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  • Giuseppe palmeri

    Palermo al tempo di padre Messina

    Il prete che commosse la citt

    D a r i o F l a c c o v i o E d i t o r e

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  • Giuseppe Palmeripalermo al tempo di padre messinaIl prete che commosse la citt

    ISBN 978-88-7758-967-5Prima edizione: luglio 2013

    2013 by Dario Flaccovio Editore s.r.l. - tel. 0916700686www.darioflaccovio.it [email protected]

    Palmeri, Giuseppe

    Palermo al tempo di padre Messina : il prete che commosse la citt / Giuseppe Palermo. -Palermo : D. Flaccovio, 2013.ISBN 978-88-7758-967-51. Messina, Giovanni .282.092 CDD-22 SBN PAL0259427CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace

    Stampa: Tipografia Priulla, Palermo, luglio 2013

    rinGraziamenti

    Lautore ringrazia sentitamente le Suore della Casa di padre Messina, M. Maria Virginia Gandolfo e M. Maria Anna Atzeni, per averlo favorito nella ricerca di documenti nellar-chivio di SantErasmo e per aver permesso la riproduzione di alcune fotografie antiche.

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    Indice Analiticodei nomi di persone e di luoghi

    AAbissi, Carmela, 95Acqua dei Cosari, rione, 30, 42Airoldi, Cesare, 137Ambry, Augusto, 64Arm, Corradino, 57Astracheddi (Astrachelli di Cut), 40, 41, 43, 62

    BBagheria, 105Basile, Ernesto, 28, 66, 137Belano, Alessandro (n.), 34, 58, 77, 85Bellini, circolo (n.), 106Bontade, Margherita, 125Borbone, monarchi, 25, 27Borsellino, Paolo, 33Brescia, 78Buonriposo (Bonriposo), rione, 30, 45

    CCala, rione, 29Calabria, 62

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    Capo, rione, 35Cappella Palatina, 27Caronia Roberti, Salvatore (n.), 49Caruso, Placida, 38Castello San Pietro, rione, 29, 113Celesia, Mchelangelo arcivescovo, 37, 89Cusmano, Giacomo, 30, 45Chiese

    Madonna del Rosario, 40S. Maria dei Naufraghi al Serraglio Vecchio, 43San Carlo alla Fiera, 40San Giacomo La Marina, 34San Gregorio, 34San Matteo al Corso, 37San Michele Arcangelo, 89San Pietro in Vincoli, 104

    Coda, Elena, 113Cordone, Nicola, 94Cordova, Giuseppe, 94Cucco, Alfredo (n.), 106Cusenza, Gaspare sindaco di Palermo, 124, 133

    DDAnna, Vito, 35De Amicis, Edmondo, 29Delogue, Ottavio Michele, 95Democrazia Cristiana, 123De Seta, palazzo, 17Di Matteo, Salvo, 101Dobelli, procuratore del re, 53Ducrot, mobilificio, 28

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  • Indice analitico

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    EElena di Savoia, regina, 86

    FFalcone, Giovanni, 33Febo della Minerva (n.), 67, 71, 79, 84, 121, 125Ficarazzi, 56Filangeri di Cut, principi, 43, 46, 47Filiciuzza, ospedale civico, 65Florio, imprese, 13, 26Florio dOndes, Giulia Lanza di Trabia, 30, 108Forcella, palazzo, 17Foro Italico, 17, 135

    GGibellina, 90Giornali

    Avvisatore, settimanale, 26Corriere Espresso, quotidiano (n.), 102Don Orione Oggi (n.), 140Giornale di Sicilia, quotidiano, 65, 66, 67, 85, 127, 131, 135 La Patria, settimanale, 85LOra, quotidiano, 85PER, mensile (n.), 119Piff Paff, settimanale, 61, 65, 68, 74, 119Voce Cattolica, settimanale, 129Voce Nostra, settimanale, 129, 135

    Giuliano, Salvatore, 100Gozzano, Guido, 69Guilla, rione, 69, 73

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    HHusky, operazione, 104

    KKalsa, rione, 15, 19, 20, 23, 35Koch, Carmelita, 94

    LLa China, sacerdote, 45La Duca, Rosario, 41La Rocca, Giuseppe sacerdote, 55Lentini, Rocco, 66Lo Monaco, Giovanni Battista monsignore, 67, 135Lo Nigro, Francesco (Ciccu u nivuru), 109Lo Nigro, Rosalia, 33Lo Valvo, Oreste, 138Lualdi, Alessandro arcivescovo, 55, 83

    MManno, Francesco, 35Marchello, Giacomo, 136Margherita, regina dItalia, 27Marabitti Ignazio, 35Marinelli, Vincenzo, 95Marsala, Carmelo (n.), 107Massimo, teatro, 28Maupassant, Guy (n.), 27Meli, Giovanni (abate Meli), 41, 43 Merici, santa Angela, 67, 78Messina, citt, 85Messina, Salvatore, 33

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  • Indice analitico

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    Milano, 28, 66Mileto, 83Monreale, 27Monte Pellegrino, 17, 59Mul, Anna duchessa di Montalbo, 38, 63Mura delle Cattive, 18Mussolini, Benito, 99

