osservatore romano 2 - 071115

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L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 sabato 7 novembre 2015 Messa a Santa Marta Servire, non servirsi Al Movimento per la vita il Papa ricorda che tutti hanno il diritto di nascere Una speranza per chi è escluso e scartato Messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso agli indù per la festa del Deepavali Ecologia umana Ospedale da campo Grazie all’attività di oltre quin- dicimila volontari, negli ultimi dieci anni sono state aiutate al- meno 170.000 gestanti e oltre 250.000 donne in difficoltà. Come frutto di tale impegno, in questo periodo sono nati 120.000 bambini che altrimenti non avrebbero mai visto la lu- ce. Cifre che riflettono un’idea: essere un ospedale da campo contro la cultura dello scarto. Così nel suo saluto a Papa Francesco il presidente Gian Luigi Gigli ha sintetizzato l’im- pegno del Movimento per la vita italiano: quarant’anni di at- tività volta a fronteggiare non solo il dramma dell’aborto, ma anche tutte quelle situazioni della vita in cui la speranza e la dignità delle persone vengono messe in discussione e oltrag- giate: il rifiuto dei disabili e dei malati terminali, sopraffazioni, violenze e schiavitù, disinteres- se e umiliazione degli anziani, e, non ultimo, il dramma dei profughi e dei rifugiati. Nomine episcopali Marinus van Reymerswaele «Parabola dell’amministratore disonesto» (1540) Ci sono «sacerdoti e vescovi arrampi- catori e attaccati ai soldi» che «invece di servire si servono della Chiesa», rendendola «affarista» e «tiepida» con il loro vivere comodamente il pro- prio status senza onestà. Da questa «tentazione di una doppia vita» il Pa- pa ha messo in guardia nella messa di venerdì mattina, 6 novembre, nella cappella della Casa Santa Marta. Una celebrazione mattutina, ha confidato, a cui spesso partecipano missionari e suore che donano tutta la vita al servi- zio degli altri, rifacendosi al modello di san Paolo e andando «sempre ol- tre, sempre in uscita». «La liturgia di oggi — ha affermato subito Francesco — ci fa riflettere su Con questo atteggiamento, ha pro- seguito il Pontefice, san Paolo «è an- dato ovunque: lui si vantava di servi- re, di essere eletto, di avere la forza dello Spirito Santo, di andare in tutto il mondo». Ma «c’era qualcosa che per lui era una gioia grande». Ne par- la così: «Ma mi sono fatto un punto di onore — un punto di onore: qual era? — di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fonda- mento altrui». Insomma, «Paolo an- dava dove non era conosciuto il nome di Cristo; era il servo che serviva, am- ministrava, gettando le basi, cioè an- nunciando Gesù Cristo sempre oltre, proprio «questo è quello che ha fatto Paolo: servire». Riprendendo poi il passo evangeli- co di Luca (16, 1-8) che parla dell’am- ministratore disonesto, proposto dalla liturgia, il Papa ha fatto notare che «il Signore ci fa vedere l’immagine di un altro servo che, invece di servire gli al- tri, si serve degli altri». Nel Vangelo «abbiamo letto cosa ha fatto questo servo, con quanta scaltrezza si è mos- so per rimanere al suo posto, da un’altra parte, ma sempre con una certa dignità». E «anche nella Chiesa — ha detto il Papa — ci sono questi che, invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono del- la Chiesa: gli arrampicatori, gli attac- dopo, qui a Roma, tradito da alcuni dei suoi. E finì come un condannato, proprio». Ma «da dove veniva quella gran- dezza, quella audacia di Paolo?». Egli stesso dichiara: «e io mi vanto di que- sto». E «di che si vantava? Si vantava di Gesù Cristo». Si legge infatti nel passo liturgico della sua lettera ai Ro- mani: «Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguar- dano Dio. Non oserei infatti dire nul- la se non di quello che Cristo ha ope- rato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito». sempre in uscita, sempre più lontano; mai si fermava per avere il vantaggio di un posto, di una autorità, di essere servito». Paolo «era ministro, servo per servire, non per servirsi». Francesco ha confidato la gioia che prova fino a commuoversi quando, proprio alla messa celebrata al matti- no nella cappella della Casa Santa Marta, «vengono alcuni preti e mi sa- lutano» dicendo: «Padre, sono venuto qui a trovare i miei, perché da qua- rant’anni sono missionario in Amaz- zonia». Gioia e commozione suscita anche la testimonianza di una suora che lavora «da trent’anni in ospedale in Africa» oppure «che da trenta o quarant’anni è nel reparto dell’ospe- dale con i disabili, sempre sorriden- te». Ecco, ha affermato Francesco, «questo si chiama servire, questa è la gioia della Chiesa: andare oltre, sem- pre; andare