osdi volume 7 - 2013 okk_48427

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    Raccomandazioni

    di trattamentoassistenzialein campo diabetologico

    Le position statement OSDI2013/2014

    Raccomandazioni disponibili in letteratura

    L’ASSISTENZA ALLA PERSONA ANZIANA CON DIABETE

    7

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    PresidenteRoberta Chiandetti

    Past PresidentMaria Teresa Branca

    Vice PresidenteGiovanni Lo Grasso

    SegreteriaGiuseppe Frigau

    Consiglio Direttivo Nazionale OSDI

    © Tutti i diritti riservati

    E’ vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico,non autorizzata

    ConsigleriGemma Annicelli,

    Lia Cucco,Raffaella Fiorentino,Elisa Levis,Alberto Panbianco,Clara Rebora,Anna Satta Hai,Anna Maria Tesei,Claudio Vitello

    Maria Teresa BrancaRoberta ChiandettiGiovanni Lo Grasso

    Gruppo di progetto 

    Consulente 

    Alvisa Palese

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    Gli anziani con diabete rappresentano un gruppo dipazienti che richiede interventi clinico/assistenziali

    attentamente calibrati in funzione del quadro clinicoe dei bisogni assistenziali individuali. Lo scopo del-l’assistenza nell’anziano è garantire un piano di inter-vento personalizzato alla specifica situazione di“fragilità” attraverso una duplice funzione, quella va-lutativa e quella relativa all’intervento.La vecchiaia, però, non è necessariamente sinonimodi fragilità, infatti, tra le persone con età superiore ai

    65 anni• il 30% non è affetto da alcuna patologia impor-tante;

    • il 20% riferisce una patologia cronica senza par-ticolari effetti sulla funzione fisica e cognitiva.

    Del resto, anche i 65 anni non sono più considerati econsiderabili come la linea di confine che separal’adulto dall’anziano, linea che oramai si demarca pergli over 75.Per il 50% di popolazione che invece presenta mor-bilità croniche multiple, con conseguenti problemi dimobilità o difficoltà nello svolgimento delle attivitàdella vita quotidiana, in almeno il 40% si registranoimplicazioni rilevanti per tutti i contesti socio-assi-stenziali con ripercussioni non solo al domicilio maanche nelle strutture di accoglienza quali Ospedali,Case di Riposo, RSA eccetera.

    Le patologie croniche invalidanti nell’anziano sonomolteplici: demenza, parkinsonismo, ictus, sintoma-

    tologia depressiva, polineuropatie periferiche, cardio-patia ischemica, scompenso cardiaco, aritmie,

    arteriopatie periferiche, ipertensione, artrosi, bron-copneumopatie croniche ma anche il diabete. E’ im-portante ricordare che circa il 50% degli anzianiha più di 3 patologie e che, da un’indagine sul-l’appropriatezza prescrittiva per il paziente anzianodell’Aifa, in Italia, un anziano (> 65 anni) su due, as-sume dai 5 ai 9 farmaci al giorno.

    Il Diabete può essere considerato il paradigma della

    cronicità in quanto le persone che ne sono affettehanno bisogno di terapie per tutta la vita e sono espo-ste ad un maggior rischio di malattie cardio-vascolari,ictus, insufficienza renale, cecità, ulcere degli arti in-feriori. Su 100 diabetici, 80 sono anziani conpiù di 65 anni, e almeno 40 hanno più di 75

    anni. L’analisi per genere evidenzia una maggiorediffusione del problema negli uomini sotto i 74 anni.L’Italia è tra i Paesi della UE al vertice per la presenzadi persone anziane, con una percentuale della popo-lazione >65, >70 e >80 che tenderà ad aumentaresempre più nei prossimi anni. In termini di richiestedi salute, l’aspettativa di vita a 65 anni è di circa 16anni per gli uomini, ma con almeno 5 anni di disabi-lità, e di 20 anni circa per le donne, con 6 anni di di-sabilitàNella programmazione e erogazione dell’assistenza

    all’anziano diabetico è ancor più necessaria la pre-senza di un team dedicato per assicurare al paziente

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    PREFAZIONE

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    una gestione integrata e pianificata secondo protocollidi cura personalizzati. La possibilità di una valuta-

    zione domiciliare e la disponibilità di servizi acces-sibili, che prevedono il trasporto del malato nelleStrutture di cura, rappresentano requisiti di fonda-mentale importanza. Il processo valutativo, dovrebbeprendere in considerazione i bisogni della personaanziana nella sua individualità, mettendola al centrodel processo di cura e degli interessi del team, sosti-tuendo il tradizionale inquadramento nosologico per

    patologie o per organi con una valutazione che si ca-ratterizza per adottare un approccio specifico e com-plesso, volto all’identificazione dei problemi eall’elaborazione di un piano assistenziale che favori-sce l’aderenza alle cure.

    Anche questo lavoro, come i precedenti che hannocostituito le Raccomandazioni di Trattamento Assi-

    stenziale – Position Statement OSDI- è stato possibilegrazie all’indispensabile contributo della Professo-ressa A. Palese e della Sua collaboratrice Irene Man-sutti.L’augurio è che in questo documento gli infermieriche si occupano di assistenza a persone anziane tro-vino un’utile guida per uniformare i loro comporta-menti assistenziale ed un utile supporto per le

    decisioni cliniche che quotidianamente sono chiamatia prendere.

    Direttivo Nazionale OSDI

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    INDICE

    1. INTRODUZIONE 7

    2. MATERIALI E METODI 82.1 Obiettivi 8

    2.2 Disegno dello studio 82.2.1 Quesiti Clinici 82.3 Strategia di ricerca 92.4 Estrazione dei dati e valutazione qualitativa degli studi 9

    3. RISULTATI 113.1 Obiettivi nell’assistenza anziana con diabete 113.2 Strategie preventive ed educative 12

    3.3 La gestione nutrizionale 143.4 L’esercizio fisico 193.5 Lo screening e la gestione dei problemi di salute 20

    concomitanti o conseguenti al diabete3.6 L’assistenza alle persone anziane con diabete nei setting  26

    ospedalieri, residenziali e di comunità3.7 L’assistenza alle persone anziane con diabete 28

    in fase terminale

    4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 30

    BIBLIOGRAFIA 32

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    L'infermieristica, come peraltro la medicina, è una scienza in costante evoluzione. Il continuo

    ampliamento delle conoscenze e la sempre maggiore esperienza clinica, nonché i feedback

    preziosi dei pazienti espressi in forma individuale e associativa, porta alla conseguente ne-

    cessità di continue modifiche nell'offerta assistenziale e degli interventi infermieristici. Questa

    esigenza di continua modifica e revisione rende il nostro lavoro altamente sfidante. Gli autori

    e l'editore di questa opera hanno posto ogni attenzione per garantire l'accuratezza delle rac-

    comandazioni e il loro accordo con la letteratura disponibile al momento della pubblicazione.

    Tenendo tuttavia conto dell'errore umano e dei continui sviluppi della letteratura, gli autori,

    l’editore ed ogni altra persona coinvolta nel progetto, non possono garantire che le informa-zioni contenute siano accurate o complete ed aggiornate in ogni parte. Non possono inoltre

    essere ritenuti responsabili di eventuali errori, omissioni o dei risultati ottenuti dall'applica-

    zione delle informazioni contenute.

    Nell'applicare le informazioni qui riportate si raccomanda pertanto di valutare le condizioni

    del paziente, le sue preferenze e valori, le condizioni cliniche, le risorse disponibili nonché le

    indicazioni che emergono dalla propria esperienza e giudizio clinico.

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    INTRODUZIONE

    1.

    7

    Nel trattamento dei pazienti anziani con diabete biso-gna tenere in considerazione le diverse tipologie dipazienti: diabetici invecchiati , cioè diabetici divenutianziani, abituati alla malattia che non pongono parti-colari difficoltà di gestione se non una adeguata re-visione degli obiettivi terapeutici; e anziani diventati diabetici, cioè quelle persone che hanno contratto ildiabete dopo i sessantacinque anni di età e che, perle peculiarità tipiche dell’età, sono quelli che pongonopiù problemi dal punto di vista terapeutico e gestio-nale per la necessità di modificare abitudini di vita e

    alimentari ormai inveterate.La gestione dei pazienti anziani con diabete, diventauna sfida quotidiana per la “fragilità” che li caratte-rizza rispetto agli anziani non diabetici a causa dellemultiple comorbilità (es. ipertensione, scompensocardiaco e ictus) e per le disabilità funzionali; essihanno, inoltre, un maggiore rischio di morte prema-tura, possono soffrire di depressione, di problemi co-

    gnitivi, di incontinenza urinaria, di traumatismi efratture da caduta, nonché di dolore cronico.

    Per l’importante eterogeneità funzionale e clinica, l’as-sistenza alla persona anziana con diabete è com-plessa. Tale eterogeneità dovrebbe essere consideratasoprattutto quando si definiscono gli obiettivi e lepriorità di cura.Per offrire un supporto alle decisioni cliniche degliinfermieri, è stata sviluppata la presente revisione conla finalità generale dia) declinare le raccomandazioni già individuate in

    precedenza dall’OSDI nel contesto della popola-zione con diabete operando adattamenti signifi-

    cativi alle esigenze specifiche degli anziani (conrisorse personali e sociali a volte limitate);

    b) individuare nelle Linee guida aggiornate esistentinel campo, indicazioni specifiche per la popola-zione anziana;

    c) definire gli standard assistenziali utili per le cureinfermieristiche della persone anziana con diabeteaccolta in setting particolari (ospedale, casa di ri-

    sposo) e nelle tappe terminali della vita.

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    2.1 Obiettivi

    L’obiettivo generale della revisione era identificare le

    migliori raccomandazioni di trattamento assistenzialeda attivare nella persona anziana affetta da diabete ac-colta in setting domiciliare, ospedaliero o residen-ziale. Nello specifico sono stati considerati:a) gli obiettivi dell’assistenza;b) le strategie preventive ed educative;c) la gestione nutrizionale;d) l’attivazione di sistematiche valutazioni dei pro-

    blemi di salute concomitanti e conseguenti il dia-bete, che possono rendere più complessa e arischio la gestione;

    e) le specificità assistenziali nelle case di risposo enei contesti ospedalieri;

    f) le specificità assistenziali nella fase terminale dellavita delle persone con diabete.