    NNatoli Luigi (Wiliam Galt), 65Nenni, Pietro, 124Neri Filippo, santo, 35

    OOlivella, rione, 34Oreto, fiume, 31Oreto, teatro, 62Orsoline, compagnia, 78Ospizio Marino Enrico Albanese, 38, 108Ottaviano Vesuvio, 83

    PPalazzo reale, 102Palermo, Gaspare (n.), 62Palmi, 83Partito Comunista Italiano, 123Partito Liberale Italiano, 123Partito Nazionale Monarchico, 123Partito Socialista Italiano, 123Patton, generale, 110Pavone, Gaetano, 137

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    Pecoraino, Dorotea, 95Pecoraino, Filippo, 40, 71, 95Pecoraino, mulino, 30, 95, 100, 105Pecoraino, Salvatore, 95Pignatelli, contessa, 64Pio X, 64Pond, Hug, 110Ponte dellAmmiraglio, 90Ponte di Mare, contrada, 37, 42, 51

    RRegio Calabria, 83, 85Restivo, Franco, 124Romagnolo, rione, 39, 42, 89, 109Ruffini, Ernesto arcivescovo di Palermo, 113, 115Russo, Nunzio, 30

    SSan Giacinto, marchese, 38, 39SantErasmo, rione, 29, 39, 45, 49, 52, 55, 70, 89, 94, 127Santa Margherita Belice, 90Santa Maria di Ges, 108Scaglia, Erminia (n.), 140Schubert, Alfredo, 95Serio Angelo Maria, 34Settecannoli, rione, 31Sineri, Vincezina, 94Soldo del Povero, associazione, 45Sommariva, Annie, 97Sommariva, Giulia, 42, 108Spasimo, rione, 17, 29, 113

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  • Indice analitico

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    TTaccari, Mario (n.), 22Terrasini, 90, 118Titone, Virgilio, 19Tocco Verduci, Paola, 124Tonnarazza, contrada, 42Tricoli, Giuseppe (n.), 99Tropea, 83Tukory, caserma, 102

    UUmberto I, re dItalia, 27Umberto II, re dItalia, 86, 101Utveggio, castello, 17

    VVie, mercati, porte di Palermo

    Corso Vittorio Emanuele, 98, 132Corso dei Mille, 30, 43, 95Piazza Bologni, 132Porta Carbone, 73Porta Carini, 37, 73Porta Felice, 73, 106Porta dei Greci, 17Via Alloro, 128Via Lincoln, 38Via Maqueda, 13, 98Via Messina Marine, 109Via Padre Giovanni Messina, 135Via Roma, 132Via Serraglio vecchio, 43

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    Via Vetriera, 33, 128Vicolo S. Uffizio, 51, 100Vicolo Spadaro (Vanedda du Spataru), 109Vucciria, mercato, 34, 73

    Villagrazia, 90Villarosa, 90Ville

    Giulia, 17, 131, 136Filippina, 34, 35

    Vitagliano, Gioacchino, 35Vittorio Emanuele III, re, 87Wolpes, Roberto, 22

    WWilde, Oscar, 27Withaker, Tina, 108

    Z

    Zanca, Antonio (n.), 137

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    Una immagine inconsueta di Palermo agli inizi del Novecento

    di Gabriella Portalone

    Parlare della Palermo di fine Ottocento e degli inizi del Novecento suole involgere una storia affascinante, sebbene intrisa di enormi contraddizioni. Era la Palermo conosciuta e apprezzata in tutta Europa, la citt che si mo-strava in una certa maestosit e opulenza al viaggiatore che la mirava dal ponte della nave in arrivo o al turista che ne percorreva la magnifica via Maqueda o il Cassaro, ammirandone grandiosit dei palazzi e magnificenza delle chiese, retaggio delle civilt e dominazioni che avevano voluto celebrare il loro prestigio arricchendo la citt con propri non cancellabili segni. Alla fine dellOttocento, la citt fu la Palermo dei Florio, della famiglia dei modesti commercianti calabresi che alla fine del Settecento erano venuti nella nostra Isola.

    Si sa che fu grazie al commercio del chinino e a una laboriosit imprenditoriale non comune che i Florio avreb-bero costruito in pochi anni un vero impero economico che spaziava dalla navigazione allindustria siderurgica, dallo sfruttamento delle tonnare alla conservazione alimentare, dal settore vitivinicolo a quello creditizio, assicurativo ed editoriale. Fu cos che si pot dire che Palermo fu allora controllata dai Florio, i quali a loro volta davano lavo-

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    ro, investivano, incoraggiavano la bella architettura (vedi lo stile liberty con gli elevati esempi del binomio Basile-Ducrot). E non va trascurato che Palermo, a cavallo tra i due secoli, divenne, anche grazie al risveglio culturale, in-coraggiato da illustri filosofi come Giovanni Gentile, Vito Fazio Allmayer, Giuseppe Amato Poerio, Adolfo Omodeo, ma anche dai nuovi teatri cittadini, il Politeama e il Mas-simo, e grazie alla vivacissima vita mondana, la capitale mediterranea del bel mondo, meta di teste coronate come gli imperatori di Germania, il principe di Galles, i sovrani del Belgio, il re Costantino di Grecia, spesso ospiti proprio della famiglia Florio, imparentata con la pi antica aristo-crazia siciliana.