oltre e dare la vita». E immagini di suore. Due immagini». In san Paolo, ha spiegato il Papa, «Gesù ci fa vedere» il «modello» di una «Chiesa che non sta mai ferma, che sempre fa fondamento, che sem- pre va avanti e ci fa vedere che quella è la strada». Invece «quando la Chie- sa è tiepida, chiusa in se stessa, anche affarista tante volte, non si può dire, che sia una Chiesa che ministra, che sia al servizio, bensì che si serve degli altri». Francesco ha concluso chiedendo al Signore «la grazia che ha dato a Pao- lo, quel punto d’onore di andare sem- pre avanti, sempre, rinunciando alle proprie comodità tante volte». Così «ci salvi dalle tentazioni, da queste tentazioni che in fondo sono tentazio- ni di una doppia vita: mi faccio vede- re come ministro, come quello che serve, ma in fondo mi servo degli al- tri». due figure, due figure di ser- vi, di impiegati, due persone che sono chiamate a fare un compito». Nel passo della lettera ai romani (15, 14-21), emerge «la figura di Paolo: proprio lo zelo per evange- lizzare». Scrive infatti l’apo- stolo: «Voi sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio — qual era la grazia che lui ha ricevuto? — per essere ministro di Cristo Gesù, adempiendo il sacro ministero». Cioè «ministra- re, servire». E «Paolo ha preso sul serio questa voca- zione e si è donato tutto al servizio, sempre oltre, non stava mai fermo: sempre ol- tre, oltre, oltre... per finire, cati ai soldi. E quanti sacer- doti, vescovi abbiamo visto così. È triste dirlo, no?». «La radicalità del Vange- lo, della chiamata di Gesù Cristo» — ha ricordato il Pontefice — sta nel «servire: essere al servizio, non fer- marsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi». Dall’altra parte, invece, c’è «la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeg- giavano nelle piazze, facen- dosi vedere dagli altri». E queste sono «due immagini: due immagini di cristiani, due immagini di preti, due Occorre essere vicini alle «fragilità del prossimo» e lavorare «affinché nella società non siano esclusi e scartati quanti vivono in condizioni di precarietà». Lo ha detto Papa Francesco agli appartenenti al Movimento per la vita italiano, ricevuti in udienza nella mattina di venerdì 6 novembre, nella Sala Regia. Cari fratelli e sorelle del Movimento per la Vita! Siete venuti a Roma da ogni parte dell’Italia per partecipare al vostro convegno nazionale e rinnovare ancora una volta l’impegno di di- fendere e promuovere la vita uma- na. Vi saluto tutti cordialmente, ad iniziare dal vostro Presidente, che ringrazio per le parole con le quali ha introdotto questo incon- tro. Vi incoraggio a proseguire la vostra importante opera in favore della vita dal concepimento al suo naturale tramonto, tenendo conto anche delle sofferte condizioni che tanti fratelli e sorelle devono af- frontare e a volte subire. Nelle dinamiche esistenziali tut- to è in relazione, e occorre nutrire sensibilità personale e sociale sia verso l’accoglienza di una nuova vita sia verso quelle situazioni di povertà e di sfruttamento che col- piscono le persone più deboli e svantaggiate. Se da una parte «non appare praticabile un cam- mino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circonda- no [...] quando non si dà prote- zione a un embrione umano» (Lett. enc. Laudato si’, 120), dall’altra parte «la vita umana stessa è un dono che deve essere protetto da diverse forme di de- grado» (ibid., 5). Infatti, dobbia- mo constatare con dolore che so- no tante le persone provate da condizioni di vita disagiate, che ri- chiedono la nostra attenzione e il nostro impegno solidale. Il vostro non è solo un servizio sociale, pur doveroso e nobile. Per i discepoli di Cristo, aiutare la vi- ta umana ferita significa andare incontro alle persone che sono nel bisogno, mettersi al loro fianco, farsi carico della loro fragilità e del loro dolore, perché possano ri- sollevarsi. Quante famiglie sono vulnerabili a motivo della povertà, della malattia, della mancanza di lavoro e di una casa! Quanti an- ziani patiscono il peso della soffe- renza e della solitudine! Quanti giovani sono smarriti, minacciati dalle dipendenze e da altre schia- vitù, e attendono di ritrovare fidu- cia nella vita! Queste persone, fe- rite nel corpo e nello spirito, sono icone di quell’uomo del Vangelo che, percorrendo la strada da Ge- rusalemme a Gerico, incappò nei briganti che lo derubarono e lo percossero. Egli sperimentò prima l’indifferenza di alcuni e poi la prossimità del buon samaritano (cfr. Lc 10, 30-37). Su quella strada, che attraversa il deserto della vita, anche nel no- stro tempo ci sono ancora tanti fe- riti, a causa dei briganti di oggi, che li spogliano