratuita dei propri associati (cfr. art. 18 legge 383/00) e anche nelle

Aps la costituzione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo rappresenta una eccezione,

essendo ammessa solo “in caso di particolare necessità”, e quindi, paradossalmente, in termini

forse ancora più ristretti rispetto alle Odv, che possono assumere “nei limiti necessari al loro regolare funzionamento” oppure “per qualificare o specializzare l’attività da esse svolta” (cfr.

art. 3, comma 4 legge 266/91).

Si ripropongono, inoltre, anche con riferimento alle Aps, i dubbi relativi all’individuazione

dei criteri per la valutazione della prevalenza dell’attività volontaria, ed esiste probabilmente

anche un problema di armonizzazione tra i due commi dell’art. 18, poiché da una parte si dice

che i rapporti di lavoro vanno instaurati solo in caso di “particolare necessità” (comma 2),

dall’altra, sostanzialmente, ci si accontenta che essi non siano prevalenti rispetto all’attività

volontaria (comma 1).

Infine, per completezza, è utile notare che la legge 383/00 non fa alcun riferimento alla

disciplina del rimborso spese dei volontari, che va pertanto estratta, per analogia o addirittura

ratione materie, dalla legge sul volontariato (art. 2, comme 2, legge 266/91).

(SEGUE) 4) LO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ COMMERCIALI

Quanto alla possibilità di Aps e Odv di svolgere attività commerciali – argomento assai

delicato e dibattuto, con riferimento a tutti i soggetti non profit e in generale ai soggetti del I°

libro del codice civile44 – come già detto l’art. 4 della legge 383/00 indica quali risorse delle Aps

i “proventi delle cessioni di beni e di servizi agli associati e ai terzi anche attraverso lo svolgimento di attività economiche di natura commerciale, artigianale o agricola, svolte in maniera ausiliaria e sussidiaria e comunque finalizzata agli obiettivi istituzionali”. Con tale norma

si riconosce quindi alle Aps la possibilità di svolgere attività commerciale ausiliaria e sussidiaria,

e di cedere beni e servizi ad associati e terzi verso corrispettivo, a differenza di quanto previsto

dalla 266/91, che, all’art. 5, comma 1, lett. g, parla solo di “entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali” (meglio specificate dal D.M. 22.5.1995).

Non è questa la sede per affrontare l’angusto problema dei limiti e delle possibili

caratteristiche delle attività commerciali delle Odv, bastino alcuni accenni per ciò che interessa

in questa sede:

44 Cfr., tra gli altri, CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 1 Diritto dell’impresa, Torino, 2002, p. 82ss e, per altri riferimenti, GIARMOLEO, Attività commerciale ed enti non profit, Padova, 2003; cfr. anche, per un’approfondita analisi, VUOTO, Le attività economiche delle organizzazioni di volontariato: profili di diritto pubblico generale, in Il volontariato a dieci anni…, p. 159ss.

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- alcune delle ipotesi di attività marginali delineate dal D.M. 25.5.1995 possono dare luogo ad

attività commerciali a carattere continuativo45;

- il carattere di norma tributaria dell’art. 5 L. 266 ha condotto alcuni commentatori ad

ammettere la possibilità per le Odv di svolgere attività commerciali extra marginali, pur non

coperte dalle agevolazioni fiscali.

- il D.Lgs. 460/97 (legge successiva alla 266/91) consente alle Onlus di svolgere attività

commerciali cd. “connesse”, e parte dei commentatori sostengono che di tale disciplina, in

quanto “di maggior favore”46, possano usufruire le Odv iscritte, che sono Onlus di diritto47;

- sempre in applicazione del “principio di maggior favore” le Odv, quali associazioni

“assistenziali, culturali, sportive, di formazione extra-scolastica”, potrebbero in astratto usufruire

anche della disciplina delle attività decommercializzate di cui all’art. 148 (ex 111), comma 3°,

T.U.I.R. (D.P.R. 917/86), che presentano la caratteristica fondamentale di essere rivolte proprio

a soci48; in passato, e prima dell’entrata in vigore della 383/00, si è persino sostenuta

l’applicabilità alle Odv dell’art. 148 (ex 111), comma 5°, in quanto dotate dei requisiti per essere

ritenute associazioni di promozione sociale49.

Le ipotesi di cui sopra portano a valutare forse in termini più limitati le differenze tra

Odv e Aps nello svolgimento di attività diverse da quelle istituzionali: certo che, allo stato (e

considerando la rigida posizione degli uffici fiscali) questo è uno degli elementi più incisivi

ai fini della distinzione tra le due figure, e chi voglia, tramite l’associazione, o meglio, per il

conseguimento degli scopi dell’associazione, svolgere attività economica che superi i limiti della

marginalità (e anche della connessione, se rinuncia alla qualifica di Onlus), sarà

necessariamente tenuto a costituire una Aps e non potrà – salvo correre il pericolo di gravi

sanzioni e della cancellazione dal registro su segnalazione della Direzione Regionale delle

Entrate – utilizzare la forma di associazione di volontariato.

Ma un altro aspetto relativo alle risorse economiche va sottolineato: l’art. 4 L. 383/00,

alla lett. e) inserisce tra le risorse le “entrate derivanti da prestazioni di servizi convenzionati”, con ciò attribuendo alle Aps la possibilità di realizzare un vero e proprio margine di utile dai

rapporti di convenzionamento con gli enti pubblici, laddove la L. 266/91 parla invece solo di

“rimborsi derivanti da convenzioni”, escludendo la possibilità di esigere un corrispettivo; tale

differenza non sembra per la verità riconducibile a una solida giustificazione.

LE ALTRE PRINCIPALI DIFFERENZE DI DISCIPLINA TRA ODV E APS

45 Ad esempio si veda l’art. 1 del D.M., lett b (vendita di beni ricevuti gratuitamente), lett. c (cessione di prodotti degli assistiti o dei volontari), e lett. e (prestazioni di servizi oltre i limiti dell’art. 111 T.U.I.R.); cfr. sul punto, CERICOLA, Aspetti amministrativi e fiscali per le associazioni di volontariato, a cura del Collegamento Veneto dei Centri di servizio al Volontariato, p. 9ss. 46 Cfr. art. 10, comma 8, D.Lgs. 460/97; 47 Per un’analisi e altre citazioni, cfr. FERRI-D’AMORE, Le attività commerciali svolte da organizzazioni di volontariato, in Corr. Trib., n. 17/02, p. 1513ss.; cfr. anche RAGGHIANTI, Attività connesse nelle organizzazioni di volontariato, in Il volontariato a dieci anni…, p. 276. 48 Nelle attività cd. decommercializzate vanno annoverate le prestazioni di servizi svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, le cessioni di pubblicazioni a soci, le cessioni di pubblicazioni a non soci purchè in modo non prevalente rispetto alle cessioni ai soci. 49 Cfr. COLOMBO, Le Onlus di diritto, in Corr. Trib, n. 35/1998, p. 2605ss.

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Le ultime considerazioni si possono riferire agli altri aspetti delle discipline di Odv e Aps di cui è

utile un raffronto.

Con riferimento alle convenzioni con enti pubblici non si notano particolari

divergenze: l’art. 7 della L. 266 le consente alle Odv iscritte al registro da almeno 6 mesi che

dimostrano attitudine e capacità operativa; l’art. 30 della L. 383 le prevede per le Aps iscritte da

almeno 6 mesi, per lo svolgimento di attività previste dallo statuto verso terzi. In entrambi i casi

le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire la continuità del servizio, forme

di verifica e modalità del rimborso spese. La legge sulle Aps specifica che l’assicurazione è

elemento essenziale, con oneri a carico dell’amministrazione50. La L. n. 328/00 ("Legge quadro

per la realizzazione del sistema integrato di servizi sociali"), all’art. 1 comma 4 inserisce sia le

Odv sia le Aps nel novero degli enti non profit il cui ruolo va riconosciuto e agevolato dagli enti

locali, dalle regioni e dallo Stato nell’organizzazione e nella gestione del sistema integrato di

interventi e servizi sociali51

Quanto ai controlli, le Aps sono sottoposte ad un sistema molto variegato e forse più

penetrante: in particolare al controllo della Direzione generale del Volontariato presso il

Ministero (art. 8 L. 383 e DM n. 471/01); al controllo della Regione52 (art. 8, comma 2 L. 383 e,

per la Regione Veneto, art. 43 L. n. 27/01 e D.G.R. Veneto n. 2652 del 10.10.2001); al controllo

dell’ente pubblico con cui stipula le convenzioni (art. 30 comma 2 L. 383); al controllo sugli

strumenti assicurativi (art. 30 comma 4 L. 383); ai controlli fiscali dell’agenzia delle entrate in

quanto Onlus o ente non commerciale.

Sotto il profilo del contenuto e della forma degli statuti si tratta di differenze

abbastanza rilevanti, che potrebbero creare qualche problema nel caso di perdita di una

qualifica e acquisizione dell’altra: per lo statuto delle Aps, infatti, da una parte è sufficiente la

forma scritta, e non l’atto pubblico, né la scrittura privata autenticata o registrata, dall’altra la L.

383 prevede, all’art. 3, un contenuto chiaramente simile ma non identico53, né a quello delle

Onlus, né a quello delle Odv54. 50 In corrispondenza, la L.R. Veneto n. 28 del 16.8.2002 ha previsto che Regione, enti locali e altri enti pubblici possano stipulare convenzioni con le Aps iscritte da almeno sei mesi nel registro, per svolgere le attività previste dai rispettivi statuti a favore degli associati o di terzi. La stessa legge ha demandato alla Giunta regionale l’individuazione, con proprio regolamento (allo stato non ancora emesso) dei criteri di priorità per la stipula delle proprie convenzioni ed l’approvazione dello schema-tipo di disciplinare. 51 In corrispondenza, il D.P.C.M. 30.4.2001 (Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell'art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328), su cui anche MANGANOZZI in Rivista del Volontariato n. 7-8 /2001, inserisce Odv e Aps, senza alcuna distinzione tra loro, nella categoria dei soggetti del terzo settore cui i Comuni, nel rispetto degli indirizzi statali e regionali, affidano servizi e prestazioni. 52 Le Aps devono chiedere, pena la cancellazione automatica dal registro, la conferma dell'iscrizione ogni tre anni, con la ripresentazione, qualora fossero intervenute modificazioni, della documentazione di cui alle lettere a) e b) del punto 4 del DM. Il Dirigente della Direzione per i servizi sociali, anche per il tramite del Comune territorialmente competente, verifica la permanenza dei requisiti previsti dalla legge 383/2000 per l'iscrizione al registro delle associazioni di promozione sociale. La perdita dei requisiti previsti dalla legge 383/2000 comporta la cancellazione dal registro e deve essere tempestivamente comunicata al Dirigente della Direzione competente dal legale rappresentante dell'organizzazione o dal sindaco del comune di appartenenza. La cancellazione è disposta con provvedimento del Dirigente. Il Dirigente della Direzione per i servizi sociali comunica alle associazioni di promozione sociale, motivandolo, il diniego dell'iscrizione e la cancellazione dal registro regionale dandone altresì comunicazione al comune ed alla provincia territorialmente competenti. 53 Cfr. art. 3: “Le associazioni di promozione sociale si costituiscono con atto scritto nel quale deve tra l'altro essere indicata la sede legale. Nello statuto devono essere espressamente previsti: a) la denominazione; b) l'oggetto sociale; c) l'attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione; d) l'assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette; e) l'obbligo di reinvestire l'eventuale avanzo di gestione a favore di attività istituzionali statutariamente previste; f) le norme sull'ordinamento interno ispirato a princìpi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell'elettività

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Anche gli obblighi assicurativi sono differenti: mentre le Odv devono assicurare tutti i

volontari (art. 4 L. 266/91), le Aps sono soggette all’obbligo solo per le attività turistiche e

ricettive a favore dei propri associati (art. 31, cmma 3, L. 383) e per le sole attività in

convenzione con enti pubblici (art. 30).

Quanto, infine, alle donazioni, le percentuali di deducibilità sono molto simili55;

l’esenzione dall’imposta di bollo e di registro riguarda, invece, solo le Odv e non le Aps.

CONCLUSIONI. RICADUTE E APPLICAZIONI CONCRETE

Alla luce dell’analisi fin qui condotta, si possono trarre alcune conclusioni, senza pretesa di

completezza o definitività, considerata la complessità del tema e l’ampiezza degli ambiti

applicativi (civilistico, fiscale-tributario, amministrativo, costituzionale e altri).

