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Page 1: Opere complete Epistolario di Aristotele · sembra aprirsi quando, anziché la nascita della tragedia, si consideri l’origine della sapienza. Sono ancora gli stessi dèi, Apollo
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Quello che si incontra comunemente, negli studi odierni sulla filosofia greca, è il tentativo direstituirecontenutiremotissimidanoiconglistrumentipiùmoderni,condizionatidalleformuleedaimetodiodiernidella ricerca storica, inbrevecon il linguaggio filologico.Qui inveceGiorgioColliprovaafarriemergereilperiodoculminantedellaGrecia—ilsettimo,ilsesto,ilquintosecoloa.C.— il più lontano da noi e dalla nostra comprensione, senza suggerire approcci specialistici.L’accessibilitàdelsuomododiesporreèraggiuntamedianteun’inversionediprospettiva:nonsonogliocchidelpresenteaguardarequeisecoli,rimpicciolitidallagrandedistanza,eneppuregliocchidelquartosecoloa.C.,diAristotele,maalcontrariositentadievocareunosguardo«allespalle»diqueisecoli,unosguardogettatodaglidèiomericiepreomerici.

In questo spingersi all’indietro, verso un’antichità dal profilo incerto, l’origine della filosofiagreca, questo eventomisterioso, non è ricacciata in un passato più lontano,ma viene riportata alcontrarioaun’epocaassaiposteriore,èunprodottomediatochesilegaalnomediPlatone.Primac’èl’etàdeisapienti.Quandonascelafilosofia,laparaboladell’eccellenzagrecahagiàiniziatoilsuodeclino. E questa crisi decisiva è anteriore anche a Euripide e a Socrate, è una frattura, unindebolimentochesonointernialmondodeisapienti,chesoloattraversoquestosidecifrano.

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Giorgio Colli (che insegna filosofia antica all’Università di Pisa) dirige, insieme con MazzinoMontinari, l’edizionedelleOperecompleteedell'Epistolario di FriedrichNietzsche che si pubblicacontemporaneamente in Italia, Francia e Germania. Ha curato un’edizione dell’Organon di Aristotele(Einaudi, Torino, 1955) e dellaCritica della ragione pura di Kant (Adelphi, 19772). È autore diFilosofia dell’espressione (1969) e diDopoNietzsche (1974), entrambi pubblicati nella «BibliotecaAdelphi».SemprepressoAdelphièiniziatalapubblicazionedellasuamonumentaleedizionecriticadeitestideipensatorigreciantichi,Lasapienzagreca,dellaqualesonoattualmenteuscitiivoll.IeII.

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OcreconversioneacuradiNatjus

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GiorgioColli

LANASCITADELLAFILOSOFIA

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Secondaedizione:maggio1978

©1975ADELPHIEDIZIONIS.P.A.MILANO0-6729-7

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INDICE1.Lafolliaèlafontedellasapienza2.LasignoradelLabirinto3.Ildiodelladivinazione4.Lasfidadell’enigma5.Il«pathos»delnascosto6.Misticismoedialettica7.Laragionedistruttiva8.Agonismoeretorica9.Filosofiacomeletteratura

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LANASCITADELLAFILOSOFIA

...ilredeltempio,Apollol’obliquo,coglielavisione

attraversoilpiùdirittodeiconfidenti,l’occhiatacheconosceognicosa.

Lemenzogneluinonafferra,nédionéuomoloingannaconopereocondisegni.

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I

LAFOLLIAE'LAFONTEDELLASAPIENZA

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Leoriginidellafilosofiagreca,equindidell’interopensierooccidentale,sonomisteriose.Secondo

latradizioneerudita,lafilosofianasceconTaleteeAnassimandro:lesueoriginipiùlontanesonostatecercate, nell’Ottocento, in favolosi contatti con le culture orientali, con il pensiero egiziano e quelloindiano. Per questa via non si è potuto accertare nulla, e ci si è accontentati di stabilire analogie eparallelismi.Inrealtàiltempodelleoriginidellafilosofiagrecaèassaipiùvicinoanoi.Platonechiama« filosofia », amore della sapienza, la propria ricerca, la propria attività educativa, legata aun’espressionescritta,allaformaletterariadeldialogo.EPlatoneguardaconvenerazionealpassato,aun mondo in cui erano esistiti davvero i «sapienti ». D’altra parte la filosofia posteriore, la nostrafilosofia, non è altro che una continuazione, uno sviluppo della forma letteraria introdotta da Platone;eppurequest’ultimasorgecomeunfenomenodidecadenza,inquanto«l’amoredellasapienza»stapiùin basso della « sapienza ». Amore della sapienza non significava infatti, per Platone, aspirazione aqualcosadimairaggiunto,bensìtendenzaarecuperarequellochegiàerastatorealizzatoevissuto.Nonc’èquindiunosviluppocontinuo,omogeneo,trasapienzaefilosofia.Ciòchefasorgerequest’ultimaèuna riforma espressiva, è l’intervento di una nuova forma letteraria, di un filtro attraverso cui risultacondizionata laconoscenzadiquantoprecedeva.La tradizione, ingranparteorale,della sapienza,giàoscuraeavaraperlalontananzadeitempi,giàevanescenteefiocaperlostessoPlatone,ainostriocchirisultacosìaddiritturafalsificatadall’inserimentodellaletteraturafilosofica.Perunaltroversoèassaiincerta l’estensione temporale di quest’epoca della sapienza: vi è compresa la cosiddetta etàpresocratica,ossiailsestoeilquintosecoloa.C.,mal’originepiùlontanacisfugge.Èallapiùremotatradizionedellapoesiaedellareligionegrecachebisognarivolgersi,mal’interpretazionedeidatinonpuòevitarediesserefilosofica.Sideveconfigurare,siapureinviaipotetica,un’interpretazionesultipodiquellasuggeritadaNietzscheperspiegarel’originedellatragedia.Quandoungrandefenomenooffreuna sufficiente documentazione storica solo nella sua parte finale, non rimane che tentareun’interpolazione, riguardo al suo complesso, di certe immagini e concetti, scelti dalla tradizionereligiosaeintesicomesimboli.Nietzscheparte,com’ènoto,dalleimmaginididuedèigreci,DionisoeApollo, e attraverso l’approfondimento estetico e metafisico dei concetti di dionisiaco e apollineodelinea anzitutto una dottrina sul sorgere e la decadenza della tragedia greca, poi un’interpretazionecomplessivadella grecità, e addirittura unanuovavisionedelmondo.Ebbene, un’identica prospettivasembraaprirsiquando,anzichélanascitadellatragedia,siconsideril’originedellasapienza.