    2.2 Disegno dello studio

    È stata realizzata una revisione sistematica delle Lineeguida disponibili nel campo diabetologico.

    2.2.1 Quesiti Clinici

    Sono stati raccolti i quesiti di pratica clinica ritenutirilevanti intervistando infermieri, infermieri esperti ed

    altri stakeholders . I quesiti emersi sono stati riportatinella Tabella 1.

    MATERIALI E METODI

    2.

    8

    – Quali sono le strategie di valutazione e gli strumenti più appropriati che dovrebbero essere utilizzati si-stematicamente nella gestione della persona anziana con diabete?

    – Qual è la rilevanza della valutazione sistematica dello stato cognitivo e dell’autonomia nelle attività divita quotidiana (ADL) nella gestione sicura della persona anziana con diabete?

    – Qual è il rischio di una ridotta funzionalità nelle ADL negli anziani con diabete rispetto a coloro che nonsoffrono di diabete?

    – Quale è l’effetto delle condizioni socio-economiche sul compenso glicemico e sulla capacità di autoge-stione del diabete nelle persone anziane?

    – Quali sono gli standard da perseguire nella gestione nutrizionale della persona anziana con diabete?– Quali sono le comorbidità che pongono maggiormente a rischio di scompenso metabolico la persona

    anziana?

    – Quali sono le principali conseguenze del diabete che possono influenzare negativamente una gestionesicura della malattia?

    Tabella 1. Quesiti clinici emersi utilizzati per creare le stringhe di ricerca

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    2.3 Strategia di ricerca

    Preliminarmente sono state revisionate le Racco-mandazioni di Trattamento assistenziale in campodiabetologico già pubblicate nell’anno 2012 dal-l’OSDI rintracciando le indicazioni fornite per le per-sone anziane. Quindi, sono state individuate leAssociazioni Infermieristiche e non (American Dia-betes Association, American Geriatric Society, UKDiabetes group, California Healthcare Foundation;

    American Geriatrics Society Panel on ImprovingCare for Elders with Diabete, Diabetes UK NutritionWorking Group, Associazione Italiana di Dietetica eNutrizione Clinica-Associazione Medici Diabetologi-Società Italiana di Diabetologia, Canadian DiabetesAssociation, Scottish Intercollegiate Guidelines Net-work, European Diabetes Working Party for OlderPeople) che si occupano di diabetologia o di ge-stione di pazienti diabetici che hanno elaborato negliultimi dieci anni linee guida, protocolli, o indicazionidi trattamento. Pertanto, sono state estratte dai loro

    siti, le Linee Guida includendo quelle pubblicate

    nell’ultimo decennio.

    2.4 Estrazione dei dati e valutazione qualita-

    tiva degli studi

    Una volta incluse le Linee guida sono state sintetiz-zate da due ricercatori in modo indipendente.L’estrazione dei dati e la valutazione della qualità me-todologica degli studi sono state effettuate utilizzando

    un’unica tabella, sulla base dei criteri di valutazionecritica disponibili, adattati a seconda del disegnodello studio (Oxman 1994, Moher et al, 1999, Ver-haggen et al, 1998, Lo Biondo & Haber 2002). Sonostate estratte le raccomandazioni attribuendo a cia-scuna, il livello di prova sulla base delle indicazionidel Programma Nazionale per le Linee Guida (2002)come riportato in Tabella 2. Laddove le raccomanda-zioni riportavano il livello di prova in accordo ad unaclassificazione diversa da quella italiana, veniva ef-fettuata un’operazione di traduzione comparativa.

    – Qual è il rischio di depressione nelle persone anziane con diabete e quali effetti può avere la depressionesull’efficacia dell’auto-gestione?– Qual è l’effetto della polifarmacoterapia nelle persone anziane con diabete? In quale misura incidono i

    danni da interazione farmacologica nell’anziano con diabete?– Qual è il rischio di ipoglicemia (frequenza, fattori determinanti) e di iperglicemia, nella persona anziana

    con diabete? Le ipoglicemie nell’anziano sono più severe e dannose? Perché? In che modo si possonoevitare/ridurre? Nella somministrazione di insulina, l’utilizzo di penne per la somministrazione dell’in-sulina è raccomandata anche nelle persone anziane?

    – Quali strategie assistenziali occorrono per affrontare la complessità assistenziale della persona anzianacon diabete?

    – Quali sono le strategie educative più efficaci e quando deve essere coinvolto un care-giver per assicurareuna gestione sicura?

    – L’utilizzo della telemedicina è una risorsa da utilizzare nell’anziano diabetico?– Le condizioni sociali dell’anziano diabetico incidono sugli outcome di autocura?– Quali sono le strategie di gestione di un gruppo di anziani accolti in casa di risposo?

    Segue Tabella 1

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    È stato assegnato il Livello I* alle raccomandazioni ad elevato contributo informativo utilizzate anche per laformazione continua in altri Paesi. Queste, non riferivano il metodo utilizzato per l’estrazione della letteratura enon era pertanto valutabile il livello di sistematicità; è stato invece assegnato il livello I-VI* quanto la racco-mandazione includeva revisioni di non certa sistematicità e il parere di esperti.

    10

    Tabella 4. Livelli di prova PNLG (2002)

    I

    II

    III

    IV

    V

    VI

    Prove ottenute da più studi clinici controllati randomizzati e/o da revisioni sistematiche di studirandomizzati.

    Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato.

    Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi.

    Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso-controllo o loro metanalisi.

    Prove ottenute da studi di casistica (“serie di casi”) senza gruppo di controllo.

    Prove basate sull’opinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti come indicato in linee guida oconsensus conference .

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    3.1 Obiettivi nell’assistenza alle persone an-

    ziane con diabete

    Gli obiettivi dell’assistenza ai pazienti anziani diabe-tici, riflettono quelli suggeriti per gli adulti: il controllodell’iperglicemia e dei suoi sintomi, la prevenzione,

    valutazione e trattamento delle complicanze macro emicrovascolari diabetiche, l’educazione al self-mana-gement, il mantenimento o il miglioramento di buonecondizioni di salute. Nonostante gli obiettivi prefissatisiano gli stessi degli adulti, la cura delle persone an-ziane con diabete è complicata dalla loro eterogeneitàclinica.Alcuni anziani presentano un diabete diagnosticatoin età adulta e devono affrontare anni di comorbidità.Altri, ricevono una diagnosi già in età anziana e pos-sono aver vissuto molti anni di comorbidità non dia-

    gnosticate. Alcuni anziani diabetici sono fragili e pre-sentano molte condizioni croniche concomitanti (cor-relate o non al diabete) o limitazioni fisiche ocognitive. Altri diabetici anziani, invece, non hannocomorbidità e conducono una vita sostanzialmenteattiva.Anche l’aspettativa di vita è estremamente variabileda individuo a individuo, in relazione alla condizioneclinica e alle comorbidità.In ogni caso, le persone anziane attive, senza pro-blemi cognitivi e con una buona aspettativa di vitadovrebbero ricevere un’assistenza simile a quelledelle persone diabetiche giovani [livello VI, ADA(2013)].

    L’insorgenza del diabete nell’età avanzata è spessoasintomatica e non specifica, per questo la diagnosi

    11

    RISULTATI

    3.

    Il diabete nell’anziano rappresenta un problema di grande rilevanza dal punto di vista della gestione clinico/as-sistenziale e, se consideriamo il numero sempre più crescente di questa popolazione di pazienti, è importantetenere conto anche l’aspetto economico. Diventa fondamentale l’utilizzo di documenti di indirizzo che aiutinoad intervenire in maniera adeguata su questo gruppo di persone, a tale proposito è utile sottolineare la man-canza di sufficiente evidenza clinica nel formulare raccomandazioni sulle migliori prassi di cura per i pazientianziani diabetici, ed occorre rilevare l’assenza di studi di intervento su larga scala in persone anziane con dia-bete di Tipo 2, e di conseguenza, la mancanza di prove sostanziali del vantaggio derivante dal controllo glice-mico e lipidico, e/o di evidenze a supporto di un particolare modello di cura.In tale contesto, si enfatizza l’importanza degli studi osservazionali quale strumento di integrazionee di conferma dei dati provenienti dagli studi randomizzati controllati.

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    potrebbe essere ritardata [livello III, Sinclair et al(2011)].

    La decisione sul trattamento da offrire al paziente deveessere fondata sul rapporto rischi/benifici. Tuttavia,devono essere considerati anche altri aspetti quali lavulnerabilità all’ipoglicemia, l’abilità di self-manage-ment che può evolvere nel tempo, la presenza di altrepatologie, lo stato cognitivo e l’aspettativa di vita [li-vello IV, Sinclair et al (2011)]. Ad esempio, negli an-ziani con diabete di tipo 2, le sulfaniluree devono

    essere prescritte con attenzione poiché il rischio ipo-glicemico che causano è maggiore in questa fasciad’età [livello V, Graydon et al (2013)]. Nei soggetti in-sulino-trattati, è consigliabile, invece, utilizzare insu-line pre-miscelate per ridurre il rischio di errori disomministrazione e migliorare il controllo glicemico[livello II, Graydon et al (2013)]. Negli anziani condiabete, l’uso di insuline pre-miscelate e di penne

    pre-riempite può comportare una riduzione degli er-rori di dosaggio e un miglioramento del controllo gli-cemico [livello IV, Sinclair et al (2011)].Le linee guida disponibili non specificano obiettiviper le diverse fasce di età [livello I, Kirkman et al(2012)]: pertanto, si assumono validi quelli in esseriportati anche per le persone anziane. Infatti, gli an-ziani diabetici in buone condizioni generali di salutedovrebbero tentare di raggiungere gli stessi obiettiviglicemici, pressori e lipidici dei diabetici più giovani[livello VI, Graydon et al (2013); livello VI, ADA(2013)]. Per la complessità propria delle persone an-ziane che sviluppano diabete o che diventano anzianeed hanno il diabete da molto tempo, si raccomandapertanto di:– tenere in considerazione la rilevante eterogeneità

    delle persone anziane, soprattutto quando si sta-

    biliscono gli obiettivi di trattamento e le priorità[livello I, Brown et al (2003)].

