polizia penitenziaria - giugno 2015 - n. 229

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Poste italiane spa spedizione in abbonamento postale 70% Roma AUT MP-AT/C/RM/AUT.14/2008 www.poliziapenitenziaria.it anno XXII n. 229 giugno 2015 Polizia Penitenziaria, Polizia di Stato o Polizia di Giustizia? ISSN 2421-2121

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Polizia Penitenziaria, Polizia di Stato o Polizia di Giustizia? - Rivista ufficiale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

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Poste italiane spa spedizione in abbonam

ento postale 70%

Rom

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TMP-AT/C/RM/AUT.14/2008

www.poliziapenitenziaria.itanno XXII • n. 229 • giugno 2015

Polizia Penitenziaria, Polizia di Statoo Polizia di Giustizia?

ISSN 2421-2121

PoliziaPenitenziarian.229giugno2015

3sommario

Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe.Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

Direttore responsabile: Donato [email protected]

Direttore editoriale: Giovanni Battista de Blasis [email protected]

Capo redattore: Roberto [email protected]

Redazione cronaca:Umberto Vitale, Pasquale Salemme

Redazione politica: Giovanni Battista Durante

Comitato Scientifico:Prof. Vincenzo Mastronardi (Responsabile),Cons. Prof. Roberto Thomas, Donato Capece, Giovanni B. de Blasis, Giovanni B. Durante,

Roberto Martinelli, Giovanni Passaro, Pasquale Salemme

Progetto grafico e impaginazione: © Mario Caputi (art director) www.mariocaputi.it

“l’appuntato Caputo” e “il mondo dell’appuntato Caputo” © 1992-2015 by Caputi & de Blasis (diritti di autore riservati)

Direzione e Redazione centraleVia Trionfale, 79/A - 00136 Roma

tel. 06.3975901 r.a. • fax 06.39733669

e-mail: [email protected]: www.poliziapenitenziaria.it

Registrazione:Tribunale di Roma n. 330 del 18 luglio 1994

Cod. ISSN: 2421-1273 web ISSN: 2421-2121

Stampa: Romana Editrice s.r.l.Via dell’Enopolio, 37 - 00030 S. Cesareo (Roma)

Finito di stampare: giugno 2015

Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

anno XXIInumero 229giugno 2015In copertina:Il Segretario Generale del Sappe Donato Capece e il Capo del Dipartimento Santi Consolo al Convegno sull’unificazione delle Forze di Polizia.

Fotografa questo codice e leggi la rivista sul tuo cellulare

l’editorialeUnificazione delle Foze di Polizia

di Donato Capece

4 donne in uniformeLo sceriffo-fodi Laura Pierini

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il pulpitoIl Principio di Peter

di Giovanni Battista De Blasis

5 mondo pAddio agli OPG ma non agli internatidi Emanuele Ripa

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il commentoLa sanità in carcere nel Congresso Simspe

di Roberto Martinelli

6 mondo pIl sistema informatico interforze CED-SDIdi Luca Pasqualoni

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l’osservatorioConvegno sull’unificazione

delle Forze di Poliziadi Giovanni Battista Durante

8 dalle segreterieTrieste, Ferrara, Milano, Sulmona, Orvieto, Chieti

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salute e sicurezzaLa misura è oramai colma

di Valter Pierozzi

11 crimini e criminaliDaniela Cecchin: «invidiavo la sua felicità»di Pasquale Salemme

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criminologiaIl bullismo minorile

di Roberto Thomas

12 l’intervistaA colloquio con Antonella Tuoni direttrice dell’OPG di Montelupo F.di Francesco Falchi

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giustizia minorileLa famiglia di fronte al reato

di Ciro Borrelli

17 cinema 10 secondi per fuggire a cura di Giovanni Battista De Blasis

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lo sportLe Fiamme Azzurre agli Europei di Baku

di Lady Oscar

18 le recensioniALPES, GIAPPICHELLI, GRUPPO ABELEEdizioni

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diritto e dirittiIl diritto alla rieducazione

di Giovanni Passaro

20 ultima paginail mondo dell’appuntato Caputodi De Blasis & Caputi

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Il S.A.P.Pe. è il sindacato più rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria

Chi vuole ricevere la Rivista direttamente al proprio domicilio, può farlo versando un contributo di spedizione pari a 25,00 euro, se iscritto SAPPE, oppure di 35,00 euro se non iscritto al Sindacato, tramite il c/c postale n.54789003 intestato a: POLIZIA PENITENZIARIA - Società Giustizia & SicurezzaVia Trionfale, 79/A - 00136 Roma specificando l’indirizzo, completo, dove va spedita la rivista.

Per ulteriori

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visita il sito

www.poliziapenitenziaria.it

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Comunicato agli abbonati

roficuo, partecipato e moltosignificativo il convegno cheabbiamo organizzato insieme

all’Anfu nella sala della piccolaProtomoteca del Campidoglio lo scorso11 giugno. Unificazione delle Forze diPolizia il tema del dibattito, al quale hapartecipato praticamente tutta la dirigenzadel Dap, il Vice Presidente del SenatoMaurizio Gasparri e il ProcuratoreAggiunto di Messina Sebastiano Ardita. Durante il confronto non sono mancati iriferimenti ai lavori della CommissioneGratteri (nella quale è presente anche ilCons. Ardita) soprattutto in relazione allaproposta di istituzione della Polizia diGiustizia con l’obiettivo di creare unaforza dell’ordine presente anche sulterritorio, che possa eseguire ordini diarresto per gli imputati con condannedefinitive, ricercare latitanti, controllaregli arrestati domiciliari e i soggettisottoposti alle misure alternative,proteggere i collaboratori di giustizia epresidiare gli uffici giudiziari.In un simile scenario futuro, però, ilcarcere dovrebbe essere riservato solo acoloro che hanno commesso reati diparticolare allarme sociale smettendo diessere un contenitore/discarica socialequale è adesso. Nell’affrontare temi piùattuali, poi, si è parlato della necessitàche tutte le competenze e le attribuzionidella Polizia penitenziaria siano riunite inuna unica unità organizzativa in grado disvolgere coerentemente le funzioni didirezione e di coordinamento di tutti ireparti e servizi del Corpo. Si èimmaginato che, nella fase dei decretiattuativi della riorganizzazione del Dap,possa essere istituito un Ufficio di Staffdella Polizia Penitenziaria alle direttedipendenze del Capo del Dipartimentodell’Amministrazione Penitenziaria.In tale ufficio andrebbero collocate tuttele competenze operative della Poliziapenitenziaria, quali l’Uspev, il Gom, il Nic,il Servizio Navale, le Scuole diFormazione, le Traduzioni e iPiantonamenti, il Vestiario e l’Armamento,la gestione dei mezzi e delle caserme, leSpecialità e i gruppi sportivi. Alla direzione di questo Ufficio andrebbepreposto un dirigente della PoliziaPenitenziaria, mentre ai singoli Servizi unfunzionario del Corpo.Pertinenza della Polizia Penitenziariapotrebbero essere anche gli istituendiPresidi Territoriali nelle città dei

soppressi Provveditorati regionalidell’Amministrazione Penitenziaria. Ladirezione di questi Presidi potrebbeessere affidata al ruolo direttivo delCorpo, in quanto non più sedi dirigenziali,così da assicurare la prossimitàterritoriale per l’addestramento delpersonale, l’efficienza dell’armamento, delmunizionamento e dell’equipaggiamento,nonché del vestiario uniforme, ilcoordinamento dei servizi operativi ed inparticolare di quello delle traduzioni e deipiantonamenti, la gestione della CentraleOperativa regionale e con essa deiProtocolli operativi regionali relativi aipiani di emergenza e difesa degli istitutipenitenziari, l’attività delle sezioni dipolizia stradale, nonché quella di poliziagiudiziaria, senza tralasciare la possibilitàdi proseguire con le attività dei nucleiterritoriali VISAG (vigilanza di istituti eservizi amministrazione della giustizia),compreso il servizio di rappresentanzadel Corpo di Polizia Penitenziaria. Ragionare, poi, in prospettiva significaguardare alla dirigenza del Corpo diPolizia Penitenziaria, la quale potrebbeessere concepita come dirigenza unica,avuto riguardo al D.Lgs 63/2006, tantoche ai futuri dirigenti della PoliziaPenitenziaria potrebbe essere demandatala direzione di quegli Istituti penitenziariclassificati di secondo e terzo livello,come da D.M. del 2007, anche se ciòdovesse comportare la perdita dellaqualifica di ufficiale di polizia giudiziaria,analogamente a quanto avviene nellaPolizia di Stato per la carica di Questore eper quella di Prefetto. Ritengo, insomma, che i tempi sianomaturi per affidare la direzione degliIstituti penitenziari anche agli uomini indivisa, che presentano percorsi formativiuniversitari e post universitaricorrispondenti per titoli a quelli possedutiall’attuale dirigenza penitenziaria, entratanell’Amministrazione, in alcuni casi,partecipando al concorso di collaboratorepenitenziario e non già di direttore dicarcere. Ma ritengo anche, infine, chepotrebbero essere cadute tutte le barriereculturali e professionali che fino ad oggihanno impedito di ragionare sullapossibilità di unificare la dirigenzapenitenziaria nel senso inverso e cioècontemplando la possibilità che siano idirettori ad entrare nel Corpo della PoliziaPenitenziaria.Ma questo è un altro discorso...

Donato CapeceDirettore Responsabile

Segretario Generale del Sappe [email protected]

PoliziaPenitenziaria

n.229giugno2015

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Unificazione delle Forze diPolizia ovvero unificazionedella dirigenza penitenziaria

l’editorialel principio di Peter è una teoria,solo in apparenza paradossale,sulle dinamiche di carriera per

meritocrazia all’interno delleorganizzazioni gerarchiche. La teoria è anche nota come Ilprincipio di incompetenza e fuformulata per la prima volta nel 1969dallo psicologo canadese Laurence J.Peter, in un libro dal titolo The Peterprinciple, pubblicato nello stesso annoin collaborazione con il comicoRaymond Hull.Il principio illustrato nel saggio di Petere Hull esprime in maniera scherzosa glieffetti dei meccanismi che consentonogli avanzamenti in carriera deilavoratori dipendenti, evidenziandone irisultati paradossali. La teoria, in buona sostanza, può essereriassunta così:«In una gerarchia, ogni dipendentetende a salire di grado fino al propriolivello di incompetenza»Il principio di Peter, quindi, va intesonel senso che, in una organizzazionegerarchica, coloro che dimostrano dotie capacità nel proprio lavoro vengonopromossi a funzioni superiori. Questa dinamica, di volta in volta, liporta a raggiungere nuove posizioni, inun processo che si ferma soltantoquando si arriva ad una posizione pococongeniale, per la quale non siposseggono le necessarie capacità. Questa posizione inadeguata vienedefinita dagli autori «livello diincompetenza», raggiunto il quale lacarriera dell’interessato si fermadefinitivamente, dal momento che vienea mancare ogni ulteriore spinta per unanuova promozione.Il principio di Peter può arrivareanche ad una ulteriore formulazione:«Ogni cosa che funziona per unparticolare compito verrà utilizzataper compiti sempre più difficili, finoa che si romperà.»Questa declinazione del principio fufatta dallo scienziato William R.Corcoran, che la formulò a seguitodelle sue ricerche sullo sviluppo disistemi precauzionali per gli impiantinucleari. Corcoran si accorse, infatti, dellatendenza a utilizzare congegni efficaciper un determinato lavoro per altrefunzioni come, ad esempio, usare un

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aspirapolvere per aspirare fumi esostanze tossiche in vece di appositisistemi di aspirazione, oppure affidare aimpiegati amministrativi la redazionedei piani di emergenza invece diincaricare di tale compito personalespecializzato con competenze sullamateria.Il dottor Lawrence Peter applicò ilprincipio alle strutture umane pervalutare gli effetti complessivi sulfunzionamento degli organismi, tenutoconto che, in una organizzazionegerarchica, le promozioni deidipendenti sono conseguenza direttadelle capacità dimostrate nellosvolgimento dei compiti loro assegnati.Insomma, finché il funzionario sidimostra in grado di assolvere aicompiti assegnati, viene promosso allivello immediatamente superiore, nelquale dovrà assolvere compiti differenti. Alla fine del processo, coloro che hannoraggiunto il proprio «livello diincompetenza», ovvero la condizionein cui non sono più in grado di svolgerei compiti assegnati e pertanto nonhanno più alcuna possibilità diavanzamento, mettono fine alla propriacarriera nell’organizzazione.In realtà, l’incompetenza non dipendedal fatto che la posizione gerarchicaelevata preveda compiti più difficili diquelli che il dirigente è in grado disvolgere bensì, più semplicemente, icompiti sono di natura diversa da quellisvolti in precedenza e richiedono quindiesperienze lavorative che il dirigenteevidentemente non possiede. Ad esempio, un operaio specializzatonella tornitura che svolge il suo lavoroin maniera eccellente potrebbe esserepromosso caporeparto, posizione incui, però, non è più essenziale l’abilità amanovrare il tornio ma la capacità ditrattare con il personale sottoposto.Allo stesso modo, può capitare (ed ècapitato) che un bravo Provveditorepromosso ad incarichi dirigenziali aldipartimento dell’amministrazionepenitenziaria non si riveli all’altezzadell’incarico.Oppure che un ottimo direttore diistituto penitenziario si riveli un pessimodirettore di ufficio al dap, perché pensadi gestire il proprio ufficio come fosse ilcarcere dal quale proviene.In sostanza, l’idea che c’è dietro il

Giovanni Battistade BlasisDirettore EditorialeSegretario GeneraleAggiunto del Sappe [email protected]

PoliziaPenitenziarian.229giugno2015

5il pulpito

principio è che le promozioni sono sìdate ai «migliori», ma che lacompetenza richiesta a ogni livello siaessenzialmente indipendente (o almenomolto diversa) da quella richiesta allivello precedente.Del resto, il Principio di Peter paretrovare piena conferma con la nominadel Capo del dipartimentodell’amministrazione penitenziariaallorquando, nella maggior parte deicasi, arriva sempre una persona digrande spessore e con curriculumstraordinario ma che, poi, dimostrainequivocabilmente di aver raggiunto “il proprio livello di incompetenza”...Il funzionamento del principio fuaddirittura oggetto di studi matematiciche cercarono di dimostrare la suavalidità teorica con le simulazioni.Un team di ricercatori dell’Università diCatania ha lavorato sull’assegnazionecasuale e non meritocratica dellepromozioni dimostrando con dellesimulazioni matematiche cheun’organizzazione può evitare gli effettinegativi del Principio di Peteradottando criteri casuali per gliavanzamenti di carriera. Gli autori della ricerca sono AlessandroPluchino, Andrea Rapisarda e CesareGarofalo e, dopo aver pubblicato irisultati sulla rivista Physica, si sonoaggiudicati il prestigioso Ig Nobel (1)per il Management nel 2010.Secondo i tre ricercatori, quindi,soltanto se il conferimento degliincarichi di vertice viene fatto inmaniera casuale e non meritocratica sipuò evitare “l’effetto incompetenza”.Per quello che mi riguarda, sonocostretto a dissentire da Pluchino e co.,perchè altrettanti studi matematico-statistici effettuati da me medesimosull’organizzazione del dipartimentodell’amministrazione penitenziaria,circa i criteri di nomina dei dirigentiapicali e le procedure di avanzamento incarriera, hanno dimostrato che

Il principio di Peter e il livello di incompetenza

dei dirigenti del Dapl’esclusione di ogni criteriomeritocratico nelle promozioni e nellenomine verticistiche non risolve affattoil problema della cattivaamministrazione e della mala gestioneburocratica.Indubbiamente, essendo i miei datibasati su ben 35 (trentacinque) anni distudio, ritengo di gran lunga piùattendibile la mia ricerca che nonquella – seppur insignita di Ig Nobel –del Prof. Pluchino.Anzi, credo piuttosto cheun bel Ignobel andrebbeassegnato proprio al dape ai suoi criteri diattribuzione degliincarichi dirigenziali, chespesso sfuggonoall’umana comprensione.Ma l’esclusione,nell’amministrazionepenitenziaria, di competenza e meritodai criteri per gli avanzamenti incarriera e per le promozioni, non hasalvato affatto l’organizzazionedipartimentale dalle disfunzionalitàpreviste dal Principio di Peter perché,a dispetto di ogni teoria osperimentazione scientifica, sonopresenti al posto giusto e al momentogiusto tutti coloro che sono giunti almassimo livello di incompetenza.Non dimenticherò mai unaesclamazione del Consigliere Giuseppe Falcone quando si imbattevanell’incapacità di qualcuno: “...duebraccia strappate alla terra!”

(1) Il premio Ig Nobel viene assegnatoannualmente a dieci ricercatori autori diricerche “strane, divertenti, e perfinoassurde”, quel tipo di lavori improbabiliche “prima fanno ridere e poi danno dapensare”. Lo scopo dichiarato delriconoscimento è “premiare l’insolito,l’immaginifico e stimolare l’interesse delpubblico alla scienza, alla medicina, ealla tecnologia”.

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pesso ho trattato, su questecolonne, la particolarità dellanostra professione di Operatori

della Sicurezza in un contesto assaicomplicato quale è quellopenitenziario. Le ricerche presentate i primi giorni digiugno durante il XVI CongressoNazionale Simspe-Onlus/L’AgoràPenitenziaria 2015 che si è tenuto aCagliari dal titolo “Se il Paziente èanche Detenuto” hanno confermatoautorevolmente e scientificamentespecificità, rischi, pericoli e realtàdelle nostre carceri.