Sonoancoraglistessidèi,ApolloeDioniso,chesiincontranonelretrocederelungoisentieridellasapienzagreca.SoltantocheinquestasferalacaratterizzazionediNietzschevamodificata,einoltrelapreminenzavaconcessaadApollo,piuttostocheaDioniso.AldiodiDelfi,infatti,semaiaunaltro,èdaattribuirsi il dominio sulla sapienza. A Delfi si manifesta la vocazione dei Greci per la conoscenza:sapientenonèilriccodiesperienza,chieccelleinabilitàtecnica,indestrezza,inespedienti,comeloèinveceperl’etàomerica.Odisseononèunsapiente.Sapienteèchigettalucenell’oscurità,chiscioglieinodi, chimanifesta l’ignoto, chi precisa l’incerto. Per questa civiltà arcaica la conoscenza del futurodell’uomo e delmondo appartiene alla sapienza.Apollo simboleggia questo occhio penetrante, il suoculto è una celebrazione della sapienza. Ma il fatto che Delfi sia un’immagine unificante,un’abbreviazionedellaGreciastessa,indicaqualcosadipiù,ossiachelaconoscenzafu,periGreci,ilmassimo valore della vita. Altri popoli conobbero, esaltarono la divinazione, ma nessun popolo lainnalzòasimbolodecisivo,percui,nelgradopiùalto, lapotenzasiesprime inconoscenza,comeciò

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accaddepressoiGreci.Intuttoilterritorioellenicovifuronosantuaridestinatialladivinazione;questarimase un elemento decisivo nella vita pubblica, politica dei Greci. E soprattutto l’aspetto teoreticoconnesso alla divinazione è caratteristico dei Greci. Divinazione implica conoscenza del futuro emanifestazione,comunicazionedi taleconoscenza.Ciòavvieneattraverso laparoladeldio,attraversol’oracolo.Nellaparolasimanifestaall’uomolasapienzadeldio,elaforma,l’ordine,ilnessoincuisipresentanoleparolerivelachenonsitrattadiparoleumane,bensìdiparoledivine.Diquiilcarattereesterioredell’oracolo:l’ambiguità,l’oscurità,l’allusivi-tàarduadadecifrare,l’incertezza.

Il dio dunque conosce l’avvenire, lo manifesta all’uomo, ma sembra non volere che l’uomocomprenda. C’è un elemento di malvagità, di crudeltà nell’immagine di Apollo, che si riflette nellacomunicazionedellasapienza.EdifattidiceEraclito,unsapiente:«Ilsignore,cuiappartienel’oracolochestaaDelfi,nondicenénasconde,maaccenna».Difronteaquestinessi,lasignificazioneattribuitadaNietzscheadApolloappare insufficiente.SecondoNietzsche,Apolloè il simbolodelmondocomeapparenza,sulletraccedelconcettoschopenhauerianodirappresentazione.Questaapparenzaèaltempostesso bella e illusoria, cosicché l’opera di Apollo è essenzialmente ilmondo dell’arte, inteso comeliberazione, sia pure illusoria, dalla tremenda conoscenza dionisiaca, dall’intuizione del dolore delmondo.Contro questa prospettiva diNietzsche si puòobiettare anzitutto, quando la si consideri comechiave interpretativa della Grecia, che la contrapposizione tra Apollo e Dioniso come tra arte econoscenzanoncorrispondeamolteeimportantitestimonianzestoricheriguardantiquestiduedèi.SièdettochelasferadellaconoscenzaedellasapienzasiconnetteassaipiùnaturalmenteadApollochenonaDioniso.Parlarediquest’ultimocomedeldiodellaconoscenzaedellaverità, inteserestrittivamentecomeintuizionediun’angosciaradicale,significapresupporreinGreciaunoSchopenhauerchenonvifu.Dionisopiuttostosicollegaallaconoscenzainquantodivinitàeleusina:l’iniziazioneaimisteridiEieusidifatticulminavainuna«epopteia»,inunavisionemisticadibeatitudineepurificazione,cheinqualchemodo può venir chiamata conoscenza. Tuttavia l’estasimisterica, in quanto si raggiunge attraverso uncompletospogliarsidallecondizionidell’individuo,inquantocioèinessailsoggettoconoscentenonsidistingue dall’oggetto conosciuto, si deve considerare come il presupposto della conoscenza, anzichéconoscenzaessastessa.Percontrolaconoscenzaelasapienzasimanifestanoattraversolaparola,edèaDelfi chevienepronunciata laparoladivina, èApollo cheparla attraverso la sacerdotessa, certononDioniso.