    – in accordo alle Linee Guida dell’ADA, mantenerela HbA1C < 7%, utilizzando anche criteri meno ri-

    gidi (ad esempio HbA1C < 8%) per pazienti conridotta aspettativa di vita, gravi complicanze dia-betiche e numerose comorbidità.

    – assicurare flessibilità negli obiettivi glicemici perpazienti fragili e con storia di patologia psichia-trica, in cui dovrebbero essere considerati i se-guenti valori di riferimento:

    – HbA1C: 53-64 mmol/mol (7-8%);

    – Glicemia a digiuno: 7-8.5 mmol/L (126-153mg/dl);– Glicemia post-prandiale (a 2 ore dal pasto): 8-12

    mmol/L (144-216 mg/dl)Questi valori dovrebbero ridurre il rischio di ipo-glicemie e mantenere livelli glicemici tali da nonrichiedere frequenti modifiche terapeutiche [livelloI*, Sinclair et al (2011)]. Per ridurre il rischio diiperglicemia sintomatica, negli anziani fragili, gliobiettivi glicemici dovrebbero essere una HbA1C≤ 8,5% e un glucosio plasmatico a digiuno/pre-prandiale 5,0-12,0 mmol/L (90-180 mg/dl). Inogni caso, la prevenzione dell’ipoglicemia deve ri-manere una priorità rispetto al raggiungimentodegli obiettivi glicemici considerato l’aumentatorischio ipoglicemico di questa popolazione fragile[livello VI, Graydon et al (2013)].

    3.2 Strategie preventive ed educative

    Rispetto agli obiettivi di salute, gli anziani diabeticifocalizzano la loro attenzione soprattutto sull’indipen-denza nelle ADL. Pertanto, considerare altri obiettivi(come ad esempio, quelli attinenti al diabete), può di-ventare una sfida importante.Gli obiettivi vanno definiti attraverso un’alleanza conla persona assistita: un elemento essenziale per mi-gliorare la comunicazione è cercare una congruenza

    12

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    tra gli obiettivi di vita della persona e quelli dei sani-tari [livello VI, Kirkman et al (2012)]. Spesso è com-

    plesso discutere con la persona assistita e riuscire aconciliare il trattamento con le sue preferenze, soprat-tutto se ha difficoltà a comprendere la significativitàdei fattori di rischio e l’importanza di una loro ridu-zione. Gli operatori sanitari, dunque, dovrebberoprima di tutto educare pazienti e caregivers sul ruolodei fattori di rischio nello sviluppo di complicanzediabetiche e, quindi, discutere assieme i possibili

    vantaggi e svantaggi derivanti dagli interventi finaliz-zati a ridurre tali rischi [livello VI, Kirkman et al(2012)].L’educazione è ritenuta una strategia fondamentalenella prevenzione del diabete, nella gestione e nellaprevenzione delle complicanze. Per alcuni pazienti,soprattutto i più complessi dal punto di vista clinico,fare riferimento a un professionista esperto in educa-

    zione terapeutica e diabete che offre counselling in-dividuale o di gruppo, può rivelarsi una strategiamolto utile per migliorare il controllo della patologia[livello I, Brown et al (2003)].Vi sono numerose evidenze sull’efficacia di interventieducativi alla persona con diabete [livello I, Brown etal (2003); livello I-VI, Kirkman et al (2012)]. Tuttavia,va ricordato che pochissimi studi sono stati condottisu una popolazione anziana.

    Sulla base delle evidenze disponibili, pertanto, si rac-comanda:– L’accertamento individualizzato delle condizioni

    psicologiche e sociali delle persone con diabetedovrebbe essere parte integrante di ogni percorsodi presa in carico; in questa valutazione, dovreb-bero essere considerate le risorse emozionali, co-

    gnitive, economiche e sociali che possonoinfluenzare negativamente la gestione del diabete.

    Gli interventi psico-sociali possono migliorare inmaniera modesta ma significativa la gestione del

    diabete e quindi l’HBA1c [livello VI, ADA (2013);livello I, Dworatzek et al.(2013)]. Va segnalato, tut-tavia, che tale raccomandazione è fornita per la po-polazione generale e non specificamente per glianziani.

    – Numerosi studi riportano l’associazione tra bassolivello socio-economico e inadeguato controllometabolico, con una maggiore frequenza di com-

    plicanze vascolari (micro e macro) nelle classi so-ciali più svantaggiate [livello I-VI*, ADI-AMD-SID(2013)]. Va segnalato, tuttavia, che anche tale rac-comandazione è fornita per la popolazione gene-rale e non specificamente per gli anziani.

    – Sarebbe auspicabile l’utilizzo di un piano educa-tivo strutturato per tutti gli anziani diabetici [livelloI, Sinclair et al (2011)] tale piano dovrebbe essere:

    • basato sulle migliori strategie educative perl’apprendimento negli adulti;• fornito da un adeguato staff multidisciplinare;• caratterizzato da incontri individuali e di

    gruppo;• personalizzato alle specifiche esigenze della

    popolazione anziana [livello IV, Sinclair et al(2011)].

    – Le sessioni educative dovrebbero essere accessi-bili a tutti i pazienti anziani considerando la cul-tura, il linguaggio, le preferenze alimentari, l’etnia,le disabilità e i fattori geografici [livello IV, Sinclairet al (2011)]. In aggiunta, negli anziani, è impor-tante considerare la presenza di eventuali deficitsensitivi (ad esempio, quelli visivi e uditivi), co-gnitivi e fisici che implicano l’apprendimento dialtre informazioni [livello VI, Kirkman et al (2012)].

    – I caregivers, i familiari e gli amici dovrebbero es-sere coinvolti nell’educazione, al fine di incremen-

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    tare la possibilità di raggiungere gli obiettivi pre-fissati [livello VI, Kirkman et al (2012)].

    – I professionisti che si occupano dell’educazione,quando interagiscono con persone con deficit co-gnitivi, dovrebbero rivolgersi al paziente utiliz-zando il suo nome, parlando in modo semplice,usando segnali e gestualità che aiutino la memo-rizzazione (analogie verbali, esperienze pratiche,dimostrazioni ed esempi). Altra strategia utilizza-bile è quella di organizzare una serie di visite/in-

    contri per incrementare le informazioni e leconoscenze; riassumere e sintetizzare frequente-mente i concetti più importanti; concentrarsi suuna capacità/abilità per volta; insegnare le abilitàpartendo dai concetti semplici e proseguendo gra-dualmente verso quelli più complessi; forniresemplici brochure [livello VI, Kirkman et al(2012)].

    – Anche in assenza di problemi cognitivi, i profes-sionisti dovrebbero considerare che alcune per-sone possiedono una limitata competenzasanitaria e possono risentire del peso di altre co-morbidità che implicano l’apprendimento di altreinformazioni. [livello VI, Kirkman et al (2012)]

    – È importante realizzare un regolare monitoraggiodegli obiettivi prefissati e delle abilità acquisite inmodo da rinforzare l’educazione già fornita e so-stenere il processo di cambiamento. Questi inter-venti sono fondamentali soprattutto quando siassistono persone anziane poiché il loro status co-gnitivo e funzionale può modificarsi anche intempi molto brevi [livello I, Brown et al (2003)].

    – Un programma educativo attentamente pianificato,e che offre istruzioni sull’autogestione, miglioral’aderenza alla terapia anche nelle persone anziane

    (Livello I, California Healthcare Foundation[2003]).

    Alla luce della scarsità di studi riguardo al diabete inetà anziana, le decisioni sul trattamento devono es-

    sere assunte con un certo livello di incertezza. L’ap-proccio suggerito per migliorare la qualità di questedecisioni è quello dello shared decision-making . Lecomponenti chiave di tale approccio sono: stabilireuna continua collaborazione/accordo tra professioni-sta sanitario e persona assistita, scambiare le infor-mazioni, riflettere sulle opzioni e sulle possibili scelte,decidere come applicare tali scelte [livello VI, Kir-

    kman et al (2012)].A di la degli aspetti generali, l’approccio educativodovrebbe essere focalizzato su alcuni aspetti prioritariquali: la dieta, l’attività e l’esercizio fisico, lo screeninge la gestione dei problemi di salute concomitanti oconseguenti il diabete.

    3.3 La gestione nutrizionale

    Tra i 40 e i 60 anni, il fabbisogno calorico giornalierosi riduce di circa il 5% ogni decade; tra i 60 e i 70anni si riduce del 10%; dopo i 70 anni di un ulteriore10%. Tuttavia, il problema delle persone anziane nonè solo quello di assumere un adeguato quantitativodi energia ma anche di avere una dieta varia ed equi-librata che comprenda tutti i nutrienti. Tra il gruppodelle persone anziane con diabete, quelle che sco-

    prono di essere diabetiche in tarda età sono quellepiù critiche poiché devono affrontare una serie dicambiamenti nelle loro abitudini che necessitano diun supporto e di una guida mentre, i diabetici chesono diventati anziani, hanno imparato nel tempo agestire la patologia e le complicanze.Durante l’età anziana dovrebbe ridursi l’introitoenergetico, ma non i macronutrienti necessari. Lariduzione dell’apporto calorico giornaliero comportauna maggiore difficoltà nella corretta assunzione deivari micronutrienti rendendo gli anziani a rischio di

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    tanto, può essere suggerita frutta, verdura e ce-reali integrali.

    • Potrebbe essere suggerito l’utilizzo di spezie perfacilitare la riduzione di sale nella dieta;

    • Dovrebbero bere molto e frequentemente. È im-portante stimolare gli anziani ad idratarsi anchein assenza dello stimolo della sete che, in que-sta età, risulta affievolito e meno sensibile.