L’importante Assise, che ha contato lapresenza di oltre 250 specialisti,italiani ed europei, è stato organizzatae presieduta da Sergio Babudieri,Professore di Malattie Infettiveall’Università di Sassari nonchéPresidente della Società Italiana diMedicina e Sanità Penitenziaria(Simspe).I numeri che sono emersi sonoinquietanti: 2 detenuti su 3 sonomalati, per il 48% sono affetti damalattie infettive, 1 su 3 con epatite, eper il 32% da disturbi psichiatrici. Piùdell’80% della popolazione detenutaHiv positiva è sotto trattamentoantivirale con una buona efficacia.Oltre il 73% dei detenuti trattati hainfatti dimostrato una massimaefficacia antivirale: considerato

l’ambiente, è un ottimo risultato,specie se lo si confronta ad esempiocon quello della popolazioneamericana, in cui la percentuale deipazienti con virus negativo nel sangueè inferiore al 45%, livelli che in Italiasi registravano all’inizio degli anniDuemila.«Il titolo “Se il Paziente è ancheDetenuto” è già eloquente – haspiegato il Prof. Babudieri,Coordinatore Scientifico delCongresso e Presidente della Simspe -Si tratta di un richiamo per tutta lanostra categoria di medici, ma

anche per infermieri, operatorisanitari, agenti di PoliziaPenitenziaria che operanoall’interno dei 199 istitutipenitenziari italiani, che devericordare che stiamo parlando dipazienti. Sono detenuti, ma inprimo luogo sono dei pazienti. Lapeculiarità della medicinapenitenziaria è che anche le personeche sono sane ricadono sotta lagiurisdizione del magistrato disorveglianza che ha laresponsabilità della loro salute;peraltro, per sapere che una personanon è malata è necessariocomunque un atto medico. Quindistiamo parlando di 60mila personegiornalmente in carcere e di circa100-110mila che sono transitate nel

sistema penitenziario italiano nelcorso di ogni anno: unapopolazione simile ad una mediacittà italiana che ha una serie diforti esigenze in tema di salute».«La sanità penitenziaria appartienealla medicina sociale – ha aggiuntoil Prof. Luciano Lucanìa, attuale vice-Presidente SIMSPe - il carcere non èun luogo di cura o di ricovero, mauna residenza, ospitandocoattivamente delle persone chealtrimenti sarebbero altrove. Ciòche avviene nelle carceri ha dunqueuna valenza socio-sanitaria, inquanto il carcere resta unaparentesi transitoria nella vita diun individuo: la questione sociale èdunque una componente delproblema».Dai dati del Centro Europeo per ilMonitoraggio sulle Droghe e leDipendenze (EMCDDA), esaminati nelcorso dei lavori, quando un utentearriva in carcere conun’incriminazione o una sentenzarelativa all’uso ed allo spaccio didroghe, è soprattutto la cannabis lasostanza incriminata, per il 73,7%delle persone. Di questa percentuale, l’84,9% arrivain carcere per uso, il 12,6% perspaccio. A seguire, le altre sostanzestupefacenti sono la cocaina (8,4%),anfetamine (5,7%), altre sostanze(5,3%), eroina (4,7%), ecstasy(1,2%). Ma la dipendenza colpisce eaffligge anche all’interno delle muracarcerarie, ed è questo un datoallarmante che deve fare seriamenteriflettere: in Italia circa il 60% deidetenuti fa uso di droghe, il 33%cannabis, il 40% cocaina e circa il 5%anfetamine. Lo scambio di Buone Pratiche inambito Sanitario Penitenziario è statoun altro dei temi dibattuti, nel qualesono emersi dati che riportano unarealtà europea penitenziariaallarmante: la popolazione europea

Roberto MartinelliCapo Redattore

Segretario GeneraleAggiunto del Sappe

[email protected]

PoliziaPenitenziaria

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La sanità in carcere nel Congresso Simspe

il commento

Nella foto:il Prof. Babudieri

(a sinistra) e ilProf. Lucanìa

che è transitata durante un anno incarcere si aggira intorno a 6 milioni. Molto spesso per reati legati alledroghe le cause principali delladetenzione in carcere, ma laproblematica non si ferma all’esternodelle mura penitenziarie e colpisceanche il loro interno. Oggi c’è ancora una elevatapercentuale di persone che muore dioverdose nelle prime settimanesuccessive all’uscita dal carcere, oltrea persone che nel primo annorientrano in carcere perché compiononuovamente dei reati. «Lasciare a se stessi questi pazienti– ha sottolineato il Prof. RobertoMonarca, Presidente SIMSPe-onlus-espone loro stessi a elevati rischi perla loro salute e la società stessa perla recidività dei reati. Studiamericani confermano che neiprimi 5 anni dalla liberazione, circa

il 75% rientra in carcere; il 43% solonel primo anno. In Italia nonabbiamo percentuali così elevate,ma nel primo anno siamocomunque intorno al 30%. Questisono dati che vengono dalDipartimento dell’AmministrazionePenitenziaria, dove esiste unacapacità di monitoraggio di questesituazioni molto precisa».Fanno riflettere anche le conclusionidella ricerca sui comportamentisessuali: il sesso rappresenta infattil’argomento maggiormente ignoratoall’interno del carcere, al punto che adoggi esistono scarsissimi studi inmerito. Dai dati rilevati si evince che il6% del campione dichiara che incarcere hanno una attività sessuale: il100% di loro affermano che ciò

avviene mediante rapporti sessuali conpersone dello stesso sesso. Il 78,2%delle donne detenute affermano che,complessivamente, non ritengono diriuscire a soddisfare i propri bisognisessuali in carcere (Perugia-Capanne100% vs Roma-Rebibbia66,7%). Parlando di malattie infettivein carcere, i dati rilevati sullepatologie infettive a livellointernazionale indicano che l’HIV,l’HCV e le malattie a trasmissionesessuale sono più frequenti neidetenuti rispetto alla popolazionegenerale. In Italia, la prevalenza delvirus dell’HIV all’interno delle muracarcerarie è circa dieci volte maggiorerispetto al mondo dei cittadini liberi(2,08% vs 0,20%), così comeall’interno delle mura carcerarie èstata rilevata una prevalenza dimalattie infettive di circa sei voltemaggiore rispetto alla popolazione

libera (6,64% vs 1,10%). Nellospecifico in uno studio condotto dalgruppo della Prof.ssa Rosaria Alvaro edel Prof. Giovanni Antonetti, è emersoche il 9,1% delle detenute sono affetteda epatite C, il 7,3% da epatite B, il3,6% da HIV, il 3,6% da Herpesgenitale, il 3,6% da HPV e l’1,8% daCandida. A questo si aggiunga, come già detto,che almeno una patologia è presentenel 60-80% dei detenuti, tra malattieinfettive (48% dei presenti), disturbipsichiatrici (32%), malattieosteoarticolari (17%), quellecardiovascolari (16%), problemimetabolici (11%) e dermatologici(10%).Questi dati devono fare comprenderecome sia assolutamente necessario

PoliziaPenitenziarian.229giugno2015

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Nelle foto:a sinistraancora il Prof. Babudierie il Prof. Monarca(a destra)

sopra l’immagine delCongresso SimspeL’Agorà Penitenziaria2015

garantire, da partedell’Amministrazione Penitenziaria,costanti e continue pratiche di tutelaigienico-sanitaria per la salute deglioperatori di Polizia Penitenziariaimpiegati in servizi di controllo esicurezza nelle sezioni detentivi, nelletraduzioni, nei piantonamenti ed intutte le attività in cui vi sia il possibilee probabile contatto nonché percorsidi formazione e aggiornamentoprofessionale sul primo soccorso.Perché, come ha ricordato conestrema chiarezza il Prof. Babudieri,«Bisogna ricordare che il pazientedetenuto di oggi, è il cittadino liberodi domani Tutte le informazioni ditipo scientifico ed epidemiologico,sia in Italia che all’estero, indicanosempre lo stesso punto, ossia che incarcere si concentrano persone chehanno comportamenti di vita chesono a rischio dell’acquisizione di

una serie di malattie non soloinfettive, ma anche di tipometabolico, come ad esempioobesità, fumo, alcolismo; da ciò sievince evidentemente che il carcereè un ambito in cui la sanitàpubblica può più facilmenteintercettare persone che, una voltainvece diluite nella popolazionegenerale, è più difficile incontrare,anche perché per il loro stile di vitaspesso non hanno il bene salute neiprimi posti della loro scala deivalori».E questo passa attraverso adeguatetutele e garanzie verso coloro chestanno a contatto quotidiano con idetenuti, a cominciare proprio dagliappartenenti al Corpo di PoliziaPenitenziaria.

il commento

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11 giugno 2015, presso lasala della Protomoteca, inCampidoglio, si è svolto il

convegno dal tema Unificazione orazionalizzazione delle Forze diPolizia: Prospettive per il Corpo diPolizia Penitenziaria.Il convegno è stato organizzato dalSAPPe e dall’ANFU, al fine di dareimpulso ad un tema attualmentedibattuto, quello, cioè, dellaunificazione e/o razionalizzazionedelle Forze di polizia, con particolareriferimento al Corpo della PoliziaPenitenziaria che, rispetto agli altriCorpi di polizia ad ordinamento civile,ha dei disallineamenti, riferibili ai

ruoli sovrintendenti, ispettori ecommissari. E’ quindi auspicabile – come hasottolineato anche il capo delDipartimento Santi Consolo nel suointervento – che prima di procedere aqualsiasi riforma si provveda ariallineare tali ruoli a quelli dellaPolizia di Stato e del Corpo Forestaledello Stato. Quest’ultimo merita un discorso aparte, considerato che si staprocedendo per legge al suoassorbimento in un’altra forza dipolizia che dovrebbe essere la Poliziadi Stato, anche se qualcuno sostiene,con argomentazioni peraltro

Nelle foto: il tavolo della

Presidenza delConvegno e la

platea

PoliziaPenitenziaria

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Convegno del Sappe aRoma sull’unificazionedelle Forze di Polizia

l’osservatorio

Giovanni BattistaDurante

Redazione PoliticaSegretario GeneraleAggiunto del Sappe [email protected]

L’

condivisibili, che l’organizzazioneterritoriale del Corpo Forestale delloStato è più simile a quella deiCarabinieri. Esiste, però, un problemainsormontabile rispetto adun’eventuale transito nei Carabinieriche è dettato dall’ordinamentomilitare di questi ultimi. Non è certo possibile militarizzare laForestale per farla transitare neiCarabinieri, è sicuramente più facilegestire la loro attuale organizzazionenell’ambito del Dipartimento diPubblica Sicurezza. La discussione si è sviluppata sullelinee guida tracciate dalla relazione

del segretario generale DonatoCapece.Non posso non fare riferimento ailavori della Commissione presiedutadal Dott. Nicola Gratteri – ha dettoCapece - tesa a riformare alcuniaspetti chiave della macchinagiudiziaria. Per quanto riguarda la PoliziaPenitenziaria l’idea sarebbe quella ditrasformarla in un modello di “poliziadella giustizia”: agli agentidovrebbero essere attribuiti compiti diprimo piano a differenza dellasituazione attuale che li vede confinatinella sola funzione di custodia deidetenuti.

Nelle foto: alcune fasi delConvegno

PoliziaPenitenziarian.229giugno2015

9l’osservatorio

L’obiettivo sarebbe quello di creare, aldi là del nome, una forza di poliziapresente anche sul territorio,arricchendola di nuove competenze:eseguire gli ordini di arresto per gliimputati con condanne definitive,ricercare latitanti, controllare gliarrestati domiciliari e i soggettisottoposti alle misure alternative,

proteggere i collaboratori di giustizia,i tribunali e i magistrati e, più ingenerale, gli obiettivi ritenuti sensibili.I nuclei operativi del servizio diprotezione dei “pentiti” potrebberosubire modifiche e gli agenti incaricatidi questa missione transiterebberosotto un’unica polizia, quella dellagiustizia.Luca Pasqualoni, segretario dell’ANFU- Associazione Nazionale FunzionariPolizia Penitenziaria - in linea conquanto espresso da tutti i relatori, haevidenziato come l’idea originaria diuna unificazione delle Forze di Polizia,seppur predicabile in astratto, stialasciando il posto a più ragionevoli econcrete forme di revisione,razionalizzazione, modernizzazione edomogeneizzazione delle funzioni dipolizia, soprattutto di caratterestrumentale, attraverso l’eliminazionedi sovrapposizioni, di duplicazioni e disuperfetazioni di competenze a cui siaccompagnerà il riordino dellefunzioni di polizia in materia di tuteladell’ambiente, del territorio e delmare, con la possibilità anche di unassorbimento del Corpo Forestaledello Stato nella Polizia di Stato. Il segretario dell’ANFU ha ancheevidenziato la necessità di procedereal più presto al riallineamento deifunzionari della Polizia Penitenziariacon quelli della Polizia di Stato e del

Corpo Forestale dello Stato.Il Capo del Dipartimento, SantiConsolo, ha anche sottolineato comela Polizia Penitenziaria sia una poliziaspecialistica che non può e non deveassumere compiti che non sonopropri, in quanto contrasterebberocon norme europee. Molto apprezzato l’intervento del

dottor Sebastiano Ardita, Procuratoreaggiunto alla Procura della Repubblicapresso il tribunale di Messina,componente della commissionepresieduta da Nicola Gratteri, per lariforma della giustizia e del sistemapenitenziario, che è intervenuto alconvegno, in qualità di relatore,portando il suo autorevole contributodi esperto, sia del sistema processualepenale, sia dell’Amministrazionepenitenziaria, dove ha lavorato perdieci anni, come Direttore Generaledei Detenuti e del Trattamento. Il dottor Ardita ha dapprimasottolineato come sia necessariorivedere l’impianto generale delprocesso penale italiano, in parteispirato al sistema americano, delquale, però, non ne condividiamo lacultura e l’impostazione ideologica. Il Procuratore Ardita ha sottolineatol’importanza dell’istituzione del ruolodirettivo ed ha auspicato un gradualepassaggio dall’attuale dirigenzapenitenziaria a quella dei dirigentidella Polizia Penitenziaria. L’auspicio di Sebastiano Ardita è ancheil nostro, considerato che sono ormaimaturi i tempi perché la PoliziaPenitenziaria possa assurgere ad unruolo guida all’internodell’amministrazione penitenziaria.Infatti, non esiste più alcun gapculturale tra i dirigenti

Nella foto: la consegnadelle targhe ai Segretari

della Consulta Sicurezza

PoliziaPenitenziaria

n.229giugno2015

10 l’osservatoriodell’amministrazione penitenziaria ed ivertici della Polizia Penitenziaria. Ogni dissenso rispetto ad un’ipotesi diquesto tipo non potrebbe che avereesclusivamente connotazioni dicarattere ideologico. Certo! Chi ha l’ardire di nominareAdriano Sofri in un comitato di espertiincaricato di predisporre le linee diazione per lo svolgimento dellaconsultazione pubblica sullaesecuzione della pena denominata“Stati generali sulla esecuzionepenale”, senza neanche porsi ilproblema se sia opportuno o menoinserire anche qualche dirigentedell’amministrazione penitenziaria equalche appartenente al Corpo dellaPolizia Penitenziaria, non sarebbe maid’accordo su un’ipotesi che prevedagli attuali vertici della PoliziaPenitenziaria a capo delle carceri edegli altri servizi dell’amministrazionepenitenziaria, ma come dicevamopoc’anzi si tratterebbe solo diposizioni ideologiche e prive di ogniargomentazione logica. Al convegno è intervenuto il VicePresidente del Senato MaurizioGasparri che ha sottolineatol’importanza della razionalizzazione edella riorganizzazione dei compiti edelle funzioni delle Forze di polizia,piuttosto che dell’unificazione. Bisogna senz’altro evitare duplicazionidi compiti e di funzioni, senzaricorrere ad assorbimenti e transitiche creerebbero solo problemi. Al convegno sono intervenuti anche glialtri tre componenti della Consultasicurezza: Gianni Tonelli, segretariogenerale del SAP, Marco Moroni,segretario generale del SAPAF eAntonio Brizzi, segretario generale delCONAPO.H

Nella foto a destra :

il CommissarioDurante

con il dott. Ardita

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La misuraè ormai

colma

salute e sicurezza sul lavoroincredibile ancora oggi dovercostatare che negli istituti di penain Italia, si verificano incendi più

o meno propagati, che comportano seridanni al personale con ricoveri inospedale per intossicazione dei fumi, oaddirittura ricoveri in cameraiperbarica.Eppure col D.lgs 626/94, poi sostituitodal D.lgs 81/08 integrato dal 106/09, ildatore di lavoro è obbligato a porre inessere specifiche misure preventive(DVR), al fine di limitare questi eventi.In particolare gli artt. 45 e 46 deldecreto legislativo, prevedono che uncongruo numero di personale sia“formato” come addetto ASA (Addetti alServizio Antincendio) e un numeroaltrettanto congruo, sia “formato” perquanto riguarda il primo soccorso.Nei numerosi sopralluoghi che abbiamoeffettuato negli istituti, ci risulta inveceche il personale è formato poco e malee che le direzioni non hanno messo adisposizione, o lo hanno fatto solo inparte, quei DPI che permettono disalvaguardare le vie respiratorie in casodi incendio. Parliamo in questo caso dimaschere con filtro polivalente antifumoed eventuali autorespiratori a circuitoaperto (aria compressa respirabile).E queste omissioni persistonononostante numerose specifichecircolari Ministeriali, del DAP e deiPrap, ingiungano ai direttori diacquistare detto materiale, che reputosalva vita e prioritario a prescinderedalle priorità di spesa. Peraltro, cigiunge notizia che parecchiautorespiratori sono depositati inmagazzino, per mancanza dimanutenzione della ditta specializzata acausa di mancanza di fondi.A mio avviso, a parte le disposizioninormative, andrebbe messo adisposizione del personale anche unDPC (Dispositivo di ProtezioneCollettivo), che a differenza dellamaschera antifumo è molto più efficace,poiché l’aria respirata dalla bombola insovrappressione, non permetteall’agente chimico di penetrare nellamaschera. Grave anche l’annosoproblema che riguarda gli estintoriubicati nell’istituto laddove, a causa dicavilli burocratici, ci si limita ad unamanutenzione semestrale, o addiritturaannuale, creando non pochi problemi

alla loro efficienza rischiando di nonavere sempre a disposizione estintoriefficaci. Pensate che se, dopo ilcontrollo semestrale, alcuni estintori sidovessero scaricare per essere statiadoperati in un principio incendio, oper difetto della valvola, secondol’amministrazione si deve di nuovo fareuna gara d’appalto!!!

Per quanto riguarda il primo soccorso,è vero che in tutti gli istituti operano leAziende Sanitarie Locali, ma èaltrettanto vero che queste non copronodi certo la turnazione di 24 ore algiorno. E le squadre di soccorso nonhanno a disposizione quei DPI per farfronte a un eventuale intervento su diuna vittima a terra, sia un detenuto oun agente o un eventuale avventore.Come vedete purtroppo, la burocrazia,lenta e inefficiente, dell’amministrazionenon fa che aumentare il rischio di eventicome incendi, infortuni, ecc. ecc.Forse pochi direttori ricordano chel’art. 2087 del codice civile obbliga ildatore di lavoro a salvaguardarel’integrità, sia fisica che morale, deidipendenti e che l’art. 15 del D.lgs81/08 elenca dettagliatamente tuttaun’altra serie di obblighi del datore dilavoro. Purtroppo, nemmeno per gliinfortuni dei lavoratori sui luoghi dilavoro ci si discosta molto da quantodetto prima. Le statistiche dell’INAIL e iregistri interni dell’amministrazioneconfermano che i dati in tal senso sonomolto preoccupanti.Dispiace dire che questo accade,soprattutto , oltre per la mancanza diinformazione e formazione (art. 36 e37 del D.lgs 81/08) anche per lamancanza di idonei DPI, sebbene il DPR2001 e numerose direttive dellaComunità Europea diano precise

indicazioni di protezione individuale.L’amministrazione, invece, sulla pelledei lavoratori cerca di acquistare alribasso detto materiale nelle gared’appalto tramite CONSIP nonostante inregime di valutazione dell’acquisto siaprevista almeno una via di mezzo, inaltre parole non alto ma neppure basso.Ad esempio, mi risulta chel’amministrazione ha comprato scarpe“antinfortunistiche” che noncorrispondono ai requisiti previsti inalcuni settori a rischio specifico.Mi domando, in questi casi, l’organo divigilanza VISAG, in merito allecontroversie in materia di sicurezza eigiene sul lavoro, che fa?Le verifiche e le osservazioni fatte dalleOO.SS. dal 1999 fino a oggi cosa hannoprodotto?Noi vorremmo che certi episodi, comeil tragico evento del Pertini, le malattieprofessionali, gli infortuni permanenti,non accadessero più o, quantomeno, siriducesse il più possibile.Tutto questo sarebbe possibile solo sel’amministrazione stanziasse più fondianziché tagliarli per la sicurezza sullavoro. I lavoratori sono un beneprezioso che va salvaguardatosoprattutto dalla negligenza,dall’imperizia e dalla scarsa sensibilitàdella materia. Ringraziando i lettori,rimando al prossimo numero ulteriorinotizie in merito.