Neltracciareilconcettodiapollineo,Nietzschehaconsideratoilsignoredellearti,ildioluminoso,dellosplendoresolare,aspettiautenticidiApollo,maparziali,unilaterali.Altriaspettideldioallarganola sua significazione e la connettono alla sfera della sapienza.Anzitutto un elemento di terribilità, diferocia.L’etimologiastessadiApollo,secondoiGreci,suggerisceilsignificatodi«coluichedistruggetotalmente».Inquestafiguraildiovienepresentatoall’iniziodell’Iliade,dovelesuefrecceportanolamalattiaelamortenelcampodegliAchei.Nonunamorteimmediata,diretta,maunamorteattraversolamalattia.L’attributodeldio,l’arco,armaasiatica,alludeaun’azioneindiretta,mediata,differita.Quisitoccal’aspettodellacrudeltà,cuisièaccennatoapropositodell’oscuritàdell’oracolo:ladistruzione,laviolenzadifferitaè tipicadiApollo.Edifatti, fragliepitetidiApollo, troviamoquellodi«coluichecolpiscedalontano»edi«coluicheagiscedalontano».Nonèchiaroperorailcollegamentotraquesticaratteri del dio, azione a distanza, distruttività, terribilità, crudeltà, e il configurarsi della sapienzagreca.MalaparoladiApolloèun’espressioneincuisimanifestaunaconoscenza;seguendoimodiincui nella Grecia primitiva le parole della divinazione si congiungono in discorsi, si sviluppano indiscussioni,sielaboranonell’astrattezzadellaragione,saràpossibileintenderequestiaspettidellafiguradiApollocomesimboliilluminantil’interofenomenodellasapienza.

Un altro elemento debole nell’interpretazione di Nietzsche è il suo presentare come antiteticil’impulso apollineo e quello dionisiaco. Gli studi più recenti sulla religione greca hanno messo inevidenzaun’origineasiaticaenordicadelcultodiApollo.QuiemergeunanuovarelazionetraApolloe

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lasapienza.UnframmentodiAristoteleci informachePitagora-unsapienteappunto-fuchiamatodaiCrotoniati Apollo Iperboreo. Gli Iperborei erano per i Greci un favoloso popolo dell’estremosettentrione. Di là sembra provenire il carattere mistico, estatico di Apollo, che si manifestanell’invasamento della Pizia, nelle parole farneticanti dell’oracolo delfico. Nelle pianure nordiche edell’Asia centrale è testimoniata una lunga persistenza dello sciamanesimo, di una particolare tecnicadell’estasi.Glisciamaniraggiungonoun’esaltazionemistica,unacondizioneestatica,incuisonoingradodioperareguarigionimiracolose,divederel’avvenireepronunciareprofezie.

Taleè losfondodelcultodelficodiApollo.UnpassocelebreedecisivodiPlatoneci illuminaalriguardo. Si tratta del discorso sulla « mania », sulla follia, che Socrate sviluppa nelFedro. Subitoall’iniziosicontrapponelafolliaallamoderazione,alcontrollodisé,e,conun’inversioneparadossaleper noimoderni, si esalta la prima come superiore e divina.Dice il testo : « i più grandi fra i benigiungonoanoiattraversolafollia,cheèconcessaperundonodivino...infattilaprofetessadiDelfielesacerdotessediDodona,inquantopossedutedallafollia,hannoprocuratoallaGreciamolteebellecose,siaagliindividuisiaallacomunità».Èdunquepostoinevidenzasindalprincipioilcollegamentotra«mania»eApollo.Inseguitosidistinguonoquattrospeciedifollia,laprofetica,lamisterica,lapoeticael’erotica:leultimeduesonovariantidelleprimedue.LafolliaprofeticaequellamistericasonoispiratedaApolloodaDioniso(sebbenequest’ultimononsianominatodaPlatone).NelFedroinprimopianosta la «mania » profetica, al punto che la natura divina e decisiva della «mania » è testimoniata perPlatonedalcostituireilfondamentodelcultodelfico.Platoneappoggiailsuogiudizioconun’etimologia:la«mantica»,cioèl’artedelladivinazione,derivada«mania»,neèl’espressionepiùautentica.QuindilaprospettivadiNietzschenonsolodev’essereestesa,maanchemodificata.Apollononè ildiodellamisura,dell’armonia,madell’invasamento,dellafollia.NietzscheconsideralafolliacomepertinentealsoloDioniso,einoltrelacircoscrivecomeebbrezza.QuiuntestimonedelpesodiPlatonecisuggerisceinvece che Apollo e Dioniso hanno un’affinità fondamentale, proprio sul terreno della « mania » ;congiunti, essi esauriscono la sfera della follia, e non mancano appoggi per formulare l’ipotesi -attribuendo la parola e la conoscenza adApollo e l’immediatezza della vita aDioniso - che la folliapoeticasiaoperadelprimo,equellaeroticadelsecondo.