    • Sarebbe opportuno programmare uno spuntinodopo la cena per prevenire le ipoglicemie not-

    turne. Sarebbe altrettanto opportuno stabilirequali alimenti assumere in caso di episodioipoglicemico (considerando anche le patologieconcomitanti e l’attività fisica che si compie);

    • La dieta andrebbe adeguata in caso di iperten-sione arteriosa, dislipidemia, obesità, insuffi-cienza renale;

    • Nella preparazione dei cibi è necessario porre

    attenzione alle capacità di masticazione e de-glutizione dei pazienti (anche per migliorare iprocessi digestivi). Se necessario, adeguare laconsistenza e la preparazione degli alimenti allespecifiche esigenze dei soggetti (ad esempio,cibi tritati, frullati o addensati); andrebbero,inoltre, evitati pasti pesanti ed eccessivi;

    Nei contesti domiciliari, ma soprattutto in quelli re-sidenziali, dove gli approcci possono essere menopersonalizzati a causa di fattori organizzativi (adesempio, nelle case di riposo) l’alimentazione neglianziani diabetici dovrebbe prevedere:• almeno tre pasti regolari ogni giorno, aiutando le

    persone a non “saltare” i pasti e a distribuire i varialimenti nell’arco della giornata. Questo può favo-rire non solo il controllo dell’appetito, ma anche

    della glicemia [livello I*, Sinclair et al (2011)].Oltre ai 3 pasti principali dovrebbero essere ga-

    rantiti anche 2 spuntini. Qualora al paziente siasomministrata insulina serale, per evitare ipogli-

    cemie, può essere opportuno uno spuntino dopoun’ora e mezza dalla cena [livello I, ADI-AMD-SID(2013)].

    • ad ogni pasto, dovrebbe essere presente un quan-titativo di carboidrati amidacei (es. pasta, pane,patate, riso e cereali). Il controllo della quantità dicarboidrati assunta durante l’intera giornata è im-portante. È necessario stimolare il consumo di

    carboidrati a lento assorbimento (con un indiceglicemico basso), che influenza i livelli glicemiciin modo meno intenso rispetto agli alimenti adalto indice glicemico. L’assunzione di una varietàdi alimenti con carboidrati amidacei che conten-gono anche molte fibre è molto utile anche permantenere una adeguata funzionalità del sistemagastrointestinale (prevenendo soprattutto la stipsi)

    [livello I*, Sinclair et al (2011)];• l’introito proteico consigliato nelle persone an-ziane con diabete (in assenza di nefropatia) è equi-valente a quello consigliato per i giovani (0,8mg/kg al giorno). Spesso però, nei soggetti moltoanziani, si rileva un introito proteico ridotto o in-sufficiente. Per questo potrebbe essere opportunoconsigliare un introito almeno uguale o lievementesuperiore a 1,0 mg/kg al giorno, privilegiando leproteine ad alto valore biologico (soprattutto percontrastare i processi di catabolismo tipici dell’etàavanzata). In ogni caso, sono necessari studi piùspecifici per i soggetti anziani diabetici [livello I,ADI-AMD-SID (2013)]. Le persone anziane condiabete dovrebbero suddividere la quota proteicaquotidiana che consumano nei tre pasti principali.Dovrebbero assumere tra i 25 e i 30 grammi di

    proteine per ciascun pasto (preferibilmente pro-teine essenziali) [livello II, ADI-AMD-SID (2013)].

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    Solo in caso di nefropatia diabetica (con eventualeinsufficienza renale) la quota di proteine dovrebbe

    essere ridotta;• consumare poco zucchero e alimenti zuccherati:

    ciò non significa che le persone anziane con dia-bete debbano assumere diete completamente privedi zuccheri. Lo zucchero è naturalmente parte diuna dieta varia e bilanciata. Tuttavia, è importantelimitare soprattutto il consumo di bevande zuc-cherate e gassate [livello I*, Sinclair et al (2011)];

    • consumare molta frutta e verdura: cinque porzionial giorno garantiscono un adeguato apporto di vi-tamine, minerali e fibre, coadiuvando l’intero equi-librio alimentare/dietetico [livello I*, Sinclair et al(2011)];

    • consumare almeno due porzioni di pesce azzurroogni settimana (sgombro, sardine, salmone chepossono essere in scatola, congelati o freschi).

    Tali alimenti contengono gli omega 3, utili nellaprevenzione delle patologie cardiovascolari [livelloI*, Sinclair et al (2011)];

    • limitare la quantità di cibi conservati che conten-gono molto sale [livello I*, Sinclair et al (2011)].Negli anziani con diabete può, infatti, essere op-portuno ridurre l’apporto giornaliero di sodio perprevenire l’ipertensione arteriosa e altre patologiecardiovascolari e renali [livello I, ADI-AMD-SID(2013)].

    • monitorare il rischio di disidratazione: è ricono-sciuto che gli anziani siano più a rischio di disi-dratazione. I soggetti anziani diabetici presentanoun rischio superiore a causa della poliuria tipicadi tale patologia. Molta attenzione deve perciò es-sere posta al monitoraggio dell’introito idrico [li-vello I*, Sinclair et al (2011)]. Un’adeguata

    idratazione può favorire il mantenimento della fun-zionalità renale, idratare la cute, ridurre il rischio

    di stipsi. I liquidi si possono assumere anche at-traverso il consumo di frutta, verdura, the, latte e

    tisane [livello I, ADI-AMD-SID (2013)].• ridure l’assunzione di alcool (2 unità per le donne,

    3 unità per gli uomini). Una Unità Alcolica (U.A.)corrisponde a circa 12 grammi di etanolo, che sonocontenuti in un bicchiere piccolo (125 ml) di vinoa media gradazione o in una lattina o bottiglia dibirra (330 ml) di media gradazione [Linee guida INRAN per una sana Alimentazione Italiana 2003 ].

    È importante porre attenzione al tipo di bevanda chesi assume (una bevanda può contenere, infatti, piùunità alcoliche). L’alcool apporta calorie ed è utileridurne le quantità, soprattutto nelle persone chestanno tentando di perdere peso. Inoltre, l’alcoolpuò causare ipoglicemie in particolare nelle per-sone diabetiche in trattamento. Per quest’ultimomotivo, non è raccomandato bere alcolici a sto-

    maco vuoto [livello I*, Sinclair et al (2011)]. L’alcolnon è totalmente controindicato negli anziani dia-betici, un bicchiere di vino a fine pasto può favorirela digestione stimolando la secrezione di succhigastrici. Deve tuttavia essere assunto con discre-zione e non superare il 5-10% dell’introito caloricogiornaliero necessario. L’assunzione di alcol deveessere ulteriormente ridotta in caso di sovrappeso,ipertensione arteriosa non controllata, ipertriglice-ridemia, scompenso metabolico. Da evitare asso-lutamente in caso di pancreatite e polineuropatiasensitivo-motoria [livello I, ADI-AMD-SID (2013)].

    • contrastare la carenza di ferro attraverso l’assun-zione di legumi, radicchio verde, spinaci, uova,tonno in scatola, carne rossa e petto di pollo [li-vello I, ADI-AMD-SID (2013)] I legumi (fagioli, fa-giolini, lenticchie e ceci) sono inoltre, utili al

    controllo dei livelli ematici di glucosio e dei grassi[livello I*, Sinclair et al (2011)];

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    • assicurare il giusto apporto di vitamine e sali mi-nerali: l’assunzione, nella dieta, di carotenoidi, fla-

    vonoidi, vitamine e minerali antiossidanti puòcontribuire a contenere lo sviluppo di patologiedegenerative (es. cataratta e la degenerazione ma-culare dovuta all’età) [livello I, ADI-AMD-SID(2013)]. Tali elementi sono facilmente forniti daalimenti quali: legumi, frutta fresca e verdure (que-ste ultime, inoltre, dato il contenuto di fibre, mi-gliorano la peristalsi intestinale e riducono il

    rischio di stipsi) [livello I, ADI-AMD-SID (2013)].È necessario porre molta attenzione all’assunzionedelle seguenti vitamine:- Vitamina D, importante per prevenire l’osteo-

    porosi (soprattutto nelle donne). Alcuni studi,inoltre, sostengono un ruolo protettivo di talesostanza nei confronti di altre patologie (comele neoplasie, le malattie cardiovascolari e lo

    stesso diabete). Tale funzione protettiva, tutta-via, non è ancora completamente provata.- Vitamina B12 e acido folico (sostanze frequen-

    temente carenti negli anziani). Conseguenze ditali deficit possono essere l’anemia macrociticae la polineuropatia sensitivo-motoria (già com-plicanza del diabete). Qualora siano presenticarenze vitaminiche e di sali minerali, possonoessere assunti integratori [livello I, ADI-AMD-SID (2013)].

    • qualora l’introito calorico quotidiano non sia suf-ficiente, è possibile suggerire interventi quali: in-coraggiare ad assumere pasti piccoli e frequenti,integrare gli alimenti assunti, modificare la con-sistenza dei cibi, aggiungere specifici supple-menti ai pasti (sono disponibili formulazioninormali o per diabetici) [livello VI, Kirkman et al

    (2012)].Inoltre, si raccomanda di:

    • Evitare cibi e bevande per diabetici: non compor-tano reali benefici, sono costosi, possono comun-

    que influenzare i livelli glicemici oltre a contenerele stesse quantità di grassi e calorie degli alimentiin versione normale e ad avere un potenziale ef-fetto lassativo [livello I*, Sinclair et al (2011)].Anche negli anziani diabetici residenti in case diriposo, è meglio preferire una dieta regolare piut-tosto che una dieta per diabetici o formulazioni ali-mentari specifiche [livello V, Graydon et al (2013)].

