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Agricoltura Verticale >>> Il futuro dell’agricoltura <<< Agricoltura verticale Apr 23, 2008 Agricoltura Verticale, il futuro della agricoltura? L’innovativo modello per un’architettura sostenibile urbana che potrebbe rivoluzionare l’economia, la politica e la società attuale L’agricoltura verticale una soluzione possibile. Perché in base alle proiezioni entro circa 50 anni, l’80% della popolazione della terra vivrà in città, il problema sarà che l’80% della superficie che può essere utilizzata per le coltivazioni di colture agricole sarà già in uso e dove il 15% di quella terra è stata già danneggiata da pratiche agricole che impoveriscono il terreno irrimediabilmente. Per queste persone che vivono nelle città, l’agricoltura verticale potrà aiutare a soddisfare realmente i loro bisogni . Un approccio nuovo di agricoltura deve essere inventato e che utilizzi tecnologie avanzate e sostenibili. Le fattorie o aziende agricole verticali dovranno essere più che efficienti (basso costo di costruzione e manutenzione) immaginandoci così grandi edifici verdi nel cuore dei centri urbani delle metropoli di tutto il mondo. L’agricoltura verticale è una soluzione interessante e se attuata con successo offre in primis una grande promessa di rinnovamento architettonico urbano, in secundis una produzione sostenibile di una grande varietà di alimentari freschi (considerando una produzione che dura l’intero anno). Un grande beneficio potrà provenire anche da un graduale e sistematico abbandono di certe aree agricole in cui gli ecosistemi si sono danneggiati con il passare del tempo grazie ad un agricoltura sempre più intensiva. E nelle zone temperate e tropicali la ricrescita delle foreste di latifoglie potrebbe nuovamente svolgere il ruolo di polmone verde invertendo le attuali tendenze al cambiamento climatico globale. L’agricoltura verticale può essere un nuovo modo di aiutarci a fermare l’uso di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti a base di petrolio. Oltre a considerare l’importante vantaggio della vicinanza dei prodotti agricoli ai suoi diretti consumatori ovviando al lusso dei lunghi trasporti che devono sottostare all’aumento continuo dei prezzi del petrolio. Il concetto di coltivazione agricola indoor non è nuova , dal momento che sempre maggiore è la produzione di ortaggi in serre , dai pomodori ad una grande varietà di erbe e altri prodotti. La novità risiede nell’urgente necessità per l’agricoltura verticale di dover sfamare 3 miliardi di persone in aggiunta alle attuali. Massicce inondazioni, siccità prolungate ed uragani oltre a monsoni sempre più squilibrati stanno distruggendo milioni di tonnellate di preziose colture. I vantaggi di un’ agricoltura verticale sono : la produzione annuale di colture indoor 1 ettaro equivale a seconda delle colture 46 ettari all’aperto; tutti i prodotti alimentari potrebbero essere coltivati senza erbicidi, pesticidi e fertilizzanti; l’agricoltura verticale può convertire le acque scure e grigie in acqua potabile rendendole nuovamente disponibili; l’agricoltura verticale restituisce terreni agricoli per la natura ripristinando le funzioni degli ecosistemi naturali; l’agricoltura verticale riduce notevolmente l’incidenza di molte malattie infettive trasmesse in campo agricolo; si può trarre energia elettrica generata dal metano del compostaggio non utilizzabile da piante e animali; si riduce drasticamente l’uso di combustibile per trattori ed altri macchinari agricoli; si possono convertire le aree periferiche urbane in centri per la produzione alimentare; può creare nuove opportunità di occupazione; può rivelarsi utile per integrare i campi profughi; può essere una promessa di miglioramento economico misurabile per le popolazioni tropicali e subtropicali. In questo caso l’agricoltura verticale può diventare un catalizzatore per aiutare a ridurre o

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Agricoltura Verticale 

>>> Il futuro dell’agricoltura <<<  

• Agricoltura verticale Apr 23, 2008 

Agricoltura Verticale, il futuro della agricoltura? L’innovativo modello per un’architettura sostenibile urbana che potrebbe rivoluzionare l’economia, la politica e la società attuale   

L’agricoltura verticale una soluzione possibile. Perché in base alle proiezioni entro circa 50 anni, l’80% della popolazione della terra vivrà in città, il problema sarà che l’80% della superficie che può essere utilizzata per le coltivazioni di colture agricole sarà già in uso e dove il 15% di quella terra è stata già danneggiata da pratiche agricole che impoveriscono il terreno irrimediabilmente. Per queste persone che vivono nelle città, l’agricoltura verticale potrà aiutare a soddisfare realmente i loro bisogni. 

Un approccio nuovo di agricoltura deve essere inventato e che utilizzi tecnologie avanzate e sostenibili. Le fattorie o aziende agricole verticali dovranno essere più che efficienti (basso costo di costruzione e manutenzione) immaginandoci così grandi edifici verdi nel cuore dei centri urbani delle metropoli di tutto il mondo. L’agricoltura verticale è una soluzione interessante e se attuata con successo offre in primis una grande promessa di rinnovamento architettonico urbano, in secundis una produzione sostenibile di una grande varietà di alimentari freschi (considerando una produzione che dura l’intero anno). 

Un grande beneficio potrà provenire anche da un graduale e sistematico abbandono di certe aree agricole in cui gli ecosistemi si sono danneggiati con il passare del tempo grazie ad un agricoltura sempre più intensiva. E nelle zone temperate e tropicali la ri‐crescita delle foreste di latifoglie potrebbe nuovamente svolgere il ruolo di polmone verde invertendo le attuali tendenze al cambiamento climatico globale. L’agricoltura verticale può essere un nuovo modo di aiutarci a fermare l’uso di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti a base di petrolio. Oltre a considerare l’importante vantaggio della vicinanza dei prodotti agricoli ai suoi diretti consumatori ovviando al lusso dei lunghi trasporti che devono sottostare all’aumento continuo dei prezzi del petrolio. 

Il concetto di coltivazione agricola indoor non è nuova, dal momento che sempre maggiore è la produzione di ortaggi in serre, dai pomodori ad una grande varietà di erbe e altri prodotti. La novità risiede nell’urgente necessità per l’agricoltura verticale di dover sfamare 3 miliardi di persone in aggiunta alle attuali. Massicce inondazioni, siccità prolungate ed uragani oltre a monsoni sempre più squilibrati stanno distruggendo milioni di tonnellate di preziose colture.  

I vantaggi di un’agricoltura verticale sono: • la produzione annuale di colture indoor 1 ettaro equivale a seconda delle colture 4‐6 ettari all’aperto; • tutti i prodotti alimentari potrebbero essere coltivati senza erbicidi, pesticidi e fertilizzanti; • l’agricoltura verticale può convertire le acque scure e grigie in acqua potabile rendendole nuovamente 

disponibili; • l’agricoltura verticale restituisce terreni agricoli per la natura ripristinando le funzioni degli ecosistemi 

naturali; • l’agricoltura verticale riduce notevolmente l’incidenza di molte malattie infettive trasmesse in campo 

agricolo; • si può trarre energia elettrica generata dal metano del compostaggio non utilizzabile da piante e 

animali; • si riduce drasticamente l’uso di combustibile per trattori ed altri macchinari agricoli; • si possono convertire le aree periferiche urbane in centri per la produzione alimentare; • può creare nuove opportunità di occupazione; • può rivelarsi utile per integrare i campi profughi; • può essere una promessa di miglioramento economico misurabile per le popolazioni tropicali e 

subtropicali. In questo caso l’agricoltura verticale può diventare un catalizzatore per aiutare a ridurre o 

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addirittura invertire la crescita della popolazione dei paesi meno sviluppati, adottando l’agricoltura urbana come strategia per una produzione alimentare sostenibile; 

• può ridurre l’incidenza di conflitti armati per il predominio delle risorse naturali come acqua e terra per l’agricoltura. 

 Ciò che viene proposto differisce radicalmente dall’attuale produzione agricola in serre al chiuso dove 

già una grande varietà di prodotti vengono coltivati. La proposta riguarda una singola unità agricola verticale che può occupare un isolato di una grande metropoli alta circa 30 piani e che utilizza le tecnologie attualmente disponibili sarebbe in grado di fornire abbastanza calorie (2000 calorie al giorno per persona) per soddisfare il fabbisogno di 50000 persone. Per costruire un’azienda agricola verticale con una resa molto maggiore per metro quadro devono ancora essere effettuate ulteriori ricerche in molti settori: idrobiologia, scienze dei materiali, ingegneria meccanica, architettura, design, gestione dei rifiuti e pianificazione urbana solo per citarne alcune.  

Tuttavia bisogna sottolineare che le aziende agricole verticali avranno successo solo se copiano i processi naturali in tutto e per tutto, cioè che siano ambientalmente sicuri e che riciclino efficacemente qualsiasi materiale organico oltre all’acqua utilizzata che può essere resa nuovamente potabile. Idealmente le aziende agricole verticali devono essere a buon mercato per essere costruite ed operare indipendentemente da sussidi economici esterni. Delle stime parlando che se queste condizioni fossero portate a termine e realizzate attraverso un programma globale di ricerca, l’agricoltura urbana potrebbe fornire abbondanti e diversi approvvigionamenti alimentari per il 60% della popolazione che vive all’interno delle città entro il 2030.  

Un’ottima gestione dei rifiuti è il punto di partenza per una sostenibile produzione agricola verticale, la gestione dei rifiuti in tutto il mondo indipendentemente dalla posizione geografica, nella maggior parte dei casi  è inaccettabile sia da un punto di vista sanitario che sociale, portando con sé gravi rischi per la salute. Tutti i rifiuti solidi possono essere ri‐attivati e / o utilizzati in sistemi per generare energia con tecnologie attualmente in uso. Una delle principali fonti di rifiuti organici proviene dall’industria della ristorazione. Per esempio, nella sola città di New York esistono più di 21000 “stabilimenti alimentari” (ristoranti, fast food, punti di ristoro, ecc.), che producono notevoli quantitativi di rifiuti organici, e sono tenuti a pagare per avere smaltire i loro rifiuti.  

Una delle sfide più difficili da compiere per gli urbanisti è proprio la gestione di ogni risorsa (solida e liquida) in modo sostenibile e l’agricoltura verticale potrebbe veramente esserne una soluzione considerando anche i benefici sociali che questa potrebbe apportare alla popolazione come diventare degli importanti centri di apprendimento per le future generazioni che abiteranno le città, trasformando la città in un’entità che coltiva i migliori aspetti dell’esperienza umana. Data la forza della visione a risolvere problemi a livello politico e sociale, l’agricoltura verticale ha un fortissimo potenziale studiato già in passato che da impossibile è diventato ora estremamente concreto.     

