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8/20/2019 Parisi Presicce Equilibrio-libre http://slidepdf.com/reader/full/parisi-presicce-equilibrio-libre 1/17 I GIORNI DI ROMA L’ETÀ DELL’EQUILIBRIO

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I GIORNI DI ROMAL’ETÀ DELL’EQUILIBRIO

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A cura diEugenio La Rocca, Claudio Parisi Presiccecon Annalisa Lo Monaco

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SAGGI

Società e arte nell’impero romano del II secolo d.C.Eugenio La Rocca

Vedrà i tempi aurei. L’età dell’oro dell’impero romano tra retoricae realiaMarco Maiuro

Da Traiano a Marco Aurelio: la belle époque di Roma imperiale

Domenico Palombi

 Architettura templare. Tipologia, decorazione e impiego dei marmi nella Roma del II secoloCinzia Corradetti

Monumenti statali fra Traiano e Marco Aurelio: esibizione del poteree provvidenze imperiali Stefano Tortorella

Sottomissione dei vinti, inclusione degli alleati: la ricerca di un nuovoequilibrio tra romanitas e barbaritasClaudio Parisi Presicce

La vita nelle ville dell’alta societàRichard Neudecker

 Adriano e le suggestioni del classicoElena Calandra

L’educazione dell’intelletto e la cura dell’impero nel II secolo d.C.Annalisa Lo Monaco

Cremare o non cremare? La lenta estinzione dei roghi e i sepolcrinel II secolo d.C.Massimiliano Papini

L’immagine dell’impero in guerra da Traiano a Marco AurelioMatteo Cadario

La famiglia degli imperatori da Traiano a CommodoFrançois Chausson

OPERE

I. I protagonisti 

II. Il linguaggio artistico

III. Ville e dimoreIV. I rilievi storici 

V. Vincitori e vinti 

VI. Le tombe

SCHEDE

Bibliografia

OMMARIO

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S A G G I

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Nel 101, quando Traiano raggiunse per la prima volta laDacia, l’esercito romano era una macchina da guerra

formidabile, organizzata alla perfezione e in grado di so-stenere ogni genere di difficoltà climatica e di sforzo.

Traiano (98-117), Adriano (117-138), Antonino Pio(138-161), Lucio Vero (161-169) e Marco Aurelio (161-180) divennero imperatori rispettivamente a 45, a 41, a52, a 31 e a 40 anni; Commodo (180-192) addirittura a19. L’aver raggiunto il comando in un’età relativamentegiovanile consentì loro di affrontare agevolmente lunghie faticosi viaggi fuori Roma, che rendevano percepibile

la loro funzione di guida degli eserciti.Il racconto degli anni trascorsi dal primo imperatorespagnolo lontano da Roma, accanto ai suoi soldati, è illu-strato in forma apparentemente cronachistica nei rilieviscolpiti sulla superficie marmorea della colonna Traiana,con dettagli narrativi che a prima impressione richiamanoalla mente le cronache degli inviati di guerra del secoloscorso. Gli episodi sono raccontati in forma sintetica, madescritti come una sequenza di rappresentazioni teatraliconcluse in sé e collegate tra loro come testimonianzadelle sue imprese e nel contempo come inusuale memoriasepolcrale dell’Optimus Princeps. La vita militare all’epocadi Traiano, uomo sobrio e pacato e al tempo stesso re-pentino e spietato nelle sue decisioni – epico è il suo in-seguimento di Decebalo, capo dei Daci, che ne cagionò ilsuicidio -, esprime al meglio il senso di un regno durato19 anni, che si concluse con la pacificazione e l’inclusionenell’impero del più vasto territorio geografico posto nel-l’antichità sotto il comando di un unico organismo statale.

Le lunghe campagne militari fuori dell’Italia e lontanoda Roma resero ben presto necessaria una rappresenta-zione allusiva ma concreta dei vasti territori conquistatie inclusi nei confini dell’Impero.

