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Leadership

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komunikacijske spretnosti Leadership

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komunikacijske spretnosti

Rispetto al passato, le aziende operano oggi in un contesto altamente competitivo, dovuto principalmente all’innovazione tecnologica, alla globalizzazione, all’iperscelta tra fornitori e prodotti a disposizione dei clienti, alla saturazione dei mercati. All’interno di questo scenario, riveste un ruolo cruciale il capitale intellettuale costituito dalle persone che lavorano nelle organizzazioni e, di conseguenza, la LEADERSHIP, come competenza per lo sviluppo di questo capitale.

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DEFINITIONS OF LEADER AND LEADERSHIP Il verbo inglese “to lead” significa “condurre” (dal latino “cum = insieme” e “ducere = tirare”). Esistono tante definizione di leader e leadership quante sono le persone che hanno provato a definirli. Bernard Bass raccoglie alcuni di questi “tentativi” nel suo “Handbook on leadership” (1990), dove la leadership viene definita come dinamica di gruppo, dimensione della personalità, strumento per raggiungere risultati, capacità di influenza ed esercizio della persuasione, relazione di potere e capacità di avere seguito. Useremo per “leader” la definizione dell’economista e saggista Peter Drucker: ““Leader è colui che ha follower”. Per il concetto di “leadership” ci affideremo alla definizione del Professore Ordinario di Psicologia della formazione Gian Piero Quaglino: “La Leadership è costruire relazioni di fiducia con il proprio gruppo di lavoro, al fine di guidare, condurre le persone verso il raggiungimento degli obiettivi organizzativi, costruendo occasioni di apprendimento e di crescita, e ricordando che l’obiettivo finale della leadership è quello di generare nuovi leader”.

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MANAGER VS LEADER I termini “manager” e “leader” vengono spesso usati paradossalmente sia come sinonimi, sia come contrari. Potremmo dire che per raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione occorre interpretare entrambi i ruoli: - il manager fa leva sull’autorità, cioè sul potere a lui attribuito di prendere decisioni e distribuire premi e punizioni; il leader fa leva sull’autorevolezza, cioè sulla comprensione e sulla condivisione, da parte dei follower, degli scopi, dei ragionamenti e delle azioni da intraprendere - Il manager amministra; il leader diffonde la cultura organizzativa e innova - Il manager sostiene i propri collaboratori; il leader li sviluppa - Il manager incentra il suo operato sui sistemi, sui processi e sulle strutture; il leader presta attenzione alle persone - Il manager è orientato alla stabilità; il leader al cambiamento Per l’autore americano Ken Blanchard la leadership deve essere intesa come “servizio”: il leader dà potere a tutti coloro che operano all’interno dell’organizzazione, consentendo loro di agire come se possedessero la visione e la direzione. Un manager dovrebbe sapersi spostare alla base della piramide e agire come “cheerleader”, supportando e incoraggiando ognuno a vivere secondo la visione e a raggiungere gli obiettivi. Questa strategia radicale di leadership si può, infatti, definire “guida la servizio degli altri”. Troppi manager trascurano questo aspetto della leadership diventando “leader al servizio di se stessi”.

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ORIENTAMENTO ALL’OBIETTIVO VS ORIENTAMENTO ALLE RELAZIONI Dopo avere analizzato la situazione in cui opera, le azioni che un leader deve intraprendere possono essere orientate: 1. Verso il compito e l’obiettivo da raggiungere (in questo caso il comportamento del leader è quello di guida operativa) 2. verso le relazioni (in questo caso il comportamento del leader è quello di cura delle relazioni e di sostegno) Nel comportamento di guida operativa rientrano le azioni attraverso le quali il leader fornisce ai collaboratori indicazioni operative e normative, definisce gli obiettivi, organizza il lavoro, addestra, determina le scadenze e le modalità di controllo. Nel comportamento di cura delle relazioni e di sostegno rientrano le azioni attraverso le quali il leader favorisce un buon rapporto con i follower, fornisce sostegno e supporto da un punto di vista psicologico, ascolta “attivamente”, coinvolge, dà feedback franchi e costruttivi, esprime apprezzamenti. Il prevalere di un comportamento sull’altro definisce il cosiddetto stile di leadership.