 

 

 

 

 

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• Dickson Despommier Feb 20, 2009 

L’Agricoltura Verticale. Dal Guru Dickson Despommier alla Texana Valcent di El Paso per Esplorare Soluzioni Sostenibili per l’Agricoltura Urbana del Futuro 

 Dickson Despommier è ormai diventato il guru dell’agricoltura verticale anche grazie alla 

promozione fatta dai suoi studenti. Professore presso la Columbia University di New York City, Despommier insegna materie ambientali, studiando danni e disastri accaduti in tutto il mondo. Alla fine ha dichiarato ai suoi studenti di voler lavorare su qualcosa di più ottimista. Quindi, la classe iniziò a studiare l’idea di un tetto pensile adibito al giardinaggio per le città. Rapidamente scartarono tale approccio, anche su piccola scala, a favore di qualcosa di più ambizioso: creare un’azienda agricola urbana con una serra su ogni piano. “Credo che l’agricoltura verticale sia un’idea che possa davvero lavorare in grande”, spiega Despommier. “Perché vogliamo costruire grattacieli pieni di lattuga, quando siamo stati abituati ad utilizzare il terreno agricolo per 10.000 anni? Perché la popolazione mondiale cresce ed entro il 2050 raggiungeremo i 9 miliardi di persone e potrebbero con buona possibilità esaurirsi le risorse produttive che ora stiamo sprecando come suolo e acqua. La maggior parte della popolazione inoltre si troverà nelle zone metropolitane e non sarà facile per loro nutrirsi. Aggiungiamo il fatto che all’agricoltura moderna associamo deforestazione, abuso di fertilizzanti chimici e la mobilità emette pesanti quantità di pericolosi gas serra. L’agricoltura verticale così potrebbe rappresentare un contributo significativo al cambiamento climatico”. “L’agricoltura verticale creerebbe scorte alimentari locali, consentendo un maggiore sviluppo sostenibile della zona”, afferma Glen Kertz, CEO di Valcent, una società di El Paso, Texas, che sta tentando questa via tecnologica sostenibile. La sua azienda realizza serre per coltivazione idroponica  verticale, piuttosto che esterna e orizzontale. Il risultato è risparmio di spazio, vitale nelle aree urbane e che consente agli agricoltori di irrigare e concimare con molti meno rifiuti e sostanze inquinanti. 

Al laboratorio di El Paso, le colture crescono in vaso su righe in chiari pannelli verticali che ruotano su un nastro trasportatore. Così il movimento delle piante consentirebbe loro di ricevere la stessa esatta quantità di luce e sostanze nutritive necessarie; “è un processo di ottimizzazione” spiega  Kertz, “che permette alle piante di crescere, alla lattuga ad esempio, 15 volte in più rispetto ad una normale coltivazione per ettaro, con il 5% di acqua utilizzata nell’agricoltura convenzionale.” La Valcent ora mira a terminare un impianto su scala commerciale entro i primi mesi di questo 2009. 

Despommier intanto ha elaborato 30 modelli di aziende agricole verticali per altrettante città e metropoli. Edifici che sostanzialmente avrebbero le pareti trasparenti al fine di massimizzare la luce del sole e produrre abbastanza cibo per 50.000 persone. “Con circa 160 di questi edifici, si potrebbe dar da mangiare a tutta New York”, spiega Despommier. Le sue idee naturalmente hanno stuzzicato i diversi architetti di tutto il mondo, ma Despommier ammette che sarebbe costato centinaia di milioni di dollari per costruire una vera e propria azienda agricola a forma di grattacielo. E questo rappresenta ora il principale inconveniente per realizzare aziende agricole verticali: i costi di costruzione e l’energia che richiederebbero a regime.            

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• Permacultura Feb 12, 2009 

L’Agricoltura Sostenibile per il 21 ° Secolo. Dalla Permacultura all’Agricoltura Biologica Attraverso i Programmi di Diffusione e Sviluppo. E per il Futuro Agricoltura Verticale? 

 I diversi ricercatori che studiano l’impatto ecologico della moderna agricoltura suggeriscono che 

questa era può essere chiamata “l’età del riconoscimento dei limiti.” Come sappiamo l’agricoltura moderna ha creato una serie di problemi ambientali, tra cui l’erosione del suolo e la contaminazione chimica. Ed ora abbiamo definitivamente raggiunto i suoi limiti. Autori come Judy Soule, Danielle Carré, e Wes Jackson, consigliano di abbandonare assolutamente il “modello industriale estrattivo” utilizzato in agricoltura e di concentrarsi su “modelli di natura produttiva degli ecosistemi”. Tim Lang, del governo del Regno Unito e del consiglio per l’alimentazione ha descritto il sistema agricolo moderno come quello che “stabilito nel 1940″ ora sta fallendo ed è necessario definire come aggiungono alcuni “definire una nuova dieta per le persone, più sostenibile e in  modo che la gente possa nutrirsi più equamente e utilizzando meno terra”. 

Nel 1978 uno ecologista australiano di nome Bill Mollison ha coniato il termine Permacultura e l’ha definito come “l’utilizzo dell’ecologia come base per la progettazione di sistemi integrati di produzione alimentare”. La parola permacultura è una contrazione di “agricoltura permanente”. L’idea di Permacultura è progettare “un habitat umano sostenibile e sistemi di produzione alimentare”. Secondo il Permacolture Institute, grazie a questo metodo è possibile progettare, creare e gestire “ecosistemi che sono molto ricchi di biodiversità e di produttività”. La Permacultura in fondo imita la natura e i suoi modelli utilizzando una varietà di piante e animali ed utilizza una buona gestione del territorio (invece di usare i pesticidi, capre e polli fornirebbero il controllo necessario sui parassiti). Naturalmente il sistema della permacoltura è olistico quindi si punta anche ad un’alta efficienza energetica degli edifici del contadino, riciclando preziosi nutrienti da un’ampia varietà di fonti oltre al trattamento delle acque reflue. 

Nel 1994, nell’Università della California a Davis, si è sviluppato un metodo di agricoltura biologica integrata (BIFS). Si punta “a stabilire un programma che prevede l’estensione dei servizi, la formazione e gli incentivi finanziari per gli agricoltori che partecipano volontariamente alle dimostrazioni di progetti pilota per ridurre l’uso di prodotti chimici utilizzati in agricoltura. ” Il BIFS utilizza e incoraggia le popolazioni di insetti benefici oltre a  fermare l’erosione del suolo mediante colture di copertura. 

I terreni agricoli spesso sono stati inghiottiti dalla proliferazione urbana. Un modo per fermare questa proliferazione è quello di adottare incentivi fiscali per gli agricoltori che intendono rimanere ad utilizzare e coltivare la terra e di non vendere ai costruttori e speculatori. Forse un modo per utilizzare l’espansione urbana incontrollata è quella di puntare a creare agricoltura verticale con vere e proprie aziende agricole verticali. Un fautore di aziende agricole verticali è Dickson Despommier, un professore della Columbia University di sanità pubblica, che punta a creare colture alimentari nei grattacieli. Si è stimato che un blocco quadrato di 30 piani di una potenziale azienda agricola verticale potrebbe produrre alimenti per 10.000 persone. E come abbiamo trattato in un nostro specifico articolo: (L’Agricoltura Urbana Idroponica Sostenibile. Dal Science Barge una dimostrazione concreta: dai tetti verdi ai giardini verticali, all’agricoltura sostenibile redditizia e possibile) considerando che entro il 2050 quasi l’80% della popolazione del mondo vivrà nelle aree urbane, le aziende agricole verticali potrebbero essere parte di una soluzione che ha come obiettivo un’agricoltura sostenibile.  “Il tempo è poco per noi ma dobbiamo imparare ad accrescere la nostra sicurezza alimentare nell’utilizzo di coltivazioni agricole in ambiente controllato in edifici all’interno di centri urbani, ossia attraverso un’agricoltura verticale“, afferma duro Despommier su VerticalFarm.com. “Se non lo faremo, in soli altri 50 anni, i prossimi 3 miliardi di persone soffriranno la fame sicuramente e il mondo diventerà un luogo molto più spiacevole in cui vivere di quello odierno”.   

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• Agro housing Mar 1, 2008 

Architettura Sostenibile: Agro Housing, l’abitare sostenibile in Cina. Frutta e verdura dal progetto di Knafo Klimor Architects vincitori del 2° International Architecture Competion for Sustainable Housing 

Agro Housing per la Cina, dei Knafo Klimor Architects vince l'International Architecture Competion for Sustainable Housing. Una miscela di vita urbana e rurale, uno spazio verticale in cui si unisce una serra a degli appartamenti, il concetto nasce dalla possibilità per gli abitanti di produrre parte dei propri alimenti, riducendo il pendolarismo e fornendo uno spazio verde all'interno dell'edificio. 

L'ONU stima che il 50% della popolazione in Cina entro il 2010 si sposterà nelle città. Questa massiccia urbanizzazione può potenzialmente creare forti disagi alla comunità, esaurendo gravemente risorse naturali, portando disoccupazione, minando ulteriormente le tradizioni esistenti, aumentando l'inquinamento dell'aria e del suolo. 

AGRO HOUSING, RIVOLUZIONE DI UN'ARCHITETTURA SOSTENIBILE URBANA  Knafo Klimor Architects ha sviluppato Agro Housing per affrontare le preoccupanti previsioni di 

crescita della Cina e dei suoi abitanti delle città, una tendenza che si riflette in numerosi paesi in via di sviluppo. Il concetto di Agro Housing presenta una visione urbana e sociale in grado di risolvere alcune problematiche di quell'urbanizzazione caotica, creando una nuova città.  L'idea di Agro Housing è quella di creare uno spazio verde, dove le famiglie possano produrre il loro approvvigionamento di generi alimentari secondo le proprie capacità, i propri gusti e scelte, in modo così da promuovere una scelta di vita indipendente e potenzialmente nuove forme ulteriori di reddito. Inoltre queste serre diventano spazi naturali di ritrovo  per la comunità residente. Agro Housing diventa così un nuovo modello urbano contribuendo così alla conservazione di alcune tradizioni delle comunità sradicate dai processi di migrazione rurale.  

Agro Housing è composto di 2 parti: la zona degli appartamenti e la zona verticale della serra. La serra è composta da una struttura su più piani adibita alla coltivazione di colture e ortaggi, frutta, fiori e spezie, dotata i un sistema di irrigazione a goccia che riutilizza le acque grigie prodotte dagli appartamenti. Il clima della serra è controllato tramite una ventilazione naturale ed un sistema di riscaldamento. Una terrazza a giardino offre aria aperta ed uno spazio aperto verde per pause o riunioni informali.  

Mentre sul tetto è stata progettata un'area in grado di ospitare incontri e manifestazioni, oltre ad un asilo nido al piano terra intrattiene i bambini delle famiglie. I singoli appartamenti consentono la massima flessibilità per organizzare i propri spazi interni. La terrazza è progettata in modo da raccogliere ulteriore acqua piovana adatta al giardinaggio. Uno spazio tendenzialmente autosufficiente, dove una comunità è in grado di produrre il proprio cibo.  