    Ma la Palermo della fine dellOttocento non era sol-tanto la citt dai salotti sfavillanti, dei teatri, dei caf chantant, dellelegante aristocrazia a cui si mescolavano i grandi imprenditori borghesi, blasonati dal loro successo economico, era anche la Palermo dei catoj, miserabili abi-tazioni prive di luce, di acqua, di qualsiasi accorgimento che fornisse i pi elementari requisiti di igiene, tuguri che si estendevano alle spalle del centro cittadino, nello spa-zio occupato oggi dalla via Roma, e che sarebbero stati demoliti dallopera di risanamento attuatasi nel ventennio fascista. Gi alla fine dellOttocento il Piano Regolatore della citt, Giarrusso, contemplava il risanamento di tale parte della citt.

    Accanto alla Palermo dei Florio e dei grandi feudatari, esisteva dunque anche la Palermo dei catoj, delle vanedde senza sole, esistevano la Palermo contadina, che si esten-deva nella parte a sud-est della citt, e la Palermo dei pe-scatori lungo il litorale orientale. Di questultima parte del-la citt il quartiere pi antico e pi famoso era certamente

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  • Una immagine inconsueta di Palermo agli inizi del Novecento

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    quello della Kalsa, anche perch costituiva il confine tra la citt del bel mondo e la citt dei poveri. Gli abitanti della Kalsa appartenevano per lo pi alla media borghesia impiegatizia, al ceto degli artigiani, commercianti, piccoli professionisti. Seguire dunque la vita esemplare dun abi-tante di questo quartiere d loccasione a Giuseppe Pal-meri di riflettere sulla vita sociale del relativo ambiente. E cos si comincia a raccontare che alla Kalsa nacque e si form padre Giovanni Messina, figlio di un contabile e di una casalinga, che educ i figli ai principi della pi stretta osservanza religiosa.

    Ed ai confini della Kalsa che si estende la piana di SantErasmo, popoloso quartiere a ridosso del mare, abita-to, alla fine dellOttocento, quasi esclusivamente da pesca-tori o comunque da lavoratori nel settore ittico; non erano poveri come gli abitanti dei catoj a ridosso della fastosa via Maqueda, ma certo non si poteva dire che vi trionfasse lopulenza, il benessere e la pulizia. Le strade del quar-tiere pullulavano di bambini malvestiti, denutriti e spesso abbandonati perch figli del peccato o orfani o vittime della trascuratezza e delleccessiva prolificit. Questa era pure Palermo.

    Fu proprio in questa Palermo, in mezzo a bambini af-famati e bisognosi di cure che padre Giovanni Messina in-traprese la sua opera di missionario, scegliendo come sco-po della sua vita quello di dare a quelle giovani creature un tetto, una scodella di minestra calda, ma anche tanta atten-zione e qualche carezza. Era stato il vescovo di Palermo, mons. Celesia, intuita lenergia latente nel giovane Messi-na, ad inviarlo come missionario in quella che da tutti era considerata lAfrica di Palermo, dove il compito del sa-cerdote non poteva limitarsi a diffondere la parola di Dio,

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    ma doveva estendersi allassistenza materiale dei pi biso-gnosi e soprattutto dei molti bambini abbandonati, senza famiglia e senza sostentamento. Togliere i bambini dalla strada non costituiva solo unopera di carit, ma anche un meritorio contributo al risanamento sociale, anche perch in quella moltitudine di disperati pescava a piene mani la delinquenza organizzata per la sua manovalanza. Lo ave-va capito anche padre Giacomo Cusmano a cui molto si ispir padre Messina medico e sacerdote, che nel 1867 aveva fondato lassociazione del Boccone del Povero per lassistenza dei pi bisognosi e dei malati. Molte cose ac-comunavano don Cusmano con padre Messina e forse vi una linea, da interpretare col metodo storico, che ha legato diverse concrete esplicazioni della carit cristiana a Paler-mo, dal Settecento (opere pie) fino a padre Nunzio Russo, Giacomo Cusmano, padre Messina, cardinale Ruffini e, via via adeguandosi ai tempi, fino a padre Pino Puglisi

    Il testo di Giuseppe Palmeri, instancabile ricercatore nella microstoria di Palermo, ha il pregio di dare la pos-sibilit ai lettori non solo di conoscere lopera di questo umile prete, ingiustamente ignorato dai pi, e di dare una risposta agli interrogativi di chi, passando dalle parti di Villa Giulia, vede svettare quella cupola rossa sul mare, senza immaginare il suo prezzo in sacrifici, fatiche e soli-dariet cittadina, ma anche di collocare la vicenda perso-nale del prete della Kalsa, se non nella storia, nelletno-grafia di Palermo degli ultimi secoli, correggendone certo schematismo legato sproporzionatamente alle vicende dei Florio, dei Withaker, dei grandi feudatari, dellEsposizio-ne nazionale, del trionfante liberty ecc.