Il sistema delle leggi quadro è caratterizzato dalla previsione di due figure di enti non

profit che il legislatore considera simili ma probabilmente non coincidenti, che inserisce i

registri diversi, che regola in termini spesso parzialmente differenti e a cui assegna diverse fonti

di sostegno. Da ciò probabilmente discende – anche se non espressamente prevista, e sulla

base di una valutazione che attiene solo ai principi e finalità delle leggi quadro – l’incompatibilità

tra le iscrizioni nei due registri, o meglio, la legittimità di una previsione regionale in tal senso, e

quindi, nel caso, la necessità che ogni ente non profit scelga dove collocarsi.

La scelta dell’iscrizione al volontariato o alla promozione non è tuttavia sempre semplice

ed è difficile da consigliare in via astratta, coinvolgendo, come visto, vari aspetti, quali le attività

effettivamente svolte e le loro modalità, il settore di intervento, la presenza o meno di lavoro

retribuito, il carattere commerciale o meno dell’attività, e cosi via. Certo, come visto, solo alcuni

elementi e criteri sono idonei ad individuare con precisione la qualifica e la collocazione; come

capita frequentemente in ambito non profit, l’elemento fiscale inciderà non poco, anche se

proprio in ordine all’aspetto tributario alle certezze si accompagnano vari dubbi interpretativi.

Sul piano pratico, la perdita da parte di una Odv della sua qualifica e l’assunzione della

veste di Aps può forse incidere, almeno inizialmente, sull’entità dei contributi dei sostenitori (cd.

stakeholders) e delle prestazioni volontarie degli aderenti; va tuttavia tenuto presente che

anche nell’ottica della L. 383/00, da una parte il volontario rimane il protagonista e

propulsore dell’attività istituzionale e dell’intervento dell’associazione nel territorio,

dall’altra l’iscrizione al registro (delle Aps, questa volta) comporta quel “monitoraggio” pubblico delle cariche associative. In relazione alla particolare natura di talune associazioni, il Ministro per la solidarietà sociale, sentito l'Osservatorio nazionale di cui all'art. 11, può consentire deroghe alla presente disposizione; g) i criteri per l'ammissione e l'esclusione degli associati ed i loro diritti e obblighi; h) l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonchè le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari; i) le modalità di scioglimento dell'associazione; l) l'obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, dopo la liquidazione, a fini di utilità sociale”. 54 La L. 266/91 all’art. 3, comma 3 prevede che “Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti” 55 Le donazioni delle persone fisiche e delle imprese a favore delle Onlus sono deducibili fino a € 2.000 nella percentuale del 19%; lo stesso vale per le Aps, salvo una diversa deducibilità del 33% fino a € 1.500 per le imprese.

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e quella legittimazione che consente all’associazione medesima non solo la fruizione dei benefici

di legge, ma anche una idonea presentazione – qualora, naturalmente la si ritenga utile e

proficua56 – agli occhi della collettività.

Il passaggio da Odv ad Aps non è oltretutto scevro di difficoltà e incertezze.

Innanzitutto comporta – come detto – la perdita delle agevolazioni (automatiche)

Onlus, salvo l’ente non presenti i requisiti dell’art. 10, comma 4 e 9 D.Lgs. 460/97 e non venga

perciò inserita (in seguito ad apposita domanda) nell’anagrafe Onlus. Tuttavia, anche per l’ex

Odv-neo Aps che sia Onlus sorgono alcuni problemi: lo statuto delle Onlus, ad esempio, deve

essere redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata o almeno registrata, e deve

riportare alcune clausole specifiche57, elementi che una “originaria” Odv può anche non

presentare. Il regime fiscale sarà ovviamente mutato con riferimento agli aspetti

dell’associazione non più caratteristici del volontariato58.

La perdita della qualifica di Odv, senza che l’ente possa assumere la qualifica di Onlus,

comporta invece la perdita definitiva di tale qualifica, circostanza cui alcuni fanno seguire la

necessità della destinazione del patrimonio ad altre Onlus. Preferibile sembra, tuttavia,

prevedendo la L. 266 la devoluzione del patrimonio solo in caso di scioglimento, considerare la

neo Aps soggetta alla disciplina generale degli enti non commerciali, di cui all’art. 73 TUIR, e

cioè degli “enti privati diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”59.

56 Si ricordi che il quadro del volontariato e dell’associazionismo italiano è caratterizzato solo in parte da enti che ritengono di iscriversi nei registri e, soprattutto, che un ente non profit può benissimo operare ed esistere a prescindere dalla suddetta iscrizione. Il fenomeno di “fuga” dalla legislazione premiale sul volontariato è opportunamente richiamato da DELLA MURA, Rapporti tra volontariato ed enti pubblici nell’evoluzione della forma di stato sociale, in Il volontariato a dieci anni…, p. 143ss. 57 Ovvero lo svolgimento dell’attività tipica delle ONLUS, l'esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale, il divieto di svolgere attività diverse ad eccezione di quelle ad esse direttamente connesse, il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima ed unitaria struttura, l'obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse, l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, salvo diversa destinazione imposta dalla legge, l'obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale, una disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione, l'uso, nella denominazione ed in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione «organizzazione non lucrativa di utilità sociale» o dell'acronimo «Onlus». 58 Le Onlus sono esenti dall’IRES sugli utili delle attività istituzionali anche se astrattamente commerciali (e prevalenti) e anche sulle attività connesse e e sui contributi degli enti pubblici con i quali stipulano convenzioni o si accreditano per svolgere attività sociali in conformità ai fini istituzionali (143, comma 3, lett. b TUIR); pagano l’IRAP sulle attività istituzionali e connesse; pagano normalmente l’IVA e devono tenere i registri IVA se l’attività istituzionale è attività di impresa (salvo specifiche esenzioni); non pagano l’imposta di bollo; pagano l’imposta di registro per gli statuti in misura fissa; sono esonerate dall’imposta sugli intrattenimenti in relazione ad alcuni spettacoli; devono tenere un libro giornale e un libro inventari per entrambe le attività (solo un rendiconto se le entrate sono inferiori a € 50.645 annui) e devono redigere un bilancio separando attività istituzionale e attività connessa; in caso di entrate superiori a € 1.032.913 per due anni consecutivi, il bilancio del secondo anno deve essere accompagnato da una relazione di un revisore contabile. 59 Sono enti non commerciali quelli la cui attività istituzionale è prevalente rispetto a quella commerciale (cfr. art. 148 TUIR), secondo gli indici quantitativi presuntivi dell’art. 149 TUIR. Anche gli Enc non pagano l’IRES sui contributi degli enti pubblici con i quali fanno la convenzione o l’accreditamento per le attività sociali in conformità ai fini istituzionali (143, comma 3, lett. b TUIR), tuttavia l’attività è considerata commerciale e quindi non deve essere prevalente, altrimenti comportando la perdita della qualifica di Enc (qualora di fatto esercitano prevalentemente attività commerciale per un intero periodo di imposta); devono tenere contabilità separata e scritture contabili dell’attività commerciale (accessoria); pagano l’IRAP; pagano l’IVA solo per l’attività commerciale; pagano l’IRES (redditi diversi)

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APPROFONDIMENTO: L’ISCRIZIONE DI UNA APS AL REGISTRO NAZIONALE E GLI EFFETTI SUGLI

ORGANISMI LOCALI Resta da affrontare uno dei problemi più rilevanti sorti – nei rapporti tra associazioni e uffici

regionali – per effetto dell’entrata in vigore della L. 383, ovvero quello delle conseguenze, per

gli organismi periferici esistenti a livello locale e già iscritti al registro del

volontariato, dell’iscrizione dell’associazione nazionale al registro nazionale delle

Aps.

Come già anticipato, la L. 383 ha istituito un registro nazionale delle Aps, cui possono

accedere, ai sensi dell’art. 7, le Aps a “carattere nazionale”, ovvero quelle che “svolgono attività

in almeno cinque regioni e in almeno venti province del territorio nazionale”.

La mancata istituzione di un registro nazionale delle associazioni di volontariato al pari

di quello della promozione60 rappresenta una rilevante lacuna legislativa cui sarà necessario

prima o poi porre rimedio. L’assenza di un tale registro ha spinto infatti molte grandi

associazioni, i cui organismi periferici erano e sono iscritti al volontariato, ad iscriversi al registro

nazionale delle Aps, per poter usufruire di quei (ancora peraltro esigui) finanziamenti previsti

per gli enti che ne fanno parte, e comunque per acquisire una rilevanza nazionale prima non

raggiungibile. E’ sorto allora il problema di stabilire se la scelta dell’associazione

“madre” o di livello superiore si imponga anche agli organismi locali, nel senso di

determinare la loro automatica iscrizione ai registri regionali (o nazionali) delle Aps,

con conseguente obbligatoria estromissione dal registro del volontariato. Per le

ragioni esposte sopra, tuttavia, fosse così, il vantaggio conseguito dall’organismo nazionale (tra

cui l’accesso ai fondi nazionali) sarebbe compensato, ed in senso negativo, dalla perdita da

parte delle sezioni locali dei benefici dovuti all’iscrizione al volontariato, solo in minima parte

“coperta” dalla possibilità di ottenere i finanziamenti regionali e nazionali61 per le Aps, ad oggi di

gran lunga più esigui62.

Sotto il profilo più strettamente giuridico, viene in rilievo l’art. 7 comma 3 delle 383,

secondo cui “l'iscrizione nel registro nazionale delle associazioni a carattere nazionale comporta

per le attività commerciali occasionali ex art. 67 TUIR (tassabili anche se sono dirette a sostenere iniziative ideali in base al principio dell’irrilevanza del fine non lucrativo per le attività commerciali degli Enc); pagano l’IRES per le attività commerciali abituali ex art. 55 TUIR; applicano il regime agevolato per le attività decommercializzate ex art 148 TUIR (es. corsi verso soci sulle tematiche dell’associazione, gestione del bar interno, pubblicazione del bollettino, vendita di propri libri a soci e terzi ma in misura non prevalente, gestione di spettacoli per soci se lo statuto è almeno registrato e presenta le clausole antielusive); applicano il regime agevolato per le raccolte occasionali di fondi ex art. 143 TUIR (cfr. CERICOLA, Aspetti amministrativi e fiscali per le associazioni di volontariato, a cura del Collegamento Veneto dei Centri di servizio al Volontariato). Altro problema è valutare se l’ex Odv presenti uno statuto in cui siamo presenti tutte le clausole antielusive ex art. 148 TUIR, comma 8, e che sia redatto in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata o registrata. 60 Sono attualmente iscritte al registro nazionale associazioni quali Aism, Csi, Cts, Endas, Aig, Uic, Codacons, Arci, Aics, Auser, Italia Nostra, Acli, Uisp, Aic, Legambiente, Agesci, Modavi, Comunità di Sant’Egidio Onlus, Comitato Nazionale per il Telefono Azzurro ecc. 61 La direttiva del Ministero del Lavoro e Politiche Sociali dell’1.8.2003 ha previsto finanziamenti a livello nazionale di progetti presentati da Aps iscritte nei registri nazionali e regionali; per accedere ai contributi nazionali sono richiesti tuttavia requisiti più stringenti (es, fideiussione bancaria o assicurativa). 62 Si tratta di considerazioni forse troppo “venali”, ma che nascono dal tentativo di capire se il disegno della legislazione “premiale” sia ad oggi organico e coerente, e basato su precise scelte di politica legislativa e sociale, sull’analisi concreta dei soggetti in campo (soggetti attivi e loro beneficiari), del loro numero e delle loro dimensioni.

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il diritto di automatica iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale e dei circoli affiliati, mantenendo a tali soggetti i benefici connessi alla iscrizione nei registri di cui al comma 4 [registri regionali]”. Si tratta di una norma di difficile

interpretazione e anche di oscura ratio.

Innanzitutto non si comprende se del diritto all’automatica iscrizione siano titolari gli

stessi organismi territoriali o l’associazione nazionale, la quale avrebbe, nel secondo caso, un

potere di disposizione nei confronti delle “figlie”63. Non si capisce poi che finalità presenti la

stessa iscrizione dei livelli territoriali al registro nazionale, se comunque esse mantengono

(meglio sarebbe stato dire, forse, acquisiscono) i benefici connessi all’iscrizione al regionale.