è

H

Valter PierozziDirigente Sappe Esperto di salutee sicurezza sul [email protected]

li atti di bullismo minorile,specialmente quelli in ambitoscolastico, costituiscono un

serio allarme sociale che coinvolgetantissime famiglie preoccupate per laserenità e l’equilibrio psicologico deiloro figli, che ne sono le vittime.Certamente siffatti deprecabilicomportamenti si sono sempreverificati per il passato, ma ciò che lirende particolarmente odiosi,attualmente, destando una giustificata egrave inquietudine nella collettività, èl'odiosa prassi attuata sovente daiminori bulli di riprendere, con i lorocellulari, le turpi scene in cuiinfieriscono sulla vittima designata, edi diffonderle per via informatica,circostanza questa che moltiplica iconsiderevoli danni morali subiti dallamedesima, spesso irrisa ingiustamenteda una platea globale di persone che“navigano” su internet (cosiddetti“internauti”), fenomeno che,ovviamente, non esisteva fino ad unaventina circa di anni fa, non essendosiancora diffuso capillarmente l’usodella rete informatica . Se il fenomeno coinvolge, in largaparte, il costume e l’educazione deicomportamenti, in quanto allo statoattuale non esiste formalmente nelcodice penale una tipologia di reatodenominata specificatamente bullismo,esso sconfina, però, prepotentemente,nel campo criminologico qualesostanziale contenuto del reato di cuiall'art. 612 bis cod. pen. intitolato“atti persecutori” (il cosiddettostalking ), oltre ad entrare nellaconfigurazione di altre fattispecietipiche di delitti quali le lesioni, ilfurto, la rapina, il sequestro dipersona e la violenza sessuale, chepossono essere un derivato delbullismo, concorrendo con il reatoprecitato di atti persecutori.L’art. 612 bis cod. pen. recita : “Salvoche il fatto costituisca più gravereato, è punito con la reclusione dasei mesi a quattro anni chiunque,con condotte reiterate, minaccia o

G molesta taluno in modo dacagionare un perdurante e gravestato di ansia o di paura ovveroingenerare un fondato timore perl’incolumità propria o di unprossimo congiunto o di persona almedesimo legata da relazioneaffettiva ovvero da costringere lostesso ad alterare le proprieabitudini di vita”.Questa fattispecie penale - che è notaalla maggior parte del pubblico peressere applicata alle continuemolestie telefoniche e agliappostamenti sotto casa del soggettoche non s’acquieta alla separazionedalla persona amata, cercandone unaimpossibile riconquista - si verifica,spesso, con la reiterazione diprovocazioni moleste e minacce neiconfronti di vittime fragili e indifese,che bulli minori orgogliosi di una loropresunta superiorità - che in realtà èuna rozza e turpe voglia di prevaricareviolentemente i più deboli - spingonoa gravi stati di ansia e di paura,costringendoli a forme di isolamentoe depressione che, talora , possonogiungere fino al suicidio, come sirileva dalle inquietanti notizie diffusedai mass media. La personalità dei minori checommettono atti di bullismo si riportaa due tipologie psicologiche, quelladei “coatti” ( e cioè coloro che sonoorgogliosi della loro rozzezza e che siidentificano con soprannomi “dibattaglia”, un particolare vistosoabbigliamento e, talora, tatuaggi diffusiampiamente sul corpo ) e l’altra dei“ribelli” (i trasgressivi perantonomasia, che esprimono ungeneralizzato malessere esistenzialeche li conduce a rifiutareviolentemente le regole sociali delmondo degli adulti).Essi - da una ricerca svolta dalProvveditorato agli Studi di Roma nel2000 (di cui fece parte anche l'autoredi questo articolo, pubblicatadall'editore Franco Angeli nel 2001,col titolo “La legalità imperfetta”, a

cura di Luigi Barone), in cui venivasomministrato un questionario a 2040studenti fra gli 11 e 19 anni diquaranta scuole di Roma e provinciarappresentanti un campione conestrazione casuale - venivanoquantificati in una percentuale assaisignificativa fra gli studenti, pari al 14,7 % (di cui i coatti erano il 2,5% ,mentre i ribelli costituivano il 12,2 delcampione statistico in oggetto). Ciò significa, qualora si volessericonoscere la validità dei predettirisultati campionari estesi all'interosistema scolastico nazionale, che inuna classe tipo, che è frequentata dai25 ai 30 alunni, vi sono dai due ai treelementi, in media, con tendenze diprevaricazione sugli altri e quindi concaratteristiche tipiche proprie delbullo, un dato che è sicuramente assaiallarmante!!!!L'allarme poi si incrementaulteriormente quando si leggono i datidesunti dal CENSIS nella “Primaindagine nazionale sul bullismo” del2008 secondo cui : “Altissima, e parial 49,9% del totale, risulta la quotadi famiglie che segnala il verificarsidi prepotenze di diverso tipo(verbale, fisico, psicologico )all'interno delle classi frequentatedai propri figli, con una diffusioneche risulta elevata in tutti gli ordinidi scuola, e particolarmente nellascuola secondaria inferiore doveraggiunge il 59,0 % delle classi.La frequenza delle segnalazioni èinvece la stessa nelle quattro ariegeografiche maggiori ( si va da unmassimo del 50,8% al Nord ovest, adun minimo del 48,3% al Nord est ) enei diversi centri abitati, con unaleggera flessione nelle aree urbane didimensioni medio-grandi ( nellecittà fra i 100 e i 250.000 abitanti lefamiglie che segnalano sono il 43,7del totale)... Analizzando i dati conmaggiore profondità, si ha che incirca un quarto delle scuoleelementari si verificano offeseripetute; nel 19,1% botte, pugni ecalci; nel 19,6% isolamento. Alle scuole medie le percentualiaumentano: il 43,3% dei genitoririferisce offese ai danni di unostesso alunno; il 31,3 di botte, pugnie/o scherzi pesanti; il 27,3 di furti di

Roberto Thomasgià Magistrato

minorile, docente dicriminologia

presso l’Università di Roma

la [email protected]

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Il bullismo minorilecriminologia

oggetti personali. Alle scuolesuperiori si verificano isolamento(25,3% dei casi ) e scherzi pesanti(24,3 %). Infine il ciberbullismo èpraticamente assente nelle scuoleelementari, mentre coinvolge il 7%delle classi della media inferiore e il6,1% di quelle della mediasuperiore...”Il bullo scolastico è generalmenteconnotato per la presenza nel suocurriculum studentesco di una grandeignoranza delle materie di studio, nontanto per carenze intrinseche diritardo cognitivo , quanto per unaconclamata mancanza di voglia distudiare, che lo rende spesso ripetenteper plurime bocciature, che vantacome esempio di intelligenzasuperiore rispetto agli altri compagni ,dichiarando di “divertirsi”, mentreloro, poverini, stanno a “sgobbare”sui libri .Dal che ne consegue che essendo piùgrande dei suoi compagni è,conseguentemente, fisicamente piùsviluppato, in genere, per forza edaltezza, soprattutto nelle scuole medieinferiori, dove utilizzando la suamaggiore prestanza fisica, spessoimpone con la violenza una forma dirispetto autoritativo sugli altri scolari edi spregio verso gli insegnanti.Assolutamente trasgressivo in famiglia,rifiutando il concetto stesso di regolada rispettare, non riconosce altraautorità che un suo astratto potere dilibertà che si estrinseca, in genere,nel disturbare (nella fase iniziale piùblanda), e poi, successivamente, nelcommettere violenza, spesso gratuita(sicuramente non ideologica, inquanto generalmente slegata da ideepolitiche di qualsiasi tipo), contro iparenti conviventi, turbandone laserenità, nonché nei riguardi deglistudenti e dei professori della suascuola (quando raramente vi sipresenta, stanco di bighellonare nelquartiere in cui abita, frequentandodei conoscenti consimili, che usanomarinare la scuola e fumare spinelli).Quasi completamente anaffettivoconsiderando, sovente, il legamesentimentale quale una debolezza daevitare per non perdere la patina di“duro” che si è costruita peraffermare il suo potere sugli altri,

possiede un alto senso di autostimache è una forma che spesso nascondeuna profonda insicurezza, basata sullanegazione immotivata di qualsiasiminimo senso di responsabilità.Geneticamente il bullo vive sovente inun ambiente familiare in cui i suoigenitori, per un disagio psicologico,sociale o economico, tendono atrascurarlo più che ad educarlo, nonessendo essi stessi capaci di farlo per imotivi sopraddetti.In pratica la carenza educativa daparte dei genitori, soprattutto neiprimi sei anni di vita del loro figlio,determina un basso livello diautocontrollo del minore che siriverbera successivamente sui loroatteggiamenti di natura deviante, inparticolare di quelli di bullismo,durante l'adolescenza.Ciò è in linea con la spiegazione delladevianza , fornita data da Gottfredsoned Hirschi (in “A general theory ofcrime”, Stanford University Press,1990 ) e che viene denominataappunto “teoria del bassoautocontrollo” o anche “teoria dellegame sociale”.Invero i predetti autori rilevano comela carente socializzazione dei minori,soprattutto nei primi anni della lorovita, dovuta a delle scarse competenzegenitoriali, possa determinare unlivello debole di autocontrollo, nonintroiettandosi negli stessi i valori piùriconosciuti del “legame sociale” cheunisce gli individui alla loro collettivitàdi riferimento, determinandoneconseguentemente la probabilità dimettere in atto comportamenti deviantio criminali. Normalmente frequentatore dipalestre, per conservare la sua vigoriafisica, e dei bar di zona ( i cosiddetti“baretti” ), dove “discutere” dellasquadra di calcio del cuore e dimotori, vanta una approfondita(spesso fasulla!) conoscenza della vitaspericolata (come ricorda il titolo diuna famosa canzone di Vasco Rossi),che è, in realtà, un vuoto sipariettodelle sue deprecabili gesta.Usa saltuariamente la droga leggera,ma, assai raramente, è un drogatocronico che perde contatto con larealtà che deve essere utilizzatasempre, in maniera “ lucida”, per

esibire la sua “bravura” nelloscegliere attentamente la vittimadesignata, connotata, generalmente,per la sua fragilità, salvo a modificareil suo obbiettivo, se dovesse accorgersiche la predetta metta in mostra dellecapacità, assolutamente inaspettate , dicontrastarlo.In questo senso costituisce la verafigura del vigliacco, approfittatoredella debolezza altrui.

Il bullo tradizionale si è“modernizzato” nel senso diutilizzare il computer come mezzo ditrasmissione in rete dei filmati, ripresicon il telefonino, delle sue turpibravate, come già ricordato inprecedenza, per dimostrare , se cefosse bisogno, la sua naturaestremamente esibizionistica. Infatti lavera gratificazione per lui consistenell’ottenere una visibilità informaticaglobale, per avere, attraverso i socialnetwork, l’approvazione dei suoifrequentatori e gonfiare ulteriormenteil proprio senso di autostima nel poterpensare “quanto bravo sono statoio”, “sono sicuramente il migliore”e così via .Invero la sua condotta trasgressivaserve per affermare nel web di avere,come biglietto da visita , un’ottima“reputazione” , rendendo di pubblicodominio la sua azione, quasi fosseconnotata da un “manto regale” .Nel suo distorto pensiero, invero, ilcomportamento da bullo gli offrequasi una patente snobistica di“nobiltà” nei confronti dei tantiestimatori (forse anche ipocritamenteadulatori) che trova nella reteinformatica, e che costituiscono deiveri conniventi della sua turpe azione,diventando, pertanto, essi stessi deibulli “indiretti” che servono come

Nella foto: l’azione violenta vieneripresa col telefonino

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14 criminologiaamplificatori delle sue gestascellerate.Prende in giro (in una prima fase) isuoi conoscenti (studenti o meno )per indagare meglio sui loro “limiti”in cui sono praticamente indifesi, perpoi iniziare una vera e propriagraduale attività di bullismo dagli“sfottò” scanzonati, alle paroleingiuriose che colpiscono spesso unacaratteristica fragile o comunquediscriminante della vittima (adesempio, “negro di merda”, “troiache la dà a tutti”, ecc. ), passandoprogressivamente dalle minaccesemplici (come, “ti rompo il culo”,“ti ammazzo” ecc.), alle tentateestorsioni minacciose (ad esempio,“ti ammazzo se non mi dai i soldiche tieni in tasca”), che spessodiventano consumate con la consegnadel denaro da parte della vittima, ealle estorsioni violente chedegenerano sovente in vere e proprierapine (come accade quando sicolpisca con pugni il malcapitato e cisi impossessi del suo cellulare), conle conseguenti lesioni personali, finoa giungere al sequestro di persona(ad esempio, costringendo, conviolenza, la vittima a restare chiusoin un bagno durante la ricreazionescolastica, o in una stanza di unappartamento, durante una festa), ealla violenza sessuale, alle volteripetuta in più occasioni, di unapersona bloccata dal terrore e a cuiviene intimato di non fiatare connessuno circa l’accaduto.Vi è in genere, pertanto, unaprogressiva escalation nella gravitàdei comportamenti di bullismo chevengono per così dire fortificatidall’assenza di una qualsivogliareazione da parte di una vittimaintimidita e sempre più chiusa in sestessa, senza alcuna possibilità didifesa, che non sia quella diabbandonarsi inerme nelle mani delbullo, il suo carnefice. Come si vede non esiste unaparticolare tipicità degli atti dibullismo, che sono pertanto sussunti,come si è visto, in varie situazionicriminologiche di rilevanza penale,tranne quella più onnicomprensiva(e penalmente più blanda) dellaviolazione già ricordata ex art. 612

bis cod. pen. e cioè gli “attipersecutori”. Ed è proprio da taledefinizione che si può desumere ilcollante, la finalità unica a cui tuttiessi rispondono nella mentedepravata del bullo minore, cioè lavolontà persecutoria nei confrontidella vittima, il volere prevaricarla,imponendo il proprio turpe “potere”,per tenerla imprigionata nell’ansia enel terrore dell’attesa della ripetitivitàdella crudele azione, molte voltesenza scampo, perché il bullo, comesi è visto, impone con la violenza allavittima la sua legge del silenzio versotutti (in particolare delle continuesofferenze che le imponecrudelmente).Le caratteristiche sopra descritte sonoproprie di un bullo minore che agisceda solo ma, nella realtà, il bullismo,soprattutto quello scolastico, puòcoinvolgere anche un gruppo diragazzi, appartenenti alla stessaclasse, che trova una propria identità- beninteso negativa - nellapersecuzione di un solo compagnoconsiderato “diverso“, e quindi daaffliggere quotidianamente conderisioni, vessazioni e violenzepsichiche e fisiche . Invero, quando avvienel’aggregazione fra più minori con iparticolari requisiti di personalitàpropri di un bullo, sotto un profilocriminologico più corretto, sidovrebbe parlare di baby gang dicriminalità persecutoria, in cui vi è lafigura di un leader che ispira le varieazioni delittuose con finalità dibullismo.Alle volte, siffatte baby gang criminali,commettono delitti anche gravi (qualirapine, estorsioni, violenze sessuali),non tanto allo scopo di godere quelloche normalmente non si possiede (ildenaro o un sincero amore con unacoetanea), quanto per un vuoto sensodi onnipotenza, derivato da gravicarenze affettive che i lorocomponenti si sono trascinati durantela loro infanzia (quali, ad esempio, lamancanza di un vero affetto familiare,per la rottura traumatica dell’unitàdella coppia genitoriale, ovvero unabuso sessuale subito in ambitoparentale), in un clima sociale dicontraddizioni manifeste, che non

propongono ai giovani delle condivise estabili offerte di validi valori diriferimento (quali in passato, per legenerazioni dell'immediato dopoguerra,si racchiudevano nella triade un pòenfatica di Dio, Patria e Famiglia) chenon siano quelli della mera apparenza-visibilità presso il maggior numero dipersone possibile: una esterioritàcangiante di continuo a secondo dellesituazioni temporali e locali che è statadefinita giustamente “liquida” dalsociologo Z. Bauman nel suo libro“Liquid Modernity”, trad. it., Laterza,2002Una forma particolare di bullismoestremamente inquietante è quellocibernetico, che si esplica attraverso larete telematica, e costituisce unfenomeno propagatosi a macchia d’olionegli ultimi anni, in corrispondenza conl’estensione del possesso e dell’uso dimezzi informatici (p.c., tablet ecc. ) daparte dei minori della cosiddettagenerazione digitale, che a me piacedefinire “ciatto-web-formata” dalcomputer che costituisce il loro “ciatto-formatore”, per il loro modo dicolloquiare liberamente, tramite la reteweb e i suoi social network, ricevendo einviando informazioni di natura edestensione globale . Attualmente i minori incominciano adusare il mezzo elettronico - che vedono usare in casa dai loro genitori fin dallanascita - a cominciare dal secondo annodi vita, per misurarsi con i videogiochiattraverso il tablet . Poi, con l’inizio dell’età scolare, di paripasso con l'apprendimento, siavventurano con maggiore sicurezza neimeandri, talora infidi, del mondovirtuale, diventando sempre più espertinell’uso del computer, sovente al difuori di ogni possibile controllo dei loroparenti . Il video gioco diventa meno attraente egià verso i dieci anni iniziano a utilizzarei social network per comunicare con glialtri, “ciattando” sempre più coninterlocutori anonimi, talora pedofilisotto mentite spoglia, con gravissimi edevidenti rischi, oppure attivando azionidi cyberbullismo sovente contro icompagni di scuola.Il cyberbullo si distingue dal bullotradizionale per due fondamentalimotivi.