Concludendo, seuna ricercadelleoriginidella sapienzanellaGreciaarcaicaciporta indirezionedell’oracolodelfico, della significazione complessadel dioApollo, la «mania» ci si presenta comeancora più primordiale, come sfondo del fenomeno della divinazione. La follia è la matrice dellasapienza.

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II

LASIGNORADELLABIRINTO

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C’èqualcosacheprecedeanchelafollia:ilmitorimandaaun’originepiùremota.Quil’intrecciodi

simbolièinestricabile,edevecaderelapretesadiscoprireunadecifrazioneunivoca.L’unicoapproccioall’oscuro problema è una critica cronologica delmito, alla ricerca di uno sfondo primordiale, dellaradicepiùlontanadiquestopullulantemanifestarsidiunavitasorgivadeglidèi.Cinquesecoliprimacheil culto di Apollo sia introdotto a Delfi, poco dopo la metà del secondo millennio a.C., in quelleggendariomondominoico-miceneoprotesoversoCretavaricercata,comesièsuppostorecentementeconsempremaggioreinsistenza,l’originedelcultodiDioniso.PausaniaciparladiunDionisoCretese,nel cui recinto sacro di Argo il dio stesso diede sepoltura adArianna, quando essamorì. Arianna èdunque una donna, ma anche una dea, secondo una testimonianza scritta addirittura primordiale, « lasignoradelLabirinto».Questaduplicenatura,umanaedivina,diArianna,questasuaambiguitàradicale,ciattraeversoun’interpretazionesimbolicadiquellocheforseèilpiùanticomitogreco,ilmitocretesediMinosse,Pasifae,ilMinotauro,Dedalo,Teseo,AriannaeDioniso.Ariannaèl’unicafigurafemminileche ilmitogreco ingeneralepresenti congiuntaaDioniso, inmodoesplicitoediretto, comesposa. Ilvincoloharadicilontane,edEsiododice:«Dionisodaicapellid’orofecesuasposafiorentelabiondaArianna,figliadiMinosse,cheilCronidereseimmortaleesenzavecchiaia»,dovesialludeanchealladuplicitàdiArianna,donnaedea.Dionisoèlegatoatutteledonne,mamaiaunainparticolare,fuorchéad Arianna. Altrove il rapporto tra Dioniso e una divinità femminile è accennato, ma solo in modoindirettoeallusivo,affinchénontraspaiaunlegamesessuale.Cosìnella tradizioneeleusinaDionisosipresentaaccantoaKore(chenonèsoltantolafigliadiDemetra,maspessosignificanellefontiorficheladivinitàfemminilevergine ingenerale,peresempioAtenaoArtemis),mailvincolosessuale tra iduerisulta soltantodal loro sdoppiamentonelmondodegli Inferi, doveDionisoappare comeHades (cosìdichiaraEraclito),eKorecomePersefone.HadesgodediPersefoneattraversoilratto,laviolenza.NelmitocreteseinveceDionisoèlosposodiArianna.Manonsitratta,com’ènoto,diunmatrimonioquieto.DiceinfattiOmero:«evidilafigliadiMinosseinsidioso,labellaArianna,cheuntempoTeseocondusseda Creta all’alta rocca di Atene protetta dagli dèi, ma non ne godette: Artemis prima l’uccise, pertestimonianzadiDioniso,inDiacircondatadalflussomarino».Ilpassoèdecisivoperdistinguere,daunlato, una versione più recente del mito, sviluppata per esempio da Catullo, secondo cui Arianna,abbandonatadaTeseoaNasso(Dia),vieneraccoltadaDioniso(oinaltravariante,èrapitadaDioniso),ossiapassadaunavitaumanaaunadivina;daunaltrolato,unaversionepiùantica-appoggiata,oltreche daOmero e daEsiodo, dall’origine cretese del vincoloDioniso-Arianna e dalla lontananza dellanotizia sulla potentissima natura divina di quest’ultima - secondo cuiArianna abbandonaDioniso peramorediTeseo,ossiapassadaunavitadivinaaunaumana.MaallafineDionisoprevale,lasuaaccusaguida la punizione diArtemis:Ariannamuore come donna e non è goduta da Teseo, vive come dea.Altrettantoanticoèunaltroelementodelmito,ilLabirinto,ilcuiarchetipopuòessereegizio,malacuirilevanza simbolica nella leggenda cretese è tipicamente greca.Qui a tutte le interpretazionimodernepreferiamounaccennodiPlatone,chenell'Eutidemousa l’espressione«gettatidentroun labirinto»aproposito di un’inestricabile complessità dialettica e razionale. Il Labirinto è opera di Dedalo, unAteniese, personaggio apollineo in cui confluiscono, nella sfera del mito, le capacità inventivedell’artigianocheèancheartista (tramandatocomecapostipitedella scultura)edella sapienza tecnicache è altresì prima formulazione di un logos immerso ancora nell’intuizione, nell’immagine. La suacreazioneoscillatrailgiuocoartisticodellabellezza,estraneoallasferadell’utile-taleèilriferimentodiOmero«unluogoperladanzasimileaquellocheDedalo,nell’ampiaCnosso,inventòecostruìper