Conserverebbero poi queste ultime solo i benefici del registro regionale o potrebbero cumulare

anche i benefici di quello nazionale (ad esempio ricevere finanziamenti al pari delle Aps

nazionali)?

La ratio della norma pare essere quella di semplificazione (evitare doppie iscrizioni a

livello locale e nazionale), ma non sembra l’obiettivo sia raggiunto, dovendo comunque le

Regioni tracciare un elenco delle associazioni locali iscritte al registro nazionale, al fine di far

usufruire loro dei “benefici connessi alla iscrizione nei registri di cui al comma 4”; probabilmente

si aggiunge anche l’obiettivo del legislatore di garantire un’iscrizione (o gli effetti dell’iscrizione)

anche ad organismi privi di reale autonomia e soggettività (i “livelli di organizzazione

territoriale”).

In ogni caso, l’articolo in questione in alcuni casi ha fondato, a livello regionale,

l’esclusione dal registro del volontariato di quelle associazioni locali i cui livelli nazionali hanno

ottenuto l’iscrizione all’Aps nazionale, e tale fattispecie investe proprio la questione se una

associazione che sia da considerarsi unitaria per origine o per struttura successivamente creata,

debba decidere nel suo complesso la sua collocazione (nella promozione o nel volontariato), o

possa, al suo interno e nei suoi vari livelli, fare scelte differenti64.

Nell’affrontare le domande di cui sopra, si può sostenere che l’iscrizione

dell’associazione nazionale non comporti l’automatico passaggio dei livelli territoriali all’Aps,

parlando la norma di “diritto di automatica iscrizione”, e non di dovere, diritto che presuppone

una apposita istanza (istanza cui consegue l’automatica iscrizione, che non potrebbe essere

rifiutata); ma compatibile con la norma citata è anche l’interpretazione che consente

l’automatica iscrizione al nazionale di livelli territoriali che comunque sarebbero tenuti

all’iscrizione a livello locale, in corrispondenza alla scelta dell’associazione cui appartengono.

Come è facile capire, tali possibilità ed incertezze andranno risolte all’interno di ciascuna

associazione, dove potrà prevalere, a seconda dei casi, il peso dei “rami” o quello del “fusto”;

con negative conseguenze, forse, sulla vita associativa.

La scelta di alcune grandi associazioni è stata, sul piano diremo “orizzontale”, quella

della scissione in due organizzazioni/associazioni, con due differenti denominazioni, una iscritta

63 Sembra doversi propendere per questa seconda soluzione, posto che il D.M. 471/01 all’art. 5 stabilisce sia necessaria, ai fini dell’iscrizione dell’unità periferica al registro nazionale, una dichiarazione del Presidente che quest’ultima appartiene all’associazione nazionale. 64 Tale problematica interessa e ha interessato, in Veneto, associazioni, enti ed organismi come l’Acat, l’Aism, l’Agesci, Legambiente, l’Aics, l’Auser e altre.

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a livello nazionale (e locale) alla promozione, l’altra iscritta a livello locale al volontariato65; altre,

in una prospettiva più “verticale”, hanno “utilizzato” per l’iscrizione alla promozione nazionale

solo quel numero di organismi locali (facendoli passare alla promozione) richiesti dall’art. 7 L.

383/00, al fine di dimostrare lo svolgimento dell’attività (quali Aps) in almeno cinque regioni e in

almeno venti province del territorio nazionale, lasciando al volontariato gli organismi locali

rimanenti.

Queste soluzioni, tuttavia, devono di volta in volta superare alcuni non piccoli ostacoli.

Da una parte la realtà e le caratteristiche dell’attività di ogni singola associazione locale,

che potrebbero non consentire tale flessibilità. Dall’altra la complessiva struttura e

organizzazione associativa: una scissione, o una separazione tra il livello nazionale e alcuni livelli

locali, è certamente configurabile, sotto il profilo civilistico, quando i diversi enti/livelli godono di

una propria soggettività giuridica (sono cioè autonomi centri di imputazione di nome

giuridiche), circostanza probabilmente non sussistente quando, ad esempio, gli organi (es. i

presidenti) degli organismi locali compongano automaticamente gli organi nazionali, o quando i

vari enti presentino statuti del tutto identici o lo stesso statuto, o quando i livelli locali non siano

dotati per statuto di un autonomo patrimonio o di propri soci o di propri rappresentanti66. Se

l’assenza di tali elementi abbia un decisivo valore anche sotto il profilo amministrativo – al fine

di qualificare gli enti “locali” solamente come “livelli di organizzazione territoriale”, come tali

tenuti a seguire le scelte dell’associazione nazionale, cui fanno sostanzialmente parte – è

probabile, ma non del tutto certo: lo stesso art. 2 della L. 383/00 annovera tra le Aps anche “i coordinamenti e le federazioni” delle associazioni riconosciute e non riconosciute (oltre che dei

“movimenti e dei gruppi”), coordinamenti e federazioni che potrebbero forse riunire, stando al

dettato normativo, anche associazioni locali iscritte al registro del volontariato.

65 E’ il caso ad esempio di una associazione, iscritta a livello nazionale quale Aps ma nel cui statuto è contemplata la costituzione, per il perseguimento dei fini dell’associazione, di associazioni iscritte al registro regionale del volontariato e di associazioni iscritte alla promozione sociale, ciascuna operante nell’ambito delle leggi di riferimento. 66 Sul punto, cfr. Trib. Pavia, 20.11.1990 (in Giur. Comm., 1992, II, 876, nota di INZITARI; Dir. Fall., 1992, II, 1008): “Nell'ambito dei gruppi organizzati, caratterizzati dall'identità dello scopo perseguito (correlativamente ad interessi di massa o di categoria), può essere identificata nell'associazione minore, che può essere qualificata quale associazione dipendente o associazione parallela, una associazione non riconosciuta contrassegnata da un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici, distinta da quella di grado superiore, ogni qualvolta questa sia caratterizzata dal potere e dalla facoltà di autorganizzarsi secondo una propria disciplina organizzativa autonoma, tanto per quanto concerne i rapporti interni che i rapporti esterni; è rilevante in particolare che agli organi dell'associazione minore restino attribuite determinate prerogative fondamentali, quali quella di decidere la propria gestione attraverso un'assemblea di associati, che l'organo direttivo non sia imposto dai terzi, ma nominato dalla assemblea degli associati e che sia prevista, per la associazione minore, la possibilità di decidere sulla propria esistenza, deliberando se è necessario autonomamente anche il proprio scioglimento; il ricorrere di questi requisiti esclude la presenza di un'associazione unitaria contrassegnata da assemblee separate del tipo di quelle previste per le società cooperative secondo l'art. 2533, in quanto l'autonomia che contraddistingue la associazione minore esclude la possibilità di configurarla come semplice organo di decentramento di una associazione maggiore; tali elementi sono sufficienti, infatti, ad integrare la figura di un'autonoma associazione non riconosciuta, ancorché concepita in un ambito di sottordinazione rispetto ad un'altra di grado maggiore”.

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ALLEGATI A) Legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato)

B) Legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale)

C) Costituzione della Repubblica Italiana – Art. 117

D) Legge Regionale Veneto 30 agosto 1993, n. 40 (Norme per il riconoscimento e la

promozione delle organizzazioni di volontariato)

E) Deliberazione Giunta Regionale Veneto n. 2652 del 10.10.2001 (Criteri e

modalità di iscrizione al registro regionale delle associazioni di promozione sociale)

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ALLEGATO A

Legge 11 agosto 1991, N. 266 Legge-quadro sul volontariato

(in Gazz. Uff., 22 agosto, n. 196 – vigente alla G.U. 11.10.2004 n. 239)

Articolo 1 Finalità e oggetto della legge.

1. La Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

2. La presente legge stabilisce i princìpi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti.

Articolo 2

Attività di volontariato. 1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo

e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.

2. L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.

3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte.

Articolo 3

Organizzazioni di volontariato. 1. È considerato organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere l'attività di cui

all'articolo 2, che si avvalga in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.

2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico.

3. Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti.

4. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure occorrenti a qualificare o specializzare l'attività da esse svolta.

5. Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante strutture proprie o, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, nell'ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate.

Articolo 4

Assicurazione degli aderenti ad organizzazioni di volontariato. 1. Le organizzazioni di volontariato debbono assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro

gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso i terzi. 2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da emanarsi entro sei mesi dalla data di

entrata in vigore della presente legge, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche o collettive, e sono disciplinati i relativi controlli.

Articolo 5

Risorse economiche. 1. Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento

della propria attività da: a) contributi degli aderenti; b) contributi di privati; c) contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e

documentate attività o progetti; d) contributi di organismi internazionali; e) donazioni e lasciti testamentari; f) rimborsi derivanti da convenzioni; g) entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali.

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2. Le organizzazioni di volontariato, prive di personalità giuridica, iscritte nei registri di cui all'articolo 6, possono acquistare beni mobili registrati e beni immobili occorrenti per lo svolgimento della propria attività. Possono inoltre, in deroga agli articoli 600 e 786 del codice civile, accettare donazioni e, con beneficio d'inventario, lasciti testamentari, destinando i beni ricevuti e le loro rendite esclusivamente al conseguimento delle finalità previste dagli accordi, dall'atto costitutivo e dallo statuto.

3. I beni di cui al comma 2 sono intestati alle organizzazioni. Ai fini della trascrizione dei relativi acquisti si applicano gli articoli 2659 e 2660 del codice civile.

4. In caso di scioglimento, cessazione ovvero estinzione delle organizzazioni di volontariato, ed indipendentemente dalla loro forma giuridica, i beni che residuano dopo l'esaurimento della liquidazione sono devoluti ad altre organizzazioni di volontariato operanti in identico o analogo settore, secondo le indicazioni contenute nello statuto o negli accordi degli aderenti, o, in mancanza, secondo le disposizioni del codice civile.

Articolo 6

Registri delle organizzazioni di volontariato istituiti dalle regioni e dalle province autonome. 1. Le regioni e le province autonome disciplinano l'istituzione e la tenuta dei registri generali delle organizzazioni di

volontariato. 2. L'iscrizione ai registri è condizione necessaria per accedere ai contributi pubblici nonché per stipulare le convenzioni

e per beneficiare delle agevolazioni fiscali, secondo le disposizioni di cui, rispettivamente, agli articoli 7 e 8. 3. Hanno diritto ad essere iscritte nei registri le organizzazioni di volontariato che abbiano i requisiti di cui all'articolo 3

e che alleghino alla richiesta copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti. 4. Le regioni e le province autonome determinano i criteri per la revisione periodica dei registri, al fine di verificare il

permanere dei requisiti e l'effettivo svolgimento dell'attività di volontariato da parte delle organizzazioni iscritte. Le regioni e le province autonome dispongono la cancellazione dal registro con provvedimento motivato.

5. Contro il provvedimento di diniego dell'iscrizione o contro il provvedimento di cancellazione è ammesso ricorso, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini.

6. Le regioni e le province autonome inviano ogni anno copia aggiornata dei registri all'Osservatorio nazionale per il volontariato, previsto dall'articolo 12.

7. Le organizzazioni iscritte nei registri sono tenute alla conservazione della documentazione relativa alle entrate di cui all'articolo 5, comma 1, con l'indicazione nominativa dei soggetti eroganti.

Articolo 7

Convenzioni. 1. Lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le

organizzazioni di volontariato iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all'articolo 6 e che dimostrino attitudine e capacità operativa.

2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese.

3. La copertura assicurativa di cui all'articolo 4 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.

Articolo 8

Agevolazioni fiscali. 1. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di

solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro.

2. Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto; le donazioni e le attribuzioni di eredità o di legato sono esenti da ogni imposta a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i fini suindicati.

3. (Omissis) (1). 4. I proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini

dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell'imposta locale sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato. I criteri relativi al concetto di marginalità di cui al periodo precedente, sono fissati dal Ministro delle finanze con proprio decreto, di concerto con il Ministro per gli affari sociali (2).

(1) Aggiunge il comma 1-ter all'art. 17, l. 29 dicembre 1990, n. 408. (2) Periodo così sostituito dall'art. 18, d.l. 29 aprile 1994, n. 260, conv. in l. 27 giugno 1994, n. 413. Con d.m. 25

maggio 1995, sono stati fissati i criteri per l'individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato.

