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C’ è molto poco di calabrese in que- sta tornata elettorale politica. I numeri delle percentuali dei prin- cipali partiti in Calabria sono molto simili alle percentuali nazionali e stanno a si- gnificare che il principale criterio di scel- ta utilizzato dagli elettori in Italia, e in Ca- labria, è stato quello dell’opinione. Un’opinione filtrata dalla televisione – na- zionale – che ha assunto principalmente la forma della protesta del “tutti a casa” i vecchi partiti. Il risultato territorialmente abbastanza omogeneo del “Movimento 5 Stelle” ha superato ogni benevola previ- sione della vigilia e ha smentito coloro che sostenevano l’apparente debolezza del movimento nelle regioni meridionali dove è meno diffusa la pratica della navi- gazione in rete. La rete è certamente im- portante per il movimento ma ancora più importante per i partiti alla ricerca del consenso è il mezzo televisivo che, a vol- te senza un preciso disegno, forma le opi- nioni. Non è un caso che a scegliere il movimento di Grillo siano stati sia tanti giovani (internauti) che anziani (non sem- pre in grado di maneggiare con una ta- stiera ed un computer) che erano sempli- cemente nauseati dai partiti, dalle stesse facce (la casta) e dalla vecchia politica. Se proprio vogliamo ricercare qualcosa di calabrese nel voto dell’ultima domeni- ca di febbraio riusciamo ad individuare qualche aspetto, di segno non sempre positivo. Innanzitutto la partecipazione al voto. La Calabria è la regione dove si è votato di meno. Nella nostra regione ha votato solo il 63,2% alla Camera mentre in Italia la partecipazione è stata del 75,1%. Cioè è aumentato ancora il divario fra Calabria e Italia in fatto di partecipazione alla vita democratica. Se buona parte degli astensionisti aves- se voluto dare un segnale con il non- voto, unitamente a quel 25% di voti anda- ti al non-partito, come preferiscono defi- nirsi i grillini, saremmo di fronte ad una partecipazione politico-elettorale ai limiti del normale funzionamento istituzionale democratico. Un’altra caratteristica elettorale che si conferma in Calabria, anzi è molto accen- tuata in questa tornata elettorale, è la mobilità, cioè la scelta di un partito o schieramento diverso rispetto alla prece- dente elezione. Il PD passa dal 32,6% del 2008 al 22,4% del 2013; il PDL passa dal 41,2% del 2008 al 23,8% del 2013. In pratica, quasi la metà degli elettori del 2008 ha cambiato schie- ramento e partito, ovviamente con molte scelte a favore del “Movimento 5 Stelle”. Forse potevano essere meno i 250.000 elettori “persi” da PD e PDL in questi cin- que anni se nella formazione delle liste bloccate questi partiti avessero tenuto conto del “nuovo” facendo molto meno ricorso a candidati con familiari esponen- ti della vecchia repubblica, a “paracadu- tati” e trasformisti (“responsabili”) di pro- fessione. Con questi numeri che ci danno una dimensione dello tsunami abbattutosi sui due principali partiti, i dirigenti regiona- li degli stessi hanno avuto anche il corag- gio di cantare vittoria (come si faceva nel- l’ormai prima repubblica dove vincevano quasi tutti ma con numeri molto più conte- nuti). Il commissario regionale del PD che ha esultato “per avere colmato il divario con il PDL” e Scopelliti che ha festeggia- to con tutti gli eletti - calabresi e non, fedelissimi e trasformisti – la “vittoria” del PDL in Calabria. Di per sé la forte mobilità elettorale non è fenomeno da leggere negativamente. È il “voto d’opinione” che soprattutto deter- mina il comportamento degli elettori che fa sì che si cambi partito, o schieramen- to, da un’elezione all’altra. Delusi dal par- tito votato nel 2008, si vota in maniera diversa nel 2013. Un ulteriore tratto del comportamento elettorale dei calabresi è riscontrabile in quel poco di voto “personale” ancora possibile in un sistema elettorale con le liste bloccate e con i candidati che prati- camente non fanno alcuna campagna elettorale al di fuori del partito. Qualche “figlio prediletto”, il candidato del luogo, ha potuto beneficiare di qual- che preferenza a prescindere dal partito e dallo schieramento. Ma i casi di voto personale sono molto limitati soprattutto se comparati con quanto succede nelle elezioni comunali, provinciali e regionali. L’ingresso così prorompente nella com- petizione elettorale del “Movimento 5 Stelle” ha spazzato quasi dappertutto le residue zone di tradizionale radi- camento di alcune aree politiche. Anche in Calabria è diventato impossibile identificare qualche zona rossa o azzurra che fino ad ora si era preservata nel territorio regionale e, in qualche caso, era rimasta più o meno intatta anche nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica. Il voto anche in Calabria nei risultati è diventato abbastanza omogeneo, senza molte differenze fra province e fra zone specifiche. La lettura “nazionale” di questo risultato elettorale può essere sin- tetizzata nel monito che il movi- mento di Grillo lancia alla politica e ai partiti di ieri e dell’altro ieri. Occorre cambiare la politica soprattutto partendo dai privilegi degli eletti. Sintetizzando ancora: niente sarà più come prima. E qualcuno comincia già ad accennare alla nascita della terza repubblica. Volendo guardare avanti, alle prossime scadenze elettorali in arrivo, le regionali del 2015 possono rappresentare un banco di prova per la verifica e, soprattutto, l’in- terpretazione del significato del segnale affidato dai calabresi al voto di “protesta”. I dirigenti, vecchi e nuovi, dei partiti dovrebbero lavorare molto per rinnovare la politica e i loro stessi partiti per pre- sentarsi con le carte in regola ai cittadini ai quali chiedere il consenso, recuperan- do voti in libera uscita e astensionisti intermittenti. n In caso di mancato recapito inviare al CMP Romanina per la restituzione al mittente previo pagamento resi Editore Amici Casa della Cultura “L. Répaci” www.amicicasarepaci.it La Calabria nel mondo il mondo della Calabria PERIODICO TRIMESTRALE - ANNO VI - N. 20 - Aprile 2013 - Costo/copia: E 2,50 Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post70% - Roma - Aut. n. 67/2008 2 Una Piana a tutto gas “Troppi rischi, poco lavoro” Un progetto bipartisan 3 Preferiamo aria e mare puliti Cittanova Te lo do io il carbone 4 A bordo della storia per il giro delle Calabrie 5 Comunità all’estero ricchezza incompresa In Calabria corsi (gratuiti) di lingua italiana per giovani emigrati residenti all’estero 6 Quel pane così buono lievito di successo SPECIALE / LEONIDA REPACI I Ritorno alla Pietrosa II Geografia dell’anima Repaci, l’impeto di una vita III Leonida e Albertina sono qui, ancora IV Le sette vite di Villa Repaci 7 Porta a casa la Calabria 8 Il bene comune secondo Settis Uno sguardo al passato 9 Miss America allo Schioppo 10 News La Calabria nel mondo il mondo della Calabria IN QUESTO NUMERO Consiglio Regionale La prima volta delle donne N ovità in Consiglio Regionale. Per la prima volta fanno il loro ingresso due donne. Sono Tilde Minasi (foto in alto), avvoca- to, e Gabriella Albano, medico, che subentrano ad Antonio Caridi e Piero Aiello eletti al Senato. Il presidente Talarico si è detto assai compiaciuto e soddisfatto per il loro arrivo. «Sono del parere - ha spiegato - che le due nuo- ve consigliere regionali sapranno contribuire a rendere più sen- sibile il Consiglio regionale e la politica calabrese verso una se- rie di problematiche ed apportare, grazie al loro prezioso punto di vista di donne in un’Aula finora composta solo da uomini, un im- portante valore aggiunto che sarà senz’altro utile alla Calabria ed ai calabresi». Nelle elezioni regionali del 2010, Gabriella Albano, in provincia di Catanzaro, aveva ricevuto 4.290 preferenze. Tilde Minasi, consigliere comunale di Reggio Calabria, è stata eletta per la prima volta nel 2002, riconfermata poi nel 2007 e nel 2010, ricoprendo gli incarichi di assessore alle Politiche sociali, della famiglia e sanità nelle prime due consiliature e successiva- mente ha ricevuto la delega alle politiche ambientali e pari op- portunità. L’hanno votata 6.769 elettori. Dodici punti in meno nell’affluenza al voto rispetto al dato nazionale: l’unico record è quello dell’astensione n Piero Fantozzi e Roberto De Luca Le elezioni politiche in Calabria ANCHE IN CALABRIA LE (5) STELLE STANNO A GUARDARE... Piero Fantozzi, a sinistra, e Roberto De Luca del Dipartimento di Sociologia e Scienza Politica dell’Università della Calabria A Reggio Calabria, dopo Pignatone Federico Cafiero De Raho D opo un lungo anno di sede vacante, la Procura di Reggio Calabria ha, finalmente, un nuovo titolare. È Federico Cafiero De Raho, viene da Napoli dove per lungo tempo è stato in prima linea nella lotta alla camorra. Lo ha nominato il Consiglio Superiore della Magistratura con una votazione a maggioranza. Poco prima del voto i pro- curatori aggiunti di Reggio Calabria Ni- cola Gratteri e Michele Pristipino, ave- vano ritirato le loro candidature. Ad accelerare la nomina, probabilmente la dura lettera del Capo dello Stato al CSM con cui sottolineava i continui e paralizzanti contrasti fra le correnti della magistratura. Cafiero De Raho è in magistratura dal 1977, ha sempre svolto le funzioni di pub- blico ministero, prima a Milano, poi dal 1984 a Napoli. Parlando di come intende svolgere il suo com- pito, ha messo le mani avanti: «Il modello attuato a Napoli è stato quello del lavoro di gruppo in cui tutti i magistrati che hanno collaborato con me lo hanno fatto in modo affiatato. Questa è stata la base fondamentale per ottenere grandi ri- sultati. A Reggio ne sono già stati ottenuti, quindi spero di im- mergermi in un modello analogo a quello napoletano in cui tutti lavorano per l’ufficio e quindi ripetere i grandi risultati ottenuti».

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C’è molto poco di calabrese in que-sta tornata elettorale politica. Inumeri delle percentuali dei prin-

cipali partiti in Calabria sono molto similialle percentuali nazionali e stanno a si-gnificare che il principale criterio di scel-ta utilizzato dagli elettori in Italia, e in Ca-labria, è stato quello dell’opinione.Un’opinione filtrata dalla televisione – na-zionale – che ha assunto principalmentela forma della protesta del “tutti a casa” ivecchi partiti. Il risultato territorialmenteabbastanza omogeneo del “Movimento 5Stelle” ha superato ogni benevola previ-sione della vigilia e ha smentito coloroche sostenevano l’apparente debolezzadel movimento nelle regioni meridionalidove è meno diffusa la pratica della navi-gazione in rete. La rete è certamente im-portante per il movimento ma ancora piùimportante per i partiti alla ricerca delconsenso è il mezzo televisivo che, a vol-te senza un preciso disegno, forma le opi-nioni. Non è un caso che a scegliere ilmovimento di Grillo siano stati sia tantigiovani (internauti) che anziani (non sem-pre in grado di maneggiare con una ta-stiera ed un computer) che erano sempli-cemente nauseati dai partiti, dalle stessefacce (la casta) e dalla vecchia politica.Se proprio vogliamo ricercare qualcosadi calabrese nel voto dell’ultima domeni-ca di febbraio riusciamo ad individuarequalche aspetto, di segno non sempre

positivo. Innanzitutto la partecipazione alvoto. La Calabria è la regione dove si èvotato di meno. Nella nostra regione havotato solo il 63,2% alla Camera mentre inItalia la partecipazione è stata del 75,1%.Cioè è aumentato ancora il divario fraCalabria e Italia in fatto di partecipazionealla vita democratica.Se buona parte degli astensionisti aves-se voluto dare un segnale con il non-voto, unitamente a quel 25% di voti anda-ti al non-partito, come preferiscono defi-nirsi i grillini, saremmo di fronte ad unapartecipazione politico-elettorale ai limitidel normale funzionamento istituzionaledemocratico.

Un’altra caratteristica elettorale che siconferma in Calabria, anzi è molto accen-tuata in questa tornata elettorale, è lamobilità, cioè la scelta di un partito oschieramento diverso rispetto alla prece-dente elezione.Il PD passa dal 32,6% del 2008 al 22,4% del2013; il PDL passa dal 41,2% del 2008 al23,8% del 2013. In pratica, quasi la metàdegli elettori del 2008 ha cambiato schie-ramento e partito, ovviamente con moltescelte a favore del “Movimento 5 Stelle”.Forse potevano essere meno i 250.000

elettori “persi” da PD e PDL in questi cin-que anni se nella formazione delle listebloccate questi partiti avessero tenutoconto del “nuovo” facendo molto menoricorso a candidati con familiari esponen-ti della vecchia repubblica, a “paracadu-tati” e trasformisti (“responsabili”) di pro-fessione. Con questi numeri che ci dannouna dimensione dello tsunami abbattutosisui due principali partiti, i dirigenti regiona-li degli stessi hanno avuto anche il corag-gio di cantare vittoria (come si faceva nel-l’ormai prima repubblica dove vincevanoquasi tutti ma con numeri molto più conte-nuti). Il commissario regionale del PD cheha esultato “per avere colmato il divario

con il PDL” e Scopelliti che ha festeggia-to con tutti gli eletti - calabresi e non,fedelissimi e trasformisti – la “vittoria” delPDL in Calabria. Di per sé la forte mobilità elettorale non èfenomeno da leggere negativamente. È il“voto d’opinione” che soprattutto deter-mina il comportamento degli elettori chefa sì che si cambi partito, o schieramen-to, da un’elezione all’altra. Delusi dal par-tito votato nel 2008, si vota in manieradiversa nel 2013.Un ulteriore tratto del comportamentoelettorale dei calabresi è riscontrabile inquel poco di voto “personale” ancorapossibile in un sistema elettorale con leliste bloccate e con i candidati che prati-camente non fanno alcuna campagnaelettorale al di fuori del partito.Qualche “figlio prediletto”, il candidatodel luogo, ha potuto beneficiare di qual-che preferenza a prescindere dal partitoe dallo schieramento. Ma i casi di votopersonale sono molto limitati soprattuttose comparati con quanto succede nelleelezioni comunali, provinciali e regionali.L’ingresso così prorompente nella com-petizione elettorale del “Movimento 5Stelle” ha spazzato quasi dappertutto le

residue zone di tradizionale radi-camento di alcune aree politiche.Anche in Calabria è diventatoimpossibile identificare qualchezona rossa o azzurra che fino adora si era preservata nel territorioregionale e, in qualche caso, erarimasta più o meno intatta anchenel passaggio dalla prima allaseconda repubblica. Il voto anchein Calabria nei risultati è diventatoabbastanza omogeneo, senzamolte differenze fra province e frazone specifiche.La lettura “nazionale” di questorisultato elettorale può essere sin-tetizzata nel monito che il movi-mento di Grillo lancia alla politicae ai partiti di ieri e dell’altro ieri.Occorre cambiare la politicasoprattutto partendo dai privilegidegli eletti. Sintetizzando ancora:

niente sarà più come prima. E qualcunocomincia già ad accennare alla nascitadella terza repubblica. Volendo guardare avanti, alle prossimescadenze elettorali in arrivo, le regionalidel 2015 possono rappresentare un bancodi prova per la verifica e, soprattutto, l’in-terpretazione del significato del segnaleaffidato dai calabresi al voto di “protesta”.I dirigenti, vecchi e nuovi, dei partitidovrebbero lavorare molto per rinnovarela politica e i loro stessi partiti per pre-sentarsi con le carte in regola ai cittadiniai quali chiedere il consenso, recuperan-do voti in libera uscita e astensionistiintermittenti.

n

In caso di mancato recapito inviare al CMP Romaninaper la restituzione al mittente previo pagamento resi

Editore Amici Casa della Cultura “L. Répaci”www.amicicasarepaci.it

La Calabria nel mondoil mondo della Calabria

PERIODICO TRIMESTRALE - ANNO VI - N. 20 - Aprile 2013 - Costo/copia: E 2,50Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post70% - Roma - Aut. n. 67/2008

2 Una Piana a tutto gas

“Troppi rischi,poco lavoro”

Un progetto bipartisan

3 Preferiamo ariae mare puliti

CittanovaTe lo do io il carbone

4 A bordo della storiaper il giro delle Calabrie

5 Comunità all’esteroricchezza incompresa

In Calabria corsi (gratuiti)di lingua italianaper giovani emigratiresidenti all’estero

6 Quel pane così buonolievito di successo

SPECIALE / LEONIDA REPACI

I Ritorno alla Pietrosa

II Geografia dell’anima

Repaci,l’impeto di una vita

III Leonida e Albertinasono qui, ancora

IV Le sette vite di Villa Repaci

7 Porta a casa la Calabria

8 Il bene comunesecondo Settis

Uno sguardo al passato

9 Miss America allo Schioppo

10 NewsLa Calabria nel mondoil mondo della Calabria

IN QUESTO NUMERO

Consiglio Regionale La prima volta delle donne

Novità in Consiglio Regionale. Per la prima volta fanno il loroingresso due donne. Sono Tilde Minasi (foto in alto), avvoca-

to, e Gabriella Albano, medico, che subentrano ad Antonio Caridie Piero Aiello eletti al Senato.Il presidente Talarico si è detto assai compiaciuto e soddisfattoper il loro arrivo. «Sono del parere - ha spiegato - che le due nuo-ve consigliere regionali sapranno contribuire a rendere più sen-sibile il Consiglio regionale e la politica calabrese verso una se-rie di problematiche ed apportare, grazie al loro prezioso punto divista di donne in un’Aula finora composta solo da uomini, un im-portante valore aggiunto che sarà senz’altro utile alla Calabria edai calabresi».Nelle elezioni regionali del 2010, Gabriella Albano, in provincia diCatanzaro, aveva ricevuto 4.290 preferenze.Tilde Minasi, consigliere comunale di Reggio Calabria, è stataeletta per la prima volta nel 2002, riconfermata poi nel 2007 e nel2010, ricoprendo gli incarichi di assessore alle Politiche sociali,della famiglia e sanità nelle prime due consiliature e successiva-mente ha ricevuto la delega alle politiche ambientali e pari op-portunità. L’hanno votata 6.769 elettori.

Dodici punti in meno nell’affluenzaal voto rispetto al dato nazionale:l’unico record è quello dell’astensionen Piero Fantozzi e Roberto De Luca

Le elezioni politichein Calabria

ANCHE IN CALABRIA LE (5) STELLESTANNO A GUARDARE...

