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PRINCIPI DI MIOLOGIA E DI FISIOPATOLOGIA DEL MUSCOLO SCHELETRICO Biologia delle miofibre e loro adattamento a lungo termine ai traumi spinali con lesioni del primo (Paraplegia spastica) o del secondo motoneurone (Sindrome da lesione completa della cauda equina) Ugo Carraro Laboratorio di Miologia Traslazionale, Centro di Ricerca Interdipartimentale di Miologia & Istituto di Neuroscienze del C.N.R. c/o Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali dell’Università di Padova, Viale G. Colombo 3, 35121 Padova, Italia Tel +39 049 8276030; Fax +39 049 8276040 E-mail: [email protected] Principi di miologia Con il termine Plasticità Muscolare si descrivono tutte le possibili modificazioni di massa e di proprietà anatomo- fisiologiche, cui va incontro il Tessuto Muscolare Scheletrico (un concetto più dettagliato di: Muscolo, dato che sottolinea il contributo sia delle miofibre che delle componenti tessutali fibro-elastiche , di quelle vasali e del sistema nervoso motorio, sensoriale ed autonomo) al variare delle richieste funzionali e dell’ambiente esterno ed interno, in cui tutto ciò si va attuando. La Figura 3.1 ricorda sinteticamente i rapporti contigui, se non continui, tra biologia, fisiologia, fisiopatologia e franca patologia muscolare, che l’estensione del concetto di Plasticità Muscolare permette di realizzare. Si ribadisce qui che i rapporti tra Normaltà e Patologia sono sempre su base quantitativa, mai qualitativa. Una tale visione permette di ricucire l’apparente discontinuità tra i fenomeni di Atrofia/Eutrofia/Ipertrofia e quelli di Lesione Letale/Rigenerazione muscolare, che vengono solitamente considerarti fenomeni qualitativamente distinti. Realizzate, le prime, da oscillazioni ponderali secondarie a cambiamenti della dieta (digiuno/sovralimentazione) o dell’attività fisica (Inattività o Disuso/Accresciuto esercizio muscolare), le altre, a patologie genetiche (Distrofia Muscolare di Duchenne) o traumatiche (da agenti fisici o chemiotossici) oppure da severe ischemie prolungate per ore (lesioni necrotizzanti massive). Le Figure 3.1 e 3.2 riassumono anche i rapporti tra variazione dell’espressione genica tipo-specifica (muscoli rapidi/lenti, singole miofibre lente o rapide a diversa composizione isomiosinica ed enzimatica) del muscolo adulto sotto gli stimoli trofico-differenziativi ormonali, nutrizionali, di attività/inattività estrema (l’iperplasia compensatoria nelle richieste massimali di attività muscolare e l’inattività combinata con l’ipogravità a medio e lungo termine). In Miologia, corretto è considerare in comuni ambiti di “regolazione dell’espressione genica” le risposte iperplastiche dell’ipertrofia estrema o i processi apoptotici dell’ontogenesi, con i fenomeni selettivi di morte programmata nell’atrofia estrema e gli episodi di franca morte cellulare in patologia. Meccanismi molecolari e cellulari della plasticità muscolare nella evoluzione spontanea delle patologie muscolari e nelle strategie di riabilitazione motoria attiva o passiva. Modelli sperimentali in piccoli animali. Malgrado l'apparente enorme plasticità e resistenza alla lesione a carichi di lavoro semi-massimali, le miofibre muscolari soffrono danni muscolari subletali e letali a carichi di lavoro anche solo di poco superiori a quelli medi del "recente" passato. Mentre la quantificazione degli eventi di necrosi delle miofibre è ben realizzata analizzando i conseguenti eventi di miogenesi rigenerativa, la quantificazione dell'apoptosi delle miofibre, e ancor più di quegli eventi subletali, che vengono descritti come apoptosi dei mionuclei, si confonde con le problematiche ancora non ben risolte della quantificazione delle lesioni reversibili del sarcolemma e dell'omeostasi del calcio intracellulare (meglio, nei diversi compartimenti intracellulari). In realtà, questi problemi si intrecciano con quelli della regolazione del flusso ematico nel microcircolo muscolare, in particolare quando i meccanismi della regolazione fisiologica (iperemia da lavoro e sua regolazione nel tempo) sono sovrastati dall'iperemia infiammatoria, sicchè le miofibre si trovano a sopportare un carico di lavoro, che può ben essere quantitativamente normale, ma in un ambiente fisico-chimico notevolmente alterato. E' questo complesso intreccio di cause/effetti, che rende lo studio di un problema annoso ed apparentemente banale quale quello del ruolo del movimento passivo delle fibre muscolari scheletriche durante le fasi di recupero dell'omeostasi (processi di guarigione), un affascinate tema di ricerca di miologia molecolare e cellulare, raffinato e difficile, troppo spesso semplificato a misure di componenti isolate del sistema (radicali liberi, mediatori chimici dell'infiammazione, citochine, etc.). Anche solo la messa a punto di modelli sperimentali affidabili è quindi un obiettivo essenziale e preliminare della moderna ricerca. Inizieremo la descrizione di questi complessi meccanismi biologici, fisiologici e fisiopatologici utilizzando tre modelli nei roditori. 1. Il processo di mionecrosi e guarigione per miogenesi rigenerativa di lesioni miotossiche massive ottenute mediante infiltrazione di anestetici locali in masse muscolari rese temporaneamente ischemiche mediante l’applicazione di lacci emostatici.

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PRINCIPI DI MIOLOGIA E DI FISIOPATOLOGIA DEL MUSCOLO SCHELETRICO Biologia delle miofibre e loro adattamento a lungo termine ai traumi spinali con lesioni del primo (Paraplegia spastica) o del secondo motoneurone (Sindrome da lesione completa della cauda equina)

Ugo Carraro

Laboratorio di Miologia Traslazionale, Centro di Ricerca Interdipartimentale di Miologia & Istituto di Neuroscienze del C.N.R. c/o Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali dell’Università di Padova, Viale G. Colombo 3, 35121 Padova, Italia Tel +39 049 8276030; Fax +39 049 8276040 E-mail: [email protected]