Il primo è costituito dal fatto che ilcyberbullo attua esclusivamente le suedeprecabili azioni non in un contestodi realtà quotidiana, come facevaquello tradizionale, ma virtualmente,ciattando al computer nella suaabitazione. Per lui l’invenzione del computer èstata una vera e propria manna scesadal cielo !Perché utilizzare i tradizionali metodi,evidenziati in precedenza, cheponevano il bullo ad un contattovisuale e materiale diretto con lavittima designata, quando ilnarcisismo spinto al massimo delproprio ego può meglio realizzarsicon la “platea globale” della rete dacui ci si aspetta condivisione edentusiastiche approvazioni, senzametterci la faccia, standosenecomodamente seduto a casa? Tanto è vero ciò che il bullo,approfittando della globalità della rete,può assumere come bersaglio ancheuna vittima da lui non conosciuta nellarealtà; l'importanza principale per lui,invero, è esibire semplicemente le suedoti bullistiche, a prescindere da chicolpire, pensando: “nulla dipersonale, è solo un gioco d'abilità”,perverso, aggiungo io . La seconda differenza è relativa al fattoche il cyberbullo non devenecessariamente appartenere allatipologia psicologica del “coatto” odel “ribelle” già citate. Invero eglipuò essere anche un soggettocosiddetto normale, che nella realtànon compirebbe mai azionipersecutorie verso altri individui, maapprofittando dell'anonimatogarantito, sia pure in certi limiti,dall'uso del computer (cosiddettoeffetto di tecnomediazione), scatena ilsuo istinto represso del proibito,realizzando una trasgressione dannosarispetto ad altre personeassolutamente sconosciute.Il cyberbullo colpisce incessantementela povera vittima , mettendola “allaberlina” dei globali frequentatoridella rete, senza possibilità di alcunadifesa da parte di questa, soprattuttoqualora sia minore, che può avveniresolo con la fine di tale odiosofenomeno grazie ad una denuncia allaPolizia Postale fatta dai suoi genitori,

quando siano messi al corrente dalproprio figlio, ormai stremato dallacontinua persecuzione informatica. Infierire sulla vittima prescelta sempredi più è lo scopo precipuo delcyberbullo: con determinazionecontinua a battere sui lati deboli delsoggetto preso di mira , talora ablandirlo fingendosi amico di cuipotersi fidare e poi ...far scoprire inun colpo la sua vera fisionomia dicarnefice, approfittatore delledebolezze altrui.Si pensi al caso del minore che,avendo una relazione amorosa conuna coetanea, illudendola di amarla,riesce a convincerla di farsi fotografe ,attraverso skype, in pose discinte .Ottenuto il suo risultato, il“traditore” divulga in rete talifotogrammi, attuando il cosiddetto“sexting” e cagionando un gravissimodanno psicologico alla disgraziatavittima, tacciata, via etere, di essereuna puttana , una poco di buonoecc.ecc. La poverina, vorrebbenascondersi dalla vergogna, ma nonpuò più : il suo onore ha ormai subitoun marchio d’infamia difficilmentecancellabile, a differenza dei suoifotogrammi impudici, che sparirannodalla rete, per l’intervento dell’autorità(la già citata Polizia Postale ), solo sedenuncerà tali atti persecutori .Già perché il minore cyberbullocompie sempre, attraverso l’uso delweb e dei relativi social network, deiveri e propri atti persecutori, comesopra evidenziato, inquadrabili nel giàricordato reato previsto dall’art. 612bis cod. pen. Per questo alcuni autori, soprattutto inrelazione ad individui adulti,preferiscono usare la definizione dicyberstalking, intendendo una serieripetuta di comportamenti persecutorirealizzati attraverso l'uso del computere la loro diffusione in rete checagionano stati persistenti di pauranelle vittime. Così la precitata diffusione diimmagini “privatissime” , comeabbiamo visto, ovvero, in altre ipotesi,l’incalzare ripetuto di ingiurie eminacce le sue vittime attraverso ladiffusione della rete informatica,cagiona loro non solo lo stato d’ansia,richiesto dalla precitata norma penale,

Nella foto: un bulloin azione

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ma addirittura un vero e proprioterrore da cui, talora, esse non vedonopiù alcuna via di uscita, tanto daarrivare, caso che negli ultimi tempi siverifica, purtroppo, abbastanza difrequente, alla soluzione finale di una“liberazione totale”, suicidandosi.Alcuni anni fa, come pubblicoministero minorile di Roma, ebbil’avventura d’interrogare alcuniminori, studenti e figli di “buonafamiglia”, che erano indiziati di avercommesso il reato di “istigazione oaiuto al suicidio” (previsto nell’art.580 cod. pen. per il quale :

“Chiunque determina altri alsuicidio o rafforza l'altrui propositodi suicidio, ovvero ne agevola inqualsiasi modo l'esecuzione, èpunito,se il suicidio avviene, con lareclusione da cinque a dodici anni.Se il suicidio non avviene, è puntocon la reclusione da uno a cinqueanni, sempre che dal tentativo disuicidio derivi una lesionepersonale grave o gravissima.” )perché avevano più volte inviato delleemail ad un loro coetaneo, compagnodi classe, scrivendogli frasi del tipo“sei gay, lo sappiamo, è inutilenasconderlo”, “non vogliamo la tuacompagnia, insozzi la nostra classe”e altre simili .Quel povero ragazzo si era così sentitomortificato ed escluso dai suoicompagni, tanto da isolarsi sempre dipiù in uno stato depressivo chedissimulava all’interno della suafamiglia .Dopo alcune settimane di insulti deltipo indicato, inviati soltanto inmaniera informatica, mentre a scuolale ore scorrevano in un tacito silenzioreciproco, guardandosi bene i suoipersecutori dall’esporsi all’insidia di

un “intervento di controllo” degliinsegnanti, il quattordicennesospettato o semplicemente“canzonato” di essere omosessuale,si tolse la vita gettandosi dal balconedel suo appartamento del quartopiano, senza un urlo o una letterad’addio ai suoi.Durante il loro formale interrogatorioda parte mia, i persecutori del poverosuicida si difesero affermando che nonera stata assolutamente lorointenzione quello di spingere ilcompagno di scuola a quel gestoestremo, avendo voluto soltantoderiderlo per un puro scherzo, forsetroppo “invadente” .

Si dichiararono sconvolti dell’esitodella vicenda, per loro assolutamenteimprevedibile, e dimostrarono unforte senso di colpa per l’accaduto.Ovviamente vennero completamenteprosciolti dall’accusa di istigazione alsuicidio, non essendo stato possibiledimostrare un qualsiasi loro dolo,cioè la volontà di voler concretamenterealizzare tale istigazione comerichiesto dalla norma penalecontenuta nel citato art. 580 delcodice penale.A mio parere il verificarsi nei ragazzida me interrogati di questo passaggioda “carnefici” a minori estremamenteangosciati per un lutto assolutamentenon voluto e che stravolgeva le lorofinalità perversamente ludichecostituisce, forse, la chiave di voltapsicologica per comprendere a fondoil fenomeno del cyberbullismo.Invero il “fare” i bulli mediantel’informatica, digitando in casa, alsicuro da sguardi indiscreti, è unaforma di agire propria di minori chesenza rendersene ben conto sono inrealtà depressi, portandosi dietro vari“fallimenti” (quello familiare

derivante dalla separazione deigenitori, quello scolastico e così via ).Con il cyberbullismo tali adolescentis’illudono di trovare una “sicurezza”derivata dal “plauso” degli internautifrequentatori della rete informaticache condividono le loro gesta , spessodi grande malvagità, che hanno comevittime coetanei ancor più fragili diloro, che non sono in grado di reagiree difendersi, sempre in via telematica,rilanciando sui loro persecutori ilfango che inevitabilmente li investe.Infatti i cyberbulli - all’apparenza cosìsicuri e addirittura “strafottenti” neiloro comportamenti persecutori -sovente dissimulano una debolezzacaratteriale nel nascondersinell’anonimato del web, checostituisce per loro una reteprotettiva, differendo in tal modo daibulli tradizionali che, soprattutto ascuola, non si nascondevanocertamente quando, ad esempio,intonavano in coro la provocatoria eripetuta cantilena dello “scemo”: maquelli erano altri tempi ! Tempi in cuile generazioni minorili erano forgiatead una rigida disciplina familiare escolastica (improntata ai “tu devi"ubbidire, studiare e così via ) e quindipiù “forti” a sopportare leprovocazioni bullistiche, e talorapronti a “rintuzzarle” con consimilicomportamenti.Per contrastare il fenomeno ormaidilagante del bullismo on line , è statoapprovato a Roma l'8 dicembre 2014,presso il Ministero dello SviluppoEconomico, un Codice diautoregolamentazione per laprevenzione e il contrasto delcyberbullismo. In esso gli operatoridella rete che hanno aderitoall'iniziativa (in particolare Google eMicrosoft) si sono impegnati a“attivare appositi meccanismi disegnalazione di episodi dicyberbullismo (art.1)... che...devono essere adeguatamentevisibili all'interno della paginavisualizzata, semplici e diretti , inmodo da consentire lorol'immediata segnalazione disituazioni a rischio e di pericolo(art. 2) ...Gli aderenti s'impegnanoa rendere efficienti i meccanismi dirisposta alle segnalazioni (effettuati

Nella foto:atti di bullismo

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16 criminologiada personale opportunamentequalificato) azionati in termini ditempi di rimozione dei contenutilesivi per la vittima dicyberbullismo, non superiori alledue ore dall'avvenuta segnalazione, al fine di evitare che le azioni siripetano e/o si protraggano neltempo, amplificando gli effetti chela condotta del cyberbullo ha inRete sulla vittima (art. 3)...s'impegnano altresì asensibilizzare con campagne diformazione e d'informazionesull'uso consapevole della Rete...l'utenza Internet sulla possibilità,per chi pone in esserecomportamenti discriminatori edenigratori con l'intento di colpireo danneggiare l'immagine e /o lareputazione di un minore, di esserescoperto, e per le vittime sullaconcreta possibilità di difesaofferta dal presente Codice ( art. 4 )...la cui applicazione saràcontrollata periodicamente da unComitato di monitoraggio istituitopresso il Ministero dello SviluppoEconomico (art. 5 ) .Si deve inoltre rilevare che è statapresentata la proposta di legge n.1896 del 23 gennaio 2014(d'iniziativa dei deputati Campana edaltri ) che prevede l'introduzione diuno specifico delitto di bullismo(punito con la reclusione da sei mesia quattro anni ) per che compie attidi bullismo così specificati :“Art. 2 Sono atti di bullismo :a) i comportamenti reiterati che sitraducono in insulti offese,derisioni;b) le voci diffamatorie e le falseaccuse ;c) i piccoli furti, le minacce, laviolenza privata, le aggressioni ;d) le offese che hanno ad oggettol'orientamento sessuale, la razza, lalingua,la religione, l'opinionepolitica, le condizioni personali esociali della vittima;e) le lesioni personali volontarie eil danneggiamento delle cose altrui.Art. 3 Sono considerati atti dibullismo informatico :a) i messaggi on line violenti evolgari mirati a suscitare battaglieverbali in un forum;

b) la spedizione reiterati dimessaggi insultanti mirati a ferirela vittima;offendere qualcuno al finedi danneggiarlo gratuitamente e concattiveria via e-mail, messagisticaistantanea sui social network ;c) la sostituzione di persona al finedi spedire messaggi o pubblicaretesti reprensibili;d) la pubblicazione d' informazioniprivate o imbarazzanti su un'altrapersona;e) l'ottenimento della fiducia diqualcuno con l'inganno al fine dipubblicare o condividere con altri leinformazioni confidate via mezzielettronici ;f) l'esclusione deliberata di unapersona da gruppi on line al fine diprovocare un sentimento diemarginazione ;g ) le molestie e le denigrazioniminacciose mirate ad incuteretimore ;h) la registrazione con apparecchielettronici di video o di audio degliatti di bullismo di cui all'art. 2 e lapubblicazione degli stessi sui sitiinternet. I precitati testi normativi ( soprattuttola futura trasformazione in legge dellaprevisione del reato specifico dibullismo ) sono certamente utili per larepressione di un comportamento cosìdiffuso ed inquietante.Però bisogna valutare le possibilitàconcreta di una prevenzione di siffattideplorevoli atteggiamenti chedovrebbe far capo alla famiglia, allascuola e alle altre agenzie aggregativea sfondo educativo- culturale chedovrebbero far introiettare nei minoriuna serie di messaggi educativi positividi contrasto alle odiose prevaricazionidelle azioni proprie di un bullo. Purtroppo è nota la grave crisiidentitaria dell'ambiente familiare e diquello scolastico che riflette una loroincapacità di poter gestireadeguatamente tale grave problema.A tale deficit possono soccorrere inparte le numerose campagnepubbliche e private, anche tramiteinternet, promosse per combattere ladiffusione di un fenomeno di cosìgrave allarme sociale, svolte anche inun contesto generale di lotta alladevianza e alla criminalità minorile.

Nelle foto:sopral’immmaginedel Convegno

sottola dott.ssaAnnamariaPalma Guarnier

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giustizia minorile

Ciro BorrelliReferente Sappeper la Formazione e Scuole G. [email protected]

enerdì 19 giugno 2015, dalleore 9:30 alle ore 14:00, si ètenuto a Roma, presso la Sala

Polifunzionale della Presidenza delConsiglio dei Ministri, Via Santa Mariain Via 37, il Convegno conclusivo delprogetto “La famiglia di fronte alreato. Azioni sperimentali a supportodelle famiglie dei minori autori direato”. L’iniziativa progettuale è statarealizzata con il supporto finanziariodel Dipartimento per le Politiche dellafamiglia, della Presidenza del Consigliodei Ministri, grazie al secondo Accordodi Collaborazione siglato il 17dicembre 2013 con il Dipartimento perla Giustizia Minorile - Ufficio Studi eRicerche e Attività Internazionali.L’evento, a partire dalla focalizzazionedei punti forti della sperimentazione,disseminazione ed implementazionecondotta in questi anni all’interno delSistema della Giustizia Minorile, e nonsolo, nei vari territori quali: Ancona,Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso,Firenze, Genova, Lecce, L’Aquila,Milano, Napoli, Padova, Perugia,Potenza, Reggio Calabria, Roma,Sassari e Palermo, intende favorire iltrasferimento delle competenzeprofessionali acquisite dagli operatoridei servizi (70% appartenenti allaPolizia Penitenziaria), ai governiterritoriali; il chiaro intento è quindiaffidare alle comunità locali,professionalità e strumenti innovativi diintervento alle famiglie di minori autoridi reato. Sono stati invitati apartecipare ai lavori del Convegno ilSottosegretario del Ministero delLavoro e delle Politiche Sociali FrancaBiondelli, il Sottosegretario delMinistero della Giustizia Cosimo Ferri,il Capo del Dipartimento per lePolitiche della Famiglia ErmengildaSiniscalchi, il Capo Dipartimento per la

La famiglia di fronte al reato

Azioni sperimentali a supporto dellefamiglie dei minori autori di reato

Giustizia Minorile Annamaria PalmaGuarnier, il Direttore Generale UfficioII Politiche per la Famiglia,Dipartimento per le Politiche dellaFamiglia, Presidenza del Consiglio deiMinistri Luciana Saccone, il DirettoreGenerale per l’Attuazione deiProvvedimenti Giudiziari reggenteLuigi Di Mauro, il Direttore Generale,del Personale e della FormazioneRiccardo Turrini Vita, DipartimentoAmministrazione Penitenziaria, ilProfessore in Dottrina Sociale dellaChiesa dell’Università LUMSA diPalermo Giuseppe Savagnone e laDirigente dell’Ufficio Studi, Ricerche eAttività Internazionali IsabellaMastropasqua. La rivoluzione operativa che ne haconseguito ha dimostrato come quelladel lavoro con le famiglie dei minori arischio sia una strada che deve esserepercorsa con decisione, proprio alfine di rendere più efficace l’azionerieducativa messa in atto dal Corpo diPolizia Penitenziaria che operaall’interno di strutture non adeguate,con sacrificio e impegno, spesso inanonimato e senza mai ricevere igiusti riconoscimenti.

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iù di 6.000 atleti, da 50 paesieuropei, questi i numeri deipartecipanti all’edizione

inaugurale dei Giochi Europei di Baku(Azerbaigian). Alla manifestazione multi sportiva, chein qualche modo ricalca le orme dicompetizioni di illustri tradizionicome ad esempio i giochi asiatici o

quelli panamericani, dal 12 al 28giugno nell’edizione d’avvio siconfrontano e affrontano i campioni,emergenti o pluridecorati, del VecchioContinente. Per la Polizia Penitenziaria ben 14 leFiamme Azzurre presenti in ottodiscipline differenti MassimilianoMandia (tiro con l’arco), SofiaCampana e Norma Murabito (canoa),Giovanni Pellielo (tiro a volo),Niagol Stoyanov (tennis tavolo),Elena Cecchini, Tatiana Guderzo eRossella Ratto (ciclismo),Marco Maddaloni, Domenico DiGuida e Giulia Cantoni (judo),

Vincenzo Mangiacapre(pugilato), Delian Stateff edElena Petrini (triathlon). Diamo di seguito il dettaglio deirisultati raggiunti a dieci giornidal termine della competizionedalle Fiamme Azzurre che hannoavuto modo di gareggiare in terraazera.

La prima storica medaglia per leFiamme Azzurre di questi GiochiEuropei l’ha conquistata l’immensoGiovanni Pellielo: bronzo nella fossaolimpica sulle pedane di Baku (16-17giugno).Con l’ennesimo podio il fuoriclassevercellese in forza alla PoliziaPenitenziaria dal 1995, è salito aquota 180 medaglie in competizioniufficiali internazionali. A 45 anni continua ad essere uno deicampioni più prolifici del panorama

sportivo nazionale, al di là dei meritiindiscussi che del solo tiro a volo nefanno un’autentica leggenda vivente edi quelli personali che nonostantetutto questo lo contraddistinguono persobrietà e umiltà. Si poteva addirittura sperare in unmetallo più pregiato se in semifinale ilpiattello colpito per lo shoot-offcontro il russo Alipov non gli fossestato considerato invalidocostringendolo a giocarsi la finale peril bronzo anziché la finalissima perl’oro. La lotta per il terzo gradino del podiol’ha vinta contro il venticinquennebritannico Ling, che da un punto divista anagrafico potrebbe addiritturaessere suo figlio ma sportivamente nonha potuto far altro che constatarne lagiovinezza e longevità. Ma fino aquando il nostro “Johnny” continueràa regalare soddisfazioni ed imprese alservizio dello sport azzurro?Glielo hanno chiesto in molti dopoquesta ennesima medaglia vinta e luiha elegantemente glissato invitando apensare piuttosto al numero di piattellirotti. L’esempio del ct italiano Albano Pera(argento alle olimpiadi di Atlanta 1996a 46anni) ne guida le ambizioni, masappiamo che in vista del prossimoappuntamento a cinque cerchi di Rio

Lady [email protected]

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18 lo sport

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Le Fiamme Azzurre ai Giochi Europeidi Baku

Nelle foto:sopra, accanto

al titolola bandiera deiGiochi di Baku

e la mappadell’Azerbaigian

a fiancoGiovanni Pellielocon la medaglia

conquistata

Tiro a volo

Prima la bielorussa Alena Amialiusikcon 3h20’36”, seconda la polaccaKatarzyna Newiadoma e terzal’olandese Anna Van Der Breggen.BAKU (18/20 giugno) EuropeanGames, ciclismo su strada –cronometro F (25.8km): (1) Ellen VanDijk NED 32’26”, (2) Ganna SoloveyUKR 33’03”, (3) Annemiek VanVleuten NED 33’33”, (23) TATIANAGUDERZO 36’18”, (25) ROSSELLARATTO 36’22”; prova in linea F(120.7km): (1) Alena Amialiusik BLR3h20’36”, (2) Katarzyna NewiadomaPOL st, (3) Anna Van Der BreggenNED st, (5) ROSSELLA RATTO a 2’01”,(11) ELENA CECCHINI a 5’17”, (27)TATIANA GUDERZO st.