Piero Fantozzi, a sinistra, e Roberto De Lucadel Dipartimento di Sociologia

e Scienza Politica dell’Università della CalabriaA Reggio Calabria, dopo PignatoneFederico Cafiero De Raho

Dopo un lungo anno di sede vacante, la Procura di ReggioCalabria ha, finalmente, un nuovo titolare. È Federico

Cafiero De Raho, viene da Napoli dove per lungo tempo èstato in prima linea nella lotta alla camorra. Lo ha nominatoil Consiglio Superiore della Magistratura con una votazione amaggioranza. Poco prima del voto i pro-curatori aggiunti di Reggio Calabria Ni-cola Gratteri e Michele Pristipino, ave-vano ritirato le loro candidature.Ad accelerare la nomina, probabilmentela dura lettera del Capo dello Stato alCSM con cui sottolineava i continui eparalizzanti contrasti fra le correnti dellamagistratura.Cafiero De Raho è in magistratura dal1977, ha sempre svolto le funzioni di pub-blico ministero, prima a Milano, poi dal1984 a Napoli. Parlando di come intende svolgere il suo com-pito, ha messo le mani avanti: «Il modello attuato a Napoli èstato quello del lavoro di gruppo in cui tutti i magistrati chehanno collaborato con me lo hanno fatto in modo affiatato.Questa è stata la base fondamentale per ottenere grandi ri-sultati. A Reggio ne sono già stati ottenuti, quindi spero di im-mergermi in un modello analogo a quello napoletano in cuitutti lavorano per l’ufficio e quindi ripetere i grandi risultatiottenuti».

n Agostino Pantano

Come il V° centro siderurgico e lacentrale a carbone, solo chequesta volta a proporre un nuo-

vo mega investimento per l’area diGioia Tauro non ci sono grandi colos-si statali come l’Iri o l’Enel, bensì la so-cietà privata Lng Medgas Terminal.Allo stesso modo dei due mai realizza-ti impianti per la produzione di acciaioed energia elettrica, però, il rigassifi-catore progettato a ridosso del porto

calabrese sta dividendo l’opinionepubblica e le istituzioni, i partiti e glienti locali in un’aspra contesa politicache ricorda, anche per i toni più cheaccesi che in qualche caso ha assun-to la protesta, le contestazioni che daanni si vedono in Val di Susa contro laTav. Da un lato il governo, la Regione,la Provincia di Reggio Calabria, chevogliono la realizzazione di questo ter-minal capace di immettere nella retenazionale 12 miliardi di metri cubi al-l’anno di gas metano; dall’altro i Co-muni di Gioia Tauro, San Ferdinando e

Rosarno – nei cui territori ricade l’o-pera che si estende su un’area di cir-ca 47 ettari – e con loro l’associazio-ne dei sindaci della Piana e il Coordi-namento dei comitati che si battonocontro l’impianto e che, nel febbraioscorso, durante un sit-in, sono arriva-ti vicini allo scontro con la polizia. È dal 2002 che, attraverso diversi pro-getti e con diverse società proponen-ti, si portano avanti piani per costruireun rigassificatore nell’area leader nelMediterraneo per il trasbordo di con-tainer, e chi ieri come oggi difende

quest’investimento di 1.000 milioni dieuro (con un cofinanziamento dell’Ueper 1,6 milioni) lo fa soprattutto per of-frire una seconda chance di sviluppoalle tre zone industriali che circonda-no il porto, piene di capannoni inutiliz-zati e di industrie fallite. L’impianto chein questi giorni ha ricevuto dal comita-to portuale il via libero definitivo, infat-ti, come negli anni Settanta e Ottantaera capitato per il “mitico” centro si-derurgico e la contestata centrale acarbone, è difeso dagli enti sovraco-munali soprattutto per la sua capacitàeconomica induttiva in un distretto in-dustriale che, oggi deserto, non ha sa-puto approfittare della straordinariavantaggiosità costituita dalla presen-za dello scalo container gestito daMedcenter. La merce passa ma non siferma: la ricaduta per il territorio, gra-zie al carico e scarico dei container, èpiuttosto limitata.

Le caratteristiche dei processi di tra-sformazione del gas liquido, che arri-verebbe a Gioia Tauro a bordo dellenavi gasiere utilizzando un pontileesterno al porto, fanno in modo di rila-sciare prima dell’immissione nel me-tanodotto nazionale grandi quantitati-vi di fonti energetiche – chiamate fri-gorie – che la società Lng sarebbedisposta a cedere senza spese per ali-mentare un sistema di piccole impre-se dedite alla conservazione dei pro-dotti surgelati che potrebbero appro-fittare dell’energia a basso costo per

insediarsi nell’area. All’abbinata rigas-sificatore-piastra del freddo credono isoggetti pubblici che difendono l’inve-stimento del gruppo Cir, che tramiteSorgenia è impegnato nell’azionariatodella società proponente. L’iter che inquesti giorni è arrivato a un punto disvolta – si è infatti in attesa solo delprogetto definitivo perché tutte le auto-rizzazioni sono state già incamerate –era iniziato nel 2005, dopo la messa insoffitta di un precedente progetto cheera stato presentato dalla Società pe-trolifera del Gruppo Sensi.

2GIOIA TAURO UNA NUOVA CHANCE DI SVILUPPO INDUSTRIALE PER UN’AREA CHE FINORA NON HA SAPUTO UTILIZZARE I VANTAGGI DELLO SCALO CONTAINER

Erano gli anni in cui nella regione inizia-va una corsa a costruire impianti di que-sto tipo, capaci cioè di offrire al “siste-ma paese” fonti di approvvigionamentoalternative ai metanodotti dall’Africa edall’Europa dell’Est, e quindi di ridurre ladipendenza dai grandi gruppi stranieri.Un investimento simile a quello che vo-leva realizzare a Gioia Tauro l’ex patrondella Roma era stato ipotizzato anchenella Piana di Lamezia Terme, in quelcaso proposto dall’industria Falck, evi-dentemente in ragione di una certa dis-ponibilità delle istituzioni calabresi a

3ANNO VI - N. 20 - Aprile 2013

Una Pianaa tutto gas

Dopo il V Centro siderurgico, il Porto e la Centralea carbone, Gioia e il suo comprensorio vivonol’ennesima stagione di attese e promesse industriali. Stavolta la scommessa si chiama “rigassificatore”e dietro non c’è lo Stato ma l’impresa privata

Un progetto bipartisanS ia il centrosnistra di Loiero, sia il centrodestra di Scopelliti,

al rigassificatore non hanno voluto rinunciare.I rapporti tra la Regione e la Lng sono regolati da un documento sottoscrittonel 2006, rimasto in vigore anche quando durante il governo Berlusconie a causa di un disimpegno del ministero dello Sviluppo economico sembravanoridotte al lumicino le chances di portare a termine la programmazione.Con questo protocollo d’intesa la società s’impegna ad aprire in Calabriala sede legale, per garantire una ricaduta fiscale diretta, e promettedi versare nelle casse degli enti locali coinvolti dieci milioni di euro comecompensazione per l’impatto ambientale provocato.Per ritoccare questa cifra, sarebbero in corso delle nuove trattativenel tentativo di far lievitare la somma da riconoscere ai Comuni.La Regione, inoltre, con il protocollo firmato ha visto riconosciuto il dirittodi acquisire il 5% del capitale sociale di Lng, entrando quindi nella gestionediretta dell’impianto. L’altro vincolo sancito, infine, è legato alla piastradel freddo con l’impegno della Lng a cedere gratuitamente le frigorie.Proprio su questo fronte, però, si starebbero registrando dei ritardi da partedella Regione: il progetto per dotare l’area di un sistema di piccole e medieimprese anche di livello nazionale sembra finito nelle secche.

Imovimenti che si battono contro la costruzione del rigassi-ficatore stanno tentando di unire la loro lotta a quella che

è in atto a Trieste, dove pure è stato progettato un impiantodi questo tipo. A parte però una mozione presentata da cin-que deputati del Pd e di Sel, e una manifestazione di prote-sta a Roma organizzata da alcuni parlamentari del Movimen-to 5 Stelle, sono state fin qui poche le occasioni in cui il “no”al terminal gas ha varcato i confini calabresi. Tranne che peri grillini, i vendoliani e la sinistra extraparlamentare, non cisono infatti posizioni compatte nel panorama politico che sibatte contro l’opera, e lo stesso Pd ha posizioni molto diver-sificate stante l’indirizzo nazionale favorevole agli insedia-menti di questo tipo. Favorevoli si sono detti anche Cgil, Cisl,Uil e Ugl, lasciando ai soli sindacalisti del Sul – un’organizza-zione molto forte a Gioia Tauro – la bandiera del “no”. Chi si batte contro, quando ormai l’unico ostacolo verso unesito positivo dell’iter è rappresentato solo da probabili pro-blemi di capitalizzazione dell’opera, lofa in nome dell’alto rischio d’incidentigravi. L’impianto verrebbe costruito inun territorio sismico, a quattro chilo-metri dalla costa, e la tubatura di col-legamento tra il pontile di attracco e ilterminal lambirebbe l’abitato di SanFerdinando, nella zona Nord dell’areaportuale. La società, che per tale mo-tivo ha dovuto adeguare il suo proget-to nel rispetto delle prescrizioni del

Consiglio superiore dei lavori pubblici, è ora impegnata asmentire queste preoccupazioni in un territorio che già pati-sce per la presenza di un inceneritore dei rifiuti e di un cen-trale a metano nel raggio di sei chilometri. Timori che si accompagnano alle altre rivendicazioni agitatedai movimenti, relative a una presunta minaccia dell’ecosi-stema marino dovuta al fabbisogno di acqua salata per il pro-cesso di raffreddamento della tubatura. L’impianto, infatti, sirifornisce dal mare e, successivamente, verserebbe al largoacqua trattata che avrebbe una temperatura più alta. Per ab-battere ogni rischio, i comitati avevano chiesto inutilmente lapredisposizione di una valutazione d’impatto ambientalestrategica, per tenere conto della sommatoria dell’inquina-mento prodotto dai megaimpianti già operativi nell’area, cuisi aggiungerebbe il rigassificatore. Chi si batte per il “no”, infine, ritiene scarsa la ricaduta oc-cupazionale promessa: 125 addetti a impianto in esercizio, fi-

no a mille nella fase di cantierizzazio-ne, lunga due anni, e 500 posti di lavo-ro nell’indotto. E in questo senso, a dis-sipare ogni riserva su questo versan-te, potrebbe intervenire la Regione il-lustrando, come oggi non ha mai fatto,il progetto della piastra del freddo e leoccasioni di sviluppo che potrebbe of-frire per una “seconda vita” dell’areadi Gioia Tauro, oltre il porto e il transhp-ment dei container.

intercomunali, che vennero intese co-me momento di confronto con la popo-lazione, indispensabili per insediamen-ti di questo tipo considerati ad alto im-patto ambientale. Proprio questo “dialogo” non moltoampio è oggi alla base delle resistenzeespresse dai sindaci di Gioia Tauro, Ro-sarno e San Ferdinando che, una voltainsediatisi, hanno provato a fermare iltreno in corsa, licenziando degli atti cheinutilmente hanno tentato di revocarele precedenti delibere approvate daicommissari. In questa loro opposizione,che è stata ribadita con sfumature di-verse nel recente voto del comitatoportuale – che ha dato il via libera allacostruzione del pontile e al passaggiodelle condotte sotterranee che dall’a-renile porteranno il gas liquido fino al-l’impianto che lo trasformerà – i sinda-ci non sono sostenuti né dalla Regione,né dalla società che gestisce il porto.La posizione della giunta regionale gui-data da Giuseppe Scopelliti è coerentecon quella del precedente esecutivoguidato da Agazio Loiero, che nel 2006firmò un protocollo d’intesa con la Lng(vedi box) per ottenere una serie dicompensazioni in cambio del voto favo-revole e in vista della realizzazione del-la “piastra del freddo”. Il cambio di rot-ta della Medcenter-Contship, invece,ha provocato qualche sorpresa. La so-cietà terminalista che controlla in regi-me di monopolio le attività interne alporto, in passato, aveva tentato d’op-porsi alla costruzione dell’impianto neltimore che l’interdizione temporaneadel traffico delle portacointaner, in oc-casione del concomitante arrivo nellospecchio d’acqua di fronte allo scalodelle navi metaniere, potesse penaliz-zare l’efficienza dello scalo che lavora24 ore su 24. Una preoccupazione fon-data sul fatto che l’attracco delle navidel gas innalza di molto il rischio inci-denti, da qui il blocco totale delle altremanovre in mare nei giorni in cui è pia-nificato l’arrivo dei mezzi navali dellaLng. Un timore comunque di colpo su-perato, evidentemente grazie all’analisidelle condizioni in cui in altri porti - co-me quelli di Barcellona e Boston – i ri-gassificatori convivono con le normaliattività marittime.

n

“TROPPI RISCHI, POCO LAVORO”

evitare quelle opposizioni che, ad esem-pio a Brindisi, sono riuscite a impedirel’installazione di un terminal simile. Nella gara a costruire il terzo rigassifi-catore italiano dopo quelli di Rovigo ePanigaglia, comunque, la Lng ebbe lameglio sfruttando il ritiro e la collabo-razione dei diretti concorrenti, proba-bilmente scoraggiati dal grande impie-go di capitali necessari, più che dalleritrosie dei soggetti pubblici calabresi.Partite le conferenze dei servizi al mi-nistero e incassati di volta in volta tuttii pareri, nel 2009 si ebbe la prima svol-ta. La concomitante sospensione de-mocratica nei tre Comuni coinvolti nel-l’iter amministrativo – in quell’annoguidati da altrettanti commissionistraordinarie, dopo lo scioglimentoper infiltrazioni mafiose dei rispettiviconsigli comunali – diede la possibili-tà di ottenere i primi semafori verdi delterritorio attraverso delle assemblee

«I l rigassificatore potrebbe pregiudi-care la qualità del mare e potrebbe

mettere a serio rischio la salute dei citta-dini». Non usa mezzi termini il sindaco diGioia Tauro, Renato Bellofiore, che avevachiesto ufficialmente al Comitato portua-le il rinvio della discussione sulla conces-sione demaniale alla società LNG per larealizzazione del pontile e di altre operecollegate al rigassificatore.L’impianto è stato già definitivamente au-torizzato con decreto interministeriale del 14 febbraio2012. Ma due pareri del Consiglio superiore dei LavoriPubblici (uno nel 2010 e uno del 2012) hanno posto pe-santi dubbi sulla sicurezza dell’impianto e prescritto perquesto alla società realizzatrice di approfondire gli stu-di e le verifiche. La LNG avrebbe l’obbligo di rispettare le prescrizionidell’organo di controllo, ma il “colpo di spugna” del de-creto-sviluppo varato dal Governo Monti ha di fatto su-perato i precedenti pareri sancendo il via libera al ri-gassificatore, «salve le prescrizioni tecniche che pos-sono essere disposte anche successivamente fino al ri-lascio della concessione». Ma non si capisce bene qua-le “organo terzo” controllerà a questo punto il rispettodelle normative. «Dalla documentazione depositata presso l’autorità por-tuale ho potuto riscontrare – ha scritto Bellofiore – una se-rie di apparenti incongruenze e alcune presunte disappli-cazioni della vigente normativa che, attesa l’importanza

del progetto, imponevano un attento appro-fondimento sull’intera procedura».Tra gli argomenti principali chehanno motivato la richiesta del primocittadino ci sono una certificazione anti-mafia scaduta, la mancanza della valuta-zione ambientale strategica VAS (serve avalutare gli effetti ambientali del piano),l’assenza di un programma per l’incre-mento dei traffici e della produttività delporto, e la carenza nel piano industriale.

«Nella zona interessata dalla realizzazione del termi-nale di rigassificazione – ha sostenuto Bellofiore – esi-stono molti impianti a forte impatto ambientale e poten-zialmente dannosi per la salute e l’ambiente: il termo-distruttore in fase di raddoppio, finalizzato allo smalti-mento per combustione di tutti i rifiuti della Calabria;una centrale turbogas, una centrale a biomasse, un me-gadepuratore, due discariche per rifiuti già sature eun’altra in fase di nuova apertura, oltre a un elettrodot-to ad alta tensione che attraversa il territorio». Tornando alle garanzie sull’incremento dei traffici delporto, Bellofiore sostiene che sono completamente as-senti: «Si consideri – afferma – che una delle motivazioniprincipali addotte da chi sponsorizza il rigassificatore èproprio la creazione di nuovi posti di lavoro e l’incremen-to dei traffici portuali». Garanzie che secondo Bellofioremancano completamente, lasciando ipotizzare l’ennesi-ma beffa per il territorio, «sempre svenduto con la promes-sa di qualche posto di lavoro».

Bellofiore, Sindaco di Gioia Tauro

PREFERIAMO MARE E ARIA PULITI

Il Comitato portuale di Gioia Tauroha dato il via libera definitivoalla realizzazione del rigassificatore.Nella foto, Giovanni Grimaldi,presidente dell’Autorità portuale

CITTANOVA TelodoioilcarbonePronto il varo di unimpianto d’avanguardiache trasformain carbone attivola sansa, derivatodella produzioneolearia.Sarà in gradodi sostenere il 10%del fabbisognocarbonifero nazionale

P otrebbe finalmente partire entro l’estate ilprogetto di Eco-Green a Cittanova.

«Ma dopo più di otto anni di attesa, mese più omese meno non fa certo la differenza» spiegaEnzo D’Agostino, un calabrese trapiantato aMilano e tra i principali ispiratori del progettoper la costruzione nella Piana di un impiantodi produzione di carbone attivo dal nocciolinodi sansa.Non sarà più la Regione Calabria a finanziare ilprogetto (18 milioni gli investimenti previsti) mala Commissione europea a cui si è rivolto il grup-po di imprenditori dopo che lo scorso anno eradefinitivamente tramontata la speranza che l’im-pianto potesse essere realizzato con il cofinan-ziamento regionale (tra il 40 e il 50%) attraversola legge 488 e i fondi comunitari.L’assessorato alle Attività produttive della Re-gione, infatti, quando tutto sembrava ormaipronto per chiudere la pratica, ha comunicato

agli imprenditori che le risorse destinate allaEco-Green erano state dirottate a non meglioprecisate attività di logistica del porto diGioia Tauro.Gli imprenditori si sono rivolti a Bruxelles e, aquanto pare, le cose stanno marciando abba-stanza speditamente.Dalla Commissione potrebbero arrivare non soloi fondi per l’impianto di Eco-Green ma anche ri-sorse per le aziende dell’indotto, quelle cioè cheforniranno la materia prima.L’impianto, per il quale da tempo è stato già op-zionato il terreno, produrrà 4,8 tonnellate di car-bone attivo, pari a circa il 10% del fabbisognonazionale, oggi importato tutto dall’estero.Si tratta di un materiale filtrante che trova sem-pre più numerose applicazioni non solo in attivi-tà industriali e di risanamento ambientale maanche in medicina (filtri per dialisi, tanto per fa-re un esempio).

