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PAOLO MONTI 1908 - 1982 " Si fotografa perché non si sa disegnare, si fa l'arte perché si è vista l'arte, non la natura... " Loredana Bardas

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Viata si opera lui Paolo Monti

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  • PAOLO MONTI

    1908 - 1982

    " Si fotografa perch non si sa disegnare, si fa l'arte perch

    si vista l'arte, non la natura... "

    Loredana Bardas

  • INDICE

    I. INTRODUZIONE

    1. Biografia....................................................................................................................................

    II. LIRISMO E RICERCA

    III. LA GONDOLA Circolo Fotografico Venezia

    1. GLI ANNI VENEZIANI..................................................................................................................

    2. IL RITRATO....................................................................................................................

    3. LA RICERCA.....................................................................................................................

    4. IL PAESAGGIO...............................................................................................................

    5. VENEZIA MINORE.................................................................................................................

    IV. CONVERSAZIONI

    1. Le mie fotografie non a tutti possono piacere................................................................

    2. Finalmente ad aiutare i ricordi venne una macchina........................................................

    3. Come usare il colore: non documento ma invenzione visiva............................................

    4. Selezionare per conoscere, giudicare e conservare il meglio............................................

    5. Resta il fatto che senza acido non si fanno acqueforti.....................................................

    6. Fotografando quelle degli altri..............................................................................................

    7. Paolo Monti intervista di Etta Lisa Basaldella..........................................................................

    V. RENDERE VISIBILE IL NON VISIBILE Abstract.................................................................................

    VI. LA FOTOGRAFIA TRA REALTA E IMMAGINAZIONE.................................................................................

    VII. ARCHIVIO.....................................................................................................................................................

    VIII. BIBLIOGRAFIA..............................................................................................................................................

  • I. BIOGRAFIA

    MONTI, Paolo Nacque a Novara l11 agosto 1908 da Romeo, di famiglia originaria di Anzola in Val dOssola, e da Noris Gragnoli. La professione del padre, direttore di filiale del Credito italiano, e inoltre fotografo dilettante, fu causa di numerosi spostamenti in varie citt di provincia: Novara, Pinerolo e, allinizio degli anni Venti, Varese. Dopo il liceo, Monti frequent a Milano i corsi dellUniversit commerciale Luigi Bocconi. Si laure il 13 novembre del 1930.

    Appassionato lettore di narrativa italiana e straniera, storia dellarte e architettura, sin dalla giovinezza coltiv linteresse per le immagini. Abbonato alla rivista Das Leben, che pubblicava pagine interne piene solo di fotografie fatte dai migliori fotografi europei, prese labitudine di eliminare le sezioni testuali per poi far rilegare gli inserti, componendo quella che egli stesso defin una specie di storia della fotografia di questi anni

    Dopo la laurea lavor a Milano in vari studi di commercialista. Nel 1934 abbandon la citt per la campagna, trovando impiego come dirigente amministrativo ai mulini di Cressa in provincia di Novara. Nel 1936 mor il padre. Nello stesso anno spos Maria Binotti, sua amica dinfanzia e compagna per il resto della vita, e si trasfer a Novara per lavorare alla Montecatini, Societ generale per lindustria mineraria e chimica. Limpegno con la grande industria chimica lo port, nel 1938, a Livorno, presso la raffineria dellAzienda nazionale idrogenazione combustibili (ANIC). Nella primavera del 1940 venne trasferito alla direzione di Mestre. Poco dopo la fine della seconda guerra mondiale si licenzi dalla Montecatini per assumere la vicedirezione del Consorzio agrario provinciale di Venezia. A Venezia nacque il suo interesse per la fotografia amatoriale e con esso cominciarono le assidue frequentazioni dei fotografi veneziani che si riunivano presso il negozio Foto record dei fratelli armeni Vasken e Rant Pambakian.

    Nel 1947 fond, insieme a Luciano Scattola, Gino Bolognini e Giorgio Bresciani, il circolo fotografico La Gondola, alternativo del circolo La Bussola, animato da Giuseppe Cavalli, attorno al quale si raccoglievano i pi affermati fotografi dilettanti degli anni Quaranta. Il gruppo La Gondola riprese il principio dellautonomia estetica dellatto fotografico, rivendicando tuttavia apertura alle tendenze in atto nella fotografia europea e americana e indipendenza di linguaggio rispetto alle esperienze neorealiste e formaliste dominanti. Monti, eletto da subito presidente, seppur come fotografo fosse ancora alle prime armi, si impegn a promuovere le fotografie del circolo nelle mostre a concorso, sulle riviste italiane e straniere, per le quali scrisse numerosi interventi critici e recensioni di mostre. La sua produzione scritta restituisce una personalit complessa, abitata da una consapevolezza dello strumento fotografico non comune se messa a confronto con quella dei suoi colleghi.

    Monti visse gli anni veneziani con una dedizione appassionata che trov uno stimolo sicuro nel costante confronto con i fotografi pi importanti dellepoca, da Cavalli a Ferruccio Leiss, e con quelli emergenti come Fulvio Roiter, Mario De Biasi e Ferruccio Ferroni. Dotato di una solida cultura generale, di una buona conoscenza della storia dellarte e aggiornato sugli esiti e le tendenze della fotografia internazionale

  • dellepoca, si inser da protagonista nellambiente amatoriale italiano. Nel periodo che va dal 1947 al 1952 ebbe unintensa attivit fotografica e divent un punto di riferimento per il circuito, tanto da assurgere, secondo quanto affermato da Giuseppe Turroni nel 1959 , a guida culturale della fotografia italiana del dopoguerra. Dimostr anche un certo interesse per il mondo dellarte contemporanea. A Venezia prima, a Milano poi, frequent critici, storici e galleristi come Carlo Ludovico Ragghianti, Giuseppe Marchiori e lamico Carlo Cardazzo grazie ai quali entr in contatto con i protagonisti delle avanguardie nazionali.

    Una lunga serie di ritratti dartista, iniziata a Venezia e proseguita a Milano, testimonia la vicinanza agli ambienti culturali veneziani e milanesi, e la capacit di affrontare i generi in questo caso il ritratto con modalit inedite, nella consapevolezza del coevo dibattito tra tradizione e innovazione, tra figurazione e astrazione. Non a caso gi dal 1949 intraprese un suo originale percorso attraverso la sperimentazione della fotografia astratta, con esiti quali Scomposizione, la serie sui Muri (dal 1951), i Manifesti strappati (dal 1952) e leloquente Omaggio allinformale (1953). La ricerca trov riscontro nella mostra Subjektive Fotografie di Otto Steinert (Saarbrcken 1951) e in alcuni autori americani come Harry Callahan e Aaron Siskind. Celebre fu la serie di ritratti dedicata alla nipote adolescente Mariel, che Monti fotograf a partire dal 1946.

    Le fotografie di Mariel, presentate in unesposizione del 1956, divennero nel corso degli anni una riflessione sul ruolo della macchina fotografica in rapporto al tempo e alla memoria: Finalmente dichiarava Monti ad aiutare i ricordi venne una macchina, lapparecchio fotografico []. Preciso. E fedele? Linterrogativo emerse con pi chiarezza e forza dalla proficua e frequentata riflessione montiana sulla fotografia come documento e mezzo di restituzione della verit: Un documento la certezza di una determinata cosa che la fotografia ci rappresenta e a cui noi dobbiamo e vogliamo credere, e in questultime due parole tutto il dramma dellambiguit della fotografia

    Il 1952 fu un anno di svolta che segn il passaggio di Monti dalla carriera dirigenziale, mai del tutto amata, alla fotografia, sua vera passione. Lasci il Consorzio agrario, partecip allorganizzazione veneziana della Prima mostra della fotografia italiana del circolo fotografico La Gondola e present, a giugno, la sua prima esposizione personale, a Roma, presso lAssociazione fotografica romana. Nonostante i riconoscimenti e le soddisfazioni per lintensa attivit amatoriale, nel 1953 lasci definitivamente Venezia per trasferirsi a Milano e intraprendere la carriera di fotografo professionista, dapprima in un non meglio conosciuto Studio Fotogramma, poi nello Studio22, per il cui logo si avvalse del grafico Albe Steiner. Nel 1954 fu fotografo della X Triennale di Milano. In concomitanza con questo incarico inizi a collaborare con riviste quali Domus, Stile e industria, Casabella, Zodiac, Ottagono e altre pubblicazioni specializzate in architettura e design. Nel 1960 ader allAssociazione italiana fotografi professionisti (AFIP). Fu attivo nella promozione e nella tutela della fotografia professionale e al contempo si mosse per innalzarne il livello qualitativo, consapevole dellalta domanda proveniente dal mercato delle immagini, in piena espansione.

    In questi anni il capoluogo lombardo divenne, al di fuori delle committenze, il soggetto fotografico privilegiato: Dopo lunghi anni di assenza, il passato di questa citt mi inseguiva: una Milano immaginaria e quasi stendhaliana. Come guarirne? Anchio ebbi il problema della domenica che in parte risolsi fotografando quella degli altri). Le fotografie milanesi del Ponte della Martesana, di Piazza Fontana, della Darsena ecc. furono il risultato del suo adattamento alla citt moderna, che coincise con levoluzione di un linguaggio personale capace di affrontare il tema del mutato rapporto tra luomo e la metropoli in piena trasformazione.

  • Parallelamente Monti rinsald i legami col mondo dellarte, continuando i ritratti dartista e, nei primi anni Sessanta, approfondendo alcuni aspetti della documentazione fotografica degli artisti in atelier per la rivista darte Metro. Se pur nel professionismo trovava un campo ricco di stimolanti prospettive, non trasse mai totale soddisfazione dallambiente di lavoro e infatti non vennero meno gli interventi per le mostre e le riviste del circuito amatoriale. Lamatorialit fu il suo imprinting fotografico, il cui atteggiamento di ricerca si trasfer anche nella professione: Per me motivo di continua sorpresa il fatto che quasi tutti i professionisti fotografano solo su ordine dei committenti e quasi mai per inventare e sperimentare. Le sperimentazioni continuarono, sulla scorta delle Astrazioni involontarie, giungendo, dalla fine degli anni Cinquanta, ai chimigrammi, dove la tecnica si elevava a materia in immagini prodotte in camera oscura direttamente sulla carta fotografica, senza lausilio del negativo.