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Ariannadaibeicapelli»-el’artificiodellamente,dellaragionenascente,persbrogliareunafosca,maconcretissima, situazione vitale. Tale è la vacca lignea che Dedalo costruì per Pasifae, moglie diMinosse,perchécosteipotessesoddisfarelasuafolleattrazioneperiltorosacro.Oancheilgomitolodilana, dato da Dedalo ad Arianna, con cui Teseo potè uscire dal Labirinto, dopo di aver ucciso ilMinotauro.Qualcosachemanifestaassiemegiuocoeviolenzaèinfinel’operapiùillustrediDedalo,ilLabirinto.IlfruttodegliamoridiPasifae,ilMinotauro,èstatochiusolàdentrodaMinosse.ChedietrolafiguradelMinotaurosinascondaDioniso,èun’ipotesigiàprospettata:ilMinotauroèrappresentatocomeun uomo con la testa di toro, ed è noto cheDioniso ebbe una raffigurazione taurina, e che nei corteidionisiaciildioapparivacomeunuomoconlamascheradiunanimale,spessodiuntoro.

IlLabirinto sipresentaalloracomecreazioneumana,dell’artistaedell’inventore,dell’uomodellaconoscenza,dell’individuoapollineo,maalserviziodiDioniso,dell’animale-dio.Minosseèilbracciosecolare di questa divinità bestiale. La forma geometrica del Labirinto, con la sua insondabilecomplessità, inventata da un giuoco bizzarro e perverso dell’intelletto, allude a una perdizione, a unpericolo mortale che insidia l’uomo, quando egli si azzarda ad affrontare il dio-animale. Dioniso facostruireall’uomounatrappolaincuiegliperiràpropriomentresiilludediattaccareildio.Piùoltresiavrà l’occasione di parlare dell’enigma, che è l’equivalente nella sfera apollinea di quello che ilLabirinto è nella sfera dionisiaca: il conflitto uomo-dio, che nella visibilità viene rappresentatosimbolicamente dal Labirinto, nella sua trasposizione interiore e astratta trova il suo simbolonell’enigma.Macomearchetipo,comefenomenoprimordiale,ilLabirintononpuòprefigurarealtrocheil « logos», la ragione.Che cos’altro, senon il « logos», è unprodottodell’uomo, in cui l’uomo siperde,vainrovina?IldiohafattocostruireilLabirintoperpiegarel’uomo,perricondurloall’animalità:maTeseosiserviràdelLabirintoedeldominiosulLabirintocheglioffreladonna-deapersconfiggerel’animale-dio. Tutto ciò si può esprimere nei termini di Schopenhauer: la ragione è al serviziodell’animalità,dellavolontàdivivere;maattraversolaragionesiraggiungelaconoscenzadeldoloreedellaviapersconfiggereildolore,cioèlanegazionedellavolontàdivivere.

VarielementidellatradizionecolleganoTeseoeDedaloalcultodiApollo,nefannodeidevotialdiodelfico.NonsipuòfareamenodinotarecheunrapportoconApollo-ancheseildiononèmainominatonelmito-sipresentaproprioneiduepersonaggichesicontrappongonoaDioniso,ildioremotoetaciutocuirimandanoisuoiministri,MinosseeilMinotauro.MentreinprecedenzaabbiamocercatodiattenuarelapolaritàtraApolloeDionisoattraversol’elemento,comuneaentrambi,della«mania»,enellasferadella parola e della conoscenza si è subordinato il secondo al primo, qui invece, nel mito cretese,riappare aspra l’opposizione fra i due dèi, in un senso però assai differente da quello che intendevaNietzsche.QuiApolloapparedominatodaDioniso,inquantol’atmosferadelladivinitàincuisiimmergeilmito non è quella della conoscenza,ma della cruda animalità. Troviamo unDioniso senzamitezza,senzaamiciziaperl’uomo,cioèmancantediunodeicaratteriessenzialidelDionisoposteriore,deldiocheliberaeredime.IlredentoreinveceèTeseo,chenonhanullainsédidionisiaco,coluicheconcedeall’uomo una vita eroica, che rivendica l’individuo contro la natura, la competizione contro il ciecoistinto, l’eccellenzadella vittoria contro la rabbiosa, indifferenziata divinità animale.Dietrodi lui staApollo, ilcuiarco,paradossalmente,èquestavoltabenignopergliuomini.EdifattiTeseo,ritornandoversoAtene, dopo di aver perduto, o abbandonato,Arianna aNasso, approda aDelo, isola sacra adApollo,sacrificaaldio,ecelebralavittoriasulMinotauroconunadanzaapollinea,dallefiguretortuoseaimitazionedelLabirinto,chiamata«lagru»daiDeli,chelapraticavanoancoraaitempidiPlutarco.