non solo degli averi, ma anche della loro dignità. E di fronte al dolore e alle neces- sità di questi nostri fratelli indife- si, alcuni si voltano dall’altra parte o vanno oltre, mentre altri si fer- mano e rispondono con dedizione generosa al loro grido di aiuto. Voi, aderenti al Movimento per la Vita, in quarant’anni di attività avete cercato di imitare il buon sa- maritano. Dinanzi a varie forme di minacce alla vita umana, vi sie- te accostati alle fragilità del pros- simo, vi siete dati da fare affinché nella società non siano esclusi e scartati quanti vivono in condizio- ni di precarietà. Mediante l’opera capillare dei “Centri di Aiuto alla Vita”, diffusi in tutta Italia, siete stati occasione di speranza e di ri- nascita per tante persone. Vi ringrazio per il bene che ave- te fatto e che fate con tanto amo- re, e vi incoraggio a proseguire con fiducia su questa strada, con- tinuando ad essere buoni samari- tani! Non stancatevi di operare per la tutela delle persone più in- difese, che hanno diritto di nasce- re alla vita, come anche di quante chiedono un’esistenza più sana e dignitosa. In particolare, c’è biso- gno di lavorare, a diversi livelli e con perseveranza, nella promozio- ne e nella difesa della famiglia, prima risorsa della società, soprat- tutto in riferimento al dono dei fi- gli e all’affermazione della dignità della donna. A questo proposito, mi piace sottolineare che nella vo- stra attività, voi avete sempre ac- colto tutti a prescindere dalla reli- gione e dalla nazionalità. Il nume- ro rilevante di donne, specialmen- te immigrate, che si rivolgono ai vostri centri dimostra che quando viene offerto un sostegno concre- to, la donna, nonostante problemi e condizionamenti, è in grado di far trionfare dentro di sé il senso dell’amore, della vita e della ma- ternità. Cari fratelli e sorelle, sono certo che la vostra attività, ma prima ancora la vostra spiritualità, rice- veranno uno speciale beneficio dall’imminente Anno Santo della Misericordia. Esso sia per voi for- te stimolo al rinnovamento inte- riore, per diventare “misericordiosi come è misericordioso il Padre no- stro” (cfr. Lc 6, 36). Affido ciascu- no di voi e ogni vostro progetto di bene a Maria, Madre dei viven- ti. Vi accompagno con la mia be- nedizione, e vi chiedo per favore di pregare per me. «Cristiani e indù: promuoviamo insie- me l’ecologia umana»: è il tema del messaggio rivolto dal Pontificio Consi- glio per il dialogo interreligioso agli in- dù in occasione della festa di Deepava- li, che si celebra il prossimo 11 novem- bre. Ne pubblichiamo di seguito il testo italiano. Cari amici Indù, 1. Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso vi porge cor- diali saluti in occasione della festa di Deepavali, che commemorerete l’11 novembre 2015, augurando che le vo- stre celebrazioni in ogni parte del mondo siano per voi un'esperienza di felicità ed armonia nelle vostre fami- glie e comunità. 2. Sua Santità Papa Francesco, con l’enciclica Laudato si’, ha affrontato di recente la crisi ecologica ambien- tale e umana, che minaccia il nostro pianeta. Perciò riteniamo opportuno condividere con voi, com'è nostra tradizione, qualche pensiero sulla ne- cessità di promuovere l'ecologia uma- na e riscoprire i legami esistenti nel creato. L’ecologia umana affronta la relazione e la responsabilità degli es- seri umani nei confronti della terra e dell’attenzione alle “virtù ecologi- che”. Tra queste si può enumerare l’uso sostenibile delle risorse della terra mediante l’adozione di politi- che, nazionali e internazionali, rispet- tose dei nessi e dell’interdipendenza tra esseri umani e natura. Si tratta di questioni importanti non solo oggi per la salute della nostra Terra, che è la casa della famiglia umana, ma pu- re per le generazioni future. 3. L’egoismo umano, evidente nel- le tendenze consumistiche ed edoni- stiche di alcuni individui e gruppi, nutre un insaziabile desiderio di fare da “padrone” e “conquistare” piutto- sto che da “guardiani” e “custodi” della natura. Tutti siamo chiamati, a prescindere dalla credenza religiosa o dall’identità nazionale, a vivere con maggiore responsabilità nei confronti della natura, a curare relazioni vitali e, soprattutto, a riorganizzare il no- stro stile di vita e le strutture econo- miche in funzione delle sfide ecologi- che che dobbiamo affrontare. La vo- stra tradizione sottolinea l’“unità” della natura, dell'umanità e del divi- no. La fede cristiana insegna che il mondo creato è un dono dato da Dio a tutti gli esseri umani. Come custodi del mondo creato, siamo chiamati a prendercene cura in modo responsabile e deciso. 