Articolo 9

Valutazione dell'imponibile.

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1. Alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598, come sostituito dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1982, n. 954.

Articolo 10

Norme regionali e delle province autonome. 1. Le leggi regionali e provinciali devono salvaguardare l'autonomia di organizzazione e di iniziativa del volontariato e

favorirne lo sviluppo. 2. In particolare, disciplinano:

a) le modalità cui dovranno attenersi le organizzazioni per lo svolgimento delle prestazioni che formano oggetto dell'attività di volontariato, all'interno delle strutture pubbliche e di strutture convenzionate con le regioni e le province autonome;

b) le forme di partecipazione consultiva delle organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6 alla programmazione degli interventi nei settori in cui esse operano;

c) i requisiti ed i criteri che danno titolo di priorità nella scelta delle organizzazioni per la stipulazione delle convenzioni, anche in relazione ai diversi settori di intervento;

d) gli organi e le forme di controllo, secondo quanto previsto dall'articolo 6; e) le condizioni e le forme di finanziamento e di sostegno delle attività di volontariato; f) la partecipazione dei volontari aderenti alle organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6 ai corsi di

formazione, qualificazione e aggiornamento professionale svolti o promossi dalle regioni, dalle province autonome e dagli enti locali nei settori di diretto intervento delle organizzazioni stesse.

Articolo 11

Diritto all'informazione ed accesso ai documenti amministrativi. 1. Alle organizzazioni di volontariato, iscritte nei registri di cui all'articolo 6, si applicano le disposizioni di cui al capo V

della legge 7 agosto 1990, n. 241. 2. Ai fini di cui al comma 1 sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli

scopi statutari delle organizzazioni.

Articolo 12 Osservatorio nazionale per il volontariato.

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari sociali, è istituito l'Osservatorio nazionale per il volontariato, presieduto dal Ministro per gli affari sociali o da un suo delegato e composto da dieci rappresentanti delle organizzazioni e delle federazioni di volontariato operanti in almeno sei regioni, da due esperti e da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. L'Osservatorio, che si avvale del personale, dei mezzi e dei servizi messi a disposizione dal Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha i seguenti compiti:

a) provvedere al censimento delle organizzazioni di volontariato ed alla diffusione della conoscenza delle attività da esse svolte;

b) promuovere ricerche e studi in Italia e all'estero; c) fornire ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato; d) approvare progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, da organizzazioni di

volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate (1);

e) offrire sostegno e consulenza per progetti di informatizzazione e di banche-dati nei settori di competenza della presente legge;

f) pubblicare un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione delle normative nazionali e regionali;

g) sostenere, anche con la collaborazione delle regioni, iniziative di formazione ed aggiornamento per la prestazione dei servizi;

h) pubblicare un bollettino periodico di informazione e promuovere altre iniziative finalizzate alla circolazione delle notizie attinenti l'attività di volontariato;

i) promuovere, con cadenza triennale, una Conferenza nazionale del volontariato, alla quale partecipano tutti i soggetti istituzionali, i gruppi e gli operatori interessati.

2. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali, il Fondo per il volontariato, finalizzato a sostenere finanziariamente i progetti di cui alla lettera d) del comma 1.

(1) Vedi, anche, la Dir.Min. 1° agosto 2003 e la Dir.Min. 3 settembre 2004.

Articolo 13 Limiti di applicabilità.

1. È fatta salva la normativa vigente per le attività di volontariato non contemplate nella presente legge, con particolare riferimento alle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, di protezione civile e a quelle connesse con il servizio civile sostitutivo di cui alla legge 15 dicembre 1972, n. 772.

Articolo 14

Autorizzazione di spesa e copertura finanziaria. 1. Per il funzionamento dell'Osservatorio nazionale per il volontariato, per la dotazione del Fondo di cui al comma 2

dell'articolo 12 e per l'organizzazione della Conferenza nazionale del volontariato di cui al comma 1, lettera i), dello stesso articolo 12, è autorizzata una spesa di due miliardi di lire per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993.

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2. All'onere di cui al comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1991, all'uopo utilizzando parzialmente l'accantonamento: «Legge-quadro sulle organizzazioni di volontariato».

3. Le minori entrate derivanti dall'applicazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 8 sono valutate complessivamente in lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993. Al relativo onere si fa fronte mediante utilizzazione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1991, all'uopo utilizzando parzialmente l'accantonamento: «Legge-quadro sulle organizzazioni di volontariato».

Articolo 15

Fondi speciali presso le regioni. 1. Gli enti di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, devono prevedere nei

propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e dell'accantonamento di cui alla lettera d) del comma 1 dello stesso articolo 12, venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.

2. Le casse di risparmio, fino a quando non abbiano proceduto alle operazioni di ristrutturazione di cui all'articolo 1 del citato decreto legislativo n. 356 del 1990, devono destinare alle medesime finalità di cui al comma 1 del presente articolo una quota pari ad un decimo delle somme destinate ad opere di beneficienza e di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 35, terzo comma, del regio decreto 25 aprile 1929, n. 967, e successive modificazioni.

3. Le modalità di attuazione delle norme di cui ai commi 1 e 2, saranno stabilite con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, entro tre mesi dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

Articolo 16

Norme transitorie e finali. 1. Fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le

regioni provvedono ad emanare o adeguare le norme per l'attuazione dei principi contenuti nella presente legge entro un anno dalla data della sua entrata in vigore.

Articolo 17

Flessibilità nell'orario di lavoro. 1. I lavoratori che facciano parte di organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6, per poter espletare attività di

volontariato, hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l'organizzazione aziendale.

2. (Omissis) (1). (1) Aggiunge un comma all'art. 3, l. 29 marzo 1983, n. 93.

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ALLEGATO B

Legge 7 dicembre 2000, n. 383 Disciplina delle associazioni di promozione sociale

(in Gazz. Uff., 27 dicembre, n. 300)

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1

Finalità e oggetto della legge. 1. La Repubblica riconosce il valore sociale dell'associazionismo liberamente costituito e delle sue molteplici attività

come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo; ne promuove lo sviluppo in tutte le sue articolazioni territoriali, nella salvaguardia della sua autonomia; favorisce il suo apporto originale al conseguimento di finalità di carattere sociale, civile, culturale e di ricerca etica e spirituale.

2. La presente legge, in attuazione degli articoli 2, 3, secondo comma, 4, secondo comma, 9 e 18 della Costituzione, detta princìpi fondamentali e norme per la valorizzazione dell'associazionismo di promozione sociale e stabilisce i princìpi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le associazioni di promozione sociale nonchè i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti.

3. La presente legge ha, altresì, lo scopo di favorire il formarsi di nuove realtà associative e di consolidare e rafforzare quelle già esistenti che rispondono agli obiettivi di cui al presente articolo.

Articolo 2

Associazioni di promozione sociale. 1. Sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i

gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati.

2. Non sono considerate associazioni di promozione sociale, ai fini e per gli effetti della presente legge, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati.

3. Non costituiscono altresì associazioni di promozione sociale i circoli privati e le associazioni comunque denominate che dispongono limitazioni con riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all'ammissione degli associati o prevedono il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che, infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale.

Articolo 3

Atto costitutivo e statuto. 1. Le associazioni di promozione sociale si costituiscono con atto scritto nel quale deve tra l'altro essere indicata la

sede legale. Nello statuto devono essere espressamente previsti: a) la denominazione; b) l'oggetto sociale; c) l'attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione; d) l'assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra

gli associati, anche in forme indirette; e) l'obbligo di reinvestire l'eventuale avanzo di gestione a favore di attività istituzionali statutariamente previste; f) le norme sull'ordinamento interno ispirato a princìpi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati,

con la previsione dell'elettività delle cariche associative. In relazione alla particolare natura di talune associazioni, il Ministro per la solidarietà sociale, sentito l'Osservatorio nazionale di cui all'art. 11, può consentire deroghe alla presente disposizione;

g) i criteri per l'ammissione e l'esclusione degli associati ed i loro diritti e obblighi; h) l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonchè le modalità di approvazione degli stessi da parte

degli organi statutari; i) le modalità di scioglimento dell'associazione; l) l'obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, dopo la

liquidazione, a fini di utilità sociale.

Articolo 4 Risorse economiche.

1. Le associazioni di promozione sociale traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento delle loro attività da:

a) quote e contributi degli associati; b) eredità, donazioni e legati;

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c) contributi dello Stato, delle regioni, di enti locali, di enti o di istituzioni pubblici, anche finalizzati al sostegno di specifici e documentati programmi realizzati nell'ambito dei fini statutari;

d) contributi dell'Unione europea e di organismi internazionali; e) entrate derivanti da prestazioni di servizi convenzionati; f) proventi delle cessioni di beni e servizi agli associati e a terzi, anche attraverso lo svolgimento di attività

economiche di natura commerciale, artigianale o agricola, svolte in maniera ausiliaria e sussidiaria e comunque finalizzate al raggiungimento degli obiettivi istituzionali;

g) erogazioni liberali degli associati e dei terzi; h) entrate derivanti da iniziative promozionali finalizzate al proprio finanziamento, quali feste e sottoscrizioni anche

a premi; i) altre entrate compatibili con le finalità sociali dell'associazionismo di promozione sociale.

2. Le associazioni di promozione sociale sono tenute per almeno tre anni alla conservazione della documentazione, con l'indicazione dei soggetti eroganti, relativa alle risorse economiche di cui al comma 1, lettere b), c), d), e), nonchè, per le risorse economiche di cui alla lettera g), della documentazione relativa alle erogazioni liberali se finalizzate alle detrazioni di imposta e alle deduzioni dal reddito imponibile di cui all'art. 22.

Articolo 5

Donazioni ed eredità. 1. Le associazioni di promozione sociale prive di personalità giuridica possono ricevere donazioni e, con beneficio di

inventario, lasciti testamentari, con l'obbligo di destinare i beni ricevuti e le loro rendite al conseguimento delle finalità previste dall'atto costitutivo e dallo statuto.

2. I beni pervenuti ai sensi del comma 1 sono intestati alle associazioni. Ai fini delle trascrizioni dei relativi acquisti si applicano gli articoli 2659 e 2660 del codice civile.

Articolo 6

Rappresentanza. 1. Le associazioni di promozione sociale anche non riconosciute sono rappresentate in giudizio dai soggetti ai quali,

secondo lo statuto, è conferita la rappresentanza legale. 2. Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione di promozione sociale i terzi creditori

devono far valere i loro diritti sul patrimonio dell'associazione medesima e, solo in via sussidiaria, possono rivalersi nei confronti delle persone che hanno agito in, nome e per conto dell'associazione.

Capo II

REGISTRI E OSSERVATORI DELL'ASSOCIAZIONISMO Sezione I

Registri nazionale, regionali e provinciali.

Articolo 7 Registri.

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali è istituito un registro nazionale al quale possono iscriversi, ai fini dell'applicazione della presente legge, le associazioni di promozione sociale a carattere nazionale in possesso dei requisiti di cui all'art. 2, costituite ed operanti da almeno un anno. Alla tenuta del registro si provvede con le ordinarie risorse finanziarie, umane e strumentali del Dipartimento per gli affari sociali.

2. Per associazioni di promozione sociale a carattere nazionale si intendono quelle che svolgono attività in almeno cinque regioni ed in almeno venti province del territorio nazionale.

3. L'iscrizione nel registro nazionale delle associazioni a carattere nazionale comporta il diritto di automatica iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale e dei circoli affiliati, mantenendo a tali soggetti i benefici connessi alla iscrizione nei registri di cui al comma 4.

4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, rispettivamente, registri su scala regionale e provinciale, cui possono iscriversi tutte le associazioni in possesso dei requisiti di cui all'art. 2, che svolgono attività, rispettivamente, in ambito regionale o provinciale.

Articolo 8

Disciplina del procedimento per le iscrizioni ai registri nazionale, regionali e provinciali. 1. Il Ministro per la solidarietà sociale, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,

emana un apposito regolamento che disciplina il procedimento per l'emanazione dei provvedimenti di iscrizione e di cancellazione delle associazioni a carattere nazionale nel registro nazionale di cui all'art. 7, comma 1, e la periodica revisione dello stesso, nel rispetto della legge 7 agosto 1990, n. 241.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'istituzione dei registri di cui all'art. 7, comma 4, i procedimenti per l'emanazione dei provvedimenti di iscrizione e di cancellazione delle associazioni che svolgono attività in ambito regionale o provinciale nel registro regionale o provinciale nonchè la periodica revisione dei registri regionali e provinciali, nel rispetto dei princìpi della legge 7 agosto 1990, n. 241. Le regioni e le province autonome trasmettono altresì annualmente copia aggiornata dei registri all'Osservatorio nazionale di cui all'art. 11.