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    La Kalsa

    In un assolato e limpido mattino dautunno Palermo, al Foro Italico, splende sotto un sole deciso come solo il sogno di una immaginaria primavera pu far sentire, tanto da generare inconsueti entusiasmi, fino alla voglia di intra-prendere nuovi lavori fino a voler rispondere alla curio-sit di quali siano la funzione e la storia di quella grande costruzione svettante l sul mare con un bel campanile dalla cupola rossa, dove termina il grande piano di questa distesa derba e cespugli.

    La vasta area che circonda questa parte della citt delimitata da un sistema di sagome emblematiche di ci che Palermo stata nei secoli e del suo essere attuale: il golfo con le gigantesche gru e le immense navi del porto, dominato dalla mole del Monte Pellegrino, culminante in quello che pare il suo stemma: il rosso Castello Utveggio; i platani e le eleganti washingtonie svettanti dalla settecen-tesca Villa Giulia. Dalla neoclassica recinzione di questo esuberante giardino, proseguendo in ununica linea verso la Porta Felice, attraverso i profili di una esemplificazione degli antichi palazzi nobiliari che fecero questa citt ele-gante per secoli, sembra presentarsi una voluta scenografia di Palermo da mostrare a chi viene dal mare. Si delinea-no tra le palme i profili di Palazzo Forcella o De Seta, la Porta dei Greci, il culmine di quella che fu la chiesa dei Crociferi, emergente dal rione Spasimo, Palazzo Butera

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    sulle Mura delle Cattive e lottocentesco Palchetto della musica: tutto uno scenario di magnificenza architettonica, allinterno del quale si svolse per secoli una vita serale ele-gante e sfarzosa. Oggi, innanzi ad un siffatto fondale sce-nico e al cospetto del mare, vi limmenso prato arricchito di palme e fioriti cespugli che, mezzo secolo dopo la fine della seconda guerra mondiale, definisce quella che era stata, nei decenni successivi allultima guerra, una grande discarica per le macerie delle case bombardate nel 1943 e per il materiale di scavo che and espellendo la nuova attivit edilizia che consegu, negli anni Cinquanta e Ses-santa, ad uno sproporzionato inurbamento dalla provincia. Nei giorni di festa, in vivaci tute, vi praticano jogging cit-tadini dagli usi ormai europei; vi passeggiano mamme per far prendere il sole a bambini in carrozzella e vi sostano innamorati alla ricerca di ampi spazi nei quali far librare verso il cielo le solite solenni sincere e pretesamente defi-nitive promesse.

    Sullo sfondo dellantica citt si riflette, dunque, in for-me pur sempre mediterranee, limmagine di una citt an-tica e moderna, con radici nel coacervo delle civilt me-diterranee e protesa verso lEuropa e gli usi occidentali. Il prato si stende verso il piano e gli scogli di SantErasmo e termina ad oriente con la rosea Casa di lavoro e preghiera voluta da padre Giovanni Messina sul finire dellOttocen-to. Ed questa casa che suscita, sotto il sole di ottobre, la curiosit del passante.

    Questa grande costruzione, imponente nella sagoma e nello stile, anche per il campanile che la sovrasta (forse non rigorosamente emblematica dei canoni duna architet-tura accademica, ma abbastanza lineare e tendenzialmente classicheggiante, sempre pi apprezzabile man mano che

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  • La Kalsa

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    il tempo passa), appare, nella dimensione topografica e in quella cronologica, pi che il completamento di tutto lar-chitettonico teatro dei secoli passati che abbiamo detto, la punta avanzata del quartiere con cui termina ad oriente la citt: la Kalsa1.

    Per tutta la prima met del novecento, la Kalsa fu un rione di pescatori, ostentante le reti distese ad asciugare sui marciapiedi o sottoposte allopera di rammendo. Altri pezzi di reti messe a protezione dalle mosche sulle porte assicuravano limmagine dello stretto rapporto della gente di l col mare. Alle finestre facevano bella mostra vasi di terracotta, le graste, col basilico, i garofani e i gerani; la-ria era pregna dellodore di salsa di pomodoro, di giorno, e del delizioso intenso odore di pesce fritto, la sera, quando tutta la famiglia si riuniva per il pasto; le sue strade erano piene di bambini malvestiti che inseguivano una palla di stracci o un cerchio ricavato da una ruota di bicicletta o che lanciavano sul selciato una trottola di legno operando con maestria sul laccio che la teneva prigioniera (strum-mula).

    Per una parte del secolo scorso, specialmente dopo che ebbe termine la guerra e ci si cominci ad occupare e pre-occupare di sviluppo sociale e dei suoi ritardi nel Sud, la Kalsa sembr a sociologi ed inviati dei grandi giornali del Nord il simbolo duna citt terribilmente misera e degra-data.

    Nel libro Le notti della Kalsa, Virgilio Titone2 scrive: La Kalsa non era solo il quartiere pi tradizionalista di Palermo. Pi che un quartiere si poteva dire unisola nella 1 Il nome viene dallarabo al Halisah, leletta, ed i suoi abitanti, nellantico siciliano, sono talvolta chiamati avusitani.2 Titone V., Le notti della Kalsa a Palermo, ed. Novecento, Palermo 1998, p. 60.

