paize autu pagina 8 e leccornie du ciantafurche auguri ... · i nostri più cari auguri di buon...
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Paize Autu Pagina 8
Paize Autu
Direttore Responsabile: Dott.ssa Alice Spagnolo
Registrazione del Tribunale di Sanremo
nr. 03/08 del 04/07/008
Sito internet: Mauro Sudi
Direzione-Amministrazione-Redazione:
18012 Bordighera Alta – Via alle Mura, 8
Le firme impegnano gli autori degli articoli
Stampato in proprio a Bordighera Alta
“U Risveiu Burdigotu”
Sede: Via alle Mura 8
18012 Bordighera Alta
Orario : lunedì e venerdi
dalle ore 16,00 alle 18,00
giovedì dalle 21 alle 23
e-mail: [email protected]
Internet: www.urisveiuburdigotu.it
Telefono: 3464923130
Spazio Etichetta
E Leccornie du Ciantafurche Ricette Tipiche Liguri e Non...
Data l’imminenza del Carnevale, abbiamo pensato di proporvi una
ricetta semplice e golosa indicata per i bambini (e non solo). Buon
appetito!
Ingredienti:
350 gr di farina,
130 gr di zucchero,
80 gr di burro ammorbidito,
1 uovo,
1 bustina di vanillina,
1 bustina di lievito per dolci,
1 bicchierino di liquore,
nutella q.b.
Versare in una terrina tutti gli ingredienti e mescolare con le dita
fino ad ottenere un composto bricioloso. Imburrare uno stampo da
24 cm e versare metà del composto, aggiungere la nutella sciolta
precedentemente a bagnomaria e terminare con il composto rima-
sto. Infornare a 180° per 35 minuti circa.
Alessandro Seghezza U Ciantafurche
CHI VOLESSE INVIARCI ANEDDOTI O FOTO DA
PUBBLICARE PUO’ FARLO AL NOSTRO INDIRIZZO E
-MAIL: [email protected]
AUGURI BIANCA
Il 26 gennaio scorso Bianca, storica titolare e barista del
Bar Aldo di Bordighera, nostra assidua lettrice, ha com-
piuto 89 anni.
I nostri più cari auguri di Buon Compleanno ad una bordi-
gotta DOC, memoria storica della città, che con il suo la-
voro ha scritto una pagina della storia di Bordighera.
AUGURI da tutu U Risveiu Burdigotu
Viva Bianca! Ancora 100 di questi giorni!!!
“ Paize Autu” Poste italiane S.p.A. spedizione in Abbonamento Postale – 70% CNS/CBPANO/IMPERIA Anno 7 nr. 2 Febbraio 2014
Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu”
RICORDI DI FEBBRAIO
Alluvioni, frane e smotta-
menti. Ecco cosa ci ha porta-
to questo inizio 2014. Case
isolate nelle frazioni a valle,
strade interrotte e, per noi
paizenghi, anche un beodo
quasi irriconoscibile.
Eventi catastrofici che hanno
lasciato un segno e ai quali si
sta tentando di porre rime-
dio.
Quando la natura esprime la
sua potenza non perdona,
non lascia scampo.
Ma le strade, i muri, il beodo
sono cose, e le cose si aggiu-
stano. Le cose restano, anche
se diverse, imperfette.
E’ così anche per gli uomini,
nostri cari, nostri fratelli, che
ci lasciano per sempre. Ci
lasciano per riposare, per
ritornare ad essere perfetti
nella loro forma spirituale,
divina. Ci lasciano per restare
con noi, per colmare con la
loro presenza il nostro dolo-
re. Questo giornale è dedica-
to ad un mio carissimo ami-
co, e nostro lettore, che ha
recentemente perduto il fra-
tello, ancora troppo giovane
per morire. A te, mio caro
Gianni, va tutto il mio pensie-
ro e il mio sostegno, perché
tu non perda la gioia che
questo mondo imperfetto
tante volte ti ha donato. Ora i
tuoi occhi vedranno per due
e il tuo cuore grande batterà
per te e per lui. Non è un
peso, questo, ma una gioia, la
gioia di sapere che sarà sem-
pre con te. Alice Spagnolo
Quando a Bordighera c’erano due biblioteche
Nei primi anni Settanta in Paese
Alto funzionava una piccola
biblioteca per volontà di una
signora americana veramente
speciale: Norma Stoaneill.