3. Il regolamento di cui al comma 1 e le leggi regionali e provinciali di cui al comma 2 devono prevedere un termine per la conclusione del procedimento e possono stabilire che, decorso inutilmente il termine prefissato, l'iscrizione si intenda assentita.

4. L'iscrizione nei registri è condizione necessaria per stipulare le convenzioni e per usufruire dei benefici previsti dalla presente legge e dalle leggi regionali e provinciali di cui al comma 2.

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Articolo 9

Atti soggetti ad iscrizione nei registri. 1. Nei registri di cui all'art. 7 devono risultare l'atto costitutivo, lo statuto, la sede dell'associazione e l'ambito

territoriale di attività. 2. Nei registri devono essere iscritti altresì le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto, il trasferimento della

sede, le deliberazioni di scioglimento.

Articolo 10 Ricorsi avverso i provvedimenti relativi alle iscrizioni e alle cancellazioni.

1. Avverso i provvedimenti di rifiuto di iscrizione e avverso i provvedimenti di cancellazione è ammesso ricorso in via amministrativa, nel caso si tratti di associazioni a carattere nazionale, al Ministro per la solidarietà sociale, che decide previa acquisizione del parere vincolante dell'Osservatorio nazionale di cui all'art. 11; nel caso si tratti di associazioni che operano in ambito regionale o nell'ambito delle province autonome di Trento e di Bolzano, al presidente della Giunta regionale o provinciale, previa acquisizione del parere vincolante dell'osservatorio regionale previsto dall'art. 14.

2. Avverso i provvedimenti di rifiuto di iscrizione e avverso i provvedimenti di cancellazione è ammesso, in ogni caso, entro sessanta giorni, ricorso al tribunale amministrativo regionale competente, che decide, in camera di consiglio, nel termine di trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, sentiti i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla sua notifica, al Consiglio di Stato, il quale decide con le stesse modalità entro sessanta giorni.

Sezione II

Osservatorio nazionale e osservatori regionali dell'associazionismo.

Articolo 11 Istituzione e composizione dell'Osservatorio nazionale.

1. In sede di prima attuazione della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, è istituito l'Osservatorio nazionale dell'associazionismo, di seguito denominato «Osservatorio», presieduto dal Ministro per la solidarietà sociale, composto da 26 membri, di cui 10 rappresentanti delle associazioni a carattere nazionale maggiormente rappresentative, 10 rappresentanti estratti a sorte tra i nominativi indicati da altre associazioni e 6 esperti.

2. Le associazioni di cui al comma 1 devono essere iscritte nei registri ai rispettivi livelli. 3. L'Osservatorio elegge un vicepresidente tra i suoi componenti di espressione delle associazioni. 4. L'Osservatorio si riunisce al massimo otto volte l'anno, dura in carica tre anni ed i suoi componenti non possono

essere nominati per più di due mandati. 5. Per il funzionamento dell'Osservatorio è autorizzata la spesa massima di lire 225 milioni per il 2000 e di lire 450

milioni annue a decorrere dal 2001. 6. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la solidarietà sociale, sentite le

Commissioni parlamentari competenti, emana un regolamento per disciplinare le modalità di elezione dei membri dell'Osservatorio nazionale da parte delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale e regionali.

7. Alle attività di segreteria connesse al funzionamento dell'Osservatorio si provvede con le ordinarie risorse finanziarie, umane e strumentali del Dipartimento per gli affari sociali.

Articolo 12

Funzionamento e attribuzioni. 1. Per lo svolgimento dei suoi compiti l'Osservatorio, che ha sede presso il Dipartimento per gli affari sociali, adotta un

apposito regolamento entro sessanta giorni dall'insediamento. 2. Con regolamento, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi della legge 23 agosto

1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinati le procedure per la gestione delle risorse assegnate all'Osservatorio e i rapporti tra l'Osservatorio e il Dipartimento per gli affari sociali.

3. All'Osservatorio sono assegnate le seguenti competenze: a) assistenza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali, nella tenuta e

nell'aggiornamento del registro nazionale; b) promozione di studi e ricerche sull'associazionismo in Italia e all'estero; c) pubblicazione di un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno associativo e sullo stato di attuazione della

normativa europea, nazionale e regionale sull'associazionismo; d) sostegno delle iniziative di formazione e di aggiornamento per lo svolgimento delle attività associative nonchè di

progetti di informatizzazione e di banche dati nei settori disciplinati dalla presente legge (1); e) pubblicazione di un bollettino periodico di informazione e promozione di altre iniziative volte alla diffusione della

conoscenza dell'associazionismo, al fine di valorizzarne il ruolo di promozione civile e sociale; f) approvazione di progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, dalle associazioni

iscritte nei registri di cui all'art. 7 per fare fronte a particolari emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate (1);

g) promozione di scambi di conoscenze e forme di collaborazione fra le associazioni di promozione sociale italiane e fra queste e le associazioni straniere;

h) organizzazione, con cadenza triennale, di una conferenza nazionale sull'associazionismo, alla quale partecipino i soggetti istituzionali e le associazioni interessate;

i) esame dei messaggi di utilità sociale redatti dalle associazioni iscritte nei registri di cui all'art. 7, loro determinazione e trasmissione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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4. Per lo svolgimento dei propri compiti l'Osservatorio si avvale delle risorse umane e strumentali messe a disposizione dal Dipartimento per gli affari sociali.

5. Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa massima di lire 745 milioni per il 2000 e di lire 1.490 milioni annue a decorrere dal 2001.

(1) Vedi, anche, la Dir.Min. 5 novembre 2002 per l'esercizio finanziario 2002 e la Dir.Min. 1° agosto 2003 per l'esercizio finanziario 2003.

Articolo 13

Fondo per l'associazionismo. 1. A istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali, il Fondo per

l'associazionismo, finalizzato a sostenere finanziariamente le iniziative ed i progetti di cui alle lettere d) e f) del comma 3 dell'art. 12.

2. Per il funzionamento del Fondo è autorizzata la spesa massima di lire 4.650 milioni per il 2000, 14.500 milioni per il 2001 e 20.000 milioni annue a decorrere dal 2002.

Articolo 14

Osservatori regionali. 1. Le regioni istituiscono osservatori regionali per l'associazionismo con funzioni e modalità di funzionamento da

stabilire con la legge regionale di cui all'art. 8, comma 2. 2. Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo e dell'art. 7, comma 4, è autorizzata la spesa di lire 150

milioni per il 2000 e di lire 300 milioni annue a decorrere dal 2001. 3. Al riparto delle risorse di cui al comma 2 si provvede con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, sentita la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Articolo 15 Collaborazione dell'ISTAT.

1. L'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) è tenuto a fornire all'Osservatorio adeguata assistenza per l'effettuazione di indagini statistiche a livello nazionale e regionale e a collaborare nelle medesime materie con gli osservatori regionali.

2. Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di lire 50 milioni per il 2000 e di lire 100 milioni annue a decorrere dal 2001.

Articolo 16

Rapporti con l'Osservatorio nazionale per il volontariato. 1. L'Osservatorio svolge la sua attività in collaborazione con l'Osservatorio nazionale per il volontariato di cui all'art. 12

della legge 11 agosto 1991, n. 266, sulle materie di comune interesse. 2. L'Osservatorio e l'Osservatorio nazionale per il volontariato sono convocati in seduta congiunta almeno una volta

all'anno, sotto la presidenza del Ministro per la solidarietà sociale o di un suo delegato. 3. Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa massima di lire 50 milioni annue a

decorrere dal 2000.

Articolo 17 Partecipazione alla composizione del CNEL.

1. L'Osservatorio e l'Osservatorio nazionale per il volontariato designano dieci membri del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), scelti fra le persone indicate dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato maggiormente rappresentative.

2. (Omissis). (1) 3. (Omissis). (2) 4. (Omissis). (3) 5. Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa massima di lire 240 milioni per il

2000 e di lire 482 milioni annue a decorrere dal 2001. (1) Sostituisce l'alinea del comma 1, art. 2 della l. 30 dicembre 1986, n. 936. (2) Aggiunge il n. I-bis) al comma 1, art. 2 della l. 30 dicembre 1986, n. 936. (3) Aggiunge il comma 2-bis all'art. 4 della l. 30 dicembre 1986, n. 936.

Capo III

PRESTAZIONI DEGLI ASSOCIATI, DISCIPLINA FISCALE E AGEVOLAZIONI Sezione I

Prestazioni degli associati.

Articolo 18 Prestazioni degli associati.

1. Le associazioni di promozione sociale si avvalgono prevalentemente delle attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita dai propri associati per il perseguimento dei fini istituzionali.

2. Le associazioni possono, inoltre, in caso di particolare necessità, assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo, anche ricorrendo a propri associati.

Articolo 19

Flessibilità nell'orario di lavoro.

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1. Per poter espletare le attività istituzionali svolte anche in base alle convenzioni di cui all'art. 30, i lavoratori che facciano parte di associazioni iscritte nei registri di cui all'art. 7 hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità dell'orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l'organizzazione aziendale.

Sezione II

Disciplina fiscale, diritti e altre agevolazioni.

Articolo 20 Prestazioni in favore dei familiari degli associati.

1. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nei confronti dei familiari conviventi degli associati sono equiparate, ai fini fiscali, a quelle rese agli associati.

2. Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa massima di lire 2.700 milioni per il 2000, lire 5.400 milioni per il 2001 e lire 5.400 milioni a decorrere dal 2002.

Articolo 21

Imposta sugli intrattenimenti. 1. In deroga alla disposizione di cui all'art. 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,

n. 640, come modificato, da ultimo, dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 60, le quote e i contributi corrisposti alle associazioni di promozione sociale non concorrono alla formazione della base imponibile, ai fini dell'imposta sugli intrattenimenti.

2. Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa massima di lire 3.500 milioni per il 2001 e lire 3.500 milioni a decorrere dal 2002.

Articolo 22

Erogazioni liberali. 1. Al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.

917 e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) (Omissis). (1) b) (Omissis). (2) c) (Omissis). (3) d) (Omissis). (4) e) (Omissis). (5)

2. Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa massima di lire 71.500 milioni per il 2001 e lire 41.000 milioni a decorrere dal 2002.

(1) Aggiunge la lettera i-quater) al comma 1 e modifica il comma 3 dell'art. 13-bis del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917.

(2) Aggiunge la lettera c-octies) al comma 2 dell'art. 65 del del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917. (3) Modifica il comma 1 dell'art. 110-bis del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917. (4) Modifica il comma 2-bis dell'art. 113 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917. (5) Modifica il comma 1-bis dell'art. 114 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917.

Articolo 23

Tributi locali. 1. Gli enti locali possono deliberare riduzioni sui tributi di propria competenza per le associazioni di promozione

sociale, qualora non si trovino in situazioni di dissesto ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 e successive modificazioni.

Articolo 24

Accesso al credito agevolato e privilegi. 1. Le provvidenze creditizie e fideiussorie previste dalle norme per le cooperative e i loro consorzi sono estese, senza

ulteriori oneri per lo Stato, alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato iscritte nei rispettivi registri che, nell'ambito delle convenzioni di cui all'art. 30, abbiano ottenuto l'approvazione di uno o più progetti di opere e di servizi di interesse pubblico inerenti alle finalità istituzionali.

2. I crediti delle associazioni di promozione sociale per i corrispettivi dei servizi prestati e per le cessioni di beni hanno privilegio generale sui beni mobili del debitore ai sensi dell'art. 2751- bis del codice civile.

3. I crediti di cui al comma 2 sono collocati, nell'ordine dei privilegi, subito dopo i crediti di cui alla lettera c) del secondo comma dell'art. 2777 del codice civile.

Articolo 25

Messaggi di utilità sociale. 1. Ai sensi dell'art. 3 della legge 7 giugno 2000, n. 150, la Presidenza del Consiglio dei Ministri trasmette alla società

concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo i messaggi di utilità sociale ricevuti dall'Osservatorio. 2. (Omissis). (1) (1) Modifica il primo comma dell'art. 6 della l. 14 aprile 1975, n. 103.