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Nelle foto: a fiancole cicliste delle FiammeAzzurreRossella Ratto,Elena Cecchinie Tatiana Guderzo

2016 la sua corsa sarà per l’oro,l’unica medaglia che ancora gli mancatra tutte quelle del suo incredibilepalmares. BAKU (16/17 giugno) EuropeanGames – fossa olimpica M: (1) ErikVarga SVK, (2) Aleksey Alipov RUS,(3) GIOVANNI PELLIELO (3Q/122, 3sf:13/15, T7-8, F3/4: 13-11), (4)Edward Ling GBR, (5) ManuelMancini SMR, (6) Jesus Serrano ESP

In attesa di giocarsi la qualificazioneolimpica per Rio 2016 ai Mondiali diMilano (19/23 agosto) lerappresentanti delle Fiamme AzzurreSofia Campana e Norma Murabito aBaku (14/16 giugno) hannocentrato un’importante finale nel K2200 metri e due semifinali K2 e K4500m. Nella finalissima l’oro é andato allaBielorussia seguita dalla Serbia,argento, e dall’Ucraina al terzo posto.BAKU (14/16 giugno) EuropeanGames – K2 200m: (1) Bielorussia

37”399, (2) Serbia 37”699, (3)Ucraina 37”719, (8) ITALIA (NORMAMURABITO-SOFIA CAMPANA) 39”678(4b2 39”174, 3sf1 37”906); K2500m: (11) ITALIA (NORMAMURABITO-SOFIA CAMPANA) 5sf11’43”297 (6b1 1’47”487); K4 500m:(13) ITALIA (Federica Nole-IreneBurgo-NORMA MURABITO-SOFIACAMPANA) 7sf1 1’36”004 (7b11’39”840)

Nel tennis tavolo (16/18 giugno) nonè riuscito a brillare il rappresentantedella Polizia PenitenziariaNiagol Stoyanov. Dopo aver superato il primo turnocontro lo spagnolo Carlos Machadoper 4 a 2 si è fermato contro il croatoAndrej Gacina, a sua volta sconfitto dalvincitore della gara maschile, iltedesco Dimitrij Ovtcharov.BAKU (16/18 giugno) EuropeanGames tennis tavolo – singolare M:(1) Dimitrij Ovtcharov GER, (2)Vladimir Samsonov BLR, (3) Ley KouUKR, (17) NIAGOL STOYANOV (64:V/Carlos Machado ESP 4-2/11-4,11-812—10, 10-12, 12-14, 11-7; 32:S/Andrej Gacina CRO 0-4/1-11, 11-13,6-11, 4-11).

Nella prova in linea di ciclismo (18/20giugno) il quinto posto di RossellaRatto è stato il migliore deipiazzamenti delle azzurre portacoloridella Polizia Penitenziaria. Ad esso hanno dato un apportofondamentale le collegheElena Cecchini e Tatiana Guderzo,giunte rispettivamente undicesima eventisettesima.

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lo sportNelle foto: per la canoaNorma Murabito eSofia Campana

per il tennis tavoloNiagol Stoyanov

Canoa TennisTavolo

Ciclismo

noto come quel genericorichiamo che la Cartacostituzionale fa del principio

rieducativo, è adottato come criterioorientativo nel descrivere il fine ultimodelle pene da parte del legislatoreordinario. Questo richiamo così generico deltermine, ha consentito di interpretarelo stesso in termini differenti dandogliil significato più confacente allerispettive teorie politico-criminali. Vi è stato chi ha attribuito al termine“rieducazione” il merito delsuperamento della teoriaretribuzionistica presente nel nostrosistema penale e, invece, chi hadefinito il termine come un criterio dicontinuità rispetto al precedenteordinamento. Data la generalità del termine, sonotutte ipotesi comunque accettabili, ma,se l’intento è quello di ricreare per lomeno un significato minimo, maconcreto, tale da costituire un punto diriferimento per il legislatore, non puònon essere interpretato che alla lucedegli altri principi costituzionali. Linee guida saranno sicuramentel’art.3 e 13 della Costituzione.Traspare, così, dalla lettura congiuntadelle norme, che il tentativo dirieducazione del reo non può esseresolo eventuale, né può avere uncarattere di semplice emenda, ma alcontrario, costituisce “un compitodella Repubblica” e deve avere uncarattere risocializzante, nel senso chedeve essere diretto alla rimozione diquegli “ostacoli di ordine economicoe sociale che, limitando di fatto lalibertà e l’uguaglianza dei cittadini,impediscono il pieno sviluppo dellapersona umana e l’effettivapartecipazione di tutti i lavoratoriall’organizzazione politica,economica e sociale del Paese” (Art.3 comma 2 Cost.)(1), ma anche come

la nostra Carta costituzionaleconferisca valore di assolutasupremazia alla libertà personale. Dal quadro costituzionale possiamo,dunque, ricostruire l’ideologiarieducativa seguendo una duplicedirezione: individuando gli obiettiviche la stessa opera rieducativa deveperseguire e la metodologia attraversola quale può essere intrapresa. L’obiettivo potrà dirsi sicuramenteraggiunto, non quando il condannatodiventi un cittadino “modello” (nelsenso di soggetto che agisce inadesione alla moralità prevalente tra iconsociati), ma quando il medesimoabbia acquisito la capacità di viverenella società nel rispetto della leggepenale, circoscrivendo l’area di illecitipenali ai soli fatti lesivi di valorilegittimamente assumibili a punto diriferimento di un processorieducativo, cioè, quei valoricostituzionalmente rilevanti.Sotto un profilo metodologico,invece, la rieducazione non potràcostituire “un escamotage” attraversoil quale restringere ulteriormente lalibertà personale del condannatorispetto a quanto già previsto dallasentenza di condanna, trovandospazio quella parte della libertàpersonale che si traduce nella libertàdi autodeterminazione e nelcorrelativo divieto per lo Stato diricorrere a forme coattive di ri-orientamento della personalità del reo(2). Qualsiasi forma coattiva sarebbe lesivadella dignità umana e violerebbequindi il disposto dell’art. 27 comma2 Cost. che stabilisce il divieto ditrattamenti contrari al sensod’umanità, nonché l’art.13 comma 4Cost. che punisce ogni violenza fisicae morale sulle persone comunquesottoposte a restrizioni della libertàpersonale.

In conformità a quanto finora detto, sipuò configurare il diritto delcondannato, nascente direttamentedalla Costituzione, e ascrivibile traquei diritti inalienabili, assoluti eindisponibili della personalità. Sulla stessa scia, le normedell’ordinamento penitenziario e delrelativo regolamento d’esecuzione,pongono l’accento in più punti, sucome il trattamento rieducativo debbaessere attuato con il consenso di chine è destinatario. A titolo d’esempio, all’art 13 Ord. Pen.si ribadisce come “sia favorita lacollaborazione dei condannati einternati alle attività diosservazione e di trattamento”, main particolar modo la norma che piùdi tutte sembra incarnare la

consensualità nel trattamentorieducativo è l’art. 1 comma 2 delsuddetto regolamento, ove è descrittoil modo in cui deve essere perseguitala finalità di “modificazione dellecondizioni e degli atteggiamentipersonali, dei condannati einternati, e delle relazioni familiarie sociali che sono di ostacolo a unacostruttiva partecipazione sociale”:gli operatori penitenziari non sonochiamati a determinare coattivamentela suddetta modificazione, ma solo apromuoverne il processo (3).Una prima forma di tutela del diritto inesame è data dall’attribuzione almagistrato di sorveglianza dellacompetenza in merito all’approvazionedel programma di trattamento, infatti,l’art. 69 comma 5 Ord. Pen. stabilisceche “se si ravvisa nel programmaelementi che costituisconoviolazione dei diritti del condannatoo dell’internato, il programma vienerestituito, con osservazioni al fine di

Giovanni PassaroSegretario Provinciale

[email protected]

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è

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Il diritto alla rieducazione

diritto e diritti

una nuova formulazione” (4). Quanto fin qui esaminato, rientra nelladimensione negativa del diritto allarieducazione, cioè, quella dimensioneche identifica le posizioni soggettivedel condannato e dell’internato, e cheil trattamento rieducativo non puòintaccare. Ma vi è anche una dimensione positivadel medesimo diritto, rappresentatadalla pretesa dei condannati a chel’amministrazione penitenziaria offraloro un trattamento rieducativo, cioè,a detta della Suprema Corte,“costituisce da un punto di vistagiuridico, un obbligo di fare perl’amministrazione penitenziaria,cui corrisponde un diritto deldetenuto”. E da ciò ne discende un corollario

importante: in quanto diritto deldetenuto, l’amministrazionepenitenziaria non potrà escludere undetenuto dalle attività di osservazionee di trattamento, seppure lo ritenganon rieducabile o non bisognoso dirieducazione, e ciò perché, il poterediscrezionale riconosciuto alla stessaamministrazione attieneall’organizzazione del singolotrattamento. Proprio seguendo questo corollario laCorte costituzionale ha dichiaratocontra ius quell’orientamentopenitenziario che individuava tra leregole del trattamento suscettibili disospensione, quelle inerenti aidetenuti sottoposti al regime del 41-bis, e lo ha censurato in quanto lesivosia del diritto alla libertà personale(con sentenza del 1996 n. 351), siadel diritto alla rieducazione (consentenza del 1997 n. 376). La Consulta ha perciò sostenuto che ilregime differenziato, di cui all’art. 41-

bis comma 2 Ord. Pen., “non puòcomportare la compressione delleattività di osservazione e ditrattamento individualizzatopreviste dall’art.13 dell’ordinamentopenitenziario, né la preclusione allapartecipazione del detenuto adattività culturali, ricreative, sportivee di altro genere, volte allarealizzazione della personalità,previste dall’art. 27 dello stessoordinamento, le quali semmaidovranno essere organizzate, per idetenuti soggetti a tale regime, conmodalità idonee ad impedire queicontatti e quei collegamenti i cuirischi il provvedimento ministerialetende ad evitare”. Si è conformato così all’operato dellaCorte l’amministrazione penitenziaria,rimuovendo quel divieto d’incontri trai detenuti sottoposti al regime specialee il personale dell’area educativa,proprio al fine di assicurare l’attività diosservazione e di trattamentoindividualizzato, e riconoscendosiobbligata ad organizzare attività incomune di tipo culturale, ricreativo esportivo.Inoltre, all’interno della dimensionepositiva del diritto alla rieducazionebisogna riconoscere anche un secondoaspetto: la legittima pretesa deldetenuto a usufruire, qualorasussistano le condizioni richieste dallalegge, quelle misure extramurarieattraverso le quali la rieducazioneassume caratteristiche prettamenterisocializzanti, quali la liberazionecondizionale, l’affidamento in prova alservizio sociale, la detenzionedomiciliare, la semilibertà e laliberazione anticipata. E’ stato, infatti, correttamenteosservato, da parte della dottrina,come la legge sull’ordinamentopenitenziario “consenta diconfigurare l’applicazione dellemisure alternative alla detenzione intermini di provvedimento dovuto e,quindi, l’accesso alle medesime intermini di diritto per i condannatiche ne abbiano maturato ipresupposti” (5). Sebbene le prosperose premesse finqui descritte, è opportuno notarecome ancora oggi il detenuto non godaa pieno dell’effettivo esercizio del

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21diritto e dirittidiritto al trattamento rieducativo, e ciòperché, quel che manca è unmeccanismo giurisdizionale capace disopperire all’eventuale inerziadell’amministrazione penitenziaria, laquale, di fatto potrebbe: non proporremai al magistrato di sorveglianza unprogramma di trattamento; nonrispettare il termine di cui all’art. 27comma 2 Reg. Esec.. In tutti questi casi, non è possibileinvocare un potere sostitutivo delmagistrato di sorveglianza, al quale,come detto poc’anzi, la leggeattribuisce esclusivamente la facoltà direstituire al mittente il programma ditrattamento “al fine di una nuovaformulazione” e la cui competenza è,comunque, estranea ai profili tecnico-operativi del trattamento (6).

Note(1) A. PENNISI, Diritti del detenuto etutela giurisdizionale, cit. pag. 70.

(2) In tal senso, G. FIANDACA,commento all’Art.27, c. 3, Cost., incommentario alla Costituzione, a curadi Branca e Pizzorusso, Zanichelli,Bologna, 1989, pag. 235

(3) A. PENNISI, Diritti del detenuto etutela giurisdizionale, cit. pag. 74.

(4) Trattasi comunque di una forma ditutela non giurisdizionale, in quanto ilpotere di verifica del magistrato disorveglianza, in meritoall’approvazione del programma deltrattamento, prescinde totalmente daqualsiasi forma procedimentale, edesclude la partecipazione, sia direttache tramite una difesa tecnica,dell’interessato.

(5) Così, V.GREVI, Diritti dei detenuti etrattamento penitenziario a cinqueanni dalla riforma, in V. GREVI (a curadi), Diritti dei detenuti e trattamentopenitenziario, Bologna, 1981, pag.51.Dello stesso avviso, con specificoriferimento alla liberazionecondizionale, M. CANEPA-S. MERLO,Manuale di diritto penitenziario,Milano, Giuffrè Editore, 2010.

(6) A. PENNISI, Diritti del detenuto etutela giurisdizionale, cit. pag.78.

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Lo sce-rif-fo-foHa due baf-fi-fi Il cap-pel-lo-lo La cin-tu-ra-ra Gli sti-va-li-li Le pis-to-le-le Ma non sa sparare PIM PUM PAM!!!

con questa canzonedello Zecchinod’Oro che inizio,

cercando di sdrammatizzare su di unargomento che invece è serio e degnodi riflessioni.Quando si tratta di parlare diformazione del personale e si toccal’argomento ‘Addestramento all’usodelle armi’ non pochi sono i Dirigentiche inarcano le sopracciglia, come seall’improvviso si ricordassero chesiamo una forza di Polizia e chepertanto abbiamo in dotazioneun’arma.Abituati a vederci all’interno degliistituti penitenziari, dove per ovvimotivi di sicurezza le armi nonvengono portate, impegnati in attivitàcustodiali trattamento e rieducazione,si dimenticano che la nostra attivitànon si ferma a quello. Siamo agenti eufficiali di P.G. in servizio h24 edeffettuiamo servizi di ogni genere:traduzioni e piantonamenti, scorte amagistrati, a politici e collaboratori digiustizia, attività di indagini, di ordinepubblico... e potrei continuare ancoraun po’. Le Direzioni stesse quando sitratta di inviare il personale perl’addestramento in bianco o presso ipoligoni, molto spesso storcono labocca, non ne comprendonol’importanza, vedendolo solo come unmotivo per distogliere il personale daiservizi interni e scombinando l’ordinaria programmazione dell’Istituto.Parlo con cognizione di causa, inquanto istruttore di tiro dal 1998.

Nei miei anni di attività ho vistoperiodi in cui, a seconda dei Dirigentinei locali Provveditorati e Direzioni, leattività si sono svolte con regolaritàraggiungendo gli obiettivi prefissati edaltri in cui niente è stato fattoadducendo ragioni di mancatofinanziamento sul relativo capitolo dibilancio o di carenza del personale.Si ritorna al concetto di prima: ilproblema risiede nel riconoscimentodel valore all’attività di addestramento

all’uso delle armi. Purtroppo sonostati gli eventi recenti chehanno visto coinvolto il

personale di Polizia Penitenziaria inservizio di traduzione ed il lorointervento con le armi a riportare

in primo piano la questione.Perché dunque sia importante

effettuare con regolarità attività diformazione e aggiornamento per learmi ed in cosa consista cercherò dispiegarlo.In Toscana stiamo portando avanti unprogramma su doppio binario,differenziando l’addestramento inbianco e quello a fuoco a seconda chesia destinato al personale in serviziopresso i nuclei traduzione oall’interno, seguendo il ‘Disciplinaretecnico sull’addestramento all’usodelle armi’ che prevede vari step aseconda del livello del discente.Qual è l’obiettivo che si vorrebberaggiungere?Nessuno ha intenzione di formaresceriffi o ‘giustizieri della notte’ anzi,direi l’esatto opposto.Ricordo che a parte quanto appresodurante il corso da allievi per ottenerel’abilitazione all’arma, in seguito ilpersonale viene lasciato a se stesso.Ho avuto colleghi in addestramentoche non toccavano l’arma da anni, chesi erano dimenticati le basilari normedi sicurezza e di funzionamento, conlaniccio ed oserei dire ragnateleall’interno e che però, per un motivood un altro, potevano esserecomunque chiamati a prenderla eduscire in servizio armato.Non vengono a voi i brividi? A me sì.Che dire poi del personale che effettuaservizi specifici di scorta e traduzionee che si può trovare coinvolto inun’evasione o in un conflitto a fuoco,nella pubblica via in mezzo alle

persone, dove interviene in manierapreponderante il fattore psicologicodell’evento critico, improvviso.La risposta ad un evento del generenon può essere lasciata al buon sensoo alla buona sorte del singolo.La parola chiave della nostra attività diaddestramento è SICUREZZA seguitadalla conoscenza delle norme diLEGGE che indicano i casi in cuiutilizzare l’arma ed infine la TECNICHEoperative. Solo una combinazionecorretta di sicurezza-legge-tecnichepuò scongiurare un epilogocatastrofico, se non ci si vuole affidarecome detto prima e voglio ripeterlo, albuon senso e alla buona sorte!Un addestramento regolare, continuo,dove intervengono le varieprofessionalità. Un intenso lavoro di addestramentofatto non di sole parole, che prestoverrebbero dimenticate, bensì anchedi maneggi e simulazioni di contesti esituazioni che permettano a chi leeffettua di comprendere le difficoltà, ipropri limiti e l’importanza di lavorarein squadra nel caso dei nucleitraduzioni. Il tutto seguito poi dallaverifica in poligono dove si aggiungequello stress psicologico del doversparare, fatto di rumore, movimentodell’arma, bersaglio da colpire,presenza mentale e sicurezza neimaneggi.Prendere coscienza di tutto ciò cambiaradicalmente il rapporto con l’arma,in positivo ovviamente.Non sceriffi quindi, ma personaleprofessionalmente preparato,consapevole, che non si ritrovi adutilizzare l’arma perché preso dalpanico, mettendo a rischio la vitapropria e altrui.Mi auguro quindi che a livello centralee decentrato raggiungano questogrado di consapevolezza e che leDirezioni degli Istituti Penitenziari, chedevono di fatto inviare il personale inaddestramento, si convincano dellanecessità di inserire nel programmatomensile, al pari delle unità operative,la voce addestramento ai tiri.Riepilogando : Addestramento ->sicurezza-legge-tecniche ->PROFESSIONALITA’.A Voi le eventuali riflessioni.Per quanto mi riguarda, a presto.