    Tappa fondamentale per la sua carriera professionale fu lincontro con leditoria culturale e con gli enti di tutela del patrimonio artistico. Nel 1965 fu ingaggiato per una campagna di rilevamento fotografico delle emergenze storiche e artistiche, a corredo iconografico della Storia della letteratura italiana Garzanti curata da Emilio Cecchi e Natalino Sapegno. Nel progetto venne coinvolto anche Andrea Emiliani, futuro soprintendente al patrimonio storico e artistico dellEmilia Romagna e anche grazie alla mediazione di questultimo, Monti si trov nelle condizioni di poter produrre, negli anni successivi, la pi vasta documentazione italiana realizzata da un solo fotografo in tema di censimenti storico- artistici. Nel 1966, inoltre, fu impegnato nel rilevamento delle tipologie delle case rurali nellAppennino emiliano-romagnolo per lIstituto dei beni culturali della Regione, iniziando un percorso nella documentazione del territorio rurale che dur fino a pochi mesi dalla morte. Nel 1967 la galleria Il Diaframma, prima a livello europeo interamente dedicata alla fotografia, inaugur con una mostra antologica sul suo lavoro ventennale. Nel 1968, con Emiliani e Pier Luigi Cervellati, pianific la documentazione del centro storico di Bologna. Negli anni successivi seguirono i censimenti dei centri storici di Forl, Cesena, Cervia, Ferrara e Modena. A questo periodo risale una parentesi di insegnamento: dal 1964 al 1966 presso la Societ umanitaria di Milano; dal 1970 presso la facolt di lettere e filosofia dellUniversit di Bologna, dove rimase per soli quattro anni, per poi rinunciare allincarico.

    Gli aspetti tecnici della fotografia di Monti rispecchiano una visione personale dello strumento quale mezzo di espressione delle proprie idee e proprie convinzioni. Nei rilevamenti storico- artistici, per esempio, utilizz scelta non comune il piccolo formato, associato alla Rolleiflex e alle pi professionali Linhof. Nella campagna fotografica a Bologna, nel 1968, luso della Nikon F con obiettivo grandangolare da 35 mm fu fondamentale per entrare in contatto ravvicinato con la citt: Il risultato migliore lebbe, direi di diritto, via Castiglioni: percorsa passo a passo con tutte le curve e i suoi dislivelli, cortili, muri e colonne, gradini e selciati, e quei salti dombra e di luce che, a una stereometria cos complessa e a cos varie prospettive, aggiungono il fascino magico di certe antiche scenografie (La scoperta della citt vuota [1970], ibid., pp. 114 s.).

    La sua competenza nel campo della fotografia del patrimonio storico-artistico lo port, tra il 1969 e il 1975, a collaborare con Giuliano Manzutto in vista dellillustrazione di alcune monografie regionali del Touring club italiano. Nel 1979 leditore Einaudi gli affid la cura dellapparato iconografico della Storia dellarte italiana.

    Lesperienza di Monti nellambito della documentazione dei centri storici italiani (per limitarsi al solo formato 24 36, lArchivio Monti conserva, al presente, oltre 50.000 negativi ascrivibili al tema dei centri storici realizzati per conto degli enti pubblici) gli diede il credito necessario per ribadire limportanza della responsabilit intellettuale del fotografo: per programmare e conservare occorre innanzitutto conoscere

  • []. Questo il momento in cui la fotografia pu dare il massimo contributo alla conoscenza di questo mondo civile

    Gli ultimi anni furono consacrati a un intenso lavoro di documentazione della sua terra dorigine, con un occhio particolare alle case antiche e alle espressioni di architettura spontanea. Dal 1980 fotograf le zone a nord di Novara e, nellagosto del 1981, la commissione della Fondazione architetto Enrico Monti di Novara gli affid il compito di fotografare il lago dOrta e la Val dOssola. Limpegno profuso nel corso di 15 anni nel campo del rilevamento fotografico dei beni culturali gli valse, nel 1980, il premio nazionale Umberto Zanotti Bianco, per il contributo alla conservazione del patrimonio storico-artistico italiano.

    Verso la met del mese di settembre del 1982 fu colpito da ictus. Mor a Milano, il 29 novembre 1982.

    Figura di spicco della storia della fotografia italiana del dopoguerra, dal foto-amatorialismo, alla fotografia professionale, alla specializzazione nel paesaggio urbano, Monti fu in grado di valutare criticamente le carenze culturali e professionali in cui versava la fotografia in Italia, che denunci in numerosi interventi nelle riviste di settore e nei cataloghi delle mostre. Attraverso una chiara visione dellatto fotografico e una non comune etica della professione super le arretratezze del sistema, contribuendo, con la sua esemplare passione, allo sviluppo della fotografia italiana.

  • II. Paolo Monti, lirismo e ricerca

    Un volto inedito del fotografo.

    Nelle sue immagini un racconto fatto di spazi e di cose, dove il vuoto nasconde una presenza nelle vicinanze

    Paolo Monti occupa un grado altissimo nella gerarchia dei maggiori fotografi italiani. Sono preziose le sue testimonianze fotografiche di Venezia e di Bologna, citt di cui ha dato uninterpretazione velata di solitaria melanconia. la sospesa poesia dei portici e delle vie silenziose di Bologna, dello sciabordio delle acque in laguna, dun grido in una corte, la percezione dun odore dalghe che da un rio raggiunge una calle. Nelle immagini di Monti vi sempre un racconto fatto di spazi e di cose, dove il vuoto nasconde una presenza nelle vicinanze. La raccolta di fotografie che qui si presenta appartiene a un Monti meno noto o comunque mai rivelato con gli intenti che qui si scoprono. Il Monti lirico delle citt ci appare qui in altra veste, come consapevole ricercatore della strumentazione fotografica. Innanzitutto del formato quadrato, oggi desueto.

    Vi stato un tempo in cui il formato quadrato della Rollei appassion, specialmente nel campo del fotogiornalismo, dove si trovava interessante la possibilit di scattare fotografie senza portare la macchina allaltezza dellocchio. Per Monti questo tipo di macchina fotografica presentava un altro vantaggio: quello di poter osservare limmagine riflessa nellapparecchio prima di scattare. Era cos possibile studiare attentamente il soggetto e prevedere come si sarebbe configurato nellimmagine fotografica.

    E, ancora, una colta rivisitazione della fotografia storica troviamo nella figura drappeggiata stante presso unedicola funeraria romana, che ci rammenta il modo di rendere personaggi chiusi nel loro mistero le statue del Foro Romano, che fu la scoperta, negli anni 30, di Florence Henri. Un triangolo di luce tra la coscia nuda e il cavo popliteo di una modella negano ogni realt contingente.

    Allopposto delle ricerche in questo formato, nelle quali esaltata la tessitura in superficie, una composizione rettangolare, come la bellissima fotografia verticale dun acciottolato, esplora la profondit e la mette in

  • rapporto con una trama complessa di bianchi e di neri, ora graniti sottofondo, ora a cascata fino a invadere il piano.

    Le fotografie di Monti raramente cinformano sulle persone. Generalmente non le interroga. piuttosto lui che su di loro interroga se stesso.

  • III. LA GONDOLA Circolo Fotografico Venezia 1. GLI ANNI VENEZIANI

    Durante la sua permanenza a Venezia ( 1945/1953) prende coscienza della sua attitudine fotografica e dei possibili percorsi espressivi.

    Le fotografie di quel periodo rivestono quindi particolare importanza al fine di unesegesi sullartista approfondita ed esauriente. La sua Venezia non quella dei circuiti ufficiali, quella della gente comune, dei luoghi meno conosciuti, delle vetrine che si rispecchiano dellaqua, dei quartieri popolari. Si pu notare come le riprese sfuggano dal bozzettismo e dalla bella veduta indugiando piuttosto sulla forza espressiva di ogni elemento compositivo talvolta ignorando le regole della sezione aurea come nella geniale Piazzetta San Marco. Nella visione architettonica di Monti gi sintravede quel pensiero originale che pone in evidenza, su piani differenziati, i singoli componenti attribuendo loro pari importanza preludendo agli esemplari risultati che il maestro otterr nel censimento dei centri storici, Bologna in particolare, negli anii 60 e 70. C poi il soffermarsi sulla texture sfruttando particolari situazioni (ombre,rami,ecc) anche in questo caso anticipando linformale degli anni immediatamente successivi. Infine, una rarit: una ripresa dalla soffitta di Cannaregio, atelier privilegiato di quegli anni, interamente colorato a mano, testimonianza della prima passione di Monti, la pittura.

  • 2. IL RITRATO

    La ritrattistica di Paolo Monti caratterizata da molti elementi di novit rispetto alla tradizione fotografica

    in auge sino al secondo dopoguerra; questa si rifaceva agli schemi classici della pittura con la figura centrale

    in grande evidenta verso cui ogni altro elemento convergeva o dipendeva.

    Innanzitutto, Monti pone il soggetto in condizioni di ruolo paritario e in stretta simbiosi cin gli altri elementi

    della composizione: un sottile intreccio di simbolismi e di astrazioni grafiche, di rimandi spazio-temporali

    del tutto nuovi che accolgono spesso gli echi delle correnti pi avanzate dellarte contemporanea.

    Nel soggete manca sovnte la consapevolezza del proprio ruolo, lintenzione di dover comunicare gli

    aspetti positivi della sua presenza sostituiti da unindiferenza o meglio da una impenetrabilit emotiva che

    Monti pretende poich ci favorisce la lettura complessiva senza sbilanciamenti sentimentali.

    Eil caso degli innumerevoli ritratti di Meme, la nipote prediletta, seguita nella sua evoluzione

    adolescenziale sino alle soglie della maturit; inizialmente Monti trascura completamente gli aspetti

    narrativi a favore di una raffinato gioco compositivo utilizzando altri elementi spesso ricorrenti nelle sue

    fotografie : foglie, tavi, legni giungendo infine a definire la modella quale espressione emblematica di una

    vita contemporanea piena di incertezza e di dubbi, molto distante dalla concezione amatoriale, ma al

    tempo stesso circondandola di unaura di mistero e di irraggiungibile belleza.

    Emblematico la splendido Ritratto in ombra anche titolato Muriel ma anche in Hayde e in Il

    maestro Bogo si ritrovano i medesimi parametri come pure nei numerosissimi ritratti di artisti con cui

    Monti entr in contatto nei quali del tutto assente laspetto celebrativo e iconografico di tanta fotografia

    del genere.