Con un eccesso di semplificazione, si può direche grazie alla sua struttura porosa assorbe lesostanze inquinanti e funziona da depuratore.L’impianto di Eco-Green dovrebbe smaltire unsesto della sansa prodotta ogni anno in Cala-bria, uno scarto – dunque – che diventa prezio-sa materia prima.Oltre al carbone attivo, produrrà 2,5 MW di ener-gia elettrica e vapore per le aziende florovivai-stiche della zona.«È previsto l’impiego di un centinaio di persone,ma si tratta di una stima molto prudente» è con-vinto D’Agostino, il cui ottimismo nasce anchedal fatto che – prima ancora dell’avvio dei lavo-ri – l’intera produzione potenziale di carbone at-tivo ha già trovato diversi compratori, anchedall’estero.La speranza di tutti è che anche la strada dell’Eu-ropa non si riveli una bolla di sapone.

G. C.

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4

n Massimo Vivarelli

L e associazioni all’estero dell’emigrazionecalabrese sono in fermento. Nonostantesia stata promulgata la legge 54 che uni-

fica ed aggiorna tutte le norme precedenti re-lative al rapporto con la Regione Calabria,crea, in particolare, profonda irritazione lamancata risposta alla richiesta di convocazio-ne della Consulta dell’emigrazione, previstaperaltro dalla stessa legge.Ad incrementare il malessere, l’articolo di unquotidiano regionale, disinformato e malde-stro, che ha indicato la Consulta come organi-smo assolutamente inutile e dispendioso.In realtà, invece, il problema di fondo è l’insi-gnificante dotazione budgettaria della leggeche a fronte di un complesso programma d’in-terventi, stanzia appena 250mila euro da con-dividere con la Fondazione Calabresi nel Mon-do, ormai, però, in via di definitiva liquidazione.Ma volendo andare alla radice vera del males-sere è la netta percezione da parte delle comu-nità emigrate di un sostanziale disinteresse ver-so di loro della Regione, Giunta e Consiglio. E aquesto proposito c’è da registrare un vero e

proprio ritardo culturale delle istituzioni regionali.Il politologo di Harvard, Robert Putnan, nelsuo classico studio sul sistema regionale ita-liano, ha incluso l’associazionismo tra i prin-cipali indicatori del grado di sviluppo di cia-scuna regione. Illuminante a questo proposi-to l’intervento, in un recente convegno, diFranco Narducci, Presidente dell’Unione na-zionale associazioni d’immigrazione ed emi-grazione (UNAIE) e nella passata legislaturavicepresidente della Commissione Esteri del-la Camera dei Deputati.«Gli italiani, da quando sono iniziati i flussi mi-gratori – ha affermato Narducci – hanno for-mato immediatamente associazioni, per primedi mutuo soccorso, a seguire quelle ispirate al-le più diverse ragioni sociali: appartenenza re-gionale, diffusione della lingua e della culturad’origine, ricreative, musicali... Se non ci fossestato l’associazionismo, i legami con la madrepatria avrebbero seguito la sorte toccata atante altre etnie, ossia il lento diradamento eun inesorabile melting pot seguito dall’obliodelle origini. Il fatto invece che tanti migranti dibuona volontà abbiano sacrificato il loro tem-po libero a coltivare i rapporti con i connazio-nali è servito a tenere vivi i legami e ha rega-lato all’Italia un patrimonio di opportunità eco-nomiche e culturali accanto alla possibilità ditenere continuamente conto delle esigenze

dei concittadini all’estero grazie alla pressioneche esercita il mondo dell’associazionismosulle istituzioni. Infatti, se si fosse lasciata lagestione del rapporto con i concittadini ai soliuffici italiani all’estero, questo si sarebbe ina-ridito e deteriorato».Partendo da queste considerazioni Narducciha sottolineato che «male fanno lo Stato e leRegioni a ridurre o a eliminare le poche risorsefinanziarie a favore dell’associazionismo italia-no all’estero. Se è vero che non tutte funziona-no come dovrebbero e se molte organizzazioni– come da qualche parte è denunciato – osta-colano addirittura la corretta espressione delvoto italiano all’estero, il sistema nel suo com-plesso garantisce una stabile presenza italiananel mondo. Essa per giunta è assai meno costo-sa di tante missioni e iniziative italiane all’este-ro, pubbliche e private, che presentano un ca-rattere di sporadicità e di casualità il cui effet-to il più delle volte cessa col ritorno in patria.«Per questo è auspicabile che il sostegno del-l’associazionismo italiano all’estero (tra l’altrol’unico al quale legalmente non possono muo-vere obiezioni i governi locali) sia fatto rientra-re dallo Stato italiano nel capitolo investimen-ti, come lo sono gli interventi a sostegno del la-voro, dell’economia e del mantenimento delpatrimonio ambientale e culturale».

n

5ANNO VI - N. 20 - Aprile 2013ANNO VI - N. 20 - Aprile 2013

nella loro completezza, di chiarire, correggereinterpretazioni sbagliate e anche aiutare a diri-mere, anzi a «puntualizzare», per citare l'autore,annose controversie. È ciò che, ad esempio, prova a fare, compito as-sai coraggioso e impegnativo, in merito al cosid-detto “scippo catanzarese” del Capoluogo di Re-gione. Tra i materiali raccolti, infatti, vi è ancheuna testimonianza inedita, rimasta per quasi ses-sant'anni nell'oblio, la “Relazione Donatini-Moli-naroli”, redatta all'inizio degli anni Cinquanta perconto della commissione Affari interni della Ca-mera da un comitato che, sulla base di approfon-dite indagini e confronti tra Catanzaro, Cosenzae Reggio Calabria, doveva suggerire il nome del-la città più adatta a essere scelta come capoluo-go di Regione.Il grande otto si rivela dunque anche un libro di“primati”: oltre alla pubblicazione del testo in-tegrale della relazione sopra citata, per la pri-ma volta è offerto l’elenco completo, arricchitodall'indicazione del luogo di origine e del parti-to di appartenenza, dei 22 padri costituenti ca-labresi, deputati eletti tra i 556 che parteciparo-no all'Assemblea Costituente, inaugurata nelgiugno del 1946.Tuttavia l'elemento sul quale ci sembra più impor-tante soffermare l'attenzione è il ruolo centrale,

evidente già apartire dal sotto-titolo Storie di-menticate, cheindica l'intenzio-ne dell'autore diriportare alla lu-ce storie di cui siera persa la me-moria storica.Ancora più signi-ficativo il titolodella prefazione,Pro memoria,manifesto delrapporto specia-le con la memo-ria ricercato dal-l’autore, ancoradi più in una re-

gione come la Calabria, in cui essa spesso difet-ta, e in un’epoca come quella odierna in cui ap-pare in «dispersione» e in «frantumazione» e «iltempo o è vissuto o scivola sulla nostra coscien-za senza lasciare traccia», per usare le paroledell’autore. Conoscere il passato, invece, è da sempre fon-damentale per la nostra azione nel presente, ètra le basi di un possibile cambiamento.Il grande otto è, dunque, un libro prezioso, com-batte la tendenza a dimenticare e sa offrire a tut-ti noi, sia amanti sia denigratori della Calabria,una nuova prospettiva dalla quale guardare allastoria e alla realtà della regione. Il merito è tuttodell'autore: la sua non è sterile informazione, eglinon si limita a presentare la notizia, ma è in gra-do di raccontarla.Bruno Gemelli si autodefinisce «cronista», ma ainostri occhi egli non è solo questo, in lui si puòscorgere la vocazione del “narratore.«È sempre più raro - affermava Benjamin - incon-trare persone che sappiano raccontare qualco-sa come si deve».Bruno Gemelli, indubbiamente lo sa fare.

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EMIGRAZIONE NUOVE STRATEGIE DA METTERE IN CAMPO

Carmine Lupia, “scopritore” dell’area naturalisticadelle Valli Cupe, qui accanto ad un maestoso albero

La Repubblica rossa di Caulonia (sotto) nacquee morì nel giro di cinque giorni, fermata, probabilmente,dalla real politik di Palmiro Togliatti

cativo: il “grande otto” è un soprannome attribui-to al Giro delle Calabrie, una tra le più importanticompetizioni automobilistiche su strada in Italiatra la prima e la seconda metà del Novecento, perla forma del suo percorso, che attraver-sava la regione da nord a sud. Noveedizioni, marchi automobilistici pre-stigiosi e piloti provenienti da tut-ta Europa: un evento di massa,seguitissimo dalla popolazionecalabrese. Questo è solo uno stuzzicante“aperitivo”: il libro presenta, in-fatti, un gran numero di vicendecollettive, spesso quasi dimenticate,di un’Italia che fu, tra storia politica, reli-giosa, sociale e militare. Tra queste: il referen-dum “Monarchia o Repubblica” in Calabria, conun’accurata ricostruzione delle percentuali di vo-to; gli effetti della Legge Merlin:la fine di un’epoca con l’obbligodi chiusura per legge dei bordel-li, vere e proprie istituzioni nelcostume italiano, di cui l’autoreci fornisce precise coordinatenelle principali città calabresi; ladifficile e coraggiosa storia del-la Chiesa della Locride nel No-vecento, poco indagata daglistorici calabresi; la prima sedu-ta della giunta regionale cala-brese nel luglio del 1970, natasenza una sede propria; la brevevita della “Repubblica rossa diCaulonia”. Tuttavia sfogliandol’indice del volume o anche sol-tanto leggendo il racconto dieventi storici di massa ci si ren-de facilmente conto che sono lestorie dei singoli ad avere un posto rilevante tragli interessi di Gemelli.Il lettore, infatti, è accompagnato e guidato dal-l’autore in un viaggio ricco d’incontri con figure

una prospettiva singolare, il difficile rapporto, perlui, deciso antifascista, con la madre, Maria Elia,convinta sostenitrice del regime e in contatto di-retto con i più importanti gerarchi, oltre che con

lo stesso Mussolini. O addirittura figuretotalmente sconosciute al grande

pubblico, come il “biondo garibal-dino” di origine friulana che fon-dò a Catanzaro Lido (al tempoCatanzaro Marina) un’attivitàcommerciale con Menotti, unodei figli di Giuseppe e Anita Ga-

ribaldi, o come Federico Tallarico,che con il nome di battaglia “Frico”

fu a capo di una brigata partigianaautonoma che combatteva contro i nazi-

fascisti durante la Liberazione, mentre in quellostesso periodo, ci ricorda l’autore, in Calabria siconsumava la vicenda nota come “rivolta degli

ottantotto”, i sabotaggi del movi-mento che mirava a ricostituireil partito fascista in Italia Meri-dionale. E tanti altri, tra cui nonmancano uomini politici cala-bresi o colleghi giornalisti.Ma gli scritti dell’autore si sof-fermano pure sul territorio cala-brese, sul paesaggio, rivelandotesori naturali che, al contrariodi tanti altri notissimi sparsi nelglobo e ai quali non hanno nullada invidiare, sono rimasti na-scosti, spesso sconosciuti aglistessi calabresi, benché sianofacilmente alla loro portata: nel-la Presila orientale, ad esempio,sorge la straordinaria area na-turalistica delle Valli Cupe,gioiello storico-paesaggistico,

con le sue 101 cascate e il suo spettacolare can-yon in arenaria, unicum in Italia.Un luogo in grado di incantare anche i più indif-ferenti e che Bruno Gemelli sa presentarci con

n Francesca Barbalace

S apevate che il primo romanzo italiano sul-la mafia è stato scritto negli anni Quarantada Saverio Montalto, pseudonimo di Fran-

cesco Saverio Barillaro, veterinario della Locri-de, arrestato e chiuso in manicomio con l’accu-sa di aver ucciso la sorella e ferito la moglie e ilcognato? E che la più completa collezione diLambrette al mondo appartiene a un parroco ori-ginario di Marcedusa e che oggi è esposta nelMuseo della Lambretta a Soveria Simeri? Questetra le inaspettate scoperte e piacevoli sorprese

che attendono il lettore de Il grande otto. Storiedimenticate di Calabria (Città del Sole Edizioni,Reggio Calabria, 2013), il decimo libro di BrunoGemelli, giornalista e scrittore, oggi firma autore-vole de Il Quotidiano della Calabria, in passatoanche direttore di Calabriaweb, il primo magazi-ne online realizzato in Italia. Un professionistadella parola pronto, dunque, a misurarsi con i piùmoderni strumenti mediatici, ma al contempo af-fascinato dal passato, da «tante piccole e picco-lissime storie» legate alla Calabria e «popolate dapersonaggi che hanno acceso [la sua] curiosità». Il grande otto ha il merito di proporne un’accura-ta selezione in un unico volume (arricchito da pre-ziose foto tratte dall’archivio personale dell’auto-re) e dunque di mettere insieme quasi cinquanta

tessere che costruiscono per il piacere del letto-re un ricco mosaico, che mostra un’immagine de-gli uomini calabresi e della regione stessa sor-prendente anche per chi crede di conoscerli be-ne. In questo senso lo stesso titolo Il grande otto,che può apparire enigmatico, è un indizio signifi-

eccezionali di calabresi o di uomini legati alla Ca-labria: celebri, come il Maestro Mimmo Rotella, oIndro Montanelli; noti, come Leopoldo Trieste, in-terprete, come attore non protagonista, di più dicento film, tra i quali alcuni dei capolavori di Fel-lini, o il regista Vittorio De Seta, presentatoci da

un racconto coinvolgente, da navigato cicerone.In tutti questi articoli, che si distinguono per lascrittura misurata, lo stile sicuro e limpido, gli in-cipit accattivanti e le chiusure spesso pungenti,ispirate da ironia bonaria e fine intelligenza, Ge-melli si dimostra ricercatore appassionato, masoprattutto preciso e responsabile: raccoglie do-cumenti, atti, interviste, ma non solo, spesso ri-ferisce sue testimonianze dirette, elemento que-sto importante nel confermare la storia raccon-tata. Un lavoro di scavo che ci appare animatodalla volontà di presentare al lettore gli eventi

IL GRANDE OTTO UN LIBRO, TANTI INCONTRI CON GENI INCOMPRESI E SANTI SENZA ALTARI

A bordo della storiaper il giro delle Calabrie

C’era una volta una gara automobilistica che partivae arrivava a Catanzaro dopo aver descritto un grande otto,da Reggio a Cosenza. Bruno Gemelli ne prende spuntoper tirar fuori dalla sua lampada magica vicende e personaggipieni di fascino. Tra cronaca, mito e nostalgia su una vecchiaTopolino che torna a correre sulla Strada dei due Mari

Leopoldo Trieste (a sinistra) con Federico Fellini,attore non protagonista in ben 159 film, ha attraversatola storia del cinema italiano degli ultimi cinquant’anni

Bruno Gemelli (a destra) con Don Andrea Brunoal Museo della Lambretta di Sellia Marina

Nella foto a sinistra, Giro delle Calabrie.Box rifornimenti in piazza Matteotti a Catanzaro

A centro pagina, il logo del Carroccio di Lamezia. I leghistinon sanno che il simbolo del Carroccio è nato in Calabria

Raf Vallone, protagonista del film di Pietro Germi,non ha mai reciso il suo rapporto con il Sud

Sotto, Gennaro Miceli (primo da destra) è statoun autorevole dirigente del PCI negli anni a cavallodella seconda guerra mondiale

La Brigata Catanzaro sulla prima paginade La Domenica del Corriere

COMUNITÀ ALL’ESTERORICCHEZZA INCOMPRESA

La Regione Calabria nel rapporto con le comunità emigratemanifesta un vero e proprio ritardo culturale nel sottovalutare uno strumento prezioso di promozionedella regione e dell’Italia nel mondo

A llo scadere della precedentelegislatura, si è conclusa

l’indagine conoscitiva dellaCamera dei Deputati sullapromozione della culturae della lingua italiana nel mondo;indagine preliminare alla riformadella legge sugli Istituti di CulturaItaliani all’estero.Sono emerse le incertezzee la mancanza di strategierispetto agli altri pilastri dellacultura europea in generale:Francia, Inghilterra, Germaniae Spagna, che, a differenza

dell’Italia, possono contaresu risorse finanziariedi gran lunga maggiori.Si attende ora la stesuradel rapporto finale che dovrebbecostituire la base per il rilanciodella promozione della nostralingua e per l’elaborazione dellestrategie tanto spesso evocatee mai realizzate. La domanda di lingua italianaè in forte aumento nel mondo,nonostante lo strapoteredell’inglese, ma i risultatirisentono in negativo dellaframmentazione degli interventie dei pesanti tagli che negli ultimiquattro anni hanno decimatole forme d’intervento,in particolare quelle direttealle nostre comunità emigrate. Possiamo imparare molto– come ha accertato l’indagine –dai promotori di linguae di cultura degli altri Paesicompetitori, sia per quantoconcerne il razionale utilizzodel personale e delle risorse,sia per la valorizzazionedei tanti aspetti che formano

la cultura di un Paese:l’arte, il cinema, la suagastronomia, il fare sistema… Ma per una volta, un segnalepositivo arriva propriodalla Calabria.L’avv. Teresa Nicolazzi,responsabile dell’UfficioEmigrazione istituito pressola Presidenza della Giuntaregionale, ha avviato un proficuocontatto con il Dipartimentodi Studi umanistici dell’Universitàdella Calabria allo scopodi promuovere e valorizzare,la conoscenza della lingua,della cultura italiana e del contestoregionale calabrese per gli emigrati

calabresi e loro discendentiresidenti all’estero e in Italia.La previsione è di corsi intensividella durata di un mese,con costi a totale caricodella Regione.Il progetto è stato accolto,a dir poco con entusiasmo,dalla Consulta dell’emigrazionechiamata a fornire propostedi eventuali aggiustamenti,ma soprattutto a procederealla selezione dei partecipantinei rispettivi paesi di residenza.Se il bando sarà definitoin tempi brevi, i corsi potrannoessere organizzati già neiprossimi mesi di luglio e agosto.