Laura PieriniVice Segretario Sappe

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PoliziaPenitenziaria

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22 donne in uniforme

H

Losceriffo-fo

è

l positivismo criminologico di fineottocento e inizi del novecentoportò all’introduzione nel nostro

ordinamento giuridico del sistemasanzionatorio definito a “doppiobinario”, il quale prevede per unverso l’applicazione delle pene per isoggetti imputabili, assolvendo di fattoad una funzione prevalentementegeneral-preventiva, e per l’altrol’applicazione delle misure disicurezza per i soggetti consideratisocialmente pericolosi, attraverso unafunzione che è soprattutto special-preventiva.Il ricovero in Ospedali PsichiatriciGiudiziari (OPG) è la misura disicurezza detentiva riservata, ai sensidell’art. 222 c.p., agli autori di delittidolosi puniti in astratto con lareclusione superiore nel massimo adue anni, che siano stati prosciolti pervizio totale di mente determinato dainfermità psichica, ovvero perintossicazione cronica da alcool o dasostanze stupefacenti o persordomutismo, e che siano statiritenuti socialmente pericolosi,essendo probabile che tornino acommettere nuovi reati. La Corte Costituzionale, con sentenzan.253/2003 del 18/7/2003, hadichiarato l’illegittimità costituzionaledell’articolo 222 del codice penale(Ricovero in un ospedale psichiatricogiudiziario), “nella parte in cui nonconsente al giudice, nei casi iviprevisti, di adottare, in luogo delricovero in ospedale psichiatricogiudiziario, una diversa misura disicurezza, prevista dalla legge,idonea ad assicurare adeguate curedell’infermo di mente e a far frontealla sua pericolosità sociale”.La Suprema Corte ha quindi giudicatoincostituzionale l’automatismo con ilquale il giudice disponeva, neiconfronti degli infermi di mente, lamisura detentiva dell’ospedalepsichiatrico giudiziario anche quandoquest’ultima poteva essere sostituitacon una misura meno “segregante etotale”.Il 31 marzo 2015 è scaduta la prorogache era stata fissata dalla Legge 30maggio 2014 n. 81 (conversione deldecreto legge 31 marzo 2014 n. 52)con il conseguente definitivo

superamento degli ospedalipsichiatrici giudiziari, processo giàavviato con il D.P.C.M. 1 aprile 2008 ,il quale prevedeva la chiusura degliO.P.G. ed il trasferimento, entro il2010, degli internati in strutturesanitarie regionali gestite dalle A.S.L.L’anno di proroga sarebbe dovutoservire, come indicato nella relazioneillustrativa del disegno di legge diconversione del D.L. 52/2014, per“contemperare, da un lato, leesigenze rappresentate dalle regionidi avere a disposizione un maggiorlasso di tempo per concludere ilavori per la realizzazione e lariconversione delle strutturesanitarie destinate ad accogliere isoggetti oggi internati negli OPG, e,dall’altro, l’esigenza di dar corso intempi rapidi al definitivosuperamento degli OPG”.La legge de quo, prevede che gliinternati che necessitano ancora di unsostegno psichiatrico siano destinatialle Residenze per l’Esecuzione dellemisure di sicurezza (REMS), le qualiperò non potranno ospitare più diventi degenti e quindi avranno deiposti limitati. Gli altri saranno affidatia strutture alternative, tra le quali gliistituti penitenziari presenti nellaregione; altri ancora, infine, potrannoaccedere a percorsi terapeutico-riabilitativi individuali di dimissione. Nonostante lodevoli siano le intenzionidel legislatore, questa norma destamolte preoccupazioni sia tra i medicipsichiatrici, i quali evidenziano lacarenza, a tutt’oggi, di comunitàterapeutiche e di strutture adeguateall’accoglienza delle persone“inferme”, come i Dipartimenti disalute mentale delle ASL cheavrebbero dovuto accoglierli, sianell’ambito della magistratura, chepone l’accento su questioni legate alla“sicurezza”. Al riguardo, diparticolare rilievo è la missivaindirizzata dal Giudice del Tribunale diRoma, Paola Di Nicola,all’Associazione Nazionale Magistraticon la quale pur riconoscendo che lariforma è ispirata a giusti principi, sisottolinea che “sarebbe necessarioche il legislatore si fosse fatto caricoper tempo, di un opportuno,efficiente ed adeguato sistema di

approdo della riforma, specialmentesotto il profilo sanitario, che temonon sia stato sufficientementerealizzato in concreto sui territorisu cui la riforma inevitabilmentericadrà, con ciò che ne consegue intermini di impatto sociale e disicurezza”.La magistratura nello specifico sollevaforti perplessità sulla disposizioneintrodotta dal Senato, al comma 1quater dell’articolo 1, che dispone che“Le misure di sicurezza detentiveprovvisorie o definitive, compreso ilricovero nelle residenze perl’esecuzione delle misure disicurezza, non possono durare oltreil tempo stabilito per la penadetentiva prevista per il reatocommesso, avuto riguardo allaprevisione edittale massima”(eccezione fatta nei reati per i quali èprevisto l’ergastolo). Ciò significa chepersone ritenute ad alta pericolositàsociale potrebbero essere rimesse inlibertà senza che siano state ancorapredisposte le necessarie misuresanitarie, sociali e giudiziarie. Che la chiusura definitiva degli OPGpossa essere considerato un grandegesto di sensibilità e di civiltà non vi èdubbio, ma la questione necessitacomunque di un’attenta e doverosaanalisi.Max Weber, uno dei teorici politici,che più di ogni altro ha evidenziato

Nella foto: una vedutadell’OPG diMontelupo Fiorentino

Emanuele [email protected]

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I23mondo penitenziario

Addio agliOPG ma nonagli internati

Il sistema informatico interforze CED-SDI

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24 mondo penitenziario

consentono l’acquisizione delleinformazioni in sede locale utilizzandouna rete intranet, blindata quindi alleeventuali contaminazioni correlate allarete pubblica.L’accesso alla Banca Dati, quindi, èpossibile solo a persone debitamenteautorizzate in sede locale dal proprioFunzionario/Ufficiale Responsabile eprevia abilitazione di un appositoprofilo, diversificato a seconda delleinformazioni che il personale deveconoscere, in ragione delle mansionida svolgere, avuto riguardo ancheall’incarico ricoperto in seno allapropria Forza di Polizia.Per quanto più ci riguarda, allo stato,nell’ambito delle direttive delDipartimento di pubblica sicurezza, ilsuddetto profilo viene fornito dal focalpoint individuato in ogniProvveditorato regionaledell’Amministrazione penitenziaria,che provvede al rilascio dellepertinenti e personali credenzialinecessarie per l’accesso allo S.D.I., lequali, se non utilizzate per un certoperiodo, vengono dapprima sospese epoi successivamente eautomaticamente cancellate. E’ fatto obbligo al personale dellecinque Forze di Polizia indicatenell’art. 16 L. 121/81 di far confluiresenza ritardo nel Centro elaborazionedei dati del Dipartimento di PubblicaSicurezza le informazioni acquisite nelcorso delle “attività amministrative”e delle “attività di prevenzione orepressione dei reati” (art. 2 comma1 L. 128/2001). Le informazioniacquisite dalle “Polizia Locali” e dallealtre “strutture di vigilanza” sonoH

ra le molteplici incombenzeche gravano sui Comandanti diReparto degli Istituti e dei

Servizi penitenziari vi è quella diresponsabile del Sistema d’indagineinterforze, più noto con l’acronimo diS.D.I,, discendente proprio dallaposizione apicale rivestita all’internodel reparto del Corpo di PoliziaPenitenziaria che si è chiamati agestire, sebbene, in tal senso, sia dettoper inciso, non sia prevista alcunaindennità compensativa: tale lacunaben poterebbe essere colmatanell’ambito dell’annualesottoscrizione decentrata del FESI. Infatti, i Capi degli uffici e iComandanti dei reparti delle Forze dipolizia vigilano sull’attività di raccoltae comunicazione delle informazioni esono responsabili della lororispondenza agli atti originali (art. 5D.P.R. 378/1982 e art. 54 D.Lgs.30/6/2003, n. 196).Come è noto, l’articolo 21 della Legge26 marzo 2001, n. 128 e le suedisposizioni attuative impongono atutte le Forze di Polizia di alimentare,con completezza e tempestività, ilCentro Elaborazione Dati (C.E.D.),istituito in forza dell’art. 8 della Legge1° aprile 1981, n. 121, nell’ambitodel Dipartimento della PubblicaSicurezza. In particolare, i dati raccolti a mentedella richiamata disposizione sonocustoditi nel c.d. Sistema d’Indagine(SDI) e posti a disposizioneesclusivamente delle Forze di Polizia,tanto da connotarsi quale sistemachiuso, accessibile, cioè, solo dapostazioni di lavoro certificate che

F

l’ineludibile contrasto tra l’azionemorale e l’azione politica distingue:l’etica della convinzione, ovvero l’agirein base al rispetto rigoroso di alcuniprincipi ritenuti validiindipendentemente dalle conseguenzeche ne possono derivare, e l’eticadella responsabilità, ovvero l’agiretenendo in considerazione il risultatodella propria azione e quindivalutando come buona l’azione cheraggiunge lo scopo prefissato e cattivaquella che, diversamente, non loottiene. È proprio questa teoria che Weberdefinisce delle “due etiche” che deveinvitarci a riflettere e a valutare se siapiù giusto seguire l’etica dellaconvinzione, e quindi proseguire sullastrada della chiusura indiscriminatadegli OPG, indipendentemente dallepossibili ripercussioni sul pianosociale e della sicurezza, o se, invece,seguire l’etica della responsabilità, equindi dare rilievo al risultato ditenere i soggetti psichiatrici instrutture dove potrebbero esseremeglio curati e recuperati, e solo neicasi più gravi contenuti.Questo è l’eterno contrasto che ognigiorno accompagna chi è deputato afare scelte nell’interesse dellacollettività: mantenere fede in manieraaprioristica a principi universalmentericonosciuti o, invece, considerareesclusivamente il bene della società,prendendo in taluni casi, decisioni checozzano con i valori che ciascuno dinoi, preso singolarmente,indubbiamente ha.Al buon senso di ciascuno di noi èrimessa la valutazione se sia piùgiusto, o opportuno, agire seguendol’una o l’altra etica. Quello che ci siauspica, però, è che non si debbacorrere il rischio che questi soggettiescano dalla porta degli OPG per poifare ingresso dalla finestra dei tanti“centri clinici” o “repartiinfermerie” dei diversi istitutipenitenziari andando a gravare,ancora una volta, sulle già estenuanticondizioni lavorative della PoliziaPenitenziaria, che come spesso ormaiaccade, si troverebbe a gestire questacosì delicata tipologia di soggetti privadi risorse, di strutture e di un’idoneaformazione professionale.

invece fornite al Centro per il tramitedelle Questure, dei Commissariati odai Comandi dell’Arma dei Carabinieri.Nel C.E.D. “devono confluire”dettagliate informazioni su ognifenomeno censito dalle Forze diPolizia: vale a dire, sia le notizierelative alle attività di vigilanza econtrollo (sulle strade, sul mare, sugliesercizi pubblici, ecc.) sia quellerisultanti da sentenze o procedimentigiudiziari sia quelle desunte da atti dipolizia giudiziaria svolte ad iniziativa oin esecuzione di ordini dell’AutoritàGiudiziaria.Nel C.E.D. non va inserita ladocumentazione dell’attività compiuta(ad esempio, verbale diidentificazione, perquisizione, arresto,ecc.), ma esclusivamente la “sintesiessenziale” di essa. Chi accede alla Banca dati e prendevisione della sintesi puòsuccessivamente richiedere l’attoall’Autorità che lo ha originato (art. 7comma 1 Legge 121/81). Se necessario per la prosecuzionedelle indagini, non è però impeditoall’Autorità Giudiziaria di disporre,con decreto motivato, il ritardatoinserimento delle notizie su singoliatti.Il Sistema informatico interforze, poi,consente di accedere ai dati contenutiin altri datebase esterni cui è possibileconnettersi direttamente (si pensi aquelle delle Anagrafi tributarie,camerali, comunali, ecc.).Il Sistema si avvale anche del «S.I.S.»(Sistema di Informazione Schengen),quale rete informatizzata in cuiconfluiscono i dati dei Paesi aderentiall’Accordo di Schengen per lagestione in comune delle informazionie segnalazioni sulle persone, veicoli eoggetti ricercati da ciascun Paese.La “catalogazione delleinformazioni” che pervengono alC.E.D. avviene mediante un «Sistemadi Indagine» (S.D.I.) che non prevedeschedari ma si fonda sullamemorizzazione dell’evento che hadato origine all’inserimento e dalquale derivano, automaticamente elogicamente, i collegamenti con isoggetti in esso coinvolti, con glioggetti che lo riguardano (armi, auto,documenti o altri beni), con le

denunce e i provvedimenti (misurec.d. pre-cautelari, cautelari o disicurezza) che ne sono discesinonché, infine, con qualsiasi altrasegnalazione utile per individuare lecaratteristiche dei soggetti interessati(pericolosità, soprannomi, alloggi epassaporti utilizzati, controlli cui sonostati sottoposti (art. 7 D.P.R.378/1982).Trattandosi di un database chearchivia informazioni di molticittadini, il C.E.D. è soggetto alcontrollo del Garante per laprotezione dei dati personali,il quale non ha mancato diintervenire in detta materiacon specifiche direttive,avuto riguardo al dirittoall’oblio e ai dirittiriconosciuti ai cittadinidall’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003.L’accesso, in via generale, è consentitoagli ufficiali di polizia giudiziaria e dipubblica sicurezza, ai funzionari deiservizi per le informazioni e lasicurezza ed agenti di poliziagiudiziaria autorizzati. Quando si tratta di informazionirelative ad un procedimento penale,

segrete o segretate (art. 144 e 329), la loro consultazione è riservata aufficiali di polizia giudiziaria assegnatiai Servizi di polizia giudiziaria previstidall’art. 56 c.p.p., alla D.I.A, allaDirezione centrale per i serviziantidroga ed agli Uffici centrali dellaPolizia di Stato o dell’Arma deiCarabinieri deputati al contrasto delterrorismo.Gli ufficiali di polizia giudiziaria di cuisopra sono individuati dal Ministrodell’Interno su proposta del Capodella Polizia – Direzione Generale

della Pubblica Sicurezza – e i loronominativi sono comunicati alProcuratore della Repubblicacompetente per territorio (del luogoove essi svolgono le loro funzioni).La consultazione o la utilizzazioneindebita delle notizie inserite nelC.E.D. configura uno specifico delittopunito sia a titolo di dolo che di colpa(art. 12 Legge 121/81). Se non si tratta di condotteindebitamente tenute, ma di condottepiù gravi perché realizzate con

violazione dei propri doveri oabusando delle propriequalità, il delittoconfigurabile è invecequello di cui all’art. 326c.p. (Rivelazione eutilizzazione di segreti di

ufficio).L’alimentazione del sistema avvienemediante «modelli informaticistandardizzati».Da ultimo, è bene rammentare chel’articolo 12 della citata legge 121/81punisce “il pubblico Ufficiale checomunica o fa uso di dati edinformazioni in violazione delledisposizioni della presente legge”.

L’articolo 615 ter c.p. sanziona“chiunque abusivamente siintroduce in un sistema informaticoo telematico protetto da misure disicurezza ovvero vi si mantienecontro la volontà espressa o tacita dichi ha il diritto di escluderlo”.La medesima norma prevede, altresì,un’aggravante “se il fatto è commessoda un pubblico ufficiale o da unincaricato di un pubblico servizio,con abuso dei poteri o conviolazione dei doveri inerenti allafunzione o al servizio”.

Nelle foto: sala operativa

in alto il logodello S.D.I.

Luca PasqualoniCommissarioSegretario [email protected]

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25mondo penitenziario

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i è svolto presso il palasport“Palamico”di Castelletto Ticino(No), il secondo Campionato

interregionale di Karate della WUKA(World Union karateAssociations)denominata “SpringCup”. Una Kermesse agonistica che havisto una forte partecipazionenumerica da parte di atleti agonisti dipiù regioni italiane e di altrefederazioni. Nei pesi massimi (+90

Torneo di solidarietàcon ospite a sorpresa

Ferrara Milano

Tante le onorificenze al Merito della Repubblica consegnatepresso la Prefettura in occasione dellaFesta del 2 giugno

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[email protected]

ra i sessantotto cittadini chehanno ricevuto dal Prefetto diMilano, Francesco Paolo

Tronca, le Onorificenze dell’Ordine“Al Merito della RepubblicaItaliana” per aver reso lustroall’Italia nel campo della cultura,dell’arte, dell’economia, neldisimpegno di pubbliche cariche e diattività svolte a fini sociali,filantropici ed umanitari, oppure perlunghi e segnalati servizi nellecarriere civili e militari, figura ancheun nostro appartenente al Corpo,l’Isp.re Capo Nico Costa, insignito a“Cavaliere”.La cerimonia si è tenuta, inoccasione della Festa dellaRepubblica, nei giardini dellaPrefettura di Milano. Esprimiamo vivo compiacimento econgratulazioni al nostro collega.

Trieste

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dalle segreterie

Ancora una vittoriaper il collega triestino Raffaele Incarnato

kg)ancora una vittoria dell’agentescelto Raffaele Incarnato, in serviziopresso la Casa Circondariale di Triesteche ha superato con un 7-5 il suocollega di categoria. Una vittoria nonsemplice in quanto Incarnato, a unminuto dalla fine, perdeva 4-2. Ma condue tecniche di Ippon(2 punti), grazieai kizami tsuki diretti (il jab dellaboxe) e ad una tecnica di wazari(1punto) con un kizami seguito da ungyako tsuki (pugno diretto)immediato, ha ribaltato totalmente ilrisultato contro un avversario moltoforte e molto potente che ha lottato finoall’ultimo secondo per riprendersi ciòche gli era sfuggito, ovvero la vittoria. Ma la voglia di vincere e le doti fisichedel collega della Casa Circondariale di

Trieste (1,98 d’altezza per oltre 100kg di peso)hanno avuto la meglio sulproprio avversario.

li uomini della PoliziaPenitenziaria di Ferrara,guidati dal commissario Paolo

Teducci, hanno partecipato altredicesimo trofeo della solidarietà,invitati da Davide Fratini,organizzatore dell’evento.

G

L’iniziativa è finalizzata ogni anno araccogliere fondi per le personedisabili. Si tratta di un torneo di calciointerforze che quest’anno ha vistol’autorevole partecipazione di RinoGattuso. La Polizia Penitenziaria ha partecipatocon una formazione mista a giocatoridella Spal.