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    citt. La fedelt al passato [...] era soprattutto viva nei me-stieri esercitati di padre in figlio, nelle stesse tecniche arti-giane, che avevano acquistato il carattere di uninviolabile ritualit, nei pregiudizi, nei santi invocati, negli strumenti di lavoro e nei correlativi colori, forme e misure. Erano per lo pi pescatori con piccole barche costiere [...] e non c mestiere pi rispettoso della tradizione e dellautorit del padre e dei vecchi, che conoscono i venti, le stelle, la luna, le secche, gli scogli e quando e dove si possa uscire a pescare.

    Ancora negli anni Settanta impressionavano della Kalsa i ruderi della guerra non rimossi, tra cui vivevano i suoi abitanti, e levidente povert delle case misere e semidistrutte e dei catoj (come a Palermo si chiamano i tuguri malsani di piano terra o addirittura seminterrati), e scandalizzava quello strano contrasto tra tanta miseria e labbondanza di bambini che ne riempivano le strade. Lo stesso Titone dice che i kalsitani respingevano sdegnosa-mente i giornalisti e i ricercatori sociali, uomini e donne, che andavano a fare le loro inchieste e scrivevano della degradazione del quartiere. Le case realmente andavano crollando. Ma alla Kalsa vivevano una vita vera e inve-ce falso era linteresse dei loro cervelli per il suo creduto sottosviluppo.3

    Comunque, mentre la parte pi ricca della citt, ormai stabilitasi nei nuovi quartieri ad occidente, considerava la Kalsa come una zona fuori dai confini della Palermo con-venzionale, anche per quella K esotica che campeggiava sulla tabella dellautobus che vi si recava dal centro, il tra-sferimento in case popolari, gli ammortizzatori sociali e lo sviluppo economico generale della citt avrebbero presto 3 Ibidem, p. 46.

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  • La Kalsa

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    corretto lanomalia di quella situazione sociale spopolan-do il quartiere di barche e persone.

    Nella Casa di padre Messina che, come abbiamo visto, si erge sulla riva del mare, latmosfera quella solita degli istituti religiosi di assistenza dellinfanzia: grandi stanzo-ni, dinverno freddissimi, file di sedie addossate ai muri, grandi ritratti di santi o religiosi alle pareti, la nitida cap-pella in uno stile neoclassico, sebbene economico, con il sarcofago che custodisce le spoglie mortali del Fondatore: il tutto in tenui colori crema e pistacchio e pulitissimo e tale da far riposare locchio del cittadino borghese, stanco di sovraccarichi arredi e di esagerate ostentazioni di og-getti preziosi. A ricevere gli ospiti, fino a qualche anno fa vi erano la madre superiora suor Pasqualina (al seco-lo Calleca) e la Madre Eucaristica (Titone), ora entram-be defunte. Quando abbiamo cominciato questa ricerca erano entrambe ultraottantenni e perci, essendo entrate nellopera del Padre giovanissime, erano depositarie di in-teressanti ricordi degli anni Trenta e Quaranta. La prima cosa che dissero, dopo averci condotto nella cappella al cospetto della tomba del Padre, che il loro fondatore fu un uomo molto forte e deciso; poi con affettuosa ironia narravano episodi confermanti quel giudizio, tutti tenden-ti a dimostrare come il padre Messina sapesse risolvere ogni problema senza alcun timore reverenziale per alcuno, quando si trattava della buona salute e dellistruzione dei suoi orfanelli.

    Losservatore palermitano, che ha vissuto con atten-zione la storia della citt, in decenni di rimproveri e di commiserazione, ricevuti dal resto del Paese per bene per un certo suo essere malandato e, daltra parte, orgogliosa e nostalgica per una storia di fasti di quella che fu la capi-

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    tale di un regno, si chiede allora se quella di padre Messi-na non sia stata una piccola importante storia palermitana dal valore positivo; un esempio del carattere generoso che questa citt ha saputo dimostrare. Ed allora le vie dellin-duzione riportano a qualche occasione in cui il Prete che per diversi decenni commosse Palermo ha continuato a commuovere nei ricordi.Nel libro Quando un secolo durava centanni, Roberto Volpes4, dopo avere descritto la vita e le usanze della gente comune della Palermo degli inizi del Novecento, sente di non potere fare a meno, per la completezza del volto della citt di quegli anni, di ricordare con accesa passione padre Messina: Lultima istituzione di beneficenza basata essenzialmente sul buon cuore dei cittadini fu la Casa di lavoro e preghiera di S. Erasmo. Allora era conosciuta come lIstituto di Padre Messina. Un modestissimo prete che con ostinata volont raccolse oboli comunque e dovunque per togliere dalla strada ed inserire nel mondo del lavoro stuoli di ragazzi, altrimenti destinati alla malavita, dando loro un tetto decente, una minestra sicura ed un avvenire onesto. Riusc a costruire, pietra su pietra e fra lindifferenza del prossimo, unistituzione che onora la sua memoria e la Citt, che, lui vivo, non lo apprezz o non lo comprese, e morto, non ha tempo per ricordare un figlio del popolo che, nato povero, mor misero dopo avere amministrato fior di milioni.