In Calabria corsi (gratuiti)di lingua italiana per giovaniemigrati residenti all’estero

TeresaNicolazzi

FrancoNarducci

Arcavacata,Università della Calabria

La sede del Consiglio Regionalea Reggio Calabria

«A fine settimana andando a trovare gli amici por-ta una pagnotta. “Dove hai trovato questo pane co-sì buono?”. L’ho fatto io. “Allora portamelo anchela prossima settimana, anche per la mia famiglia”.«Io e i miei fratelli più piccoli, Umberto e Giancarlo,l’abbiamo aiutato da subito, soprattutto consegnan-do, nel vicinato, il pane di casa in casa. È così cheè cominciata la nostra attività. Nel 1962 abbiamo ini-ziato con un forno di appena 60 mq, oggi abbiamocinque stabilimenti, quasi mille dipendenti».

Posso chiederle con che fatturato?Renato Turano ride e glissa. «Forniamo

pane, diversi tipi di pane. Abbiamouno stabilimento in Florida, uno inGeorgia e tre nell’area metropolita-na di Chicago. Il nostro pane arrivanei ristoranti, nelle catene di super-

mercati. Forniamo istituzioni co-me ospedali, scuole».

Senatore, quale rapporto ha con-servato con la Calabria?

«Quando siamo arrivati negli StatiUniti papà ci raccomandava di con-servare il legame con l’Italia. Dice-va “Non si sa mai… Potrebbe darsiche torneremo a lavorare in Italia”.È intenzione di ogni emigrato anda-

re in cerca di fortuna, ma poi ritornare nel propriopaese. Un sogno, penso, che papà ha sempre avu-to, fino all’ultimo dei suoi giorni. È morto a Chica-go nel 1989, all’età di 76 anni.«Io e i miei fratelli abbiamo studiato. Ci siamo tuttilaureati, ma siamo rimasti sempre uniti in questicinqant’anni».

Lei che studi ha fatto? «Economia e commercio. Ho conseguito un mastere anche un dottorato».

Se non sbaglio, lei è l’unico calabrese eletto all’e-stero. Ci rappresenta assieme a tutti gli emigratiitaliani. È un po’ un portabandiera…«Sono stato eletto dal 2006 al 2008. Nella succes-

siva legislatura c’è stato un contenzioso sull’esitoelettorale con un altro candidato, ma la Commis-sione per la Giunta delle elezioni, nel corso di cin-que anni, non è riuscita a dirimere la questione. Inquesta tornata il PD ha ricevuto 26.000 voti, le miepreferenze sono state quasi diecimila».

Ha mai pensato che potrebbe tornare in Calabria?In un ruolo politico o imprenditoriale?«Ah! Con i fratelli l’abbiamo pensato tante volte, cisarebbe piaciuto, ma se non l’abbiamo fatto è sta-to per non dividere la famiglia. Ho sempre pensato

che la mia fortezza è la mia famiglia. Ho tre figli, no-ve nipotini e non posso accettare che non mi sia-no vicini. Un sentimento trasmessomi da papà».

E se fosse un impegno poco assorbente, per cosìdire non a tempo pieno?Una lunga pausa d’incertezza e poi «È molto diffi-cile… difficile».

Però, mi pare che lei sia tornato frequentementein Calabria… «Sì, io ho mantenuto i legami che papà diceva, siacon i parenti che con alcuni enti. Sono stato presi-dente della Camera di Commercio a Chicago, hofatto parte della Assocamere estere (76 Camere diCommercio nel mondo). Abbiamo fatto accordi isti-tuzionali con le università a favore degli studenti,sia in USA che in Calabria. Con l’Unical è stato ungrandissimo successo, cresciuto dal 2006 quandosono stato eletto al Senato. In realtà il meccanismodella borse di studio era già attivo dal 1992.«Oggi il rapporto continua e si consolida grazie an-che all’impegno di Carmel Ruffolo, di origine cala-brese, docente nell’Università del Wisconsin, chetiene le fila».

Cosa pensa della situazione giovanile?«Sono molto preoccupato perché il 37,5% dei gio-vani sotto i 35 anni in Italia non ha un lavoro. Se poiparliamo della Calabria, del Sud, la percentuale cre-sce. Chi al di sotto dei 35 anni lavora, sembra di es-sere usato e abusato. Peggio chi non lavora. Il dan-no è per il giovane, ma ancor di più per il Paese. L’e-tà tra i 20 e 40 anni è la più produttiva. Il Paese nonpuò crescere se perde il suo braccio produttivo. Lasoluzione sta nel creare lavoro e quindi crescita,sviluppo. Negli ultimi dieci anni abbiamo perso

un’infinità di imprese, anche piccole. L’artigianato èsparito».

Senatore Turano, lei sa che c’è il problema, nonsufficientemente all’attenzione delle nostre istitu-zioni, della lingua italiana all’estero…«In numerose comunità emigrate siamo già allaquinta, sesta generazione. La grande emigrazionedall’Italia è cominciata intorno al 1900-1920. Neglianni ’40 durante il conflitto mondiale, abbiamo ri-nunciato all’insegnamento dell’italiano ai figli. Si ècercato di americanizzare i figli. Si voleva che nonfossero emarginati, ma pienamente integrati».

Un senso d’inferiorità?«Oggi l’abbiamo superato molto bene».

Parliamo dei calabresi…«I calabresi da noi sono molto più calabresi dei ca-labresi in Italia».

In che senso?«Nel senso che mantengono le tradizioni; hannovoglia di stare insieme, di associarsi. Anche aiutar-si reciprocamente».

Ma sono pure litigiosi?«Eh, quello è nel nostro DNA, ma è un problemache si va risolvendo, i giovani hanno una mentalitàdiversa».

Che prospettive ci sono per gli imprenditori cala-bresi che desiderano entrare nei mercati del NordAmerica?«Sono mercati sterminati. Occorre avere una pro-duzione adeguata alla domanda. Se non sei in gra-do di riempire almeno un container è inutile provar-ci. Stiamo parlando di mercati che richiedono al-meno 50 container all’anno».

E se le imprese si associassero?«Questo è il problema, non si associano».

Lei è stato per lungo tempo, anche con incarichidi responsabilità, nella Consulta regionale dell’e-migrazione...«Penso che la Consulta sia una cosa molto utile, dàalla Calabria ambasciatori in tutto il mondo, ma la Re-gione non li utilizza in modo appropriato. Reinventanola ruota ogni volta. Se c’è un consultore, dovrebberoappoggiarsi a lui quando si recano all’estero, maspesso è proprio il consultore a saperlo per ultimo».

Torniamo, per chiudere, alla Turano baking com-pany. Quali prospettive?«C’è una nuova generazione che sta prendendo leredini dell’azienda. Noi fratelli abbiamo deciso che ifigli – ce ne sono tre per ciascuno – avrebbero do-vuto innanzitutto laurearsi e prima di entrare inazienda lavorare per almeno tre anni, altrove. Il di-rettivo oggi è quindi composto da nove membri e seidi loro sono impegnati full time».

Senatore, la sento orgoglioso, ma soprattutto mol-to innamorato del suo lavoro.«In tutto quello che si fa ci deve essere passione,altrimenti è un lavoro e io posso dire di non avermai lavorato». n

6 ANNO VI - N. 20 - Aprile 2013

CHICAGO STORIE STRAORDINARIE DI ORDINARIA EMIGRAZIONE

somma necessaria per costruire a Palmi la Ca-sa della Cultura”.“Di fronte al grande dono – fu la pronta ri-sposta di Repaci – mi pongo subito in una po-sizione restitutoria. Voi sapete la mia inten-zione di fare una fondazione che comprendale collezioni d’arte e di libri che ho a Roma ealla Pietrosa. La Casa della Cultura che sorge-rà a Palmi per onorare i miei capelli bianchi,

costituirà, con la Pietrosa, un doppio centrodi cultura”.E quando, dopo lunghi anni, nell’ottobre del1984, finalmente la Casa della Cultura diven-ne realtà, fu ancora il vecchio Leonida a trac-ciare il percorso da compiere. Visibilmentecommosso, pronunciò un discorso memorabi-le che ripercorreva la sua storia di scrittore, dicalabrese, di cittadino palmese.“Io non sono qui - diceva - per dettare pro-grammi e indirizzi… ma un orientamento dimassima posso senz’altro suggerirlo, unorientamento che ha sempre ispirato la miavita: puntare a fare, a seminare, con la convin-zione che qualcosa nascerà; creare degli sti-moli culturali nella consapevolezza che nien-t’altro come la cultura è mezzo insostituibiledi reale crescita civile…” E aggiungeva: “Sta a chi la gestisce - cioè a chitraduce nei fatti le possibilità potenziali cheoffre la Casa della Cultura - la responsabilità di

renderla un organismo attivo, realmente inse-rito nella comunità, e inserito come un suocuore pulsante, come un laboratorio di idee,non come un luogo di più o meno decoro nelquale di tanto in tanto ritrovarsi per una mo-stra di pittura, per una conferenza o per unconvegno… Si tratta di farne un punto di rife-rimento per le attività culturali della provincia,se non dell’intera regione… È importante non

solo che ci siano idee, ma che le idee si rinno-vino. E questo può avvenire solo dal contatto,dal confronto, dal dibattito”.Dunque, Casa della Cultura e Villa Pietrosanella visione dello scrittore avrebbero dovutocostituire un unicum. E questa indicazionesembra oggi potersi concretizzare stante il con-vincimento più volte espresso dal Sindaco,Giovanni Barone, a cui va , intanto, assieme al-la sua amministrazione, il ringraziamento piùsincero per la fiducia accordataci.Dunque, parlava di “fondazione” Repaci e cer-tamente, alla luce della legislazione vigente,sembrerebbe la soluzione più logica.Più volte, fin dalla costituzione della nostra As-sociazione, siamo intervenuti su questo aspet-to, inascoltati dalle Amministrazioni comuna-li che si sono succedute, pigre, ma soprattuttosospettose di chissà quale segreto stratagemmaper sottrarre all’istituzione competenze pro-prie. È stato inutile spiegare che un’istituzione

squisitamente culturale – come appunto do-vrebbe essere la Casa della Cultura - non puòessere gestita con criteri e vincoli strettamenteburocratici.Tutto ciò non significa, insistiamo, espropriaregli organismi istituzionali che ne hanno la tito-larità, ma restituirli al ruolo che naturalmentecompete loro: quello di fornire l’indirizzo po-litico generale e di verificare che la gestione siafedele al mandato.Ovviamente la Fondazione e la sua linea cul-turale dovranno essere affidate a professiona-lità specifiche sotto la guida di una o più per-sonalità d’alto profilo, in grado, per autorevo-lezza, di conferire credibilità all’istituzioneed esercitare, di conseguenza, un forte richia-mo per tutto il mondo della cultura, in tuttele sue espressioni.Insomma, si potrebbe, finalmente, “immetterela comunità palmese in una trama d’operativitàsempre più vasta”, proprio come ha indicato, findall’inizio, il vecchio, ma lucidissimo, Leonida.Un’ultima riflessione preme proporre.Se s’intende veramente rendere onore a Repacie alla sua opera, accanto a un impegno di rilan-cio e di riconoscimento di quello che è stato ilsuo molteplice ruolo di scrittore, giornalista,pittore, organizzatore culturale, occorre aprirsialle realtà e alle problematiche che pone, in par-ticolare, il nostro territorio, intendendo innan-zitutto la Piana con l’intera regione.In questa direzione c’incoraggia quanto Repa-ci ha scritto e fatto e siamo sicuri – ci si perdo-ni la presunzione – che lo scrittore sarebbe for-temente scontento se di lui si facesse semplice-mente un “santino”, ma da lassù ci guarderebbecon un sorriso di compiacimento se proprio nelsuo nome e nel suo insegnamento si aprisse unampio e articolato dibattito – ricordate Cala-bria grande e amara? - che faccia chiarezza ecrei consapevolezza delle nostre realtà. Che sirealizzasse, insomma, attraverso la cultura,quella “crescita civile” da lui fortemente auspi-cata nell’inaugurare la Casa della Cultura.

n

I

Ritorno alla PietrosaTorna a vivere Villa Repaci dopo decenni di abbandono.

Si aprono nuove prospettive di rilancio culturale e civile secondo gli obiettivi in tante occasioni delineati dallo scrittore

n Antonio Minasi

“Pietrosa mia Pietrosa, tu esisterai nel tempo quando io sarò solo memoria” Leonida Repaci

T ornare a Villa Repaci dopo quasi 40anni è stata una grande emozione. So-prattutto ritornarci con il sentimento

di una responsabilità grande che si è accettata eche si teme di non essere adeguati a sostenere.L’Amministrazione Comunale di Palmi ha vo-luto affidare alla nostra Associazione il rilanciodi Villa Repaci, finalmente restaurata dopolunghissimi anni di quasi abbandono. Un im-pegno che si affianca ora a quello già sponta-neamente assunto nel 2001, quando ci siamocostituiti in Associazione proprio per tener vi-vi il nome e l’opera di Repaci dichiarandociAmici della Casa della Cultura a lui intitolata.E inaugurando la Mostra Geografia dell’animaa lui dedicata proprio nel luogo da lui più ama-to, fatalmente Repaci mi si è presentato vivonel ricordo di quell’estate del 1974.Avevo preparato un testo teatrale, meglio uncollage per un recital, come allora era un po’ dimoda, e lo avevo intitolato Calabria 80, un iti-nerario tra cronaca e storia. Volendo proporreuna riflessione in forma drammatizzata sullarealtà passata e presente del nostro mondo,avevo anche attinto a numerosi scritti di Repa-ci che mi apparivano particolarmente efficaci.Mi recai, dunque, da lui, incoraggiato ed ac-compagnato dal prof. Domenico Ferraro, allo-ra assessore alla cultura, che aveva favorito larappresentazione in Piazza 1° Maggio. Ma nonsenza timore, sapendo del carattere un po’ bru-sco del personaggio e del suo risentimento, inquel momento, verso la città natale a causa diuna serie d’incomprensioni con gli ammini-stratori locali. L’incontro sulle prime un po’ teso, andò via viasciogliendosi in un clima di grande cordialità,grazie anche - ho avuto il sospetto - alla presen-za della mia giovane moglie, che catturò la sim-patia del “vecchio leone” che volle condurla invisita al giardino fino alla “guardiola”, punto dimirabile osservazione del Tirreno e delle isole,avvolte, a quell’ora del pomeriggio, negli inde-scrivibili colori del tramonto. Repaci accettòl’invito e la sera successiva fu in prima fila ad

assistere al mio spettacolo. E certamente il mo-mento più alto ed emozionante fu quando gliattori presero a recitare il racconto dei fatti diMelissa scritto da Repaci mentre su uno scher-mo “ombre cinesi” evocavano l’epico eventodella conquista delle terre e le note, in sotto-fondo, del balletto dell’Adriana Lecouvreur diFrancesco Cilea conferivano una incredibileforza a quel segmento del recital.

Alla fine dello spettacolo Repaci volle interve-nire. Non ricordo cosa disse in particolare, maricordo perfettamente che le sue parole, incri-nate dalla commozione ed accolte da un calo-roso applauso, sancirono definitivamente unaritrovata, e non più interrotta, amicizia delloscrittore con Palmi e la sua gente.Allora cosa fare per restituire Villa Repaci alprogetto che in occasioni diverse, lo scrittoreha delineato con molta chiarezza?Al Teatro Sciarrone di Palmi, nel festeggiare i70 anni dello scrittore, Giacomo Mancini,concludeva il suo intervento di simpatia edamicizia per il festeggiato con queste parole:“Non sapendo fare un discorso per dire di Re-paci, ho pensato che il modo migliore, perquanto mi riguarda, di onorarlo è quello diutilizzare la mia funzione di Ministro dei La-vori Pubblici per dirgli che il Ministero, tuttoil Governo, sono solidali con me, nel metterea disposizione del Sindaco di Palmi tutta la

Renato Turano è stato elettoper la seconda volta al Senato,nella circoscrizione Nord America. Aveva 15 anni quando è partitoper gli Stati Uniti e il suo primo lavoroè stato aiutare, assieme ai fratellipiù piccoli, il papà a fare il panee distribuirlo poi casa per casanel vicinato...

Quel pane così buonolievito di successo

Renato Turano con i fratelliUmberto (a sinistra) e Giancarlo

n Antonio Minasi

I l profumo del pane. Quale miglior titolo per unlibro che vuol fare memoria di una storia di fa-miglia? Si avverte un sentimento caldo di co-

se buone, di affetti, di solidarietà.A volerlo è stato Renato Turano, originario di Ca-strolibero in provincia di Cosenza, eletto per la se-conda volta senatore della Repubblica italiana nel-la Circoscrizione Nord America (Canada, Stati Uni-ti, America Centrale, insomma dall’Alaska al Pana-ma). L’occasione del libro è stata un anniversarioimportante, «i 50 anni di attività del nostro busi-ness» dice Turano e aggiunge «l’abbiamo scritto ininglese per la mia famiglia, per i miei figli». E fattele dovute verifiche circa vicende e date si passeràall’edizione definitiva in italiano, lingua con la qua-le è stato originariamente scritto.Un racconto che parte dal 1860, quando il bisnonnoaveva sei anni, e arriva al 2012. Nel mezzo tanti viag-gi di andata e ritorno dagli Stati Uniti dei vari com-ponenti della famiglia, incerti se fermarsi o meno.Ambientarsi e mettere un piede saldo non fu facile.Così anche per il papà di Renato.Nel 1955 va negli USA a trovare il fratel-lo partito tre anni prima. Abituato alavorare con cravatta e giacca – inCalabria era rappresentante del caf-fè Sesso – arrivato negli USA, senzaconoscere la lingua inglese, laprima occupazione è stata anda-re a lavorare nelle costruzionidelle fognature. A Chicago il fred-do è molto rigido, resiste poco piùdi un anno. “Non fa per me” con-clude. Ma ritornato in Calabria so-pravviene il dubbio “forse ho fattouno sbaglio”. Ci sono tre ragazzi checrescono e si rende conto che il futuroper loro sarà difficile. Così torna in Ame-rica nel ‘57 e l’anno successivo chiamatutta la famiglia. Renato, è lui il più gran-de, ha 15 anni.«Zio Carmine» racconta Turano «aveva un negoziodi alimentari con un piccolo forno accanto. Papàaiutava il fratello a fare il pane. Era abituato a far-lo, gli piaceva. In famiglia fra sorelle e fratelli era-no in nove e ogni due settimane si faceva il pane.Le donne impastavano, gli uomini infornavano.Quel pane ben lievitato, buono, la pagnotta come sifa in Calabria.

Antonio MinasiPresidente Amici

Casa della Cultura“L. Repaci”

Villa Repaci prima... ...e dopo il restauro

PalmiVilla Repaci alla Pietrosa.

