p6 intervista “sguardo e azione per vivere meglio” · quando pochi sapevano di cosa ......

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/ P6 INTERVISTA n. 2 | febbraio 2018 pagine ebraiche www.moked.it Guido Vitale Se ci colpisce, se attira il nostro sguardo, un’opera d’arte innesca un duplice movimento. Chi la osserva entra all’interno dell’ope- ra, mentre l’opera d’arte entra in noi che la guardiamo trasfor- mando le nostre sensazioni e ri- disegnando la nostra corporeità. Si può dire che siamo colpiti da una particolare opera perché evoca in noi stati d’animo, pen- sieri che ci sono consoni. Ma in che modo questo avviene? Cosa cambia nel corpo e nella perce- zione quando si entra in un qua- dro o ci si sente in relazione con una scultura? Unica allieva italiana del geniale scienziato e originale studioso israeliano del rapporto fra corpo e mente, Moshe Feldenkrais, Mara Della Pergola ha potuto frequentare ad Amherst all’inizio degli anni ’80 l’ultimo dei tre cor- si che Feldenkrais tenne nel corso della sua esistenza. La sua esperienza la rende non solo uno dei più au- torevoli docenti dell’inse- gnamento di Feldenkrais, ma anche una profonda conoscitrice della relazione che intercorre fra espres- sione artistica e consapevo- lezza psicofisica del movimento. Nel suo libro Lo sguardo in mo- vimento – Arte, trasformazione e metodo Feldenkrais (Astrolabio editore) appena pubblicato, il let- tore vede dischiudersi contem- poraneamente i segreti della con- sapevolezza corporea rivelati da Feldenkrais e le chiavi di lettura su cosa significa davvero il rap- porto con l’arte. Cominciamo da Feldenkrais. Scienziato di valore, esperto e pioniere delle arti marziali, pro- tagonista della nascita di Israele. Infine mito planetario per la sua capacità di connettere apprendi- mento, attività del sistema ner- voso e consapevolezza corporea. Le tracce della sua identità ebrai- ca devono essere considerate so- lo marginali? All’origine del metodo Felden- krais, oggi all’attenzione di nu- merose scuole in tutto il mondo, oggetto di innumerevoli studi e pubblicazioni, vi sono ovviamen- te delle intuizioni universali sul funzionamento del sistema ner- voso che solo una mente geniale poteva concepire. Ma è impor- tante essere consapevoli che la “Sguardo e azione per vivere meglio” Mara Della Pergola mette l’arte in moto, e racconta il genio del pensatore israeliano Moshe Feldenkrais L’incontro fra Moshe Felden- krais e Mara Della Pergola av- venne a Tel Aviv. All’inizio del libro Lo sguardo in movi- mento l’autrice racconta in poche pagine memorabili come andarono le cose: “Sebbene fosse uno scienziato molto sti- mato, Moshe Feldenkrais era noto in Europa principalmente per aver collaborato con il regi- sta Peter Brook e per aver dato lezioni a grandi personalità, come il violinista Yehudi Men- huin, il compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein e il Primo ministro israeliano David Ben Gurion, uno dei padri fondatori dello Stato di Israele. Quest’ultimo praticava regolarmente yoga, ma alcuni asana, come la posizione sulla testa, gli erano stati sconsi- gliati in considerazione dell’età avanzata e della pressione alta: le lezioni di Moshe gli consen- tirono invece di riuscirvi e una bella serie di scatti del fotografo Paul Goldman ritrae il Primo Ministro, fiero settantenne, in costume da bagno e a testa in giù sulla spiaggia di Tel Aviv, nel 1957. A questo riguardo resta famosa la sua frase: “Devo mettermi sulla testa per permettere a Israele di stare in piedi”! Il mio primo incontro con Fel- denkrais fu molto interessante. Arrivai senza appuntamento al suo istituto di Tel Aviv, nel se- minterrato di una tipica casa israeliana degli anni ’60, e quando entrai vidi un uomo anziano che parlava animata- mente con alcuni giovani. Mi fece cenno di aspettare e solo allora mi resi conto che ero to- talmente impreparata a un in- contro così immediato e L’emozione del primo incontro radice del pensiero di Feldenkrais è profondamente ebraica. La sua formazione scienti- fica di ingegnere e fi- sico gli consentiva di creare collegamenti tra diverse discipline della cultura e la pra- tica e i principi delle arti marziali. Questa capacità di andare molto a fondo di ogni settore del sape- re, ma anche di saper ricollegare in maniera trasversale le proprie conoscenze in campi disparati per comporre infine un quadro complessivo nuovo, una visione sorprendente è proprio uno dei pilastri della cultura ebraica, se- condo la quale le conoscenze non costituiscono mai un accu- mulo isolato dal contesto gene- rale. Feldenkrais, coerentemente con la tradizione del pensiero ebraico, era molto orientato a sollevare degli interrogativi, non a imporre delle risposte. Chi era davvero Moshe Felden- krais? Uno scienziato? Un guari- tore? Uno stregone? Un appas- sionato di culture esotiche? Per- ché, già all’inizio del Novecento quando pochi sapevano di cosa si trattasse, si occupò di arti mar- ziali? Il percorso della sua vita, così complesso e contrastato, rappre- senta bene quello che è stato l’iti- nerario di molti ebrei nel Nove- cento. Lasciata la famiglia e la Russia appena adolescente, giun- to nella Palestina del mandato britannico nel 1918, subito mem- bro dell’Haganah, Feldenkrais si avvicinò allo ju jitsu concepen- dolo come tecnica d’autodifesa. È necessario comprendere come nella Tel Aviv di allora non era certo questione di aderire a delle mode culturali come quelle che contrassegnano oggi la vita delle grandi città occidentali. Ma ov- viamente, al di là dell’affascinante possibilità di studiare i meccani- smi del corpo e del movimento, Feldenkrais era ben consapevole di come queste tecniche, appa- rentemente poco efficaci in si- tuazioni dove possono contare molto le armi da fuoco, non ser- vissero solo a battere l’avversario in un confronto, ma fossero an- che utili per conquistare il mi- gliore coordinamento e il miglio- re controllo del corpo e dello spirito. Torniamo a Lo sguardo in movi- mento. Il punto di partenza è sempre il patrimonio di consape- volezza corporea che Feldenkrais ha insegnato a esplorare, allo scopo di migliorare l'immagine di se stessi e di imparare ad agire in modo più funzionale. Ma in que- sto caso il punto d’arrivo è il rap- porto con l’opera d’arte. Era una conquista di maturità necessaria proprio ai giorni nostri, quando il consumo di massa di arte ap- parentemente raggiunge livelli parossistici, ma l’effetto di questa esposizione alla creazione artisti- ca resta ancora difficile da deter- minare? Mi sono chiesta perché amo tan- to alcune opere d'arte, come mai mi toccano profondamente, che Mara Della Pergola LO SGUARDO IN MOVIMENTO Astrolabio Mara Della Pergola ha in- trodotto il metodo di Moshe Feldenkrais in Ita- lia con seminari, corsi e lezioni individuali e negli anni ’80 ha fondato l’Isti- tuto di formazione Fel- denkrais di Milano, dove centinaia di persone hanno studiato e speri- mentato i metodi del grande terapeuta israeliano. Ha condotto corsi in Conservatori di musica, scuole di teatro, ospedali, università e scuole di psicomo- tricità. Dal 1988 organizza e dirige corsi di formazione al metodo e seminari di aggiornamento in Italia. Insegna anche in Europa, Nord e Sud America. Appassionata d’arte e autrice di numerosi ar- ticoli, vive e lavora a Milano. È stata socia fondatrice e presidente dell’Associazione italiana insegnanti metodo Feldenkrais.