T

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l capoluogo peligno ed il CentroAbruzzo sono esposti al rischio diinfiltrazioni della criminalità

organizzata. L’allarme è stato lanciatodal segretario provinciale del SappeMarco Chiarelli, in conferenza stampacon il segretario generale delsindacato, Donato Capece, ilsegretario regionale Giuseppe Ninu e ilvice segretario regionale, EdoardoColella. Nel carcere di Sulmona sonocinquecento i detenuti tutti classificaticome As, ossia alta sicurezza, che

scontano pene soprattutto per reati dimafia. Intanto restano irrisolti iproblemi di organico del penitenziariodi via Lamaccio. «Resta la necessitàdi ulteriore personale di poliziapenitenziaria, non si possonochiedere sempre sacrifici eprovocare stress psicofisicocontinuo ai danni degli agenti inservizio - ha precisato Donato Capece- Anche gli agenti hanno diritto alriposo per garantire la propriasalute ma anche per prestare unservizio efficiente». Attualmente sono250 i poliziotti penitenziari in servizionel carcere peligno a fronte dellapresenza di 500 detenuti. «Neoccorrono almeno trecento pergarantire turni adeguati e ferie agliagenti‚ ha concluso Capece,appellandosi all’amministrazionepenitenziaria, perché i diritti degli

PoliziaPenitenziarian.229giugno2015

27dalle segreterie

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Il Sappe espone i problemi e i rischi dell’istituto abruzzese

Sulmona agenti penitenziari non siano ancoradisattesi e cessino preoccupazioni etensioni. La costruzione di un nuovopadiglione del penitenziario, conl’arrivo di altri 300 detenuti,rappresenterà un problema“esplosivo” per il penitenziariosulmonese. (reteabruzzo.com - g.f.)

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a segreteria locale SAPPE diOrvieto vuole ringraziare esalutare i colleghi

Sovrintendente SalvatoreQuattrocchi e l’Assistente CapoClaudio Trentavizi, posti inquiescenza dal mese di giugno 2015,dopo una specchiata carriera di 35anni di lodevole e ammirabileservizio prestato nel disciolto Corpo

H

Orvieto

degli Agenti di Custodia e nel Corpo diPolizia Penitenziaria.Esprimiamo i nostri migliori auguri aloro e alle proprie famiglie, affinchépossano avere davanti una vita pienadi soddisfazioni e di felicità.Ci fa piacere evidenziare la lororettitudine e lo spirito di Corpo,dimostrato con la presenza in serviziofino all’ultimo giorno utile, senzascorciatoie di nessun tipo e senzaaccusare nessuna patologia tipica“dell’ultim’anno di servizio”.Grazie Salvatore e Grazie Claudio, èall’esempio di persone come voi checi vogliamo ispirare per innalzare illivello di professionalità e d’immaginedel glorioso Corpo di PoliziaPenitenziaria, che con tanto amore,passione ed orgoglio avete onorato eservito per tanti lunghi anni. F.B.

Chieti

ella foto inviata dal collegaAntonio Gervasioammiriamo il figlio Simone

in perfetta uniforme che supporta ilComandante Valentino DiBartolomeo.Grazie a Gervasio per averci regalatouna immagine così bella.

L

Un saluto e un graziea Salvatore e Claudio

H H

N

egli ultimi tempi mi ritrovo,sempre più spesso, a rifletteresu quanto sia incomprensibile

capire gli esseri umani e mi verrebbe dachiedere: «Ma tu che sei un uomo,dimmi un pò, spiegami...». Mi hasempre affascinato carpire il pensierodell’uomo “normale” e soprattutto isegreti che ognuno di noi porta con sé.Segreti che spesso hanno a che fare conun passato buio, che nasconde ricordiincancellabili e che costituiscono, moltospesso, il preludio di un’esplosione.

Inoltre, i contesti sociali e gli statipsicologici (impulsi passionali e fortiemozioni), in particolari contesti,possono innescare ulteriormente lamiccia, sino al punto che, chiunque,può diventare un potenziale criminale.Negli ultimi anni, si sono susseguite unaserie di condotte criminose, da parte dipersone “normali”, amici occasionali ecolleghi, conosciute nel corso della miavita, che mi hanno segnato moltissimo, eche hanno rafforzato, ancora di più, lamia convinzione che in ogni uomo“normale” si nasconda un lato oscurodella personalità. Il mio dilemma è cosalibera i comportamenti antisociali? Qualisono le motivazioni alla basedell’assunzione di una condottadelittuosa? Sigmund Freud ha scritto:“L’uomo ha istinti aggressivi epassioni primitive che portano allostupro, all’incesto, all’omicidio; sonotenuti a freno, in modo imperfetto,dalle Istituzioni Sociali e dai sensi dicolpa Nella personalità di ogniindividuo c’è un lato nascosto,oscuro, normalmente represso che, se

liberato, ci trasformerebbe incriminali, in crudeli assassini epericolosi delinquenti”. Se è davverocosì c’è seriamente da preoccuparsianche del vicino di casa! Ho condivisoqueste mie riflessioni, una sera, con unportiere d’albergo a Firenze, mioconoscente “normale” occasionale, cheforte della sua esperienza lavorativa edella varietà di personaggi che, nel corsodella sua vita professionale, avevaincontrato, alimentava con degli esempila discussione. Mi raccontava, tra l’altro,la storia di un omicidio avvenuto in viaDella Scala 39, nel centro storico, a duepassi dalla stazione di Santa MariaNovella, allorquando una donnaapparentemente “normale” avevasgozzato un’altra donna. Il racconto sisposava così bene con lo scambio divedute sul lato criminale delle personenormali che decidevo, nel corso dellesettimane successive, di approfondire lavicenda. La mattina dell’8 novembre del2003, viene rinvenuto il corpo senza vitadi Rossana D’Aniello, una funzionaria dibanca di 46 anni, sposata con unfarmacista e madre di due figlie di 16 e12 anni. All’interno dell’appartamento,Rossana D’Aniello giace a terra, senzavita, la testa quasi separata dal corpo eschizzi di sangue sparsi dovunque suimuri della stanza. Diciotto anni dopol’ultimo duplice delitto delle coppiettedel “Mostro”, seppur inun’ambientazione completamentediversa, Firenze piomba nuovamentenell’incubo. Il corpo senza vita delladonna è scoperto dal marito, PaoloBotteri, al rientro a casa con le duefiglie. La scena che si presenta agli occhidei familiari è agghiacciante, c’è sanguedappertutto: sulla porta di casa, sulsoffitto, sulle pareti, sulle lampade.Anche il pavimento è macchiato e mostrauna lugubre scia del trascinamento delcorpo della vittima per casa con la golalacerata. All’arrivo sulla scena delcrimine, alla polizia risaltano subito isegni lasciati in giro per la casa,successivamente all’omicidio,dall’assassino: asciugamani, fazzoletti ed

abiti macchiati di sangue sparsi per ogniangolo della casa. Sulla scena delcrimine non ci sono impronte digitalisospette, ma c’è molto sangue in giro dacui si può ricavare il DNA e in questocaso ne vengono isolati due, entrambi didonna. Gli inquirenti ipotizzano untentativo di rapina finito male, ma dallacasa non è stato asportato nulla se nonun giaccone del marito della donnaprelevato dall’armadio. Altro aspetto nondi poco conto è che la vittima conoscevail suo carnefice, considerato che nonc’erano segni di effrazione sulla portad’ingresso dell’appartamento. La signora Rossana D’Aniello era unapersona molto riservata e timida e nonavrebbe mai fatto entrare nessuno nellasua casa: anche in considerazione che almomento del ritrovamento il cadavereindossava una vestaglia. Gli inquirentiiniziano a setacciare la vita della vittimae del marito, affinché possa emergerequalche collegamento con la barbarauccisione, riservandosi di fornire notizieconcrete ai giornali, i quali si scatenanoalimentando ulteriormente la psicosi –sempre corrente a Firenze - del“mostro”. Sarà proprio il marito,inconsapevolmente, ad essere l’anello dicongiunzione tra la vittima e il suocarnefice. Dopo lunghi interrogatori, ilmarito si ricorda che la moglie eraossessionata da delle telefonate anonimenotturne, che nel periodo precedentealla sua uccisione, giungevanosull’utenza telefonica familiare. Saranno proprio le telefonate anonime acondurre il Capo della Squadra Mobiledi Firenze, Gianfranco Bernabei,all’assassino. Dai controlli dei tabulatitelefonici delle telefonate in arrivo a casaBotteri, risulta che le chiamate notturneprovengono tutte dalla stessa cabina,ubicata nei pressi dell’abitazione dellavittima. L’assassino utilizza cartetelefoniche prepagate i cui codici sonoben presto identificati dalla polizia, cheverifica tutte le telefonate in uscita fattecon le schede identificate, sino a scovareuna conversazione telefonica versoun’utenza privata di Vicenza. La titolare dell’utenza telefonica riferiscedi avere una figlia che lavora a Firenze.Inoltre, la polizia ha l’esito delle analisidel sangue trovate su di un asciugamanoche appartengono ad una donna. Ilcerchio si è chiuso, l’indiziata, che sirivelerà essere l’assassina, è DanielaCecchin, 47 anni, una persona

Nella foto:Daniela Cecchin

Pasquale SalemmeSegretario Nazionale

del Sappe [email protected]

PoliziaPenitenziaria

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Daniela Cecchin:«invidiavo la sua felicità»

crimini e criminali

qualunque e “normale” che lavoracome archivista all’Ufficio d’Igiene delComune di Firenze. A seguito diperquisizione domiciliarenell’appartamento della Cecchin,all’interno della lavatrice è ritrovatal’arma del delitto, un coltello Opinel conuna lama lunga 30 centimetri. DanielaCecchin era nata nel novembre del1956, a Montebello, in provincia diVicenza. Il papà è un ingegnere delleFerrovie dello Stato; la madre, laureatain matematica, dava lezioni private incasa, per occuparsi dei quattro figli. Lafamiglia, per ragioni di lavoro del padre,si trasferisce a Firenze. Daniela è unabambina tranquilla, forse un po’introversa e timida, con una grandepassione per la religione, masostanzialmente nella norma per unabambina della sua età. Nei primi anni70, Daniela si iscrive al liceo classicoMichelangelo di Firenze. Uno stranomutismo e un atteggiamento di chiusurafanno si che la ragazza è isolata e, avolte, derisa dai compagni di classe,soprattutto per la sua manifestaosservanza della fede. Il disagio socialeed esistenziale che vive contribuisce aduna serie di fallimenti che aumentano lasua insicurezza e che rappresentano isintomi di sentimenti di rancore erabbia verso il mondo. Nell’estate del1975 consegue il diploma, con lavotazione di 42/60, con il seguentegiudizio: «Tranquilla, comportamentodiligente, più portata alle materietecnico-scientifiche. Un po’ introversae silenziosa, molto attenta allareligione». L’implosione arriva l’anno successivo,dopo l’iscrizione alla facoltà diFarmacia, presso l’Università di Firenze,probabilmente per una frustrazioneamorosa o un esame andato male. Fattosta che la ragazza lascia gli studi e sichiude in casa. Trascorre le giornate albuio, leggendo il Vangelo e libri gialli,ascoltando musica sacra e guardando eriguardando film horror di Hitchcock.Che cosa è scattato nella mente diDaniela? E soprattutto perché decide diuccidere? Tre anni prima del delitto, percaso, aveva incrociato per strada aFirenze un suo vecchio compagno difacoltà, Paolo Botteri. Paolo, ai tempidell’università, era stato l’unico ragazzoad invitarla ad uscire ed era statosempre gentile con lei. Lei, peraltro,aveva rifiutato l’invito e Paolo non aveva

insistito più di tanto. Decide di seguirlo,anche nei giorni seguenti, per scopriredove abita e dove lavora. Paolo, a suadifferenza, ha terminato gli studi ed haaperto una farmacia nel centro diFirenze, ha una moglie, RossanaD’Aniello, e due bambine. La scopertadel contesto familiare e dellarealizzazione professionale di PaoloBotteri incide grandemente sulleprecarie condizioni psichiche delladonna. Pensò che forse una vita cosìsarebbe potuta capitare anche a lei: lafelicità, una famiglia, un uomo gentileche non la deridesse. Inizia così amaturare un’invidia verso la vittima,tanto da pedinarla e spiarla al fine diricostruirne i movimenti e poterlacoglierla di sorpresa. L’8 novembre, l’irae il desiderio di vendetta raggiungonol’apice. Suona alla porta di RossanaD’Aniello, fingendo di dover consegnareun pacco e, quando la donna apre,l’accoltella senza pietà, spingendolaall’interno e continuando sino asgozzarla. Il movente del suo omicidio:“Invidiavo la sua felicità”. Neldicembre del 2004 la condanna, con ritoabbreviato, a 30 anni di reclusione.Nell’aprile del 2006 la sentenzad’appello conferma la condanna inflittadal GUP, ritenendo l’imputatapienamente in grado di intendere e divolere quando commise l’omicidio. Laprima sezione della Corte di Cassazione,nel gennaio del 2007, ne disponel’annullamento, con rinvio della sentenzadi secondo grado, ritenendo lemotivazioni prive di «serietàscientifica» sia riguardo il moventedell’omicidio sia riguardo l’asseritamancanza «di segni di un difetto dellacapacità di intendere e volere» daparte dell’ imputata. Il 30 gennaio del2008, la Corte d’Assise d’Appello diFirenze, giudicando in sede di rinvio eaccogliendo la richiesta dipatteggiamento, in base all’accordo tra leparti, ha ridotto a 20 anni di reclusionela pena, giungendo alla seguenteconclusione: «Al momento dellacommissione del reato, DanielaCecchin era (ed è tuttora) affetta dallaseguente severa infermità: disturbodella personalità paranoide» cosa cheha «grandemente scemato la suacapacità di intendere e di volere». IlDisturbo Paranoide di Personalità, comeriportato dalla Direzione degli PsicologiItalia (www.psicologi-italia.it), è

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29crimini e criminalicaratterizzato dalla tendenza persistentead interpretare i comportamenti, leintenzioni e le azioni degli altri comemalvagie con la paura ingiustificata diessere attaccati in ogni momento, senzaalcuna ragione, finendo per assumerecomportamenti sospettosi e ostili. Gliindividui che presentano questapatologia vivono in un continuo stato dipericolo e si sentono vittime di complottiin presenza di qualunque gesto o parolache per loro assume un significato diminaccia. Tale comportamento definiscecol tempo una chiusura in se stessi ecomporta grosse difficoltà adintraprendere e mantenere relazioni congli altri. Nel disturbo paranoide dipersonalità non è la realtà ad esseredistorta (come avviene in altrepatologie) ma l’interpretazione di essa.Criteri diagnostici Secondo il DSM IV,del Disturbo Paranoide di Personalitàsono: • sospetta, senza una base sufficiente, diessere sfruttato, danneggiato oingannato;• dubita senza giustificazione della lealtào affidabilità di amici o colleghi;è riluttante a confidarsi con gli altri acausa di un timore ingiustificato che leinformazioni possano essere usatecontro di lui;• scorge significati nascosti umilianti ominacciosi in rimproveri o altri eventibenevoli;• porta costantemente rancore, cioè,non perdona gli insulti, le ingiurie o leoffese;• percepisce attacchi al proprio ruolo oreputazione non evidenti agli altri, ed èpronto a reagire con rabbia ocontrattaccare;• sospetta in modo ricorrente, senzagiustificazione, della fedeltà del coniugeo del partner sessuale.Ci sono volute ben tre periziepsichiatriche, nell’arco di cinque anni diprocessi, per “comprendere” lapersonalità di una donna che, cometante, quotidianamente incrociamo sulnostro cammino. Una donna dallosguardo glaciale, impenetrabile, chevestiva come una suora laica, che nondisdegnava la musica heavy metal e chenon aveva esitato a farsi un doppiointervento al seno: per tenerlo su e pertirare fuori il capezzolo. Daniela Cecchinsta scontando la sua pena nel carcerefiorentino di Sollicciano.Alla prossima... H

a riforma del febbraio del2012 (d.l. 22.12.2011, n. 211,convertito con modificazioni,

nella legge n. 9 del 7.2.20129), hadisposto il “definitivo superamento”degli Ospedali Psichiatrici Giudiziarientro il 1° febbraio 2013, termineperaltro più volte prorogato sino adarrivare al 31 marzo 2015. Non si tratta dell’abolizione dellarelativa misura di sicurezzadetentiva “terapeutica”, i cuipresupposti, oltre alla commissionedi un fatto di reato, sonorappresentati dall’accertata presenzadi un’infermità psichica e dallapericolosità sociale, bensì dellarealizzazione di nuove strutture, subase regionale, che sicaratterizzeranno per l’esclusivagestione sanitaria al loro interno. Isei O.P.G. presenti in Italia –Barcellona Pozzo di Gotto, Napoli,Aversa, Montelupo Fiorentino, ReggioEmilia, e Castiglione delle Stiviere –saranno gradualmente chiusi e leloro strutture riconvertite in altretipologie di istituti penitenziari, adeccezione di quello di MontelupoFiorentino, in provincia di Firenze, ilcui destino resta nell’incertezza piùassoluta. L’anomalia di Montelupo ciha incuriosito a tal punto da indurciad intervistare la Dott.ssa AntonellaTuoni, Direttore di quell’IstitutoPsichiatrico Giudiziario.

irettore la ringraziamo delladisponibilità a rispondere allenostre domande, con l’auspicio

che il nostro servizio aiuti tutti noi acomprendere le imminenti sortidell’OPG di Montelupo Fiorentino e delpersonale dell’Amministrazione che viopera.

Voi siete rimasti l’unico OPG chenon è stato ancora convertito dalMinistero della Giustizia – DAPin una casa circondariale. E’ una questione di mancato

adeguamento della struttura o cisono altre ragioni?Ringrazio a mia volta il SAPPE per lasensibilità che dimostra nel dedicare unospazio di lettura e di riflessione rispettoal futuro della struttura che dirigo dal2011 e che impegna circa ottantapoliziotti penitenziari nellamultiproblematica gestione degliinternati. Premetto che come dirigentepenitenziario non posso che recedere difronte alle decisionidell’Amministrazione alla qualeappartengo. Ciò precisato, non conosco imotivi, poiché non esplicitati alladirezione di Montelupo, che hannodeterminato il cambiamento di rotta.Nella Relazione sullo stato di attuazionedel programma di edilizia penitenziaria,presentata dal Ministro della giustiziaOrlando alla Camera dei deputati etrasmessa alla Presidenza l’8 agosto2014, a pag. 10, a propositodell’Ospedale Psichiatrico di MontelupoFiorentino, si legge testualmente “è statostipulato il contratto per i lavori direcupero della sezione c.d.Ambrogiana - per 30 posti -, da anniinutilizzata”. Evidente è la volontàministeriale di riconversione dellastruttura in carcere ordinario. A finedicembre 2014, in occasione della tavolarotonda svoltasi a Montelupo Fiorentino,presenti Bassanini (Cassa Depositi ePrestiti), Cantone (Provveditore toscanoAmministrazione Penitenziaria), Lotti(Sottosegretario, di Montelupo), Reggi(Agenzia del Demanio), Rossi(Governatore toscano) e promossa dalsindaco di Montelupo Masetti, per laprima volta si parla di dismissione dellastruttura. Nella stessa progettualitàregionale, rispetto ai circuitipenitenziari, fino al dicembre 2014, si èparlato di riconversione della struttura incarcere per detenuti che avessero dascontare pene medio brevi; tanto è veroche nel corso del 2014 è stato finanziatoun importante progetto di adeguamentodella zona detentiva ad avanzati standarddi vivibilità: in particolare è stata prevista

l’installazione di un impianto diricambio dell’aria delle camere didetenzione a tutela dei non fumatori,ristretti e lavoratori, costata circa170.000 euro; inoltre, nel novembre2014, quindi a fine esercizio finanziario,il Provveditorato ha stanziato, per lamanutenzione straordinaria dell’istituto,una cospicua somma. In altri termini,fino al dicembre 2014, l’istituto dovevaessere riconvertito. Escludo che il ripensamento siaimputabile a deficit strutturali poiché,fermo restando che la porzione dellavilla destinata a zona detentiva ha ancoranecessità di migliorie, dal 2007 ad oggi,secondo una stima, approssimata perdifetto, del tecnico che lavora presso ladirezione, lo Stato ha speso circa7.500.000 di euro. La porzione detentivaè sostanzialmente conforme aiparametri del regolamento penitenziariodel 2000: tutte le celle sono dotate dibagno con doccia e bidet, ampi sono glispazi destinati al trattamento e anche ipasseggi sono stati completamenteristrutturati.