    Questo scrittore ricorda anche che la gente comune lo trattava da capo ameno, da stravagante, da uomo che vuol 4 Volpes R., Quando un secolo durava centanni, ed. Edrisi, Palermo 1981, vol. II, p. 62. Per la ricostruzione della vita di Palermo di fine Ottocento ed inizi del Novecento, cfr. anche Lo Valvo O., Lultimo Ottocento Palermitano, Edizioni ristampe siciliane, Palermo 1986. Taccari M., Palermo laltro ieri, ed. S.F. Flaccovio, Palermo 1966.

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  • La Kalsa

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    fare le cose pi grandi di lui. E ne fece, lavorando per-sonalmente da ingegnere, da capomastro, da muratore, da manovale, da prete, da maestro, da accattone. Girava per i negozi chiedendo ed accettando qualunque cosa, ch tutto sarebbe potuto servire: denaro, chiodi, pietre, colori, vetri, quaderni, biancheria, sedie, letti e, ci che pi sorprende, ottenendone. Approfittava di ogni occasione per chiedere oboli per i suoi ragazzi.

    In effetti, questo autentico figlio della Kalsa e di Paler-mo non soltanto una componente della memoria dellat-tivit caritativa ed evangelizzatrice di questa citt ma anche (e forse soprattutto) il simbolo della capacit dei siciliani di fare, pur in una quotidianit mediocre, cose ec-cezionali. E la figura di padre Messina contribuisce anche a costruire unimmagine non letteraria n oleografica del vero popolo di Palermo, quale espressa in sintesi allora dalla Kalsa; perch anche la Kalsa era Palermo.5

    5 Titone V., Le notti della Kalsa a Palermo, cit., p. 46.

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    Palermo tra la fine dellOttocento e il Novecento

    Negli ultimi decenni dellOttocento Palermo era una citt che lentamente si evolveva dal suo stato di capitale deposta dun antico regno, da una condizione sociale tardi-vamente feudale e dalla profonda delusione per quello che effettivamente aveva rappresentato per la Sicilia lUnit dItalia. Si era infatti avvertito che i nuovi tempi segnava-no la fine del Regno di Sicilia e di qualsiasi sua sperata au-tonomia istituzionale, e diveniva evidente il tramonto do-gni aspirazione ad una rivoluzione sociale, come avevano sperato molti mazziniani ed ex picciotti garibaldini che per ci avevano abbracciato la rivoluzione. Ci si lamentava, anche, dellingratitudine del nuovo Stato verso coloro che, sebbene avessero combattuto o collaborato con Garibaldi per labbattimento del regime borbonico (appunto, i pic-ciotti), non venivano accreditati in alcun modo presso la nuova amministrazione; dalla quale viceversa alcuni ave-vano subito processi, condanne o infamanti sospetti des-sere dei briganti: in ogni caso culturalmente e socialmente inferiori al popolo del Nord.

    Si andavano cicatrizzando comunque le ferite della ri-volta antipiemontese del 1866, organizzata da legittimisti borbonici, esponenti del clero tradizionalista, nobili, con-tadini, repubblicani e popolani, esasperati dagli obblighi

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    imposti dal nuovo Stato con la sottrazione dei giovani dal lavoro mediante la leva obbligatoria ed una sempre pi pesante pressione fiscale; rivolta che aveva sconvolto la citt per una settimana, determinando un ancora pi rigido potere repressivo da parte del Governo piemontese che per ristabilire lordine non aveva trovato di meglio che il pugno forte del generale Medici con i suoi poteri straor-dinari.

    Nel clima di fine secolo, che potremmo definire di adat-tamento della Sicilia alla storia italiana ormai corrente, si cominciava a considerare il problema del livello di vita degli abitanti, per molti al di sotto delle indispensabili ne-cessit di sostentamento, e si prendeva atto di quanto fosse consistente il divario economico tra il Meridione e le pi progredite regioni del Nord e quanto effimeri risultassero in un tale confronto certi patrimoni e certi poteri gravitanti intorno ai grandi feudi, agli sfarzosi antichi palazzi nobi-liari e alle sontuose ville della citt.

    Quando a Palermo fu organizzata lEsposizione Nazio-nale, che si sarebbe inaugurata il 15 novembre del 1891, il giornale economico Avvisatore, che venne pubblicato in citt tra il 1867 e il 19941, esprimeva il diffuso stato da-nimo di insicurezza che induceva molti a dubitare che il tessuto produttivo siciliano potesse competere con le mer-ci che vi avrebbero esposto le regioni settentrionali pi progredite. Nellambito dellorizzonte siciliano, appariva comunque miticamente forte il complesso delle imprese Florio, sviluppatesi in molti settori (cantieri navali, vini, chimica, giornali, ceramiche ecc.) e, comunque, rievocan-dola retrospettivamente, va detto che lEsposizione fu re-1 Palmeri G., Avvisatore, la lunga storia di un giornale economico palermitano, in Rassegna siciliana di storia e cultura, ISSPE Palermo, agosto 2005, p. 43.