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/ P6 INTERVISTA n. 2 | febbraio 2018 pagine ebraiche

www.moked.it

Guido Vitale

Se ci colpisce, se attira il nostrosguardo, un’opera d’arte innescaun duplice movimento. Chi laosserva entra all’interno dell’ope-ra, mentre l’opera d’arte entra innoi che la guardiamo trasfor-mando le nostre sensazioni e ri-disegnando la nostra corporeità.Si può dire che siamo colpiti dauna particolare opera perchéevoca in noi stati d’animo, pen-sieri che ci sono consoni. Ma inche modo questo avviene? Cosacambia nel corpo e nella perce-zione quando si entra in un qua-dro o ci si sente in relazione conuna scultura?Unica allieva italiana del genialescienziato e originale studiosoisraeliano del rapporto fra corpoe mente, Moshe Feldenkrais,Mara Della Pergola ha potutofrequentare ad Amherst all’iniziodegli anni ’80 l’ultimo dei tre cor-si che Feldenkrais tenne nelcorso della sua esistenza.La sua esperienza la rendenon solo uno dei più au-torevoli docenti dell’inse-gnamento di Feldenkrais,ma anche una profondaconoscitrice della relazioneche intercorre fra espres-sione artistica e consapevo-lezza psicofisica del movimento. Nel suo libro Lo sguardo in mo-vimento – Arte, trasformazione emetodo Feldenkrais (Astrolabioeditore) appena pubblicato, il let-tore vede dischiudersi contem-poraneamente i segreti della con-sapevolezza corporea rivelati daFeldenkrais e le chiavi di letturasu cosa significa davvero il rap-porto con l’arte.