    Anche nel ritratto, dunque, si ritrovano gli elementi peculiari del linguaggio Montiano che altri delle

    Gondola successivamente faranno propri pur nellautonimia dell loro pensiero espressivo.

    k

  • Mina 1948

  • Meme

    L'unico soggetto che mi ha coinvolto sentimentalmente stata mia nipote, che ho iniziato a fotografare

    quando aveva 8 anni ed ho seguito durante la sua vita. Oggi sposata ed ha, a sua volta, una figlia di 4

    anni. Il mio pi grande desiderio di riuscire ad arrivare a ritrarre la figlia di mia nipote quando avr

    anche lei 8 anni, l'et in cui ho iniziato a fotografare sua madre e poi... basta.

  • MINA

  • 3. LA RICERCA

    La ricerca, in linea generale, altro non che la graduale acquisizione, da parte di un fotografo, di uno o pi

    percorsi espressivi consoni alla sua creativit e di uno stile con cui esprimerli.

    Nel caso di Paolo Monti, artista eclettico come pochi, intendiamo porre sotto il termine ricerca tutta quella

    produzione che esula dai percorsi pi noti e che in certi risultati viene pi giustamente definita

    sperimentalismo come nel caso dei chimigrammi e delle atre imagine off camera.

    Il miglior Paolo Monti pensiamo che rimane quello della letura architettonica e paesaggista, anche la

    ricerca offre motivi di estremo interesse per approfondire e completare lindagine sulla personalit di un

    autore che, forse unico nellimmediato dopoguerra, si cimenta non solo con la produzione fotografica pi

    avanzata ma anche con le nuove istanze figurative che proprio a Venezia avevano trovato ampio risolto ( la

    Biennale del 1948, la collezione Guggenheim, il Fonte Nuovo delle Arti etc)

    Un discorso a parte meritano gli still life spesso eseguiti nello studio del cognato Carlo Cocquio o nella

    soffitta di Cannaregio; appaiono evidenti i richiami ortogonali di Piet Mondrian cui Monti talvolta aggiungi

    uno dei tanti leit motiv a lui cari, in questo caso le foglie di aralia.

    In linea generale, Monti scompone la realt oggetiva anche la pi umile, per restituirci una forma nuova in

    cui sia comunque riconoscibile la natura orginale e apprezzato lintervento fotografico.

    I interessante il confronto corpo anfora, con un effeto-luce di taglio espressionista piuttosto insolito.

  • LA RICERCA : CHIMIGRAMA

  • BALLO FIGURE IN MOVIMENTO (1950-1960)

  • Spedkf.z

    SPERIMENTAZIONI .

  • Colore e diffrazione 1969

  • 4. IL PAESAGGIO

    Tranne poche eccezioni, tutte le immagini di questa sezione appartengono al periodo amatoriale di Monti,

    comprese cio fra il 1945 e il 1953.

    Mancano le testimonianze del lungo, straordinario lavoro compiuto a partire dal 1966 per documentare

    dapprima le valli appenninche e i centri storici dellEmilia Romagna e successivamente innumerevoli citt

    italiane per concludersi nelle amate contrade Ossolane nel 1982, lanno della morte.

    Trascurando Venezia alla quale stata dedicata un sezione, sono presenti alcuni fra i ricorrenti leit motiv

    dellArtista si in termini di scelte tematiche che compositive che ritrovereno in molto dei suoi lavori

    successivi.

    Innanzi tutto i laghi Orta, Maggiore, etc e i fiumi, dove quasi sempre laspetto descrittivo anticipato da un

    elemento introduttivo in primo piamo sassi, barche, terreno che risulta la chiave di equilibrio dellintero

    fotogramma.

    Lo spostare lasse dellorizzonte sul terzo superiore dellimmagine contravvenendo alle regole della

    sezione aurea- una delle novit introdotte da Monti nella ripresa del paesaggio.

    Altro tema scelto sono i siti archeologici, in questo caso Roma ed Efeso, Tuscania e Castel del Monte; in

    questo caso la grandiosit dei siti sottolineata da unaridita scelta prospettica che contrappone le masse

    imponenti in primo piano a quelle sullo sfondo, anche queste perfettamente a fuoco.

    Identico il punto di osservazione per le montagne e per limmagine del Riale ( Anzola dOssola) in cui le

    deliziose figurine delle due bagnanti fanno da contrappunto alla terribile immanenza dei massi.

    Alcune visioni pi classiche Camogli, Milano, un paese senza nome sono caratterizzate da un luce diffusa e

    lattiginosa gi presente in molte immagini veneziane.

    Infine, Monti si concede un omaggio alla poetica metafisica della Bussola nella straordinaria Cervia (1952)

    mentre nel Carrettino a Pieve di Cadore (1952) indica la via poetica a uno dei suoi allievi pi illustri,

    Fulvio Roiter.

  • Panoramica Appennino Forlivese, 1971

  • Di grande modernit le sue foto con i cartelloni pubblicitari, che si pongono su un

    piano molto vicino al mondi dellarte. Le foto con i manifesti strappati corrono

    parallele ai decolages di Mimmo Rotella.

  • I brani che seguono sono estratti della produzione scritta di Monti, utili per una miglior comprensione dei temi presenti e della poetica dell'Autore:

    1. Persuaso che le mie fotografie non a tutti possono piacere, ammetto subito che gli eventuali dissenzienti sono pienamente giustificati (...)

    2. Finalmente ad aiutare i ricordi venne una macchina (...) 3. Come usare il colore: non documento ma invenzione visiva (...) 4. A questo servono le esposizioni di fotografia: selezionare per conoscere, giudicare e conservare il

    meglio (...) 5. Resta il fatto che senza acido non si fanno acqueforti (...) 6. Anch'io ebbi il problema delle domeniche che in parte risolsi fotografando quelle degli altri (...) 7. Prima pensare e poi scattare (...) 8. Paolo Monti, intervista di Etta Lisa Basaldella

    Persuaso che le mie fotografie non a tutti possono piacere, ammetto subito che gli eventuali dissenzienti sono pienamente giustificati (...) Presentandomi dopo oltre due anni agli amici romani devo confessare che la mia attivit di fotografo mostra ancora un interesse indiscriminato per immagini tra loro differentissime, quali possono essere un ritratto di artista e una composizione che si affida unicamente rapporti di bianco e nero di un piccolo particolare di roccia corrosa. Questa presunta indifferenza di fronte al soggetto mi costata qualche accusa di aridit di sentimento, cosa che polemicamente non mi dispiace, visto che nel nostro paese si fa un consumo esagerato di "anema e core". Persuaso che le mie fotografie non a tutti possono piacere, ammetto subito che gli eventuali dissenzienti sono pienamente giustificati; vorrei per aggiungere che non a tutti la natura appare arcadica, gli uomini felici e Venezia una divertente citt turistica. Il carattere comune di questi lavori il tentativo di raggiungere uno stile unitario anche attraverso quelle operazioni di camera oscura che ad alcuni puristi della fotografia sembrano inammissibili manomissioni del negativo. A questo proposito dir solo che io non sono un purista, ma unicamente un fotografo che accetta i limiti di questo entusiasmante mestiere.

    In Mostra personale di Paolo Monti, Roma, Associazione Fotografica Romana, 3/10 dicembre 1954

    Finalmente ad aiutare i ricordi venne una macchina (...) L'uomo sempre stato affascinato dal mistero del tempo, e atterrito dal mistero del suo veloce divenire ha desiderato vincerne il corso o almeno rallentarne la marcia, fermarne alcune immagini strappandole al passato. Ognuno aveva solo la sua memoria che con il passare degli anni, incapace di documentare, si sforzava di illudere arricchendo il passato di quegli sperati splendori che non ebbe. Finalmente ad aiutare i ricordi venne una macchina, l'apparecchio fotografico un tempo ingombrante come un mobile in mezzo alla stanza, oggi leggero, lucido e preciso come un'arma. Preciso. E fedele? (...) Questa serie di ritratti di Mariel vuole essere un tentativo di biografia di un volto dall'infanzia alla giovinezza, come il mutare di un paesaggio nel volgere delle stagioni, in luci e ore diverse; immagini che un giorno potranno forse aiutare a non deludere quella che un filosofo giustamente defin "la memoria creatrice". E poich la giovinezza di Mariel comincia ora, le fotografie pi numerose sono quelle dell'adolescenza. (...) Poi passer anche la

  • lucente giovinezza e allora? Fino a quando inseguire un volto, inseguire una vita? Un giorno l'obiettivo dovr chiudere il suo gelido occhio e lasciare che il tempo compia la sua opera. Come dice Leonardo "O tempo, consumatore di tutte le create cose".

    Versione italiana originale dattiloscritta pubblicata come "Mariel: un visage dans le temps" in Camera, Lucerna, numero 10,

    ottobre 1956

    Come usare il colore: non documento ma invenzione visiva (...)

    La fotografia ritenuta il mezzo pi perfetto di riproduzione della realt oggettiva, ma l'esperienza ci

    dimostra che essa pur sempre una traduzione in bianco e nero, accettata come altre convenzioni e

    abitudini visive. (...) Si temuto da molti che con l'avvento del colore la fotografia cedesse a un eccessivo e

    noioso verismo e infatti ogni giorno ci vengono proposte immagini che nulla giungono alla nostra

    esperienza visiva (...). Ma il colore come nuovo mezzo visivo si rivelato prezioso per molti fotografi che

    hanno sperimentato in diverse direzioni le sue varie possibilit. (...) Il colore fotografico come favola,

    fantasia, invenzione. Sempre il colore stato usato anche in funzione decorativa, secondo una esigenza

    edonistica che proprio ora, nelle continue scoperte della chimica, trova stimoli e utilizzazioni cos imponenti

    quali l'uomo non aveva mai conosciuto. (...) Come usare il colore: non documento ma invenzione visiva, da

    un realismo quasi magico all'astrazione. I mezzi usati sono quasi sempre quelli soliti per la fotografia in

    bianco e nero: una utilizzazione razionale e immaginosa delle propriet ottiche, meccaniche e chimiche del

    processo fotografico.