Le nationes sui conii monetali

Le personificazioni geografiche divennero lo stru-mento più idoneo, non tanto perché alludevano alle sin-

gole ‘nazioni’ o etnie, quanto perché rappresentavano lacomplessa e variegata comunità racchiusa nel concetto

di romanitas, costituita in primo luogo dall’esercito disoldati di ogni provenienza che affiancavano l’imperatore.La personificazione è il tipo più comune d’immagine al-legorica. L’intrinseca ambiguità di queste figure è mitigatadalla presenza d’indizi visuali o testuali: alcune personi-ficazioni sono identificate da tabelle iscritte, altre si dif-ferenziano dalle figure che le circondano grazie allo stileartistico o alle dimensioni, altre ancora portano attributi«irreali», come globi, o cornucopie.

Sui coni monetali del periodo di massima espansionedell’Impero Romano, e in particolare sui rovesci dellemonete di Adriano e di Antonino Pio, compaiono nu-merose immagini delle province, raffigurate secondocinque tipi illustranti diversi gradi di romanizzazione edi pacificazione. Le immagini sono state distinte in duetipologie principali di personificazione: provincia capta,raffigurata seduta o in piedi, o provincia pia fidelis, vestitacon un abbigliamento di tipo ideale greco (chitone e hi-

mation), di tipo amazzonico o di tipo nazionale. La crea-zione di immagini delle nationes dipendenti da Roma il-lustrava nella maniera più diretta e più efficacel’estensione dell’Impero e la sua potenza, la tenacia del-l’esercito contro i nemici e la clemenza verso i vinti. Inconnessione con le numerose personificazioni di città,le effigi di province illustravano anche la ricchezza dellostato, dal punto di vista della sua popolazione e dal puntodi vista della sua economia. Gli attributi tenuti dalle per-sonificazioni geografiche sui coni monetali presentavano

la fertilità delle terre che facevano parte dell’Impero (Ae- gyptus, Africa, Hispania), simbolizzavano le sue ricchezzenaturali (Hispania), sottolineavano lo sviluppo culturalee il ruolo degli agoni (Achaia). D’altra parte l’utilizzazionein numerosi casi di armi come attributi (Britannia, Gallia,Mauretania, Noricum, ecc.) celebrava indirettamentel’esercito romano, i cui soldati erano reclutati anche sulleterre della relativa provincia. Il legame di queste perso-

SOTTOMISSIONE DEI VINTI, INCLUSIONE

DEGLI ALLEATI: LA RICERCA DI UN NUOVOEQUILIBRIO TRA ROMANITAS E BARBARITAS

CLAUDIO PARISI PRESICCE

Fig. 1 Roma. MuseiCapitolini. Rilievo con

personificazione

geografica

dall’Adrianeo

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nificazioni con alcune figure simboliche rappresentantiItalia o Roma sottolineava la loro dipendenza dal centrodel potere, talvolta la loro cooperazione, nel quadro ge-nerale dell’Impero Romano (Oikoumene o Orbis Terra-

rum), che riuniva innumerevoli nationes e lasciava fuoridai suoi confini i barbari.

Altre personificazioni occupavano un ruolo differente,poste in un contesto mitologico e adoperate unicamentecome indicazione simbolica del luogo dell’azione. E’ ilcaso delle personificazioni del Campo Marzio effigiatesul basamento della Colonna di Antonino Pio con l’apo-teosi della coppia imperiale o nel rilievo con l’apoteosi

di Sabina da un arco di epoca adrianea (Arco di Porto-gallo, cf. cat IV.2.1).

Un notevole incremento numerico delle personifica-zioni di provincia si era avuto in età flavia. Fino al regnodi Traiano sulle monete erano comparse solo sette pro-

 vince, l’Africa, la Gallia, la Germania, la Giudea, l’Italia,la Sicilia e la Spagna, e due stati limitrofi, l’Armenia e laPartia. Con il primo imperatore nato fuori d’Italia le co-niazioni si moltiplicano, con emissioni legate ad avve-

nimenti militari e alla politica di espansione dell’impe-ratore. Prende piede un nuovo atteggiamento neiconfronti dei territori conquistati, poiché nelle leggendedelle monete la provincia è definita adquisita o redacta enon capta. Sulle monete dedicate alla Dacia sono illustratitutti gli aspetti della propaganda politica: prima comenazione vinta, rappresentata seduta, in ginocchio o inpiedi sotto un trofeo, seduta su una catasta di scudi, in-ginocchiata davanti a Pax , Felicitas o Roma in trono,giacente a terra sotto i piedi dell’imperatore o sotto il ca-

 vallo al galoppo del principe o schiacciata da un perso-naggio barbuto che personifica il Danubio; poi nelle ul-time emissioni del 112-114 come provincia pacificata einserita nell’Impero Romano, rappresentata seduta suuna roccia con uno stendardo della legione sormontatoda un’aquila nella mano sinistra, con due fanciulli ac-canto, l’uno con spighe e l’altro con grappoli d’uva, sim-boli della fertilità del paese.