    – Ridurre la quantità di lipidi assunta soprattuttonelle persone anziane in sovrappeso [livello I*,Sinclair et al (2011)]. Il monitoraggio del pesocorporeo è un elemento significativo nello svi-luppo e nel trattamento del diabete di tipo 2. Lepersone sovrappeso o obese che vivono in casadi riposo, potrebbero beneficiare di un calo pon-derale del 5-10%. In ogni caso, gli obiettivi spe-

    cifici vanno concordati con i pazienti al fine dicoinvolgerli nella pianificazione assistenziale [li-vello I*, Sinclair et al (2011)]. L’obesità e il so-vrappeso devono essere contrastati nei soggettianziani diabetici. L’obesità, inoltre, aggrava ulte-riormente il declino delle capacità funzionali (ti-pico dell’anzianità) e aumenta la fragilità deipazienti. Per promuovere un’adeguata e controllataperdita di peso, sono raccomandate strategie cheassociano l’attività fisica alla terapia nutrizionale.Queste strategie possono condurre anche ad unmiglioramento delle abilità fisiche del soggetto ea una riduzione del rischio cardiometabolico neglianziani diabetici [livello I, Kirkman et al (2012)].Negli anziani il BMI potrebbe non essere uno stru-mento efficace per valutare il livello di obesità acausa delle modificazioni della composizione cor-

    porea che avvengono nell’età avanzata.– Evitare le diete eccessivamente ipocaloriche che,

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    nei pazienti anziani diabetici, possono concorrerealla compromissione dello stato nutrizionale. L’età

    anziana, infatti, comporta modificazioni importantidal punto di vista fisiologico (rallentamento delmetabolismo basale, riduzione della massa mu-scolare, cambiamenti nello stile di vita quali ridu-zione dell’attività fisica). Pertanto, nonostante sianecessaria una riduzione del fabbisogno energe-tico giornaliero, è altrettanto necessaria una ade-guata assunzione degli alimenti necessari.

    L’introito calorico minimo giornaliero consigliatoè di 1300-1400 kcal per le donne e 1500-1600kcal per gli uomini. I pasti dovrebbero essere co-stituiti per il 45-60% da carboidrati (soprattuttocomplessi e a basso indice glicemico), 15-20%da proteine e 25-35% da lipidi (soprattutto grassimono e poli-insaturi di origine vegetale) [livelloII, ADI-AMD-SID (2013)].

    – Coinvolgere un dietista specialista nella gestionedelle persone diabetiche sottopeso residenti incasa di riposo. La perdita non intenzionale di pesonegli anziani diabetici può peggiorare la sarcope-nia, la densità minerale ossea e i deficit nutrizio-nali [livello I, Kirkman et al (2012)].Spesso è appropriata una dieta ricca di proteinee ad alto contenuto calorico (anche tramite inte-gratori alimentari o, se necessario, nutrizione en-terale). Qualora tale supporto nutrizionalecausasse un rialzo dei valori glicemici, è impor-tante rimodulare la terapia [livello I*, Sinclair etal (2011)].

    – Verificare periodicamente i problemi gengivali: lepersone anziane diabetiche hanno un rischio trevolte superiore di soffrire di problemi gengivali ri-spetto alle persone non diabetiche. Tale problema

    potrebbe ridurre l’apporto calorico e idrico [livelloI*, Sinclair et al (2011)].

    3.4 L’esercizio fisico

    La massa e la forza muscolare si riducono con l’au-mentare dell’età e questo processo, negli anziani dia-betici, può essere aggravato dalle complicanze dellamalattia, dalle comorbidità e da periodi di ospedaliz-zazione. Gli anziani con una lunga storia di diabete equelli con una HbA1C elevata hanno una ridotta forzamuscolare se confrontati ai loro coetanei con diabetedi recente insorgenza o con glicemie ben controllate.Per quanto riguarda l’esercizio fisico, gli anziani dia-

    betici dovrebbero seguire le raccomandazioni valideper gli adulti diabetici (vedi Raccomandazioni OSDIN° 3). Se questo non è possibile a causa di patologiecroniche o comorbidità limitanti, le persone anziane,dovrebbero comunque essere stimolate a essere at-tive in relazione a quanto la loro condizione clinicapermetta. Nonostante l’età anziana e il diabete ridu-cano la forza muscolare e la forma fisica, l’attività fi-

    sica può migliorare lo stato funzionale [livello I-VI].Anche un’attività fisica di lieve intensità si associa auna migliore salute fisica e un miglior benesserepsico-sociale [livello I-VI, Kirkman et al (2012)].La totale inattività fisica dovrebbe essere evitata. Qua-lora le persone siano a rischio di caduta, dovrebberotentare di affrontare esercizi che mantengano o mi-gliorino l’equilibrio [livello VI, SIGN (2013)].

    Sulla base delle evidenze disponibili:– Negli anziani con alterata tolleranza al glucosio,

    l’esercizio fisico regolare (come parte di una mo-dificazione degli stili di vita) può ridurre il rischiodi sviluppare diabete mellito di tipo 2, indipen-dentemente dal BMI [livello III, Sinclair et al(2011)].

    – Negli anziani non obesi e con elevate glicemie adigiuno e post-carico, la modifica dello stile di vitaè preferibile rispetto al trattamento con metformina

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    nel ridurre il rischio di sviluppare diabete mellitodi tipo 2 [livello I, Sinclair et al (2011)].

    – I soggetti anziani con diabete mellito di tipo 2 do-vrebbero svolgere una costante attività aerobicae/o allenamento di resistenza, se non controindi-cato, per migliorare il controllo glicemico. Cam-minare è uno degli esercizi fisici più comuni efattibili per gli anziani diabetici [livello II, Graydonet al (2013)].

    – I soggetti in buone condizioni fisiche dovrebbero

    essere incoraggiate a eseguire le stesse indica-zioni raccomandate agli adulti diabetici. In ognicaso, anche le persone con maggiori problemi disalute possono beneficiare di un modesto incre-mento dell’attività fisica [livello VI, Kirkman et al(2012)].

    3.5 Lo screening e la gestione dei problemi

    di salute concomitanti o conseguenti il dia-

    bete

    Lo screening e gli interventi di prevenzione dellecomplicanze del diabete sono fortemente raccoman-dati; tuttavia, sono spesso il risultato di studi condottisu soggetti giovani. Per soggetti anziani in buonostato di salute e con una lunga aspettativa di vita, èragionevole seguire le stesse raccomandazioni di

    screening formulate per i giovani. In particolare, è im-portante considerare quelle complicanze che possonoridurre l’autonomia, compromettere funzionalmenteil soggetto e ridurre la sua qualità di vita nel breveperiodo (come le ulcere diabetiche, le amputazioni ei deficit della vista) [livello VI, Kirkman et al (2012)].La valutazione dello status funzionale della personaanziana dovrebbe includere:– l’aspetto cognitivo;– l’aspetto globale/fisico;– l’aspetto affettivo [livello I, Sinclair et al (2011)].

    Sulla base delle evidenze disponibili, si raccoman-dano le seguenti azioni:

    – Monitorare le funzioni cognitive : il diabete si basasull’autogestione, l’automonitoraggio e l’auto-per-cezione. Quando le funzioni cognitive sono alte-rate o divengono instabili, si può incorrere nelrischio di errata gestione della malattia, errata per-cezione della propria condizione di salute, ipogli-cemia o iperglicemia. Infatti, vi è un’associazionetra iperglicemia e/o ipoglicemia e disfunzione co-

    gnitiva: il deterioramento cognitivo aumenta il ri-schio di episodi ipoglicemici e,contemporaneamente, una storia di frequenti e se-vere ipoglicemie si associa spesso a una mag-giore incidenza di demenza [livello VI, Kirkman etal (2012)]. La prevalenza di malattia di Alzheimere di demenze multi-infartuali è circa doppia neglianziani diabetici rispetto a quelli non diabetici. In

    un trial clinico, il controllo glicemico intensivo eil controllo pressorio (PAS < 120 mmHg) non sisono rivelati efficaci nel ridurre il deterioramentocognitivo [livello I-VI, Kirkman et al (2012)].

    Al momento della diagnosi di diabete e successiva-mente a intervalli regolari, i pazienti di età superioreai 70 anni dovrebbero essere sottoposti allo scree- ning per identificare la presenza di deterioramentocognitivo utilizzando ad esempio degli strumenti va-lidati come il MMSE [livello IV, Sinclair et al (2011)]o il Clock Drawing Test per valutare se il paziente an-ziano diabetico possa incontrare difficoltà nella som-ministrazione di insulina [livello V, Graydon et al(2013)].È importante valutare l’aspetto cognitivo fin dalla dia-gnosi e ad ogni modifica della condizione di malattia[livello I, Brown et al (2003)]. Anche i caregivers pos-

    sono essere una valida fonte di informazioni per in-dividuare tali difficoltà; il loro coinvolgimento è

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    determinante per raggiungere gli obiettivi terapeuticinelle persone con deterioramento cognitivo [livello I,

    Brown et al (2003)].Un equilibrio glicemico ottimale può aiutare a man-tenere le funzioni cognitive degli anziani diabetici [li-vello I, Sinclair et al (2011)]. Anche un equilibriopressorio ottimale può aiutare a mantenere le perfor-mance cognitive e a migliorare l’apprendimento e lamemoria [livello IV, Sinclair et al (2011)]. Prevenireripetuti episodi ipoglicemici negli anziani diabetici

    può ridurre il rischio di deficit cognitivi e demenze[livello IV, Sinclair et al (2011)].E’ pertanto necessario:• Effettuare periodicamente uno screening delle fun-

    zioni cognitive della persona anziana, perché la ri-duzione della cura di se può rendere difficoltosealcune attività quali il controllo glicemico, le mo-difiche della terapia insulinica o il mantenimento

    di una dieta equilibrata e corretta negli orari e nelletipologie di alimenti [livello VI, Kirkman et al(2012)]. Uno screening regolare per individuare ideficit cognitivi e i problemi dell’umore è racco-mandato per tutti gli anziani diabetici residenti incasa di riposo [livello IV, Sinclair et al (2011)].

    • Coinvolgere i caregivers per monitorare gli epi-sodi di ipoglicemia nelle persone con alterazionedello stato cognitivo [livello VI, Kirkman et al(2012)].

    • Attuare strategie per ridurre il rischio ipoglice-mico, quali la scelta di una terapia con ipoglice-mizzanti orali e l’impostazione di obiettivi diHbA1C meno rigidi nelle persone con declino co-gnitivo a rischio di gestione inefficace [livello VI,Graydon et al (2013)].

    – Monitorare l’autonomia nelle ADL: l’età avanzatae il diabete sono entrambi fattori di rischio per di-

    sabilità. I soggetti diabetici sono meno attivi fisi-camente e presentano una ridotta funzionalità ri-

    spetto ai soggetti non diabetici. L’eziologia di taliproblematiche comprende l’interazione tra patolo-gie mediche coesistenti, neuropatia periferica,problemi di vista e di udito, instabilità posturale enella deambulazione.