    In Il colore e la fotografia, catalogo della mostra, Centro Culturale Pirelli, Milano, maggio 1963

    A questo servono le esposizioni di fotografia: selezionare per conoscere, giudicare e conservare il meglio(...) Da qualche tempo si parla con sempre maggior insistenza di una civilt dell'immagine destinata a sostituirsi quasi interamente e presto alla millenaria civilt della parola. Non questo il luogo per esaminare le profezie, n per tentare una definizione di quelli che potranno essere in futuro i rapporti fra parola e immagine. Occorrerebbe anzitutto definire le possibilit espressive e i limiti di comunicazione del visibile, e non basterebbe un volume. Bisogner rilevare invece la periodica necessit di fare confronti e di fissare qualche punto di riferimento, altrimenti l'invadente marea delle immagini destinate al consumo immediato ci impedirebbe di "vedere" quello che merita di essere ricordato. A questo servono le esposizioni di fotografia: selezionare per conoscere, giudicare e conservare il meglio. (...) Dopo tanto parlare di fotografie vogliamo chiudere con un ammonimento di Emilio Cecchi che in America Amara, dopo aver visitato una enorme collezione di fotografie della Biblioteca civica di New York, scriveva: "Nella igiene e nella salute del mondo ha gran parte, forse la parte suprema, il trascurare, il distruggere, semplificare e dimenticare. Le antiche civilt erano vigorose e vitali perch generosamente distruggitrici e si affidavano spavaldamente all'oblio." Siamo d'accordo, purch si aggiunga che occorre distruggere con giudizio per poter conservare secondo giustizia e nel nostro caso con quel giudizio critico che pu lentamente formarsi attraverso mostre come questa dove ci quasi consentito di essere posteri di noi stessi.

    In Quarta Mostra Biennale Internazionale della Fotografia, catalogo della mostra, Venezia, 1963. Edizioni Biennale Fotografica,

    Venezia 1963

  • Resta il fatto che senza acido non si fanno acqueforti (...) Non vediamo mai ritratti scattati da fotografi italiani fatti con quel minimo di cattiveria che spesso assicura un buon risultato: pi o meno c' sempre un ossequio al personaggio. Per capire cosa intendiamo per cattiveria si vedano i molti ritratti di Avedon e in particolare quelli dell'ultimo suo libro Nothing Personal. Vero che l'Italia un paese dove il reato di vilipendio sovrasta come una nera nuvola le teste dei cittadini. Si teme il vilipendio del personaggio? Forse la ragione diversa; il fotografo da noi non ha ancora lo status sociale che gli permetta di essere almeno moderatamente insolente. Guadagna bene ma se ne stia buono e tranquillo; resta per il fatto che senza acido non si fanno acqueforti. (...)

    In Popular Photography Italiana, Milano, numero 116, marzo 1967

    Anch'io ebbi il problema delle domeniche che in parte risolsi fotografando quelle degli altri (...) (...) Arrivato a Milano nel 1953, dopo lunghi anni di assenza, per iniziare il mio nuovo lavoro di fotografo professionista, il passato di questa citt mi inseguiva: una Milano in parte immaginaria e quasi stendhaliana. Come guarirne? Anch'io ebbi il problema delle domeniche che in parte risolsi fotografando quelle degli altri: operai, piccoli impiegati e gli immigrati che scoprivano negli stabilimenti della Bovisa e di Baggio il fascino delle nuove cattedrali. E poi le coppie che passeggiavano al sole di Ripa Ticinese, quasi senza automobili, e nei prati divisi dalle rotaie della ferrovia, con lontane voci di giochi del calcio. Dopo quasi un quarto di secolo dal mio nuovo incontro con Milano, risuonano ancora nella mia memoria gli zoccoli dei cavalli che trascinavano le grandi barche, sul naviglio lungo le sforzesche strade Alzaia di via Senato, via Santa Sofia, via Molino delle Armi. Ma queste fotografie, per me tanto attuali, mi correggono: Leonardo morto da un pezzo e i cavalli ci sono solo a San Siro. E altre coppie, venute anche da lontano, passano ancora la domenica cos.

    In Cesare Colombo (a cura di), L'occhio di Milano. 48 fotografi 1945/ 1977, catalogo della mostra, Milano, 1977. Magma, Milano

    1977

    Prima pensare e poi scattare (...) Una cosa che secondo me bisogna fare quando si fanno fotografie non accontentarsi della prima visione, cio occorre girare attorno alle cose e individuare pi punti di vista. (...) Non bisogna aver fretta, n accettare la prima risposta dell'occhio, perch quest'ultimo molto pi frettoloso del cervello. Girando intorno all'oggetto da fotografare l'occhio vede molte soluzioni e poi si pu decidere per la migliore. Ora, invece, data la poca fatica con cui si fanno le fotografie, c' una estrema facilit a scattare, con il risultato di fotografie brutte o inutili. (...) Occorre agire diversamente: prima pensare e poi scattare la fotografia. D'altra parte le cose che io ho fotografato, e che anche voi fotograferete, sono di un tale interesse che a guardarle bene ci si guadagna sempre. (...) Ho parlato anche dei "capricci" del fotografo, che vuole cercare di capire le cose che ritrae. Il fotografo un voyeur, uno a cui piace guardare; ma non gli basta guardare, vuole possedere quello che ha guardato. La fotografia d l'illusione del possesso. Quando si ha il negativo di una cosa come se si possedesse quella cosa. Molte volte, infatti, non si stampa neanche, basta sapere di avere quell'immagine. Lascio da parte il fotografo professionista che, oltre ad essere un po' voyeur, anche narcisista...

    In Lavoro contadino, fotografia e disegno tecnico. Atti del seminario per operatori di musei rurali, Bologna 1981

  • Paolo Monti intervista di Etta Lisa Basaldella

    Visitando la parte centrale della Galleria d'Arte Moderna di Bologna dove sono allestite le scenografie di quattro opere liriche disegnate da De Vita, un mio amico mi indica un signore armato di macchine fotografiche accoccolato su dei gradini e mi dice Quello Paolo Monti... Lo conosci?. Si, vieni che te lo presento. Era da tempo che desideravo incontrare Monti, ma le sue continue peregrinazioni me lo avevano impedito, ora lo avevo a portata di mano, per puro caso.

    Parlare di Monti come parlare di storia della fotografia; fu lui infatti assieme a Bolognini, Scattola e Bresciani a fondare il Circolo Fotografico la Gondola di Venezia nel 1948.

    Ci s incontrava tutti nel negozio FotoRecord e li si parlava di fotografia, l veniva anche Ferruccio Leiss che, prima della guerra, faceva parte del "Circolo fotografico Veneziano"; in quel periodo, frattanto si formava la FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche). Decidemmo, cos, di fondare un circolo dove riunirci periodicamente. Ne divenni il presidente e pi per la carica che ricoprivo che per la passione, incominciai a fotografare con impegno. All'inizio non avevamo le idee chiare poi la lettura delle riviste, il contatto con altri gruppi stranieri ed italiani, soprattutto con la Bussola, ci consentirono di trovare la nostra strada proprio ribellandoci all' "estetismo crociano", cio il soggetto non conta niente il modo come lo si presenta che ha importanza, che aveva caratterizzato la Bussola stessa. Era venuto il momento di parlare con la fotografia anche ispirandosi ai paesaggi pittorici, tirandone fuori il sentimento drammatico, ed alla struttura urbana di Venezia: i muri, il colloquio tra le acque e le pietre che le corrodono, gli spazi attraverso le strettoie si prestavano a questo modo nuovo di vedere. Per un complesso di circostanze La Gondola si trovata ad essere uno dei circoli pi rappresentativi tanto da essere conosciuta in Italia e all'estero, per il suo stile caratteristico detto "Scuola veneziana": lavoravamo con spirito di emulazione, ma i successi dei singoli erano i successi di tutti. Partecipavamo sempre in gruppo sia ai concorsi che ai saloni di esposizione. Nel 1953 ho lasciato il posto che occupavo alla Montecatini e sono passato al professionismo. Avevo 45 anni; non accettavo pi di lavorare alle dipendenze di altri e sono partito per Milano con la mia macchina fotografica senza conoscere nessuno.

    Monti, che a Venezia aveva potuto seguire la pittura frequentando la Galleria del Cavallino, a Milano trova il fratello di Renato Cardazzo che lo inserisce tra gli artisti, inizia cos i suoi primi contatti, ritrae le maioliche di Lucio Fontana e i quadri di Crippa, che gli era stato presentato da Beppe Morucchio; dopo soltanto un anno uno dei tre fotografi della Triennale. Quando faccio delle foto sono molto cinico, per me una testa un oggetto, quel che mi interessa quando riprendo un personaggio sono i rapporti di luce, poi considero l'uomo: senza un certo distacco non si riesce a fare i ritratti.

    L'unico soggetto che mi ha coinvolto sentimentalmente stata mia nipote, che ho iniziato a fotografare quando aveva 8 anni ed ho seguito durante la sua vita. Oggi sposata ed ha, a sua volta, una figlia di 4 anni. Il mio pi grande desiderio di riuscire ad arrivare a ritrarre la figlia di mia nipote quando avr anche lei 8 anni, l'et in cui ho iniziato a fotografare sua madre e poi... basta. Fino al '60 Paolo Monti ha avuto un suo studio, era arrivato ad avere fino a 15 dipendenti, ma a quel punto si reso conto che era ritornato a fare il dirigente, non il fotografo e allora ha ceduto tutto a un suo

    collaboratore; anche adesso, quando deve stampare, si appoggia ad uno studio esterno, non ne ha pi uno suo.

    Un po' alla volta ho lasciato gli artisti e mi sono dato al disegno industriale, poi sono approdato definitivamente alla foto di architettura.

    Ha illustrato libri su Leon Battista Alberti, l'Architettura dell'Alto Lazio, La Puglia e sta per iniziare uno sul Brunelleschi, cercando di rifotografarne le forme da un punto di vista diverso dal solito, cercando di mettere in rilievo l'idea dello spazio architettonico.

  • Si fotografa perch non si sa disegnare, dice Paolo Monti, si fa l'arte perch si vista l'arte, non la natura e si vede quello che si pu realizzare con essa. Fra tutti gli hobbies, la fotografia il pi innocuo e ti lascia sempre uno spazio libero d'intervento, anche nei soggetti imposti si pu intervenire nella scelta. Penso che in definitiva la fotografia abbia ancora tante cose da dire, perch nasceranno sempre uomini nuovi che usufruiranno dello stesso materiale in modo diverso. Non sono contrario agli automatismi perch liberano l'uomo dalla tecnica per farlo concentrare sui soggetti, ormai le immagini fanno parte della vita.

    L'ultimo lavoro di Paolo Monti un audiovisivo su Venezia: 2500 diapositive a colori con musiche del '600 e '700, testi di John Ruskin; un atto d'amore verso una citt che non ha mai dimenticato.