Come nacque questa realtà?
Harold e Norma Stoaneill, resi-
denti a New York, raggiunta
l’età della pensione, decisero di
intraprendere un tour dell’Euro-
pa ed in particolare della Sve-
zia, dove viveva uno dei loro tre
figli, architetto, e poi dell’Italia.
Dopo aver ammirato le bellezze
delle nostre principali città,
raggiunsero Bordighera su sug-
gerimento di amici americani.
Visitarono Villa Mostaccini e
rimasero affascinati dal luogo
così ameno e immerso nel ver-
de. Qui scoprirono che la de-
pendance della villa, appena
ristrutturata, era in affitto. Deci-
sero perciò di prolungare di
qualche tempo la loro vacanza
in Italia affittando l’immobile.
Si trovarono bene a Bordighera:
in primis per l’aria salubre che
giovava al signor Harold, affet-
to da problemi respiratori e,
inoltre, perché la signora Norma
poteva esercitare il suo hobby
del giardinaggio nella piccola
serra che si era fatta attrezzare.
Grazie alla sua passione rese
fiorito tutto l’anno il giardino
dell’incantevole villa.
La signora Norma, di carattere
molto dinamico e intraprenden-
te, voleva fare qualcosa per i
bambini bordigotti. Forte della
sua esperienza in una biblioteca
newyorkese e con l’aiuto della
sua padrona di casa, la Prof.ssa
Maria Pia Pazielli, titolare della
Piccola Biblioteca di Sanremo,
Norma decise di aprire…
[continua a pag.2]
Editoriale Du Diretù
“Mi sono sistemato in un paese fiabesco. Non so più da che parte girarmi, tutto è superbo e vorrei fare tutto; così, uso e spreco tanti
colori, perché devo fare delle prove. Questo paese è tutto uno studio completamente nuovo per me e inizio soltanto ora a orientarmi e
a capire da che parte andare, ciò che è possibile realizzare. E’ terribilmente difficile, ci vorrebbe una tavolozza di diamanti e di pie-
tre preziose”. Claude Monet, 2 Febbraio 1884 Palme a Bordighera olio su tela Metropolitan Museum of Art, New York, NY
Pagina 2 Paize Autu
una piccola biblioteca nel Paese Alto, coadiuvata da altre signore disponibili. Nel Centro Storico non vi erano a quell’epoca molti locali a disposizione ma, grazie al Parroco Don Pio Mauro e all’allora Presiden-te della Casa di Riposo Cavalier Pallanca, le venne concesso l’uso di un piccolo sgabuzzino di non più di
lità, essendo a piano terra e nel cuore del paese. Il locale era dietro alla parrocchia e aveva accesso da Piazza Padre Giacomo Viale. Na-sce così l’avventura della Piccola Biblioteca del Paese Alto. Vengono posti degli scaffali e acqui-stati un vasto assortimento di libri: dalle fiabe per i più piccoli alla nar-rativa, dai romanzi gialli alla storia, per poi passare a libri di geografia, flora e fauna indicati per l’infanzia
terza media). Tutto era organizzato: ogni libro veniva schedato, numera-to e elencato per facilitare la consul-tazione in caso di inventario e di sostituzione per usura. Ad ogni li-bro, nell’ultima pagina, veniva incol-lata una busta nella quale si poneva la scheda personale del piccolo utente. Una scheda identica rimane-va in sede. Su questa veniva anno-tato il nome, il cognome e l’indirizzo del bambino ed ogni volta che que-sto veniva a prendere un libro, si annotava su entrambe le schede la data e il titolo dello stesso, nonché il
giorno di riconsegna. Questo siste-ma permetteva di sapere quanto e che cosa veniva letto, quali erano le preferenze dei piccoli lettori in modo da incrementare l’assortimento dei libri: una specie di statistica che permetteva una volta all’anno di premiare il più assiduo lettore con un diploma. A Natale, ad ogni bim-bo veniva dato un mini panettone.