4. C’è un nesso inscindibile tra la nostra armonia con il creato e la pa- ce reciproca. Se la pace deve prevale- re nel mondo, dobbiamo, insieme e come singoli, adoperarci consapevol- mente “alla cura della natura, alla di- fesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità” (Laudato si’, 201). La promozione dell’ecologia umana esige formazione ed educazione ad ogni livello, nella consapevolezza e nella responsabilità ecologica e nella custodia sapiente delle risorse della Terra, cominciando dalla famiglia, «prima e fondamenta- le struttura a favore dell’“ecologia umana”... in seno alla quale l’uomo riceve le prime e determinanti nozio- ni intorno alla verità ed al bene, ap- prende che cosa vuol dire amare ed essere amati e, quindi, che cosa vuol dire in concreto essere una persona» (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 39). Spetta alle strutture dell’educa- zione e del governo la responsabilità di formare cittadini dotati di una idonea comprensione dell’ecologia umana e della sua relazione con il futuro dell’umanità e con il creato. 5. Uniti dalla nostra umanità e dalla reciproca responsabilità, come pure dai valori e dalle convinzioni che condividiamo, possiamo noi, in- dù e cristiani, insieme con le persone di tutte le altre tradizioni religiose e di buona volontà, nutrire una cultura che promuova l’ecologia umana. In tal modo vi sarà armonia dentro di noi, e nelle nostre relazioni con gli altri, con la natura e con Dio, e que- sto «favorirà la crescita dell’“albero della pace”» (Papa Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata della Pace, 2007). 6. Pregare per un’ecologia sana e contribuire alla consapevolezza delle varie possibili maniere di prendersi cura del creato è un’impresa davvero nobile. Papa Francesco ha istituito, a questo scopo, un’annuale “Giornata di Preghiera per la Cura del Creato” che si celebra il 1° settembre, con l’auspicio che questa iniziativa con- tribuisca a far crescere in tutti la con- sapevolezza del bisogno di essere buoni custodi del creato e, in tal mo- do, di promuovere un’autentica eco- logia umana. È con questi sentimenti che augu- riamo a tutti voi un buon Deepavali! Jean-Louis Cardinal Tauran Presidente Miguel Ángel Ayuso Guixot Segretario Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Spa- gna e in Belgio. Juan José Omella Omella arcivescovo di Barcelona È nato a Cretas, in provincia di Teruel e arci- diocesi di Zaragoza, il 21 aprile 1946. Dopo esse- re entrato nel seminario ninore di Zaragoza, ha proseguito i suoi studi, prima presso il collegio dei padri bianchi di Logroño e poi a Bruxelles (Belgio) e a Gerusalemme. Ha frequentato la fa- coltà teologica dell’Università cattolica di Lova- nio. Ordinato sacerdote il 20 settembre 1970 a Zaragoza e incardinato in quell’arcidiocesi, ha svolto il suo ministero in varie parrocchie delle zone rurali della stessa arcidiocesi, ed è stato an- che vicario episcopale per Zaragoza e cappellano delle monache cistercensi di Santa Lucia nella stessa città. Il 15 luglio 1996 è stato eletto ausilia- re di Zaragoza, ricevendo l’ordinazione episco- pale il 22 settembre successivo. Il 29 ottobre 1999 è stato nominato vescovo di Barbastro- Monzón e l’8 aprile 2004 vescovo di Calahorra y La Calzada - Logroño. All’interno della Confe- renza episcopale spagnola è membro della com- missione episcopale per la pastorale sociale dal 1996. È stato anche presidente della medesima dal 2002 al 2008, incarico che ricopre nuova- mente dal marzo 2014. Da novembre 2014 è membro della Congregazione per i vescovi. Jozef de Kesel, arcivescovo di Malines-Bruxelles e ordinario militare per il Belgio È nato il 17 giugno 1947 a Gent (Fiandre orientali), nella diocesi omonima, ed è stato or- dinato sacerdote il 26 agosto 1972 per la diocesi di Gent. Ha ottenuto il grado di dottore in teo- logia alla Pontifica università gregoriana con la tesi «Le refus décidé de l’objectivation. Une in- terprétation du Jésus historique dans la théolo- gie chez Rudolf Bultmann». È autore di nume- rosi articoli e di alcuni libri sulla Chiesa e sui vari aspetti della vita cristiana. È stato docente al seminario di Gent, nel centro di formazione per i futuri professori di religione e all’università di Leuven. Eletto alla sede titolare di Bulna e nominato ausiliare di Malines-Bruxelles il 20 marzo 2002, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 26 maggio successivo. Dal 2002 al 2010 è stato vicario generale per il vicariato di Bruxelles, e quindi vicario generale per il vicariato del Bra- bante fiammingo e della zona di Malines. Il 25 giugno 2010 è stato nominato vescovo di Brug- ge. Nell’ambito della Conferenza episcopale di Belgio è membro delle commissione fede e Chie- sa e per l’evangelizzazione.