    La neuropatia periferica (presente nel 50-70% deglianziani diabetici) aumenta il rischio di instabilità eatrofia muscolare. Questo limita l’attività fisica e in-

    crementa notevolmente il rischio di cadute.Anche altre condizioni tipicamente associate al dia-bete, come la coronaropatia, l’obesità, i problemi ar-ticolari, l’ictus, la depressione e i disturbi visivi,hanno un impatto negativo sull’attività fisica e sullafunzionalità dei soggetti.E’, pertanto, necessario considerare che:• L’età avanzata, il diabete e le coesistenti condizioni

    descritte, sono associate a un elevato rischio dicadute e di frattura. Le donne diabetiche, in parti-colare, hanno un rischio molto elevato di fratturedell’anca e dell’omero prossimale (in relazioneanche al BMI, all’età e alla densità ossea). È moltoimportante, pertanto, valutare periodicamente il ri-schio di caduta e l’autonomia nelle ADL; evitareepisodi severi di ipoglicemia e iperglicemia puòridurre il rischio di cadute. Inoltre, si possonotrarre benefici dalla fisioterapia, soprattutto nei pa-zienti ad alto rischio o che hanno presentato re-centi cadute [livello VI, Kirkman et al (2012)].

    • Ogni anziano con diabete di tipo 2 dovrebbe es-sere sottoposto ad una valutazione del suo statusfunzionale da parte di un team multidisciplinare(esperto nella valutazione con uso di scale) [livelloI, Sinclair et al (2011)].

    • Il rischio di incontinenza urinaria è un problemacomune negli anziani diabetici, soprattutto nelle

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    noscere ed attribuire al diabete perché possono es-sere mascherate da altre condizioni cliniche.

    Per prevenire e ridurre il rischio di ipoglicemia, siraccomanda di:• Controllare e rivalutare a intervalli regolari la te-

    rapia (dose, frequenza di somministrazione, oraridei pasti) e ridurre le interazioni farmacologiche,se possibile;

    • Eseguire una anamnesi completa iniziale riguardoalle abitudini alimentari della persona (soprattutto

    riguardo a diete non equilibrate o non sufficienti).In caso di frequenti episodi ipoglicemici, è neces-saria la consulenza di un dietista esperto;

    • Personalizzare gli obiettivi glicemici;• Preferire l’uso di insuline a lunga durata d’azione

    (che presentano minori rischi di ipoglicemia epossono essere somministrate una volta algiorno);

    • Utilizzare insuline rapide dopo i pasti, soprattuttoquando i carboidrati assunti con il pasto non sonoprevedibili [livello I*, Sinclair et al (2011)];

    • Identificare le persone con un elevato rischio diipoglicemia aiuta a definire interventi più specifici;

    • La formazione e l’aggiornamento dei professionistisanitari è riconosciuta la strategia migliore per laprevenzione e il trattamento dell’ipoglicemia [li-vello I*, Sinclair et al (2011)].

    • Rischio iperglicemia: nonostante si debba porremolta attenzione per evitare un trattamento ecces-sivo dell’iperglicemia (che può condurre a ipogli-cemie severe e aumento della mortalità), anchel’iperglicemia non trattata è un rischio. Livelli gli-cemici superiori alla soglia renale (180-200mg/dl) incrementano il rischio di disidratazione,

    scompenso elettrolitico, incontinenza urinaria, ca-pogiri, vertigini e cadute. Altra complicanza severa

    dell’iperglicemia non trattata è la sindrome ipero-smolare. Nonostante, quindi, sia opportuno fissare

    obiettivi glicemici meno rigidi nelle persone an-ziane (soprattutto con storia di ipoglicemie, severecomorbidità e una aspettativa di vita ridotta), de-vono essere posti dei limiti glicemici che minimiz-zino il rischio di severe iperglicemie [livello VI,Kirkman et al (2012).

    • Rischi cardiovascolari: nelle persone anziane dia-

    betiche, le patologie cardiovascolari sono 3-4volte più frequenti rispetto agli anziani non diabe-tici di pari età, hanno prognosi peggiore e sonopiù spesso asintomatiche. Tuttavia, manca lette-ratura sperimentale sul management dell’alto ri-schio cardiovascolare nei pazienti anziani fragili,ma esistono autorevoli documenti di consenso ri-volti a questa categoria di soggetti a rischio. Vi è

    una forte evidenza che la riduzione di alti valoripressori (soprattutto se la pressione arteriosa si-stolica supera i 170 mmHg) riduce il rischio car-diovascolare negli anziani diabetici (anche contarget moderati, come una PAS di 150 mmHg) [li-vello I, Kirkman et al (2012)]. Il trattamento del-l’ipertensione è, pertanto, indicato in tutti i soggettianziani e le terapie per ridurre i livelli lipidici pos-sono portare beneficio a quei pazienti con aspet-tativa di vita simile a quella calcolata nei trial sullaprevenzione primaria e secondaria [livello VI, ADA(2013)]. Mancano, tuttavia, studi sui molto an-ziani, infatti nessun trial è stato disegnato per va-lutare i target di trattamento nei molto anziani e innessuno studio è stata ridotta la pressione arte-riosa al di sotto di 140/90 mmHg.

    • Rischio di depressione: la depressione è uno deidisturbi più diffusi nella popolazione anziana e de-

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    termina un più veloce declino funzionale, cogni-tivo e sociale e un aumento di comorbidità e mor-

    talità. Nonostante la sua elevata prevalenza e leconseguenze negative sullo stato di salute e sullaqualità di vita delle persone, la depressione risultaspesso sotto-diagnosticata e non trattata adegua-tamente. Tra i fattori principali che rendono la de-pressione nell’anziano una patologia difficile dadiagnosticare e da gestire vi sono proprio l’età,che spesso ne altera la manifestazione dei sintomi

    clinici, e il frequente riscontro di comorbidità. Perquanto riguarda la depressione negli anziani condiabete, vi sono dati clinici che testimoniano comeil diabete e la depressione siano fortemente asso-ciati e vi sono indicazioni sul fatto che il tratta-mento anti-diabetico intensivo possa accelerareuno stato depressivo. Quindi il diabete potrebbeavere un ruolo importante nello sviluppo della de-

    pressione nel paziente anziano e una particolareattenzione va rivolta al sesso femminile. Infatti, ladepressione colpisce le donne con un’incidenzadoppia rispetto agli uomini.

    L’anziano diabetico in depressione non controllacome dovrebbe la propria malattia andando incontroa maggiori complicanze; non fa attività fisica (diventasedentario, non si muove di casa) e si alimenta ina-deguatamente. Pertanto, gli anziani diabetici, al mo-mento della diagnosi e successivamente ad ognivariazione dello stato di salute, dovrebbero essere va-lutati sistematicamente per la presenza di depressionecon l’utilizzo di scale di valutazione come la GeriatricDepression Scale, la Beck Depression Inventory oZung’s Mood Scale [livello I, Brown et al (2003); li-vello VI, Kirkman et al (2012)].Non trattare il disturbo depressivo può portare a dif-

    ficoltà nel self-care e nell’aderenza a stili di vita salu-tari. Inoltre, se non trattata, la depressione è associata

    a un maggiore rischio di mortalità e demenza.

    • Rischio di dolore: il dolore cronico causato dallaneuropatia diabetica (o da altre patologie), il suoinadeguato e insufficiente trattamento, è associatoallo sviluppo di disabilità e deficit funzionali, ca-dute, lenta riabilitazione, depressione, ansia, ridu-zione della socializzazione, disturbi del sonno,inappetenza e conseguente aumento dei costi sa-nitari [livello VI, Kirkman et al (2012)]. Dai dati a

    disposizione, circa la metà degli anziani diabeticiriportano una storia di dolore cronico. Nelle casedi riposo, il dolore sembra essere sotto-stimato,sotto-rilevato, poco documentato e trattato.

    Cause comuni di dolore in questi pazienti sono: neu-ropatia periferica, piede di Charcot, ulcere agli arti in-feriori, problemi arteriosi periferici, dolore di naturamuscolo scheletrica, osteoatrite e dolori al rachide.

    In molti casi, tali situazioni si associano a un’aumen-tata disabilità, ridotta mobilità fisica, diminuzionedella forza muscolare e dell’equilibrio (situazioni chepeggiorano ulteriormente nei pazienti con precedentiictus) [livello I*, Sinclair et al (2011)].Pertanto è necessaria la valutazione del dolore e delsuo impatto nella vita dal punto di vista della disabi-lità, dell’alterazione del sonno e dei livelli di ansia [li-vello I*, Sinclair et al (2011)].

    – Nei pazienti senza problemi cognitivi o di comu-nicazione è opportuno fare riferimento a come ilsoggetto descrive ed esprime il proprio dolore. Èpossibile utilizzare le scale numeriche grafiche oil Brief Pain Inventory [livello I*, Sinclair et al(2011); [livello IV, Sinclair et al (2011)].

    – Nei soggetti con problemi cognitivi o di comuni-

    cazione, invece, si possono utilizzare le scale nu-meriche grafiche, il Pain Thermometer o l’Abbey

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    Pain Scale [livello I*, Sinclair et al (2011)]. Il ri-conoscimento del dolore nei pazienti anziani in

    casa di riposo è spesso complesso e impegnativoa causa di precedenti ictus, problemi dell’eloquio,barriere linguistiche e culturali, presenza di de-menza [livello I*, Sinclair et al (2011)].

    Per assicurare un adeguato controllo, identificazionee trattamento del dolore, è possibile seguire un ap-proccio a 4 steps:

    – Il personale sanitario deve chiedere ai pazientil’eventuale presenza di dolore, anche se questi ul-timi non si lamentano di tali sintomi [livello VI,Kirkman et al (2012)].

    – Un accertamento riguardo alla presenza di doloridovrebbe essere attuato regolarmente (almenoogni mese) da parte di un professionista adegua-tamente formato;

    – Il personale della struttura deve comunicare la pre-senza di dolore agli infermieri specialisti in diabetee ai medici di base (in modo da ricercarne accu-ratamente le cause);

    – Deve essere prescritta un’adeguata terapia antal-gica [livello I*, Sinclair et al (2011)].