La Piccola Biblioteca aveva un ora-rio settimanale: in inverno ogni mer-coledì pomeriggio dalle 15 alle 18, in estate ogni mercoledì mattina dalle 9 alle 12. Ogni settimana era sempre presente la signora Norma insieme ad almeno due altre perso-ne che l’aiutavano nella gestione della biblioteca. In poco tempo, gli iscritti raggiunsero le cento unità e, ad ogni appuntamento, una quindi-cina di bambini si alternava per prendere in prestito il libro che più gli piaceva. Era bello vedere i più piccoli che sfogliavano diversi libri prima di scegliere quello che prefe-rivano. Ci sono stati anche degli episodi particolari: alcuni bambini, pochi in realtà, per completare le loro ricerche sceglievano il libro più adatto e poi ne ritagliavano qualche foto. Questi fatti, però, furono vera-mente isolati e si verificarono solo all’inizio del servizio, perché la si-gnora Norma, con fare fermo ma garbato, nel suo italiano imperfetto sapeva ben spiegare le regole della biblioteca. In pochi anni i libri divennero circa
non sapendo più dove posizionare i libri, un giorno la signora Norma interpellò il figlio architetto che, in visita a Bordighera, fece un sopral-luogo e progettò una scrivania con due ripiani di diverse misure posti nella parte inferiore. Fatto costruire da un falegname locale, il mobile poteva contenere oltre cento libri. Per i signori Stoaneill, questa pro-lungata vacanza durò circa tre lustri. Il 29 settembre del 1979, i coniugi decisero di festeggiare proprio a Bordighera le loro nozze d’oro, fa-cendo arrivare a Bordighera tutti i loro famigliari e tanti amici italiani per la ricorrenza. Ma il tempo segna il passo e pian piano, venendo me-no l’entusiasmo iniziale nella metà degli anni Ottanta, la Piccola Biblio-teca finì il suo compito e i signori Stoaneill tornarono in America, la-sciando un ricordo indelebile della loro presenza bordigotta. Un breve aneddoto sulla signora Norma: Rientrando in America per far visita ai famigliari, Norma andò a visitare il Metropolitan Museum of Art di New York. In una sala dell’immenso museo scoprì uno dei quadri di Mo-net raffigurante Bordighera. Rac-contava spesso che, alla vista del capolavoro, si mise a gridare forte il nome di Bordighera a tutte le perso-ne presenti nella galleria che si vol-tarono incuriosite. Successivamente Norma fece una ricerca su Monet e scoprì che la villetta da lei affittata a Bordighera era stata visitata anche dall’artista, che proprio in quel luogo aveva dipinto uno dei quadri più famosi di Bordighera.
Irma Murialdo Ganduglia
(continua dalla prima pagina) Quando a Bordighera c’erano due biblioteche
1980. La signora Norma viene premiata per il suo operato dal Prof. Franco Bruno, allora
Presidente del Risveglio Bordigotto, in occasione della Festa della Mamma.
Paize Autu pagina 7
Vi riconoscete?
Speramu d’arangià U Biu
Ecco come appare il Beodo dopo l’alluvione che ha colpito la nostra zona nei giorni
menti hanno interrotto in più punti il nostro amato tratturo, ora praticamente impercorribi-
le. Abbiamo documentato con fotografie alcuni dei punti più critici fin dove siamo riusciti a spingerci senza mettere a re-pentaglio la nostra incolumità. Siamo a conoscenza dei dan-ni ben più gravi che l’alluvione
ha arrecato a paesi limitrofi, ma non possiamo non sentire un profondo dolore per il no-stro Biu. Speriamo che risolte le emergenze prioritarie, si in-tervenga anche qui.
La Redazione
Questa foto è stata scattata sul sagrato della Chiesa Ab-baziale di Santa Maria Mad-dalena presumibilmente alla fine degli anni Quaranta. A parte un piccolo Giacomo Lupetto Ganduglia, che si è intrufolato, la foto ritrae tutta la componente femminile dell’Azione Cattolica. Abbia-
mo riconosciuto: Livia Gramagna, Silvana Biancheri, Margherita Salice, Franca Blan-cardi, Carla Barale…
E Voi, vi riconoscete? Aspettiamo i Vostri nomi.