Principi di miologia Con il termine Plasticità Muscolare si descrivono tutte le possibili modificazioni di massa e di proprietà anatomo-fisiologiche, cui va incontro il Tessuto Muscolare Scheletrico (un concetto più dettagliato di: Muscolo, dato che sottolinea il contributo sia delle miofibre che delle componenti tessutali fibro-elastiche , di quelle vasali e del sistema nervoso motorio, sensoriale ed autonomo) al variare delle richieste funzionali e dell’ambiente esterno ed interno, in cui tutto ciò si va attuando. La Figura 3.1 ricorda sinteticamente i rapporti contigui, se non continui, tra biologia, fisiologia, fisiopatologia e franca patologia muscolare, che l’estensione del concetto di Plasticità Muscolare permette di realizzare. Si ribadisce qui che i rapporti tra Normaltà e Patologia sono sempre su base quantitativa, mai qualitativa. Una tale visione permette di ricucire l’apparente discontinuità tra i fenomeni di Atrofia/Eutrofia/Ipertrofia e quelli di Lesione Letale/Rigenerazione muscolare, che vengono solitamente considerarti fenomeni qualitativamente distinti. Realizzate, le prime, da oscillazioni ponderali secondarie a cambiamenti della dieta (digiuno/sovralimentazione) o dell’attività fisica (Inattività o Disuso/Accresciuto esercizio muscolare), le altre, a patologie genetiche (Distrofia Muscolare di Duchenne) o traumatiche (da agenti fisici o chemiotossici) oppure da severe ischemie prolungate per ore (lesioni necrotizzanti massive). Le Figure 3.1 e 3.2 riassumono anche i rapporti tra variazione dell’espressione genica tipo-specifica (muscoli rapidi/lenti, singole miofibre lente o rapide a diversa composizione isomiosinica ed enzimatica) del muscolo adulto sotto gli stimoli trofico-differenziativi ormonali, nutrizionali, di attività/inattività estrema (l’iperplasia compensatoria nelle richieste massimali di attività muscolare e l’inattività combinata con l’ipogravità a medio e lungo termine). In Miologia, corretto è considerare in comuni ambiti di “regolazione dell’espressione genica” le risposte iperplastiche dell’ipertrofia estrema o i processi apoptotici dell’ontogenesi, con i fenomeni selettivi di morte programmata nell’atrofia estrema e gli episodi di franca morte cellulare in patologia. Meccanismi molecolari e cellulari della plasticità muscolare nella evoluzione spontanea delle patologie muscolari e nelle strategie di riabilitazione motoria attiva o passiva. Modelli sperimentali in piccoli animali. Malgrado l'apparente enorme plasticità e resistenza alla lesione a carichi di lavoro semi-massimali, le miofibre muscolari soffrono danni muscolari subletali e letali a carichi di lavoro anche solo di poco superiori a quelli medi del "recente" passato. Mentre la quantificazione degli eventi di necrosi delle miofibre è ben realizzata analizzando i conseguenti eventi di miogenesi rigenerativa, la quantificazione dell'apoptosi delle miofibre, e ancor più di quegli eventi subletali, che vengono descritti come apoptosi dei mionuclei, si confonde con le problematiche ancora non ben risolte della quantificazione delle lesioni reversibili del sarcolemma e dell'omeostasi del calcio intracellulare (meglio, nei diversi compartimenti intracellulari). In realtà, questi problemi si intrecciano con quelli della regolazione del flusso ematico nel microcircolo muscolare, in particolare quando i meccanismi della regolazione fisiologica (iperemia da lavoro e sua regolazione nel tempo) sono sovrastati dall'iperemia infiammatoria, sicchè le miofibre si trovano a sopportare un carico di lavoro, che può ben essere quantitativamente normale, ma in un ambiente fisico-chimico notevolmente alterato. E' questo complesso intreccio di cause/effetti, che rende lo studio di un problema annoso ed apparentemente banale quale quello del ruolo del movimento passivo delle fibre muscolari scheletriche durante le fasi di recupero dell'omeostasi (processi di guarigione), un affascinate tema di ricerca di miologia molecolare e cellulare, raffinato e difficile, troppo spesso semplificato a misure di componenti isolate del sistema (radicali liberi, mediatori chimici dell'infiammazione, citochine, etc.). Anche solo la messa a punto di modelli sperimentali affidabili è quindi un obiettivo essenziale e preliminare della moderna ricerca. Inizieremo la descrizione di questi complessi meccanismi biologici, fisiologici e fisiopatologici utilizzando tre modelli nei roditori. 1. Il processo di mionecrosi e guarigione per miogenesi rigenerativa di lesioni miotossiche massive ottenute mediante

infiltrazione di anestetici locali in masse muscolari rese temporaneamente ischemiche mediante l’applicazione di lacci emostatici.

SEVERE ATROPHY APOPTOTIC DEATHDYSTROPHY

TROPHISM & DEGENERATIONATROPHY HYPOTROPHY EUTROPHY HYPERTROPHY max-HYPERTROFHY

Messina Seminar - March 15, 2005 Prof. Ugo Carraro - Applied Myology Lab - University of Padova

MUSCLE PLASTICITY

MODULATION OF PROTEIN TURNOVER

HYPERPLASIA

Figura 3.1 Relazione tra Plasticità Muscolare “normale” e sua estensione a condizioni fisiopatologiche o patologiche.

2. Il processo di atrofia da denervazione “periferica” permanente (ad esempio per sciatectomia) nei muscoli degli arti (in cui lo stiramento passivo residuo delle miofibre, diminuisce fino a scomparire per la fissazione delle articolazioni conseguente alla fibrosi delle capsule articolari) verso quello nell'emidiaframma dopo frenicotomia. In questo secondo caso, lo stiramento passivo cronico esercitato dall'emidiaframma attivo induce inizialmente una paradossa risposta ipertrofica e poi impedisce la sostituzione lipo-fibrotica (lipodistrofia) delle miofibre severamente atrofiche, che si attua nei muscoli "denervati e fissati" entro l’ottavo-dodicesimo mese dalla sciatectomia. Ricordiamo che l’atrofia dovuta all’inattività e riduzione del carico dovuta a lesioni del motoneurone centrale, non producono lipodistrofia neppure venti anni dalla lesione midollare.

3. Le lesioni indotte dall'esercizio spontaneo, che topi e ratti amano compiere durante l'attività notturna, quando abbiano a disposizione una ruota libera nel ristretto ambiente in cui sono abituati a vivere (gabbia da laboratorio). In tal caso compaiono già all'indomani e poi evolvono nella successiva settimana lesioni muscolari sub-letali, ma anche letali, che allora inducono eventi di rigenerazione muscolare. E' in questo terzo modello murino (la guarigione delle lesioni da esercizio fisico volontario, eccezionalmente prolungato) che, per poter fissare le condizioni ottimali dei controlli pseudo-trattati, possiamo descrivere l'effetto delle manipolazioni che i piccoli animali debbono subire, per poterli utilizzare in test di innocuità (primum non nocere) e di efficacia di terapie riabilitative fisiche. I muscoli possono essere analizzati per quantificare: 1. le variazioni del trofismo, mediante analisi di sintesi e degradazione dei messaggeri (mRNA); 2. la permeabilità del sarcolemma (mediante traccianti selettivi fluorescenti e la misura del rilascio di enzimi intracellulari nel sangue); 3. l’espressione di shock proteins sia nel muscolo che nel siero e correlatamente la riprogrammazione genica, che media la risposta cellulare al danno, e cioè fattori trascrizionali quali NF-kB e AP-1. 4. l'entità di eventi di morte/rigenerazione di miofibre (mediante analisi molecolari ed immunoistochimiche dei fattori pro- ed anti-apoptotici e delle isoforme della miosina, rispettivamente). Ottimizzate le condizioni generali dell'esperimento, si possono analizzare gli effetti dell'attività fisica spontanea negli animali esposti ad un incremento improvviso di esercizio fisco, paragonando gruppi di animali esposti per una sola notte all'esercizio rispetto a quelli lasciati per il successivo periodo di studio nelle gabbie provviste di ruote libere. Questi ultimi possono essere confrontati anche con animali fatti crescere fin dal periodo di svezzamento in gabbie attrezzate di ruote monitorate. E’ così possibile anche documentare le variazioni di attività fisica durante il periodo sperimentale. Per i dettagli sulle attrezzature e le strumentazioni e sui metodi analitici morfologici e molecolari si veda Rossini, et al. 2002. Basic Appl Myol 12, 277-286 [33].

Figura 3.2 Relazione tra Plasticità Muscolare “normale” e sua estensione a condizioni fisiopatologiche o francamente

patologiche. Up- and down-regulation di isogeni delle miosine contrattili e dell’assetto enzimatico, inclusi i geni regolatori della mitocondriogenesi.

Heidelbergi, October 13, 2003.

Ontogenetic development Denervation/Reinnervation Extreme increase of function

ISOGENES’ SWITCHING(FIBER TYPING)

FAST FIBERS (2A, 2B, 2X/d) SLOW

MYOFIBER DEATH REGENERATION

NECROTIC DEATH REGENERATIVE MYOGENESIS

GENERATIVE MYOGENESIS

HYPERPLASIA

MUSCLE PLASTICITY

Prof. Ugo Carraro - Applied Myology Lab - University of Padova

Si possono in tal modo raccogliere i dati preliminari agli studi che hanno come obiettivi a medio termine: 1. la determinazione del ruolo dello stiramento passivo (anche secondario ad attività contrattile dello stesso o di altri

gruppi muscolari) sulla plasticità muscolare in miopatie secondarie a patologie neurogene, da disuso, e primariamente o secondariamente infiammatorie.

2. lo studio delle interazioni molecolari, cellulari e tessutali tra miofibre e microcircolo intramuscolare durante e dopo cicli di terapie fisiche (stiramento passivo, termoterapia, lutoterapia, elettroterapia, fototerapia) e i loro effetti positivi o negativi sulla miogenesi (ipertrofia estrema e rigenerazione), sull'apoptosi mionucleare (atrofia severa) e poi cellulare ed infine sui processi di adattamento che possono ridurre fino ad annullare la necrosi delle miofibre.