Scomparse le armi, la presenza dell’emblema militare

assume un significato completamente nuovo, alludendoalla partecipazione della Dacia alla difesa dell’Impero.Un legame diretto tra le nozioni di provincia e di roma-

nitas è stabilito nella leggenda DACIA AUGUST. PROVINCIA,in cui l’aggettivo augusta, precedentemente riservato allepersonificazioni astratte, accompagna un nome di pro-

 vincia. L’epiteto acquista nelle formule un valore quali-ficativo e non designa più soltanto le colonie fondate per

iniziativa dell’imperatore.Traiano non ebbe figli dalla moglie Plotina e pochi

mesi prima della morte adottò Adriano, che gli successealla guida dell’Impero. Traiano fu essenzialmente unuomo d’azione, preoccupato della tenuta delle strutturebasilari della società romana. Egli amava farsi rappre-sentare in abiti militari e con un’acconciatura corta, privadi caratterizzazione individuale e adatta alla lunga per-manenza in accampamenti militari. Adriano, invece, cheancor prima di diventare imperatore aveva già adottatouno stile di vita più mondano, con un’acconciatura gio-

 vanile più ricercata, si dedicava volentieri all’organizza-

zione e alla gestione politica e amministrativa dello Stato.Si circondava di uomini colti e amava viaggiare nelleprovince, specialmente quelle dove si parlava la linguagreca, che conosceva e adoperava perfettamente. An-ch’egli, come Traiano, si preoccupò della stabilizzazionedell’Impero, ma lo fece lontano dai campi di battaglia,salvo la repressione della rivolta giudaica e un’unica cam-pagna militare in Gran Bretagna.

Ad Atene, nel temenos dell’Olympieion, completato

proprio da Adriano, si trovava un portico detto delle co-lonie, dove ogni città aveva dedicato una statua all’im-peratore (Pausania I, 18, 6). Si trattava probabilmente dieffigi in bronzo raffiguranti quelle città che, come Atene,avevano goduto dei benefici elargiti da Adriano. Egliconsiderava l’Impero come un insieme indivisibile, ri-prendendo la concezione augustea dell’Oikoumene o Or-

bis Terrarum, come mondo abitato dai sudditi di Roma.L’imperatore visitò quasi tutte le province nel corso didue viaggi nel 122-125 e nel 128-130. Da queste visite

scaturì una serie di emissioni monetali datate tra il 134 eil 138 con le personificazioni di ventitré province e duecittà, raffigurate secondo tre schemi (Provincia, Adventus

e Restitutor), distinti ciascuno dall’associazione di unaleggenda e di una determinata raffigurazione, esaminataa fondo da Jocelyn Toynbee. Dei tre diversi tipi di rovescimonetali (sul diritto è sempre un ritratto di Adriano), ilprimo mostra una personificazione singola, con inciso ilnome della provincia rappresentata. Come in altri tipi,

questa personificazione presenta attributi stereotipati,scelti per evocare e costruire l’identità provinciale: Acaiaporta un’anfora,  Aegyptus un sistro isiaco; Arabia uncammello, e così via. Il secondo tipo mostra la personi-ficazione che sacrifica con l’Imperatore per commemo-rare il suo arrivo nella provincia: la leggenda di questotipo è ‘Adventus’ accompagnato dal nome della provinciain caso locativo. Il terzo tipo (fig. 2), infine, ha la leggenda

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Fig. 2 Roma.Medagliere Capitolino.

Sesterzio di Adriano

‘Restitutori’ con il nome della provincia in caso genitivo:qui l’imperatore impugna la mano alla provincia ingi-nocchiata, come se volesse sollevarla. Gli studi numi-smatici sulle monete adrianee con raffigurazione di pro-

 vince unanimemente concordano sul fatto che esse vogliono trasmettere il concetto dell’unità dell’impero edel rispetto nei suoi confronti.