e lo lasciano morire affranto. Nel frat-
tempo Philomena incontra un giornali-
sta che decide di aiutarla nelle sue ricer-
che e scopre tutto: ritrova la famiglia
adottiva di Anthony, visita la casa che ha
lasciato in America, conosce i suoi col-
leghi, i suoi amici. Scopre, infine, che il
figlio è morto e ha scelto di farsi seppel-
lire in Irlanda. La sua tomba è nel giar-
dino nel convento, sotto polvere ed er-
bacce. Le suore sapevano, ma non le
hanno mai detto nulla. Negandole an-
che il conforto di portare un fiore sulla
tomba del figlio. Questa è la storia di
Philomena, una storia che un giornalista
coraggioso ha ricostruito. Una storia che
con Paize Auto non c’entra nulla, ma
che non poteva essere taciuta.
Titolo: Philomena
Autore Martin Sixsmith
Casa Editrice: Piemme
Prezzo: 18.50 €
Alice Spagnolo
Nel corso dell’impaginazione di
questo mensile, è venuto a manca-
re Paolo Ciarlo ad un mese di
distanza dal fratello Giacomo. Tut-
to il Risveglio Bordigotto si unisce
al cordoglio dei parenti e ricorda
un altro paizengo che ci ha lasciati.
Il Direttivo
Paize Autu Pagina 6
La Biblioteca di Alice Ci sono storie che non possono essere
taciute, una di queste è quella di Philo-
mena Lee. La sua storia, raccontata dal
giornalista Martin Sixsmith, è diventata
da poco un film. Philomena però, pri-
ma di essere un’ eroina letteraria e cine-
matografica, è una donna, una madre,
una madre a cui è stato sottratto l’amato
figlio. Siamo nella cattolicissima Irlanda
di metà Novecento. Philomena, giova-
ne, bellissima e ignara del mondo si
reca ad una festa di paese, una fiera con
spazi per il ballo e bancarelle di dolciu-
mi. A dirlo oggi, non sembra niente di
che, ma per una ragazza cresciuta dalle
suore in un paese povero come era l’Ir-
landa di quegli anni, una festa del gene-
re era un mondo nuovo, un mondo
dolce e felice che bisogna esplorare,
conoscere. E Philomena lo esplora,
questo mondo nuovo, e incontra l’amo-
re. Un ragazzo bellissimo che la prende
per mano. Dolce come lo zucchero fila-
to, caldo come la promessa delle cose
buone, l’amore accoglie Philomena tra
le sue braccia, rendendola, per un gior-
no, davvero felice. Non sa ancora, Phi-
lomena, che quello che ha fatto cambie-
rà per sempre la sua vita. Non sa che da
quel bene più grande e prezioso ricave-
rà un immenso dolore. Dopo qualche
mese, infatti, diventa evidente la sua
gravidanza: una gravidanza non attesa e
peccaminosa perché non vi è stato pri-
ma nessun matrimonio. Philomena non
può più vivere nella casa in cui è cre-
sciuta ed è amata. Deve lasciarla per un
freddo convento, una “casa” per ragazze
come lei, svergognate che hanno pecca-
to, infangando il nome della loro fami-
glia. Passano ancora dei mesi e arriva il
momento del parto. Non ci sono dotto-
ri, né medicine: la peccatrice deve espia-
re la sua colpa e non importa se il parto
è difficile e più doloroso del normale.