Sono questi i contesti biologici anomali in cui possono venirsi a trovare le popolazioni di miofibre muscolari. Essi sono frequenti nella traumatologia dell'atleta elitario e nelle miopatie neurogene o infiammatorie, in particolare nell'anziano sedentario. Sono anche più accentuati seppure più rari, nelle malattie genetiche e nelle sequele di lesioni del midollo spinale, sia lasciate alla loro spontanea evoluzione, che modificate nel loro decorso da strategie passive ed attive di riabilitazione motoria. Miogenesi rigenerativa. Potenzialità rigenerative del tessuto muscolare scheletrico adulto

Le figure 3.3 e 3.4 riassumono i principali eventi della miogenesi rigenerativa nel tessuto muscolare adulto. La Figura 3.3 indica le origini certe o putative di cellule miogeniche mobilizzate da una lesione delle miofibre. Sono indicate le cellule satelliti, cellule miogeniche locali separate dalla miofibra ma alloggiate sotto la comune membrana basale, ed ancora in forma ipotetica le cellule miogeniche circolanti. In Figura 3.4, l’evoluzione di una miofibra necrotica attraverso la fase demolitiva (fase di toeletta macrofagica) e quella plastica di rigenerazione per attivazione delle cellule satelliti e loro moltiplicazione per diversi cicli replicativi. Poichè un ciclo dura circa 12 ore e le cellule satelliti sono il 2-8 % dei mionuclei totali, in 3 giorni si realizza il recupero di tutti i mionuclei persi, e cioè in quattro - sei cicli di replicazione esponenziale dei mioblasti. Segue man mano la loro fusione a formare i miotubi, entro cui iniziano ad accumularsi le proteine contrattili, prima quelle di tipo embrionale e poi, con il ricontatto sinaptico, quelle dipendenti dalle caratteristiche differenziative dei motoneuroni spinali, che eventualmente reinnervano la popolazione di miofibre rigenerate.

circulating (myogenic) stem cells (?)

Basal lamina

Satellite cell [Resident myogenic cell]

MYONUCLEI

Sarcolemma

Figura 3.3 Rigenerazione muscolare nell’adulto. La potenzialità rigenerativa è sostanzialmente associata con la presenza di “cellule satelliti”, mioblasti sequestrati sotto la comune membrana basale che collega, trasmettendo le forze interne alla rete extracellulare di collagene che convoglia gli eventi di scorrimento dei filamenti della contrazione nei tendini. Ancora discussa, o semplicemente negata, è la presenza significativa di cellule miogeniche nel sangue.

Figura 3.4 Rigenerazione di miofibra adulta. Durante la fase infiammatoria demolitiva operata da PMN e macrofagi, le

cellule satelliti si attivano e si moltiplicano, sotto gli stimoli positivi o negativi delle citochine liberate dai macrofagi e poi dagli stessi mioblasti (Cantini and Carraro, JNEN 1995[2]; Sandri et al. J Leuc Biol, 2001[34]). Contemporaneamente alla scomparsa dei macrofagi, i mioblasti fondono a miotubi, che iniziano a produrre ed accumulare proteine contrattili sarcomeriche embrionali. La fase di differenziazione terminale è sotto il controllo del tipo di motoneurone che eventualmente contatta la nuova fibra. Essa aveva però raggiunto, circa un quarto della massa di una normale miofibra adulta innervata. Le miofibre rigenerate, anche se non reinnervate, sopravvivono molti mesi nei muscoli rigenerati dei roditori.

Figura 3.5 Eventi di reinnervazione spontanea in un muscolo soleo denervato da 4 mesi. A, Ematossilina-Eosina; B,

ATPasi pH 10.4, le miofibre scure sono di tipo rapido (II); C, SDH, le miofibre più intensamente colorate sono di tipo lento (I). Evidente la presenza di type-grouping nei pannelli B e C, e di piccole miofibre denervate nel pannello A.

Poichè la distribuzione a scacchiera delle unità motorie viene generalmente persa, si rende evidente il più sicuro dei marcatori cellulari di reinnervazione, il cosidetto type-grouping (Figura 3.5). Controllate dai motoneuroni ad attività fasica o tonica, e certamente anche sotto l’effetto del diverso lavoro da essi imposto, maturano completamente le caratteristiche differenziative delle miofibre, compresa la massa media, caratteristica delle diverse unità motorie dei muscoli adulti normali. Va però segnalato che anche in assenza del nervo ciascuna miofibra rigenerante raggiunge, per intrinseca spinta miogenica, una massa di un quarto/ un terzo di quella propria delle miofibre innervate adulte. Successivamente prevale la “involuzione” dovuta all’eventuale mancata innervazione (Mussini et al., JNEN 1987)[31]. La popolazione di miofibre rigenerate in assenza dell’innervazione motoria permane a lungo (mesi nel ratto), sicchè eventuali eventi di lesione letale/ rigenerazione di miofibre può contribuire alla massa muscolare permanentemente denervata. Tutto ciò si ripete a lungo nel tempo: il contributo di questi eventi rigenerativi deve essere pertanto considerato come un meccanismo compensatorio, seppure sub-ottimale, se si vuole produrre una più realistica descrizione del processo di involuzione del muscolo scheletrico permanentemente denervato, sia in modelli murini (Adami et al., Basic Appl. Myol, in press; Salviati et al., 2006 Basic Appl. Myol, in press), che nell’uomo (Carraro et al., 2005. AO [7]; Caccavale et al., 2006. Basic Appl. Myol, in press). Un esempio chiaro della potenzialità rigenerativa e del mantenimento del trofismo anche in assenza di reinnervazione è dato dai nostri recenti risultati nel Tibiale Anteriore (TA) di ratti sciatectomizzati. Il TA va incontro ad una necrosi/rigenerazione massiva (completa) per l’azione combinata di 30 minuti di ischemia e l’infiltrazione di anestetici locali come la bupivacaina (Figura 3.6). Le miofibre rigeneranti sono riconosciute per la loro piccola dimensione, il nucleo centrale e l’intensa marcatura con l’anticorpo anti-N-CAM. Miofibre di tipo rapido, di simile (o maggiore dimensione) sono presenti sia a 2 settimane, quando presentano ancora una modesta positività all’anticorpo contro la miosina embrionale e 2-3 mesi dopo la lesione/rigenerazione anche in ratti permanentemente sciatectomizzati.

Figura 3.6 Tibiale Anteriore di ratto. Tutte le miofibre h

marcatore di miogenesi e di denervazione. Aindotta da 30-min ischemia & bupivacaine. I

B

A

anno sarcolemma positivo (rosso) all’anti-N-CAM, un , 5-giorni e B, 15-giorni di rigenerazione dopo necrosi massiva n A, i nuclei sono colorati in azzurro con Hoechst 33258.