Cominciamo da Feldenkrais.

Scienziato di valore, esperto e

pioniere delle arti marziali, pro-

tagonista della nascita di Israele.

Infine mito planetario per la sua

capacità di connettere apprendi-

mento, attività del sistema ner-

voso e consapevolezza corporea.

Le tracce della sua identità ebrai-

ca devono essere considerate so-

lo marginali?

All’origine del metodo Felden-krais, oggi all’attenzione di nu-merose scuole in tutto il mondo,oggetto di innumerevoli studi epubblicazioni, vi sono ovviamen-te delle intuizioni universali sulfunzionamento del sistema ner-voso che solo una mente genialepoteva concepire. Ma è impor-tante essere consapevoli che la

“Sguardo e azione per vivere meglio”Mara Della Pergola mette l’arte in moto, e racconta il genio del pensatore israeliano Moshe Feldenkrais

L’incontro fra Moshe Felden-krais e Mara Della Pergola av-venne a Tel Aviv. All’inizio dellibro Lo sguardo in movi-mento l’autrice racconta inpoche pagine memorabili comeandarono le cose: “Sebbenefosse uno scienziato molto sti-mato, Moshe Feldenkrais eranoto in Europa principalmenteper aver collaborato con il regi-sta Peter Brook e per aver datolezioni a grandi personalità,come il violinista Yehudi Men-huin, il compositore e direttored’orchestra Leonard Bernsteine il Primo ministro israelianoDavid Ben Gurion, uno deipadri fondatori dello Stato diIsraele. Quest’ultimo praticavaregolarmente yoga, ma alcuni

asana, come la posizione sullatesta, gli erano stati sconsi-gliati in considerazione dell’etàavanzata e della pressione alta:

le lezioni di Moshe gli consen-tirono invece di riuscirvi e unabella serie di scatti del fotografoPaul Goldman ritrae il Primo

Ministro, fiero settantenne, incostume da bagno e a testa ingiù sulla spiaggia di Tel Aviv,nel 1957. A questo riguardoresta famosa la sua frase:“Devo mettermi sulla testa perpermettere a Israele di stare inpiedi”!Il mio primo incontro con Fel-denkrais fu molto interessante.Arrivai senza appuntamento alsuo istituto di Tel Aviv, nel se-minterrato di una tipica casaisraeliana degli anni ’60, equando entrai vidi un uomoanziano che parlava animata-mente con alcuni giovani. Mifece cenno di aspettare e soloallora mi resi conto che ero to-talmente impreparata a un in-contro così immediato e

L’emozione del primo incontro

radice del pensiero di Feldenkraisè profondamente ebraica. La sua

formazione scienti-fica di ingegnere e fi-

sico gli consentiva dicreare collegamenti tra diversediscipline della cultura e la pra-tica e i principi delle arti marziali.Questa capacità di andare moltoa fondo di ogni settore del sape-re, ma anche di saper ricollegare

in maniera trasversale le proprieconoscenze in campi disparatiper comporre infine un quadrocomplessivo nuovo, una visionesorprendente è proprio uno deipilastri della cultura ebraica, se-condo la quale le conoscenzenon costituiscono mai un accu-mulo isolato dal contesto gene-rale. Feldenkrais, coerentementecon la tradizione del pensieroebraico, era molto orientato asollevare degli interrogativi, nona imporre delle risposte.

Chi era davvero Moshe Felden-

krais? Uno scienziato? Un guari-

tore? Uno stregone? Un appas-

sionato di culture esotiche? Per-

ché, già all’inizio del Novecento

quando pochi sapevano di cosa

si trattasse, si occupò di arti mar-

ziali?

Il percorso della sua vita, cosìcomplesso e contrastato, rappre-senta bene quello che è stato l’iti-nerario di molti ebrei nel Nove-cento. Lasciata la famiglia e laRussia appena adolescente, giun-to nella Palestina del mandatobritannico nel 1918, subito mem-bro dell’Haganah, Feldenkrais siavvicinò allo ju jitsu concepen-dolo come tecnica d’autodifesa.

È necessario comprendere comenella Tel Aviv di allora non eracerto questione di aderire a dellemode culturali come quelle checontrassegnano oggi la vita dellegrandi città occidentali. Ma ov-viamente, al di là dell’affascinantepossibilità di studiare i meccani-smi del corpo e del movimento,Feldenkrais era ben consapevoledi come queste tecniche, appa-rentemente poco efficaci in si-tuazioni dove possono contaremolto le armi da fuoco, non ser-vissero solo a battere l’avversarioin un confronto, ma fossero an-che utili per conquistare il mi-gliore coordinamento e il miglio-re controllo del corpo e dellospirito.