La struttura portante di Agro Housing è composta da travi e colonne di acciaio, equivalenti gli appartamenti prefabbricati che vengono consegnati sul sito pronti per l'installazione. Vetrate scorrevoli, piastrelle in terracotta, tutti materiali scelti per l'alta qualità, l'isolamento e la propria riciclabilità. Le divisioni interne degli appartamenti permettono una massima flessibilità alle esigenze personali di ogni residente, potendola modificare nel tempo senza problemi. La terrazza giardino fornisce un ulteriore spazio verde oltre ad avere un sistema per utilizzare energia solare e la raccolta dell'acqua piovana in grado di creare uno spazio coperto e all'ombra. 

All'interno di Agro Housing è presente uno spazio verticale che funziona da canna fumaria, ventilando gli appartamenti nei mesi estivi e facendo circolare il calore durante i mesi invernali. In estate , le finestre del tetto sono aperte permettendo agli appartamenti di beneficiare della ventilazione naturale e la tonalità chiara di colore dei balconi di ridurre l'assorbimento di calore. La serra con le proprie coltivazioni e vegetazione agisce da schermo verticale per l'ombra e raffreddando la parte interna dell'edificio. In inverno le finestre chiuse del tetto permettono all'aria calda di circolare all'interno del palazzo. Così il sole invernale non alzandosi molto dall'orizzonte riscalda l'elevata massa dell'edificio durante il giorno, in modo che questa durante la notte rilasci il calore accumulato.  

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Un sistema di riscaldamento a pannelli solari sul tetto fornisce energia termica agli appartamenti attraverso un sistema di circolazione forzata. La vetrata della serra inoltre fornisce un ulteriore aria calda in grado di circolare all'interno dell'edificio attraverso il camino centrale. 

                                                  

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• Science barge Mag 20, 2008 

L’Agricoltura Urbana Idroponica Sostenibile. Dal Science Barge una dimostrazione concreta: dai tetti verdi ai giardini verticali, all’agricoltura sostenibile redditizia e possibile 

[ Agricoltura Idroponica Urbana. Gotham Greens: la Prima Start Up che Utilizza l'Agricoltura Idroponica per Coltivare Frutta e Verdura sui Tetti di New York ] 

Il Science Barge, una fattoria urbana sostenibile alimentata ad energia solare, eolica, biocarburanti, acqua piovana e acqua del fiume purificata. Ma il Science Barge non finisce qui. 

Produrre alimenti in città in modo sostenibile, senza emissioni di CO2 e nessun flusso di rifiuti. Le verdure coltivate al Science Barge richiedono 7 volte meno terra e 4 volte in meno di acqua rispetto alle coltivazioni agrarie. Più della metà della popolazione mondiale vive nelle città. La fornitura di prodotti alimentari a queste città si basa su trasporti che inquinano l’aria e l’acqua. Troppo spesso l’agricoltura convenzionale rilascia fertilizzanti nelle falde acquifere inquinando i torrenti e i fiumi. Le piantagioni tradizionali tendono così a contribuire all’inquinamento atmosferico e al riscaldamento globale. Science Barge quindi risulta un ottimo modo per alleggerire il degrado del pianeta, producendo prodotti alimentari, energia e acqua. L’agricoltura urbana può risultare un buon metodo per proteggere l’ambiente e l’uomo. 

“Il Science Barge utilizza un sistema di coltivazione in serra a ricircolo denominato idroponico, facendo crescere così pomodori, lattuga, cetrioli e peperoni. L’agricoltura idroponica non fa uso del suolo e utilizza solamente acqua piovana ed acqua dei fiumi. L’energia proviene solamente da fonti rinnovabili come il solare, l’eolico e da biocarburanti, pertanto non contribuiamo a nessun riscaldamento globale”. L’obiettivo del Science Barge è quello di aiutare la gente a vivere in modo sostenibile grazie all’agricoltura urbana , producendo ciò di cui si ha bisogno senza danneggiare il mondo intorno a noi. Il progetto di agricoltura urbana idroponica promosso dal Science Barge sta facendo parlare di sè a New York, dove su una chiatta da turismo si rende maggiormente visibile e accessibile al pubblico. Il Science Barge è un progetto senza scopo di lucro e vive grazie alla filantropia degli scienziati che vi partecipano. Ma il team spera così di far luce sull’agricoltura urbana idroponica, praticabile in tutto il mondo, da Shangahi all’Avana e Dakar. Così obbiettivo del Science Barge è quello di provare la redditività possibile dell’agricoltura idroponica non utilizzata in città. Così gli scienziati sperano di operare a progettare questi sistemi nei tetti, partendo proprio dalla pubblicità esercitata nelle scuole che necessitano di verdure fresche a pranzo. 

L’agricoltura idroponica è un metodo di coltivazione delle piante in acqua, considerata tecnicamente sofisticata la si pratica nella maggior parte delle regioni del mondo. Le applicazioni di un’agricoltura urbana idroponica sembrano risalire almeno ai giardini pensili di Babilonia, dimostrando di produrre frutta e ortaggi utilizzando fino a 20 volte in meno di terra e 10 volte in meno di acqua rispetto alla convenzionale agricoltura, eliminando pesticidi chimici, fertilizzanti ed emissioni di CO2 dalle macchine agricole e trasporti a lunga distanza. La coltivazione idroponica idroponica è una tecnica di agricoltura avanzata ed intensiva, dove le piante sono cresciute in un ambiente controllato (in serra) con acqua contenente minerali essenziali. L’agricoltura urbana idroponica è sostenibile in quanto grazie alla migliore tecnologia disponibile è in grado di coltivare prodotti nelle città offrendo un elevato rendimento da un piccolo ingombro, utilizzando fonti energetiche rinnovabili. Grazie all’agricoltura urbana idroponica si possono realizzare sistemi di produzione alimentare sostenibile combinandola sul tetto e sulle pareti verticali, riducendo l’impatto ambientale dell’agricoltura e contribuendo alla sicurezza alimentare.  

Obiettivo dell’agricoltura urbana idroponica è: 1. L’idroponica salva la terra: rendendo circa 20 volte più di una coltivazione in terra. 2. L’idroponica salva l’acqua: grazie ad un ricircolo per l’irrigazione si andrà a consumare fino a 10 volte in 

meno di acqua. 3. L’idroponica riduce l’inquinamento: le serre urbane eliminano l’uso di trattori e macchine agricole così 

le emissioni di co2 e l’uso di combustibili fossili. 4. L’idroponica recupera le acque piovane: la serra può essere progettata in modo da trattenere ed 

utilizzare l’acqua piovana. 

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Conseguentemente un’agricoltura urbana idroponica riduce gli effetti delle piogge torrenziali. L’idroponica migliora la sicurezza alimentare: la gestione integrata dei parassiti non richiede pesticidi chimici, migliorando l’accesso alle verdure fresche per le comunità urbane. L’idroponica riduce i rifiuti: il calore prodotto dagli edifici può benissimo essere utilizzato per riscaldare la serra. 

L’idroponica rinfresca gli edifici: nel caso di un agricoltura urbana sul tetto o sulle facciate verticali, la copertura vegetale mitiga l’effetto del calore come un’isolante. L’idroponica lotta contro il riscaldamento globale: consumando fino a 0,5 Kg di emissioni di co2 per ogni Kg di ortaggi prodotto in una serra sul tetto. 

Grazie al Science Barge capiamo che molte invenzioni efficaci potrebbero creare un vero punto di rottura per un’epoca. Spesso queste tecnologie già esistenti non sono altro che un riadattamento di una precedente per risolvere un problema diverso, così è nato il Science Barge e l’utilizzo dell’agricoltura urbana idroponica.                                         

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• Coperture Verdi (5 domande) Gen 28, 2008 

Architettura sostenibile: Tetti e coperture verdi, 5 domande per 5 risposte di Jim Lindell di Green Roofs 

Con la crescita del settore delle coperture e tetti verdi e soprattutto dei progettisti e costruttori che ne fanno uso nei propri edifici, abbiamo voluto rispondere alle domande più frequenti che possono nascere sulla questione.  Jim Lindell, National Manager per Green Grid Roofs, risponde a queste domande: 

1. Di quanta acqua ha bisogno un tetto verde? Nella maggior parte dei casi un tetto verde è progettato per richiedere bassissima o scarsa manutenzione. Durante i primi 2‐3 mesi può essere necessario irrigarlo, dopo di che la copertura verde ha solo bisogno di qualche controllo perché la vegetazione cresca rigogliosa. 

2. Possono esserci delle perdite? Se correttamente installato da un'azienda seria certamente il tetto non dovrebbe perdere! Vengono inoltre adottati metodi costruttivi di una copertura verde diversi a seconda se l'edificio è in costruzione o già realizzato. Con moduli impermeabilizzanti installati direttamente sulla superficie del tetto già esistente, spiega Lindell, una copertura verde effettivamente aiuta a proteggere e isolare il tetto ulteriormente dalla bassa o alta temperatura esterna. 

3. E' possibile installare un tetto verde su qualsiasi edificio? Anche se alcuni sistemi di copertura verde sono più leggeri di altri, i proprietari degli immobili devono sempre far esaminare da un tecnico l'effettiva fattibilità della realizzazione salvaguardando l'integrità dell'edificio e determinando se è in grado di sopportare il peso aggiunto di un tetto verde. 

4. Un tetto verde può aumentare il valore del mio edificio? E' troppo presto per dirlo, ma già i primi segnali indicano che un tetto verde per quanto riguarda l'isolamento termico per l'edificio, per non parlare della sostenibilità del concetto e della riduzione dei costi nell'installazione sta dimostrando un primo aumento di valore dell'edificio. 

5. Può costare molto un giardino verticale? Bisogna prima di tutto considerare che un tetto verde può davvero contribuire a ridurre i costi energetici, riducendo sia il fabbisogno di energia per riscaldare l'edificio, sia per raffreddarlo. Senza considerare che si allunga la vita del tetto esistente salvaguardando la struttura portante e il proprio portafoglio. Jim Lindell inoltre aggiunge che un tetto verde contribuendo al risparmio energetico può rientrare nella casistica sensibile alle agevolazioni nazionali e regionali vigenti in materia di risparmio ed efficienza energetica.                      

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• Orti urbani Mar 2, 2009 

Orti, Agricoltura Urbana e Terreni Condivisi: Tendenza, Moda o Necessità? Esperienze di Orticoltura nel Vivere Moderno all’Ombra dei Palazzi e della Crisi Economica 

Questa è solo l’inizio di una prossima interessante tendenza. Se hai un appezzamento di terreno, per quanto piccolo che sia è possibile farci crescere le proprie verdure e non hai neppure bisogno di sapere come fare. Questa è l’idea che sta alla base del crescente numero di programmi di giardinaggio comunitario urbano: “noleggiare degli agricoltori”, in questo modo si aiutano gli abitanti delle città a scoprire le gioie di un orto che ci può regalare verdura fresca e cresciuta “in casa”. 

Oltreoceano Urban Land Army’s Land Link, è in prima linea in questa tendenza al giardinaggio urbano. Programmi come il Longfellow Creek Garden puntano a costruire una comunità che insegni ai residenti il giardinaggio, l’orticoltura e l’agricoltura urbana, attraverso diverse attività. La tendenza è in assoluta crescita, così i corsi di giardinaggio organizzati dalla Landlink si riempiono facilmente anche con l’aggiunta di diverse nuove classi ogni anno. Attraverso la campagna Urban Land Army’s Land Link, le persone che vogliono far crescere le proprie verdure, possono collegarsi con i proprietari dei piccoli appezzamenti di terreno che vogliono godere di prodotti freschi, ma non hanno il tempo o l’inclinazione all’agricoltura. 