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  • Palermo tra la fine dellOttocento e il Novecento

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    alizzata in maniera efficace ed elegante, rivelando valenti artisti del tempo, con importanti opere edilizie che avreb-bero delineato il razionale sviluppo urbanistico che suc-cessivamente avrebbe avuto la citt in espansione. Quan-do, per linaugurazione, giunsero a Palermo il re Umberto e la regina Margherita dopo alcune perplessit dovute allancora vivo ricordo che si trattava della dinastia che aveva tolto ogni indipendenza a quello che era stato il Re-gno di Sicilia e spento ogni aspirazione allindipendenza, quale era stata espressa con la costituzione del 1812 e nella rivoluzione del 1848 e creduta possibile con la cacciata dei Borbone nel 1860 i monarchi furono accolti con grande festa di popolo. E ci provava che certe ferite andavano cicatrizzandosi e che i palermitani in genere capivano il grande sforzo fatto, in un utile e lungimirante processo storico, per la realizzazione di una Italia unificata.

    In quegli anni Palermo, meta di un aristocratico turi-smo, appariva quella affascinante citt mediterranea che sempre stata, quale la videro i viaggiatori del Sette-cento e dellOttocento che ne hanno lasciato descrizioni; per esempio, Guy de Maupassant2 che, vagabondando per le vie della citt, ne ammirava i monumenti (la Cappella Palatina, la pi bella che esista al mondo [...] capolavoro unico, divino e lolezzo degli aranci della Conca doro), ovvero Oscar Wilde3 che defin Palermo citt con la pi bella posizione del mondo e che descrisse la stupenda vallata situata tra due mari, i boschetti di limoni ed i giar-dini daranci.

    Del resto, nellatmosfera dun dovuto mantenimento 2 Guy de Maupassant, La Sicile, in Le Figaro, Parigi maggio-giugno 1885.3 Wilde O., Lettere allamico Robert Ross (16 aprile 1900) in Selected letters of O.W., Oxford 1979, pp. 355-356.

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    della grandezza e delleleganza duna citt che era stata una capitale, Palermo si arricchiva di opere degne duna tale levatura: si erigevano, tra laltro, i due monumenta-li teatri Massimo e Politeama e fioriva nellarchitettura e negli arredi uno splendido stile liberty, tutto originalmente elaborato (si ricorderanno gli emblematici architetto Er-nesto Basile e il mobilificio Ducrot), che aggiungeva agli stili del periodo arabo-normanno, romanico e barocco un elemento in pi nella caratterizzazione di questa citt.

    Alla fine dellOttocento, Palermo era per popolazione la quarta citt dItalia, con poco pi di 200.000 abitanti (Milano ne contava circa 250.000) ma se anche ci si suole soffermare, nelle rievocazioni della sua storia moderna, a considerare con nostalgia leleganza del detto tempo, che forse si vede spesso troppo limitata al solo punto di vi-sta architettonico e con lesclusiva ottica di quello che fu lambiente colto, nobiliare o alto-borghese, deve pur dirsi che proprio in quegli anni la citt cominciava a prendere atto della consistenza di un ceto popolare misero ed igno-rante, al di sotto del livello in cui erano giunte le equiva-lenti citt europee, che tuttavia voleva emergere. Occorre riflettere che sul finire dellOttocento gli analfabeti erano a Palermo oltre il 50 per cento della popolazione e che la maggior parte di quello che si chiamava il popolino abi-tava, se nel centro storico, in catoj, completamente privi dogni accessorio igienico e, se nelle periferie, in tuguri e baracche, dove si diffondevano facilmente le malattie, specialmente la tubercolosi, la malaria e il tifo. In unim-maginaria ricostruzione dei rumori che si spandevano per laria di vicoli e cortili, occorre tener conto della tosse, specialmente della cosiddetta tosse canina, la pertosse, che colpiva frequentemente i bambini, nonch della croni-

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  • Palermo tra la fine dellOttocento e il Novecento

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    ca tosse catarrale dei vecchi. Sarebbe stato degli anni Venti il risanamento igienico e abitativo dun rione centrale del-la citt (Quartiere Conceria), ritenuto unopera necessaria a combattere uno stato abitativo popolare malsano, carat-terizzato da condizioni veramente drammatiche.