Torniamo a Lo sguardo in movi-

mento. Il punto di partenza è

sempre il patrimonio di consape-

volezza corporea che Feldenkrais

ha insegnato a esplorare, allo

scopo di migliorare l'immagine di

se stessi e di imparare ad agire in

modo più funzionale. Ma in que-

sto caso il punto d’arrivo è il rap-

porto con l’opera d’arte. Era una

conquista di maturità necessaria

proprio ai giorni nostri, quando

il consumo di massa di arte ap-

parentemente raggiunge livelli

parossistici, ma l’effetto di questa

esposizione alla creazione artisti-

ca resta ancora difficile da deter-

minare?

Mi sono chiesta perché amo tan-to alcune opere d'arte, come maimi toccano profondamente, che

Mara Della Pergola LO SGUARDOIN MOVIMENTO Astrolabio

Mara Della Pergola ha in-trodotto il metodo diMoshe Feldenkrais in Ita-lia con seminari, corsi elezioni individuali e neglianni ’80 ha fondato l’Isti-tuto di formazione Fel-denkrais di Milano, dovecentinaia di personehanno studiato e speri-mentato i metodi delgrande terapeuta israeliano. Ha condotto corsi in Conservatori dimusica, scuole di teatro, ospedali, università e scuole di psicomo-tricità. Dal 1988 organizza e dirige corsi di formazione al metodoe seminari di aggiornamento in Italia. Insegna anche in Europa,Nord e Sud America. Appassionata d’arte e autrice di numerosi ar-ticoli, vive e lavora a Milano. È stata socia fondatrice e presidentedell’Associazione italiana insegnanti metodo Feldenkrais.

/ P7pagine ebraiche n. 2 | febbraio 2018 INTERVISTA

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informale. Non sapendo comeiniziare, mi presentai e gli rac-contai del mio corso e di teatroe mimo e dei testi di autorifrancesi che avevo letto. La suaprima risposta fu che le personeche andavo citando parlavanodel suo lavoro a sproposito,perché non avevano mai lavo-rato con lui. Alla mia imbaraz-zata richiesta di unabibliografia, replicò che luistesso aveva scritto molti testi.Si alzò, aprì l’anta di una libre-ria, per mostrarmi i suoi libriscritti in ebraico, tradotti in te-desco, lingue che non cono-scevo, e, in uno stile moltodiretto e un po’ severo, mi in-vitò a leggerli. Poco dopo midisse che aveva un appunta-mento, ma se volevo potevoaspettarlo lì. Vidi dunque l’ini-zio di una sua lezione con una

bimbetta recalcitrante, e fuimolto colpita da come Felden-krais le si avvicinò e iniziò aparlarle. La bimba, che avràavuto sette o otto anni, eratutta chiusa in se stessa. Resi-steva, teneva la testa bassa enon voleva proprio avere a che

fare con lui. Feldenkrais le par-lava con considerazione, comesi fa tra adulti, e iniziò a toc-carla gentilmente. Sfiorava conun dito alcune parole stampatesulla maglietta della bambina egliele leggeva, facendole delledomande con grande natura-

lezza. A un certo momento,sorprendentemente, la bambinainiziò a rispondergli con un po’di titubanza, poi sollevò la testae lo guardò. Lui continuò alle-gramente a sfiorare le letterestampate sulla maglietta e fecealtre osservazioni, la bambinagli disse qualcosa e a quelpunto capii che i giochi eranofatti. Feldenkrais era arrivato lìdove era lei, aveva scelto le pa-role giuste per raggiungerla eper aprire uno spiraglio versola comunicazione. Lei lo seguìnel suo studio. Se non avessiassistito a questo delicato e in-telligente approccio, probabil-mente mi sarebbe rimastal’impressione di un signorepoco affabile e un po’ burbero enon so se sarei tornata a tro-varlo, come invece feci pochigiorni dopo”.