Ma l’agricoltura urbana è in grado di raggiungere anche il vostro posto di lavoro. Alla HomeStreetBank di Seattle, il manager Maggie McKelvy ha infatti ottenuto il permesso di iniziare a coltivare il suo piccolo appezzamento di terreno vicino al parcheggio della banca. I suoi collaboratori hanno poi aderito con entusiasmo a tale iniziativa, donandogli completamente il terreno. In questo modo un giardiniere segue la coltivazione del piccolo orto procurando verdura fresca ai piccoli proprietari dell’appezzamento di terra. 

“Così aumenta il tenore di vita e la possibilità di avere buon cibo, possiamo infatti vedere crescere la verdura e prendere parte all’attività di farla crescere”, spiega Colin McCrate, proprietario e operatore della Seattle Urban Farm Company, che aiuta a creare per i propri clienti giardini urbani nel centro della città. “Quando ho iniziato a coltivare l’orto, sono diventato molto più attento a ciò che mangio e ho iniziato a mangiare meglio.” McCrate ritiene che molte persone stiano diventando sempre più attente a ciò che mangiano e l’attenzione come le vendite dei prodotti alimentari biologici (cooptati dalle grandi aziende) sta aumentando. Egli vede così l’agricoltura urbana come un nuovo modo per riconnettersi con una vita più sana, rispettosa della propria alimentazione. Il Seattle Urban Farm Company offre una vasta gamma di servizi, dalla breve consultazione per la progettazione, all’installazione e la manutenzione. del proprio orto urbano. 

McCrate e il suo team di esperti agricoltori biologici sono in grado di coltivare circa 40 diversi tipi di verdure ed erbe aromatiche, ciascuna con un distinto periodo di raccolta. “Le coltivazioni di agricoltura urbana più frequenti che ci chiedono di coltivare sono i pomodori, carote, insalata, fagioli e piselli. Ed un appezzamento di 6×6m è l’ideale per una famiglia” spiega McCrate, “ma ci capita di lavorare con qualsiasi spazio disponibile”. “Chi abita in città molto spesso non ha la conoscenza sempre più di molte semplici pratiche agricole”, spiega Amy Pennington, giardiniere a noleggio di Seattle, la cui attività è chiamata Go Go Green Garden. “Le persone sono diventate più consapevoli delle loro scelte alimentari e il nostro lavoro lo vediamo aumentare con questa tendenza”. “L’irrigazione degli orti urbani (e in generale) è una delle cose che richiede più manutenzione e che le persone tendono più a trascurare”, continua McCrate. “Le piante hanno bisogno di tonnellate d’acqua, in particolare durante le estati asciutte”. Con l’irrigazione a goccia, l’acqua va direttamente nel suolo invece di evaporare rapidamente. 

Ma oltreoceano dichiarazioni di persone come queste fanno molto riflettere su ciò che può essere considerata pura e semplice moda o tendenza e paura o insicurezza del futuro: “… Il mio nome è Lara Fukes. Ho 38 anni. E se arrivasse un’altra Grande Depressione, vorrei parlare subito con i miei parenti e buoni amici e, probabilmente andremmo tutti insieme a vivere in una fattoria dove ritornare a  raccogliere il grano dai ampi e avviare il proprio allevamento di animali in modo sopravvivere tutti insieme … “. Ma persone come 

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Lara (e molte altre persone che vivono in città o anche nelle zone rurali) non sono mai state in un’azienda agricola e fattoria veramente, nonostante il passato contadino di appena 2 generazioni fa. Nella realtà però persone come Lara e i suoi amici nel corso di una depressione economica maggiore sarebbero accolti tanto amichevolmente dal proprietario di una fattoria non sapendo fare praticamente nulla? Oppure pensiamo che Lara e i suoi amici sarebbero in grado di acquistare una fattoria? Mi auguro per loro che abbiano in anticipo buone quantità di oro e argento come forme di moneta da scambiare, perché credo che in uno scenario come questo o peggiore, la cartamoneta o le carte di credito non abbiano lungo corso. 

Su questi scenari e nuove tendenze stanno nascendo gruppi come la Cascina Santa Brera italiana o il WWOOF (acronimo di Willing Workers On Organic Farms) dove si svolgono attività volte a creare e sviluppare comunità sostenibili legate all’agricoltura o “transition town”. Non importa dove siete nel mondo infatti, ci sono link, contatti e tutte le informazioni di contatto di cui avrete bisogno per trovare un’azienda nella vostra zona. Contatta le persone che possiedono un piccolo terreno e che possono dartelo in gestione, non è necessaria esperienza, dovrete imparare! Le informazioni ci sono! E dopo qualche fatica e qualche tempo potrete anche tornare a casa con i frutti delle vostre fatiche da esibire. 

Landshare è davvero un sito eccezionale, appena nato nel Regno Unito esso collega i coltivatori, proprietari terrieri, e cercatori di terra vacante utilizzabile in modo produttivo, oltre alle persone che vorrebbero imparare le basi per coltivare il proprio orto. Per ora resta solo un accenno ma entreremo con il tempo sempre più in profondità riguardo a questi argomenti. In vista anche di nuove pratiche di agricoltura che tengono sempre più in considerazione il valore della terra e la sua fertilità (vedi biochar). Di sicuro è che non importa ciò che il futuro ci riserva ma un po’ di preparazione, coscienza e dei vecchi consigli ci serviranno sempre, qualunque cosa accadrà.                                

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• Urban Space Station Feb 24, 2009 

L’Hacking dell’Architettura Concettuale. Urban Space Station: dal Tetto Verde all’Agricoltura Urbana Passando per l’Open Source. Cibo, Verde, Qualità Ambientale, Sviluppo di Comunità Umane e Compostaggio 

Urban Space Station è un progetto che mira ad uno sviluppo locale della salute ambientale grazie alla realizzazione di un edificio e di uno spazio ben progettato. Descritto dal designer come un “parassita dell’architettura”, la semi‐permanente struttura si potrebbe trovare in cima a qualsiasi tetto come di una città, obiettivo è utilizzarla per farvi crescere verdura e ortaggi riutilizzando i rifiuti organici degli abitanti dell’edificio su cui è installato “l’Hacker”.  

L’Urban Space Station possiede sicuramente degli elementi molto positivi che fanno della struttura un progetto davvero avvincente ed innovativo seppur nella sua semplicità: 

1. la mobilità, ossia la possibilità di poter spostare o eliminare l’Urban Space Station dall’edificio; 2. metodi di costruzione su scala a seconda dell’edificio e degli abitanti; 3. produzione degli alimenti; 4. miglioramento della qualità dell’aria negli ambienti chiusi. 

 L’Urban Space Station mette alla luce importanti fattori ed elementi della costruzione stessa su cui è 

installato. Alcuni temi infatti messi alla luce dal designer puntano ad uno sviluppo di un’architettura aperta e delle possibilità che avrebbero gli enti locali di migliorare la salute ambientale. 

Il team dell’Urban Space Station fornisce una banca dati di progetti open source per costruire un proficuo mini eco‐sistema di questo tipo, che a sua volta può migliorare la salute ambientale per tutti i soggetti coinvolti, pur essendo un catalizzatore urbano di cambiamenti dello stile di vita della società. 

 Urban Space Station punta ad un tentativo di spinta creativa ai confini della progettazione urbana per continuare la conversazione intorno a soluzioni sostenibili di vita. Così è fondamentale  continuare a ideare e produrre nuovi concetti che contestino le modalità del passato (e soprattutto del presente). L’Urban Space Station può essere considerato per questo un parassita dell’architettura urbana. Il suo obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita (aria, acqua, temperatura,  cibo, rifiuti, coesione sociale …) nelle città e negli spazi di esistenza umana dove possono condividere fauna e flora. Il primo prototipo ora realizzato è delle dimensioni del 40% del reale. Progettato da Natalie Jeremijenko (NYU) e Angel Borrego (OSS), è finora stato realizzato da Cesar Harada (RCA). 

L’Urban Space Station vuole essere concepito per esplorare la frontiera dello spazio urbano: i tetti, in particolare grazie al crescente movimento e crescita del verde e la contestuale domanda di miglioramento delle costruzioni. I tetti verdi nonostante siano un concetto relativamente nuovo, se non l’ultima frontiera dello spazio urbano, con l’Urban Space Station vengono colonizzati ad un ritmo allarmante, promettendo diverse prestazioni di servizio ambientale, molti, in tutto o almeno in parte destinati anche come risorsa per l’agricoltura urbana. La forma dell’Urban Space Station è motivata al fine di massimizzare il calore radiante e l’energia termica interna distribuita che migliora la situazione del controllo dell’agricoltura intensiva all’interno.  

Il progetto Urban Space Station vede in sé raggruppati in 2 principali approcci: A] Fornire un livello di vegetazione con un minimo di manutenzione ed altre infrastrutture,  massimizzando i servizi ambientali forniti a: 

• la costruzione e le sue specifiche; • il quartiere e i dintorni. 

L’edificio gode così di un migliore isolamento termico e acustico oltre alla riduzione del fabbisogno energetico speso dai sistemi di riscaldamento e condizionamento. B] Fornire habitat e risorse alimentari per diversi organismi e piante; migliorando e massimizzando la biodiversità urbana. Sicuramente questo richiede un complesso modello di organismi interdipendenti, sfidando la progettazione che può sfruttare la capacità strutturale irregolare del tetto con la possibilità di creare una serie differenziata di habitat. Si richiede anche un approccio eco‐sistemico, piuttosto che il lavoro d’immagine ed estetico di un architetto del paesaggio. 

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• Ecovillaggi Apr 29, 2009 

ECOVILLAGGI: Significato e Situazione del Movimento Ecovillage nel Mondo. Ispiratori, Modelli, Motivazioni e Obiettivi 

Spesso è difficile spiegare alla gente che cosa sia un ecovillaggio, poiché questi  progetti assumono molte forme e il movimento è in continua evoluzione. Tuttavia è possibile affascinarsi dalla circolazione attuale di idee sugli ecovillaggi in tutto il mondo. Il loro campo di applicazione è veramente internazionale. Nei paesi industrializzati del “Nord del Mondo” (che comprende anche Australia e  Nuova Zelanda) gli ecovillaggi sono comunità di residenti più intenzionali, i quali vogliono vivere secondo uno stile di vita più ecologico e secondo un’esperienza di maggiore e più profondo contatto con la natura e le comunità umane. (Alcuni esempi: Munkesoegaard in Danimarca, l’Ecovillage Ithaca negli Stati Uniti, Crystal Waters in Australia.) 