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Al Movimento per la vita il Papa ricorda che tutti hanno il diritto di nascere. Una speranza per chi è escluso e scartato

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 7 novembre 2015

Messa a Santa Marta

Servire, non servirsi

Al Movimento per la vita il Papa ricorda che tutti hanno il diritto di nascere

Una speranzaper chi è escluso e scartato

Messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso agli indù per la festa del Deepavali

Ecologia umana

O spedaleda campo

Grazie all’attività di oltre quin-dicimila volontari, negli ultimidieci anni sono state aiutate al-meno 170.000 gestanti e oltre250.000 donne in difficoltà.Come frutto di tale impegno,in questo periodo sono nati120.000 bambini che altrimentinon avrebbero mai visto la lu-ce. Cifre che riflettono un’idea:essere un ospedale da campocontro la cultura dello scarto.Così nel suo saluto a PapaFrancesco il presidente GianLuigi Gigli ha sintetizzato l’im-pegno del Movimento per lavita italiano: quarant’anni di at-tività volta a fronteggiare nonsolo il dramma dell’aborto, maanche tutte quelle situazionidella vita in cui la speranza e ladignità delle persone vengonomesse in discussione e oltrag-giate: il rifiuto dei disabili e deimalati terminali, sopraffazioni,violenze e schiavitù, disinteres-se e umiliazione degli anziani,e, non ultimo, il dramma deiprofughi e dei rifugiati.

Nomine episcopali

Marinus van Reymerswaele«Parabola dell’amministratore disonesto» (1540)

Ci sono «sacerdoti e vescovi arrampi-catori e attaccati ai soldi» che «invecedi servire si servono della Chiesa»,rendendola «affarista» e «tiepida»con il loro vivere comodamente il pro-prio status senza onestà. Da questa«tentazione di una doppia vita» il Pa-pa ha messo in guardia nella messa divenerdì mattina, 6 novembre, nellacappella della Casa Santa Marta. Unacelebrazione mattutina, ha confidato,a cui spesso partecipano missionari esuore che donano tutta la vita al servi-zio degli altri, rifacendosi al modellodi san Paolo e andando «sempre ol-tre, sempre in uscita».

«La liturgia di oggi — ha affermatosubito Francesco — ci fa riflettere su

Con questo atteggiamento, ha pro-seguito il Pontefice, san Paolo «è an-dato ovunque: lui si vantava di servi-re, di essere eletto, di avere la forzadello Spirito Santo, di andare in tuttoil mondo». Ma «c’era qualcosa cheper lui era una gioia grande». Ne par-la così: «Ma mi sono fatto un puntodi onore — un punto di onore: qualera? — di non annunciare il Vangelodove era già conosciuto il nome diCristo, per non costruire su un fonda-mento altrui». Insomma, «Paolo an-dava dove non era conosciuto il nomedi Cristo; era il servo che serviva, am-ministrava, gettando le basi, cioè an-nunciando Gesù Cristo sempre oltre,

proprio «questo è quello che ha fattoPaolo: servire».

Riprendendo poi il passo evangeli-co di Luca (16, 1-8) che parla dell’am-ministratore disonesto, proposto dallaliturgia, il Papa ha fatto notare che «ilSignore ci fa vedere l’immagine di unaltro servo che, invece di servire gli al-tri, si serve degli altri». Nel Vangelo«abbiamo letto cosa ha fatto questoservo, con quanta scaltrezza si è mos-so per rimanere al suo posto, daun’altra parte, ma sempre con unacerta dignità». E «anche nella Chiesa— ha detto il Papa — ci sono questiche, invece di servire, di pensare aglialtri, di gettare le basi, si servono del-la Chiesa: gli arrampicatori, gli attac-

dopo, qui a Roma, tradito da alcunidei suoi. E finì come un condannato,p ro p r i o » .

Ma «da dove veniva quella gran-dezza, quella audacia di Paolo?». Eglistesso dichiara: «e io mi vanto di que-sto». E «di che si vantava? Si vantavadi Gesù Cristo». Si legge infatti nelpasso liturgico della sua lettera ai Ro-mani: «Questo dunque è il mio vantoin Gesù Cristo nelle cose che riguar-dano Dio. Non oserei infatti dire nul-la se non di quello che Cristo ha ope-rato per mezzo mio per condurre legenti all’obbedienza, con parole eopere, con la potenza di segni e diprodigi, con la forza dello Spirito».

sempre in uscita, sempre più lontano;mai si fermava per avere il vantaggiodi un posto, di una autorità, di essereservito». Paolo «era ministro, servoper servire, non per servirsi».

Francesco ha confidato la gioia cheprova fino a commuoversi quando,proprio alla messa celebrata al matti-no nella cappella della Casa SantaMarta, «vengono alcuni preti e mi sa-lutano» dicendo: «Padre, sono venutoqui a trovare i miei, perché da qua-rant’anni sono missionario in Amaz-zonia». Gioia e commozione suscitaanche la testimonianza di una suorache lavora «da trent’anni in ospedalein Africa» oppure «che da trenta oquarant’anni è nel reparto dell’osp e-dale con i disabili, sempre sorriden-te». Ecco, ha affermato Francesco,«questo si chiama servire, questa è lagioia della Chiesa: andare oltre, sem-pre; andare oltre e dare la vita». E

immagini di suore. Due immagini».In san Paolo, ha spiegato il Papa,

«Gesù ci fa vedere» il «modello» diuna «Chiesa che non sta mai ferma,che sempre fa fondamento, che sem-pre va avanti e ci fa vedere che quellaè la strada». Invece «quando la Chie-sa è tiepida, chiusa in se stessa, ancheaffarista tante volte, non si può dire,che sia una Chiesa che ministra, chesia al servizio, bensì che si serve deglialtri».