Tabella 3.1. Marcatori molecolari di miogenesi rigenerativa in presenza od assenza del nervo Transcription Factors Myosin Isoforms Integrins ___________________________ ________________ _____________ Quiescent Satellite cell MNFβ Non-muscle MHC (Myogenic Nuclear Factor β) Activated Satellite cell MyoD MHC-emb Proliferating Myoblasts MyoD, Myogenin MHC-emb N-CAM Myotube & Early myofiber MyoD, Myogenin MHC-emb N-CAM MHC-neo N-CAM MHC-1S Adult Innervated Myofiber MHC-2A Adult Reinnervated MHC-2X MHC-2B Adult Denervated Myofiber (early) see Innervated N-CAM Adult Denervated Myofiber (late) MHC-2A-(like?) Il muscolo denervato: un motore al minimo Numerose cause genetiche ed acquisite determinano gravi deficit motori, a loro volta responsabili di lunghi periodi di pessima qualità di vita ed infine della conclusione drammatica della storia dei soggetti affetti. Pediatri e neurologi dibattono l’etiologia e la patogenesi di patologie ereditarie come la sclerosi laterale amiotrofica, ed hanno molte speranze ma poche certezze terapeutiche. Nonostante l’enorme massa di conoscenze nelle patologie motorie post-traumatiche, medici dello sport, ortopedici, chirurghi plastici, fisiatri e fisioterapisti si scontrano con difficoltà insormontabili in una percentuale ancora troppo elevata di casi [15,20]. Nonostante lo sviluppo tumultuoso negli ultimi decenni delle tecniche diagnostiche e degli approcci microchirugici, un salto qualitativo nel trattamento delle patologie muscolari neurogene potrà essere atteso solo dall’applicazione in ambito clinico di risultati né programmabili né prevedibili della ricerca miologica fondamentale. E’ anche vero però che, seppur raramente, osservazioni della ricerca clinica aprono prospettive inattese di ricerca fondamentale. Un esempio di trasferimento dei risultati della ricerca libera [1,3,4-6,8-10,31,33,36] alla clinica speriamo possa venire dalla validazione di strategie riabilitative del muscolo scheletrico permanentemente denervato. Negli ultimi anni abbiamo anche accumulato risultati interessanti (e da noi del tutto inattesi) sul decorso dell’atrofia da denervazione del muscolo scheletrico umano a seguito di lesioni irreversibili del motoneurone spinale. Chiameremo questa condizione denervazione flaccida, non solo per comodità, ma anche per il ruolo patogenetico dell’assenza di ripetuti eventi di tensione cellulare nella progressione da semplice atrofia a degenerazione del tessuto muscolare denervato perifericamente. Ricordiamo che nel caso di lesioni del primo motoneurone, sia a livello corticale, che in lesioni spinali, l’atrofia da disuso conseguente non supera mai la perdita di massa muscolare superiore al 50-70%, forse in relazione al mantenimento dell’arco riflesso, che induce contrazioni talora eccessive (tipiche della paraplegia spastica), ma in ogni caso in presenza di carichi muscolari limitati od assenti. La figura 3.7 mostra che i profili delle miofibre, che nel tessuto normale sono separate da quantità virtuali di connettivo lasso, sono rotondeggianti e ben connesse. Sia nel medio che nel lungo termine i muscoli di soggetti affetti da paraplegia spastica mostrano invece profili delle miofibre ben separati dall’interstizio (modesta fibrosi/edema.) Le miofibre hanno diametri molto più variabili presentando sia miofibre rigonfie (ipertrofiche?) che rare miofibre di piccolo o piccolissimo diametro. Coerentemente, sia a medio che a lungo termine aumenta nello stesso grado il connettivo lasso, mentre molto rari restano gli adipociti e la fibrosi. Non ci sono differenze significative tra muscoli paralizzati da 3-5 o 15-20 anni (p = 0.31). Essi sono invece ambedue molto significativamente diversi dalla serie dei muscoli umani normali (p < 0.001). Nelle denervazioni periferiche per lesioni dei nervi motori o nella paraplegia flaccida dovuta a lesioni traumatiche od ischemiche del soma del motoneurone spinale, l’atrofia progredisce fino ad una completa degenerazione del tessuto muscolare scheletrico, che viene sostituto da tessuto adiposo ed infine dalla fibrosi tessutale (distrofia muscolare neurogena genetica od acquisita).

Figura 3.7 Aspetto istologico e distribuzione dei tipi di tessuto (muscolo, grasso, connettivo lasso e fibroso) nella paraplegia spastica. H&E. A, medio-termine (2-4 anni), e B, lungo-termine (15-20 anni) di paraplegia spastica. I profili delle miofibre, che nel tessuto normale sono separate da quantità virtuali di connettivo lasso, sono rotondeggianti e ben connesse. Sia nel medio che nel lungo termine i muscoli di soggetti affetti da paraplegia spastica mostrano profili delle miofibre ben separati dall’interstizio (modesta fibrosi/edama). Le miofibre hanno diametri molto variabili presentando sia miofibre rigonfie (ipertrofiche?), che rare miofibre di piccolo o piccolissimo diametro. Tra di loro di composizione tessutale molto simile, le biopsie a medio e a lungo termine sono molto diverse da quelle normali. Calibrazione: 100µm. In Figura 3.8 si può apprezzare l’entità dei cambiamenti osservati nei prelievi bioptici eseguiti prima del FES training nei soggetti arruolati nel Trial Europeo RISE (Alzati!). Sorprendentemente i muscoli ad un anno circa dalla lesione spinale presentano muscoli ancora ben conservati, seppure notevolmente atrofici (B). E’ solo dal terzo anno che prevalgono gli aspetti francamente distrofici (sostituzione adiposa e fibrosa della popolazione di miofibre denervate). L’analisi istologica non è però completamente rappresentativa del decorso post-lesionale, dato che tra quello che appare ad una osservazione superficiale tessuto connettivo lasso sono invece presenti numerosissime miofibre muscolari “severamente” atrofiche.

Figura 3.8 FES Training di muscoli umani denervati-degenerati. Aspetti istologici a breve, medio e lungo termine.

Ematossilina-Eosina. Tessuto muscolare umano. A, normale; B, 0,9 anni di denervazione; C, 3,3 anni di denervazione; D, 8,7 anni di denervazione. Dopo quasi un anno di denervazione periferica il muscolo presenta aspetti di media atrofia. Solo dopo tre anni prevale la sostituzione lipo-fibrotica, molto accentuata dopo circa 10 anni di denervazione flaccida.

Esse hanno cioè perso completamente il materiale contrattile e presentano una det tutto peculiare distribuzione a gruppi dei nuclei separati da tratti di miofibre in cui nuclei e proteine sarcomeriche sono assenti (C). Le miofibre denervate sembrano cioè sopravvivere molto più a lungo di quanto generalmente accettato e descritto in letteratura, non solo nei muscoli sperimentali dei roditori, ma anche in quelli umani di soggetti con lesioni del secondo motoneurone (si veda il pannello centrale in Figura 3.9 e l’immagine in sezione longitudinale in Figura 3.10). Queste ipotesi patogenetiche sono molte rinforzate dai risultati eclatanti di recupero trofico ed in parte funzionale (la recuperata abilità di sostenere contrazioni tetaniche sotto carico) mediante una strategia riabilitativa di stimolazione elettrica funzionale della muscolatura flaccida (che deve naturalmente essere continuata per tutta la vita del soggetto, dato che deve supplire all’assenza di eventi contrattili spontanei) [12-14,16,17,19,21,24-28,30,35].

EU Network 02191 - RISE (ALZATI!)

a 1

3

Fig

3.3-anni Paraplegia Flaccid

2

. Un “permanent FES training” inverte il processo atrofico nel paraplegico, aumentando il trofismo delle miofibre rigenerate

ura 3.9 Conclusioni del progetto EU Network 02191 - RISE

. Le miofibre umane sopravvivono in assenza di nervo molto più a lungo di quanto è generalmente accettato (vari anni)

. Cicli di morte/rigenerazione delle miofibre contribuisconoalla persistenza a lungo termine del tessuto muscolare

(ALZATI!).

Figura 3.10 Nel tessuto connettivo lasso sono presenti numerose miofibre muscolari “severamente atrofiche”, che

hanno perso completamente il materiale contrattile. Esse presentano una peculiare distribuzione dei nuclei a gruppi, separati da tratti di miofibre in cui anche i nuclei oltre alle proteine sarcomeriche sono assenti.

Sebbene restino alcune questioni aperte nella diagnostica bioptica (si veda la Tabella 3.2), i risultati del Progetto Europeo RISE (ALZATI!) indicano la reversibilità della degenerazione muscolare secondaria a lesioni permanenti del motoneurone spinale ed incoraggiano a riprendere in considerazione strategie di stimolazione elettrica a lungo termine della muscolatura scheletrica anche nei casi di atrofie muscolari secondarie a lesioni del primo motoneurone o nei più complessi casi di trasferimenti di lembi muscolari liberi (e cioè denervati) resi possibili dalla microchirurgia ricostruttiva vasale. La serie molto numerosa e ben distribuita nel tempo di biopsie di muscoli cronicamente “flaccidi” del Trial EU RISE ci ha anche permesso di constatare, con nostra sorpresa, una straordinaria “resistenza al disuso da denervazione periferica” del tessuto muscolare scheletrico umano, almeno in confronto alla cinetica di atrofia/degenerazione dei muscoli degli arti nel ratto [1,3,4-6,8-10,31,33,36]. Il processo che evolve in mesi (quattro-sei) fino all’apparente scomparsa di tutte le miofibre nel ratto (a dodici mesi), impiega nell’uomo anni (due-tre). Risultati del tutto concordanti sono stati accumulati nell’ambito di uno studio prospettico di biopsie prelevate da lembi muscolari liberi [21,22].Sebbene le miofibre umane perdano in pochi mesi la capacità di contrarsi per stimolazione diretta con gli elettrostimolatori di normale uso clinico (le miofibre appena curarizzate rispondono invece a correnti ben focalizzate quasi con la sensibilità del nervo), a causa della disorganizzazione dei tubuli T (che normalmente trasmettono il segnale per il rilascio del calcio all’interno della miofibra) e dei sarcomeri (Figura 3.11), esse mantengono per tempi inaspettatamente lunghi la capacità di controllare il potenziale di membrana a riposo e di condurre potenziali d’azione (Francini et al., Basic Appl. Myol. 2006, in press; Squecco et al. Am J. Physiol - Cell, in preparation). Tabella 3.2 Diagnostica bioptica delle atrofie/degenerazioni muscolari secondarie a lesioni permanenti del