MaseèstatoTeseoatrionfaresulMinotauro,nonsidovràdirechel’allusionedelmitocreteseèaunpredominiodiApollosuDioniso?Quest’apparenzaècontraddettadallasignificazioneprofondadelpersonaggio di Arianna. Congiunta a Dioniso come dea labirintica e oscuramente primitiva, Ariannariappare nelmito comedonna, figlia diPasifae e sorella diFedra, dunque espressionedella violenzaelementare dell’istinto animale. Anche della frammentarietà e dell’incostanza della vita immediata,

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poichéAriannaabbandonaildioperl’uomo.Ilsimbolochesalval’uomoèilfilodel«logos»,dellanecessitàrazionale:proprioladiscontinuaAriannarinnegaladivinitàanimalecheportainsé,fornendoall’eroe la continuità,dandosi essa stessaalla continuità,per far trionfare l’individuopermanente,perredimere l’uomodalla cecitàdeldio-ani-male. Il trionfodell’uomoèbreve,perchéglidèi infrangonotosto ogni presunzione di continuità dell’uomo, sia nel mito più recente, attraverso la paradossale,inversa, rapidissimasazietàdiTeseoperArianna,abbandonataaNasso, sianelmitoprimordiale,perl’intervento immediato e tragico di Artemis, che uccide la donna Arianna e restituisce a Dioniso -dissoltal’illusioneumana-lasuasposaimmortaleesenzavecchiaia.Ildio-animalerimanevincitore.

Come si vedrà che Apollo attira l’uomo nella rete lusinghevole dell’enigma, così Dioniso loinvischia-inungiuocoinebriante-neimeandridelLabirinto,emblemadel«logos».Inentrambiicasiil giuoco si trasforma in una tragica sfida, in un pericolomortale da cui possono salvarsi, ma senzatracotanza,soltantoilsapienteel’eroe.

Passanoalcuni secoli, dallo sfondo tenebrosodelmito cretese, e la figuradiDioniso simitiga, si

protende più benignamente verso la sfera umana. La natura del dio rimane crudele, ma anzichémanifestarsiinunaferociaimmediata,avidadisangueedipossessobestiale,trovaaltresìun’espressioneche è soltanto umana, nell’emozione e nell’effusione mistica, nella musica e nella poesia. QuestomitigarsidiDionisoprendenelmitoilnomediOrfeo.MaallespallediquestomanifestarsimusicalediDionisoc’èuneventointeriore,sconvolgente,l’allucinazioneliberatricedeimisteri,lagrandeconquistamisticadell’uomogrecoarcaico.DicePindarodeimisterieleusini:«beatocoluicheavendovistoquelloentrasottolaterra:conoscelafinedellavitaeconosceilprincipiodatodaZeus».Chirivela«quello»-l’indicibileoggettocheneimisteril’uomotrovadentrodisé-èDioniso,eOrfeoneèilcantore.Ipiùantichidocumentiorfici,papirie laminette funerariedelquarto, terzosecoloa.C., sonouna traduzionepoetica, accidentale, non letteraria, dell’eventomisterico, il cui prodursi interiore è rimasto nascosto,sottratto a ogni tradizione, ma il cui quadro scenografico, con gli oggetti rituali e le azioni che loaccompagnavano,potevaessererestituitodalleparolefarneticantidiunapoesiasimbolica.Stupefacenteè la forma drammatica che assumono alcuni di questi documenti orfici, quasi che appartenesse sindall’origine al rituale misterico, o almeno si accompagnasse a esso, un’azione tra personaggi, unarappresentazione sacra. Nelle laminette funerarie troviamo un dialogo tra l’iniziato e l’iniziatore aimisteri:nellaprogressionediquestodialogosiproiettailriflessodellaconquistadellavisionesuprema.Eforsequestoaspettoteatrale,drammaticodeimistericioffreun’altraviaperesplorarel’originedellatragediagreca.ContaleipotesisiaccordadelrestoassaibenelanotiziadiunprocessocontroEschiloperaverprofanatoimisterieleusini:come,senonattraversolesuetragedie,glisarebbestatapossibileunataleempiadivulgazione?

Attraversolanaturadeisimbolichecompaionoinquestidocumentiorfici,gliattributidiDioniso,leimmagini e gli oggetti che accompagnano l’evento dell’iniziazione, noi riusciamo a raggiungere unavisione più benigna, redentrice, di Dioniso. L’allusione è qui metafisica, paradossalmente significatasenzanessunostrumentoastratto.Dionisochiamaaségliuominivanificandoilloromondo,svuotandolodi ogni consistenza corposa, di ogni pesantezza, rigore, continuità, togliendo ogni realtàall’individuazioneeaifinidegliindividui.EinquestiframmentiorficiDionisoè,unfanciullo,eisuoiattributi sono giocattoli, la palla e la trottola. Un elemento ludico appartiene anche al modo dimanifestarsiagliuominidiApollo,nelleespressionidell’arteedellasapienza,mailgiuocoapollineoriguardal’intelletto,laparola,ilsegno:inDionisoinveceilgiuocoèimmediatezza,spontaneitàanimalechesigodeesicompienellavisibilità,tutt’alpiùèaffidamentoalcaso,comesuggeriscel’altroattributoorficodeidadi.Infineilsimbolopiùarduo,piùprofondo,citatoinunpapiroorficoeripresentatomoltisecoli dopo dalle fonti neoplatoniche: lo specchio. Queste ultime, quando siano depurate dalle loroprospettivedottrinali,ciaiutanoadecifrare ilsimbolo.GuardandosiallospecchioDioniso,anzichése