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STILE DI LEADERSHIP EFFICACE E FLESSIBILITA’ Lo stile di leadership è quindi una tipologia di comportamento che un leader adotta per pianificare, organizzare, motivare e controllare; si riferisce al grado al quale la persona sa ascoltare, individua finalità e standard di risultato, sviluppa piani di azione sia a breve che a medio e lungo termine, guida il lavoro di altre persone, fornisce feedback, dà ricompense e punzioni, sviluppa la professionalità dei collaboratori e stabilisce relazione con gli stessi. Esistono 4 principali tipologie di Stile di leadership: direttivo, persuasivo, partecipativo e delegante. Non esiste un modo di essere leader efficace per tutte le situazioni. La leadership deve essere situazionale, ovvero lo stile di leadership più adatto verso i singoli, più o meno direttivo, più o meno teso al coinvolgimento, dipende dal livello di maturità psicologica e di esperienza professionale dei collaboratori: di fronte a un livello basso di maturità psicologica e di esperienza professionale, per esempio, il leader fornisce istruzioni e “ordina” mentre, laddove verifichi una crescita della persona sul piano psicologico e delle competenze, fa partecipare, sollecita opinioni e contributi. Un buon leader deve saper essere flessibile, prediligendo uno dei 4 stili di leadership in funzione del contesto lavorativo e della maturità professionale dei follower.

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•STILE DIRETTIVO (alto orientamento al compito – basso orientamento alla relazione) oCaratteristiche – Il leader fornisce direttive e informazioni chiare sul compito da svolgere ma non comunica il perché è necessario svolgere quel particolare lavoro; incentra i feedback sugli errori e su ciò che deve essere corretto; motiva i collaboratori al lavoro elencando le conseguenze negative. oQuando può essere efficace – Nei team non maturi professionalmente, che svolgono mansioni semplici, nelle situazioni di crisi ed emergenza, con collaboratori problematici. Può fare aumentare il livello di performance nel breve periodo, ma farlo crollare a lungo termine.

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1.STILE PERSUASIVO – COACHING (alto orientamento al compito – alto orientamento alla relazione) a.Caratteristiche – Le decisioni rimangono una responsabilità del capo, ma vengono spiegate e motivate, con l’obiettivo di coinvolgere i collaboratori. Il leader aiuta i follower ad individuare i propri punti di forza e le aree di miglioramento, li incoraggia ad individuare gli obiettivi di sviluppo a lungo termine, offrendo un feedback costante; b.Quando può essere efficace – Nei team con una maturità professionale medio-bassa, in cui i componenti manifestano aspirazioni di crescita e volontà di responsabilità, ma non sono ancora completamente autonomi.

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1.STILE PARTECIPATIVO (basso orientamento al compito – alto orientamento alla relazione) a.Caratteristiche – L’obiettivo primario è creare coinvolgimento e consenso, fissare gli obiettivi e le decisioni in maniera condivisa. Il leader sa che i collaboratori hanno le capacità e le competenze tecniche per svolgere il lavoro e per risolvere i problemi, ma mostrano qualche incertezza sul piano della determinazione e della sicurezza nei processi decisionali; tiene numerosi incontri durante i processi decisionali; premia le performance del team, piuttosto che rivolgere un feedback al singolo follower. b.Quando può essere efficace – Nei team con una maturità professionale medio-alta, caratterizzati da un lavoro interfunzionale che richiede un alto grado di coordinamento. Può essere controproducente nelle situazioni di crisi, quando non c’è tempo per riunioni e discussioni.

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1.STILE DELEGANTE (basso orientamento al compito – basso orientamento alla relazione) a.Caratteristiche – L’intervento del leader è limitato alla definizione delle linee guida e della disponibilità a fornire informazioni e assistenza in caso di necessità. La supervisione e il controllo avvengono soltanto sui risultati e non sul processo. b.Quando può essere efficace – Nei team con una maturità professionale alta, caratterizzati da collaboratori competenti, in grado di fissarsi autonomamente gli obiettivi da raggiungere. Se la valutazione della maturità professionale dei follower è errata, questo stile può portare in disagio o sfociare in lassismo.

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In linea di massima, i manager tendono a fare proprio uno o due stili di

leadership - definiti rispettivamente stile fondamentale e stile di sostegno – e ad abbandonare gli altri. In generale la giusta miscela dei 4 stili rappresenta la chiave di successo di un buon leader.

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COSTRUIRE UNA SQUADRA E SVILUPPARE I SINGOLI La squadra è per definizione qualcosa di selettivo, un insieme di persone unite dalla prospettiva e dalla volontà di raggiungere un obiettivo condiviso, preciso e vincolante: la vittoria. Un buon leader deve agevolare il raggiungimento degli obiettivi collettivi della squadra, riconoscendo però le responsabilità e le capacità individuali, in un equilibrio tra coesione (grado di compattezza del team e la volontà di cooperare esistente tra i membri) e meritocrazia (premio delle individualità) ALCUNE REGOLE D’ORO Per costruire una squadra vincente è bene: -Definire gli obiettivi di gruppo, oltreché individuali -Chiarire e definire in modo preciso, ruoli e compiti di ciascun componente -Sapere che un collaboratore bravo potrebbe non essere spontaneamente in grado di integrarsi con gli altri, ma va aiutato -Organizzarsi in modo che la squadra assorba e alterni i difetti dei singoli e ne valorizzi i pregi -Insegnare ai “campioni” a correggere gli errori dei compagni e a non lamentarsi -Sviluppare il rispetto reciproco e la fiducia nelle capacità altrui