motoneurone spinale. Definizioni e problemi aperti. A. Ongoing EU Trial RISE Quali criteri utilizzare per definire degenerato un muscolo denervato umano? Quando avviene il passaggio dalla fase di semplice atrofia alla degenerazione muscolare? B. PreRISE subjects (dmFES-trained human muscle) Quali criteri clinici e bioptici permettono di identificare la denervazione completa da lesione del motoneurone spinale? Che cosa ci dobbiamo aspettare nella denervazione muscolare secondaria a lesioni del motoneurone corticale? Qual è il grado di incertezza diagnostica nella serie di soggetti RISE? Siamo in grado mediante microscopia a luce trasmessa o microscopia elettronica (o qualsiasi altro approccio diagnostico) di identificare in una biopsia eterogenea: 1. Miofibre Normali; Miofibre denervated entro un anno dalla lesione del motoneurone spinale; 3. Miofibre severamente atrofiche; 4. Miofibre conservate/recuperate/rigenerate dalla stimolazione elettrica funzionale secondo la strategia di Vienna dmFES; Miofibre restituite all’eutrofia mediante FES-training (e cioè, miofibre spastiche riabilitate mediante FES)? ________________________________________________________________________________________________

DdfgeIrSratdd

Figura 3.11 Ruolo dell’apparato di accoppiamento eccitazione-contrazione nella progressione dall’atrofia alla distrofia del muscolo scheletrico umano denervato per lesioni spinali o periferiche del secondo motoneurone. Già nella fase di atrofia semplice si attua la dissociazione tra sarcolemma (tubuli T) e reticolo sarcoplasmatico. In tal modo anche gli eventuali eventi di fibrillazione, che caratterizzano le fasi acute della denervazione motoria, cessano di produrre effetti meccanici e metabolici importanti per il blocco del rilascio del calcio dalle triadi.

Il FES training blocca la degradazione del sistema costituito da tubuli T e Reticolo sarcoplasmatico ene favorisce la riorganizzazione nelle miofibre severamente atrofiche

iversamente, l’apparato di accoppiamento eccitazione-contrazione ha un ruolo nella progressione dall’atrofia alla istrofia del muscolo scheletrico umano denervato per lesioni spinali o periferiche del secondo motoneurone. Già nella ase di atrofia semplice si attua la dissociazione tra sarcolemma (tubuli T) e reticolo sarcoplasmatico. In tal modo anche li eventuali eventi di fibrillazione, che caratterizzano le fasi acute della denervazione motoria, cessano di produrre ffetti meccanici e metabolici importanti a causa del conseguente blocco del rilascio del calcio dalle triadi. l FES training blocca la degradazione del sistema costituito da tubuli T e Reticolo sarcoplasmatico e ne favorisce la iorganizzazione nelle miofibre severamente atrofiche. olo molti mesi (nel ratto) od anni (nell’uomo) di denervazione periferica producono nelle miofibre l’incapacità di ispondere anche ad elevatissime correnti elettriche. La parziale sostituzione del volume muscolare perso con tessuto diposo e fibroso è un processo relativamente precoce, la progressiva scomparsa delle miofibre (forse per veri processi erminali di apoptosi) è un evento che compare nel ratto dopo più di un anno di denervazione (un terzo dell’aspettativa i vita dei ratti di laboratorio) e deducibile nel caso di biopsie umane prelevate dopo decenni di denervazione, come è escritto nelle sequele tardive della poliomielite.

Figura 3.12 Eventi rigenerativi nel muscolo denervato con e senza FES: immunoi-istochimica e microscopia

elettronica. A) nove-mesi di denervazione e B) 6-anni di denervazione. Le miofibre rigenerate precoci si colorano in verde con l’anticorpo anti-miosina embrionale. La doppia esposizione anti-MHCemb/Hoechst 33258 mostra che alcuni nuclei blu sono localizzati al centro delle fibre. Scale bar: 100 µm. C) Microscopia Elettronica di miotubi rigeneranti nel muscolo denervato da lungo tempo: due strati di lamina basale (le punte di freccia nere e bianche puntano sullo strato vecchio e su quello nuovo della membrana basale). Sono visibili anche alcuni mitocondri, e delle triadi ben sviluppate (frecce sottili). Calibro: 1.0 µm. D) 7-anni di denervazione seguiti da 4-anni di FES Training e E) 5-anni di denervazione seguiti da 2-anni di FES Training. Le miofibre rigenerate sono colorate in verde dall’anticorpo anti-miosina. La doppia esposizione anti-MHCemb/Hoechst 33258 mostra anche nuclei centrali (in blu). Si noti il maggior calibro delle miofibre dopo FES Training.

Nel caso di muscoli umani solo tediosi e difficili studi autoptici potranno dirimere la questione: la microscopia elettronica nel caso della nostra serie di biopsie RISE mostra la presenza di numerose miofibre severamente atrofiche (lunghi tubi contenenti gruppi di mionuclei distanziati da regolari porzioni mioplasmatiche prive completamente di miofibrille e mionuclei [21]. Le caratteristiche morfologiche del tessuto muscolare cronicamente denervato nei roditori suggeriscono che nelle fasi di comparsa di eventi di apoptosi/necrosi delle miofibre questi eventi lesivi vengano seguiti (almeno per una minoranza di casi) da cicli ripetuti di rigenerazione muscolare [21]. Le biopsie che abbiamo studiato nell’ambito del progetto RISE presentano tra la maggioranza delle miofibre con caratteristiche tipiche della denervazione (piccole miofibre angolate o appiattite), poche piccole fibre rotonde e positive con un anticorpo monoclonale contro la miosina embrionale. Poiché l’espressione dei geni embrionali dura nella miogenesi rigenerativa poche giorni, anche nel caso di muscoli aneurali [1,3,6,8,9,31,33], possiamo concludere che abbiamo prove dirette di eventi rigenerativi in tutte le biopsie muscolari raccolte da soggetti tra 1- e 37-anni dalla lesione spinale irreversibile. Anche nelle biopsie dei soggetti trattati da 2- a 10-anni con stimolazione elettrica funzionale (FES) gli eventi rigenerativi sono presenti, ma in una percentuale