Robert Gilman ha spesso osservato che la maggior parte degli ecovillaggi nel Nord del Mondo sono veri piccoli villaggi. I veri ecovillaggi, infatti egli osserva, sono veri e propri centri di iniziativa (sede di numerose imprese, associazioni e progetti residenziali). La maggior parte delle comunità intenzionali di ecovillaggi nel Nord del Mondo hanno un solo organo funzionale e sono organizzate soprattutto come quelli che Robert Gilman chiama “centri di ricerca, di dimostrazione e formazione.” Le comunità intenzionali possono quindi essere potenziali “semi” dei futuri reali ecovillaggi. 

La federazione di Damanhur in Italia è un esempio di una comunità intenzionale sullo stile degli ecovillaggi dei paesi industrializzati del Nord del Mondo. Sono due i grandi, e ben noti, ecovillaggi che fungono da modello, sia in termini di dimensioni sia in termini di funzioni: Findhorn in Scozia, con 500 residenti e Damanhur in Italia con 1200 abitanti. Entrambi hanno attirato nuove persone, nonché ex membri provenienti dalle comunità, a stabilirsi nel terreno adiacente, per avviare una propria impresa e per partecipare alla vita sociale ed economica della società. Quindi, queste due comunità si possono definire come i “semi” che hanno dato inizio agli ecovillaggi di tutto il mondo industrializzato. La Federazione di Damanhur, spesso detta semplicemente Damanhur, è spesso definita da molti una comunità etico‐spirituale, da altri una setta religiosa. È situata in Piemonte, a circa 50 km a nord di Torino, nella Valchiusella, ai piedi delle Alpi. 

Relativamente pochi sono stati i nuovi ecovillaggi che si sono formati dopo quelli fondati in Europa e nel Nord America nel 1960 attraverso la metà degli anni ‘90. (Ad esempio, Sieben Linden Ökodorf in Germania, in Messico Huehuecoyotl, Dancing Rabbit negli Stati Uniti). E’ stato molto più facile iniziare fondando comunità intenzionali sullo stile degli ecovillaggi in entrambi i continenti, da 10 a 40 anni fa a causa del basso costo del terreno e ad un minor numero di zonizzazione e norme meno restrittive. 

In contrasto con le comunità intenzionali, la maggior parte degli ecovillaggi nel Sud del Mondo sono villaggi tradizionali in cui gli abitanti indigeni vogliono fermare la distruzione ambientale, generare economie locali sostenibili e preservare la loro cultura tradizionale. (Ad esempio i villaggi senegalesi in Africa e il Movimento di Sarvodaya in Sri Lanka.) In Russia, in Europa orientale e in alcune zone della Spagna, alcune comunità sono intenzionali ma ci sono anche altri villaggi tradizionali con obiettivi analoghi a quelli del Sud. 

Dato il cambiamento climatico globale, il prezzo del petrolio e l’attuale situazione economica internazionale, gli ecovillaggi rappresenterebbero interessanti soluzioni. Alcuni suggeriscono che si dovrebbe calcare l’accento maggiormente sull’utilizzo di nuove tecnologie per la produzione di alimenti, l’istituzione di aziende agricole vitali, orti e frutteti. Il concetto crescente di sostenibilità non può essere limitato soltanto al movimento degli ecovillaggi, ma deve essere maggiormente condiviso anche da Transition Towns, Bioregional e dagli altri movimenti locali e da esperti in cambiamento climatico. Sicuramente promuovere ecovillaggi forse non è così importante come la promozione dei principi degli ecovillaggi. Tutte queste associazioni hanno in comune, come Robert Gilman ha suggerito, il fatto che in modi diversi hanno tutte l’obiettivo di voler vivere in comunità a dimensioni umane.    

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• Tinkers Bubble Apr 30, 2009 

Comunità Sostenibili e di Transizione: Ricerche, Nuovi Studi e Strategia di Crescita per un Microcosmo Sempre più Effervescente 

Pubblichiamo questo articolo di Rebecca Laughton, autore della recente pubblicazione “Sopravvivere e prosperare sulla Terra”, un’interessante ed esaustivo studio riguardo la cultura di transizione e su quello che le diverse iniziative di transizione potrebbero imparare dalle piccole comunità umane. Il libro pubblicato della Laughton così si basa infatti su approfondite ricerche e interviste con diverse persone di in una vasta gamma di piccole aziende e comunità sostenibili: “Lezioni di vita a basso impatto sulla terra”. 

Al fine di nutrirsi in un futuro post‐picco del petrolio, una percentuale sempre maggiore della popolazione necessiterà di vivere e lavorare nel campo agricolo (tale tendenza la stanno sottolineando in tutto il mondo organismi come la Coldiretti italiana). Ma siamo davvero pronti per una gestione del territorio, riducendo al minimo la dipendenza dai combustibili fossili? Nel corso degli ultimi quindici anni, il movimento per uno sviluppo a basso impatto ambientale ha creato opportunità di scambio ed un’economia a prezzi accessibili in modo da vivere e lavorare la terra senza grosse difficoltà. Tinkers Bubble è stato uno dei primi progetti ad ottenere il permesso per una piccola comunità sostenibile a vivere in case auto‐costruite su 16 ettari di terreno nel Somerset. I membri della comunità sostenibile gestiscono frutteti, prati, giardini ed un’area boschiva, senza l’uso di macchine alimentate da combustibili fossili, al fine di trarre il massimo partendo da quelle risorse locali. Inoltre, i residenti cucinano esclusivamente con legna e producono energia elettrica con il vento e l’energia solare. Nel corso del periodo che ho vissuto a Tinkers Bubble ho lavorato sodo per la crescita di ortaggi biologici e la loro vendita, oltre ad aver preso parte nei comuni processi decisionali della comunità sostenibile . Il mantenimento della propria salute e felicità personale è indispensabile per il successo di qualsiasi progetto ambientale e ho cominciato a scoprire come gli altri membri della comunità sostenibile riuscissero a bilanciare i propri bisogni attraverso la sostenibilità ambientale ed economica. Molti dei miei risultati sono applicabili alle comunità in transizione , in particolare a coloro che cercano di adottare un basso tenore di emissioni di carbonio ed uno stile di vita in cui si prevedano speculazioni sull’energia e sulla competitività economica. 

Efficienza. il controllo proattivo delle erbacce è fondamentale quando si utilizzano esclusivamente utensili a mano per la produzione commerciale di verdure. Gli unici luoghi che ho trovato possibile l’eliminazione di combustibili fossili sono state le comunità umane. Nel complesso, queste comunità sono in primo luogo un centro di produzione di sussistenza, e non commerciale. Pertanto, vi è meno bisogno di essere economicamente competitivi, anche se l’autosufficienza riduce significativamente i costi per i residenti. Inoltre, nella comunità si possono trovare persone, con un ampio ventaglio di competenze. Anche se la produzione di ortaggi è possibile ad una sola persona utilizzando esclusivamente utensili a mano, non appena si pensa all’introduzione di colture di cereali o animali d’allevamento che necessitano di foraggio invernale, la necessità di manodopera aumenta drammaticamente. Un altro vantaggio della vita in una comunità attiva è la vita “in loco” per un sostegno emotivo fra le persone. Se hai bisogno di aiuto per la custodia dei figli o per irrigare il tuo giardino mentre si va in vacanza, c’è sempre qualcuno che si può chiamare in aiuto. La sfida di vivere in comunità di transizione di questo tipo è che il processo decisionale richiede più tempo e spesso con conseguenti conflitti fra persone. Una buona comunicazione è essenziale, ma richiede tempo ed energia.           

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• C.L.E.A.R. Village Giu 29, 2009 

CLEAR Village Foundation: Come Creare un Modello di EcoVillaggio Sostenibile. Al via un Forum e Laboratorio di Idee per Riunire 100 Professionisti di Spicco e Creare Soluzioni di Vita Innovative 

C.L.E.A.R. sta per Collective, Conscious, Creative, Lively, Logical, Light, Environmental, Energetic, Artistic, Audacious, Remarkable, Responsible … condividere conoscenze e co‐progettazione per un vero e proprio villaggio sostenibile. Poiché gli effetti del cambiamento climatico iniziano ad emergere in tutto il mondo, l’urgenza di trovare soluzioni veramente efficaci è più pressante che mai. Tecnologie, concetti e innovazione hanno bisogno di esistere, ma non riescono a raggiungere il loro vero potenziale essendo utilizzate solo in modo sporadico e non condiviso e promosso. C.L.E.A.R. ha l’obiettivo di creare un ecovillaggio con un modello sostenibile entro il 2014. 

Intanto il C.L.E.A.R. Village Foundation da cinque anni sta collaborando, lavorando e riunendo personalità di spicco provenienti da una varietà di discipline per costruire una vero CLEAR Village,  sviluppando potenti e creative soluzioni. L’ecovillaggio intende offrire l’eccellenza in campo sociale, ambientale ed economico sia per i residenti che per gli ospiti. Il borgo intende utilizzare innovative soluzioni tecnologiche avendo l’ambizione di dimostrare la loro reale applicazione a tutto il mondo. 

Iniziamo subito col dire che il C.L.E.A.R. Village Foundation è un’organizzazione senza scopo di lucro con l’obiettivo di co‐creare una rivoluzionario modello di villaggio sostenibile. Registrato in Danimarca, partner di Etikstudio e del Club di Amsterdam già think tank a livello mondiale dedicato al futuro. Con l’azione svolta attraverso un programma interattivo, CLEAR Village si distingue da altri processi di progettazione sostenibile. Su invito del C.L.E.A.R. Village Lab si terrà presso l’Istituto di Architettura Avanzata a Barcellona, il 5‐7 novembre 2009, un incontro fra diverse personalità di spicco per vagliare soluzioni e ispirazioni di co‐progettazione in un quadro per lo sviluppo di una comunità sostenibile. Al seguito di una fiera di presentazione di progetti e soluzioni sostenibili e applicazioni di tecnologie verdi, il C.L.E.A.R. Village Forum si concluderà con una cerimonia di premiazione, per premiare i migliori esempi di tecnologie sostenibili applicate in tutte le categorie di partecipazione. 

“Siamo a caccia di innovazioni che possono essere trasferite su scala mondiale, su misura o se necessario adattate. Siamo alla ricerca anche di soluzioni in grado di trascendere nicchie di mercato al fine di rendere un contributo significativo al nostro obiettivo finale. Siamo alla ricerca di soluzioni efficaci, scalabili e soluzioni pratiche, che coprono e rientrano in quattro categorie principali: 1. Strategie di progettazione urbana: argomenti come i nuovi sistemi di trasporto, nuovi edifici e loro 

pianificazione sul tessuto urbano; 2. Sistemi di autosufficienza: questo fa riferimento al settore energetico e dell’agricoltura, ovvero i sistemi 

che mantengono la comunità in movimento e la progettazione di sistemi sostenibili per l’utilizzo di energia rinnovabile. 

3. Tessuto economico e sociale: il “lato morbido” del design sostenibile, se volete, che copre temi come il benessere, l’istruzione e la sanità, le strutture di amministrazione e modelli economici. Anche il rapporto tra locale e globale e le diverse interazioni che si creano rientrano in questa categoria. Riferendosi quindi alle “strutture invisibili” che influenzano la vita quotidiana. 