Inaugurazione della MostraGeografia dell’anima

Foto

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Il taglio del nastro della Mostra è toccatoagli studenti dell’Istituto magistrale “Cor-rado Alvaro” di Palmi che hanno realizzatouna ricerca su Repaci, parallelamente ai col-leghi del Liceo “Cavour” di Torino. Unascelta che ha inteso segnare un passaggio ditestimone alle nuove generazioni perchéaccolgano il messaggio di Leonida Repaci.All’inaugurazione della Mostra sono in-tervenuti il Sindaco di Palmi, Gianni Ba-rone assieme all’assessore Natale Pace, il

vicepresidente del Consiglio della Provin-cia di Reggio Calabria, Giuseppe Saletta,il vescovo di Oppido – Palmi, Franco Mi-lito, Adriano Ritacco, nuovo presidentenazionale della FICLU, l’on. Tilde Mina-si, prima donna a fare il suo ingresso, re-centemente, in Consiglio regionale. La Mostra può essere visitata nella sua inte-rezza collegandosi al sito www.amicicasa-repaci.it.

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IIIANNO VI - N. 20 - Aprile 2013II

A lle volte un nome può significare una predestinazione;la premonizione di ciò che sarà un’intera esistenza: no-

men omen. Così per Leonida Repaci: un uomo, disse loscrittore Antonio Altomonte nell’orazione funebre perLeonida, “sempre in prima fila, pronto a spendersi intera-mente dietro le proprie idee e i propri sentimenti”. Meglioancora “la sua furia di essere vivo”, secondo la lapidaria e ful-minante annotazione di Ungaretti. E ancora Altomonte:“Repaci era quasi costantemente costretto a correre dietroal suo temperamento immaginativo passionale: quella stes-sa passione che è poi la vera levatrice delle sue storie. Nonper nulla quando esordisce come narratore, a 25 anni, ha al-le spalle una vita già ricca di avvenimenti: emigrazione,guerra, lotte politiche e sociali, che s’intrecciano puntual-mente con le sue invenzioni di scrittore”.“La realtà - aveva detto una volta Repaci - è stata la sola mae-stra della mia vita di scrittore”, ma aggiungerà pure: “Sonoconvinto che se non fossi nato in Calabria forse non sarei di-ventato scrittore”.Leonida Repaci era nato a Palmi (RC) il 5 aprile del 1898.Dieci anni più tardi, nel 1908, quando la città è distruttada un terribile terremoto, il piccolo Leonida viene manda-to a Torino dal fratello, Francesco, avvocato. Compiuti glistudi superiori, s’iscrive all’Università, alla facoltà di Giu-risprudenza, ma allo scoppio della prima guerra mondiale,è costretto ad interrompere gli studi per andare al fronte.Ferito a Malga Pez torna a Palmiin congedo dove assiste impoten-te alla morte di tre, dei suoi novefratelli, a causa dell’epidemia di“spagnola”. Ritorna a Torino - è il 1919 - perconcludere gli studi e avviarsi co-sì all’avvocatura. Nello stessotempo è molto impegnato sulfronte politico. Durante l’occu-pazione delle fabbriche è in pri-ma linea con i socialisti e Gramscilo chiamerà a collaborare ad Or-dine nuovo. Dopo la marcia su Roma, lasciaTorino per Milano. Dal 1924 è ilcritico teatrale e musicale de l’U-nità. Come avvocato assume la di-fesa di uno degli imputati per l’at-tentato al teatro Diana, scelta chelo pone esplicitamente contro ilregime. Nel ’23, pubblicato consuccesso L’ultimo cireneo, il suo

primo romanzo, medita di abbandonare la professione fo-rense per dedicarsi interamente alla letteratura.Nell’agosto del ’25 l’episodio che lo segnerà a lungo. Repa-ci è a Palmi e durante la festa della Varia, a seguito di con-trasti tra fascisti e oppositori, sfociati in una sparatoria inpiazza, resta ferito a morte un gerarca locale. Lo scrittore,assieme ad altri compagni, è arrestato e se pur in seguito as-solto (ma col sospetto della favorevole mediazione di altesfere del regime), diffidenze e sospetti veleranno a lungo ilrapporto con il Partito Comunista e con la città natale.Nel 1929 l’incontro con Albertina, la futura moglie (nellafoto sotto), e sempre nello stesso anno Répaci fonda il Pre-mio Viareggio, assieme a Carlo Salsa e Alberto Colantuo-ni. Dal 1925 ha iniziato la Storia dei Rupe, che nel ‘33 glifarà vincere il Premio Bagutta e, tra varie versioni, lo ac-compagnerà fino agli anni Settanta. Nel frattempo colla-bora attivamente con numerosi giornali viaggiando per ilmondo come inviato. Conclusasi la tragica parentesi del secondo conflitto mon-diale, Repaci torna agli interessi di sempre, con rinnovatoslancio. A Roma fonda con Renato Angiolillo Il Tempo,fonda e dirige L’Epoca. Nel ‘46 torna a presiedere il PremioViareggio riprendendo, con impetuosa generosità, quelruolo d’organizzatore culturale che gli era così connaturale;un ruolo spesso di personale sovraesposizione che ha finitoper mettere in ombra lo scrittore.

Nel 1956 vince il Premio Croto-ne con Un riccone torna alla terrae due anni dopo il Premio VillaSan Giovanni con la Storia deifratelli Rupe, l’opera più impe-gnativa e più amata, tanto da fardire ad Altomonte che in realtàtutte le precedenti prove - roman-zi, racconti, drammi, saggi - pos-sono considerarsi studi prepara-tori. La storia dei Rupe è anchestoria familiare, ma è soprattuttoespressione compiuta del meri-dionalismo dello scrittore. Repaci si spegne a Viareggio il 19luglio 1985. Avrebbe voluto esse-re sepolto nella roccia che sovra-sta la sua casa della Pietrosa, il suo“buen retiro” affacciato sul mared’Ulisse. Perché questo suo “sogno” final-mente possa realizzarsi, sono im-pegnati gli Amici di Casa Repaci.

Una grande Mostra destinataa essere itinerante in Italia e all’estero conl’intento di raccontare e far conoscere la

Calabria attraverso le parolee le emozioni di Leonida Repaci

n Rocco Militano

“C’è dunque un paradisosulla terra e si chiamala Pietrosa, là il maleperde il fil della lama.Là Repaci da vivosi è già scelto la tombacui un gigantesco olivooffrirà la sua ombranon morto ma dormientein una roccia di granitorupe dentro la rupe”.(Da La parola attiva)

n Natale Pace

P revedevo che rientrando oggi nella Casa dellaPietrosa un misto di emozioni e sentimenti mi

avrebbe preso al punto da far fatica a dare connessio-ne logica a questo breve intervento. Allora, dovetecapirmi, ho preparato il compitino. Mesi e mesi, lunghissimi anni ho atteso, come ha at-teso Repaci, come se io fossi Repaci, come Repaciavrebbe voluto, che la Pietrosa, riprendesse a vivere,respirasse ancora come allora tutti i profumi diquando c’era lui e con lui Albertina, e con lui e Al-bertina i familiari, la sua “Jenia”, parenti e amici cheli hanno aiutati a fare di questo, un tempo brullo eimproduttivo vigneto, uno dei posti più belli di Pal-mi e della Calabria, che Palmi e la Calabria hannol’obbligo morale di tenere vivo e ardente, perché ta-le è stato al tempo di Leonida: vivo e ardente. Lunghi anni di rabbia, per le devastazioni che la Pie-trosa subiva nelle sue mobilia, nelle suppellettili cheerano ognuna, anche la più apparentemente di nessun

valore, un pezzo del cuore di Repaci, per i quadri la cuiraccolta tanti sacrifici da noi neppure immaginabilicostò a Leonida e Albertina, custoditi sì, per fortunaalmeno custoditi alla Casa della Cultura, ma chiusinei cantinati: una delle raccolte più complete dellapittura italiana del 900. Oggi finalmente esposti allagente. Questo voleva Leonida. Leonida ha aspettatotanto che noi oggi, insieme, quelli che possono pren-dere decisioni e quelli che ne godono i benefici, scen-dessimo alla Pietrosa per risvegliarla.Questa casa io l’ho frequentata quando era la VillaPietrosa di Leonida e Alber-tina e di quella non vi èrimasto praticamentenulla.Scrive Leonida, inCalabria grande eamara: “Dopo la sie-sta del pomeriggio,ecco, nella seconda par-te della giornata, le visitedegli amici di Palmiche durano fino al tra-monto. Si lascia allorala pinetina già invasadalle ombre e si salealla seconda terrazza avedere lucere le primelampare… Queste ore sono le più malinconiche epure…”Poche cose di allora la ricostruzione ha lasciato. Nonc’è più la seconda terrazza, dove Repaci ha scritto pa-gine straordinarie. Anche la divisione delle stanze, ècompletamente diversa e nessuno ha pensato, nellaricostruzione, di fare almeno un servizio fotografico

degli ambienti e delle pareti dove con mano treman-te per l’emozione allora segnai, accanto ad ogni chio-do, il titolo del quadro e l’autore. Perché lui volevache ritornassero qui, un giorno.Eppure nonostante tutto sono a dire grazie e rende-re merito a coloro che, comunque l’hanno preserva-ta la casa dalla distruzione totale e se oggi la tenutadei Repaci non è ritornata la vigna brulla che eraquando Mariano Repaci l’ha comprata è anche permerito di quel progetto.Eppure, nonostante tutto Repaci non si è mosso da

qui. Nulla potrà togliereda qui il suo spirito an-

cora vagante per lacasa e per gli ulivi,ancora alla guar-diola, ancora a ri-salire ansante verso

la grotta, coi canidietro a fargli festa.Repaci, Albertina

sono qui, ancora. E dunque, rientran-

do in Casa, tanta rab-bia cede immancabil-

mente il posto all’emozio-ne forte che serra il cuore.

Rientrando in casa mi accolgonole sacre figure dei due amici fermi sulla soglia come al-lora, capelli bianchi lui, mascella di ferro che incutevatimore e rispetto. Se ci credete, se li amate come io li amo, oggi avrete ilprivilegio di vederli anche voi, di essere accolti anchevoi e di leggere nei loro volti la gratitudine e la rico-noscenza perché oggi i palmesi, i calabresi coronano

il sogno di una vita e di una morte: di una vita tuttavissuta intorno a questi sacri luoghi della memoria, aspendere e sacrificare non il superfluo, ma l’indispen-sabile per lasciare Villa Pietrosa a noi, che abbiamol’obbligo morale di onorarla. Oggi si realizza parte del mio sogno. L’altra è poterdeporre ogni anno, fino a quando Dio vorrà, quelgarofano rosso che lui mi chiese tanti anni fa, nonpiù davanti al loculo dei cari Gentile, ma sulla tom-ba che egli sempre disse di volere, per risposare lassùnella sua grotta, Rupe tra le sue rupi.Leonida e Albertina sono intorno a noi, oggi, ci accol-gono, ospiti generosi, e ci dicono grazie: grazie Sinda-co, grazie maggioranza, grazie opposizione, grazie au-torità provinciali e regionali, grazie Antonio Minasi eRocco Militano, grazie palmesi. È l’inizio, un grandeinizio che deve proseguire con le tombe, con la stradaper arrivare qui in maniera più decente e con il rifaci-mento del viottolo per arrivare alla spiaggetta Pietro-sa, come quello di Rovaglioso che, grazie alla testar-daggine di Peppe Saletta sta diventando il simbolo delterritorio palmese che vuole rinascere.Grazie a tutti, fatemelo dire, per un’ultima volta, co-me se fossi lui, perché è questo cheadesso Leonida mi sta chiedendodi dirvi.

egli ha amato, a un tempo con gioia e soffe-renza e che non appartiene soltanto a unastoria privata e familiare, ma si allarga aquella di un intero popolo: “Calabria gran-de e amara”, appunto, come ebbe a scriverein uno dei suoi saggi più penetranti.La Mostra è stata realizzata con materialiignifughi su pannelli autoportanti, con teliavvolgibili, che riducono drasticamentel’ingombro del trasporto e consentonomontaggio e smontaggio veloci, ma soprat-tutto l’allestimento in qualsiasi spazio sen-za impegnare le pareti circostanti.I testi che affiancano le immagini sono pro-posti anche in versione inglese, francese,spagnola, tedesca. Chiaramente l’intento è

di rendere la Mostra itinerante, in Calabria,in Italia, all’estero, soprattutto nei paesi do-ve più grande è la presenza dell’emigrazio-ne calabrese.Geografia dell’anima è stata prodotta anchecon il contributo dell’Assessorato regionalealla Cultura, a seguito della riconosciuta va-lidità del progetto da parte della commissio-ne giudicatrice prevista dal relativo bandoregionale. Contestualmente è stato prodot-to un video della Mostra (29’) con la lettura

dei testi da parte dell’attore Salvatore Puntil-lo e la colonna sonora con le musiche diFrancesco Cilea, concittadino di Repaci esuo grande amico. Non a caso Cilea compo-se molta parte di Adriana Lecouvreur ospitedi Repaci a Villa Pietrosa.Si può anche ascoltare Repaci – da un raris-simo filmato RAI del 1973 – che proprio aVilla Pietrosa racconta e si racconta in unemozionante bilancio della sua vita di uo-mo, calabrese, scrittore.

Geografia dell ’anima

Leonida e Albertina sono qui, ancoraNatale Pace, oggi assessore nel Comune di Palmi, fin da giovane è stato vicinissimo a Leonida e Albertina Repaci.

Alla riapertura della Villa della Pietrosa, con grande emozione,ha rievocato quella stagione così ricca di ricordi e ha auspicato un nuovo inizio, così come lo scrittore avrebbe voluto

Da sinistra, Rocco Militano, presidentedel Club Unesco di Palmi assiemeal Sindaco della città, Gianni Barone

Accanto, l’inaugurazione della Mostrada parte degli studenti dell’Istituto“Corrado Alvaro” di Palmi

Sotto, mons. Franco MilitoVescovo di Oppido - Palmi

Natale Pace e, al centro,Albertina e Leonida Repaciin due ritratti a matita su cartadi Primo Conti (1900-1988)

“Per me Calabria significa categoria morale, prima che espressione geografica” “Il mio incontro con la Pietrosa è stato discreto, poiché è degli affetti sostanziali il pudore dell’effusione”

Repaci,l’impeto

di una vitan Massimo Vivarelli

T orna a vivere, dopo un lungo ab-bandono, la Villa di Leonida Re-paci alla Pietrosa di Palmi, amatis-

simo “rifugio” dello scrittore e della moglieAlbertina.Il Comune di Palmi che l’ha ricevuta in do-no ne ha affidato ora la gestione all’Asso-ciazione Amici Casa della Cultura ‘Leoni-da Repaci’, da oltre un decennio operantenel nome di Repaci, nell’intento di dareconcreta realizzazione alle indicazioni del-lo scrittore nel momento in cui inaugura-va la Casa della Cultura: “Puntare a fare, aseminare, con la convinzione che qualcosanascerà; creare degli stimoli culturali nellaconsapevolezza che nient’altro come lacultura è mezzo insostituibile di realecrescita civile”.In questa prospettiva, l’Associazione ha re-alizzato la Mostra fotografica Geografiadell’anima, con sottotitolo “La Calabria diLeonida Repaci”, prendendo a prestitoquanto annotava lo scrittore nel suo Tac-

cuino segreto: “La Calabria è una terra gran-de quanto mezzo Piemonte, e io non possodire di conoscerla tutta. È questa una dellemie spine. Ho girato tanto mondo... e nonconosco della terra nativa che quella balco-nata a mare infiorata di ulivi, di vigne, dieucalipti, di aranci, che guarda la Sicilia e leEolie. Più che alla realtà, la Calabria appar-tiene per me alla geografia dell’anima...” La Mostra, curata da Antonio Minasi, pre-sidente di Amicicasarepaci, composta da 28grandi pannelli, illustra efficacemente pen-sieri ed emozioni dello scrittore, mettendoa confronto i suoi scritti con le immagini diriferimento dei fotografi Attilio Zagari,Stefano Vecchione e Antonio Renda.Il rischio di fare una rassegna di belle imma-gini – anche se obiettivamente lo sono – èstata attentamente evitata dal curatore cheha scelto un itinerario interiore, quello del-lo scrittore che rivela sentimenti e profon-da emozione nel rapportarsi al paesaggio,alle vicende, ai protagonisti di una terra che

L a Villa di Repaci alla Pietrosa di Pal-mi, “dove Cilea sognò e cantò Adria-na correggendo e ricorreggendo la

partitura anche dopo il trionfo” si è apertaalla sua settima vita. La prima fu quella chele infusero i “fratelli Rupe”, la famiglia Re-paci nella trasfigurazione letteraria delloscrittore; la seconda quella che la preparòcon amore la moglie Albertina; la terzaquella che Repaci ebbe la forza di riprende-re dopo la morte della moglie; la quarta ca-ratterizzata dall’abbandono e dal vandali-smo seguiti alla morte dello scrittore; laquinta, dopo che nel 2003 il commissarioprefettizio del tempo, Luisa Latella pose fi-ne allo scempio che la stava distruggendo. A provocarne l’intervento fu l’allarme lan-ciato da Enzo Infantino, esponente politi-co, segretario provinciale dei ComunistiItaliani, quindi dall’assessore regionale Mi-chelangelo Tripodi in una diretta RAI dal-la Pietrosa. La sesta fu quella avviata dal-l’Amministrazione guidata da Nino Parisiche ne decise il recupero attraverso i finan-ziamenti del PIT, proseguito dall’ammini-strazione Gaudio che li ha conclusi. Le recenti vicende del nuovo attacco con leferite al Parco che hanno provocato l’inter-vento della magistratura e poi la riaperturaal pubblico della casa e del parco che la cir-conda, con l’affidamento di Casa Repaci al-l’Associazione Amici della Casa della Cultu-ra “Leonida Repaci” e l’inaugurazione di unanuova edizione della mostra Geografia del-l’anima per restituire alla città un patrimo-nio culturale che ha rischiato di venire oscu-rato e con la speranza che la Villa Repaci ri-diventi un “parco”, nel quale si respiri la sto-ria e la vitalità dello scrittore scomparso maanche si percepisca finalmente quell’atmo-sfera “colonea” che per Repaci voleva rap-presentare il sentire l’anima del luogo con i

suoi richiami classici, testimonianza di anti-che civiltà che hanno abitato il sito.Oggi Villa Repaci, protetta dai pini e da-gli ulivi che la circondano, riappare in tut-ta la sua magica bellezza e si stacca dal ver-de della costa, a picco sul mare, con le sue

bianche mura che ne avevano fatto, neglianni tra ‘60 e l’80, la meta privilegiata percelebri artisti, scrittori, politici e poeti ri-chiamati dalla suggestione creata dall’am-maliante racconto di Leonida Repaci, in-namorato di questo suo rifugio.Ma la Pietrosa per Repaci era tutto: era l’a-ria che si respirava, l’aria salmastra che risa-liva questo promontorio.Era il canto dei mille uccelli, il frinire del-le cicale, quando sotto il solleone nei po-meriggi assolati si soffermava estasiato difronte allo spettacolo ciclopico “del maredi Ulisse”; seduto nella “prora di nave” cheera la “Guardiola”.La sua Guardiola, circondata dall’agavespinoso, dall’oleastro tenace e dagli odori

forti e penetranti emanati dalle millepiante della selva mediterranea che rico-priva e ricopre il pendio sulla scogliera“sospesa sul mare più bello/ del mondocon la Sicilia/ lo Stromboli e l’Etna/ sulfilo dell’orizzonte”.Dopo la morte di Repaci non è stato uniter facile il recupero di Villa Pietrosa.Scomparse le persiane verdi delle finestre,trasformata la struttura, sparite le rose e ifiori dei giardini, la speranza è che la nuo-va svolta che il sindaco Giovanni Baroneha intrapreso accogliendo l’appello dell’as-sociazione Amici Casa della Cultura possariprendere il filo di una storia che si dipa-na ormai da quasi un secolo.