Tutte le personificazioni di province effigiate sullemonete sono immagini idealizzate con attributi specifici,

 vestite genericamente con chitone e himation. Solo laFrigia indossa i pantaloni, mentre la Mauretania, il No-rico e la Tracia indossano una corta tunica con il mantello

militare. La scelta delle personificazioni è basata essen-zialmente su distinzioni etnografiche e culturali. Così al-cune personificazioni ricoprono un gruppo di province(Cilicia, Gallia, Spagna) e molte non coincidono con al-cuna suddivisione geografica prestabilita (Libia e Frigia).La distinzione delle figure avviene attraverso dettagli cheindicano caratteristiche fisiche e umane della regione,ossia elementi del paesaggio, animali, piante, attività ecostumi degli abitanti, o caratteristiche specifiche della

loro cultura e della loro religione. La presenza di armi odi uno stendardo è riservata a quelle province che, situatealle frontiere, avevano un indubbio ruolo militare.

Le unità individuate sono più grandi degli ethne au-gustei; in molti casi si tratta di province romane, talvoltamultiple (Hispania). Si è passati da una visione disarti-colata a una visione ecumenica della potenza dell’Impero,ma nello stesso tempo da una rappresentazione icono-graficamente unitaria a una differenziata per distinguerelivelli graduati di civilizzazione.

Naturalmente non si tratta delle personificazioni diprovince come entità concrete, secondo la loro riparti-zione artificiale di tipo amministrativo, ma delle popola-zioni che le abitavano, comprendenti talvolta popoli piut-tosto differenti per lingua e per costumi. Le unitàamministrative, del resto, non erano immutabili. Nume-rosi cambiamenti nella struttura dello stato romano eranodovuti a divisioni, congiunzioni, spostamenti di confini.

L’Impero Romano non è più concepito come un

mondo in divenire, forgiato, mantenuto e accresciutodalle conquiste, ma è diventato un insieme stabile, for-mato di elementi coesistenti senza scontri. L’unità è as-sicurata dalla persona dell’imperatore, che compare quasisempre accanto ai diversi territori e ne costituisce il le-game più visibile. Egli non veste mai abiti militari e tieneil rotolo, simbolo delle sue funzioni civili e religiose. In-carna così la nozione stessa di romanità.

Anche sulle monete emesse nel 139 in occasionedella rimessa del tributo in denaro (aurum coronarium)che le province avevano offerto in occasione dell’adozionedi Antonino Pio, suo successore e continuatore dellasua attività (Storia Augusta, Antonino Pio, 4, 10), sonoraffigurate nove o dieci province, scelte per la loro im-portanza, Alessandria, la regina delle città provinciali, edue regioni che tecnicamente non facevano parte del

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mondo romano, ma che avevano una forte connotazionesimbolica, la Scizia e la Partia. Si tratta di figure femminiliidealizzate, sia in abito convenzionale greco-romano

sia in costume nazionale, caratterizzate da attributi deltutto analoghi a quelli delle personificazioni adrianee,che recano l’aurum coronarium sotto forma di unacorona, di un diadema o di un piccolo paniere nel qualesi raccoglievano le monete ( fiscus). La scelta delleprovince, tuttavia, non coincide esattamente con quelladel predecessore. Il numero meno elevato deriva da unraggruppamento delle regioni vicine e dall’esclusionedelle terre più lontane. N. Méthy ritiene che fossero

rappresentate solo le più importanti e le più romanizzate,ma, a prescindere dal criterio di selezione, l’aggiunta didue nuovi territori, assenti nella monetazione adrianea,indica una volontà di riprendere l’idea imperiale delpredecessore, cercando di omologare il più possibile lepersonificazioni, riducendo la loro specificità mediantel’eliminazione della molteplicità di attributi che carat-terizzava ciascuna provincia.