    PROLINI

    Particolari della Fontana di Trevi, Roma (1950-1979)

    Vedute urbane del centro storico, Pisa 1974

  • V. RENDERE VISIBILE IL NON VISIBILE - abstract

    Paolo Monti sin dagli anni '80 opera nella sfera delle arti visive realizzando opere meta-ambientali tese

    ad assottigliare la soglia percettiva tra visibile e non-visibile. Immagini possibili con tendenza a verificarsi,

    dove l'unica costante il mutamento. Una ricerca posta al limite tra Arte e Scienza che si realizza in

    opere in cui l'osservatore, attraverso il coinvolgimento attivo, diviene soggetto partecipante in grado di

    modificarle. Opere sistemiche che si realizzano attraverso processi generativi e di autogenerazione

    (autopoiesi). L'ampiezza della prospettiva sistemica di Gregory Bateson di riferimento nella pluralit

    dei linguaggi impiegati.

    [...] convogliando nelle sue opere l'intuito acquisito nelle ultime teorie delle scienze naturali, andando

    oltre la mera rappresentazione pittorica, verso un dinamico concetto tra osservatore e osservato; l'uomo

    e l'universo ... Il concetto di un mondo sottilmente interconnesso nel quale, e attraverso il quale, siamo

    intimamente collegati l'uno all'altro cos come all'universo, assimilato dal nostro intelletto ed

    abbracciato dal nostro cuore, pu essere parte della risposta dell'umanit verso le sfide che adesso ci

    accomunano. L'arte ha un ruolo importante nell'articolare questa risposta attraverso il veicolo proprio

    dell'estetica.

    Dobbiamo, perci, essere grati a Paolo Monti per averci dimostrato, attraverso la sua arte, che noi siamo

    parte del mondo che ci circonda, parte di una realt sempre in mutamento che pu essere

    caleidoscopica sulla superficie, ma che ha senso e significato ad un livello pi profondo, maggiormente

    informato scientificamente o esteticamente intuitivo e sofisticato.

    - tratto da Una nota sul lavoro di Paolo Monti di Ervin Laszlo in: Paolo Monti, Musis 1998

    [...] La trasformazione dell'esistente nell'arte come nella scienza, pu seguire percorsi diversi, in un caso

    elaborando concetti e teorie, nell'altro rappresentando ed interpretando la realt, oltre che con gli occhi,

    anche con il cuore e con la mente. Per conoscere questa realt e' possibile, secondo una visione

    integrata della cultura, fare uso di fenomeni e processi scientifici, cos stimolando non soltanto la

    curiosit del cervello dell'osservatore, ma anche il suo senso critico ed i suoi sentimenti.

    - tratto dalla presentazione del catalogo Paolo Monti di Luigi Campanella in: Paolo Monti, Musis 1998

    [...] Questa tematica trova un'affascinante trattazione nell'opera di Paolo Monti. Attraverso l'uso di

    strumenti tecnico-scientifici l'autore trasforma l'evento fisico in un'opera visualmente tangibile, dove

    emozioni, biologia, scienze dei materiali, fisica, chimica diventano cos un mixage scientifico da

    combinare con l'esperienza artistica.

    - tratto da Flottage di Luigi Campanella in: Musis e Paolo Monti, Musis 1996

  • [...] Collocandosi in un'area che ha avuto ed ha parte importante nella storia dell'arte, Monti utilizza

    materiali e processi tipici della tecnologia per costruire macchine la cui finalit non e' tanto mostrare i

    nessi, ormai evidenti tra arte e scienza, quanto ricercare una possibile quarta dimensione. Un luogo

    mentale, cio, dove percezione e immaginazione, razionalit ed emozione, possano coesistere.

    - tratto da Paolo Monti di Cristiana Perrella in: Tema celeste, No.42-43, 1993

    [...] Una vera scientificit dentro il fare artistico rara, e diventa rivendicazione se raffrontata ai due

    versanti maggioritari del dialogo risentito fra arte e tecnologia (nel cui contesto sfuggente sembra

    comodo rubricare anche Monti). Da una parte il primato dell'immagine e della performativit

    tecnologica, che tratta con enfasi spettacolare e virtuosismo tecnico il linguaggio elettronico. Dall'altra

    un atteggiamento di derivazione poverista e di neoavanguardia, che sottopone l'ambito tecnologico a

    prove critiche, a risultanze problematiche e spesso beffarde. In ambedue i fronti appare fondamentale

    conferire un plusvalore estetico alle presenze tecnologiche, come per redimerle da un vizio d'origine(la

    scientificit,verosimilmente).

    Monti sempre stato estraneo e diverso rispetto a queste due polarit, dato che il suo fare conserva

    ogni volta il rigore e la fantasia della scienza nell'ambiguit costitutiva dell'esperimento e della magia,

    del gioco e della dimostrazione. Che inoltre si arricchisce di stratificazioni e sottotesti in direzione di una

    nuova e attuale apologia della ragione scientifica: come sostanza speculare della ragione creativa. (La

    diversit di Monti stridente specie nel suo Paese, ove gli abitanti il bel paradosso di Giulio Bollati

    si sentono postmoderni senza esser stati prima moderni).

    - tratto da Fibrillazioni (per Paolo Monti) di Gilberto Pellizzola in: Paolo Monti Vierdimensional

    [...] Paolo Monti affida la sua sintesi tra forma e significato ad una verifica fenomenologica, o meglio alla

    rilevazione ed alla quantificazione del fenomeno. Ma se fosse solo questo, il tutto rientrerebbe in

    un'ottica scientifica che attiene alla valutazione del reale, delimitandolo in costanti periodiche o variabili

    che poi si chiamano leggi. Al contrario in questo caso l'artista si appella alla scienza non solo per

    riprodurre il fenomeno, ma anche per collocarlo in una dimensione estetica che non chiami in causa le

    categorie del bello, ma quelle di un intelletto puro, in una accezione pressoch neoplatonica...in Parole

    povere l'oggetto estetico non c'e' pi, sostituito da una materia irretita da un circuito di linguaggio

    fenomenico e convenzionale. Una sorta di performance della materia. Nelle opere di Paolo Monti esiste

    una progettualit che pone gi la posta in gioco, ma sar la materia stessa ad operare e a fondare un

    atto, che, al di l della nozione di verifica scientifica, ed agisce...Tutta la processualit di Monti

    raggiunge una nozione di evento estetico provocato dall'autore ma totalmente indipendente.

    - tratto da Paolo Monti. Performance della materia di Ada Lombardi in: Titolo, No.9, 1992

  • [...] La dimensione dello sguardo psico-fisiologico cambia in continuazione, l'arte la registra e ne fa

    conoscenza. Paolo Monti non sfugge a questa realt dell'arte e, scandaglia la propria sensibilit e la

    propria attiva percezione alla ricerca di un sentire e di un vedere diverso. Fin dall'inizio, per Monti, il

    traguardo era rendere visibile il non visibile, aguzzando la vista in una qualche altra dimensione per

    scoprirsi non solo uomo, ma percettivamente altro. Anche la scienza in fondo fa proprio questo, e cio

    spinge oltre ed altrove i confini della dimensione umana, analizzando tutto, osservando e appropriandosi

    dell'osservato.

    - tratto da Rendere visibile l'invisibile di Ada Lombardi in: IX Settimana della Cultura Scientifica Italiana, Musis 1999

    [...] L'interattivit e' presente nei lavori di Paolo Monti, che fin dagli inizi della sua ricerca concepisce

    l'opera come fenomeno in grado di promuovere una qualit percettiva diversa dall'ordinario in cui la

    processualit dell'opera e' dichiarata, attivando una percezione particolare nell'osservatore, la cui

    attenzione e' portata sui fenomeni primari e semplici.L'artista si limita ad orientare una visione

    alternativa che ribalta quella abituale.L'idea stessa di visibilit che e' alla base del concetto di opera,

    modifica i suoi presupposti, quasi che Monti spingesse verso la percezione dell'invisibile.

    - tratto da L'opera partecipata di Lucilla Meloni, in: L'opera partecipata, Sala 1 n.76, 1998

    [...] La questione tende a essere sotterranea all'evento: (in)visibile a queste categorie concettuali. Il

    problema dipende semplicemente da come ci si vuole proiettare su un'altra entit. La scommessa

    dell'arte, allora, diviene una scommessa di mutamento interno all'individuo. Forse e' la prossima

    rivoluzione possibile....E' all'interno di questo ambito che si situa la ricerca artistica di Paolo Monti. L'uso

    di mezzi tecnologici diviene pretesto per esplorare una differente concettualit che va a toccare

    problemi filosofici relativi alla identit dei soggetti, ma anche di interpretazione del mondo e della realt.

    - tratto da Paolo Monti e l'identit dei soggetti di Gabriella Dalesio in: Trovaroma di Repubblica, No.284, 1993

    [...] Il tema della partecipazione del fruitore al definirsi dell'evento estetico e quello del mutamento

    dell'opera attraverso il tempo sono due argomenti di riflessione attorno ai quali, precedute e confortate

    dall'esperienza del gruppo Fluxus, hanno spesso lavorato le cosiddette Neo Avanguardie degli anni 60 -

    70. Assolutamente estraneo a qualsiasi logica di remake e in nessun modo interessato alla pratica di

    utilizzare connotazioni linguistiche del recente passato semplicemente per rimarcare la propria

    appartenenza ad un determinato schieramento a sfondo generazionale, Paolo Monti questi temi ce li

    ripropone entrambi e non tanto rivisitandoli in chiave attualizzata quanto tornando ad incontrarli entro

    un universo di discorso assolutamente caratteristico della nostra epoca: quello che fa capo al concetto di

    virtualit...Non solo dunque trasformazione dell'opera e partecipazione (volendo anche corale) del

    pubblico legate tra loro in tempo reale, ma anche trasformazione dello spettatore come trasformazione

    dell'opera e sintonia di questa con il ciclo vitale di quello. In altre parole una bellissima dimostrazione del

  • fatto che la virtualit non e' un destino ineluttabile che immancabilmente ci far ricadere nelle mani del

    grande fratello di turno, ma una nuova forma di potenziale epistemico tecnicamente supportato che sta

    a noi utilizzare per il meglio, ovvero in maniera creativa.

    - tratto da Il virtuale creativo di Paolo Balmas in: Quadri & Sculture, No.26, 1997

    [...] Anche per Paolo Monti si e' parlato di realt virtuale. Ma lui spiega che il suo e' un uso a ritroso

    delle possibilit del software, un modo per tornare alla fisicit. La sua stanza con i raggi infrarossi

    (sempre alla Quadriennale) che evidenziavano l'impronta degli osservatori a seconda della loro

    temperatura corporea, non ha niente a che fare con la simulazione. Il computer e' uno strumento che

    rivela le radiazioni termiche. La mia materia e' naturale, e' il calore del corpo. Io lavoro con la realt, mi

    piace restare sulla soglia di visibile e invisibile.