Ma Villa Repaci non è solo la struttura, di-ventata, comunque, un gioiello con i suoioltre 250 metri di spazi fruibili e un terraz-zo tra gli ulivi al cospetto del mare. Tuttofa pensare a salotti letterari o incontri dicultura; oppure all’idea di soggiorni discrittori e artisti in grado di far rinascere laforza creativa di cui furono già protagoni-sti il grande musicista Francesco Cilea eLeonida Repaci, che qui vide sorgere il“giorno della Calabria”, la cui prosa-poesias’indovina nata su quel magico luogo a fer-ro di cavallo, la Guardiola, appiccicata pe-ricolosamente al pendio, dai “coloni ba-gnaroti maestri nell’alzare armacie a pettodi palomba su gli strapiombi”. Maestri chesapevano terrazzare e utilizzare la pietranel costruire questo luogo magico, evocan-do immagini mitiche di titani “lanciati ascalare il cielo”. Al resto ci pensò Iddio “Quando fu il gior-no della Calabria”, col quale Repaci apre ilsuo libro diario Calabria grande amaracon quei suoi “15.000 kmq. di argilla ver-de con riflessi viola” quando “La Calabriauscì dalle sue mani più bella della Costa az-zurra e degli arcipelaghi giapponesi. Diedealla Sila il Pino, all’Aspromonte l’ulivo, aReggio il bergamotto, allo Stretto il pescespada, a Scilla le Sirene, a Chianalea le pa-lafitte, a Bagnara i pergolati, a Palmi il fico,alla Pietrosa la rondine marina, a Gioia l’o-lio, a Cirò il vino, a Rosarno l’arancio…”Oggi quella villa, per quasi un secolo pie-na di vita e di energia creativa, è pronta per

ricercare una nuova linfa vitale. Per i sentie-ri del parco non ci sono i filari fioriti, di cuirimangono testimonianze incolte i rampi-canti che avvolgono, con i loro colori violae rosa, gli alberi del terrapieno adiacente lacasa. Non vi sono le pesanti statue spigolo-se che sprizzavano energie nascoste, che or-navano l’ingresso della tenuta quando loscrittore era in vita e che si ammirano, ades-so, nell’ampio giardino della Casa della Cul-tura di Palmi: una casa la cui costruzione,Giacomo Mancini, allora ministro deiLLPP. annunciò in occasione del 70° com-pleanno dello scrittore e che il Comune gliha intitolato, sindaco Domenico Ferraro.Ora i terrazzamenti sono ricoperti di erbe

sempre legato a questo luogo mitico “qua-si nume tutelare”. Ma in una grotta vicina,le tracce di frequentazioni di età paleoliti-ca, neolitica, dell’età dei metalli e di quel-la greca e romana fanno sì che vi si respirila storia dell’uomo. Quando, dopo avernescoperto gli indizi nel 1974 ne feci parte-cipe lo scrittore, per lui fu come una con-ferma della potenza mitica del luogo, cheaveva sempre prepotentemente percepitoe colto.Passeggiando tra gli ulivi fino alla guardio-la, scendiamo i pochi gradini che portano aquesto luogo sospeso tra l’azzurro del cieloe il blu del mare, con lo sguardo che spaziada punta Ravaglioso al Sant’Elìa e, da qui,

allo Stretto di Messina, alla Sicilia e alle isoleEolie fino a Capo Vaticano e di fronte loStromboli con il suo perenne pennacchiodi fumo, sentiamo il bisogno di soffermar-ci incantati, immersi nello scenario in cuispesso lo scrittore si soffermava solitario ameditare.La sottostante scogliera risuona, come al-lora, dello sciabordio delle acque, quasi arammentarci che quello non è un quadroma un paesaggio vivo, pulsante, con l’eter-no movimento delle onde.Al mare accedeva Repaci per un sentieroda ripristinare e vi si immergeva con la“nudità battesimale… E mi sentivo un dio/che ascoltasse nei grondali/ il respiro di unmondo sommerso”.Adesso non solo bisogna salvare tutto que-sto patrimonio di bellezza ma lo si deverendere sempre più fruibile e farlo cono-scere non solo ai Calabresi ma a tutti quan-ti amano la natura e la cultura, facendo fi-nalmente di Leonida Repaci il vero “numetutelare” della Pietrosa.Ed è questa “la missione” che l’Associazio-ne Amici della Casa della Cultura sicura-mente ha intrapreso.

n

IV

Le sette vitedi Villa Repaci

La “guardiola” piantata“sullo sprone di una roccia

che mescola l’odore del marea quello acutissimo

delle erbe cotte al sole”resta il simbolo della villa,

“prora di una nave”protesa nuovamente al futuro

n Pino Mazzù

“È un libro la Pietrosache i giovani dovranno leggeredalla prima all’ultima paginaper capire come e perchéLeonida e Albertina Repacinon si sono dati treguanegli anniper dare alla Pietrosain una dimensione di culturauna lezione di vitae di speranza”(Da La Pietrosa racconta)

“Nei momenti gravi della vita,quando nella tempestadelle avversità, l’uomo si rivela,ho sentito in me qualcosadi molto somigliantea quegli scogli della Pietrosadove il mare tornaall’innocenza primordialein uno scenario gigantescodi rupi che salgonola montagna, ripetendoil mito dei Titanilanciati a scalare il cielo…”

e le “armacìe” attorno, rischiano di cedereall’azione delle intemperie. Senza contareche la strada, sempre in terra battuta, chenella parte finale corre nell’antica sede deibinari della ferrovia, presenta difficoltà dipercorso specialmente nel periodo inver-nale per l’azione delle acque che spesso,come lamentava lo stesso scrittore, sonosimili a torrenti in piena.Adesso è importante recuperare anche ilmagnifico parco nel cui scenario è immer-sa la villa. Un parco che è racchiuso tra laPietrosa e il Malopasso e che, sul soprastan-te acrocoro calcareo, vede aprirsi la grottasuggestiva che lo scrittore voleva cometomba, forse per restare anch’egli, come iltenace oleastro, attaccato alla roccia, per

la Calabria nel mondo, il mondo della Calabria

porta a casa la CalabriaGentile lettore

gli appelli che abbiamo lanciato da queste pagine negli ultimi numeri hanno trovato accoglienza e grazie alla solidarietà di nume-rosi lettori, Itaca ha chiuso il 2012 in parità di bilancio. Sappiamo già che problemi e difficoltà si presenteranno fatalmen-te di nuovo, ma ciò non ci impedisce di andare avanti riaffermando la nostra grande ambizione di assicurare un punto d’in-contro fra tutti i calabresi ovunque nel mondo, raccontando le tante storie e situazioni positive che in Calabria, in Italia edall’estero, connotano l’identità regionale, ma nello stesso tempo pure riflettere sulle criticità della nostra realtà per ricercareuna piena consapevolezza dei problemi e delle possibili soluzioni.Ai lettori che hanno voluto condividere il nostro progetto – e ci auguriamo possano essere ancora tanti – si stannounendo ora numerosi artisti che generosamente hanno fatto dono di una propria opera. Secondo modalità ancora dastabilire saranno cedute al migliore offerente nel corso di una grande Mostra/convegno.

Desideriamo intanto farvi conoscere, un po’ per volta, gli artisti, nell’ordine in cui le loro opere ci sono pervenute.

Regalati e regala l’abbonamento a ItacaConto corrente postale n. 30597918 - Amici Casa della Cultura Leonida Repaci - Via Bari, 20 – 89015 Palmi RC

Bonifico bancario IBAN IT 87 E 07601 16300 000030597918 - dall’estero BIC7SWIFT BPPITTRRXXX CIN E ABI 07601 CAB 16300 N. 000030597918

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A chi ci legge per la prima volta dobbiamo ricordare che Itaca, ora al sesto anno di vita, è realizzata dall’Associazione, no profit, Amici Casa della Cultura Leonida Repacidi Palmi, che sostiene i rilevanti costi di stampa e spedizione. Tutti i redattori prestano la loro collaborazione su base volontaria.Ti chiediamo, allora, di voler condividere il nostro progetto, aderendo, se lo desideri, all’Associazione, o sottoscrivendoun abbonamento/donazione che concorra a garantire la pubblicazione dei quattro numeri dell’anno 2013.La donazione può essere effettuata indifferentemente con c/c postale o con bonifico bancario, dall’Italia o dall’estero.Grazie, intanto, dell’attenzione e della solidarietà che vorrai esprimerci.

Amici Casa della Cultura Leonida Repaci’

Pittrice a Roma, genitori calabresi, col-tiva sin dall’infanzia l’interesse per il

disegno e la pittura. Le radici mediterranee,risonanza interiore, l’accompagnano dal-l’olio alla tempera, all’acrilico, all’acquerel-lo, passando anche per la grafite e la san-guigna, elementi in vari momenti della vita,motivo di scelta e di amore verso alcunespecie botaniche che forse meglio di altrerealizzano una suggestione. La passione, in particolare, per l’acquerel-lo con le sue trasparenze, matura nella sug-gestiva cornice dell’Orto Botanico di Roma,con le sue preziose piante, dove il Diparti-mento di Biologa dell’Università di Roma“La Sapienza” offre corsi universitari, di va-rio livello, con i più prestigiosi insegnanti diillustrazione botanica: tra i più noti maestri,Luca Massenzio Palermo e M. Rita Stirpe,alla cui scuola Antonella ha colto i segretidei colori, la loro audacia, la loro fragilità eil trattamento singolare che è necessario ri-servare a ciascuna sfumatura. «Dono – afferma – volentieri il mio Ramodi mirto all’Associazione che opera nelnome di Leonida Repaci, artista e scritto-re, che attraverso le sue opere ha resoeterno qualcosa di sé».

AntonellaScarpelliRamo di mirtoacquerellocm. 55 x 70

Ènato a Villa San Giovanni nel 1949. Do-po i primi studi presso il Liceo Artistico

“Mattia Preti” di Reggio Calabria, frequen-terà l’Accademia delle Belle Arti di Brera.Rapporti significativi saranno quelli con isuoi maestri Cantatore e Messina, ma so-prattutto con Luciano Minguzzi. Frequentianche le occasioni d’incontro con RenatoGuttuso. I suoi interessi professionali loporteranno a viaggiare in gran parte del-l’Europa. Espone in moltissime città d’Italia,ma non rinuncia a restare a Lamezia, no -nostante le pressioni di critici e mercanti,che gli chiedono un trasferimento altrove.Dal 1978 si occupa anche di scultura,aprendo un grande studio a Feroleto Anti-co, ricavato in un ex frantoio, e vince nume-rosi concorsi nazionali, realizzando moltis-sime opere monumentali, sia sacre che dicarattere civile, in marmo o in bronzo. Nel2012 ha organizzato con Italia Nostra la pri-ma edizione del Simposio Internazionale diScultura “MarMythos” al Parco Archeolo-gico dei Tauriani di Palmi.«Il Guerriero – dice Maurizio – raffigurauna di quelle figure epiche in cui spessomi rifugio per trovare ancora il senso di uncoraggio che non ci appartiene più».

MaurizioCarnevali Guerrieroolio su telacm. 80 x 100

Dal maestro Natino Chirico un dono cherappresenta una delle figure più scan-

dagliate della sua arte pittorica: Don Chi-sciotte. Tenero e surreale come Charlot(altro punto di riferimento della pittura diChirico), paladino di un mondo immagina-rio. E, in effetti, per Chirico la Calabria èuna Mancia divenuta mito. Maturato artisticamente tra Milano e Ro-ma, da trent’anni espone con successo inItalia e all’estero. Le sue opere sono im-pronte di colore che trasmettono inquie-tudine ed energia.Nei ritratti scontornati, o restituiti al frui-tore attraverso magici schizzi di colore,il soggetto sembra in attesa di reincar-narsi. «Aspetto che il quadro si stacchidal muro», ha commentato lo scrittoreErri De Luca. Ma perché Don Chisciotte? Per Chiricol’estroso cavaliere nato dall’immaginazio-ne di Cervantes non è un simbolo di scon-fitta. «Considero Don Chisciotte un perso-naggio positivo» ha detto a Itaca. «Un in-vincibile, uno che cade e si rialza, che nonha paura, che non arretra mai davanti aniente, insomma quello che ci vuole per ri-solvere i problemi della Calabria».

NatinoChiricoDon Chisciotteolio, acrilicoe foglia d’oro su telacm. 40 x 40

Aartista geniale, dopo aver attraversatol’Europa ha scelto di vivere a Santa

Barbara di Mammola, tra le balze dell’A-spromonte, in un’ex grangia certosina, tra-sformata insieme alla moglie olandese Hi-ske Maas in originale Parco-museo d’artemoderna. Iniziativa unica nel suo genere,nata dall’idea di convertire in luogo creati-vo un pezzo della terra dove Nik è nato e ilcui amore è pari solo a quello per la suacompagna. Hiske è la donna subliminata,che nella tela donata a Itaca è triplicata etrasportata in un mondo sospeso tra passa-to remoto e futuro visionario. Non per nulla Bruno Zevi ha definito Spata-ri «uno spirito creativo inquieto ed eretico».Per lui l’arte mediterranea, di cui l’Italia Me-ridionale e in specie la Calabria sono l’om-belico, è frutto del grande flusso migratorioda Est verso Ovest, che nell’arco di tre-quat-tro millenni ha trasferito sulle sponde euro-pee le civiltà orientali. Spatari è nel pienovortice di questo fiume della storia, chegiunge all’epoca cristiana e unisce Vecchioe Nuovo Testamento. Nelle acque turbino-se si specchiano le antiche storie dei pa-triarchi e in esse può riconoscersi anchel’uomo moderno.

NikSpatariPersefonevernice nitrosu carta su tavolacm. 40 x 40

“La somma di tutto quello che l’occhio vede è insieme una presenza solenne e dionisiaca, aspra e rigogliosa”

8 ANNO VI - N. 20 - Aprile 2013

Da molti anni non nevicava più a Cupa-nova. Abituati a quella luminosa e mu-ta presenza, nel periodo natalizio non

c’era giorno in paese che non si volgesse lo sguar-do al cielo. La neve era un conforto, un armisti-zio con la fatica. Braccianti, muratori, raccogli-trici d’olive potevano finalmente interrompere illavoro, preferendo a un misero guadagno l’inso-spettato piacere di restare in casa attorno al bra-ciere, come figure di povero domestico presepe.Eppure, per noi del quartiere Schioppo, l’assenzadella neve era malgrado tutto un dono. Un gene-roso segno divino che ci sottraeva al ricordo di un

lontano Natale, quando Mommaredu jìffulu(scapaccione) segnò per sempre la nostra vita.Abitavamo nella stessa strada e a scuola divide-vamo il banco, nonostante fosse più grande di me.Veloce nella corsa e abile a schivare qualunqueinsidia di quella nostra irregolare adolescenza,non lo era altrettanto nello studio verso cui mo-strava il più totale disinteresse.Orgoglioso e impudente era ammirato e temuto datutti noi ragazzi per la sua capacità di catturare lelucertole con un semplice filo d’erba annodato amo’ di cappio e la sua indifferenza al cinguettio di-sperato degli uccelli impigliati sui rovi per via delcaucciù che aveva perfidamente disciolto. Sem-brava non avvertire sentimenti, se non di ammira-zione verso se stesso, specie quando trascinava perle strade del quartiere bisce appena catturate in-curante del ribrezzo suscitato. Silenzioso e affida-bile, ero il suo amico preferito e insieme percorre-vamo in lungo e in largo il bosco di castagni chesovrastava il quartiere, immaginandoci improba-bili cavalieri della tavola rotonda. Ci districavamotra rami e sentieri e in quel percorso di scoperta edi fantasia Mommaredu mi parlava della sua vitaa casa. Di suo padre emigrato in Belgio che tor-nava solo a Natale e delle numerose sorelle nateognuna a un anno di distanza dall’altra e tutte,sottolineava incredulo, nel mese di settembre.Ma soprattutto trovava insopportabile e incom-prensibile che sua madre ogni santo giorno al-la stessa ora del pomeriggio, al calar della sera,iniziasse a picchiarlo senza motivo. E gliele da-va talmente di santa ragione che lui finiva perscappare ed era la madre stessa che usciva a

cercarlo, in apparenza preoccupata, ma in real-tà per incontrarsi con Filippo ‘nsinga (ammic-cante), il capraio. “Vieni domani a casa mia”,mi disse infine un giorno, “vieni domani a casamia che facciamo i compiti di scuola”. E così fe-ci. Mi affacciai spingendo timorosamente laporta accostata e comparve ad accogliermi suamadre, conosciuta come Ndindina ‘a vazza(l’acerba). Entrando, misi piede nel regno delcaos e della precarietà. Al centro primeggiavaun braciere circondato da sedie sgangherate etraballanti su cui poggiavano stracci di ogni ti-po, un tavolinetto coperto da un’unta tovaglia e

disordinatamente ricolmo di pentole, pezzi dipane, vasellame, piccoli ortaggi, vasetti di strut-to, bottiglie semivuote di olio e pasta sfusa so-vrastata da un trancio di lardo aggredito da in-tere tribù di mosche. Ad aggravare quell’incer-ta condizione contribuivano una fioca luce pro-veniente da una lampadina che a stento facevacapolino tra due file di canne appese al soffittocon alcune salsicce e una cesta di panni poggia-ta sul pianale di una vasca che fungeva da ca-salingo lavatoio. Mi porse un’impresentabile sedia, “siedi, dove-te studiare? Tu sei tanto bravo, non mio figlio,che gli devo menare per farlo applicare”. Alta emaestosa, si muoveva con rapidità, mostrandoun’irrefrenabile gaiezza che la rendeva assai di-versa dal prudente pudore e dall’asciutta so-brietà delle vicine. Cominciai a leggere a vocealta le pagine del sussidiario sul Risorgimento el’Unità d’Italia, senza comunque suscitare l’in-teresse di Mommaredu, nonostante Garibaldifosse stato ferito in battaglia non lontano da Cu-panova, perché con più evidente attenzione eglistudiava i gesti della madre. Avvertendo quellatensione, anch’io mi ero distratto e continuai aleggere svogliatamente attento a intercettare isegnali della bufera in arrivo.“‘U vidi, ‘u vidi!”, esplose improvvisamenteNdindina pur intenta a lavare pentole e piatti sul-l’orlo di un pericolante e arrugginito lavello.“‘U vidi che non hai la testa per studiare! Cosafarai quando sei grande se continui così? Vai datuo padre in miniera?” Mommaredu restava insilenzio, concentrato e pronto allo scatto.