    • Rischio di piede diabetico: le ulcere a carico delpiede rappresentano un problema invalidante checomporta una riduzione significativa della qualitàdi vita dei pazienti che ne sono affetti e della loroaspettativa di vita, nonché un aumento della spesasanitaria. È importante porre particolare attenzioneagli anziani che vivono soli, che presentano unalunga storia di diabete, che hanno problemi visivie/o problemi economici [livello III, AMD-SID(2013)].

    Gli anziani diabetici in casa di riposo hanno un ri-schio superiore di sviluppare tale complicanza a

    causa di fattori predisponenti, fragilità e ridotta pos-sibilità di accedere alle cure specialistiche. Ogni an-

    ziano con diabete di tipo 2 deve essere sottoposto auna valutazione/ispezione dei piedi almeno una voltal’anno (comprendente anche un esame vascolare eneurologico) [livello I*, Sinclair et al (2011)] da partedi un professionista sanitario esperto nell’identifica-zione del rischio di ulcerazione ai piedi [livello IV,Sinclair et al (2011)]. Dovrebbe, inoltre, ricevere unadeguata educazione riguardo alla cura dei piedi e

    all’auto-ispezione degli arti inferiori, da parte di unprofessionista sanitario esperto [livello I, Sinclair etal (2011)].I coordinatori delle case di riposo dovrebbero garan-tire l’assistenza di un podologo, quando necessario.Quest’ultimo ha un ruolo importante nella preven-zione delle complicanze da piede diabetico: identificaproblemi pre-esistenti agli arti inferiori (deformazioni,

    callosità, infezioni, ulcerazioni, stato vascolare, pa-tologie ungueali e l’adeguatezza delle calzature); trattale patologie dei piedi; educa i residenti, i professio-nisti sanitari e i caregivers alla prevenzione dellecomplicanze diabetiche che coinvolgono i piedi comela corretta cura delle unghie, la protezione dei tallonie l’uso di calzature più appropriate [livello I*, Sinclairet al (2011)].Tutti gli anziani con diabete e alto rischio di ulcera-zione dovrebbero essere presi in carico da un teamesperto nella cura dei piedi [livello IV, Sinclair et al(2011)].

    • Rischio di effetti collaterali e di interazioni farma-cologiche da polifarmacoterapia: gli anziani dia-betici hanno una elevata probabilità di esseretrattati con più farmaci, incrementando di conse-

    guenza il rischio di effetti collaterali e di interazionifarmacologiche. Spesso sono somministrati ipo-

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    glicemizzanti, ipolipidimizzanti, anti-ipertensivi, ofarmaci per il trattamento di altre patologie con-

    comitanti [livello I, Brown et al (2003)]. Una dellemaggiori sfide nel trattamento del diabete di tipo2 è gestire in modo ottimale la polifarmacoterapiain modo da controllare le comorbidità e ridurre ilrischio di complicanze diabetiche. La polifarma-coterapia può associarsi a un aumentato rischiodi caduta. È importante valutare attentamente leindicazioni terapeutiche di ogni farmaco prescritto

    e la presenza di eventuali barriere nell’assunzionecontemporanea di alcuni farmaci [livello VI, Kir-kman et al (2012)]. Inoltre, regimi terapeutici com-plessi e difficili da gestire possono comportareuna scarsa aderenza alle terapie raccomandate euna riduzione del benessere percepito dalla per-sona (Livello I-VI*, California Healthcare Founda-tion [2003]).

    I professionisti sanitari dovrebbero controllare rego-larmente le terapie in atto e assicurarsi che i pazientile assumano in modo appropriato. I pazienti e i care-giver devono ricevere adeguate informazioni sui far-maci assunti, sui benefici che comportano, ma anchesui rischi e sui potenziali effetti collaterali [livello I,Brown et al (2003)].

    • Rischio di caduta: come parte della valutazione dellostato funzionale al momento della diagnosi e al ri-esame annuale, gli anziani diabetici dovrebbero es-sere valutati per il rischio di caduta [livello IV].

    Nei pazienti con storia di cadute o con alto rischio di

    caduta dovrebbe essere assicurato un programma

    multidisciplinare per prevenire/ridurre tali

    situazioni[livello I, Sinclair et al (2011)].

    Nei pazienti ad alto rischio di caduta dovrebbe essere

    evitato un controllo glicemico intensivo (HbA1C <

    7,0%) [livello IV, Sinclair et al (2011)].

    3.6 L’assistenza delle persone anziane con

    diabete nei setting ospedalieri, residenziali

    e di comunità

    Gli anziani diabetici sono più soggetti a essere ospe-

    dalizzati rispetto ai diabetici più giovani.

    La dimissione al domicilio o il trasferimento verso

    altre strutture di degenza/riabilitazione sono momenti

    delicati e rischiosi per l’equilibrio glicemico dei sog-

    getti diabetici, soprattutto di quelli anziani. L’adegua-

    tezza della terapia, l’educazione del paziente e dei

    caregivers e una comunicazione efficace tra i team

    ospedalieri e territoriali, sono elementi determinanti

    per garantire la sicurezza del paziente e ridurre il ri-

    schio di ri-ospedalizzazione [livello VI, Kirkman et al

    (2012)]. Nel passaggio da un contesto di presa in ca-

    rico all’altro, si suggerisce, infatti, una elevata atten-

    zione al rischio di “eccessivo trattamento” (e quindi

    di ipoglicemia) soprattutto quando le condizioni di

    aderenza alla terapia (ad esempio, perché la terapia èsomministrata da un operatore) o la regolarità e l’ap-

    porto nutrizionale si modificano (come ad esempio

    avviene passando dall’ospedale a casa).

    In particolare, alla luce dell’alta proporzione di pato-

    logie diabetiche non diagnosticate nelle case di ri-

    poso, ogni nuovo residente (al momento

    dell’accoglimento) dovrebbe essere sottoposto ad

    uno screening per la valutazione dello stato clinico[livello IV, Sinclair et al (2011)].

    L’ingresso in casa di riposo, come pure la gestione

    della persona anziana con diabete in casa di riposo

    richiedono particolari attenzioni:

    – Gli anziani diabetici in casa di riposo (soprattutto

    quelli con deterioramento cognitivo) sono molto

    vulnerabili e possono presentare alterazione del

    senso della sete, che contribuisce al rischio di di-

    sidratazione e crisi iperglicemica. Altre situazioni

    complesse, che possono aggravare la fragilità di

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    tali soggetti, sono la disfasia e la disfagia (che ri-chiede spesso l’assunzione di acqua in forma ad-

    densata/gelificata). In questi setting , dunque,l’idratazione deve essere incoraggiata e l’introitoidrico accuratamente monitorato [livello I, Kirkmanet al (2012)].

    – Gli anziani diabetici residenti in case di riposo oin istituti di riabilitazione presentano maggiori pre-valenze di cadute, depressione, patologie cardio-vascolari, dipendenza funzionale, dipendenza e

    declino cognitivo rispetto ai loro coetanei non dia-betici [livello I-VI, Kirkman et al (2012)]. Questipazienti possono presentare abitudini alimentariirregolari e scorrette, malnutrizione, anoressia eproblemi di deglutizione. I pasti serviti in tali strut-ture dovrebbero considerare la cultura del pa-ziente, le sue preferenze e i suoi obiettivi personali,in modo da migliorare la qualità di vita, la soddi-

    sfazione e lo status nutrizionale [livello I-VI, Kir-kman et al (2012)].– Un assessment delle funzioni cognitive dovrebbe

    essere attuato all’ingresso nella struttura e ad in-tervalli annuali in modo da identificare precoce-mente l’eventuale comparsa di nuove situazionicliniche (ad esempio la demenza) [livello I*, Sin-clair et al (2011)]:• Una problematica frequente nei pazienti in casa

    di riposo è la demenza. Tale condizione, nel-l’anziano diabetico, comporta una serie di mo-difiche assistenziali quali: definire un targetglicemico, scegliere il migliore regime insuli-nico (qualora l’insulina sia necessaria), alli-neare i bisogni nutrizionali con la terapiaanti-diabetica.

    • Il delirio è una complicanza frequente negli an-

    ziani dimessi dalle strutture ospedaliere. È unacondizione che richiede una maggiore super-

    visione al fine di ridurre il rischio di errori te-rapeutici (soprattutto di dosaggio).

    • In caso di pazienti diabetici con problemi psi-chiatrici in casa di riposo, possono essere utilii seguenti interventi: semplificare il regime in-sulinico evitando gli episodi ipoglicemici (i cuisintomi possono non essere facilmente rico-nosciuti), ridurre i controlli glicemici, utilizzarefarmaci che non richiedono frequenti controllidella funzionalità epatica e renale, assicurare

    un adeguato introito calorico giornaliero [li-vello I*, Sinclair et al (2011)].

    • I residenti in casa di riposo possono presentareanoressia, avere difficoltà di alimentazione edessere malnutriti, essere incapaci di comuni-care le proprie necessità. In questi casi, per au-mentare l’introito calorico, possono essere utilile seguenti strategie: servire una sola portata

    per pasto (per ridurre la confusione), utilizzarele stoviglie dei pazienti (più familiari), lasciaremaggior tempo per concludere il pasto, inco-raggiare l’assunzione di latticini a basso indiceglicemico (gelato o frullati) quando il pazienterifiuta altri alimenti (in modo da ridurre il ri-schio ipoglicemico), ridurre gli stimoli esternidisturbanti (come la TV accesa nella sala dapranzo) qualora siano presenti comportamentiaggressivi/negativi durante i momenti dei pasti[livello I*, Sinclair et al (2011)].