Non importa se la partoriente muore e
con lei il suo bambino. La superiora è
categorica: la ragazza ha peccato e le sue
sofferenze sono la prova che deve supe-
rare per redimersi. Dopo un parto che
sembrava impossibile e grazie all’aiuto
di Suor Annunciata (una delle poche
suore buone del convento), Philomena
dà alla luce Anthony, un bimbo sano,
forte e bello. Sarebbe bellissimo se le
suore avessero accolto madre e figlio
solo per difenderli dal male di una terra
che ha condannato entrambi. Sarebbe
un esempio di quell’amore che vince su
tutto di cui il catechismo ci ha sempre
parlato, un esempio terreno dell’amore
divino. Così non è. Philomena è una
delle tante giovani madri che verranno
private del loro bene più prezioso. A lei,
che trascorrerà tre anni chiusa in un
freddo convento, che farà da serva,
schiava, che compirà con fatica i lavori
più umili, a lei, quel bimbo bellissimo
verrà portato via. Venduto, come mi-
gliaia di altri a una famiglia benestante,
americana, che pagherà per comprarsi il
suo amore. Se già questo non bastasse a
fare di quelle suore delle persone orribi-
li, se già questo non fosse dimostrazione
di una fede malata e distorta, bisogna
sapere quello che è successo dopo. An-
thony è in America, con una nuova fa-
miglia, ma per tutta la vita si chiederà
perché, perché sua madre non l’ha volu-
to, e per tutta la vita penserà di essere
malvagio, talmente cattivo da non meri-
tare l’amore di una madre. Philomena
continuerà a pensare a quel figlio che le
è stato strappato, conservando con gelo-
sia l’unica foto che suor Annunciata era
riuscita a scattargli. Nel frattempo la
donna si sposa e ha una figlia, ma non
può dimenticare il bimbo che ha perdu-
to. Dopo 47 anni dalla partenza di An-
thony, Philomena inizia a piangere con
la foto del bimbo stretta in mano. “E’ il
suo compleanno”, dice, “Ha 50 anni”.
La figlia la sente, corre da lei e scopre il
suo segreto. Questa è una storia che
non può rimanere taciuta. Bisogna che
Philomena scopra cosa ne è stato di
quel bimbo che tanto amava, bisogna
che sappia dove vive, come sta e, soprat-
tutto, se si ricorda di lei. Vuole dirgli
che lo ha sempre amato. Torna dalle
suore, torna in quel convento dove per
tre anni ha sgobbato, è stata umiliata, ha
sofferto. Torna e chiede alle suore dove
si trova suo figlio: loro sanno, ma non
dicono nulla, anzi mentono. Dicono
che un incendio ha distrutto il loro ar-
chivio e non hanno più nulla per trovare
Anthony. Più volte Philomena si reche-
rà al convento, più volte riceverà la stes-
sa risposta. Non sa, Philomena, che an-
che Anthony la sta cercando, non sa che
è tornato in Irlanda per scoprire qualco-
sa di quella madre che non ha dimenti-
cato mai. Vuole sapere perché lo ha
abbandonato, perché non l’ha tenuto
con sé. E’ malato, Anthony, non ha più
molto da vivere, ma torna in Irlanda,
ancora una volta, e ancora una volta
sente dalle suore che sua madre non
l’ha mai voluto, lo ha lasciato, piccolo e
indifeso, nelle loro mani. Le suore san-
no che quell’uomo tormentato sta mo-
rendo, sanno che il suo unico desiderio
è ritrovare sua madre. Lo sanno, ma
tacciono [continua nella pag. seguente]
Paize Autu Pagina 3
MAXI CRUCIVERBA DU PAIZE
ORIZZONTALI:
1) Ingrediente dei biscottelli;
6) Il nome del pittore Ciaciò;
11) Odierno nome di Villa Moreno;
13) Onda forte;
14) Ce ne sono diversi a Bordighera;
15) Né sì né no;
16) Il fiore giallo di Bordighera;
18) Preposizione articolata;
20) Prima di Bartolomeo;
21) Iniziali di Ruffini;
22) 130 anni fa giunse a Bordighera;
25) Anti Meridian;
27) Casa in bordigotto;
28) Dio dei venti;
29) Uno dei colori dell’arcobaleno;
32) Associazione Nazionale Partigiani Italiani;