Articolo 26

Diritto all'informazione ed accesso ai documenti amministrativi.

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1. Alle associazioni di promozione sociale è riconosciuto il diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui all'art. 22, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

2. Ai fini di cui al comma 1 sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle associazioni di promozione sociale.

Articolo 27

Tutela degli interessi sociali e collettivi. 1. Le associazioni di promozione sociale sono legittimate:

a) a promuovere azioni giurisdizionali e ad intervenire nei giudizi promossi da terzi, a tutela dell'interesse dell'associazione;

b) ad intervenire in giudizi civili e penali per il risarcimento dei danni derivanti dalla lesione di interessi collettivi concernenti le finalità generali perseguite dall'associazione;

c) a ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi lesivi degli interessi collettivi relativi alle finalità di cui alla lettera b).

2. Le associazioni di promozione sociale sono legittimate altresì ad intervenire nei procedimenti amministrativi ai sensi dell'art. 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Articolo 28

Accesso al Fondo sociale europeo. 1. Il Governo, d'intesa con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, promuove ogni iniziativa per

favorire l'accesso delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato ai finanziamenti del Fondo sociale europeo per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali, nonchè, in collaborazione con la Commissione delle Comunità europee, per facilitare l'accesso ai finanziamenti comunitari, inclusi i prefinanziamenti da parte degli Stati membri e i finanziamenti sotto forma di sovvenzioni globali.

Articolo 29

Norme regionali e delle province autonome. 1. Le leggi regionali e le leggi delle province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla promozione e

favoriscono lo sviluppo dell'associazionismo di promozione sociale, salvaguardandone l'autonomia di organizzazione e di iniziativa.

Articolo 30

Convenzioni. 1. Lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e gli altri enti pubblici

possono stipulare convenzioni con le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all'art. 7, per lo svolgimento delle attività previste dallo statuto verso terzi.

2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività stabilite dalle convenzioni stesse. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonchè le modalità di rimborso delle spese.

3. Le associazioni di promozione sociale che svolgono attività mediante convenzioni devono assicurare i propri aderenti che prestano tale attività contro gli infortuni e le malattie connessi con lo svolgimento dell'attività stessa, nonchè per la responsabilità civile verso terzi.

4. Con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati con polizze anche numeriche o collettive e sono disciplinati i relativi controlli.

5. La copertura assicurativa di cui al comma 3 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.

6. Le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano alle convenzioni stipulate o rinnovate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

Articolo 31

Strutture e autorizzazioni temporanee per manifestazioni pubbliche. 1. Le amministrazioni statali, con le proprie strutture civili e militari, e quelle regionali, provinciali e comunali possono

prevedere forme e modi per l'utilizzazione non onerosa di beni mobili e immobili per manifestazioni e iniziative temporanee delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato previste dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, nel rispetto dei princìpi di trasparenza, di pluralismo e di uguaglianza.

2. Alle associazioni di promozione sociale, in occasione di particolari eventi o manifestazioni, il sindaco può concedere autorizzazioni temporanee alla somministrazione di alimenti e bevande in deroga ai criteri e parametri di cui all'art. 3, comma 4, della legge 25 agosto 1991, n. 287. Tali autorizzazioni sono valide soltanto per il periodo di svolgimento delle predette manifestazioni e per i locali o gli spazi cui si riferiscono e sono rilasciate alla condizione che l'addetto alla somministrazione sia iscritto al registro degli esercenti commerciali.

3. Le associazioni di promozione sociale sono autorizzate ad esercitare attività turistiche e ricettive per i propri associati. Per tali attività le associazioni sono tenute a stipulare polizze assicurative secondo la normativa vigente. Possono, inoltre, promuovere e pubblicizzare le proprie iniziative attraverso i mezzi di informazione, con l'obbligo di specificare che esse sono riservate ai propri associati.

Articolo 32

Strutture per lo svolgimento delle attività sociali.

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1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni possono concedere in comodato beni mobili ed immobili di loro proprietà, non utilizzati per fini istituzionali, alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato previste dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, per lo svolgimento delle loro attività istituzionali.

2. (Omissis). (1) 3. All'art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, dopo le parole: «senza fini di lucro,» sono inserite le

seguenti: «nonchè ad associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale e regionali,». Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di lire 1.190 milioni annue a decorrere dall'anno 2000.

4. La sede delle associazioni di promozione sociale ed i locali nei quali si svolgono le relative attività sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.

5. Per concorrere al finanziamento di programmi di costruzione, di recupero, di restauro, di adattamento, di adeguamento alle norme di sicurezza e di straordinaria manutenzione di strutture o edifici da utilizzare per le finalità di cui al comma 1, per la dotazione delle relative attrezzature e per la loro gestione, le associazioni di promozione sociale sono ammesse ad usufruire, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, di tutte le facilitazioni o agevolazioni previste per i privati, in particolare per quanto attiene all'accesso al credito agevolato.

(1) Aggiunge la lettera b-bis) al comma 1 dell'art. 1 della l. 11 luglio 1986, n. 390.

Capo IV DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Articolo 33

Copertura finanziaria. 1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato nella misura di lire 10.000 milioni per l'anno 2000,

di lire 98.962 milioni per l'anno 2001 e di lire 73.962 milioni a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 2000, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 10.000 milioni per l'anno 2000, lire 90.762 milioni per l'anno 2001 e lire 67.762 milioni a decorrere dall'anno 2002, l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e quanto a lire 8.200 milioni per l'anno 2001 e lire 6.200 milioni a decorrere dall'anno 2002, l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente.

2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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ALLEGATO C

Costituzione della Repubblica Italiana

Art. 117 La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (1).

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------------------------ (1) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».

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ALLEGATO D

Legge regionale 30 agosto 1993, n. 40 Norme per il riconoscimento e la promozione delle organizzazioni di volontariato.

(B.U. 31-8-1993, n. 73).

Art. 1. Finalità e oggetto. 1. La Regione Veneto riconosce e valorizza la funzione sociale dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo ne promuove l'autonomo sviluppo e ne favorisce l'originale apporto alle iniziative dirette al conseguimento di finalità particolarmente significative nel campo sociale, sanitario, ambientale, culturale e della solidarietà civile per affermare il valore della vita, migliorarne la qualità e per contrastare l'emarginazione. 2. La Giunta regionale, attraverso gli strumenti di programmazione, fissa gli ulteriori obiettivi e le conseguenti attività da valorizzare anche con incentivi di ordine economico. 3. La presente legge stabilisce i principi e i criteri per la tenuta del registro regionale delle organizzazioni di volontariato e per la disciplina dei rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni medesime. Art. 2. Attività di volontariato. 1. Ai fini della presente legge si considera attività di volontariato quella svolta per soli fini di solidarietà e verso terzi con l'esclusione di ogni scopo di lucro e di remunerazione, anche indiretti. Tale attività deve essere prestata in modo diretto, spontaneo e gratuito da volontari associati in organizzazioni liberamente costituite, mediante prestazioni personali a favore di altri soggetti ovvero di interessi collettivi degni di tutela da parte della comunità. 2. Restano escluse le attività che, pur avendo fini di solidarietà, non consistono nell'erogazione di servizi né nello svolgimento di prestazioni materiali o morali. 3. La Giunta regionale, avvalendosi anche degli uffici del comune territorialmente competente, vigila sull'effettivo svolgimento dell'attività di volontariato effettuata dalle organizzazioni iscritte al registro regionale. Il sindaco interessato comunica al Presidente della Giunta regionale i risultati degli accertamenti con cadenza almeno triennale, sulla scorta delle modalità fissate dalla Giunta regionale. Art. 3. Organizzazioni di volontariato. 1. Per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2 le organizzazioni di volontariato devono costituirsi secondo quanto stabilito dall'articolo 3 della legge 11 agosto 1991, n. 266 e secondo quanto previsto dalla presente legge. 2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o. avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure per qualificare o specializzare l'attività da esse svolta e non per l'esercizio di attività di solidarietà. Art. 4. Registro regionale delle organizzazioni di volontariato. 1. E' istituito, presso la Giunta regionale, il registro regionale delle organizzazioni di volontariato che può essere articolato in sezioni con deliberazione della Giunta medesima. 2. Hanno diritto ad essere iscritte nel registro regionale le organizzazioni di volontariato che abbiano i requisiti previsti dall'articolo 3 della legge 11 agosto 1991, n. 266. Le domande di iscrizione sono presentate al Dirigente del dipartimento competente (1) corredate da: a) atto costitutivo e statuto o accordi degli aderenti; b) ordinamento interno, con l'indicazione della persona cui è conferita la rappresentanza legale. 3. Il Dirigente del dipartimento competente (1), entro il termine di 90 giorni dal ricevimento della domanda, sulla base dell'istruttoria esperita dal dipartimento per i servizi sociali provvede all'iscrizione dell'organizzazione al registro dandone comunicazione al comune e alla provincia territorialmente competenti. 4. Il termine di cui al comma 3 è sospeso nel caso in cui per l'espletamento dell'istruttoria sia necessaria l'acquisizione di ulteriori documenti o l'integrazione di quelli acquisiti. Detto termine ricomincia a decorrere dalla data di ricevimento delle integrazioni o dei documenti richiesti. 5. I soggetti interessati devono chiedere, pena la cancellazione automatica dal registro, la conferma dell'iscrizione ogni tre anni, con la ripresentazione, qualora fossero intervenute modificazioni, della documentazione di cui alle lettere a) e b) del comma 2. 6. Il Dirigente del dipartimento competente (*), anche per il tramite del comune territorialmente competente, verifica la permanenza dei requisiti previsti dalla legge per l'iscrizione al registro delle organizzazioni di volontariato. 7. La perdita dei requisiti previsti dalla legge comporta la cancellazione dal registro e deve essere tempestivamente comunicata al Presidente della Giunta regionale dal legale rappresentante dell'organizzazione o dal sindaco del comune competente per territorio. La cancellazione è disposta con deliberazione del Dirigente del dipartimento competente (*). 8. Il Dirigente del dipartimento competente (*) comunica alle organizzazioni di volontariato, motivandolo, anche ai fini dell'applicazione del comma 5 dell'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, il diniego dell'iscrizione e la cancellazione dal registro regionale dandone altresì comunicazione al comune ed alla provincia territorialmente