Le personificazioni geografiche dell’Adrianeo

Tra i secoli XVI e XX nell’area intorno a Piazza diPietra, a sud della Colonna Antonina venne alla luce una

serie di diciannove rilievi in marmo proconnesio: cia-scuna lastra (in origine erano almeno ventiquattro, dioltre due metri di altezza) recava a rilievo la raffigurazionedi una figura in piedi quasi a grandezza naturale stantesulla modanatura inferiore della cornice con la testa in-cassata nella cornice superiore. Sebbene i rilievi sianostati trovati senza iscrizioni di accompagnamento, essisono stati immediatamente interpretati come raffigura-zioni di personificazioni di province o nazioni dell’Im-

pero romano. Le figure di Piazza di Pietra sono di sessofemminile (figg. 1, 3): non donne trasandate, a mani

 vuote, che avrebbero dovuto rappresentare delle vere‘barbare’ nell’arte romana, ma idealizzate icone dellafemminilità, il cui volto inespressivo, classicheggiante, ei cui costumi maschili, le cui armi ingombranti hannoindotto gli studiosi a supporre che esse rappresentasserofigure allegoriche piuttosto che realistici ‘ritratti etnici’.Le figure sono concepite secondo ritmi, canoni e schemi

classici, pur non essendo prive di un accento patetico,accentuato dal chiaroscuro creato dal solco di contornodelle figure, un elemento stilistico che appare propriodell’epoca antoniniana. Le linee di contorno fuoriesconodalla quadratura classica e rompono la purezza dei profili,marcando profondamente lo stacco delle figure dal fondoneutro delle lastre.

Molte ‘nazioni’ dell’Hadrianeum presentano forti ana-logie iconografiche con i barbari prigionieri della faseprecedente. Una delle personificazioni (fig.1), per esem-

pio, incrocia le braccia sul ventre, gesto che caratterizzale immagini dei Daci dal Foro di Traiano (fig. 8) e cheera stato adoperato di frequente nelle rappresentazionitrionfali dei precedenti periodi di arte imperiale. I rilievicon ‘nazioni’ si alternavano a una serie di rilievi ‘trofeo’(figg. 4-5), che rappresentano l’armatura conquistata delnemico vinto: trofei ed armi si alternano come simbolidi conquista o segni di alleanza.

Toynbee ha dichiarato: «L’idea di fondo e lo spirito

delle Province dell’Hadrianeum e della serie monetalecon ‘province’ sono essenzialmente le stesse. Nei rilievile province appaiono non come involontari soggetti con-quistati, ma pacifiche, soddisfatte, prospere unità delmondo romano. Esse non mostrano segni di ‘rassegna-zione’, esse non adottano ‘atteggiamenti di dolore’».

E tuttavia, ci sono alcune marcate differenze tra la vi-sione dell’impero offerta dalle monete e quella presentata

Fig. 3 Roma. MuseiCapitolini. Rilievo con

personificazione

geografica

dall’Adrianeo

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dai rilievi dell’Hadrianeum. Una differenza forse superatutte le altre per la sua importanza: mentre le provinceeffigiate sui rovesci delle monete hanno ciascuna il loro

nome scritto a grandi lettere, inciso intorno al corpo,quelle sui rilievi sono state trovate prive di iscrizioni.Basi iscritte come quelle che accompagnano gli ethne ad

 Aphrodisias non sono state trovate nell’Hadrianeum; nésembra esservi alcuno spazio per tali blocchi nella strut-tura architettonica del portico. Neils Hannestad ha so-stenuto che i nomi erano probabilmente dipinti sul fondopiatto del rilievo, ma l’attico del portico si trovava a cin-quanta piedi romani (14,8 metri) dal suolo. A questa di-

stanza ogni iscrizione che potesse essere stata dipinta suirilievi sarebbe stata difficilmente leggibile, anche aglispettatori alfabetizzati.