34) Niente in bordigotto;
35) Giunse a Bordighera con Monet;
36) Como sulle targhe;
37) Coda di risaie;
38) Parte della nave;
39) Minacciavano Bordighera;
42) Metà alveare;
43) Mezzo di locomozione nei carugi;
45) Nome di figura maschile nella mitologia latina;
46) Pallini nella lingua di Monet;
48) Iniziali du Diretù du Paize;
49) Il porto di Santo Stefano al Mare;
51) Il fiume più lungo d’Italia;
53) Felici;
54) Le truppe scelte di Hitler;
55) Avellino sulle targhe;
56) Evita del Lungomare Argentina;
58) Fiore di San Valentino;
60) Agenzia investigativa americana
61) Le iniziali del poeta profumiere Andracco;
62) Circonda U Cavu VERTICALI:
1) Polonia sulle targhe;
2) La nostra provincia;
3) Le dipinse Monet;
4) Plurale di ozio;
5) Articolo determinativo;
6) Lo zio d’America;
7) Dio greco dell’amore;
8) Corpo speciale dei Carabinieri;
9) Gruppo Servizi Associati;
10) Pronome personale;
11) Il cognome del nostro Sindaco;
12) Arezzo sulle targhe;
13) Ne era disseminato il vallone del Sasso dopo la guerra;
14) Tipo di frutto carnoso;
16) La Lescaut di Puccini;
17) Intensità di sentimenti;
19) Problemi;
20) La sua luce su Bordighera colpì Monet;
23) Storico giardino bordigotto dove dipinse Monet
24) Nome di un cannone;
25) Anglican Diocesis in New England;
26) Associazione di nobili imprenditori genovesi;
30) La Valle di Dolceacqua;
31) Lo scoglio di fronte a Pinin; 33) Sono 4 a Bordighera Alta
37) Prima di oggi; 38) 18012 è quello di Bordighera;
39) Questa in bordigotto; 40) Acqua in bordigotto;
41) Capra in bordigotto;
44) Pronome personale e consonante;
47) Sinonimo di re;
50) Radio Televisione Italiana; 51) Si usa per moltiplicare;
52) Oristano in macchina;
57) Le prime di opera;
59) Terapia Oculare.
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
11 12 13
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22 23 24 25 25 26
27 28 28 29 30 31
32 33 34 35
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39 40 41 41 42 43 44
44 45 46 47 48
49 50 51 52 53 54
55 56 57 58 59
60 61 62
Paize Autu Pagina 4
Nei mei ricordi de alura (1948)
Giugandu a Viscu Veru (a ladri e ca-rabinei) in Ciassa du Populu, duve gheira a toca pe liberasse, a mi me piaxeva fa a parte de i ladri. L’eira ina seira d’estai versu oettu e meza. Mentre gardavu d’aciatun pe vè i dui, che l’eira cheli che i fava a gardia, o meju a parte dei carabinei, eiru in se l’angulu da a Via dei Marinai, duve avu gh’è u risturante de i Marinai, ma alura gh’eira in usteria. Mentre gar-davu versu u campanin, perché a toca a l’eira in sa a facciata versu Sanremu, duve a l’aveva u negosio
Armida de Sciante (a drugheria e dolcette-ria). Tutu in trattu me vegu ina dona già ansiana d’età cun ina gona larga a plissè cume se usava alura. A se cia-mava Muraglia Nadi-na, a mujè di Arrigo Raffaele detu l’orbu. Dopu in attimu sentu in burdelu come de aiga che a carasse pe a canà. Però nun ciu-veva, ma l’aiga a me bagnava i pei: poiché alura i fioei i eira scaixi sempre scausi, hon sentiu che l’aiga a l’ei-ra cauda. Stralunau issu i oei versu sa do-na. Nadina a me garda e a me dixe: “O fiu, nun ti hai mai vistu ina dona piscià?” Mi che eiru abastansa ade-sciau, gh’è digu de na. Me son resu contu,
pensandughe ben, che a fusse sensa muande. Da su casu, candu son an-dau ciù tardi a ca’, gon racuntau l’o che l’eira sucessu a me maire. Ela, cun parole dite cun pudù, m’ha spie-gau che e vecie i fava l’o. L’è ina co-sa sucessa 65 anni fa, ma candu ghe pensu me sembra cume fusse ieri. Tutu sumau i eira bei tempi e a vita, anche ciù umile e ciù semplice, pè nu di ciù povera, a l’eira meiu de chela che vivemu avù. Semplice e menu eguista e cun menu fastidi.