    - tratto da L'avanguardia telematica di Arianna Di Genova in: L'Espresso, 21 novembre 1996

    [...] Paolo Monti esemplifica un'altra delle categorie di N.Q.C.: l'ho intitolata trasferimenti e riguarda

    quei rapporti di passaggio da un medium dinamico alla staticita' del quadro.Monti ne rappresenta un

    prototipo radicale e ricco di caratteri aperti. Assomma particelle di altre strade dalla digifoto alla

    pictofoto, passando per overfoto e tecnobody. Ma la differenza con quelle vie appare netta: come

    dicevo sopra, il rapporto formativo dell'opera avviene attraverso un'elaborata tecnologia esterna al

    pannello, mentre il quadro non fa altro che formalizzare il trasferimento di un processo gi chiuso. Nelle

    opere di Monti non esiste ritocco digitale, viraggio o modifica di alcun genere; l'effetto visibile e' la

    conseguenza di un esperimento atipico riconducibile al principio della termocamera a raggi infrarossi.

    - tratto da Paolo Monti di Gianluca Marziani in: N.Q.C. Arte italiana e tecnologie: il Nuovo Quadro Contemporaneo, 1998

    [...] La pratica artistica e' un'anomalia organizzata. E disciplinata in linguaggio. Al di fuori di questo, ci

    sono solo le chiacchiere sulla creativit. Il lavoro di Paolo Monti gira costantemente - e ormai da

    tempo - attorno a questa evidenza e a questa consapevolezza, attraverso il filtro (e il codice) di una

    strumentazione che va dalla pi prosaica manualit fino alla pi sofisticata apparecchiatura scientifico-

    tecnologica.Nel lavoro di Paolo Monti certamente si da', si offre il meraviglioso, il Thaumazein (iper)

    tecnologico: a vari livelli di potenza e di seduzione, ma indubitabilmente si da'. Ma il fatto e' che i

    processi tecnologici (su base fisica o chimica) sono semplicemente mostrati senza nessuna elaborazione

    particolarmente intrusiva da parte dell'artista. Monti non e' alla ricerca del lato immaginativo ,

    estetico della Tecnica; non v'e' in lui alcuna patetica pretesa ideologica di riscattare

    umanisticamente la Tecnica fornendola poesia o creativit. Qui la tecnologia e' utilizzata in modo

    che essa produca autonomamente, spontaneamente il proprio thaumazein. Ma perch ci accada,

    bisogna - con memoria duchampiana - metterla in posizione. E questo solo un artista pu farlo.

    - tratto da Fino al nulla di Massimo Carboni in: Paolo Monti, Musis 1998

  • Poniamo lattenzione su una apparente contraddizione in cui spesso ci si imbatte quando si parla di: fotografia e astrazione. Sappiamo quanto sia difficile avvicinare due termini cos diversi, due mondi che, nellaccezione comune, risultano ben lontani luno dallaltro: questo perch la fotografia , per sua stessa natura, la riproduzione di un reale riconoscibile. Come sappiamo essa comunica delle situazioni realmente esistite davanti allobiettivo, documenta fatti e personaggi, tanto che se arriva a trascurare il particolare, o addirittura evita leffetto prospettico, per alcuni non dovrebbe avere ragione desistere. Eppure molti sono i fotografi che hanno lavorato per dimostrare che era possibile applicare gli schemi astratti anche alla fotografia, ottenendo risultati sorprendenti: gli artisti del gruppo Dada di Zurigo come Christian Schad che realizz nel 1918 alcune fotografie astratte senza servirsi dellapparecchio fotografico o Alvin Langdon Coburn, membro di Photo-Secession, che compose nel 1913 fotografie dalla prospettiva alquanto bizzarra.

    Uno degli aspetti pi eclatanti della fotografia moderna sta proprio in questo passaggio, da uno stato puramente documentario a un altro che ricerca, nelle sue possibilit espressive, un accordo con i dati estetici pi disparati: si tratta di composizioni e allusioni che traggono spunto principalmente dalla realt per poi trasferire il loro valore in unaltra sfera, quella dellimmaginario. Infatti, quello che intrattiene la fotografia con il reale una sorta di legame privilegiato, in quanto essa ce ne offre sempre una porzione frammentaria, e sempre in virt di questo dialogo sconnesso, alla fotografia permesso un accesso particolare alle sperimentazioni e alle manipolazioni. La fotografia si serve dellarte e della realt per avanzare proposte diverse, creare addirittura nuove realt, con forme aggiornate, sfruttando tutti i mezzi ottici e chimici nella sua costante ricerca di rinnovate espressioni per offrire il risultato di questa esperienza.

    Dunque, le fotografie non sono quadri, ma nellambito della produzione fotografica esiste ormai tutta una tradizione di esperimenti e di ricerche che, svolgendosi anche al di fuori dellimpiego dellottica fotografica, e di strumenti fotografici quali lingranditore o lapparecchio da ripresa, tende ad offrire risultati validi sul piano delle realizzazioni grafiche. Pu quindi essere utile unaltra considerazione, e cio che il fotografo senza esser assolutamente un pittore, senza pretenderlo e senza averne intenzione, pu anche dimenticare che la macchina fotografica e lintero processo ottico-chimico di cui dispone sia un mezzo unicamente idoneo alla rappresentazione della realt, e tentare con la stessa strumentazione disponibile le vie opposte per la realizzazione di immagini lontane dal reale, poetiche e fantastiche.

    Per comprendere la fotografia di Paolo Monti non bisogna tralasciare lo sfondo storico-artistico in cui egli inizia a muoversi e ad operare, quegli anni particolarmente burrascosi del secondo dopoguerra. I pensieri discordanti e i dibattiti culturali stanno imperversando, in Italia, allinterno sia dellarte che della fotografia. Un periodo nel quale, tendenzialmente, si suppone che in entrambe le attivit il figurativo sia superiore al non figurativo, che unopera che presenti unimmagine riconoscibile sia sempre preferibile a una che non presenti collegamenti con il reale. La figura e lopera di Paolo Monti assumono, nel panorama della fotografia italiana, un valore particolare: egli fu fotografo amatore, professionista, maestro nel senso pieno della parola, sperimentatore solitario. La sua forma il contenuto scrive Giuseppe Turroni in Nuova

    VI. LA FOTOGRAFIA TRA REALT E IMMAGINAZIONE LE ASTRAZIONI VOLONTARIE DI PAOLO MONTI

  • fotografia italiana , il contenuto di uno stile che non pu apparire lezioso divertimento, semplice evasione. Non dimentichiamo che larte di Monti apprezzata, anche per questo, dai pi accreditati esponenti delle diverse arti: pittura, scultura, architettura, grafica e letteratura. Monti per tutta la sua vita poco attento alle voci rumorose, pi intransigente invece nei suoi pensieri e nei suoi valori che cerca di esprimere mediante una forma e uno stile fortemente ricercati.

    Quando arriva alla fotografia porta con s un solido bagaglio di sicurezze culturali, profondamente coinvolto in tutti quei fenomeni espressivi e creativi che hanno stravolto, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, il linguaggio fotografico; non solo, la sua conoscenza si dipana in diversi settori: dalla letteratura italiana a quella straniera, come per esempio Paul Valere e Marcel Proust. Soprattutto il suo occhio non si lascia sfuggire lesplosiva ricerca della nuova arte che personalmente sente di comprendere appieno. Le sue ricerche sulle forme sono germinate proprio da Venezia, che alla fine degli anni Quaranta attraversata da molteplici energie. a Venezia che Monti frequenta il critico e storico dellarte Ludovico Ragghianti, incrocia per le strette calli pittori come Roberto Crippa conosciuto grazie al fotografo Mario Bonzuan.

    Monti entra in un appassionato dialogo produttivo con larte e si inserisce sempre pi nellambito artistico delle gallerie, come la Bottega il Ponte a Venezia. Entra in contatto con poeti e mecenati; limportante incontro avvenuto con Giuseppe Marchiori aprir le porte ad un mondo a lui congeniale, simpegna in accese discussioni con il critico Umberto Morucchio, il quale frequenta a lungo Paolo Monti nel periodo veneziano, percependone subito il difficile carattere e intuendo che egli per molti aspetti un isolato nel panorama italiano.

    In alcune interviste, le poche che rilasciava, Monti confida le sue velleit pittoriche, fallite poi nel tentativo di espressione sulla tela, e pi volte afferma:Si prenda il caso di uno come me, il quale con la matita non capace di fare neanche uno zero decente; con la fotografia, invece, posso riprodurre rapidamente delle forme molto complesse e non solo riprodurle, ma attraverso tecniche precise offrire una interpretazione, se non mentale, se non intellettuale, almeno tecnica. [] possono essere delle creazioni, degli stimoli per conoscere cose che altrimenti ci sarebbero completamente negate.

    Monti , quindi, grato alla fotografia, che gli ha concesso di risolvere le sue esigenze dartista bramoso dogni intelligente esperienza. Il suo bagaglio culturale gli permette un atteggiamento sicuro e una rapidit di percezione sin dal suo esordio amatoriale del 1947, periodo che non rinnegher mai, nemmeno quando passer al professionismo nel 1953: lo spirito amatoriale sempre una delle sfaccettature del personaggio Monti.

    Nelle sue fotografie Monti non racconta, forse non fatto per questo tipo despressione, oppure non vuole raccontare. Chiuso in quel suo mondo di fugaci impressioni, egli vede solamente in funzione di uno stato emotivo mutevole, una situazione psicologica intensa, condizionato dalla sua analisi ostinata che arriva a toglierci bruscamente dallampia visione unitaria, cui il nostro occhio abituato, per porci davanti a un particolare quasi imposto, un solo oggetto, una sola forma. Egli stesso ci informa: Per quanto mi concerne, io cerco un approccio alla forma che sia il pi semplice possibile, riservandomi poi di ridarne una visione pi approfondita, pi essenziale, pi sintetica magari, attraverso una stampa contrastata o avvalendomi di tutte quelle tecniche che ogni fotografo conosce molto bene.

    E uno dei pochi fotografi che ha sempre sentito la necessit di sostenere le sue ricerche empiriche con fondamenti teorici. Capisce che allinterno del mondo della fotografia carente la coscienza del ruolo importante che il fotografo svolge, ed scarsa la partecipazione teorica dei fotografi stessi, che, salvo

  • qualche rara eccezione, hanno fatto e scritto ben poco per chiarire anche a se stessi, la loro condizione di creatori di immagini, con tutti i significati e i limiti che queste ultime comportano.