4. Soluzioni tecnologiche alternative e prodotti: nuove tecnologie e materiali innovativi o sistemi complessi.” 

 Il primo passo che intende svolgere in questo percorso il C.L.E.A.R. Village Lab è quindi un progetto di 

collaborazione in un evento: un primo passo per co‐creare una rivoluzionario villaggio sostenibile. Un “dream team” di 100 professionisti provenienti da industrie complementari saranno riuniti per lavorare insieme e per creare un modello scalabile. La partecipazione all’evento consentirà di dare un prezioso contributo e impegno per la progettazione sostenibile, così come incontrare le altre figure chiave in questo settore e dare nuove opportunità di business.   

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• “Funghi” urbani Feb 3, 2009 

Architettura Sostenibile e Biomimesi: Il Futuro delle Città nel 2030? Ecco la Visione di Sarah Mohd Salleh, fra Funghi Giganti, Giardini Verticali e Autosufficienza Energetica 

L’esplosione demografica oltre ad una rapida industrializzazione ha già colpito milioni di persone e le opinioni riguardo al futuro sembrano incoraggiare questo andamento. La terra non è in espansione e la sempre crescente popolazione dovrà continuamente combattere la scarsezza di terreni residenziali per non parlare dei terreni agricoli. Se la terra è scarsa, la risposta resta assolutamente sempre la stessa cosa, salire verso il cielo. Con questa idea l’architetto Sarah Mohd Salleh ha mostrato una delle possibili soluzioni per la razza umana di poter sopravvivere in futuro. 

Prendendo ispirazione dalle foreste pluviali equatoriali, un luogo ostile in cui ancora vige una spietata lotta per la vita, l’architetto ha pensato di progettare strutture analoghe per il mondo urbano e metropolitano, creando una simbiosi del proprio progetto con i funghi. L’architettura diventa una foresta dove gli alberi artificiali sono sostituiti con edifici a forma di fungo completamente autosufficienti. Proprio come in un albero, il baldacchino del fungo è integrato con celle solari e i rami forniscono alloggi sostenibili.  Oltre a energia elettrica solare, gli edifici generano naturalmente bioenergia, destinata a ciascuna colonia umana sul fungo. L’acqua piovana verrebbe raccolta e utilizzata sia per usi potabili sia per irrigare. I trasporti tenderanno ad essere minimizzati mantenendo il 90% dello spazio solo per pedoni. Ogni colonia vedrebbe una propria produzione di cibo ed energia per se stessa grazie all’utilizzo di giardini verticali e orti pensili. Obiettivo di questo progetto di architettura sostenibile quindi diventa quello di creare un significativo polmone verde urbano grazie all’integrazione di moderne tecnologie con un ambiente di vita tropicale. 

Il verdetto annuncia come data critica il 2030, momento in cui la Terra subirebbe la massima espansione e sviluppo nelle aree urbane. Le città diventerebbero i più diffusi centri di diffusione di pericolose malattie, oltre ad una scarsa qualità di vita e mancanza di considerazione di diverse esigenze di socializzazione e di ricreazione che non siano legate allo smaltimento di stress psicologico o aree tampone (vedi palestre o discoteche). Ironicamente gli spazi aperti verdi saranno ancora continuamente fagocitati da questo rapido sviluppo che punta a rispondere ai bisogni base di sopravvivenza umana, rappresentati da un riparo e da un qualche senso di sicurezza diffuso. 

“Si stima che il 70‐90% della vita nella foresta pluviale si possa trovare fra gli alberi, sopra quindi dal piano ombreggiato della foresta. La foresta tropicale primaria è divisa verticalmente in almeno cinque livelli. Ogni livello ha la sua unica specie animali e vegetale che interagisce con l’ecosistema che li circonda”, spiega Sarah Mohd Salleh. “Il nostro intento era quindi quello di puntare a raggiungere una somiglianza con questo sistema della foresta pluviale equatoriale, Tecnicamente “il fungo urbano” vedrebbe l’applicazione di sistemi integrati per migliorare l’utilizzo delle fonti di energia naturale per produrre energia per il futuro della città oltre alla raccolta di acqua piovana e di biomassa, come principale sostentamento energetico per la vita della città. Così la nostra proposta punta al concetto di mantenere e sostenere le zone verde e di sviluppare parchi urbani senza distruggere né perdere il significato esistente di polmone urbano verde. Senza dimenticare che è bene realizzare una riduzione dell’inquinamento acustico e inquinamento atmosferico, riducendo il traffico stradale, creando un nucleo centrale di trasporto metropolitano sotterraneo. Necessario sarà poi progettare l’habitat in ogni colonia, rafforzando la comunità e introducendo spazi comuni per i residenti in modo da sviluppare lo spirito di una comunità.         

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• OFF Grid Lug 30, 2009 

OFF GRID: Indipendenti e Autosufficienti! Significato, Analisi e Motivazioni per Diventare Oggi Off Grid, Risparmiando Denaro e Salvando l’Ambiente 

Ecco il primo di una serie di articoli legati al tema dell’ Off Grid. Nel mondo occidentale sta prendendo piede una tendenza sempre più evidente di famiglie, come questa, statunitense del Michigan che, in base alla pressione fiscale, hanno deciso di rinunciare alla carta di credito, alla televisione satellitare, all’hi‐tech, ai giocattoli e ai ristoranti e di passare dalla città ed andare a vivere in una fattoria di 15 ettari per diventare più autosufficiente e uscire dalla rete, off grid.  

La famiglia ha acquisito ex novo delle competenze e hanno imparato a vivere felicemente insieme, producendosi il necessario. È così che la gente inizia a convincersi: “Voglio veramente essere indipendente al 100% con uno stile di vita che promuova questa autosufficienza necessaria nel momento in cui accadesse qualcosa all’attuale instabile sistema economico”. Alcuni segni di questa tendenza sono evidenti su diversi livelli: • Stoccaggio. “Quando il mercato azionario scende, aumentano gli ordini di cibo liofilizzato, di kit di 

sopravvivenza e di forniture di emergenza”, afferma il presidente della Nitro‐Pak Harry Weyandt. “Il prodotto che meglio viene venduto è una riserva di cibo da $ 3,375 che può nutrire quattro persone per un periodo di tre mesi. 

• Giardinaggio. La vendita di semi di ortaggi e di innesti è salita del 30% dal 2008 afferma la W. Atlee Burpee, stando alle stime della più grande società sementiera degli Stati Uniti. La National Gardening Association afferma che 7 milioni in più di famiglie quest’anno farà aumentare il proprio cibo coltivato segnando un aumento rispetto al 2008 del 19%. 

• Conservazione. La Jarden Corporation afferma che la vendita dei suoi materiali per inscatolare e conservare i prodotti è salita del 30% a partire dal 2008. Sonya Staffan, proprietaria di The Jelly Jam e di Jelly Lady, un conservificio commerciale in Lebanon, nell’Ohio, quest’anno ha raddoppiato la produzione. 

• Cucito. Alcune persone stanno imparando a cucire in modo che possano essere in grado di riparare abiti e l’arredamento della casa, spiega Rachel Cohen, portavoce del SVP Worldwide, proprietaria di fabbriche che realizzano prodotti per il cucito e macchine da cucire; Singer  e Husqvarna Viking. 

• Trasferire. Steve Saltman, direttore generale di LandAndFarm.com, una società immobiliare nazionale, afferma che un numero sempre maggiore di clienti vuole “semplicemente vivere in un luogo meno costoso”. Jonathan Rawles di  SurvivalRealty.com afferma così che più persone si spostano verso le zone rurali perché “sono soprattutto preoccupate per l’instabilità economica e sociale che nelle città causa difficoltà”. 

Circa alla stessa ora ogni mese milioni di americani consultano la loro posta elettronica, poi cercano il piacere di una lettera scritta a mano o la loro rivista preferita solo per il piacere di toccare con mano buste bianche con piccole finestre in cellophane. Tutti conosciamo l’elettricità, l’acqua, il gas e il telefono e tutte le società di gestione di questi preziosi servizi “congiura” per impadronirsi del nostro denaro duramente guadagnato. Per la maggior parte della popolazione, che paga le bollette, questo è un compito faticoso e frustrante. Che cosa accadrebbe invece se si uscisse da questo “dominio” dei servizi di pubblica utilità e si producesse da soli la propria energia in modo sostenibile? Ebbene, questo è possibile. Lo stile di vita “off grid“, fuori dalle maglie dei servizi di pubblica utilità, sta diventando una scelta sempre più popolare per le persone che cercano di ridurre la propria impronta ecologica e risparmiare, affermando la propria indipendenza ed evitare la dipendenza dai combustibili fossili. 

Abbiamo visto come funziona il sistema distributivo energetico nazionale. Una normale abitazione è collegata alla rete elettrica, al gas naturale, all’acqua e alle linee telefoniche. Staccarsi dalla rete significa rinunciare a questi servizi di pubblica utilità per crearsi energia propria. Alcuni proprietari scelgono di staccarsi solo in parte dalla rete per la fornitura di energia elettrica e di rimanere attaccati alla linea telefonica, pur godendo dei vantaggi provenienti dal riciclo delle acque reflue. Altri scelgono di vivere completamente off grid e scavano pozzi o utilizzano un sistema di cisterne per la raccolta dell’acqua. Una fossa settica conserva le acque reflue e, come tale, ci rende “immuni” dalle bollette. 

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E’ quasi impossibile sapere esattamente quante persone vivono off grid, ma nel 2006 la rivista Home Power ha stimato che solo negli USA più di 180.000 case sono diventate autosufficienti nella produzione di energia. Altre 27000 case usano l’energia solare ed eolica per compensare la loro vita collegata alla rete [fonte: USA Today]. Per la maggior parte della popolazione vivere off grid resta un buon modo per rispettare l’ambiente. Per altri è un sollievo non dover dipendere dalle imprese di servizi pubblici per soddisfare le proprie esigenze risparmiando, soprattutto sul medio e lungo periodo ingenti somme di denaro. 

La prima cosa che si deve fare per staccarsi dalla rete e diventare off grid è eliminare la dipendenza dall’energia elettrica. Il modo più comune per farlo è usare il sole e il vento per prodursi la propria energia. Tale concetto non è nuovo ma un numero sempre maggiore di persone che si rivolge a queste fonti di energia rinnovabile può contribuire a compensare o sostituire la dipendenza dall’energia elettrica prodotta dalla combustione del carbone. 

Le normali abitazioni che utilizzano l’energia solare fotovoltaica di solito hanno installato pannelli fotovoltaici (PV) sul tetto o in prossimità della casa. Questi pannelli contengono celle solari composte da semiconduttori in silicio. Quando la luce del sole colpisce il pannello, i semiconduttori raccolgono l’energia e ostacolano la perdita di elettroni in modo che essi possano circolare liberamente. Un campo elettrico nel pannello poi raccoglie questi elettroni e incanala il flusso delle forze in una unica direzione, creando corrente elettrica continua (DC). La DC è poi fatta passare attraverso un invertitore che converte semplicemente questo DC in corrente alternata (AC) che viene poi impiegata nelle abitazioni. 