Francesco ha concluso chiedendo alSignore «la grazia che ha dato a Pao-lo, quel punto d’onore di andare sem-pre avanti, sempre, rinunciando alleproprie comodità tante volte». Così«ci salvi dalle tentazioni, da questetentazioni che in fondo sono tentazio-ni di una doppia vita: mi faccio vede-re come ministro, come quello cheserve, ma in fondo mi servo degli al-tri».

due figure, due figure di ser-vi, di impiegati, due personeche sono chiamate a fare uncompito». Nel passo dellalettera ai romani (15, 14-21),emerge «la figura di Paolo:proprio lo zelo per evange-lizzare». Scrive infatti l’ap o-stolo: «Voi sapete, a motivodella grazia che mi è statadata da Dio — qual era lagrazia che lui ha ricevuto? —per essere ministro di CristoGesù, adempiendo il sacroministero». Cioè «ministra-re, servire». E «Paolo hapreso sul serio questa voca-zione e si è donato tutto alservizio, sempre oltre, nonstava mai fermo: sempre ol-tre, oltre, oltre... per finire,

cati ai soldi. E quanti sacer-doti, vescovi abbiamo vistocosì. È triste dirlo, no?».

«La radicalità del Vange-lo, della chiamata di GesùCristo» — ha ricordato ilPontefice — sta nel «servire:essere al servizio, non fer-marsi, andare oltre sempre,dimenticandosi di se stessi».D all’altra parte, invece, c’è«la comodità dello status: ioho raggiunto uno status evivo comodamente senzaonestà, come quei farisei deiquali parla Gesù che passeg-giavano nelle piazze, facen-dosi vedere dagli altri». Equeste sono «due immagini:due immagini di cristiani,due immagini di preti, due

Occorre essere vicini alle «fragilitàdel prossimo» e lavorare«affinché nella società non sianoesclusi e scartati quanti vivonoin condizioni di precarietà».Lo ha detto Papa Francescoagli appartenenti al Movimentoper la vita italiano, ricevutiin udienza nella mattina di venerdì6 novembre, nella Sala Regia.

Cari fratelli e sorelle delMovimento per la Vita!Siete venuti a Roma da ogni partedell’Italia per partecipare al vostroconvegno nazionale e rinnovareancora una volta l’impegno di di-fendere e promuovere la vita uma-na. Vi saluto tutti cordialmente,ad iniziare dal vostro Presidente,che ringrazio per le parole con lequali ha introdotto questo incon-tro. Vi incoraggio a proseguire lavostra importante opera in favoredella vita dal concepimento al suonaturale tramonto, tenendo contoanche delle sofferte condizioni chetanti fratelli e sorelle devono af-frontare e a volte subire.

Nelle dinamiche esistenziali tut-to è in relazione, e occorre nutriresensibilità personale e sociale siaverso l’accoglienza di una nuovavita sia verso quelle situazioni dipovertà e di sfruttamento che col-piscono le persone più deboli esvantaggiate. Se da una parte«non appare praticabile un cam-mino educativo per l’accoglienzadegli esseri deboli che ci circonda-no [...] quando non si dà prote-zione a un embrione umano»(Lett. enc. Laudato si’, 120),dall’altra parte «la vita umanastessa è un dono che deve essere

protetto da diverse forme di de-grado» (ibid., 5). Infatti, dobbia-mo constatare con dolore che so-no tante le persone provate dacondizioni di vita disagiate, che ri-chiedono la nostra attenzione e ilnostro impegno solidale.

Il vostro non è solo un serviziosociale, pur doveroso e nobile. Peri discepoli di Cristo, aiutare la vi-ta umana ferita significa andareincontro alle persone che sono nelbisogno, mettersi al loro fianco,farsi carico della loro fragilità edel loro dolore, perché possano ri-sollevarsi. Quante famiglie sonovulnerabili a motivo della povertà,della malattia, della mancanza dilavoro e di una casa! Quanti an-ziani patiscono il peso della soffe-renza e della solitudine! Quantigiovani sono smarriti, minacciatidalle dipendenze e da altre schia-vitù, e attendono di ritrovare fidu-cia nella vita! Queste persone, fe-rite nel corpo e nello spirito, sonoicone di quell’uomo del Vangeloche, percorrendo la strada da Ge-rusalemme a Gerico, incappò neibriganti che lo derubarono e lopercossero. Egli sperimentò primal’indifferenza di alcuni e poi laprossimità del buon samaritano(cfr. Lc 10, 30-37).