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stesso,vivederiflessoilmondo.Dunquequestomondo,gliuominielecosediquestomondo,nonhannounarealtàinsé,sonosoltantounavisionedeldio.SoloDionisoesiste,inluituttosiannulla:pervivere,l’uomo deve ritornare a lui, immergersi nel divino passato. E difatti nelle laminette orfiche si dice,dell’iniziatochebramal’estasimisterica:«sonoriarsodiseteemuoio:madatemi,presto,lafreddaacquachesgorgadallapaludediMnemosyne».Quest’ultima,lamemoria,dissetal’uomo,glidàlavita,loliberadall’arsuradimorte.Conl’aiutodellamemoria«saraiundioanzichéunmortale».Memoria,vita,diosonolaconquistamisterica,control’oblio,lamorte,l’uomo,cheappartengonoaquestomondo.Recuperandol’abissodelpassatol’uomosiidentificaconDioniso.

MaOrfeoèancheundevotodiApollo,ealdiodellalirarisalequantonellapoesiaorficaèteogonia,cosmogonia,immaginosotessutodimitidivini.LatradizionepiùanticaepiùdiffusasullamortediOrfeocinarra che il cantore,dopo il suo ritornodall’Ade, amareggiatodallaperditadiEuridice, rinnegò ilcultodiDioniso,ildiocheavevaveneratosinoallora,esirivolseadApollo.Ildiooffesolopunìelofece sbranare dalleMenadi. Si ripresenta così emblematicamente la polarità traApollo eDioniso: ildilaniamentodiOrfeoalludeaquestaduplicitàinteriore,all’animadelpoeta,delsapiente,possedutaestraziata dai due dèi. E come nel mito cretese, anche qui Dioniso prevale su Apollo: la benignitàmusicale di Dioniso cede alla sua crudeltà di fondo. Lo svolgimento del mito riceve un suggelloimperiosodaDioniso,einentrambiicasilafineètragica,perladonnaeperilcantore.EppureDioniso,comediconoEsiodoePindaro,«dàmoltagioia»,edèsecondoOmero«unafontediesultanzaper imortali».

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III

ILDIODELLADIVINAZIONE

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SelaricercasulleoriginidellasapienzaconduceadApollo,ese ilmanifestarsideldio, inquesta

sfera,avvieneattraversola«mania»,alloralafolliadovràessereassuntacomeintrinsecaallasapienzagreca, sin dal suo primo apparire nel fenomeno della divinazione. E difatti è proprio un sapiente,Eraclito,aenunciareuntalecollegamento:«laSibillaconboccafolledice,attraversoildio,cosesenzariso,néornamento,néunguento».QuisiaccentuaildistaccodallaprospettivadiNietzsche:nonsoltantol’esaltazione, l’ebbrezza sono segni di Apollo, prima ancora che di Dioniso, ma inoltre i caratteridell’espressioneapollinea,« senza riso,néornamento,néunguento», sembranoaddiritturaantiteticiaquelli postulati da Nietzsche. Per costui la visione apollinea del mondo si fonda sul sogno, suun’immagine illusoria, sul velo multicolore dell’arte che nasconde l’abisso orrendo della vita.Nell’Apollo di Nietzsche c’è una sfumatura decorativa, cioè gioia, ornamento, profumo, l’antitesiappuntodiquantoEraclitoattribuisceall’espressionedeldio.

EppureèverocheApolloèancheildiodell’arte.CiòcheèsfuggitoaNietzscheèladoppiezzadellanaturadiApollo,suggeritadaicaratterigiàricordatidiviolenzadifferita,didiochecolpiscedalontano.Come il mito di Dioniso sbranato dai Titani è un’allusione al distacco di natura, all’eterogeneitàmetafisica tra il mondo della molteplicità e dell’individuazione, che è il mondo dello strazio edell’insufficienza, e il mondo dell’unità divina, così la doppiezza intrinseca alla natura di Apollotestimonia parallelamente, e in una raffigurazione più avvolgente, una fratturametafisica fra ilmondodegliuominiequellodeglidèi.Laparolaèiltramite:essavienedall’esaltazioneedallafollia,èilpuntoin cui la misteriosa e distaccata sfera divina entra in comunicazione con quella umana, si manifestanell’udibilità, in una condizione sensibile. Di qui la parola viene proiettata in questo nostro mondoillusorio, portando in tale sfera eterogenea la molteplice azione di Apollo, da un lato come parolaoracolare,conlacaricadiostilitàdiunadurapredizione,diunaconoscenzadell’asprofuturo,ed’altrolatocomemanifestazionee trasfigurazionegioconda,che si imponealle immagini terrestri e le intessenellamagiadell’arte.QuestoproiettarsidellaparoladiApollosulnostromondoèrappresentatodalmitogreco con due simboli, con due attributi del dio: l’arco, a designare la sua azione ostile, e la lira, adesignarelasuaazionebenigna.