Che la corretta lettura delle personificazioni potesseessere problematica anche per l’osservatore antico trovaforte sostegno nei testi letterari. Un esempio particolar-mente vivido si trova nel primo libro della Ars Amatoria,in cui Ovidio consiglia il suo protetto su come fare colposu una ragazza a una processione trionfale: «Se qualche

donna allora chiederà i nomi di quei re, i luoghi, i montie quali fiumi righino le terre, tu rispondi su tutto; se nes-suna ti chiede nulla, e tu parla lo stesso; e se qualcosanon saprai, tu dilla come tu la sapessi. ‘Ecco’, dirai, ‘questoè l’Eufrate dalla fronte cinta di verdi canne; e quello acui discende lunga la chioma azzurra è il fiume Tigri;ecco, ecco gli Armeni’. E dirai questa la Persia esser diDanae, quell’altra una città dell’achemenie valli; quel pri-gioniero o l’altro tutti duci: e i nomi che dirai saranno

 veri, se li saprai, o almeno verosimili» (I, 219–27). Le

personificazioni ivi menzionate sono strettamente cor-relate a quelle dell’Hadrianeum, che rappresentano leunità della geografia imperiale in forma umana, a queltempo in un contesto esplicitamente trionfale. I duefiumi, l’Eufrate e il Tigri, sono rappresentati sotto formadi personificazioni ben note dai mosaici e dalle arti pla-stiche. In esso si offre la prova che tali immagini potevanoessere problematiche per l’osservatore antico che cercassedi identificarle: il giovane, ammette Ovidio, non ha pro-

babilmente alcuna idea di chi o cosa queste personifica-zioni dovrebbero rappresentare - non che questo sia dav-

 vero importante, né di certo la fanciulla con cui staparlando saprà meglio. Inoltre, il passaggio indica anchela misura in cui l’interpretazione d’immagini funzionavanell’antichità per configurare reti di relazioni sociali.Identificare le personificazioni correttamente ha fatto sìche lo spettatore abbia avuto le risorse culturali per rico-

Figg. 4-5 Roma. Musei

Capitolini. Rilievi con

trofei dall’Adrianeo

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noscere i loro attributi, e l’agilità mentale di metterli in-sieme per raccontare una storia coerente. Che tali mani-festazioni di capitale culturale potessero contribuire di-rettamente alla costruzione di status sociale è implicitonella anticipata conquista erotica, e la contestuale dimo-

strazione di superiorità intellettuale di Ovidio sulla coppiadi adolescenti terribilmente incolti.

Quali «nazioni»?

Il termine moderno ‘nazione’ - una comoda scorciatoiaconvenzionale - non riesce a riflettere il reale carattere ela diversità dei gruppi etnici all’interno dell’impero ro-mano, o il rapporto di questi gruppi con il territorio che

occupavano. Le stesse personificazioni di nazione lavo-rano d’altra parte proprio nella direzione di disconoscereogni senso a una reale diversità nel mondo romano. L’im-postazione dei corpi umani formalmente simili all’internodi cornici a rilievo di forma e dimensioni identiche im-

pone un’uniformità innaturale all’interno dell’Impero,(mis)rappresentandolo (erratamente) come una raccoltadi unità discrete e uguali facilmente quantificabili.

Quali ‘nazioni’ rappresentano queste figure? L’analisidella concezione che presiede alla loro realizzazione rivelache le uniche caratteristiche identificabili della singola‘nazione’ sono state sacrificate nella costruzione di un’oli-stica ed equilibrata ‘estetica del gruppo’. Questo feno-meno è ampiamente riconoscibile nei gruppi figuratinell’arte classica e classicheggiante. Nel caso delle ‘nazioni’

adrianee, tuttavia, esso ha conseguenze ideologiche par-ticolarmente profonde, sia per la ‘nazione’ la cui identitàè stata distorta per il suo inserimento nel gruppo, sia perlo spettatore romano il quale contemplava queste esotichefigure monumentali. Complessivamente esse esprimonoin modo eloquente l’idea di un Impero Romano grandecome tutta la terra conosciuta e abitata dall’uomo (oi-

koumene), nella quale le singole entità geografiche rap-presentano gli elementi intercambiabili di un insieme

omogeneo.Le fonti indicano che le personificazioni di province

o di città non erano create isolatamente ma in gruppi,segno evidente del loro carattere propagandistico. Ma sele serie di età augustea enumeravano verosimilmente le

 vittorie riportate, la selezione di Antonino Pio rappre-senta un catalogo visivo della cura imperii. Il raggruppa-mento delle personificazioni in gruppi più o meno estesi

Fig. 6 Area

dell’Adrianeo

(da LTUR 1996)

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Fig. 7 Restituzionegrafica dei rilievi con

personificazioni

geografiche e trofei

dall’Adrianeo

giustifica una certa sovrapposizione iconografica dei tipi,giacché l’identità precisa delle varie entità territoriali po-teva essere colta proprio dalla relazione reciproca di tuttele figure. Anche lo schema tipologico scelto per ciascunapersonificazione poteva richiamare un rapporto di mag-giore o minore asservimento all’impero tra territori oprovince confinanti. Il messaggio politico era evidente-mente mirato proprio a caratterizzare le differenze, insegno di ammonimento nei confronti delle regioni con-finanti o in senso strategico rispetto alla politica espan-sionistica.