    Alcuni trovano nelle mie fotografie un eccessivo gusto per le forme e altri per lastratto e forse con qualche loro seria ragione; sta di fatto per che fra le prime cose che conosciamo della lontanissima storia delluomo troviamo una severa esigenza della forma e in certe epoche, della forma astratta. A una rivista francese che nel 1963 mi chiedeva il perch di questa mia simpatia rispondevo: che lo si voglia o no apparteniamo tutti al nostro tempo ed io sono sicuro che senza lesperienza astratta non sarei giunto a certe ricerche fotografiche. Oggi dopo la lezione dellarte, il non figurativo ci guarda dai muri delle citt dove le macchie, le corrosioni, i manifesti strappati ci emozionano come dei Pollock, dei Klein, dei Soulages. Si comprende bene quanto sia veramente immerso nella contemporanea realt artistica. Monti presente alle svariate inaugurazioni espositive che con sempre pi vivacit si succedono in quel periodo a Venezia; inoltre, nel giugno del 1948 si apre la prima edizione della Biennale dopo la guerra.

    E proprio in questoccasione che il fotografo ha la possibilit di tuffarsi in un mondo a lui pi congeniale, quello dei quadri, dei colori, delle forme. sempre grazie a questevento che vede per la prima volta un nuovo gruppo di artisti italiani, il Fronte nuovo delle arti, e la raccolta di Peggy Guggenheim, la collezionista americana che nel 1942 aveva aperto a New York la galleria Art of this Century, sede anche delle prime mostre personali di Jackson Pollock e Robert Motherwell. La collezione, arrivata da poco dagli Stati Uniti, composta da opere di pi di settanta artisti, tra i quali ci sono William Baziotes, Arshile Gorky, Robert Motherwell, Jackson Pollock, Mark Rothko.

    Le immagini di Monti cominciano gi nel 1949 a tentare un accenno di astrazione, timidamente evidenziata nel titolo di una delle prime fotografie sperimentali: infatti con Scomposizione del 1949 (cm 30 x 40) vi la rappresentazione evidente di un cavalletto per pittura imbrattato da segni, colate e sbavature di colore su cui appeso ad un chiodo un metro dacciaio; ad uno sguardo superficiale il tutto potrebbe semplicemente rappresentare una natura morta, colta per caso da Monti nello studio del pittore e cognato Carlo Coquio. Limmagine nel retro firmata di suo pugno, il titolo un titolo appositamente scelto da Monti per contrassegnare uno dei suoi primi capolavori. Emilio Vedova, Giuseppe Santomaso e Mario Deluigi, attivi a Venezia sin dal 1945, danno alle prime immagini di Monti limpronta di una iniziale analisi al linguaggio postcubista.

    Nel 1953 passa da un approccio occasionale alla fotografia a unapplicazione assidua e impegnata: giunge con questo alla definitiva scelta di trasferirsi a Milano, dove ha la possibilit di indagare le nuove forme despressione e entra subito in contatto con importanti architetti e designer degli anni Cinquanta. in questa stimolante citt che Monti ha loccasione di osservare gli spazialisti alla Galleria del Naviglio grazie limportante conoscenza del gallerista Carlo Cardazzo.

    Molteplici sono le manipolazioni dei supporti materiali messe in atto dal fotografo per mettersi al passo con le ricerche artistiche vissute e conosciute, poi approfondite e rielaborate in camera oscura.

    Egli parte da una profonda consapevolezza delle molteplici capacit tecniche del mezzo, che sfrutta in tutta la sua potenzialit; per esempio, dimezza gli obiettivi togliendo loro il primo elemento, oppure, al momento dello scatto, provoca un movimento pi o meno veloce della macchina fotografica; in certi casi durante lo sviluppo interviene sciogliendo nellacqua colori allanilina; o procede alla sovraimpressione con filtri diversi; ed infine sempre utilizzando la macchina fotografica, come stato negli ultimi anni, che Monti provoca su una superficie qualsiasi una diffrazione di raggi luminosi con laiuto di frammenti di plastiche particolari.

  • proprio la fantasia, la voglia di creare forme inedite che spinge il nostro fotografo a liberarsi dalla macchina fotografica dando il via ad una serie di esperimenti che mettono a dura prova la carta fotosensibile. Con questo Monti vuol dimostrare che lo specifico fotografico non risiede solo nelle caratteristiche ottiche e meccaniche della macchina fotografica, ma anche nelle propriet peculiari della chimica che stanno alla base delle emulsioni stese sulla carta e sulla pellicola.

    Giunge cos, alla fine degli anni Cinquanta, a molteplici elaborazioni: dai fotogrammi, alle solarizzazioni, ai riflessi deformati, fino alla serie dei chimigrammi, immagini praticamente irripetibili, quasi monotipi, eseguiti direttamente su carta fotosensibile e firmate dallautore sul supporto stesso, portato in questo caso alla sua estrema corrosione.

    La sua ansia di ricerca formale lo avvicina agli esperimenti tedeschi della Bauhaus, lo fa appassionare in primis alla figura di Otto Steinert, poi a Renger Patzsch, fino alla leggerezza narrativa che accomuna molti francesi da Brassa a Robert Doisneau. Monti, oltre allarte contemporanea quindi, passa ad osservare attentamente lopera dei fotografi americani Edward Steichen, Ansel Adams, Edward Weston, Minor White, Aaron Siskind, attirato dalla poeticit e dalla loro maestria nel conferire alle forme una dimensione metafisica; essi dimostrano che la fotografia senza forbici e colla, con la sola scelta dellinquadratura e della luce pu evocare il mistero. Dunque, in Monti, un gusto sempre pi espressionista mediato dalla lettura della fotografia tedesca danteguerra, dalla lezione della Subjektive Fotografie - si mette in gioco con unesperienza realista: come se la sua evoluzione estetica partisse con decisione dalla realt oggettiva che gli sta di fronte, per trasfigurare in una elaborazione mentale fantastica che penetra nella pi nascosta struttura delloggetto, trascurando ogni superficiale e noiosa descrizione.

    La macchina fotografica alla ricerca di nuove suggestioni, indaga con lobiettivo qualsiasi superficie, ma ecco che i muri sono il soggetto su cui la luce, le muffe e i manifesti lacerati e umidi giocano a formare deformazioni visive. Queste alterazioni della materia sono a sua volta un mezzo per unulteriore stimolazione della fantasia di Paolo Monti. Tenaci camminatori come siamo da sempre naturale che dai muri ci aspettiamo qualche piacere visivo. Quandera di moda lastratto e linformale, espressioni che ancora altamente stimiamo, le soddisfazioni non mancavano e sono molte tuttora. Macchie, manifesti strappati, lebbre preziose di colle e umidit varie e anche immagini surrealiste uscite dagli strappi multipli di manifesti sovrapposti. Cos come lartista Mimmo Rotella, anche Monti coglie con scatti fotografici sedimenti cartellonistici, segnaletici, analizzando a modo suo quella confusione di linguaggi e temperature tanto care agli artisti contemporanei. Sempre analizzando i materiali e i procedimenti meno consueti Monti si riconosce anche nel lavoro dellartista francese Jean Dubuffet. La conoscenza diretta di questultimo avviene grazie al noto critico e mecenate Giuseppe Marchiori che per le sue interviste decide di scegliere Paolo Monti come documentatore di immagini che andranno a corredare, in seguito, i suoi articoli.

    Un titolo chiaramente rivelatore come la fotografia intitolata Omaggio allInformale, scattata a Milano nel 1953, ricorda le opere di alcuni artisti che potrebbero facilmente venire alla mente, dal segno di Emilio Vedova al caso di Hans Hartung, ma certamente anche la raffinatezza tecnica dei francesi Gerard Schneider e Pierre Soulages, quasi tutti forniti di una tavolozza ridotta al bianco e nero. Ma ho ritenuto la fotografia pi simile alle costruzioni grintose di Franz Kline, proprio per questa pennellata brusca e determinata che generosamente si andata ad imprimere sulla parete di un muro grezzo.

    Allo stesso modo locchio dellosservatore, attirato da questa porzione di muro che Paolo Monti ha coscientemente selezionato, impegnato in direzioni orizzontali e verticali ben marcate, quasi un segno, una firma del passaggio di colui che sentiva in quel momento il desiderio di esprimersi. evidente, nello scatto fotografico, che Monti da un lato ci vuole mettere volutamente in contatto con tutta una serie di

  • rimandi pittorici, e gi il titolo ne una prova, ma dallaltro non dimentica di riportarci alla realt comprendendo nel taglio dellimmagine la netta separazione tra muro e selciato.

    Si guardino i fotogrammi di Monti: Fotogramma del 1960 e Fotogramma di fibre di vetro sempre dello stesso anno, ci addentriamo in un altro tipo di provocazione della materia.

    Il fotogramma, cio limmagine luminosa ottenuta senza la macchina fotografica, il segreto della fotografia. In esso si rivela la caratteristica peculiare del procedimento fotografico che permette di fissare immagini di luce e ombra su una superficie emulsionata. Questa registrazione della forma, della trasparenza e delle ombre di un oggetto sono gi state ampiamente studiate, elaborate e provocate da artisti quali Laszlo Moholy Nagy e Man Ray. Le ricerche sulle tecniche elaborate da questi due artisti sono per Paolo Monti molto importanti, molte sue sperimentazioni prendono spunto da questi approfondimenti. Lo studio di Moholy Nagy gli fa capire che la luce, nellelaborazione fotografica, deve essere trattata come strumento, come nuovo mezzo creativo, cio come il colore nella pittura o il suono nella musica, questa nuova forma di composizione luminosa in sostanza il fotogramma.