“T’ammazzu, t’ammazzu”, sbottò esasperata eprima ancora che potesse alzare il braccio luiera già schizzato in strada. Ndindina iniziò adagitarsi, a tremare: stretta in quella piccola pri-gione di tutta un’esistenza, spostava piatti e bot-tiglie con gesti privi di senso, scalciando la mal-ferma porta di casa.A stento però trattenne le lacrime. “Non posso vi-vere più in questo posto, mi sento disperata”esplose. “Mio padre mi scriveva dall’Americaraccontandomi tante cose belle e io ho sempredesiderato di andare da lui in Florida, ma mi so-no maritata un uomo qualunque, un uomo sen-za ambizioni, uno che torna a casa una volta al-l’anno! Una volta all’anno, capisci?”, mi dissecon tono avvilito. Quasi a volersi riprendere ini-ziò tutto un racconto sulle meraviglie che solo inAmerica c’erano. Gente ricca, attori del cinema,Marylin Monroe, che aveva visto in televisionenella casa dei vicini, il presidente biondo e bello,le strade immense e il lavoro per tutti. E confes-sò il suo desiderio più intenso, diventare MissAmerica. “Vieni qui, mi diceva mio padre, vieniqui, tu sei bella e puoi diventare Miss America”.“Miss America cos’è?”, chiesi incuriosito. “È lapiù bella di tutte, la più bella di tutta l’America.Anche di Marylin Monroe!”, rispose e ruotò inaria un braccio come rispondesse all’applauso diun’invisibile folla. “Morivano certo d’invidia tut-te queste sciancate se diventavo Miss America!Invece devo vivere allo Schioppo”, concluse af-franta. “Ma non mi vedranno più!”, insorse conun guizzo. “Ti voglio rivelare un segreto” e si ac-costò a me quasi bisbigliando. “Dopodomanimattina, vigilia di Natale, io e Filippo scappiamoda qui presto prima che torna mio marito dal Bel-gio. Andiamo a Napoli a prendere la nave perl’America!” “E vostro figlio?”, replicai subito.“Mommaredu ha preso tante di quelle botte sen-za meritarle e adesso se ne verrà con me per vi-vere pure lui felice. L’ho già avvisato che per tut-ti e due questa sofferenza finisce a Natale”, e co-sì dicendo apparve sollevata.Abbacinato dal racconto e fantasticando sull’A-merica, tornai a casa in ritardo e mia madre,che neanche con quel tempo minaccioso si erafermata a riposare, mi apostrofò duramente, fa-cendomi tornare alla realtà. Rispettata ed ap-prezzata in tutto il quartiere per la sua estremadedizione al lavoro, mia madre era però tenutaa distanza per il suo carattere aspro ed incen-diario che non si tratteneva dal più violento deilitigi, se necessario ad imporre le sue ragioni.Forte di questo suo temperamento incontenibi-le, disistimava in modo plateale Ndindina, don-na per lei non onorata, non solo perché parte-cipava alle feste di matrimonio in assenza delmarito, ma da lungo tempo intratteneva una re-lazione extraconiugale con il capraio, indiffe-rente al mormorio del quartiere.“Quella è una mamma scellerata”, disse secca-mente, troncando qualsiasi mio timoroso tenta-tivo di discussione e consegnandomi il bidonci-no di alluminio del latte da distribuire a domici-lio. Per strada la neve aveva lo splendore dellestelle e il mio passo poggiava leggero su sottilicristalli di ghiaccio che scoppiettavano sotto il

mio peso. Sembrava che il firmamento stessebrillando soltanto per me e per me solo esistessee in quel silenzio mi sentivo infinito e felice, tan-to che a fatica tornai a casa dopo la consegnadel latte. E quale fu la mia sorpresa nel trovarviNdindina intenta a parlottare in modo agitatocon mia madre. “Ciccio - mi aggredì immedia-tamente - non riesco a trovare Mommaredumio! ‘U vidisti?” E davanti alla mia esitazioneinsistette ancora più inquieta, “non sono riusci-ta a trovarlo e a quest’ora tornava lo stesso, dasolo. Forse è nascosto da qualche parte e nonvuole venire in America. Aiutami a cercarlo, innome di Dio!”Attraversammo le strade innevate dello Schioppoper giungere al pendio che portava al lavatoio do-ve io e suo figlio ci nascondevamo spesso per sor-prendere il licantropo. Ndindina si trovava a di -sagio a camminare nella neve che aveva ormaicoperto arbusti e cespugli e di quel suo fiero por-tamento non restava traccia, aggredita com’erada continui brividi di freddo e da oscuri presen-timenti. Il buio fitto e la luna avvolta da un man-tello di nuvole rendevano poco agevole il cammi-no: “malu tempu”, commentò, aggrappandosi aun melograno rattrappito. Mi ero inginocchiatoper attraversare il torrente senza scivolare sullalastra di ghiaccio che lo ricopriva, quando appar-ve dalla neve e sotto un lampo di luce una manoillividita stretta ad una zolla di erba. “Sbalasciu,gridò Ndindina, sbalasciu, ‘u trovammu!” Cad-de su se stessa e iniziò a scavare freneticamentecome un animale cerca la sua tana per sfuggirealla caccia. Quando apparve il viso di suo figlio,violaceo e trapunto di piccoli coriandoli di neve,smise di scavare e iniziò a graffiarsi il viso ed aflagellarsi con manciate di sassi.Il sangue scivolandole dal viso solcava la neve asquarciare quell’intervallo di quiete che ci era sta-to appena regalato. “Mommu, Mommaredu meu,focu e pricada mia! Che mamma scellerata fui!”,urlava come un’ossessa mentre da lontano arri-vava l’eco di un abbaiare furioso di cani.“Maledetto questo petto che ti ha allattato”, ecosì gridando prese a lacerare una sfilacciatamaglia di lana e poi la camicetta fino a mostra-re al cielo i seni, aspettando una punizione divi-na. “Cristiani”, continuava Ndindina, “cristia-ni, correte a compatire una madre disgraziata

condannata da Dio per tutta la vita.” Quellostrazio aveva raggiunto tutto il quartiere da do-ve in lenta processione cominciarono ad arriva-re le vicine, recitando una lamentosa cantilena.“Che Natale mi vinni!”, ripeteva più forte Ndin-dina cullando amorevolmente in braccio il fi-glio ancora ricoperto da un velo di neve e la suasorte si era definitivamente staccata dalla vitache aveva sempre sognato.Mi allontanai nella notte confuso e privo di for-ze in compagnia di quell’urlo che concludeva lamia adolescenza e che ancora oggi all’improvvi-so attraversa i miei pensieri più nascosti: “cheNatale mi vinni.”

n

MissAmericaallo Schioppo

“Tacito amico d’infinite lontananze senti come ancora il tuo respiro moltiplica gli spazi” R. M. Rilke, I sonetti a Orfeo, XXXIX

n Francesco Adornato

ITALIA QUELLA CHE VORREMMO, QUELLA DELLA NOSTALGIA

n Caterina Trifiletti

P rima di recarci in Italia, io e i miei fratelli,Anthony e Lisa, abbiamo avuto molteidee su com’era il paese natale di mia

madre, Martone in Calabria e quello di mio pa-dre, Novara in Sicilia. Nonostante le tante im-magini di riferimento già note, centinaia di foto-grafie di quei paesi, quando abbiamo visto do-ve i nostri genitori sono nati e hanno trascorsola prima parte della loro adolescenza, siamo ri-masti stupiti e ci siamo resi conto di non avereun’idea esatta. Essendo vissuti in una metropoli molto vivacecome Washington, eravamo molto distanti dal-la realtà di quei luoghi. Naturalmente abbiamosentito un milione di storie sulla loro vita in Ita-lia, ma quelle storie erano solo parole, anche sein realtà nostra nonna Rosa aveva camminatoscendendo dalla cima della montagna fino alfiume, a Martone, per andare a lavare i panni.In Sicilia, le storie di mio padre hanno presovita quando abbiamo assaggiato i fichi degli

alberi che circondano la sua casa d’infanzia edi cui avevamo sentito tanto parlare.Ogni momento, un luogo o un’immagine ci han-no aiutato a ritrovare una storia e con mio fra-tello e mia sorella, ci siamo sentiti più vicini al-la comprensione del nostro patrimonio e comeha plasmato noi della seconda generazione diitalo-americani. Abbiamo preso le pause dai nostri momenti in-trospettivi e riflessivi mangiando in modo inno-cente. Quasi ogni giorno iniziava con eccezio-nali brioche e terminava con la visita a una del-le pizzerie locali.Il nostro primo viaggio in Italia è anche una nuo-va esperienza culinaria e ci prepara a una buo-na scelta per le nostre future vacanze. Ricordo quando ci siamo seduti per il pranzopresso il piccolo ristorante a Martone e senzamenù ci hanno servito 24 piatti di antipasti. Unasituazione che sicuramente non c’era mai ca-pitata prima!Dopo il nostro panico iniziale, con calma abbia-mo fatto in modo di assaporare tutto, ovviamen-te piccoli assaggi. Guardando indietro, non cre-do che in realtà avessi mai assaggiato un veropomodoro o un pezzo di mozzarella fino a quan-do li ho provati in Italia. Il cibo è veramente inun campionato a sé stante.Abbiamo anche approfittato in Italia delle tipi-che bevande, durante le nostre soste quotidia-ne nei bar, dove i cappuccini fluiscono libera-mente come l’acqua, anche se non così libera-mente come il vino rosso.A Novara abbiamo cominciato a capire e ap-prezzare veramente i semplici modi di vita. Lontani dal caos delle grandi città, le personetrovano la gioia nei piaceri di base, come unbuon pasto o una bella risata. Siamo rimasticolpiti (e anche ingelositi) per il codice non

scritto, ma una regola molto seguita, dell’oradedicata al pisolino pomeridiano che trasformale strade in una città fantasma.Abbiamo trovato conforto nella generosità del-le persone che abbiamo incontrato, che since-ramente ci hanno accolto nei loro mondi.Un giorno, ci siamo imbattuti nel vice-sindacodi Novara, che ha cancellato il suo programmain un batter d’occhio per accompagnarci nellavisita della città.Siamo riusciti così a vedere i teatri e le chiesesolitamente non aperti al pubblico e alla finedella giornata ci ha invitato nella sua casa perun drink. Un gesto Magnifico! Nel complesso, il viaggio è stato unico non sol-tanto di cibo squisito e buona compagnia, an-che se c’era un sacco di entrambi. È stato unviaggio nel passato dei nostri genitori e abbia-mo chiarito molte questioni in sospeso riguar-do alla loro identità.Parlo anche per i miei fratelli, quando dico checi siamo sentiti orgogliosi di sperimentare lameravigliosa cultura del Sud dell’Italia che cilega al nostro patrimonio italiano.

n

UNO SGUARDO AL PASSATOIl viaggio a ritroso nel tempo delle nuove generazioni italo-americane

Caterina (la prima a destra nella foto)con il fratello Anthony e la sorella Lisa davantila vecchia casa della mamma a Martone

n Pasquale Vilardi

C apita raramente d’imbattersi inun saggio così ricco di spunti diriflessione e talmente avvincen-

te da leggersi tutto d’un fiato come fos-se un romanzo. Il bel libro di SalvatoreSettis, Azione popolare (Einaudi), ha ilpregio di affrontare, in poco più di 200pagine, tematiche assai attuali (econo-mia, diritti civili, beni culturali e ambien-tali, ecologia) e, direi, fondamentali percomprendere quali siano i problemi es-senziali dell’Italia, inseriti in quelli assaigravi dell’intera umanità, sui quali è ne-cessaria una riflessione documentata,seria e al di là di qualsiasi mistificazio-ne o semplificazione ideologica.Viene di pensare al Machiavelli sinte-tizzato dal Foscolo (che “alle genti sve-la di che lagrime grondi e di che san-gue”) quando evidenzia con osserva-zioni acute e chiare gli interessi delmondo capitalistico, delle multinazio-nali e delle finanza, che si nascondono

stregua di sudditi più che di cittadiniportatori di diritti sempre più miscono-sciuti e insidiati; in primis l‘aleatorietàdel lavoro e l’estromissione dal godi-mento dei beni pubblici fondamentalicome l’acqua cui l’autore dedica unaparte delle sue riflessioni con riferi-mento anche alla situazione del nostropaese caratterizzata negli ultimi annida una generalizzata ed insensatacorsa alla “privatizzazione” del patri-monio e delle aziende a gestione pub-blica che, lungi dal risolvere i proble-mi dell’economia in un’ottica di mag-giore inclusione sociale, ha il solo ri-sultato di incrementare l’ampiezza del-le fasce di cittadini privi di diritti e sem-pre più poveri.L’altro filone su cui si concentra la ri-flessione (di alto spessore giuridico ecivile) dell’autore è quello della Costi-tuzione, a suo avviso l’unico baluardoper la difesa della democrazia nel no-stro paese. Non a caso contro la Car-ta fondamentale si rivolgono gli attac-chi volgari e violenti di quelle forzepolitiche più retrive assumendo cheessa costituirebbe un ostacolo allapresunta volontà liberalizzatrice stru-mentalmente sbandierata dalle forzepolitiche subalterne (non al soldo)agli interessi dei potentati economici-finanziari. Altro che modificarla! Settis dimostracon un’analisi puntuale delle sue sta-tuizioni che la Costituzione andrebbeattuata nelle parti in cui assume unavalenza programmatica (diritto al la-voro, tutela dei beni pubblici – econo-mici, culturali e ambientali, funzione

dietro l’asserita necessaria suprema-zia di non meglio definiti e astrattisoggetti cui si attribuiscono capacitàtaumaturgiche per la soluzione deiproblemi economici. Tali sono i mer-cati che in nome di una presunta ca-pacità di autoregolazione, sono pre-sentati da una prevalente vulgata co-me entità supreme, con una connota-zione quasi sacrale, cui bisogna ge-nuflettersi adeguando ai loro impera-tivi le scelte politiche. L’azione di governo segue dunque l’e-conomia e da essa ne è condizionata.Parimenti ottusa e priva di fondamen-to logico e scientifico è la pretesa dipoter spingere la crescita economicaa limiti insostenibili dal pianeta e conl’unico risultato, certo e documentato,di una distruzione delle risorse non rin-novabili e di aggravare la forbice trapochi che si arricchiscono e la granmassa dei cittadini che tende semprepiù a impoverirsi. Particolarmente suggestivo è, in que-st’ottica, il rovesciamento (o meglio

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l’illuminazione in una originale pro-spettiva) del concetto di amore per ilprossimo, capovolto in amore per ilontani di cui vengono individuate trecategorie. Quelli per condizioni eco-nomiche (i poveri), quelli per distanzageografica (i paesi poveri del quartomondo) e quelli nel tempo (le futuregenerazioni). Rispetto a questi lontanipoco fanno l’economia e la politicamettendo a rischio la stessa sopravvi-venza dell’intera umanità.Contro questo stato di cose è rivoltal’analisi critica, puntuale, documenta-ta e per nulla faziosa di Settis.Non si tratta di demonizzare la globa-lizzazione, fenomeno di per sé neutroe potenzialmente anche positivo ma dicapire che il fenomeno va governatocon strumenti e azioni di governonuovi al fine di evitare una degenera-zione già in atto e riassumibile nellaabnorme importanza che ha assuntola (cattiva) finanziarizzazione dell’e-conomia e la progressiva irrilevanzadegli individui, sempre più ridotti alla

sociale della proprietà) ricorrendoanche alla citazione e al commentodegli atti preparatori e degli interven-ti di alto profilo di numerosi costituen-ti tra cui spiccano quelli pronunciatida Dossetti e La Pira.La funzione sociale della proprietà èun’altro filone scandagliato dall’auto-re con analisi accurate e riflessionistorico - giuridiche di sicuro ausilioper chi non si accontenta delle gene-riche informazioni (spesso superficia-li e per questo fuorvianti) forniteci daimedia in tutte le loro espressioni co-municative. Non si tratta soltanto deiprincipi fissati dall’art. 42 della Costi-tuzione, ma anche e soprattutto di ri-flessioni sulla natura e sulla funzionedei beni pubblici (acqua, territorio,ambiente, beni culturali) di fonda-mentale importanza per sostenere unconcetto di democrazia diretta cheabilita il cittadino ad agire per la suadifesa e tutela anche attraverso unarete di organizzazioni impegnate nel-la tutela di particolari aspetti (siti arti-stico-archeologici, ecosistemi locali,distretti industriali...).Il fatto che Settis sia un calabrese nul-la aggiunge al valore intrinseco delsaggio. Peraltro non possiamo che es-sere contenti di tale circostanza chetestimonia, se ce ne fosse bisogno, co-me l’ingegno e la sensibilità dei nostriconterranei possano contribuire adarricchire il dibattito culturale e politi-co elevandolo a livelli di eccellenzaadeguati ai bisogni del nostro paese.

n

L’intellettuale originario di Rosarno indicala strada di una nuova cittadinanza oggi schiacciatada mercati rapaci e politiche senz’anima

Il bene comunesecondo Settis

D agli Stati Uniti arriva la testimonianza di unagiovane appartenente alla seconda generazione.