I rilievi originariamente decoravano l’attico di unastruttura a portico dotata di esedra, che fiancheggiava - eforse persino circondava - l’Hadrianeum (fig. 6). La pre-senza dell’esedra al centro di uno dei lati maggiori del

quadriportico, nel solco degli analoghi impianti del Forodi Augusto e del Foro di Traiano, lascerebbe supporreuna medesima destinazione giudiziaria anche per l’am-biente semicircolare del complesso adrianeo (non si puòescludere che ve ne fosse una simmetrica lungo il latoopposto). È in questo luogo, forse, che erano esposte lecopie degli editti imperiali relativi allo statuto delle pro-

vinciae, della cui istituzione poteva essere preservata me-moria nelle iscrizioni marmoree frammentarie rinvenute

nell’area. Nella loro posizione nella parte superiore delportico esterno, le figure potevano essere state orientatetutte verso il tempio, ovvero essere disposte alternandosguardi verso sinistra e verso destra (fig. 7). In questalunga serie di ‘nazioni’ la maggior parte degli spettatoriavrebbe potuto semplicemente visualizzare le pose cor-poree delle singole figure in funzione della creazione col-lettiva di un’estetica interna regolamentata e di una equi-

librata diversità. La rotazione delle teste e i variati gestidelle mani, insieme alle mutevoli contrapposizioni dellefigure, sarebbero stati letti nel complesso come elementiridondanti, privi di un reale significato. In altri termini,pochi spettatori si sarebbero avvicinati ad un gruppocome le personificazioni dell’Hadrianeumcon l’aspettativad’identificare o capirne appieno gesti e posture.

Il medesimo principio della studiata diversità è per-cepibile anche nei copricapi, nelle acconciature, nei co-stumi e nelle armi delle figure dell’Hadrianeum. Tutti icopricapi indossati dai personaggi sono diversi. Un certonumero di figure ha la testa nuda, ma anche tra questenon una sola acconciatura è replicata. Ogni singola armasopravvissuta è anch’essa unica, come lo sono i costumi,con i loro drappeggi a pieghe complicate, e le loro nappe,

frange, nodi, cravatte, fasce e perni.La costruzione di un gruppo equilibrato, dove ogni

singolo elemento integri tutti gli altri, ha richiesto almenouna selezione parziale di costumi e attributi, se non unalibera improvvisazione di queste caratteristiche. Nel casodelle ‘nazioni’ adrianee questa modalità di rappresenta-zione ha avuto conseguenze profonde per il modo in cuil’Impero è stato ripresentato agli spettatori di Roma.Ogni ‘nazione’ ha senso visivamente solo quando inserita

nel gruppo: in questo modo l’insieme (l’Impero) diventaun’entità globale, quasi naturale, mostrata per esprimerepiù la somma che le sue parti.

Il quadriportico dell’Adrianeo e l’amministrazione

giudiziaria

Allo stato delle nostre conoscenze non è possibile pre-cisare meglio la destinazione d’uso del quadriportico

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68 | L’ETÀ DELL’EQUILIBRIO

dell’Hadrianeum: non vi sono elementi che consentanodi stabilire se in tale luogo Antonino Pio avesse insediato,per esercitare la loro funzione, uno o più pretori, oppureil consilium principis. È probabile, comunque, che la pre-

senza delle personificazioni non avesse una valenza pu-ramente simbolica, ma una precisa relazione con l’eser-cizio di attività pubbliche connesse con le comunità iviraffigurate, quali  publicatio di atti per esse emanate oconvocazioni giudiziarie.