Giocando a Viscu Veru (a ladri e ca-rabinieri) in Piazza del Popolo, dove c’era la “tana” per liberarsi, a me pia-ceva fare la parte dei ladri. Era una sera d’estate verso le otto e mezza. Mentre guardavo di nascosto per ve-dere i due che facevano la guardia o meglio, la parte dei carabienieri, ero sull’angolo di Via dei Marinai, dove adesso c’è il Ristorante dei Marinai, ma allora c’era un’osteria. Mentre guardavo verso il campanile, dove aveva il negozio Armida de Sciante - la drogheria e dolcetteria. Tutto ad un tratto vedo una donna già anziana con una gonna larga a plissè come si usava allora. Si chiamava Muraglia Nadina, la moglie di Arrigo Raffaele detto “l’orbu”. Dopo un atti-mo sento un rumore come di acqua che scende per la canala. Però non pioveva, ma l’acqua mi bagnava i piedi: poiché allora i bambini erano quasi sempre scalzi, ho sentito che l’acqua era calda. Stupito alzo gli oc-chi verso questa donna. Nadina mi guarda e mi dice: “ O bambino, non hai mai visto una donna pisciare?”. Io, che ero abbastanza sveglio, le dico di no. Mi son reso conto, pen-sandoci bene, che fosse senza le mutande. Quando più tardi sono an-dato a casa, ho raccontato a mia mamma cosa era successo. Lei, con parole pudiche, mi ha spiegato che le persone anziane lo facevano. E’ una cosa successa 65 anni fa, ma quan-do ci penso mi sembra come se fos-se ieri. Tutto sommato erano bei tem-pi e la vita, anche più umile e più semplice, per non dire più povera, era meglio di quella che viviamo ora. Semplice, meno egoista e con meno fastidi. Giacomo Ganduglia Lupo
Nel numero di Ottobre 2013 di Paize Autu,
vi avevamo parlato del Teatro della Tosse
che, come ogni estate, aveva portato nei
carruggi e nelle piazze del borgo, uno spet-
tacolo bellissimo. Da questo mese, anche al
Palazzo del Parco di Bordighera potrete
assistere a sei diverse rappresentazioni
della compagnia genovese. Di seguito il
programma proposto dal Comune di Bordi-
ghera insieme alla Fondazione Luzzati-
Teatro della Tosse:
Venerdì 7 febbraio 2014 - Sogno di una
notte di mezza estate - Teatro della Tosse.
Di Emanuele Conte e Elisa D'Andrea. Da
William Shakespeare. Regia Emanuele
Conte.
Sabato 1 marzo 2014 - Antigone - Teatro
della Tosse. Di Jean Anouilh. Traduzione
di Andrea Rodighiero. Regia Emanuele
Conte.
Sabato 8 marzo 2014 - Il mio amico Gior-
gio Gaber - A.T.I.D. Con Gian Piero Alloi-
sio e Gianni Martini alla chitarra. Musiche
Giorgio Gaber.
Sabato 29 marzo 2014 - Personaggi in
cerca d'attori - Compagnia dei Demoni.
Scritto e diretto dalla Compagnia dei De-
moni.
Venerdì 18 aprile 2014 - Adagio - Teatro
della Tosse. Di Emanuelle Delle Piane.
Traduzione Marco Cappelletti e Emanuelle
Delle Piane.
Sabato 26 aprile 2014 - Il collezionista di
paure - Sipario Strappato. Di Alessandro
Bergallo, Andrea Begnini e Lazzaro Calca-
gno. Regia Lazzaro Calcagno.
Tutti gli spettacoli iniziano alle ore 21.00.
Biglietti acquistabili presso Mary & Michi.
Tel: 0184/260793 La Redazione
La Tosse a Palazzo
Paize Autu Pagina 5
Storie da Carugio: Blancardi Felicita, detta Cicci
Chi non ricorda la Cicci? Perso-
naggio carismatico che abitava in
Via di Mezzo? Sorda come una
campana, sapeva però tutto di tut-
ti. Parlava a voce bassa, fa-
ceva le carte e leggeva i fon-
di del tè. La sua casa era
un’alcova, dove si trovavano
le cose più disparate. Infatti
molte persone, in cambio dei
suoi “oracoli”, le regalavano
oggetti che poi lei dava ad
altri, che magari le portavano
cose di cui aveva bisogno.