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competenti. 9. A fini conoscitivi, la documentazione di cui ai commi 2 e 5 è accompagnata dalla relazione degli interventi programmati con la specificazione delle metodologie di intervento, la qualificazione e i compiti dei volontari impiegati. Le organizzazioni di volontariato già operanti presentano inoltre una relazione sulle attività svolte. 10. Nel registro regionale, di cui al comma 1, sono di diritto iscritte le organizzazioni di volontariato già ricomprese nel registro delle associazioni di volontariato, istituito ai sensi della legge regionale 30 aprile 1985, n. 46 la cui disciplina è stata adeguata ai principi e criteri contenuti nella legge 11 agosto 1991, n. 266 con deliberazione della Giunta regionale n. 4406 del 28 luglio 1992, esecutiva. Art. 5. Osservatorio regionale sul volontariato. 1. E' istituito l'osservatorio regionale sul volontariato. 2. L'osservatorio è composto: a) dal Presidente della Giunta regionale o da un assessore suo delegato che lo presiede; b) da un rappresentante delle province, designato dall'unione regionale delle province del Veneto; c) da tre rappresentanti dei comuni designati dalla sezione regionale dell'ANCI di cui uno in rappresentanza dei territori montani; d) da un rappresentante delle ULSS del Veneto, designato dalla Giunta regionale; e) da dieci rappresentanti delle organizzazioni di volontariato designati dalla conferenza regionale del volontariato di cui all'articolo 7; f) da tre rappresentanti di enti o istituzioni che promuovono attività o cultura di volontariato nominati dalla Giunta regionale. 3. Il vicepresidente dell'osservatorio è eletto nella prima riunione tra i suoi componenti. 4. In relazione alle materie trattate, il presidente dell'osservatorio può invitare esperti che partecipano alle sedute senza diritto di voto. 5. L'osservatorio regionale sul volontariato è organo consultivo della Giunta regionale in materia di volontariato e, su richiesta della medesima, provvede a: a) esprime pareri sui disegni di legge e sui piani e programmi che interessano i settori d'intervento delle organizzazioni di volontariato di competenza regionale; b) esprime parere sulla tenuta e sulla gestione del registro regionale di cui all'articolo 4; c) esprimere parere sull'istituzione dei centri di servizio regionali di cui all'articolo 14; d) esprimere parere su progetti elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, da organizzazioni di volontariato iscritte al registro regionale. 6. L'osservatorio regionale sul volontariato inoltre: a) avanza proposte alla Giunta regionale sulle materie oggetto delle attività delle organizzazioni di volontariato; b) propone iniziative di formazione e di aggiornamento del personale volontario per la prestazione di servizi; c) fornisce ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato anche tramite proposte di ricerche e studi; d) promuove la diffusione delle attività svolte dalle organizzazioni di volontariato e dalle loro federazioni e la pubblicazione del rapporto regionale sull'andamento del volontariato nella regione. Art. 6. Funzionamento dell'osservatorio regionale sul volontariato 1. All'inizio di ogni legislatura la Giunta regionale, entro novanta giorni dalla sua elezione, provvede alla costituzione dell'osservatorio regionale sul volontariato che si riunisce su convocazione del Presidente della Giunta medesima, o suo delegato, oppure, su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti. Qualora non siano pervenute tutte le designazioni richieste, per la costituzione dell'organo, sono sufficienti almeno i due terzi dei componenti. 2. Per la validità delle riunioni dell'osservatorio è necessaria la presenza di almeno la metà dei componenti. Le deliberazioni sono prese a maggioranza e, in caso di parità, decide il voto del Presidente. 3. La partecipazione alle riunioni è gratuita ed è ammesso il solo rimborso delle spese effettivamente sostenute per la partecipazione. 4. L'osservatorio previsto dall'articolo 6 della legge regionale 30 aprile 1985, n. 46, è sostituito dal nuovo osservatorio regionale sul volontariato di cui all'articolo 5. La Giunta regionale provvede alla sua attivazione entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge. Art. 7. Conferenza regionale del volontariato. 1. E' istituita la conferenza regionale delle organizzazioni di volontariato iscritte al registro regionale. 2. La conferenza è formata da: a) i responsabili regionali delle organizzazioni di volontariato presenti in almeno tre province; b) un responsabile per ogni provincia delle organizzazioni di volontariato aggregate in coordinamento. 3. Entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge e, successivamente entro 90 giorni dall'inizio di ogni legislatura, le organizzazioni di volontariato di cui al comma 2 comunicano al Presidente della Giunta Regionale i nominativi dei propri rappresentanti da nominare nella conferenza. 4. La conferenza è convocata nella sua prima seduta dal Presidente della Giunta e successivamente dal Presidente della conferenza medesima oppure su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti. 5. La conferenza nella sua prima seduta elegge tra i propri componenti il Presidente e delibera il proprio regolamento. 6. La conferenza designa i rappresentanti delle organizzazioni di volontariato all'interno dell'osservatorio sul volontariato con le modalità previste dalla Giunta regionale.

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Art. 8. Convenzione. 1. Le attività di volontariato, prestate all'interno di strutture pubbliche o di strutture convenzionate con gli enti pubblici, sono rese in regime di convenzione e solo dalle organizzazioni iscritte, da almeno sei mesi, al registro regionale di cui all'articolo 4. 2. Le convenzioni in atto stipulate dalle organizzazioni di volontariato anteriormente all'entrata in vigore della presente legge devono essere adeguate entro un anno, ai principi e criteri nella medesima contenuti. Art. 9. Contenuti della convenzione. 1. La convenzione deve contenere fra l'altro, i seguenti elementi essenziali: a) la descrizione dell'attività oggetto del rapporto convenzionale e delle relative modalità di svolgimento, anche al fine di garantire il raccordo con i programmi e le norme di settore; b) l'indicazione delle strutture, delle attrezzature e dei mezzi impiegati nello svolgimento dell'attività; c) la durata del rapporto convenzionale, le cause e le modalità della sua risoluzione; d) l'entità delle prestazioni del personale volontario necessario allo svolgimento dell'attività in modo continuativo; e) l'entità del rimborso assegnato all'organizzazione per i costi di gestione e per le spese sostenute e documentate dai volontari e ammissibili ai sensi della presente legge e della legge 11 agosto 1991, n. 226; f) impegno e modalità per lo svolgimento continuativo delle prestazioni convenzionate; g) le forme e le modalità di verifica e di controllo qualitativo delle prestazioni; h) le modalità di rendicontazione delle spese e di corresponsione dei rimborsi; i) l'obbligo di presentare una relazione sull'attività svolta, all'ente con il quale l'organizzazione stipula la convenzione, sia periodicamente che a richiesta dell'ente medesimo; l) l'obbligo della copertura assicurativa, con spesa a carico dell'ente con il quale l'organizzazione stipula la convenzione, per responsabilità civile verso terzi e contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività; m) l'entità e la qualità delle prestazioni specializzate eventualmente fornite da terzi e a questi retribuite nei limiti di cui al comma 2 dell'articolo 3; n) l'obbligo del rispetto della dignità e dei diritti degli utenti e le sanzioni per le eventuali inadempienze. 2. La convenzione deve riservare alla Giunta regionale un potere di vigilanza generale, da espletarsi anche per il tramite dell'ente locale competente per territorio, per la verifica delle prestazioni e per il controllo della loro qualità con possibilità di dichiarare la risoluzione del rapporto convenzionato quando sia constatata l'inadempienza delle clausole contrattuali o la non idoneità dell'organizzazione di volontariato ai sensi della presente legge. Art. 10. Criteri di priorità per le convenzioni. 1. La Giunta regionale, gli enti locali e gli altri enti pubblici operanti nel territorio regionale, individuano nell'ambito dei seguenti criteri le priorità nella scelta delle organizzazioni di volontariato per la stipula delle convenzioni: a) attività di volontariato è rivolta al conseguimento di particolari obiettivi individuati con carattere di priorità dagli atti di programmazione regionale o che a questi risultano particolarmente correlati: b) attività che si propone obiettivi per la soluzione di problematiche connesse ad emergenze sociali o sanitarie o ambientali; c) attività e servizi assunti integralmente in proprio in assenza di servizio pubblico; d) attività e servizi integrativi o di supporto a servizi pubblici; e) espletamento dell'attività con sistemi e modalità innovativi che garantiscano comunque il concreto ed efficace raggiungimento degli obiettivi; f) sede dell'organizzazione e presenza operativa nel territorio di svolgimento dell'attività; g) esperienza maturata dai volontari nell'attività oggetto di convenzione; h) livello qualitativo dal punto di vista organizzativo e professionale del personale volontario impegnato nell'attività, anche con riferimento a parametri prioritariamente fissati da vigenti disposizioni e a titoli di specializzazione posseduti; i) partecipazione a corsi e a sistemi di formazione e aggiornamento professionale dei volontari negli specifici settori d'intervento. Art. 11. Formazione e aggiornamento dei volontari. 1. La Giunta regionale nell'ambito del programma triennale di formazione professionale, sulla base di proposte avanzate dagli enti locali, dalle organizzazioni di volontariato, dagli enti e fondazioni, con esperienza in ambito almeno regionale nelle attività di organizzazione, formazione e promozione culturale sul volontariato, nonché sulla base delle proposte dell'osservatorio regionale sul volontariato, è autorizzata a promuovere iniziative di formazione e di aggiornamento del personale volontario, predisponendo a tal fine un piano di corsi intesi ad offrire la conoscenza di nozioni tecniche utili all'esercizio dell'attività di volontariato. 2. Il personale volontario delle organizzazioni iscritte al registro regionale di cui all'articolo 4, può partecipare gratuitamente ai corsi di formazione e aggiornamento professionale organizzati dalla Regione per i propri dipendenti. Tale partecipazione è limitata ad una percentuale stabilita dalla Giunta regionale in ragione al numero dei posti del corso e tenuto conto del settore dell'attività d'intervento del volontario. Art. 12. Contributi alle attività del volontariato. 1. L'iscrizione al registro regionale è condizione necessaria per poter fruire dei contributi eventualmente concessi da

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qualsiasi ente pubblico operante nel territorio regionale. 2. Il Dirigente del dipartimento competente (*), gli enti locali e le istituzioni pubbliche operanti nel territorio regionale possono erogare contributi alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale esclusivamente allo scopo di sostenere specifiche e documentate attività o progetti, tenuto conto delle determinazioni programmatiche regionali risultanti dai piani di settore. 3. I contributi previsti dalla presente legge possono essere assegnati anche ad organizzazioni che usufruiscono di altri benefici regionali, purché questi ultimi siano concessi per attività non previste dalla presente legge. 4. Lo stesso progetto o la stessa iniziativa possono ricevere contributi dalla Regione o da altri enti pubblici, purché l'importo risultante complessivamente non superi l'80 per cento della spesa dell'iniziativa. 5. Non sono consentite forme di contribuzione alle prestazioni lavorative o professionali espletate dal personale volontario. Art. 13. Domande ed erogazione dei contributi regionali. 1. Le domande, rivolte ad ottenere contributi regionali in materia di volontariato, vanno presentate al Presidente della Giunta regionale. 2. La Giunta regionale provvede, entro il termine di novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, a determinare con propria deliberazione i criteri e le modalità per la presentazione delle domande e per l'erogazione dei contributi regionali. Art. 14. Centri di servizio. (1a) 1. I centri di servizio per il volontariato sono istituiti nella Regione del Veneto ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266. 2. Il comitato di gestione del fondo speciale di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, istituisce i centri di servizio per il volontariato nella Regione del Veneto, con le modalità previste dal decreto del Ministro del tesoro 21 novembre 1991 integrate da quelle della presente legge. 3. Nell'istituzione dei centri di servizio, al fine di favorire un omogeneo sviluppo territoriale delle attività del volontariato e di dare concretezza all'intesa con gli enti locali prevista dal comma 4 dell'articolo 2 del decreto ministeriale 21 novembre 1991, il comitato di gestione opera in armonia con gli indirizzi programmatici adottati dalla Giunta regionale sulla base di accordi con le province, con i comuni, con i rappresentanti degli enti e delle casse di cui al decreto ministeriale, uno per ciascun ente e cassa e, con rappresentanti del mondo del volontariato, uno per provincia, designati dalla conferenza regionale del volontariato di cui all'articolo 7. Art. 14 bis. Compiti dei centri di servizio. (2) 1. I centri di servizio svolgono i seguenti compiti: a) approntano strumenti ed iniziative per la crescita della cultura della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato ed il rafforzamento di quelle esistenti; b) offrono consulenza ed assistenza qualificata nonché strumenti per la progettazione, l'avvio e la realizzazione di specifiche attività; c) assumono iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti ad organizzazioni di volontariato; d) offrono informazioni, notizie, documentazioni e dati sulle attività di volontariato locale e nazionale; e) forniscono direttamente o indirettamente alle organizzazioni di volontariato servizi e prestazioni contenuti e specifici progetti, organicamente formulati, promossi dalle medesime organizzazioni ed approvati dal comitato di gestione in sede di riparto delle somme di cui alla lettera d) del comma 4 dell'articolo 2 del decreto del Ministro del tesoro 21 novembre 1991. 2. Le attività di cui al comma 1, sono garantite dai centri di servizio con la messa a disposizione di appositi mezzi, idoneo personale nonché di risorse economico-finanziarie secondo le modalità previste dal comitato di gestione. 3. La Giunta regionale promuove il concorso degli enti locali e degli enti privati interessati per la realizzazione delle attività di cui al comma 1. Tale partecipazione si realizza con la messa a disposizione di risorse finanziarie, personale, strumenti e spazi necessari alle organizzazioni di volontariato. Art. 14 ter. Sedi dei centri di servizio. (3) 1. Allo scopo di razionalizzare le risorse, contenere i costi di gestione e favorire lo sviluppo delle attività di volontariato, le province, in accordo con gli altri enti pubblici e privati e sulla base delle indicazioni programmatiche del comitato di gestione, concorrono ad individuare ed assicurare gli spazi necessari per le sedi dei centri di servizio. 2. L'individuazione delle sedi deve comunque garantire la presenza di un centro di servizio in ciascun capoluogo di provincia, tenuto conto delle esigenze socio-territoriali e della presenza delle organizzazioni di volontariato nel territorio. Art. 14 quater. Comitato di gestione del fondo speciale regionale. (4) 1. Il Presidente della Giunta regionale o l'Assessore suo delegato è componente del comitato di gestione del fondo speciale costituito presso la Regione ai sensi dell'articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e la Giunta medesima nomina gli altri componenti rappresentanti delle organizzazioni di volontariato regolarmente iscritte al registro regionale e designati dalla conferenza regionale del volontariato di cui all'articolo 7. 2. Nella costituzione dei centri di servizio e nella ripartizione dei fondi per la realizzazione delle attività di cui all'articolo 14 bis, al comitato di gestione partecipano, con voto consultivo, sei rappresentanti delle organizzazioni di volontariato