Figlia di genitori nati in Italia ed emigrati da giovani,Caterina e i suoi fratelli, così come tanti altri giovaninati all’estero, sin da piccoli hanno dato prioritàalla loro identità legata al proprio paese di nascita.Pur cresciuti in un ambiente familiare fedelealle tradizioni italiane, in genere, per le secondegenerazioni è stata forte l’esigenza di vivere in unacondizione che non li facesse sentire diversi.In contrapposizione, forse, a quella diversitàavvertita nel confronto con l’ambiente esterno, tanti,soprattutto in giovanissima età, hanno avuto quasiun rifiuto verso le radici familiari.Le cose cambiano, invece, in età più adulta, quandosi guarda a quella diversità, non più con un certodisagio, ma in modo positivo perché l’esperienzae la maturità aiutano a capire che il patrimonioacquisito dai genitori è qualcosa in più, una ricchezzada rivalutare e difendere.Nasce così il desiderio di acquisire più notizieper ricostruire la storia familiare.Arrivano in tanti per visitare i paesi d’originedei genitori e dei nonni, si recano agli uffici anagrafedei Comuni e nelle parrocchie con date antiche trovatesu documenti ingialliti dal tempo, cercano certificati,vecchi indirizzi, le case natali e non manca la visita aicimiteri alla ricerca di nomi appartenuti agli antenati.Il loro, è un viaggio a ritroso nel tempo e il desideriodi far rivivere in qualche modo momenti importantidel passato, spinge alcune giovani coppie prossimeal matrimonio a sposarsi nei luoghi d’originedelle famiglie e quando è possibile, scelgono la stessachiesa, dove è stato celebrato il matrimonio deigenitori, dei nonni o addirittura dei bisnonni. Giovani italo americani che visitando i luoghi notiper i racconti sentiti tante volte in famiglia, ritrovanole radici e un’identità che li rende orgogliosi.

Assunta Orlando

L’indimenticabile esperienza culinariadi un viaggio verso le radici

ANNO VI - N. 20 - Aprile 2013

“Nata sono nata nell’Africa d’Italia, in qualche posto in qualche modo sono pure cresciuta” Francesco De Gregori, Stella stellina

Il carico dei sacchi di iuta contenenti le copie di Itaca dirette in tutto il mondoè pronto per essere trasportato al Centro postale di Portonaccio

a Roma e da qui trasferito, nella stessa giornata, all’aeroporto di Fiumicino

Ah! Quei favolosisalumi di Acri!

Emanuele Giacoia

Q uarantacinque anni di RAI in Calabria lasciano il segno, anche gastro-nomico. Chi ha qualche anno in più ricorderà la fortunatissima tra-

smissione del compianto Mario Riva Domenica è sempre domenica. Allasede RAI di Cosenza, parlo degli anni sessanta, arrivavano continuamentele domande di partecipazione alla trasmissione, tra queste quella di unsignore di Acri, quaranta chilometri in provincia di Cosenza, che fu accet-tata con relativo viaggio a Roma e ritorno ad Acri (dopo la sua non brillan-te partecipazione). Allora, per la verità penso anche adesso, apparire sulloschermo televisivo della RAI era a dir poco come ricevere l’onorificenza diCavaliere di Gran Croce della Repubblica. A quei tempi la segnalazione a Roma avveniva attraverso il mio ufficio, e ilsignore di Acri che andò a Roma si sentì in dovere, al ritorno, di invitarmi apranzo nella sua abitazione. Venne a prendermi con la sua macchina pres-so la sede RAI di Cosenza, la storica sede di Via Montesanto, e con lui adAcri. Ed eccomi in questo non piccolo comune, non molti chilometri daCosenza ma in compenso con moltissime curve. L’abitazione del signore erain un palazzetto antico ma, si vedeva, di fattura signorile. Una gran sala dapranzo con camino con un gran ceppo acceso, e con una tavola al centro. Mi furono presentate la moglie, le figlie e la suocera, ricordo. La tavola erastata apparecchiata con gran cura ma per due persone: io e il padrone dicasa, con mio grande stupore. Da un grande arco che ci divideva dallacucina, vedevo che le donne si davano un gran daffare mentre – immagi-navo – stavano cucinando. Sul momento non chiesi, imbarazzatissimocom’ero, perché non partecipassero al pranzo. Poi m’informai, e seppi chesi usava così. L’ospite di riguardo (ero io) veniva accolto solo dal padrone.Un uso – pensai – vagamente medievale e retaggio, forse, di antichissimicostumi che naturalmente non condividevo. Ma questo fu soltanto il miopensiero, che non potevo certamente esternare. Quasi in silenzio, arrivòun piatto di pollo (non ci fu il primo). “Questo è un galletto solo per lei” midisse compiaciuto il mio anfitrione. Poi, un fiume di salumi affettati: capo-collo, salsiccia dolce e piccante, pancetta, prosciutto. Devo dire una veraleccornia. E così il padrone di casa mi spiegò che Acri era praticamente,almeno in provincia di Cosenza, famosa per i suoi salumi, ed a questo pro-posito, al termine di questo pranzo dalla strana atmosfera, mi condusse inuna stanza molto grande dove si procedeva alla confezione degli insacca-ti. Il soffitto quasi non si vedeva, perché appesi a canne c’era una selva disalumi pendenti. Sul pavimento, fitte grate su cui si bruciavano - così miavevano detto - le foglie e le bucce di arance e mandarini, le foglie delleciliegie ed amarene, ginepro ed altre erbe aromatiche, i cui fumi davano aquesti salumi un sapore davvero straordinario ed unico, come quello chegustai a pranzo. E non basta: mi spiegò che lo spago con cui si leganocapocolli ed affini, veniva confezionato con un antico arcolaio, che eraposto in un angolo, e che la suocera tesseva questo filo. Ero da pochi mesiin Calabria, da quando era stata fondata la sede RAI, e questo pranzo inqualche modo fu uno dei primi impatti con una regione (ora sono qui daoltre cinquant’anni) che naturalmente non conoscevo, ma che forse nonc’è più nei suoi usi, costumi, tradizioni; compresi, ahimè, gli straordinarisapori dei salumi di Acri.

StorieCosì

NEWS LA CALABRIA NEL MONDO, IL MONDO DELLA CALABRIA

ROMA “Il Sacro e l’Eroico”

Dopo l’esordio dello scorso ottobre (v. Itaca n. 18) l’Associazione Amici di SanFrancesco di Paola nel Mondo si è ritrovata, alla fine di febbraio, nella storica chie-

sa di Sant’Andrea delle Fratte da sempre affidata ai Frati Minimi di San Francesco diPaola, per un concerto del Coro Polifonico dell’Arma dei Carabinieri “Salvo D’Aquisto”,diretto dal Maestro Massimo Martinelli, direttore anche della Banda dell’Arma deiCarabinieri. Il programma dal titolo “Il Sacro e l’Eroico”, ha proposto al vastissimo pub-blico, un repertorio con musiche, fra gli altri di Mozart e Pier Luigi da Palestrina, e con-cluso con Verdi e l’Inno di Mameli, cantato ovviamente da tutti gli spettatori. A tenerele fila del concerto, l’attrice Isabel Russinova.«Dopo lo spettacolo – recitava l’invito a firma del presidente dell’AssociazioneVincenzo Rosario Cortese – se lo vorrai, potrai fermarti, assieme a noi, a mangiare unapizza “da Ciro”, poco distante dalla Chiesa. Sarà una bella occasione per stare insie-me, per “nutrire” lo spirito, per “nutrire” l’anima con un po’ di buona musica e “nutrire”il corpo con un po’ di buona pizza».

11ANNO VI - N. 20 - Aprile 2013

MONTREALUn anniversario memorabileÈ orgoglioso Saverio Mirarchi nell’invitare a celebrare i 30 anni dalla fondazio-

ne dell’Associazione I Calabresi nel mondo. Come dargli torto? Nell’invito dif-fuso non ha potuto fare a meno di andare con la memoria a quel 1983, anno di fon-dazione, e fare un bilancio, perquanto sintetico, ricco di tante coserealizzate. Quindi un invito a ritro-varsi per condividere e rivivere tan-ti ricordi. Come dimenticare, allora,le feste sociali, dai banchetti allegite, alle scampagnate?E poi l’organizzazione delle variemostre di artigianato, pittura, scultu-ra; gli spettacoli con artisti prove-nienti dalla Calabria, in particolareDanilo Montenegro e Piero Proco-pio; le feste in onore della donna; lapubblicazione della rivista L’altraCalabria e il volume Il Portone, anto-logia degli scritti del prof. FrancescoPisani? E poi ancora i due gruppi fio-ri all’occhiello: quello teatrale e so-prattutto il Gruppo folcloristico. «Noicrediamo – ha scritto – che tutto si èrealizzato principalmente, grazie altalento dei collaboratori, alla loroperseveranza e volontà di lavorare

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ITACA - Anno VI - n. 20 - Aprile 2013

PERIODICO TRIMESTRALERegistrazione n. 2/08Tribunale Palmi (RC) del 17.01.2008Iscrizione al ROC n. 17695 dal 22.11.2008Associato FUSIE

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ABBONAMENTO ANNUALE

PAOLAGiovani in marciaper la pace

N ell’attuale e grave crisi che coin -volge tutta la società, il tema

scelto per la Marcia della Penitenza,giunta all’ XI edizione, s’ispira al mo-nito del Santo Patrono della Cala-bria: “Pentitevi per il passato… Cor-reggetevi per il futuro!”. Un richiamorivolto alle classi politiche e a tutta lasocietà perché ognuno si senta cor-responsabile di ciò che accade e sidiffonda la cultura del Bene Comune.La marcia come momento di rifles-sione sul “diritto” da difendere con-tro gli abusi per vivere una vita de-gna dell’uomo. Per la prima domenica di Quaresima, come nei precedenti anni, migliaia digiovani provenienti da tutta la Calabria, si sono riuniti a Paola, in Piazza IVNovembre, sotto “l’arco di San Francesco”, luogo simbolo e centro storicodella città, hanno iniziato la marcia verso il Santuario. Ripercorrendo la storia di questo appuntamento dei giovani che ogni annosi ritrovano a Paola (circa seimila i partecipanti nel 2007, anno del V Cente-nario, ndr), la prima Marcia si svolse il primo aprile del 2003, quando su ini-ziativa della “Consulta Generale di Pastorale Giovanile Minima”, guidata dalVicario Provinciale, p. Giovanni Cozzolino, nacque la “Marcia della Peniten-za per la Pace nel mondo”. In quell’occasione, Papa Giovanni Paolo II inviòun messaggio in cui rievocava la figura di San Francesco di Paola e il suoimpegno per la pace. Gli insegnamenti, sempre attuali, di San Francesco di Paola, che fu mediato-re di pace nell’epoca di conflitti in cui visse, possano guidare i “responsabilidel Bene Comune” e i giovani perché siano protagonisti nel progettare e crea-re il loro futuro.

Assunta Orlando

insieme, per il benessere della nostra Asso-ciazione e del suo operato nella nostra co-munità ed altrove. Si è realizzato molto più diquanto si fosse previsto all’inizio, malgradole limitate risorse finanziarie disponibili».A far festa sono intervenuti rappresentanti dialtre associazioni ed esponenti politici pro-vinciali e federali, numerosi fondatori delsodalizio come Giovanni Chieffallo e Gio-vanna Giordano che in passato hanno assun-to importanti cariche nel Consiglio di Am-ministrazione. Il Gruppo Teatrale Calabresinel Mondo, diretto dallo scrittore e registaLeo Sama, presente alla serata, si è notevolmente affermato nella comunità. Tra i 225 partecipanti ci sono stati, sorprendentemente, numerosi giovani. Infatti,il Console Antonio Poletti, nel suo intervento, nell’esprimere apprezzamento perl’operato dell’Associazione durante i 30 anni di esistenza, ha anche manifestatoun particolare compiacimento nel vedere tanti giovani presenti. Così anchel’onorevole Rita de Santis.A rallegrare particolarmente la serata c’è stato lo spettacolo dell’ormai collau-datissimo Gruppo Folcloristico e – come si dice – “dulcis in fundo” la deliziosatorta dei 30 anni!«Abbiamo brindato – afferma Saverio Mirarchi - ai successi dell’Associazione, alletante amicizie fatte, al nostro volontariato nella Comunità e per la Comunità, e di es-sere orgogliosi nel continuare a conservare le nostre origini. Sinceramente, un 30°Anniversario memorabile!».

BELGIOMarco Barattini,nuovoConsultore

M arco Barattini, 25 anni, è statonominato dalla Regione Calabria

Consultore per i giovani calabresiin Belgio. Ha conseguito la laurea d’ingegneriadel suono nel Regno Unito pressol’università Oxford Brookesa Oxford e parla quattro lingue(Italiano, Inglese, Francesee Spagnolo).Al momento sta frequentando un corsodi doppiaggio a Roma e fa assistenzainformatica/elettronica su richiesta.A Marco gli auguri di Itaca.

P otrebbe essere riassunta così la vi-ta di Stefano Potortì, catanzarese

che ha deciso di lasciare, ormai da die-ci anni, la terra calabra per cercare for-tuna nella “Terra d’Albione”. Un’avven-tura cominciata nel lontano 2003, quan-do è partita la scalata del giovane cala-brese. Una scalata che è partita dal bas-so e che ha raggiunto il punto massimocon la creazione di un’agenzia di consu-lenza nel settore della ristorazione, delsettore agroalimentare e dell’organizza-zione eventi: la Sagitter One. Una carriera, quella di Potortì, valorizza-ta dalla presenza nel Consiglio di ammi-nistrazione della Camera di CommercioItaliana nel Regno Unito di cui è membrocome socio benefattore.Una vita condita da soddisfazioni e suc-cessi tutti legati a un amore mai dimen-ticato: quello per la Calabria, presente inogni sua iniziativa promozionale e neisuoi pensieri. Potortì non ha dimenticato le sue origi-ni, anzi, ha deciso di dedicare parte delsuo tempo per fare in modo che anchein Inghilterra le bellezze e le qualità del-la Calabria siano conosciute e apprez-zate. Da questi presupposti, e dalla col-laborazione con un altro orgoglio cala-brese quale il celebrato chef FrancescoMazzei, è nata l’associazione no profit

Calabria in Europa-UK la cui mission èpromuovere la cultura, la gastronomia,l’arte e il turismo calabrese in UK. “L’As-sociazione vuole essere un punto di ag-gregazione per tutti i nostri corregionaliche riesiedono ed operano nel RegnoUnito, che orgogliosi delle loro radicihanno il desiderio di rendere la Calabriapiù visibile e presente in questo Paese”,ha spiegato Potortì che ricopre il ruolodi presidente.Francesco Mazzei sarà il presidenteonorario. Non poteva esserci figura mi-gliore della sua per rappresentare la Ca-labria nel Regno Unito, lui che ha cuci-nato per i reali d’Inghilterra e che ha sa-puto valorizzare le bontà calabresi oltreManica”. All’interno dell’organigramma dell’asso-ciazione ci sono altre figure calabresi dispicco che hanno saputo trovare lachiave di volta per il successo in terrastraniera. Tra questi il consultore dellaRegione Calabria in Gran Bretagna, ElioFolino il quale mantiene i rapporti con leistituzioni italiane in loco ed opera sumandato della Regione stessa; le sueconoscenze e supporto sono di vitaleimportanza. “Con quest’associazione – affermaPotortì – cercheremo di far sentire itanti calabresi che arrivano a Londra

più vicini a casa. Vivo qui da ormai die-ci anni ed è bello sapere di poter con-tare sull’amicizia di qualche corregio-nale, aiuta a sentire meno la mancan-za della nostra terra d’origine”. Obiet-tivi nobili, quelli di Calabria in Europa-UK, stilati da un catanzarese che sabene come conseguire il successo ecome valorizzare la propria terra ma-dre a 2000 km di distanzaÈ proprio vero: è possibile trovare il suc-cesso a Londra con la Calabria nel cuore.

COSENZA Premiato Parole di vita

Al settimanale d’informazione dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, Paroladi Vita (www.paroladivita.org), diretto da don Enzo Gabrieli, è andato il

Premio nazionale promosso dalla Federazione italiana settimanali cattolici (FISC)in collaborazione con il Servizio Promozione Sostegno Economico alla Chiesadella Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Il significativo riconoscimento perl’articolo della giovane Debora Ruffolo dal titolo “Don Bruno, sacerdote in mezzoal popolo”, incentrato sull’impegno straordinario del parroco di Paola nellamensa della Caritas della cittadina tirrenica. Una storia simbolo dell’attenzionedella Chiesa verso i poveri e i bisognosi del proprio territorio. Una delle tante chetrovano spazio ogni settimana sulle pagine del giornale che da oltre cinque annicerca di dare voce non solo alla diocesi, ma a tutta la comunità locale.

La seconda da sinistra è l’on. Rita De Santis;Antonio Poletti, console italiano,è il secondo da destra

Le homepage, con link reciproci, dei siti web di Itaca e Amicicasarepaci

www.itacatabloid.it - www.amicicasarepaci.it

SAN MARCO ARGENTANOAdriano Ritacco, presidente nazionale FICLU

A driano Ritacco è il nuovo presidente nazionale della Federazione Italiana dei Clube Centri UNESCO (FICLU). Ritacco, sposato con due figli, è nato a Cosenza nel 1969.

Risiede a San Marco Argentano dove è presidente del locale Club Unesco.Dopo gli studi di Ragioneria e Perito Commerciale ha intrapreso la libera professionenel settore del commercio ricoprendo vari ruoli in diverse aziende, fino ai livelli di mas-sima responsabilità. Il suo impegno si esprime anche in ambito sociale e civile, soprat-tutto con la promozione di attività di sensibilizzazione e approfondimento culturale.

SaverioMirarchi

FIRENZELorenzo Calogerotradotto in inglese

I n occasione della “Giornata Mondi-ale della Poesia” istituita dal-

l’UNESCO, cinque poesie di LorenzoCalogero sono state tradotte in ingleseda John Taylor, scrittore, traduttore ecritico letterario americano, molto in-teressato all’opera del nostro poeta.A tutt’oggi le opere poetiche di LorenzoCalogero sono introvabili in libreria, inattesa di vederle ripubblicate in unanuova edizione che comprenda gli innu-merevoli scritti inediti.Il Gruppo sperimentale fiorentino “VillaNuccia” ricorda il desiderio espresso daRoberto Roversi alcuni anni fa: «Perdare la giusta, non più tempestiva ma al-meno e finalmente, critica gratificazionead un poeta che non deve restare più,restare oltre, sommerso dalle acque,come una statua abbattuta e dimentica-ta. Ma deve essere riportato alla luce,urlante grondante solitario. E vivo».La traduzione delle cinque poesie e unsaggio di John Taylor sono disponibilion-line sul sito: www.lorenzocalogero.it

Melicuccà. Particolaredel monumento a Lorenzo Calogero,opera di Carmine Pirrotta

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