    – La visita medica di controllo per i pazienti diabeticiresidenti in casa di riposo dovrebbe essere almenoannuale ed essere basata sui seguenti elementi:• Esame clinico standard, che includa la valuta-

    zione delle funzioni fisiche e cognitive, del do-lore, delle funzioni urinarie e della mobilità;

    • Misurazione del Bathel Index per valutare la di-sabilità globale, MMSE (MiniMental State Exa-

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    mination) o il Mini-Cog per i deficit cognitivi,la GDS (Geriatric Depression Scale) per la va-

    lutazione dell’umore;• Screening della retina;• Altezza, peso e BMI;• Valutazione del rischio nutrizionale;• Misurazione della pressione arteriosa in clino-

    statismo e ortostatismo;• Analisi delle urine (per presenza di proteine);• Dosaggio dell’emoglobina glicosilata;

    • Dosaggio della creatinina, urea e velocità di fil-trazione glomerulare;

    • Studio delle capacità visive e controllo retinico;• Esame dei piedi e degli arti inferiori (per defor-

    mità, infezioni, ulcere, neuropatia e vascolariz-zazione), valutazione del rischio di svilupparecomplicanze da piede diabetico;

    • Controllo della terapia farmacologica in atto ed

    eventuale modifica delle dosi e/o degli orari;• Pianificazione nutrizionale;• Valutazione dell’appropriatezza degli obiettivi

    terapeutici ed assistenziali, alla luce dei cam-biamenti delle condizioni cliniche avvenuti nelprecedente anno [livello I*, Sinclair et al(2011)].

    – Nel perseguimento degli obiettivi, la maggiorebarriera all’aderenza dei pazienti (nella popola-zione generale) è la frammentazione delle cure elo scarso coordinamento. Pertanto, nel passaggioda un contesto di cure per acuti a uno residenzialeo al proprio domicilio, è raccomandato un attentocoordinamento delle cure anche per assicurareuna elevata aderenza. E’ infatti suggerita l’adozionedel Chronic Care Model  (livello 1, ADA [2013]).

    – L’utilizzo della telemedicina e degli interventi web-

    based possono migliorare il controllo glicemico,lipidico, pressorio il benessere psico-sociale e

    l’attività fisica anche nella popolazione anziana; lestrategie telematiche possono permettere inoltre

    di individuare e gestire situazioni cliniche urgenticosì come ridurre l’ospedalizzazione (Livello II,Graydon et al. [2013]).Con la progressiva familiarizzazione con gli stru-menti informatici, anche tra la popolazione an-ziana, potrebbero essere valutate le ricadute diprogrammi computerizzati di educazione e svi-luppo di abilità di autogestione sugli outcomes

    metabolici e psico-sociali. Tali strumenti oggi ap-paiono validi per la popolazione generale ma nonsi dispone ancora di molti dati su quella specificadegli anziani.

    3.7 L’assistenza alle persone anziane con

    diabete in fase terminale

    Quando l’aspettativa di vita è breve e non sufficiente

    per beneficiare dei risultati degli interventi preventivio educativi, è necessario tentare di risolvere i pro-blemi clinici più importanti [livello I, Brown et al(2003)]. Alcuni trial, infatti, hanno dimostrato chesono necessari circa 8 anni perché i benefici del con-trollo glicemico si manifestino attraverso una ridu-zione delle complicanze micro-vascolari. Gli obiettivia breve termine, invece, possono essere raggiunti

    anche con un controllo glicemico di intensità mode-rata e obiettivi glicemici meno aggressivi. In caso dianziani diabetici in fase terminale, è opportuno se-guire le seguenti indicazioni:– Gli esami non necessari (come controlli glicemici

    intensivi e regimi insulinici complessi) sono gra-vosi per i pazienti e dovrebbero essere evitati [li-vello I*, Sinclair et al (2011)];

    – Nei pazienti terminali, mantenere stretti range gli-cemici di normalità è dannoso per la qualità dellavita. La prevenzione delle complicanze a lungo ter-

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    mine è un obiettivo inappropriato [livello I*, Sin-clair et al (2011)]. Inoltre, bisogna considerare che

    il controllo glicemico può peggiorare anche acausa di neoplasie maligne o dell’uso di terapiesteroidee [livello I*, Sinclair et al (2011)];

    – Mantenere un range glicemico di 126-180 mg/dl(7-10 mmol/L) a digiuno e 162-216 mg/dl (9-12mmol/L) post-prandiale migliora il comfort del pa-ziente, prevenendo sia l’ipoglicemia sia l’ipergli-cemia (che comporta sete, disidratazione,

    confusione e sonnolenza) [livello I*, Sinclair et al(2011)];

    – Il rischio di ipoglicemia può aumentare se asso-ciato a calo ponderale, causato da neoplasie ma-

    ligne, anoressia, insufficienza renale ed epatica(che comportano una necessità di insulina infe-riore) e più lenta clearance/metabolismo degli ipo-glicemizzanti orali [livello I*, Sinclair et al (2011)];

    – Il dolore neuropatico pre-esistente può peggioraredurante la fase terminale [livello I*, Sinclair et al(2011)];

    – I problemi gastrointestinali possono peggiorare

    durante la fase terminale (come la costipazione)[livello I*, Sinclair et al (2011)].

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    La presente revisione della letteratura ha riunito lemigliori raccomandazioni disponibili sul trattamentoassistenziale della persona anziana affetta da diabete.L’obiettivo è stato quello di cercare di analizzati tuttii setting dove la persona anziana viene assistita e diconsiderare gli obiettivi assistenziali, le strategie pre-ventive ed educative, la gestione nutrizionale nonchéle valutazioni dei problemi di salute concomitanti econseguenti il diabete, che possono complicarne lagestione. Inoltre, sono stati analizzati i percorsi assi-stenziali della fase terminale della vita delle persone

    con diabete.Il diabete nell’anziano presenta caratteristiche clinicheparticolari per la presenza di multiple comorbidità cherende questo gruppo di pazienti molto eterogeneo.Per la scarsità di studi a disposizione sul diabetenell’anziano, la gestione clinica e assistenziale di que-sti pazienti, diventa una sfida quotidiana poiché , allostato attuale, non è possibile adottare un programma

    clinico-assistenziale condiviso e soprattutto perso-nalizzato per questa popolazione di pazienti. L’etàavanzata è un criterio di esclusione dai grandi trials,tali pazienti ne risultano generalmente esclusi per lafragilità che li caratterizza, le multiple comorbidità, ledisabilità che possono esporli a rischio di compli-canze importanti. Pertanto la pratica clinica, spesso,si deve basare su evidenze, dimostrate valide per gliadulti, che raramente consentono di essere estese inmodo appropriato e adeguato agli anziani . Questadifficoltà contrasta con la realtà epidemiologica poi-

    ché l’aspettativa di vita dei sessantacinquenni in Eu-ropa è nettamente aumentata.Gli obiettivi di cura nelle persone anziane dovrebberoessere più flessibili, individualizzati, inseriti nel con-testo in cui tali soggetti vivono; è necessario sicura-mente porre più attenzione alla sicurezza dei pazientipiuttosto che alla prevenzione delle complicanze. Tral’altro, la prevenzione deve essere tarata anche sul-l’aspettativa di vita e sulla qualità di vita attesa dallapersona anziana affetta da diabete.La persona anziana, inoltre, può risentire dei cambia-

    menti di contesto di presa in carico dove semplici fat-tori (ad esempio, la regolarità nella alimentazione)possono modificare un equilibrio fragile. Dal puntodi vista sociale e delle relazioni, le persone anzianepossono diventare ancora più fragili quando il propriocaregiver non riesce più ad assolvere alle funzioni dicura: per un anziano con diabete, perdere il marito ola moglie, vivere in famiglia la disabilità del coniuge

    o altro, rappresentano eventi importanti da presidiare.L’assistenza è ancora più complessa quando si de-vono coniugare i bisogni/priorità della singola per-sona anziana affetta da diabete e le priorità di altrepersone da assistere: è il caso delle case di riposo odei pazienti degenti presso strutture di tipo residen-ziale.Le condizioni emotive e cognitive della persona an-ziana, diventano la base su cui costruire l’assistenza,soprattutto per lo sviluppo del self management. Seil paziente ha risorse cognitive ed emotive adeguate

    4.

    DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

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    può affrontare un percorso di apprendimento ed adat-tamento, altrimenti, è prioritario individuare un sog-

    getto di riferimento che possa sostituirsi alla personastessa.Gli infermieri dovrebbero monitorare lo stato di salutedel paziente, valutare le sue capacità residue ed edu-carlo ad utilizzare le proprie risorse per essere, il piùpossibile, autonomo e indipendente.Le evidenze dimostrano che è necessario differen-ziare l’approccio assistenziale fra coloro che sono an-

    ziani e sviluppano durante tale fase della loro vita ildiabete e coloro che invece diventano anziani ma lamalattia è già insorta nelle precedenti epoche dellavita. Questi ultimi hanno abilità di gestione, si sonoadattati lungo la vita, hanno imparato ad ‘ascoltare’ isegni/sintomi e a gestirli. I primi, invece, stanno af-frontando una esperienza di vita nuova e hanno abi-tudini e stili di vita consolidati sui quali occorreintervenire senza imporre soluzioni radicali che pos-

    sono ledere l’equilibrio e la fragilità tipica di questoperiodo. Cruciale è il coordinamento delle cure tra idiversi contesti assistenziali come l’adozione delChronic Care Model che è fortemente raccomandato.

    Oltre a individuare i principali aspetti di gestionedell’assistenza del paziente anziano con diabete, in

    questo lavoro di revisione è emerso che restano daapprofondire alcune tematiche:1. il modello assistenziale e di “cura” più vantag-

    gioso per la persona anziana con diabete che nonè in grado di autogestirsi per disabilità, declinocognitivo, comorbidità multiple;

    2. l’ottimizzazione dell’assistenza territoriale per pre-venire i ricoveri impropri e le ri-ospedalizzazioni;

    3. le strategie tecniche ed educative per ridurre gliepisodi di ipoglicemia o lo sviluppo di nuovi de-vice a supporto dell’autogestione.

    Molte di queste tematiche sono carenti anche per lagià citata mancanza di letteratura scientifica riferita aquesto gruppo di pazienti ma l’operato infermieristico,che soffre spesso della mancanza di evidenze, devebasarsi su linee guida e raccomandazioni valide perla popolazione in generale e adattare/personalizzare

    gli interventi assistenziali ai bisogni del paziente ealla sua condizione clinica.

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