Le riforme intraprese da Adriano nel settore giuridicoresero protagonista in ambito giudiziario il consilium

imperiale, di cui fecero parte i famosi giuristi Celso eSalvio Giuliano, entrambi autori di libri digestorum. Si

realizzò in questa fase l’intesa tra la scienza dei giuristi ela legislazione imperiale, che condusse alla codificazionedell’editto del pretore e che diede un deciso impulso allaprassi del rescritto, cui viene attribuito valore normativo.Constitutiones e rescripti, veri e propri atti normativi im-periali, a partire da tale periodo si moltiplicano.

Dall’età adrianea, o almeno prima del 139, i rescritti(subscriptiones) imperiali apposti in calce ai libelli furono

pubblicati autonomamente mediante affissione, in mododa fungere da exempla. Essi, ricevendo una propria inte-stazione, furono lo strumento precipuo dell’attività nor-

mativa imperiale. Con Antonino Pio e fino al 212 d.C.,allorché Caracalla estese la cittadinanza romana a tuttigli abitanti dell’Impero, il rescritto divenne il mezzo prin-cipale per comunicare, impartire ordini, concedere be-nefici o dettare norme giuridiche valide in tutto l’imperoo in determinate zone. Il potere legislativo imperiale nonè più estrinsecato soltanto attraverso l’editto o l’epistula,ma anche mediante il rescritto, spesso sollecitato dalleambascerie delle comunità provinciali. Le istruzioni

(mandata) che i governatori delle provincie (proconsoli,legati e procuratores vice praesidum) ricevevano dall’im-peratore dovevano essere pubblicate, per affissione o perconsultazione ( propositio), nelle città più importanti e aRoma stessa.

In parallelo, il progressivo aumento di popolazione aRoma determinò la crescita e la specializzazione dei pre-tori, che in età adrianea raggiunsero il numero di diciotto(Cassio Dione, LVI, 25; LVIII, 20; LIX, 20; 39; Digesto,1, 2, 2, 32; CIL VI, 451), con un conseguente moltiplicarsidei luoghi destinati all’amministrazione della giustizia.Contestualmente prese piede l’installazione a Roma distationes municipiorum e di stationes exterarum civita-

tum, organizzazioni che assolvevano il compito di tute-lare gli interessi delle città e delle comunità straniereche operavano a Roma. Della loro esistenza abbiamotestimonianza da alcune iscrizioni rinvenute nel fororomano, ma è verosimile che il numero e l’appartenenzaa comunità di differente composizione nel tempo si ac-

crebbero.

Romanitas e barbaritas

Una volta comprese la ‘sottigliezza e la complessità’del suo immaginario figurativo, la costruzione dell’Ha-

drianeum cessa di rappresentare solo una celebrazionecondivisa del potere romano sul nemico straniero: la vi-sione di questo edificio diventa un modo per rafforzaregerarchie di potere esistenti nell’antica metropoli. Da

una parte monumenti come l’Hadrianeum assolvevanoil compito di illustrare e celebrare il potere di una unifi-cata Roma sopra le ‘nazioni’ estere; dall’altro queste im-magini esotiche dell’impero servivano per segmentarein classi la popolazione e sottomettere la moltitudinedegli osservatori locali.

Tra la fine del II e il III secolo le personificazioni geo-grafiche si rarefanno, sebbene non manchino elementi

Fig. 8 Roma. MuseiCapitolini. Rilievo

con personificazione

geografica

dall’Adrianeo

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nubio, con l’apparizione di nuovi usurpatori o con lacreazione di stati semi-autonomi nella cornice dell’Im-pero, ripetono i modelli iconografici precedenti. Nelcorso del III secolo l’imperatore diventa victor omnium

 gentium. L’annientamento dei barbari si manifesta comeuno dei temi propagandistici principali e nei cortei trion-

fali tornano a essere rappresentati tutti i nemici dell’Im-pero (Storia Augusta, Gallieno, 8; Aureliano, 34). Nellatarda antichità, infine, la funzione propagandistica è

espressa sovente dall’effigie di due nemici di carattereglobale: le popolazioni dell’Oriente e quelle del Nord,esemplificati dalle immagini dei Germani e dei Persiani,simbolo generale dei nemici di Roma, raffigurati sui ri-lievi inseriti nei piedistalli delle colonne dell’Arco diCostantino a Roma.