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regolarmente iscritte al registro regionale, nominati dalla conferenza regionale del volontariato di cui all'articolo 7. 2 bis. Al fine di garantire un efficace collegamento delle iniziative regionali con quelle promosse dal Comitato di Gestione del fondo speciale per il volontariato di cui al comma 1, la Direzione regionale Gestione risorse umane assicura alla Direzione regionale Politiche sociali il personale necessario all'esplicazione dell'attività (5). 2 ter. In fase di avvio dell'attività dei centri di servizio, presso i medesimi può essere assegnato personale regionale che dipenderà funzionalmente dal competente centro regionale polifunzionale per l'informazione (6). Art. 15. Osservanza obblighi di legge. 1. Le organizzazioni di volontariato sono tenute all'osservanza degli obblighi previsti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266 in particolare della formazione del bilancio annuale e dell'assicurazione degli aderenti. 2. Il mancato rispetto delle disposizioni di legge di cui al comma 1 comporta la sospensione del godimento dei benefici e delle agevolazioni previsti per le organizzazioni di volontariato. 3. La cancellazione dal registro o la mancata conferma dell'iscrizione comportano la cessazione del godimento dei benefici e delle agevolazioni previsti dalla legge. 4. L'indebito godimento dei benefici e delle agevolazioni di legge, sono perseguiti a termini dell'ordinamento giuridico. 5. La Giunta regionale trasmette annualmente al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione della legge. Art. 16. Norma finanziaria. 1. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si fa fronte mediante l'utilizzo delle somme di lire un miliardo per ciascuno degli anni 1993, 1994 e 1995 iscritte al cap. 61420 "Interventi regionali per il volontariato operante in settori di competenza regionale" del bilancio pluriennale 1993-1995. 2. Per gli anni successivi si provvederà con le leggi annuali di approvazione del bilancio ai sensi dell'articolo 32 della legge regionale 9 dicembre 1977, n. 72, come modificato dalla legge regionale 7 settembre 1982, n. 43. Art. 17. Abrogazioni. 1. La legge regionale 30 aprile 1985, n. 46 "Interventi regionali per la valorizzazione e il coordinamento del volontariato" è abrogata. 2. Nella legge regionale 22 ottobre 1982, n. 49 "Competenza e disciplina degli interventi in materia di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale dei dipendenti da sostanze stupefacenti, psicotrope e da alcool", al comma 1 dell'articolo 5, dopo le parole "volontariato singolo" sono abrogate le parole "o associato". 3. L'articolo 22 della legge regionale 15 dicembre 1982, n. 55 "Norme per l'esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale", è abrogato. 4. Il comma 2 dell'articolo 23 della legge regionale 20 luglio 1989, n. 21 "Piano socio-sanitario regionale 1989-1991", è abrogato. _____________________ (*) Così modificato dall'art. 42 della L.R. 5 febbraio 1996, n. 6. (1) Comma così modificato dall'art. 74 della L.R. 30 gennaio 1997, n. 6. (1a) Articolo così sostituito dall'art. 1 della L.R. 18 gennaio 1995, n. 1. (2) Articolo inserito dall'art. 2 della L.R. 18 gennaio 1995, n. 1. (3) Articolo inserito dall'art. 3 della L.R. 18 gennaio 1995, n. 1. (4) Articolo inserito dall'art. 4 della L.R. 18 gennaio 1995, n. 1. (5) Comma aggiunto dall'art. 64 della L.R. 12 settembre 1997, n. 37. (6) Comma aggiunto dall'art. 66 della L.R. 22 febbraio 1999, n. 7

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ALLEGATO E

Deliberazione Giunta Regionale Veneto n. 2652 del 10 ottobre 2001 (Criteri e modalità di iscrizione al registro regionale delle associazioni di promozione sociale - art. 7 della L. 7 dicembre 2000 n. 383 e art. 43 L.R. 13 settembre 2001, n. 27). L’Assessore regionale alle Politiche Sociali, Antonio De Poli, riferisce quanto segue in merito all’argomento in oggetto riportato. La legge 7 dicembre 2000, n. 383, ha disciplinato le associazioni di promozione sociale, riconoscendo il valore sociale dell’associazionismo liberamente costituito e delle sue molteplici attività, come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo.

Ha dettato altresì i principi fondamentali e le norme per la valorizzazione dell’associazionismo di promozione sociale e ha stabilito i principi cui le regioni devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le associazioni di promozione sociale. In particolare, l’art. 2, co.1 della citata legge riconosce quali associazioni di promozione sociale: le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o terzi senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati.

L’art. 7, co. 4, della L. 383/2000 demanda alle regioni, tra l’altro, l’istituzione del registro cui possono iscriversi tutte le associazioni di cui all’art. 2 nel termine di centottanta giorni dall’entrata in vigore della legge stessa, oggi scaduto.

L’art. 43 della L.R. n. 27 del 13 settembre 2001 ha istituito il registro regionale delle associazioni di promozione sociale demandando alla Giunta Regionale l’emanazione di un apposito regolamento per la disciplina dei relativi procedimenti di iscrizione, cancellazione e revisione.

Tenuto conto delle forti analogie sotto il profilo della gestione amministrativa dei procedimenti di iscrizione, conferma e cancellazione del registro regionale delle associazioni di promozione sociale con quello delle organizzazioni di volontariato, si ritiene di applicare la L.R. n. 40/93 per quanto compatibile con i principi di cui alla più volte citata L. 383/2000.

Constatata l’incompatibilità del regime giuridico delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale, l’iscrizione ad un registro esclude l’iscrizione all’altro.

Resta infine fermo che, ove le associazioni di promozione sociale intendano conseguire il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato, detto specifico procedimento dovrà essere attivato presso la Direzione regionale Enti Locali, Deleghe Istituzionali e Controllo Atti, competente in materia.

Tale ultima Direzione, ad istruttoria completata, emanerà il decreto ricognitorio ed iscriverà le singole associazioni nel Registro regionale delle Persone Giuridiche Private, da essa tenuto, dandone contestuale comunicazione alla Direzione regionale per i Servizi sociali.

In conclusione si propone alla Giunta l’approvazione del presente provvedimento.

LA GIUNTA REGIONALE

- Udito il Relatore, l’Assessore alle politiche Sociali, Antonio De Poli, incaricato dell’istruzione dell’argomento in questione ai sensi dell’art. 33, comma II° dello statuto, il quale dà atto che la struttura competente ha attestato l’avvenuta regolare istruttoria della pratica anche in ordine alla compatibilità con la vigente legislazione regionale e statale;

- Vista la L. 383/2000; - Vista la L.R. 27/2001; - Vista la L.R. 40/93;

DELIBERA 1) Di approvare i requisiti di iscrizione al registro regionale delle associazioni di promozione sociale di cui all’allegato

“A”, parte integrante del presente provvedimento; 2) Di rinviare, per la tenuta del registro regionale delle associazioni di promozione sociale, alla disciplina della L.R.

40/93, in quanto compatibile con la legge 7 dicembre 2000 n. 383; Sottoposto a votazione, il presente provvedimento viene approvato con voti unanimi e palesi. IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE Dott. Antonio Menetto On. Dott. Giancarlo Galan

Allegato A

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REQUISITI DI ISCRIZIONE AL REGISTRO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE 1. Sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i

gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati, secondo quanto previsto dall’art. 2, co. 1, della legge 383/2000.

2. Non sono considerate associazioni di promozione sociale i soggetti di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 2 della legge 383/2000. Sono altresì escluse le organizzazioni di volontariato iscritte al Registro regionale.

3. Hanno diritto ad essere iscritte nel registro regionale le Associazioni di promozione sociale di cui al punto n. 2 del presente documento, costituite con atto scritto, operanti da almeno un anno e in possesso dei requisiti di cui all’art. 3 della legge 383/2000, di seguito riportati: Lo statuto deve espressamente indicare: a) la sede legale; b) la denominazione; c) l’oggetto sociale; d) l’attribuzione della rappresentanza legale dell’associazione; e) l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi

fra gli associati, anche in forme indirette; f) l’obbligo di reinvestire l’eventuale avanzo di gestione a favore di attività e servizi istituzionali statutariamente

previste; g) le norme sull’ordinamento interno ispirato a princìpi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli

associati, con la previsione dell’elettività delle cariche associative. h) i criteri per l’ammissione e l’esclusione degli associati ed i loro diritti e obblighi; i) l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonchè le modalità di approvazione degli stessi da

parte degli organi statutari; j) le modalità di scioglimento dell’associazione; k) l’obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, dopo la

liquidazione, a fini di utilità sociale. Le associazioni di promozione sociale traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento delle loro attività da: a) quote e contributi degli associati; b) eredità, donazioni e legati; c) contributi dello Stato, delle regioni, di enti locali, di enti o di istituzioni pubblici, anche finalizzati al sostegno di specifici e documentati programmi realizzati nell’ambito dei fini statutari; d) contributi dell’Unione europea e di organismi internazionali; e) entrate derivanti da prestazioni di servizi convenzionati; f) proventi delle cessioni di beni e servizi agli associati e a terzi, anche attraverso lo svolgimento di attività economiche di natura commerciale, artigianale o agricola, svolte in maniera ausiliaria e sussidiaria e comunque finalizzate al raggiungimento degli obiettivi istituzionali; g) erogazioni liberali degli associati e dei terzi; h) entrate derivanti da iniziative promozionali finalizzate al proprio finanziamento; i) altre entrate compatibili con le finalità sociali dell’associazionismo di promozione sociale. 4. Le domande di iscrizione sono presentate al Dirigente della Direzione per i Servizi Sociali corredate da:

a) atto costitutivo e statuto; b) ordinamento interno, con l’indicazione della persona cui è conferita la rappresentanza legale, c) relazione dell’attività svolta e degli interventi programmati.

PROCEDURA DI ISCRIZIONE AL REGISTRO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE 1. Il Dirigente competente, entro il termine di 90 giorni dal ricevimento della domanda, sulla base dell'istruttoria

esperita dalla Direzione per i servizi sociali provvede all'iscrizione dell'associazione al registro dandone comunicazione al comune e alla provincia territorialmente competenti.

2. Il termine di cui al punto n. 1 è sospeso nel caso in cui per l'espletamento dell'istruttoria sia necessaria l'acquisizione di ulteriori documenti o l'integrazione di quelli acquisiti. Detto termine ricomincia a decorrere dalla data di ricevimento delle integrazioni o dei documenti richiesti.

3. I soggetti interessati devono chiedere, pena la cancellazione automatica dal registro, la conferma dell'iscrizione ogni tre anni, con la ripresentazione, qualora fossero intervenute modificazioni, della documentazione di cui alle lettere a) e b) del punto 4.

4. Il Dirigente della Direzione per i servizi sociali, anche per il tramite del comune territorialmente competente, verifica la permanenza dei requisiti previsti dalla legge 383/2000 per l'iscrizione al registro delle associazioni di promozione sociale.

5. La perdita dei requisiti previsti dalla legge 383/2000 comporta la cancellazione dal registro e deve essere tempestivamente comunicata al Dirigente della Direzione competente dal legale rappresentante dell'organizzazione o dal sindaco del comune di appartenenza. La cancellazione è disposta con provvedimento del Dirigente.

Page 50: PROMOZIONE SOCIALE E VOLONTARIATO A CONFRONTO€¦ · rappresentanti istituzionali, sia a livello locale, sia a livello nazionale. In seguito al convegno, inoltre, la Consulta del

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6. Il Dirigente della Direzione per i servizi sociali comunica alle associazioni di promozione sociale, motivandolo, il diniego dell'iscrizione e la cancellazione dal registro regionale dandone altresì comunicazione al comune ed alla provincia territorialmente competenti.