L’energia eolica funziona in modo simile. Le normali turbine eoliche impiegate nelle abitazioni si presentano come eliche di un aereo su torri alte dai 12 ai 25 m. Quando soffia il vento, le lame si mettono in movimento e iniziano a far girare un albero che porta l’energia dal centro del rotore ad un generatore. Il generatore raccoglie l’energia cinetica prodotta dalla rotazione e la trasforma in energia elettrica. Come le celle solari, l’energia creata dalle turbine eoliche viene convertita in corrente alternata utilizzabile con un invertitore. 

Alcune persone abbinano l’energia eolica e quella solare all’energia tradizionale, creando un sistema ibrido che consente di ridurre le bollette. In questi casi l’energia prodotta viene distribuita nella rete di pubblica utilità. Se la produzione di energia è maggiore del consumo questa viene acquistata dal gestore della rete elettrica. Tuttavia, per potersi staccare dalla rete, è necessario tagliare i legami con la società elettrica completamente e realizzare un impianto chiamato “stand alone”. In questo caso l’energia prodotta viene immagazzinata in un sistema di batterie che convertono l’energia elettrica continua in alternata a seconda delle necessità. La batteria del sistema è generalmente situata in un garage o in un capannone vicino alla fonte di alimentazione. Quando è presente il vento, l’energia eolica è la fonte rinnovabile più pulita e più conveniente delle diverse tecnologie energetiche in tutto il mondo. Per questo non c’è da stupirsi che l’energia eolica stia crescendo così velocemente soprattutto per parchi eolici off‐shore. 

Il City College di Los Angeles (LACC) ha avviato un piano nel 2006 per staccarsi completamente dalla rete e diventare energeticamente off grid. Con l’installazione di pannelli PV, sufficienti per generare un megawatt di energia al giorno, il LACC porta l’energia sostenibile all’interno del campus. Questo sistema di edifici universitari ospita più di 185.000 studenti solo nell’area di Los Angeles. L’università offre anche corsi sulla sostenibilità e bioedilizia nei propri programmi di studio. Il LACC sta così crescendo velocemente e ha dei progetti per la costruzione di più di 40 edifici che soddisfino e superino gli standard fissati dalla Leadership in Energy and Environmental Design.           

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• Fattorie non‐utopiche del futuro Mar 4, 2009 

Dystopian Farm: Un Grattacielo di Felci e Azienda Agricola Verticale. All’ Evolo Skyscraper Competition 416 Progetti è fra i Finalisti il Visionario Eric Vergne 

Poiché la popolazione mondiale continua a crescere e le risorse energetiche nelle città aumento con lo stesso alto tasso, le aziende agricole verticali come abbiamo già ampiamente discusso in passato potrebbero offrire un interessante nuovo approccio sostenibile all’architettura urbana adatta alle zone ad alta densità. Uno dei tre finalisti di questa edizione del Evolo Skyscraper Competition è Eric Vergne con il suo progetto Dystopian Farm che prevede un futuro per New York City fatto di edifici interlacciati con eleganti strutture a spirale biomorfa che sfruttano la tecnologia d’avanguardia per fornire alla città una propria fonte di cibo.  

Se si considerano le esigenze future delle nostre città, pochi progetti affrontano il crescente aumento della popolazione nel mondo puntando ad architetture verticali che possano creare un’azienda agricola al proprio interno. Come stiamo ricordando da tempo entro il 2050 quasi l’80% della popolazione mondiale risiederà nei centri urbani e molta terra sarà necessaria per sfamarla. 

La Dystopian Farm di Eric Vergne oltre a creare alloggi mira a fornire a New York una fonte di cibo sostenibile, mentre la creazione di uno spazio sociale dinamico integra i produttori (gli agricoltori) con i consumatori. Sulla base della teoria che ogni materiale vegetale può svolgere senza problemi una funzione strutturale e meccanica, il grattacielo biomorfo è modellato man mano dopo l’impianto di diverse colture e piante che offrono e creano a loro volta uno spazio per le aziende agricole, zone residenziali e mercati. 

 “L’applicazione del design generale non è lineare e non segue norme programmatiche per le sue funzioni, il progetto naturalmente include la sua auto‐organizzazione e può essere utilizzato per organizzare gli elementi stessi della programmazione. Ogni elemento programmatico così è dato un insieme di regole strutturali semplici, il risultato è un complesso sistema fluttuante. Queste strutture organiche possono sfruttare i sistemi di agricoltura aeroponica per assorbire i nutrienti e utilizzare un sistema controllato di illuminazione e di livelli di CO2 per soddisfare le esigenze alimentari della popolazione futura” spiega Eric Vergne.    In aggiunta a tutto questo non dobbiamo dimenticare che strutture come la Dystopian Farm consuma velenosa CO2 quindi i progetti di Vergne previsti in determinate aree della città modificherebbero dinamicamente l’atmosfera della vita cittadina: “Attraverso la produzione alimentare e il suo consumo, questo grattacielo o meglio Dystopian Farm crea una fluttuazione di diversa densità delle persone riunendo diversi gruppi sociali e culturali, oltre alla creazione di nuovi e imprevedibili esperienze urbane che formano e dissipano il flusso della vita all’interno della città. Dei nuovi spazi vissuti e non rappresentati. Le superfici interne non prescrivono la funzione, ma si limitano ad un loro accenno potenziale. Spetta agli utenti di tutti i giorni definire il risultato di uno spazio che abitano e dell’ambiente dato che erediteranno”, continua Vergne. “Per questo progetto non ho pensato ad un’utopica città giardino. L’agricoltura verticale è veramente in grado di fornire in modo adeguato cibo per i propri abitanti, soprattutto considerando le moderne tecnologie di controllo della crescita in agricoltura aeroponica”. 

Per la Dystopian Farm, incoraggiare le persone a vivere in un grattacielo coperto con felci può essere solo uno dei tanti inconvenienti che i progettisti devono affrontare nella realizzazione di questa struttura biomorfa per renderla abitabile. Quest’anno l’Evolo Skyscraper Competition ha raccolto un incredibile numero di progetti: 416, fra lavori di designer, architetti, ingegneri di 64 paesi diversi. Il web site attualmente elenca solo i finalisti e 15 menzioni speciali.        

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• Zuidkas Giu 8, 2009 

Zuidkas: Architettura e Sviluppo Sostenibile per una Città nella Città 

Trasformare e migliorare le strutture esistenti come i grandi edifici delle città rendendoli energeticamente efficienti e sostenibili oggi rappresenta una parte fondamentale della nuova architettura. Il Zuidkas in questo settore è un ottimo esempio di nuova direzione. Commissionato dal Government Buildings Agency dei Paesi Bassi e progettato da Paul de Ruiter il Zuidkas rappresenta è un ottimo esempio di ecosistema in un ecosistema cittadino, progettato come sede per uffici, abitazioni, scuole, ristoranti e negozi. 

Nello Zuidkas il consumo di energia è uno dei fattori principali presi in considerazione nella progettazione dell’edificio. Le unità abitative sono pensate per sostenere i picchi di energia della mattina e della sera, mentre gli uffici sfruttano al meglio l’energia solare passiva offerta dalla giornata. L’obiettivo per lo Zuidkas è quello di mantenere l’efficienza energetica in tutto l’edificio in tempi diversi durante l’arco della giornata. 

“Il gruppo di lavoro è partito formulando nove aspetti relativi alla sostenibilità dello Zuidkas. Riduzione delle emissioni di CO2, risparmio di energia e salute pubblica sono concetti fondamentali da prendere in considerazione, siamo arrivati in questo modo ad un mix funzionale lungi dall’essere ordinario: case, uffici, scuole, aree di parcheggio, vendita al dettaglio, ristoranti. Oltre a ridurre al minimo i livelli di emissione totale della realizzazione dell’edificio, siamo riusciti a portare il suo fabbisogno energetico a livelli minimi e, soprattutto, creando un polo di attrazione locale dove un ambiente sano e confortevole offre alle persone spazi abitativi e luoghi dove lavorare.” spiega de Ruiter fondatore dello studio. 

Lo Zuidkas, 11.000 m² situati nell’area di Ravel ad Amsterdam, sarà rivestito di un guscio di vetro progettato come cuscinetto contro gli sbalzi termici di caldo e di freddo. L’acqua piovana, 4.130 metri cubi l’anno, naturalmente viene raccolta dall’edificio e utilizzata per le piante che cresceranno all’interno della struttura, le quali forniranno parte della biomassa per essere convertita in biogas quindi calore per l’edificio, ma non solo. 

Oltre ai rifiuti vegetali provenienti dalla serra utilizzati come biomassa, l’edificio raccoglie anche acque nere per portarle a fermentarle nell’impianto a biogas. Questo gas servirà come biocarburante sostenibile per la cogenerazione di calore ma anche di energia. Un’organizzazione funzionale ed una buona progettazione dimostrano come la bioedilizia possa soddisfare ampiamente gli obiettivi ambientali, pur riducendo il costo energetico dell’edificio. Il guscio di vetro del Zuidkas funzionerà come una zona intermedia che naturalmente mitiga gli effetti del clima all’esterno. Il surplus di calore estivo e il freddo invernale sarà immagazzinato grazie ad un sistema geotermico a masse posto al di sotto dell’edificio.                    

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• Fattoria Urbana Ago 28, 2009 

Avviare una FATTORIA URBANA: Contro l’Industria Agroalimentare, l’Agricoltura Biologica in Citta’ Secondo Kelly Coyne ed Erik Knutzen, ma non solo … 

Cerchi il gusto nei cibi ma non lo trovi? Vedi attorno a te solo verdure inzuppate di pesticidi? E’ il momento di iniziare a coltivare il cibo nel proprio cortile e avviare la propria fattoria urbana. Il testo che segue è un estratto da “The Urban Homestead” , una guida su come vivere, in modo auto sufficiente nel cuore della città (di Kelly Coyne e Erik Knutzen). Immaginatevi seduti a tavola davanti a un bel piatto di insalata a base di rucola e pomodori coltivati da te. Oppure, la domenica immagina di prepararti una frittata con le uova che la tua gallina ha deposto quel mattino stesso, servita con una spessa fetta di pane fresco, burro e marmellata di albicocca, tutti preparati in casa, naturalmente. Oppure immagina di offrire ai tuoi amici un idromele fatto con miele locale. Vorreste vivere così? Stiamo parlando di come creare una fattoria urbana. 

“Io e mio marito Erik abbiamo creato tutto questo nel nostro piccolo bungalow a Los Angeles, a poca distanza da Sunset Boulevard. Noi coltiviamo i nostri alimenti, ricicliamo l’acqua, riforniamo di viveri il quartiere e abbiamo costruito una comunità. Abbiamo una fattoria urbana. Anche se fantastichiamo sul fatto di poter traslocare, un giorno, in campagna, la città ci offre comunque tutto ciò che per noi è importante. Qui abbiamo gli amici e la famiglia, tutti i comfort e gli stimoli culturali che una città può offrire. Per il momento ha più senso per noi diventare autosufficiente in città grazie ad una fattoria urbana. Non è stato necessario per noi diventare agricoltori. Coltiviamo cibo in abbondanza nel nostro “Echo Park” e alleviamo addirittura polli. Una volta che senti che il gusto della lattuga in realtà ha un sapore diverso da quella che acquisti nei supermercati o mangi una focaccia accompagnata con pomodori che ancora hanno il caldo del sole o un uovo fresco della propria gallina, non si potrà più rimanere soddisfatti mangiando cibi preconfezionati o uova di allevamento.” 