significativamente inferiore rispetto ai muscoli cronicamente denervati (DDM) per lesione permanente del motoneurone spinale (miofibre rigeneranti per mm2 di area della sezione criostatica: 0.8+/-1.3 nelle biopsie FES vs. 2.3+/-2.3 nelle biopsie DDM, media+/- SD, p = 0,011). Queste osservazioni sono ulteriori solide prove dell’efficacia della strategia riabilitativa mediante FES messa a punto a Vienna dal dr. Kern. Nel loro complesso il data base delle analisi bioptiche che abbiamo accumulato su soggetti spastici, flaccidi e flaccidi trattati dimostrano che il protocollo di stimolazione elettrica è sicuro (primum non nocere): come minimo non induce più eventi di danno/rigenerazione muscolare della denervazione per se [7]. La morfometria delle miofibre conferma che il FES training è anche efficace, almeno come fattore eutrofizzante (vedi pannelli inferiori nelle Figure 3.11 e 3.12). Tutte queste osservazioni sulla capacità inattesa delle miofibre muscolari scheletriche di sopravvivere a lungo all’assenza di eventi contrattili (denervazione flaccida con degenerazione muscolare accompagnata da eventi di miogenesi rigenerativa) aprono nuove prospettive sull’uso (prossimo, futuro o futuribile) nella ricostruzione di muscoli avulsi o chirurgicamente trasposti [35] o di tessuto muscolare ectopico (ad esempio, per migliorare i processi di guarigione nell’infarto miocardico) [11,32]. Certamente esse avranno presto un ruolo nella prevenzione/cura delle complicanze tardive (ulcere da decubito non altrimenti risolvibili) in soggetti allettati per patologie cardiocircolatorie, metaboliche (diabete) e/o neurodegenerative centrali od immobilizzati per lesioni spinali (genetiche o post-traumatiche) o dei nervi periferici, in particolare nei paraplegici flaccidi. Le prospettive sono anche più incoraggianti per la più ampia popolazione di soggetti con deficit di mobilità per lesione dei motoneuroni corticali o delle vie piramidali [15,20]. In tutti questi casi stanno sollevando grandi aspettative: 1. strategie di “allenamento” (in realtà di recupero dalle conseguenze di gravi e meno gravi conseguenze del disuso muscolare), che abbiano le loro basi razionali nelle conoscenze delle risposte dei canali sarcolemmali meccano-attivati, che sembrano svolgere un ruolo regolativo fondamentale del trofismo “basale” delle miofibre muscolari, in particolare in miofibre che hanno perso la capacità di produrre e sostenere contrazioni tetaniche. 2. La ricerca, la validazione e lo sviluppo di nuovi approcci di stimolazione elettrica intra-muscolare (diretta od indiretta, vale a dire tramite le terminazioni nervose para- od intra-muscolari), che possano realizzare selettive o sequenziali stimolazioni coordinate di più gruppi di fibre e/o muscoli. Naturalmente una tale strategia richiede la collaborazione di Miologi, Matematici, Fisici e Bioingegneri. Il gruppo di Vienna con cui collaboriamo include fortunatamente oltre al dr. Kern, il responsabile delle ricerca clinica ed ideatore della strategia riabilitativa per il muscolo denervato, un gruppo multidisciplinare di esperti. La sopravvivenza a lungo termine (anni) delle miofibre denervate apre nuovi scenari anche di ricerca muscolare fondamentale (quali meccanismi genetici od epigenetici regolano il mantenimento di miofibre vitali, anche se completamente prive di materiale contrattile, ma capaci di produrre e trasmettere il potenziale d’azione?) e di prospettive cliniche (quale è il ruolo dello stiramento passivo in questa regolazione e quali le possibilità di modularne farmacologicamente la risposta nelle miofibre a fini riabilitativi trofico/funzionali?). Le nostre pionieristiche osservazioni sulla peculiare resistenza alla denervazione dell’emidiaframma di ratto cronicamente denervato, correlabile con la permanente ritmica tensione imposta dall’emidiaframma innervato controlaterale (che naturalmente va incontro ad ipertrofia vicariante), indicano che questo modello sperimentale potrebbe offrire facile materiale di studio (l’emidiaframma è la preparazione neuromuscolare per eccellenza della farmacologia della contrazione neuromuscolare) per comprendere e valorizzare i meccanismi molecolari sottesi ai movimenti attivi e passivi delle fibre muscolari scheletriche e pesare il ruolo dei fattori genetici e di quelli epigenetici nella regolazione del trofismo tessutale. Si veda una delle tante rassegne sull’argomento [18, How cells (might) sense gravity] e più sopra l’accenno ai canali per il calcio attivati dalla tensione del sarcolemma delle miofibre. Altre domande fondamentali aspettano risposte dai ricercatori di base: Perchè ci sono così importanti differenze nella suscettibilità all’atrofia post-denervazione tra specie diverse? Siamo di fronte a meccanismi regolativi legati alla longevità, alla massa delle miofibre o ad altre caratteristiche metabolico-ormonali delle diverse specie [16]? La nuova ipotesi che favoriamo, e vorremmo testare in studi di miologia comparata, è che la sopravvivenza delle miofibre alla denervazione periferica sia una caratteristica pre-programmata (genetica) correlata alla “lunghezza” degli arti: le miofibre sarebbero “capaci di attendere” tutto il tempo che è necessario perchè una lesione all’anca del nervo sciatico possa guarire per rigenerazione degli assoni e reinnervazione dei muscoli dell’arto inferiore (zampa o piede). E’ una ipotesi semplificatrice, ma che ha una qualche ragione finalstica, un valore selettivo, per le specie che contano sulla mobilità fin dalla più giovane età per procacciarsi il cibo e/o per sfuggire ai pericoli. Un’altra ipotesi correla la longevità delle miofibre denervate al loro diametro medio, con l’idea che vi sia una “riserva di trofismo” nella massa delle miofibre. In ogni caso è sorprendente che ad una domanda tanto semplice (quanto sopravvive una miofibra muscolare umana denervata? o rigenerata in permanente assenza di nervo, un caso sperimentalmente più interessante) non si trovi risposta nella letteratura dedicata alle problematiche della reinnervazione muscolare. Più correttamente, io non ho trovato tale risposta con una ricerca bibliografica, spero accurata, in PUBMED. Tante domande stuzzicano la curiosità dei ricercatori, ma esse devono stimolare anche l’interesse di quanti nelle professioni cliniche credono che il trasferimento delle conoscenze sia certamente un processo ineluttabile, ma che va sostenuto ed abbreviato da un continuo e reciproco scambio di opinioni, progetti, critiche, incoraggiamenti e finanziamenti tra ricercatori iper-specializzati (delle scienze di base) ed i professionisti iper-specializzati delle arti (speriamo presto, scienze) ludico/marziali e sanitarie.

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STIMOLAZIONE ELETTRICA FUNZIONALE (FES) E MONITORAGGIO FUNZIONALE DI MUSCOLI DENERVATI-DEGENERATI (DDM) Risultati tecnologici del progetto europeo “RISE, (ALZATI!)” e principi per la futura ricerca

Winfried Mayr Christian Hofer 1 Manfred Bijak Helmut Kern 1 Hermann Lanmüller Dietmar Rafolt Stefan Sauermann Ewald Unger Hans Stöhr 2 Center of Biomedical Engineering and Physics, University of Vienna, Austria; 1 Dept. of Physical Medicine, Wilhelminenspital, Vienna, Austria; 1 Dept. of Biomedical Research, Medical University of Vienna, Austria E-mail: [email protected]