Su quella strada, che attraversail deserto della vita, anche nel no-stro tempo ci sono ancora tanti fe-riti, a causa dei briganti di oggi,che li spogliano non solo degliaveri, ma anche della loro dignità.E di fronte al dolore e alle neces-sità di questi nostri fratelli indife-si, alcuni si voltano dall’altra parteo vanno oltre, mentre altri si fer-mano e rispondono con dedizionegenerosa al loro grido di aiuto.Voi, aderenti al Movimento per laVita, in quarant’anni di attivitàavete cercato di imitare il buon sa-maritano. Dinanzi a varie formedi minacce alla vita umana, vi sie-te accostati alle fragilità del pros-simo, vi siete dati da fare affinchénella società non siano esclusi escartati quanti vivono in condizio-ni di precarietà. Mediante l’op eracapillare dei “Centri di Aiuto allaVi t a ”, diffusi in tutta Italia, sietestati occasione di speranza e di ri-nascita per tante persone.

Vi ringrazio per il bene che ave-te fatto e che fate con tanto amo-re, e vi incoraggio a proseguirecon fiducia su questa strada, con-tinuando ad essere buoni samari-tani! Non stancatevi di operareper la tutela delle persone più in-difese, che hanno diritto di nasce-re alla vita, come anche di quantechiedono un’esistenza più sana edignitosa. In particolare, c’è biso-gno di lavorare, a diversi livelli econ perseveranza, nella promozio-ne e nella difesa della famiglia,

prima risorsa della società, soprat-tutto in riferimento al dono dei fi-gli e all’affermazione della dignitàdella donna. A questo proposito,mi piace sottolineare che nella vo-stra attività, voi avete sempre ac-colto tutti a prescindere dalla reli-gione e dalla nazionalità. Il nume-ro rilevante di donne, specialmen-te immigrate, che si rivolgono aivostri centri dimostra che quandoviene offerto un sostegno concre-to, la donna, nonostante problemie condizionamenti, è in grado difar trionfare dentro di sé il sensodell’amore, della vita e della ma-ternità.

Cari fratelli e sorelle, sono certoche la vostra attività, ma primaancora la vostra spiritualità, rice-veranno uno speciale beneficiodall’imminente Anno Santo dellaMisericordia. Esso sia per voi for-te stimolo al rinnovamento inte-riore, per diventare “m i s e r i c o rd i o s icome è misericordioso il Padre no-s t ro ” (cfr. Lc 6, 36). Affido ciascu-no di voi e ogni vostro progettodi bene a Maria, Madre dei viven-ti. Vi accompagno con la mia be-nedizione, e vi chiedo per favoredi pregare per me.

«Cristiani e indù: promuoviamo insie-me l’ecologia umana»: è il tema delmessaggio rivolto dal Pontificio Consi-glio per il dialogo interreligioso agli in-dù in occasione della festa di Deepava-li, che si celebra il prossimo 11 novem-bre. Ne pubblichiamo di seguito il testoitaliano.

Cari amici Indù,1. Il Pontificio Consiglio per il

Dialogo Interreligioso vi porge cor-diali saluti in occasione della festa diDeepavali, che commemorerete l’11novembre 2015, augurando che le vo-stre celebrazioni in ogni parte delmondo siano per voi un'esperienza difelicità ed armonia nelle vostre fami-glie e comunità.

2. Sua Santità Papa Francesco, conl’enciclica Laudato si’, ha affrontatodi recente la crisi ecologica ambien-tale e umana, che minaccia il nostropianeta. Perciò riteniamo opportunocondividere con voi, com'è nostratradizione, qualche pensiero sulla ne-cessità di promuovere l'ecologia uma-na e riscoprire i legami esistenti nelcreato. L’ecologia umana affronta larelazione e la responsabilità degli es-seri umani nei confronti della terra edell’attenzione alle “virtù ecologi-che”. Tra queste si può enumerarel’uso sostenibile delle risorse dellaterra mediante l’adozione di politi-che, nazionali e internazionali, rispet-tose dei nessi e dell’interdip endenzatra esseri umani e natura. Si tratta diquestioni importanti non solo oggiper la salute della nostra Terra, che èla casa della famiglia umana, ma pu-re per le generazioni future.

3. L’egoismo umano, evidente nel-le tendenze consumistiche ed edoni-stiche di alcuni individui e gruppi,nutre un insaziabile desiderio di fareda “p a d ro n e ” e “c o n q u i s t a re ” piutto-sto che da “g u a rd i a n i ” e “custo di”

della natura. Tutti siamo chiamati, aprescindere dalla credenza religiosa odall’identità nazionale, a vivere conmaggiore responsabilità nei confrontidella natura, a curare relazioni vitalie, soprattutto, a riorganizzare il no-stro stile di vita e le strutture econo-miche in funzione delle sfide ecologi-che che dobbiamo affrontare. La vo-stra tradizione sottolinea l’“unità”della natura, dell'umanità e del divi-no. La fede cristiana insegna che ilmondo creato è un dono dato daDio a tutti gli esseri umani. Comecustodi del mondo creato, siamochiamati a prendercene cura in modoresponsabile e deciso.