    Paolo Monti consapevole del fatto che questi negativi-positivi escludono lintervento di quella estensione dellocchio che la macchina fotografica, comprende che i fotogrammi non hanno bisogno della realt esterna per produrre unimmagine fotografica. Dunque quando Monti si trova davanti alla carta emulsionata procede fulmineo con rapida esecuzione e senza tanti ripensamenti. Sembra voler innanzi tutto sottolineare la primariet del gesto, dellatto, rispetto alla materialit dellopera stessa. Nel caso del Fotogramma del 1960 si intuisce un parallelo con una delle opere di Emilio Vedova. Mentre per quanto riguarda Fotogramma di fibre di vetro del 1960 ho ritrovato una forte affinit con unopera di Mario Deluigi, G.G. 105, del 1961. Le fibre di vetro poste da Monti sulla carta fotosensibile hanno creato come delle incisioni sottilissime sul supporto, leggeri filamenti vanno a formare una tela finissima che sembra muoversi lievemente su uno sfondo completamente nero. Le opere di Mario Deluigi, infatti, hanno per elemento principale il tema della luce.

    il fotografo stesso che in alcuni suoi scritti, dopo aver spiegato limportanza del fotogramma, svela lesistenza di unultima possibilit per creare immagini, che, almeno etimologicamente, possono ancora definirsi fotografiche, e questa consiste nellintervenire solo per via chimica sul materiale sensibile.

    Mark Rothko, gi osservato nella collezione di Peggy Guggenheim, studiato da Monti per mettere a frutto una tecnica che gli permetta di ottenere gli stessi risultati in fotografia. Dagli anni Cinquanta in poi i colori in Rothko sono protagonisti proprio in qualit di forma, volume, spazio e luce. I colori usati dal pittore hanno una loro dimensione, un loro coinvolgimento fisico che Monti deve aver profondamente percepito, tanto che nei suoi frammenti di carta fotosensibile tampona con il rivelatore per creare appositamente convulsioni chimiche che si moltiplicano, si saldano, si completano; davanti a queste manifestazioni, dapprima discontinue, che procedono per balzi e per elementi insignificanti, che si vede emergere una composizione di ariosa fantasia.

    Egli brucia la carta esponendola migliaia di volte pi del necessario; ogni stampa di Paolo Monti unopera a s ma, in questo caso, le immagini sono pezzi unici che firma direttamente lui stesso. Continua: Queste immagini sono uniche come un quadro e sono simili a pitture, ma sono pur sempre il risultato ultimo di prodotti fotografici usati con cosciente violazione di tutte le consuete norme tecniche. Dunque i chimigrammi sono eseguibili in un solo esemplare, sono a met strada tra lespressione pittorica e il monotipo fotografico: ossia pittura foto-chimica.

  • Nel 1967 Monti presenta alla Galleria Il Diaframma fotografie che coprono un ventennio del suo lavoro assieme ad una serie di ricerche realizzate a colori, le prime che egli sente di esporre, con lutilizzo di filtri e di fogli di cellofan colorato con macchine di diverso formato. Gli ultimi esperimenti a colori sono del periodo 1970-1978, effettuati attraverso il massimo sfocamento delloggetto e lutilizzazione di un preciso fenomeno fisico quale la diffrazione della luce.

    Il colore visto da Monti come nuovo mezzo di suggestione, come ulteriore possibilit offerta dalla chimica al processo fotografico. Una delle mie ultime prove, quelle a colori, sulla diffrazione della luce solare che, pur essendo nate da una pungente curiosit visiva, hanno trovato una prima utilizzazione nella pubblicit di prodotti chimici di una societ svizzera, e forse saranno presto usati per copertine di dischi.

    Monti capisce che il colore si rivelato come nuovo mezzo espressivo prezioso per molti fotografi, utile anche a lui che in quel momento sente la necessit di utilizzarlo in funzione decorativa e grafica. Il colore inteso da Monti non come elemento che arricchisce il documento, ma come invenzione visiva. Comincia a fotografare a colori dopo una lunga esperienza del bianco nero, quindi sempre pronto ad ogni libert duso di apparecchi e materiali; i soggetti che ritrae sono del tutto comuni, ma servono a Monti come pura esercitazione. Tuttavia, nel momento in cui il nostro fotografo decide di sperimentare una nuova forma di comunicazione, gli studi sul colore sono soltanto allinizio ed egli sente di avere un desiderio quasi irrealizzabile: Vorrei tre nuovi tipi di pellicola nelle due versioni solite (luce naturale e artificiale): una sensibile al rosso-giallo, laltra al giallo-blu e lultima al blu-rosso con scarsa sensibilit e regolabile al terzo colore mancante. chiaro che il colore cosiddetto naturale per i miei esperimenti interessa ben poco perch penso che in sostanza un fotografo debba essere pi che un visivo. Un visionario.

    Un momento di evasione? possibile, ma nel particolare caso di Paolo Monti, dopo aver conosciuto il suo modo di lavorare, le sue fotografie di maggior impegno, ci pare pi giusto dire che accanto al divertimento e alla scoperta, inizialmente forse anche casuale, c soprattutto il gusto di una ricerca strumentale ai fini di possibili applicazioni nel campo della grafica, della scenografia, della decorazione, della pubblicit. Ed per questo che le sue immagini che utilizzano il colore esercitano una loro particolare inconfondibile suggestione. Molto probabilmente se Paolo Monti avesse continuato queste sue ricerche, come gi fece con altre sue appassionate analisi in bianco e nero, se la stampa su carta gli avesse dato la possibilit di una sperimentazione sul colore semplice, sicura ed immediata, avrebbe magari approfondito di pi, per carattere, le indagini su questo nuovo mezzo espressivo e poetico, andando oltre la grafica e la decorazione; ma questo, purtroppo, non lo sapremo mai.

  • VII. ARCHIVIO

    Dopo la morte dell'Autore, per iniziativa di alcuni amici, viene costituito a Milano l'Istituto di Fotografia Paolo Monti.

    Nel 2004 l'Archivio Paolo Monti viene riconosciuto di notevole interesse storico da parte del Ministero dei Beni Culturali.

    Nel 2008 la Fondazione Beic acquisisce l'intero patrimonio dell'Istituto e, in seguito ad apposita convenzione stipulata con il Comune di Milano, l'Archivio Paolo Monti viene depositato presso il Civico Archivio Fotografico di Milano.

    A pochi mesi dal passaggio di propriet, la Soprintendenza Archivistica della Regione Lombardia ha reiterato la dichiarazione di interesse storico, sottoponendo l'Archivio alla disciplina del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

    Per rendere accessibile questo enorme patrimonio culturale, la Beic ha finanziato la catalogazione dell'intero fondo fotografico: un complesso di 223.000 negativi, 12.244 stampe e 790 chimigrammi, cui si aggiungono i documenti e la biblioteca. Il fondo fotografico Paolo Monti Monti oggi interamente catalogato e consultabile su appuntamento presso il Civico Archivio Fotografico di Milano.

    Tra i numerosi scritti, i principali contributi sono reperibili in: Scritti scelti, 1953-1983, a cura di F. Bertolini, Palermo 2004; Scritti e appunti sulla fotografia ... cit., Milano 2008.

    Fonti e Bibl.: lelenco delle decine di mostre tra personali, collettive e antologiche, reperibile in G. Chiaramonte, P. M. fotografie 1950-1980, Milano 1993.

    Tra le pubblicazioni di carattere generale, le pi significative: G. Turroni, Nuova fotografia italiana, Milano 1959, ad ind.; P. Morello, La fotografia in Italia. 1945-1975, Milano 2010, ad ind. Le opere monografiche essenziali: P. M. Trentanni di fotografie 1948-1978, a cura di F. Bonilauri - N. Squarza, Modena 1979; P. M. fotografo e let dei piani regolatori (1960-1980), Bologna 1983; A. Arcari, I grandi fotografi: P. M., Milano 1983; P. M. fotografia. Nei segreti della luce, a cura di P. Zanzi, s.l. 2010.

  • VIII. BIBLIOGRAFIE

    1. Dizionario biografico degli italiani ( Volume 76,2012)

    2. Paolo Monti, Lirismo e ricerca di Carlo Bertelli : Corriere della Sera 10.06.2011, estratto da pagina

    53

    3. Paolo Monti Fotografo dallArchivio Storico del Circolo Fotografico La Gondola

    4. In Mostra personale di Paolo Monti, Roma, Associazione Fotografica Romana, 3/10 dicembre

    1954

    5. Versione italiana originale dattiloscritta pubblicata come "Mariel: un visage dans le temps" in

    Camera, Lucerna, numero 10, ottobre 1956

    6. In Il colore e la fotografia, catalogo della mostra, Centro Culturale Pirelli, Milano, maggio 1963

    7. In Quarta Mostra Biennale Internazionale della Fotografia, catalogo della mostra, Venezia, 1963.

    Edizioni Biennale Fotografica, Venezia 1963

    8. In Popular Photography Italiana, Milano, numero 116, marzo 1967

    9. In Cesare Colombo (a cura di), L'occhio di Milano. 48 fotografi 1945/ 1977, catalogo della mostra,

    Milano, 1977. Magma, Milano 1977

    10. In Lavoro contadino, fotografia e disegno tecnico. Atti del seminario per operatori di musei rurali,

    Bologna 1981

    11. Una nota sul lavoro di Paolo Monti di Ervin Laszlo in: Paolo Monti, Musis 1998

    12. presentazione del catalogo Paolo Monti di Luigi Campanella in: Paolo Monti, Musis 1998

    13. Fibrillazioni (per Paolo Monti) di Gilberto Pellizzola in: Paolo Monti Vierdimensional

    14. Paolo Monti. Performance della materia di Ada Lombardi in: Titolo, No.9, 1992

    15. Rendere visibile l'invisibile di Ada Lombardi in: IX Settimana della Cultura Scientifica Italiana,

    Musis 1999

    16. L'opera partecipata di Lucilla Meloni, in: L'opera partecipata, Sala 1 n.76, 1998

    17. Paolo Monti e l'identit dei soggetti di Gabriella Dalesio in: Trovaroma di Repubblica, No.284,

    1993

    18. Il virtuale creativo di Paolo Balmas in: Quadri & Sculture, No.26, 1997

    19. L'avanguardia telematica di Arianna Di Genova in: L'Espresso, 21 novembre 1996

    20. Paolo Monti di Gianluca Marziani in: N.Q.C. Arte italiana e tecnologie: il Nuovo Quadro

    Contemporaneo, 1998

    21. Fino al nulla di Massimo Carboni in: Paolo Monti, Musis 1998

    22. Monti P., Per la rivista Pagina, dattiloscritto di Paolo Monti, 30 gennaio 1962, Istituto di

    Fotografia Paolo Monti, copia consultata presso larchivio di Roberta Valtorta, Milano.

    23. Monti P., Due parole sulla mia fotografia, Autopresentazione della Mostra personale al

    Magazzino dei fiori, Sanremo, 1981.

    24. Monti P., Il Diaframma, in Popular Photography, Milano, n 117, aprile 1967

    25. Le astrazioni volontarie di Diletta Zannelli