“Il nostro passo successivo nel percorso di creazione di una fattoria urbana, è stato quello di imparare ad usare le antiche tecniche per coltivare al meglio e per conservare al meglio i cibi che provenivano dalla nostra fattoria urbana: il decapaggio, la fermentazione, l’essiccazione e la produzione di birra. Un barattolo di marmellata di more selvatiche mantiene il gusto dell’estate e non delle sostanze chimiche che si usano in fabbrica. Quando si coltivano alcuni dei propri alimenti, si comincia ad avere una maggior cura su tutti i prodotti alimentari. “Da dove proviene?” ci chiediamo spesso ora quando andiamo a far la spesa. “Cosa contiene?” Nello stesso momento iniziamo ad acquisire più nozioni sugli alimenti coltivati e fermentati. Pochi negozi hanno la qualità di ciò che riusciamo a coltivare. E così il supermercato ha cominciato a sembrare un deserto, povero e arido di ciò di cui abbiamo bisogno. 

L’idea di agricoltura urbana non è una novità. Ancor prima dell’epoca delle autostrade e dei camion‐frigo, la città dipendeva dagli agricoltori urbani per la maggior parte dei prodotti alimentari freschi. Queste erano le prime fattorie urbane che con il tempo venivano accerchiate dai palazzi della città che avanzava. E queste includevano le piccole aziende agricole intorno alla città così come gli orti. Anche oggi vi sono luoghi che hanno mantenuto questa tradizione. I cittadini di Shanghai producono l’85% dei propri ortaggi all’interno della città e questo è solo un esempio di una lunga tradizione di intensa agricoltura urbana e fattorie urbane in Asia. Oppure possiamo considerare Cuba. I cubani hanno da sempre praticato una agricoltura industriale centralizzata, come facciamo noi, fino al crollo dell’Unione Sovietica nel 1989. In seguito i cubani sono stati costretti al passare da un grande sistema, basato sul petrolio, ad una agricoltura su piccola scala e gran parte della quale praticata in città grazie alle fattorie urbane. Oggi, i giardini urbani biologici producono la metà della frutta e verdura fresche consumate dai cubani. 

Gli Stati Uniti, una volta, erano una nazione di agricoltori. Oggi la maggior parte degli abitanti non sa neppure cosa sia una zappa. Nella seconda metà del 20° secolo si è verificato un cambiamento culturale unico nella storia umana. Abbiamo la convinzione che non abbiamo bisogno di avere nulla a che fare con il nostro cibo. Gli alimenti diventano solo un altro prodotto, un’anonima transazione. Nel fare questa transizione abbiamo sacrificato la qualità per la comodità e abbiamo imparato a dimenticare il valore di ciò cui abbiamo rinunciato. 

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Le grandi società agroalimentari ci offrono verdure senza gusto, geneticamente modificate (fortunatamente non ancora in Italia), ricche di antiparassitari e composti chimici; cresciute in suoli poveri ed ora il risultato di un miope profitto basato sulle pratiche agricole ha reso ciò che mangiamo qualitativamente molto inferiore di sostanze nutritive rispetto agli alimenti coltivati in terreni sani. I prodotti agroalimentari industriali sono un completo fallimento dal punto di vista nutrizionale e il bestiame allevato industrialmente vive in condizioni squallide. Il fatto è che viviamo in un’epoca spaventosa, per quanto riguarda l’alimentazione. Certo, abbiamo una grande abbondanza di cibo poco costoso nei supermercati (e che sprechiamo in abbondanza) ma l’inquietante verità è che, in termini di sapore e qualità nutrizionali i nostri antenati mangiavano molto meglio di noi.  

C’è un costo meno evidente dietro i prodotti a prezzo più alto nei supermercati. I francesi usano un termine, malbouffe, riferendosi al cibo spazzatura ma con applicazioni più ampie e sinistre. Il contadino radicale José Bové, che è stato in carcere per l’assalto e la distruzione di un McDonald’s, spiega il concetto di malbouffe: “Inizialmente ho usato la parola ‘alimenti di merda’ ma rapidamente ho cambiato l’espressione in “malbouffe”, per evitare un’offesa perché, quando si tratta di cibo, al di là di qualsiasi preoccupazione per la salute, sai che hai a che fare col gusto e con quello che noi stessi mangiamo. Malbouffe implica mangiare qualsiasi cosa, preparata in qualsiasi modo. Per me, con questo termine, si intende sia l’industrializzazione e la conseguente standardizzazione dei prodotti alimentari, come da McDonald’s, dove lo stesso sapore di un hamburger lo puoi provare in tutto il mondo, sia la scelta degli alimenti associati all’uso di ormoni e di organismi geneticamente modificati, nonché residui di ingenti quantità di pesticidi e di altre pericolose sostanze chimiche che possono mettere in pericolo la salute delle persone. Per saperne di più: “The World is Not for Sale” di José Bové e Dufour Franois. 

Continua Kelly Coyne: “Quali sono dunque le strategie che possono seguire coloro che vogliono realizzare una fattoria urbana, al fine di evitare il malbouffe? I negozi di prodotti biologici, le cooperative e negozi di alimentazione naturale servono come buoni supplementi per le fattorie urbane ma abbiamo constatato che producendo da soli la nostra alimentazione, o anche una piccola parte di essa, piuttosto che acquistarla, non solo ci guadagniamo una migliore qualità alimentare, ma anche un rapporto migliore tra noi e gli alimenti fondamentali. Ora non solo sappiamo che le nostre colture sono prive di pesticidi ma abbiamo anche scoperto un mondo completamente nuovo riguardo al gusto e al sapore degli alimenti che altrimenti per noi era sconosciuto. Coltivare il proprio cibo è un atto di resistenza. Dobbiamo seguire con tutte le nostre forze José Bové nello smantellamento della società che ci fornisce alimenti spazzatura. 

Abbiamo anche cambiato la nostra prospettiva: da consumatori diventiamo produttori. Certo, siamo ancora costretti a comprare alimenti come: l’olio d’oliva, il parmigiano reggiano, il vino, la farina, il cioccolato. Non siamo estranei alla cultura del consumatore moderno. Ma ancora non accettiamo il fatto che la spesa sia la nostra unica forma di potere. Invece dovremmo cominciare a pensare che il potere più grande risieda nel creare, anziché nello spendere! Siamo produttori,  vicini di casa e amici. Pensi forse di non avere abbastanza terra per coltivare il cibo? “ 

“Prima di pensare che devi trasferisti da qualche altra parte per essere libero di coltivare il tuo cibo, comincia a guardarti intorno. Le città presentano spazi in abbondanza ed un grande spreco di aree. In base alla mentalità del costruttore di fattorie urbane si comincerà a vedere qualsiasi spazio aperto come un luogo per coltivare cibo. Ciò include cortili, lotti di terreno vuoti, aree attorno ai parcheggi, vicoli, balconi, fioriere, tetti etc. Una volta che si esce dalla immagine mentale che ci impone di immaginare un orto come uno spazio recintato, un po’ di terreno con dentro uno spaventapasseri, si potrà iniziare a vedere la possibilità di realizzare ciò di cui stiamo parlando. Pensate ad una giungla, non alla prateria. La verità è che si può coltivare una miriade di prodotti alimentari in un piccolo spazio. È possibile coltivare verdure ed erbe se si vive in un appartamento o una casa, se si è in affitto o se si vive in una casa di proprietà. Disponete di 1 mq di spazio libero o di terra? Se non si dispone di uno spazio grande, non avete almeno un po’ di spazio in un patio o in un balcone per due o tre vasche di plastica? Se  proprio non si ha nemmeno questo, si potrebbe allora avere dello spazio in un giardino comune, o in quello di un parente o di un vicino di casa. 

“Possiamo creare la nostra fattoria urbana a casa nostra, seguendo i nostri ritmi, per soddisfare noi stessi. Alcune cose, come la cottura del pane, sono diventate parte della nostra normale routine. Altri esperimenti culinari, come fare i sottaceti, vanno e vengono a seconda che il tempo a nostra disposizione lo consenta. Progetti più ambiziosi, come l’installazione di un sistema per il riciclo delle acque grigie richiede tempo, ma lo fa anche risparmiare una volta realizzato. È improbabile che passeremmo più tempo in un 

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orto per la produzione dei nostri cibi, rispetto a quello che passeremmo invece in un giardino a coltivar rose. È possibile impostare una fattoria urbana (o suburbana) in modo che il tempo richiesto per farla funzionare sia minimo. 

A volte, quando la vita diventa troppo frenetica, possiamo limitarci a fare la manutenzione minima e necessaria e ci sfamiamo con una pizza. La fattoria urbana è tutta una questione di riutilizzo, di riciclaggio, di foraggiamento e di costruirsi le cose da soli. I semi sono poco costosi, il compostaggio è gratuito. La natura ci aspetta e attende anche il nostro aiuto. E poiché i prezzi del petrolio continuano a crescere insieme al costo del cibo, imparare a coltivarsi i propri alimenti potrebbe essere la tua scelta e il tuo investimento più saggi. 

La fattoria urbana è un modo per riaffermare i piaceri semplici della vita. Quando si trascorre un sabato mattina per prepararsi la propria pagnotta di pane o una sera d’estate, dopo il lavoro, a stare un po’ con i propri polli o a respirare profondamente il profumo del basilico fresco tagliato, questo  è il modo migliore per lasciarsi tutto alle spalle e rigenerarsi. Molti di noi trascorrono gran parte del giorno davanti a un computer. Una fattoria urbana è un sano modo per agganciarci al mondo naturale e allo scorrere delle stagioni e ci riporta alla mente che facciamo parte di un grande sistema. 

La creazione di una fattoria domestica può essere la realizzazione di un desiderio. Ci  cuociamo da soli il pane perché sappiamo che è migliore di quello che si può comprare. Alleviamo le nostre galline e i polli perché ci piace e perché riteniamo che le loro uova siano le migliori. Nella nostra camera da letto noi teniamo la botte dell’idromele perché non è possibile acquistarlo al negozio di liquori all’angolo ‐ e perché sappiamo che il processo di fermentazione è qualcosa di magico. Forse non sarete così portati per la coltivazione di ortaggi ma credo almeno che sia una soddisfazione per chiunque prodursi la propria birra. Oppure c’è chi tiene maggiormente a crearsi un sistema per le acque reflue, oppure chi desidera fabbricarsi i propri prodotti per la pulizia della casa che non siano tossici. Provateci! Iniziate almeno un progetto o un esperimento e puoi così liberare l’agricoltore urbano che è in te!”.