4. C’è un nesso inscindibile tra lanostra armonia con il creato e la pa-ce reciproca. Se la pace deve prevale-re nel mondo, dobbiamo, insieme ecome singoli, adoperarci consapevol-mente “alla cura della natura, alla di-fesa dei poveri, alla costruzione diuna rete di rispetto e di fraternità”(Laudato si’, 201). La promozionedell’ecologia umana esige formazioneed educazione ad ogni livello, nellaconsapevolezza e nella responsabilitàecologica e nella custodia sapientedelle risorse della Terra, cominciandodalla famiglia, «prima e fondamenta-le struttura a favore dell’“ecologiaumana”... in seno alla quale l’uomoriceve le prime e determinanti nozio-ni intorno alla verità ed al bene, ap-prende che cosa vuol dire amare edessere amati e, quindi, che cosa vuoldire in concreto essere una persona»(Giovanni Paolo II, Centesimus annus,39). Spetta alle strutture dell’educa-zione e del governo la responsabilitàdi formare cittadini dotati di unaidonea comprensione dell’ecologia

umana e della sua relazione con ilfuturo dell’umanità e con il creato.

5. Uniti dalla nostra umanità edalla reciproca responsabilità, comepure dai valori e dalle convinzioniche condividiamo, possiamo noi, in-dù e cristiani, insieme con le personedi tutte le altre tradizioni religiose edi buona volontà, nutrire una culturache promuova l’ecologia umana. Intal modo vi sarà armonia dentro dinoi, e nelle nostre relazioni con glialtri, con la natura e con Dio, e que-sto «favorirà la crescita dell’“alb erodella pace”» (Papa Benedetto XVI,Messaggio per la Giornata della Pace,2007).

6. Pregare per un’ecologia sana econtribuire alla consapevolezza dellevarie possibili maniere di prendersicura del creato è un’impresa davveronobile. Papa Francesco ha istituito, aquesto scopo, un’annuale “Giornatadi Preghiera per la Cura del Creato”che si celebra il 1° settembre, conl’auspicio che questa iniziativa con-tribuisca a far crescere in tutti la con-sapevolezza del bisogno di esserebuoni custodi del creato e, in tal mo-do, di promuovere un’autentica eco-logia umana.

È con questi sentimenti che augu-riamo a tutti voi un buon Deepavali!

Jean-Louis Cardinal TauranP re s i d e n t e

Miguel Ángel Ayuso GuixotS e g re t a r i o

Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Spa-gna e in Belgio.

Juan José Omella Omellaarcivescovo di Barcelona

È nato a Cretas, in provincia di Teruel e arci-diocesi di Zaragoza, il 21 aprile 1946. Dopo esse-re entrato nel seminario ninore di Zaragoza, haproseguito i suoi studi, prima presso il collegiodei padri bianchi di Logroño e poi a Bruxelles(Belgio) e a Gerusalemme. Ha frequentato la fa-coltà teologica dell’Università cattolica di Lova-nio. Ordinato sacerdote il 20 settembre 1970 aZaragoza e incardinato in quell’arcidiocesi, hasvolto il suo ministero in varie parrocchie dellezone rurali della stessa arcidiocesi, ed è stato an-che vicario episcopale per Zaragoza e cappellanodelle monache cistercensi di Santa Lucia nellastessa città. Il 15 luglio 1996 è stato eletto ausilia-re di Zaragoza, ricevendo l’ordinazione episco-

pale il 22 settembre successivo. Il 29 ottobre1999 è stato nominato vescovo di Barbastro-Monzón e l’8 aprile 2004 vescovo di Calahorra yLa Calzada - Logroño. All’interno della Confe-renza episcopale spagnola è membro della com-missione episcopale per la pastorale sociale dal1996. È stato anche presidente della medesimadal 2002 al 2008, incarico che ricopre nuova-mente dal marzo 2014. Da novembre 2014 èmembro della Congregazione per i vescovi.

Jozef de Kesel, arcivescovodi Malines-Bruxelles

e ordinario militare per il Belgio

È nato il 17 giugno 1947 a Gent (Fiandreorientali), nella diocesi omonima, ed è stato or-

dinato sacerdote il 26 agosto 1972 per la diocesidi Gent. Ha ottenuto il grado di dottore in teo-logia alla Pontifica università gregoriana con latesi «Le refus décidé de l’objectivation. Une in-terprétation du Jésus historique dans la théolo-gie chez Rudolf Bultmann». È autore di nume-rosi articoli e di alcuni libri sulla Chiesa e suivari aspetti della vita cristiana. È stato docenteal seminario di Gent, nel centro di formazioneper i futuri professori di religione e all’universitàdi Leuven. Eletto alla sede titolare di Bulna enominato ausiliare di Malines-Bruxelles il 20marzo 2002, ha ricevuto l’ordinazione episcopaleil 26 maggio successivo. Dal 2002 al 2010 è statovicario generale per il vicariato di Bruxelles, equindi vicario generale per il vicariato del Bra-bante fiammingo e della zona di Malines. Il 25giugno 2010 è stato nominato vescovo di Brug-ge. Nell’ambito della Conferenza episcopale diBelgio è membro delle commissione fede e Chie-sa e per l’evangelizzazione.