Stimolazione Elettrica Funzionale (FES) Quasi tutte le applicazioni cliniche accettate internazionalmente di Stimolazione Elettrica Funzionale, sono basate sulla eccitazione diretta di strutture nervose e – nel caso di funzioni muscolari – sull’attivazione indiretta del muscolo. Per la riattivazione funzionale di muscoli denervati e specialmente per quelli secondariamente degenerati (DDM, degenerated denervated muscle) le richieste tecniche sono completamente differenti. A causa dell’assenza di giunzioni neuromuscolari e della conseguente disorganizzazione delle unità motorie, contrazioni muscolari massive possono essere prodotte solo depolarizzando direttamente tutte le miofibre interessate. Ci sono solo alcuni studi pubblicati che dimostrano o in animali o nell’uomo che la riattivazione funzionale di muscoli denervati mediante FES è possibile almeno in teoria, ed anche in casi di grave degenerazione muscolare [4, 8, 9]. Questo significa che due importanti condizioni sono realizzate: Nella DDM rimangono sia 1. importanti strutture eccitabili, sia 2. una sostenuta capacità rigenerativa, che migliorano a seguito di una aumentata attività muscolare. Lomo et.al. [6] hanno dimostrato in uno studio fondamentale nel ratto, che l’elettrostimolazione è capace di ristabilire le proprietà elettriche ed elettrochimiche della membrana muscolare anche dopo vari gradi di degenerazione, e non solo una volta, ma anche ripetutamente. Contemporaneamente erano recuperate forza e caratteristiche dinamiche della scossa muscolare. Carraro et.al. [2] hanno dimostrato anche in un altro studio sul ratto una bassa ma duratura capacità rigenerativa a livello cellulare (miogenesi rigenerativa dipendente dalla moltiplicazione delle cellule satelliti) nel muscolo denervato non trattato, ed ancora un sostanziale aumento di questa attività dopo ripetute lesioni muscolari. Simili eventi miogenici sono stati osservati da questo gruppo di ricerca in pazienti paraplegici con denervazione periferica degli arti inferiori prima e dopo di aver condotto un intenso programma di “FES training” dei loro muscoli quadricipiti. Tutti questi esperimenti sono prove robuste che la Stimolazione Elettrica Funzionale (FES training) è uno strumento efficace e potente per Mantenere, recuperare funzionalmente e ricostruire la muscolatura denervata. Questa tecnica ha ovviamente un elevato potenziale di essere utilizzata come un nuovo metodo per la riabilitazione di pazienti con denervazioni muscolari di varia origine e specialmente dopo traumi alla cauda equina. Stabilire su solide basi scientifiche questa metodica è stato l’obbiettivo principale del progetto Europeo “RISE, Use of electrical stimulation to restore standing in paraplegics with long-term denervated degenerated muscles” (ALZATI, Uso della stimolazione elettrica per recuperare la stazione eretta in paraplegici con muscoli degenerati per denervazione cronica). Eccitabilità del muscolo denervato La risposta della membrana muscolare alla corrente elettrica dipende fortemente dallo stato di degenerazione o recupero delle cellule muscolari, ma in ogni caso è molto più bassa di quella delle cellule nervose e dei loro assoni. Esse richiedono impulsi di durata tra 10 e 150 msec e dopo severa degenerazione anche fino a 300 msec per evocare la depolarizzazione delle membrane muscolari in un punto della fibra muscolare e la diffusione del potenziale d’azione, che viaggia nelle due opposte direzioni verso i terminali tendinei delle miofibre. Conseguentemente anche l’ampiezza è significativamente più alta di quella sufficiente a stimolare la stimolazione del nervo. Il reclutamento di un sufficiente numero di fibre dipende dall’omogenea distribuzione del campo elettrico più o meno concentrato sul muscolo bersaglio. La seconda condizione è essenziale per minimizzare le non-desiderabili co-contrazioni di altri muscoli vicini e di nervi in tessuti adiacenti. Utili stimoli hanno la forma d’impulsi rettangolari bifasici o in qualche caso particolare impulsi incrementali (scalari). La forma rettangolare è più efficace nel reclutare fibre muscolari; la forma a rampa ha l’importante vantaggio di ridurre l’eccitazione di strutture nervose nella vicinanza immediata de muscolo. Un problema grave, che impedisce l’applicazione della FES nei muscoli denervati, sta nelle attuali specifiche di sicurezza della corrente applicabile da stimolatori elettrici commerciali. Le specifiche europee limitano l’uscita di energia a 300 mJ per impulso, il che significa limitare nel caso di impulsi più lunghi di 100 msec la corrente a 80 mA. Questi valori sono

molto lontani da quelli necessari a produrre contrazioni muscolari dei muscoli denervati, in particolare dopo un anno dalla lesione spinale, per mezzo di elettrodi superficiali, salvo che non si tratti di piccoli muscoli non severamente degenerati. A Vienna sono stati condotti durante gli ultimi 15 anni vari trials clinici su pazienti con denervazione completa permanente degli arti inferiori. La stimolazione è stata effettuata utilizzando strumentazione non-invasiva, elettrodi di superficie e diversi prototipi di stimolatori. I parametri elettrici e le strategie di training sono stati determinati più o meno mediante tentativi ed errori sono stati sempre personalizzati a ciascun paziente. I pazienti hanno iniziato il FES training tra 1 e 30 anni dopo la denervazione, pertanto presentavano gradi molto diversi di degenerazione muscolare. Generalmente sono stati usati impulsi bifasici rettangolari a voltaggio constante (VC). La lunghezza dell’impulso era molto diversa in questo gruppo di pazienti, da oltre 150 msec all’inizio del trattamento nel caso di degenerazione molto severa giù fino a 40 msec con il progredire del training e della conseguente rigenerazione muscolare. In media, almeno 60 minuti (una volta il giorno) o due sessioni giornaliere da 30 minuti per gruppo muscolare sono state sufficienti per il recupero trofico ed il mantenimento della funzione muscolare. Lo studio ha chiaramente dimostrato che il recupero del trofismo e un certo grado di attività funzionale dei muscoli denervati con il FES training è possibile e che la funzione muscolare può essere mantenuta a lungo (molti anni o decine di anni) [4], anche se restano aperte molte questioni circa le migliori strategie di allenamento ed i migliori parametri di stimolazione [5]. Molti pazienti sono stai in grado di recuperare la stazione eretta usando la loro propria potenza muscolare prodotta mediante stimolazione elettrica funzionale (FES). Altri pazienti hanno raggiunto vari gradi di miglioramento delle loro condizioni muscolari. Lo stimolatore, nel più recente stadio di sviluppo [3] (Fig. 4.1), è uno stimolatore a due canali che è capace di erogare impulsi bilanciati bifasici o monofasici a VC con ampiezza fino a +/- 80 V contro resistenze di 300 Ω. Per garantire la sicurezza ottimale dei pazienti il sistema è alimentato da batterie ricaricabili, tutte le uscite elettriche sono disaccoppiate via condensatori (che limitano la corrente erogabile). I pazienti hanno una minima possibilità di regolazione dei parametri dello stimolatore. Il paziente può solo scegliere tra nove sequenze pre-programmate di stimolazione, potendo regolare l’intensità della corrente entro ambiti molto limitati. Tutti gli altri parametri possono essere modificati solo da personale autorizzato, che utilizzi un laptop o un computer PDA (Personal Digital Assistant) usando un IrDa link. In aggiunta agli impulsi rettangolari altre forme di impulsi possono essere programmati, per le necessità particolari di soggetti con lesioni incomplete o dis-complete. La lunghezza degli impulsi è aggiustabile tra 10 e 300 msec, e l’intervallo tra gli impulsi fino a zero per permettere l’ottimizzazione dei parametri in relazione alle condizioni raggiunte dal muscolo. Lo strumento registra data, tempo di utilizzazione, programmi selezionati ed intensità della stimolazione. Gli elettrodi di superficie sono costruiti con gomma-siliconica, che può essere usata in combinazione con spugna umida o direttamente usando un abbondante strato di gel per elettrodi, Quando la cute si è ben rafforzata si possono usare elettrodi autoadesivi ed idro-gel. la scelta dipende dalle condizioni della superficie cutanea e dallo stadio raggiunto di recupero funzionale del tessuto muscolare, e quindi dai relativi parametri di stimolazione elettrica. Per minimizzare le densità di corrente ed ottimizzare la distribuzione del campo elettrico sono necessari un paio di laghi elettrodi (200-250 cm2 per il muscolo quadricipite e 100 cm2 per gli flessori della coscia). L’accurata applicazione degli elettrodi con pressioni equilibratamente distribuite

Figura 4.1. Diagramma dello stimulatore a 2 canali ed elettrodi di superficie per muscoli denervati di media e grande

taglia, dettagli in [3].