!– DONNE DA VICINO

VivianVivian B. Mann è direttoreemerito del Master di arteebraica e di arte figurativa alJewish Theological Seminary diNew York e curatore emeritodella sezione di Judaica del Je-wish Museum di New York.Appena raggiunta l’età dellapensione non ha frapposto in-dugio: ha stilato l’elenco deipiù interessanti luoghi ebraiciche aveva frettolosamente visi-tato e stabilito un dettagliatoprogramma di viaggio contappe di approfondimento estudio. Candidamente confessadi parlare correttamente solodue lingue, l’inglese e l’ebraico,ritenendole più che sufficientiper la sua vita e per il suo la-voro. E come darle torto? Al college si è specializzata inmatematica con eccellenti ri-sultati ma senza passione, conuna buona dose di coraggio hadeciso di abbandonare gli studiscientifici e buttarsi, senza maipentirsi, nello studio della sto-

ria dell’arte, suo grande amorefin da ragazzina. Mentre met-teva al mondo tre figli ha con-seguito il Ph.D. in Storiadell’arte medievale. Con uncurriculum accademico di tuttorispetto e una volontà di ferro,ha ottenuto la direzione dellasezione più prestigiosa delmuseo ebraico newyorkese, of-frendo al grande pubblico mo-stre temporanee di grandefascino, spaziando dagli ebreidi Corte, all’arte ebraica boema,agli argenti italiani. Ha percorso in lungo e in largoIsraele sostando ovunque: “Perrealizzare una mostra occorreinnanzitutto immergersi nelcontesto, respirarne l’aria, la-sciare decantare la mole di in-formazioni assunte e elaborareil progetto a freddo, quando leemozioni si sono cristallizzate eresta la pura bellezza del-l’arte.” Brillante, curiosa, mai banale,ha trascorso una settimana inPiemonte: un’esperienza spe-ciale e irrinunciabile per lei maanche per chi l’ha accompa-gnata alla scoperta di piccole egrandi gemme di cultura e diarte delle nostre comunità.Quando è tornata a casa, aisuoi dodici nipoti, ha certo rac-contato, come ha fatto con noi,i segreti degli arredi cerimo-niali ebraici romani e delle ke-tubot piemontesi.

Claudia De BenedettiProbiviro dell’Unionedelle ComunitàEbraiche Italiane

cosa mi succede nell'attimo incui le guardo. Ho tentato di pro-porre un percorso corporeo diespressione artistica in cui l’espe-rienza somatica assume un ruolodi guida. Il libro offre al lettorela visita a una galleria d’arte im-maginaria e straordinaria. DaRaffaello a Giacometti, da Picas-so a Calder, non è più in discus-sione il concetto di indiscussabellezza, ma fa da guida l’analisidell’attrazione istintiva. È unamaniera di portare la corporeitànella dimensione dei musei, nel-l’atmosfera rarefatta in cui nor-malmente le persone si accosta-no alla grande espressione arti-stica. E infine di scoprire che,come ha insegnato Feldenkrais,corpo e mente non sono sepa-

rabili. I principi astratti prendonocosì corpo e cresce la consape-volezza.

Che cos’era per Feldenkrais il mo-

vimento?

Il movimento è la via più facileper iniziare a sentire se stessi,per l'ascolto di sé senza giudizi,per provare piacere nel sentirsiintegri. Fino alle intuizioni diFeldenkrais il movimento eraconsiderato nella dimensionedella ginnastica, o della riabili-tazione o della espressione crea-tiva, come la danza. Mancava lacomprensione del dato di con-sapevolezza della propria cor-poreità, di scoperta di sé. Oggipossiamo dire che molte sue in-tuizioni sul funzionamento del

sistema nervoso e sull’importan-za dell’ascolto di sé sono poi sta-te puntualmente confermate dal-le neuroscienze. Ma soprattuttopossiamo comprendere perchéper Feldenkrais era importanteportare le persone ad agire nelmodo più economico ed effi-ciente. Il movimento è il mezzoscelto per far riconoscere le pro-prie abitudini, far sperimentarenuove possibilità, apprendere, esoprattutto per rendere la mentepiù flessibile.

Basta un libro per entrare nella

consapevolezza del movimento

generato dall’arte?

Il libro propone al lettore l’os-servazione di diverse opere d’ar-te e in parallelo alcune brevi pra-

tiche di autoesplorazione, o mi-nisequenze di movimento. At-traverso movimenti inusuali, ese-guiti senza fretta e senza la pre-tesa di dover raggiungere risul-tati predeterminati, diviene pos-sibile affinare le capacità percet-tive, ottenere una comprensionepiù ricca, precisa e consapevoledelle opere d’arte e ricollegareil loro significato alle nostreesperienze fondamentali: l'essereradicati, centrati, tridimensionali,sapersi orientare, realizzareun'intenzione, immaginare, in-contrare l'altro. L’opera d’artediviene così veicolo di indivi-duazione e trasformazione, gui-da alla scoperta di spazi interiorie apre a nuove modalità di per-cezione e di azione.