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MOTIVARE I COLLABORATORI Il termine “motivazione” deriva dal latino “movere”. Rappresenta l’insieme dei processi psicologici che provocano la nascita, la direzione, la persistenza di azioni personali dirette verso un determinato obiettivo. I manager che vogliono accrescere la motivazione dei loro collaboratori devono ben comprendere questi processi psicologici e agire di conseguenza. E’ un compito complesso perché ogni individuo è un mondo a sé, con le proprie specificità e caratteristiche, per cui è impossibile fare generalizzazioni o trovare un metodo motivazionale che funzioni ed estenderlo nei confronti di tutte le persone. ALCUNE REGOLE D’ORO Per motivare i collaboratori è bene: -Cercare leve motivazionali adatte per ogni collaboratore -Comunicare aspettative elevate se si vogliono risultati e prestazioni eccellenti -Celebrare i piccoli successi -Ogni tanto “mettere in riga”, se è necessario creare attenzione -Evitare di tenere la squadra sotto pressione per troppo tempo

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VALUTARE I COLLABORATORI: ASSEGNARE GLI OBIETTIVI E FORNIRE UN FEEDBACK Valutare i collaboratori è una pratica manageriale utile a promuovere la crescita e lo sviluppo individuale. Molto spesso i sistemi di valutazione aziendale hanno come unico fine quello di elaborare una sorta di “pagella” per il collaboratore; pratica che, priva di legame effettivo con i percorsi di crescita professionale, provoca spesso demotivazione e innalzamento delle barriere difensive. La valutazione ha un senso nella misura in cui riconosce i risultati delle persone in maniera trasparente e sopratutto promuove nel tempo un percorso di miglioramento nelle competenze e nella posizione di responsabilità. Alla luce di ciò, la valutazione deve essere basata su obiettivi chiaramente definiti ed esplicitati a priori. Gli obiettivi assegnati possono essere quantitativi o qualitativi. Un buon obiettivo quantitativo deve essere SMART: S = Specifico (concreto e mai vago); M = Misurabile (il leader deve specificare sempre il criterio o il parametro per misurare il raggiungimento di un obiettivo); A = Ambizioso (non deve essere di semplice raggiungimento o vissuto come banale); R =Raggiungibile (deve essere realistico; un obiettivo percepito come irraggiungibile sarà fonte di demotivazione e minerà la credibilità e la leadership del manager che lo ha assegnato); T = Tempificato (il leader deve specificare entro quando è importante raggiungere un certo risultato)

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Gli obiettivi qualitativi, invece, sono espressi in termini comportamentali. Un leader deve valutare le competenze dei collaboratori basandosi sull’osservazione dei suoi comportamenti al’interno dell’organizzazione. Prendiamo ad esempio la competenza “saper lavorare in team”: per valutarla in maniera corretta, il leader deve definire a priori quali sono i comportamenti manifestati da una persona che ha forti capacità di lavorare in team. Supponiamo che tali comportamenti siano: 1) la disponibilità a supportare i colleghi in difficoltà; 2) la condivisione delle informazioni e del Know how; 3) il privilegiare obiettivi collettivi. Una volta che tutti i comportamenti collegati al teamwork sono stati definiti è possibile utilizzare una scala di frequenza del tipo “mai”, “qualche volta”, “spesso”, “sempre”. Il manager facendo riferimento a episodi concreti vissuti nel corso dell’anno, compila la scala di frequenza indicando quali comportamenti collegati al team work sono stati evidenziati con minore o maggiore frequenza dal collaboratore. Fornisce dunque un feedback al collaboratore, comunicando e discutendo le sue osservazioni con il collaboratore, che in questo modo è a conoscenza dei propri punti forza e aree di miglioramento. Su queste dovrà concentrare la propria attenzione ai fini della crescita professionale.

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•ALCUNE REGOLE D’ORO •Il feedback è dunque un processo comunicativo tra due persone teso all’individuazione oggettiva di un comportamento, al fine di cambiare o rinforzare il comportamento stesso. E’ importante ricordare che: •-Ha a che fare con i comportamenti e non con le persone •-Non è un giudizio di valore sulla persona •-Deve essere immediato e non impulsivo •-Il leader deve evidenziare alla persona le conseguenze del suo comportamento •-Il leader non deve comunicare un feedback negativo in presenza di altri collaboratori •-Il leader e il collaboratore devono concordare l’azione di miglioramento da attuare nel futuro