Negli anni Ottanta, è venuta
qualche pomeriggio a casa
nostra: impastava la pizza,
chiacchierava e, naturalmen-
te, ci faceva le carte. D’estate
andava in villeggiatura a Se-
borga, perché c’era più fre-
sco. Una volta, con mia sorel-
la e le mie cugine, siamo an-
date a trovarla. Ci aveva pre-
parato riso con fegatini di pol-
lo! L’abbiamo mangiato per
non offenderla, ma ce lo ri-
cordiamo tuttora. Sono poi
andata a vivere in Veneto, ma le
scrivevo e, ogni qualvolta tornavo,
non mancavo mai di andarla a tro-
vare. Le portavo tè, zucchero, bi-
scotti, pasta. E lei contraccambia-
va con tazzine strane, pentola con
manici a forma di cuore, eccetera.
Tutto ciò lo conservo ancora gelo-
samente! Quando poi è nato mio
figlio Mauro, andavo con lui ed
aveva sempre un giochino da do-
nargli avuto da chissà chi. Mi ave-
va anche fatto alcune previsioni,
che puntualmente si sono avvera-
te ed anche una piccola “magia”
che mi aveva tolto un peso dal
cuore. Saranno state coincidenze,
ma avevo fiducia in lei. Poi una
mattina presto, mio padre, andan-
do a caccia, l’aveva incontrata alla
Maddalena in camicia da notte.
Era un po’ svanita e, poco tempo
dopo, è stata ricoverata e portata
a Ceriale. Il suo desiderio è sem-
pre stato quello di essere seppelli-
ta qui, a Bordighera, tra la sua
gente… Purtroppo non è stato co-
sì, ma tutti noi la ricordiamo con
affetto e ce la immaginiamo men-
tre prende il tè con gli angeli.
Ciao Cicci Simona Biancheri
Come posso dimenticare la Cicci? La Cicci
era amica di mia nonna Costanza e quando
veniva a trovarci le piaceva raccontarci di
quando Lei , mia nonna e Francì erano an-
date in pellegrinaggio a Lourdes. Quante
risate si faceva e ci faceva fare raccontando
le avventure a Lourdes di quell’insolito trio
di amiche. Leggeva le carte, i fondi del te e
del caffè, sapeva levare il malocchio e fare
piccoli amuleti scaccia-guai. Era solita dirmi
che talvolta le persone del paese l’andava-
no a cercare a casa per il giro di carte o
qualche premonizione e non sempre lei li
accontentava, perché sosteneva che le car-
te le doveva interrogare solo quando lei si
sentiva pronta e non a comando. Mi ripete-
va sempre che chi faceva le carte per soldi
non era un vero indovino e non aveva il
dono della preveggenza. Quando la incon-
travi nei vicoli era sempre seria e tenebrosa,
ma con chi si fidava veramente era uno
spasso, e per mia fortuna con me lo è sem-
pre stata. Ricordo che ogni tanto qualche
furesto diceva a noi bambini di stare attenti
alla Cicci perché era una strega. “Ma che
strega e strega” rispondevo io “ è l’amica di
mia nonna!”. La Cicci non era una strega e
io le volevo bene. Era solo una persona
“diversa”: si vestiva in modo originale e fuori
dal comune. Quando ti voleva fare una
“premonizione” ti chiamava in disparte e con
tono sommesso, meccanico e cantilenante
iniziava a raccontarti cose su di te, con frasi
più o meno sibilline. I suoi occhi diventava-
no profondi e cupi come il mare in tempe-
sta. Non so se le sue visioni erano frutto di
una magia o di un dono speciale, forse la
sua sordità le aveva fatto sviluppare una
capacità innaturale di osservare, capire e
prevedere gli atteggiamenti delle persone.
Viveva in Via di Mezzo e quando tornava a
casa c’era sempre uno stuolo di gattini, in
genere rossi, che l’aspettavano sul portone.
Lei amava i gatti. Un giorno venne a trovar-
mi a casa e mi disse di prepararle del te,
voleva insegnarmi a leggere nei fondi delle
tazze, ma io non lo preparai nel modo se-
condo lei giusto e così si arrabbiò e mi dis-
se: “Te lo insegnerò un altro giorno quando
imparerai a fare meglio il tè!”. Non ci fu più
occasione perché di lì a poco la Cicci non
sarebbe più stata la persona che era… Io,
però, il tè ho imparato a farlo nel modo giu-
sto, come diceva lei. Dopo tanti anni mi
manca ancora molto. X.L.
Speriamo che con questi articoli, la Cicci
sia tornata tra noi, così come era suo
desiderio.