Mi scusi se insisto con ladomanda. Ma se la struttura èstata ampliamenteriammodernata come mi spiegavae se le somme di denaro pubblicoimpiegate sono state così ingenti,non sarà per caso che manca sultavolo del Ministro dellaGiustizia un valido progetto diriconversione della struttura?La villa reca in sé un’enormepotenzialità poiché consentirebbe, inconcreto, di coniugare tre fondamentaliarticoli della nostra carta costituzionale:l’art. 3, l’art.27 e l’art. 9 i quali parlanodi rimozione degli ostacoli cheimpediscono il pieno sviluppo dellapersona umana, di rieducazione e ditutela del patrimonio artistico.Guardando in prospettiva vedo la partenobile della villa, restaurata, accessibilea tutti e riqualificata quale polo musealee convegnistico e perché no di

Nella foto accanto

al titolo: la dott.ssa Antonella

Tuoni

a curaFrancesco Falchi

Vice Segretario Regionale del Sappe

Toscana [email protected]

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D

30 l’intervista

A colloquio con AntonellaTuoni Direttore dell’OPG di Montelupo Fiorentino

L

intrattenimento e la porzione menonobile, ex scuderie, riconvertita inistituto penitenziario per detenuti abasso indice di sicurezza, impegnatinella manutenzione, nella ristorazione ecomunque al servizio dell’uso della villa.Ci sarebbe anche posto per le donnedetenute che potrebbero dedicarsi, peresempio, a una lavanderia per lenecessità domestiche e carcerarie delcircondario. Vedo, insomma, un istitutoin piena simbiosi con il territorio. Unprogetto ambizioso che non potrebbeprescindere dalla sinergiadell’Amministrazione Penitenziaria congli Enti Locali. Pertanto, se non saràriconfermata l’attuale destinazione d’usodella villa, quale istituto penitenziario,non sarà certo perché manca unprogetto valido.

Quindi la struttura penitenziariadell’OPG, prima che possaragionevolmente tramutarsi inun altro servizio, è destinata allacompleta dismissione. A pro di chi o di che cosa?Non mi piace fare dietrologia, preferiscopiuttosto essere propositiva. Pertanto lerispondo elencando sinteticamentequelli che ritengo essere i vantaggiconseguenti alla riconversione dellastruttura in carcere a basso indice disicurezza, al servizio dell’apertura alpubblico della villa medicea: • Evitare la mobilità dei lavoratori diMontelupo e non solo quelli penitenziarima anche quelli sanitari; • Capitalizzare i soldi spesi nellaristrutturazione della parte detentiva; • Offrire a circa 150 detenuti condizionidi vita dignitose; • Impiegare la manodopera detenuta inlavori funzionali al godimento della villa(manutenzioni, pulizie, ristorazione…); • Valorizzare un bene artisticoriqualificandolo come polo museale,espositivo, convegnistico, diintrattenimento ecc...; • Sfruttare l’accessibilità al pubblicodella villa quale creazione di indotto peril territorio comunale; • Offrire condizioni dignitose di lavoroai dipendenti; • Curare il benessere del personaletramite la realizzazione di spazi ricreativiper il dopolavoro; • Abbattere la recidiva che èscientificamente dimostrato essereinversamente proporzionaleall’inserimento lavorativo dei detenuti,

offrendo loro concrete occasioni diriscatto sociale; • Aumentare la sicurezza dellacollettività attraverso serie strategie dioccupazione dei detenuti al servizio delgodimento della villa; • Aumentare la ricettività delle strutturepenitenziarie toscane decongestionandole grandi case circondariali diSollicciano e Prato fornendo loro servizi.Sono ben consapevole dei costi dellagestione della struttura ma sonoaltrettanto convinta che un oculato pianodi riqualificazione del compendioarchitettonico dal punto di vista di unadetenzione operosa e non oziosa alservizio della collettività possacompensare le spese di funzionamento,fermo restando che lo Stato non èun’azienda e la scelta, rispetto alladestinazione d’uso di un benedemaniale, non può essere orientata damere ragioni economiche; in soldoni, intermini di risparmio di spesa, il saldo fracosti e benefici non può non tenere indebita considerazione vantaggiimmateriali difficilmente quantificabili eche hanno a che fare poco con l’utilefinanziario e molto con il welfare.

Nel frattempo gli internati chefine hanno fatto? E’ vero che sieterimasti quasi senza utenza?Assolutamente no. Sono ancora presenticirca cento persone internate.

Ma se i numeri dell’utenza sonorimasti pressoché invariati,qualcosa tra Legge, REMS e DAPnon sta funzionando al meglio.Ci spiega secondo lei perché inumeri degli internati nonscendono?Essenzialmente perché le regioniafferenti al bacino di competenzadell’OPG di Montelupo (Toscanaovviamente, Liguria, Umbria e Sardegna)al 1° aprile, contrariamente a quantoprevisto dalla legge, non hannopredisposto le strutture recettive ovverole REMS.

E nel frattempo in nostri colleghi“Baschi Azzurri” che fine hannofatto?Sono ancora qui, esattamente come lepersone internate.

Il SAPPe non ha sottoscritto larecentissima bozza di intesalocale per la Polizia

Nella foto:l’ingressodell’OPG diMontelupo Fiorentino

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31l’intervistaPenitenziaria per protesta control’atteggiamento che il DAP ed ilPRAP mantengono in questavicenda. Il suo personale davantia tutto ciò come sta reagendo?Con grande responsabilità e grandesenso del dovere. Ho seriamente temuto, da parte delpersonale, una reazione che potessemettere a repentaglio i delicati equilibrisu cui si regge la quotidianità di uncarcere e a maggior ragione di unospedale psichiatrico giudiziario ove ibaschi blu lavorano ormai da anni, perla precisione sette, surrogando l’assenzadi operatori dedicati a curare personeinternate con gravi patologiepsichiatriche. Così non è stato grazie allamaturità di poliziotti che, pure delusi,frustrati e demotivati, hanno saputoincanalare la ferma contrarietà alprogetto di consegnare le chiaviall’amministrazione comunale nelle sedideputate al dialogo con le istituzioni(incontri sindacali, comunicati stampa,consiglio comunale ecc.).

Direttore ci dia il suo pronosticosul risultato finale di questasilente partita. Stia attenta che selo azzecca poi ritorniamo con letelecamere ad intervistarla!Poiché come ho detto preferisco il piùrispetto al meno (più benessere, piùlavoro, più sicurezza e perché no piùbellezza) mi auguro che il MinistroOrlando non firmi il decreto di definitivadismissione della struttura. Credo cheospitare un carcere in un luogo inseritonel patrimonio mondiale dell’umanitàsarebbe un bel lasciapassare per unpaese che è ancora sorvegliato specialeda parte della CEDU e credo che sel’OPG fosse davvero dismesso nonsarebbe sufficiente l’intervista rilasciatada un semplice direttore di carcere, vidovreste rivolgere un po’ più in alto.H

americano Jay Wagner,interpretato da Robert Duvall,rimane vittima di un

complotto ordito dal ricchissimononno Hawk Hawkins e da un suosocio.A seguito della cospirazione dei due,Wagner subisce in Messicoun’ingiusta condanna per omicidio e,per questa, viene condannato aventotto anni di carcere da scontarein un penitenziario messicano.Ann Wagner, la moglie di Jay, però,non si rassegna alla detenzione delmarito e si rivolge ad unospregiudicato avventuriero, NickColton, interpretato da CharlesBronson, specializzato in trafficiclandestini e in ogni sorta dioperazione illecita, per tentare di farevadere Jay dal carcere messicano.Purtroppo, però, Ann è ignara delcoinvolgimento del nonno di Jay efinisce ingenuamente per rivelare aHawk tutti i piani e i progetti diColton.

Hawkins riesce, così, per ben duevolte, a sventare i tentativi di Nick difar evadere Jay.Fortunatamente per loro, però, Coltonnon si scoraggia e, dopo averimparato velocemente a pilotare unelicottero (era già pilota d’aerei),atterra nel bel mezzo del penitenziario

a cura di Giovanni Battista

de [email protected]

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L’

32 cinema dietro le sbarreRegia: Tom GriesAltri titoli: BreakoutTratto dal racconto"Ten second Jailbreak"di Warren Hinckle, William Turner ed Eliot AsinofSoggetto: Eliot Asinof, William Turner, Warren HinckleSceneggiatura: Elliott Baker,Howard B. Kreitsek, Marc NormanFotografia: Lucien BallardMontaggio: Bud S. IsaacsScenografia: Alfred SweeneyMusica: Jerry GoldsmithCostumi: Bill ThomasEffetti: Augie Lohman

Produzione: Columbia PicturesCorporationDistribuzione: CEIAD,Columbia Tristar Home Video

Personaggi ed Interpreti:

Nick Colton: Charles Bronson Jay Wagner: Robert Duvall Ann Wagner: Jill IrelandHawk Hawkins: Randy Quaid Myrna: Sheree NorthJ.V: Emilio FernándezHarris Wagner: John Huston

Genere: Azione, Thriller Durata: 90 minuti, USA, 1975

la scheda del film

10 secondiper fuggire

Nelle foto:la locandina

e alcune scenedel film

e, con l’aiuto di tre amici, imbarcaJay e lo porta in salvo negli Stati Uniti. Dopo aver sventato anche il tentativodi uccisione di Wagner da parte delsocio del nonno e finalmenteriportato Jay dalla moglie Ann , Nickè libero di godersi la generosissimaricompensa ottenuta per l’impresa.10 secondi perfuggire non ècerto uncapolavoro e, purtuttavia, si lasciaguardarepiacevolmente e,nonostantealcune situazionida commedia,riesce a tenere lospettatore intensione e incollato davanti alloschermo fino alla fine.H

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psicologiche come la depressione (57%,percentuale che sale al 63% nelle ragazzetra i 15 e i 17 anni, mentre si abbassa al51% nel nord-est). Più pericoloso tra leminacce tangibili della nostra era per il72% dei ragazzi intervistati (percentualeche sale all’85% per i maschi tra i 12 e i14 anni e al 77% nel sud e nelle isole, ),più della droga (55%), del pericolo disubire una molestia da un adulto (44%)o del rischio di contrarre una malattiasessualmente trasmissibile (24%). Tuttequeste cifre e considerazioni sono utileper far comprendere l’importanza diquesto libro che offre un’attenta analisidel bullismo e le sue nuovemanifestazioni (cyberbullismo) sotto unprofilo psicologico, sociale e giuridico.Tale fenomeno, sia nella sua formatradizionale che in quella tecnologica, èfortemente diffuso nelle scuole di ogniordine e grado. Gli Autori, con il lorolibro, forniscono un contributo allacomprensione del bullismo e delcyberbullismo descrivendo, inparticolare, le modalità con cui simanifesta e gli esiti psicopatologici a cuivanno incontro bulli e vittime, fornendoalcune linee guida per la valutazione(con il Questionario per la rilevazionedel Cyberbullismo) e per la messa in attodi interventi di prevenzione efficaci percontrastarlo. Sono state prese, inoltre, inconsiderazione le leggi in materia dibullismo in ambito civile e penale dandoindicazioni utili per la valutazione deldanno da bullismo.

uesto libro si rivela un prezioso evalido strumento di consultazionee informazione per tutti coloro

che hanno a che fare – per lavoro, studioo semplice interesse – con i temi dellagiustizia penale, del carcere, dellalegislazione penitenziaria. Adegua infattila normativa vigente agli intervenutiprovvedimenti di legge approvati inrelazione alla condanna dell’Italia daparte della CEDU (l’arcinota Sentenza

le recensioni

a cura di Francesco Capriolie Laura Scomparin

SOVRAFFOLLAMENTOCARCERARIO E DIRITTI DEI DETENUTI

G. GIAPPICHELLI Edizionipagg. 305 - euro 29,00

l termine bullismo è la traduzioneitaliana dell’inglese “bullying” eviene definito come un’oppressione,

psicologica o fisica, ripetuta econtinuata nel tempo, perpetuata da unapersona più potente nei confronti diun’altra percepita come più debole(Farrington, 1993). Il bullismo simanifesta in tre forme principali. E’diretto quando si manifesta con attacchisia fisici sia verbali nei confronti dellavittima; è indiretto quando si consumapiù sul piano psicologico, ad esempio,con l’isolamento sociale e intenzionaledi un minore dal gruppo; è elettronico,quando dal piano reale si sposta suquello digitale, con la diffusione di sms,e-mail, messaggi in chat, immagini,mms, video che sono offensivi o nonrispettosi della riservatezza e delladignità altrui. In quest’ultimo caso, siparla di cyberbullismo, fenomeno cherispetto al bullismo tradizionale sidistingue per alcune peculiarità: ladifficoltà per la vittima di risalire almolestatore; l’indebolimento delleremore morali, agevolato dallapossibilità di celarsi dietro unnickname; l’assenza di limiti spaziotemporali nel senso che il cyberbullismoinveste la vittima ogni volta che questa sicollega alla Rete. Secondo l’indagine “Iragazzi e il Cyberbullismo” realizzata daIpsos per Save the Children nel 2013,attraverso 810 interviste con questionaricompilati online da ragazzi di etàcompresa fra 12 e 17 anni, nel periodoche va dal 20 al 26 gennaio 2013, i 2/3dei minori italiani riconoscono nelcyber bullismo la principale minacciadel proprio tempo. E percepiscono,soprattutto le ragazze, alcuni degli ultimitragici fatti di cronaca molto (33%) oabbastanza (48%) connessi alfenomeno. Per tanti di loro, il cyberbullismo arriva a compromettere ilrendimento scolastico (38%, che sale al43% nel nord-ovest) erode la volontà diaggregazione della vittima (65%, conpicchi del 70% nelle ragazzine tra i 12 ei 14 anni e al centro), e nei peggiori deicasi può comportare serie conseguenze

Maura Manca e Loredana Petrone

LA RETE DEL BULLISMO.IL BULLISMO NELLARETE

ALPES Edizionipagg. 228 - euro 14,00

I

Torreggiani), provvedimenti che hannoridisegnato l’assetto della fase esecutivadella pena. L’opera, davvero eccellente,offre un supporto del quale non si puòfare a meno se si vuole avere una buonaconoscenza della normativapenitenziaria. L’esecuzione presso ildomicilio delle pene brevi, l’affidamentoin prova al servizio sociale e quelloterapeutico, la detenzionedomiciliare e la semilibertà, laliberazione anticipata speciale, ipermessi premio, il lavoroall’esterno, l’espulsione dellostraniero, l’esecuzione della penaper i giovani adulti, e molto altroancora. Il libro non tralascia nulla,davvero nulla, ed è per questo chesi configura come uno strumentodi ausilio al nostro lavorofondamentale.

l primo numero dell’anno delquadrimestrale di critica delsistema penale e penitenziario

“Antigone” focalizzaprincipalmente l’attenzione sullachiusura degli Ospedalipsichiatrici giudiziari, avvenuta(almeno sulla carta) il 31 marzo2015. Ed affronta compiutamentel’argomento, a partire da unainteressante ricostruzione dellascelta ‘abolizionistica’ e della‘disciplina della follia’. Tra glialtri saggi che compongono ilQuaderno, l’illustrazione delsistema penitenziario in Guinea-Bissau, lo studio sugli ostacoliposti dal diritto vivente all’accessodello straniero irregolare allemisure alternative alla detenzione, il destino delle pene incostituzionali allaluce della “sentenza Gatto”, il lungocammino per l’effettività dei rimedirisarcitori di cui all’articolo 35 terOrdinamento penitenziario. Completanoil fascicolo le recensioni a lavori teoricie ricerche empiriche che affrontano iltema del carcere, della giustizia penalee, in generale, del controllo sociale.

Quaderno Antigone

OPG: la follia sta per chiudere?

GRUPPO ABELE Editorepagg. 170 - euro 15,00

Q

I

H

a cura di [email protected]

34 l’ultima pagina

il mondo dell’appuntato Caputo

L’unificazione delle Forze di Polizia secondo Caputo

di Mario Caputi eGiovanni Battista

de Blasis© 1992-2015

PoliziaPenitenziaria

n.229giugno2015

on il solito libro teorico sullostalking, ma una guida difacile lettura piena di esempi

pratici sul comportamento deimanipolatori durante una relazionesentimentale. Dopo aver analizzato

come amano uomini edonne e i cambiamentidella società italianaresponsabilidell’attuale epidemiadi “femminicidi”, ilmanuale elenca unaserie di indicazioni peruscire da unarelazione patologica “prima che siatroppo tardi”. Tutte le frasi, i consiglie i suggerimenti sono tratti da casirealmente accaduti e da situazioni divita quotidiana. L’ultimo capitolo trattal’“autodifesa psicologica”, l’insiemedi strategie utili per prevenire i

crimini. Una donna sicuradi sé, con unatteggiamento assertivo ecapace di valutarecorrettamente i pericoliambientali, è una donnache difficilmente diventeràvittima e vivrà un’esistenzalibera da condizionamenti

negativi. Prefato da Cinzia Tani, offreuna disamina approfondita su un tema,purtroppo, sempre più al centro dellecronache. Una lettura imprescindibileper chi vuole affrontare l’argomentoper studio, lavoro o anche solo perconoscenza.

Ruben De Luca

AMARE UNO STALKERGuida pratica per prevenire il femminicidio

ALPES Edizionipagg. 185 - euro 16,00

NH

Per esigenze di Poste Italiane si è dovuto procedere alla revisione del database per la spedizione della Rivista. Qualora si fossero verificate delle esclusioni, si pregano i sigg. abbonati di comunicarlo tempestivamente alla Redazione.

Comunicato agli abbonati

Raccolta antologica delle vignette dell’Appuntato Caputo

pubblicate dal 1994 al 2014 sulla Rivista mensile Polizia Penitenziaria - Società Giustizia & Sicurezza

Per oraé uscitoil libro!

Formato 15 x 23 cm Copertina morbida240 pagine a coloriISBN: 9788891092052

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