su tutta la superficie è una condizione indispensabile per garantire una utilizzazione in sicurezza del sistema, che eviti le microustioni cutanee. Lo stimolatore a due canali attualmente disponibile è una versione ancora sperimentale da laboratorio, a cui le due paia di elettrodi devono essere inserite una alla volta [3]. Il prossimo passo nello sviluppo di uno stimolatore commerciale sarà una versione a 4 canali, applicabile in cintura, con elettrodi e cavi integrati, sia per semplificare l’applicazione-rimozione della strumentazione e per renderne l’uso permanente più affidabile e attraente. Un sistema di stimolazione impiantabile per uso sperimentale Un sistema impiantabile per la riattivazione di muscoli denervati potenzialmente offre numerosi vantaggi. Può essere più confortevole nell’uso giornaliero del sistema basato sugli elettrodi di superficie, fornisce una più elevata selettività nell’attivare singoli muscoli e riduce/abolisce il dolore nelle applicazioni, nelle quali la sensibilità è parzialmente o completamente intatta. D’altra parte, in confronto a quelli degli usuali impianti per la neurostimolazione, molti più problemi tecnologici specifici devono essere risolti nel caso dei muscoli denervati. E’ questo che rende lo sviluppo di questo tipo di impianti una sfida complessa e perciò ancora più attraente. Impulsi tra 10 ed almeno 150 msec devono essere scaricati, in confronto con gli 0.1 - 1 msec per la stimolazione dei nervi. Conseguentemente, il flusso delle cariche dagli elettrodi ai tessuti, attraverso una superficie cutanea che offre una alta resistenza, è molto più grande, rendendo estremamente difficile disegnare un elettrodo biocompatibile e resistente alla corrosione, e che sia sufficientemente flessibile e meccanicamente resistenti per l’uso a lungo-termine. Soluzioni alternative sono anche richieste per i circuiti elettronici, specialmente per la componentistica di potenza ed uscita, che devono fornire fino a 1500 volte la potenza scaricata dagli elettrostimolatori neurali, o per i condensatori necessari al disaccoppiamento, che hanno da garantire cariche bilanciate per impulsi fino a 1500 volte più lunghi. Tutti questi vincoli possono ben spiegare perchè, malgrado la loro certa fattibilità, non ci siano attualmente in commercio strumenti impiantabili almeno per uso clinico. Un prototipo è stato disegnato e testato a Vienna [7] (Fig. 4.2), nell’ambito di un progetto diretto a sviluppare un pace-maker impiantabile per lesioni bilaterali permanenti dei nervi ricorrenti. La fase di sperimentazione animale nella pecora è stata con successo dedicata allo sviluppo di tecnologie, che includevano la sincronizzazione con la respirazione, i parametri di stimolazione e di recupero funzionale dei muscoli crico-aritenoidei denervati, ed ad uno studio di fattibilità a lungo termine focalizzato sulla caratterizzazione delle condizioni dei muscoli sottoposti a stimolazione cronica. Si sono utilizzati elettrodi di acciaio inossidabile (316L) e correnti costanti (CC) bifasiche a rampa con impulsi di 30 msec per fase ad una frequenza di 10 Hz. I risultati sono stati più che incoraggianti [1, 9]. La stimolazione sincronizzata sulla respirazione è stata dimostrata per periodi di oltre 18 mesi, con muscoli ottimamente funzionanti. I quadri istologici e biochimico-molecolari hanno mostrato una tendenziale trasformazione verso il tipo muscolare lento, con modesti segni di atrofia alternati ad aree addirittura ipertrofiche, mentre non si sono osservati segni di danno muscolare. Gli elettrodi sono rimasti stabili per tutto il lungo periodo di osservazione. Gli impulsi a rampa

Figura 4.2. Diagramma dell’elettrostimolatore impiantabile a 2-canali, controllabile con telemetria a Radio-Frequenza

per muscoli denervati, dettagli in [7].

hanno mostrato una eccellente selettività nell’indurre le contrazioni muscolari, senza eccitare i nervi sensoriali e motori dei tessuti vicini. In conclusione lo studio ha dimostrato che è possibile disegnare ed utilizzare sistemi impiantabili a lungo termine per la FES di muscoli denervati. Oltre che per la specifica applicazione alla laringe questo sistema impiantabile potrà trovare impiego in vari nuovi approcci terapeutici. Il progetto Europeo: ALZATI! (EU-project RISE) Basato sulle precedenti premesse scientifiche, e rivolto alla risoluzione degli accennati problemi ancora aperti nella FES di muscoli denervati, il progetto RISE è stato accettato e finanziato dalla Unione Europea nell’ambito del 5° Programma Quadro. Il consorzio costituitosi includeva 13 Partners Europei, e cioè istituzioni di Austria, Regno Unito, Italia, Slovenia, Germania, Islanda ed altri sei sub-contractors Austriaci, Tedeschi ed Italiani. Nove dei diciannove partecipanti erano Centri per la Cura delle Lesioni Spinali. Il progetto, iniziato il 1 Novembre, 2001 è terminato il 31 Maggio, 2006. Nell’ambito del progetto RISE è stato sviluppato un nuovo metodo clinico di riabilitazione di pazienti sofferenti da lungo tempo di paraplegia flaccida, e cioè con muscoli denervati-degenerati (DDM, dall’Inglese: Denervated Degenerated Muscle), con nessuna possibilità di recupero funzionale del sistema nervoso. Il protocollo di FES training si è dimostrato in grado di far recuperare alle fibre muscolari della coscia di questi pazienti una massa vicina ai valori di adulti sedentari ed una parziale funzione muscolare (contrazioni tetaniche, con sollevamento di pesi). I soggetti che hanno dimostrato i migliori benefici sono stati in grado di raggiungere da soli attivamente la stazione eretta (Alzarsi, in Inglese: rise, standing up) e di mantenere la stazione eretta (’standing’). Ottimizzate utilizzando i risultati della sperimentazione animale in conigli, maiali e ratti, e dei primi risultati del trial clinico, le relative tecnologie sono in avanzata fase di sviluppo. In fine, è stata avanzata una richiesta di modifica degli standards di sicurezza EU per rendere accessibile stimolatori con le necessarie caratteristiche a questa particolare classe di pazienti. Uno degli scopi principali del Progetto RISE è stato infatti quello di fornire all’industria biomedica Europea una nuova famiglia di prodotti con un ampio ventaglio di applicazioni cliniche ed un metodo per soddisfare i bisogni di circa 20 nuovi pazienti per anno per milione di abitanti Europei (e non-Europei, naturalmente). Oltre agli strumenti per la stimolazione elettrica a domicilio, sono stati sviluppati strumenti di misura specifici per questa classe di pazienti, per la supervisione ambulatoriale di pazienti non-ospedalizzati, in particolare, per seguire nel tempo le modifiche delle caratteristiche biomeccaniche ed elettrofisiologiche dei muscoli denervati trattati con FES [10, 11]. Referenze [1] Carraro U, Catani C, Saggin L, Zrunek M, Scabolcs M, Gruber H, Streinzer W, Mayr W, Thoma H: Isomyosin

changes after functional electrostimulation of denervated sheep muscle. Muscle Nerve 11: 1016-1028, 1988. [2] Carraro U, Rossini K, Zanin ME, Rizzi C, Mayr W, Kern H: Induced Myogenesis in Long-Term Permanent

Denervation: Perspective Role in Functional Electrical Stimulation of Denervated Legs in Humans. Basic Appl Myol 12 (2): 53-63, 2002.

[3] Hofer C, Mayr W, Stoehr H, Unger E, Kern H: A stimulator for functional activation of denervated muscles. Artif Organs 26(3):276-279, 2002

[4] Kern H, Hofer C, Strohhofer M, Mayr W, Richter W and Stöhr H. Standing up with denervated muscles in humans using functional electrical stimulation. Artif Organs 23(5):447-452, 1999.

[5] Kern H, Hofer C, Moedlin M, Forstner C, Raschka-Hoegler D, Mayr W, Stoehr H: Denervated muscles in humans - limitations and problems of currently used functional electrical stimulation training protocols. Artif Organs 26(3): 216-218, 2002

[6] Lomo T, Westgaard RH, Hennig R, Gundersen K: The response of denervated muscle to long-term electrical stimulation. in Carraro U, Angelini C, (eds): Cell Biology and Clinical Management in Functional Electro Stimulation of Neurons and Muscles. Padova, Italy, CLEUP Editore, 1985, pp 81-90.

[7] Mayr W, Bijak M, Rafolt D, Sauermann S, Unger E, Lanmueller H: Basic design and construction of the Vienna FES implants - existing solutions and prospects for new generations of implants. Medical Engineering and Physics 23:53-60, 2001

[8] Valencic V, Vodovnik L, Stefancic M, Jelnikar T. Improved motor response due to chronic electrical stimulation of denervated tibialis anterior muscle in humans. Muscle Nerve 9: 612-617, 1986.

[9] Zrunek M, Bigenzahn W, Mayr W, Unger E, Feldner-Busztin H. A laryngeal pacemaker for inspiration controlled direct electrical stimulation of denervated posterior cricoarytaenoid muscle in sheep. Eur Arch Otorhinolaryngol 1991, 248(8):445-448.

[10] Hofer C, Forstner C, Modlin M, Jager H, Mayr W, Kern H. In vivo assessment of conduction velocity and refractory period of denervated muscle fibers. Artif Organs. 2005 Jun;29(6):436-9

[11] Gallasch E, Rafolt D, Kinz G, Fend M, Kern H, Mayr W. Evaluation of FES-induced knee joint moments in paraplegics with denervated muscles. Artif Organs. 2005 Mar;29(3):207-11.