    Edmondo De Amicis, nei primi anni del 900, riassunse cos limpressione che aveva avuto nel corso duna sua visita: V prodigalit e magnificenza in tutto ci che col-pisce gli occhi e pu dar limmagine duna citt prospera e potente ma il popolo povero e vive in una frugali-t anacoretica; una vera borghesia industriale non esiste, mentre tra il via vai festoso delle carrozze infiorate ve-dete lontano, sul mare, la macchia nera duno dei piroscafi che portano via ogni settimana un popolo demigranti.4

    Sin dallOttocento, migliaia di fanciulli riempiva-no dunque le strade della Kalsa e dei quartieri limitrofi SantErasmo, Spasimo, Castello San Pietro, Cala e... si educavano nella ricerca quotidiana dun pezzo di pane, secondo la legge del dover sopravvivere comunque; il che comportava il crescere in fretta e perfezionarsi nei piccoli e grandi delitti; condizione di vita cui soleva conseguire qualche volta il rigore del riformatorio. Daltra parte, la delinquenza organizzata nella allora detta Onorata socie-t era sempre pronta ad accogliere nei suoi ranghi nuove braccia. In quanto a possibili forme di educazione diffusa e di assistenza, soprattutto per gli orfani, le scuole pubbli-che erano molto carenti e, ai fini duna formazione umana completa, non cerano che le istituzioni cattoliche. Paler-mo aveva conosciuto diversi uomini che serano impegna-ti, sul finire dellOttocento, per creare orfanotrofi, oratori e mense per i poveri. Si ricorderanno tra gli altri i paler-4 De Amicis E., Ricordi di un viaggio in Sicilia, ed. Giannotta, Catania, 1908, p. 47.

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  • Palermo al tempo di padre Messina

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    mitani padre Giacomo Cusmano5 e padre Nunzio Russo6; nonch Giulia Florio Lanza, principessa di Trabia, e Fran-cesca Salamone, fondatrici dellIstituto Florio e Salomone per i ciechi.

    In una tale situazione possiamo immaginare la vita di bambini e ragazzi dei rioni Kalsa, Spasimo, Bonriposo, SantErasmo, Romagnolo e dellasse attorno al Corso dei Mille, ossia di tutta quella fascia della citt che va dallan-tico porto della Cala verso lapprodo di Acqua dei Corsa-ri: erano minori che normalmente non frequentavano la scuola e lavoravano talvolta per le poche aziende esistenti: vi erano allora in quella parte della citt il grande muli-no Pecoraino che macinava il grano delle campagne della provincia e produceva pasta; alcune fabbriche di sapone, forni per la cottura dei laterizi, limpianto per la produzio-5 Giacomo Cusmano nacque a Palermo il 15 marzo 1834 e qui mor il 14 marzo 1888. Esercit prima la professione di medico, come una missione di carit, es-sendo principalmente il medico dei poveri, dai quali non accettava alcun compen-so, sebbene fosse molto ricercato nella citt per la sua seria competenza. Ordina-to sacerdote nel 1860, fond lassociazione Boccone del povero per lassistenza alimentare dei poveri. In questo spirito ed in quello dellelevazione cristiana degli ultimi, fond la congregazione delle Suore serve dei poveri, la congregazione delle Dame della Carit del boccone del povero e la congregazione dei Padri missionari servi dei poveri. stato beatificato nel 1983. Palermo, dove sono im-portanti suoi istituti, gli ha dedicato una strada.6 Nunzio Russo nacque a Palermo il 30 ottobre 1841 e qui mor il 22 novembre 1906. Fond la congregazione dei Missionari di San Francesco di Sales e la Pia unione delle sorelle della dottrina cristiana, poi detta delle Figlie della Croce, nonch, in un epoca in cui andava emergendo la condizione di sfruttamento dei lavoratori di pi basse condizioni (v. i Fasci siciliani ed il movimento cooperativo cattolico), i Consolati darte e mestieri, in seno ai quali istitu dei veri uffici di collocamento, commissioni per dirimere le controversie di lavoro ed una cassa di mutuo soccorso. Esercit una intensa attivit di pubblicista, fondando anche dei giornali (fondamentale fu Letture domenicali), mediante i quali svolse una profonda attivit catechistica e di approfondimento nella dottrina cristiana. Cfr. Letture domenicali (a cura di), Cenni biografici del P. Nunzio Russo, Tipografia Pontificia, Palermo 1909.

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  • Palermo tra la fine dellOttocento e il Novecento

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    ne del gas (detto, dal francese, lusina del gas), il mercato generale del pesce, dove alcuni ragazzi venivano impie-gati in servizi di facchinaggio o come manovali. Negli annali della Direzione generale di statistica del Ministero Agricoltura, Industria e Commercio relativi al 18937, si in-dicavano i dati dei minori di 14 anni impiegati nelle varie attivit; dati che, nella provincia di Palermo, se non era-no della consistenza delle migliaia di fanciulli addetti alle miniere di zolfo del territorio di Caltanissetta, registrava-no tuttavia per ogni settore molti minori avviati al lavoro. Altri minori venivano affidati, superati i dodici anni, ad una qualche bottega di artigiano per imparare il mestiere e, finch durava lapprendistato, per guadagnarsi il pane e il companatico. Altri aiutavano le donne nel trasporto dei panni da lavare, per s o per commissione di famiglie abbienti, operazione che si svolgeva nelle acque del fiume Oreto o nei lavatoi comunali: da SantErasmo si andava fino a quello impiantato in contrada Settecannoli, di cui si decantava che avesse ben 17 vasche. In questo quadro, e cio al di fuori da ogni serio impegno formativo giornalie-ro, erano comprese umiliazioni, vessazioni e sfruttamenti.

    7 Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione (a cura di), LEconomia sici-liana a fine Ottocento, ed. Analisi, Bologna 1988.

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