Lasapienzagrecaèun’esegesidell’azioneostilediApollo.Elafratturametafisicachestaallabasedelmitogrecovienecommentatadaisapienti:ilnostromondoèlaparvenzadiunmondonascosto,delmondoincuivivonoglidèi.EraclitononnominaApollo,masiservedeisuoiattributi,l’arcoelalira,perinterpretarelanaturadellecose.«Dell’arcoilnomeèlavita,l’operalamorte».Ingrecoilnome«arco»halostessosuonodelnome«vita».QuindiilsimbolodiApolloèilsimbolodellavita.Lavitaèinterpretata comeviolenza, come strumentodi distruzione: l’arcodiApolloproduce lamorte.E inunaltroframmentoEraclitoaccoppial’azioneostiledeldioallasuaazionebenigna:«armoniacontrastantecomedell’arcoedella lira».Èdifficile sfuggire alla supposizionecheEraclito,nel citarequestidueattributi, abbia voluto alludere adApollo. Tanto più che il concetto di armonia, evocato da Eraclito,richiama l’intuizione unificante, quasi un geroglifico comune, che sta alla base di questo antiteticomanifestarsidiApollo,ossiadellaconfigurazionematerialedell’arcoedellalira: talistrumentieranoprodottinell’epoca incui sorge ilmitosecondoun’analoga linea incurvata,econ la stessamateria, lecornadiuncapro,congiunteininclinazionidiverse.Dunqueleoperedell’arcoedellalira,lamorteelabellezza, provengono da uno stesso dio, esprimono un’identica natura divina, simboleggiata da unidenticogeroglifico,esoltantonellaprospettivadeforma-ta,illusoriadelnostromondodell’apparenzasipresentanocomeframmentazionicontraddittorie.

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A conferma della prospettiva prima delineata riguardo all’origine della sapienza dall’esaltazioneapollinea e riguardo al collegamento tra follia mantica e parola oracolare, a un vincolo cioè chepresuppone ed esprime una fondamentale eterogeneità metafìsica, citiamo ora un passo dal Timeo diPlatone: «Vi è un segno sufficiente che il dio ha dato la divinazione alla dissennatezza umana: difattinessunochesiapadronedeisuoipensieriraggiungeunadivinazioneispiratadaldioeveridica.Occorrepiuttosto che la forza della sua intelligenza sia impedita dal sonno o dalla malattia, oppure che eglil’abbiadeviataessendopossedutodaundio.Maappartieneall’uomoassennatoilricordarelecosedettenelsognoonellavegliadallanaturadivinatriceedentusiastica,ilrifletteresudiesse,ildiscernereconilragionamentotutte levisionialloracontemplate, ilvedereondequellecosericevanounsignificatoeachiindichinounmaleounbene,futuroopassatoopresente.Achiinveceèesaltatoepersisteinquestostatononspettagiudicare leapparizionie leparoleda luistessodette.Questapiuttostoèunabuonaevecchiamassima:soltantoachièassennatoconvienefareeconoscereciòcheloriguarda,econosceresestesso.Diquideriva la leggedierigere ilgeneredeiprofetia interpretedelledivinazioni ispiratedaldio.Questiprofeti,alcunilichiamanodivinatori,ignorandodeltuttocheessisonointerpretidelleparolepronunciate mediante enigmi e di quelle immagini, ma per nulla divinatori. La cosa più giusta è dichiamarliprofeti,cioèinterpretidiciòcheèstatodivinato».Platonestabiliscedunqueunadistinzioneessenziale tra l’uomomantico, invasato, farneticante,chiamato il«divinatore»,e il«profeta»,ossial’interpretechegiudica, riflette, ragiona,scioglieglienigmi,dàunsensoallevisionideldivinatore. Ilpassononservesoltantodiconferma,maarricchiscelaprospettivatracciata,inquantoprecisal’azioneostile di Apollo, che risulta legata in qualche modo all’impulso interpretativo, e quindi alla sferadell’astrazioneedellaragione.L’arcoelefreccedeldiosirivolgonocontroilmondoumanoattraversoiltessutodelleparoleedeipensieri.Ilsegnodelpassaggiodallasferadivinaaquellaumanaèl’oscuritàdelresponso,ilpuntocioèincuilaparola,manifestandosicomeenigmatica,tradiscelasuaprovenienzada un mondo sconosciuto. Questa ambiguità è un’allusione alla frattura metafisica, manifestal’eterogeneitàtralasapienzadivinaelasuaespressioneinparole.

Malasapienzaumanadevepercorrereintuttelesueimplicazionilaviadellaparola,deldiscorso,del«logos».Seguiamoancoraunavoltalatracciachecivieneoffertadaunanticosapientegreco,questavoltadaEmpedocle.«Nellesuemembranonèprovvistodiunatestasimileall’uomo,nédalsuodorsosispiccanoduerami,nonhapiedinévelociginocchianévillosigenitali,masoltantouncuoresacroeindicibilesimosseallora,checonvelocipensierifrecciandosislanciaattraversoilmondointero».LefonticidiconocheconquesteparoleEmpedocledesignaApollo,ancheseildiononènominatodalui,comenonènominatodaEraclito.Questoframmentoappoggiaalcunisuggerimenti interpretatividati inprecedenza.Apolloè interiorità inesprimibileenascosta,«cuoresacroe indicibile»,cioè ladivinitànelsuodistaccometafisico,ealtempostessoèattivitàdominatriceeterribilenelmondoumano,cometestimonia il finale del frammento. InoltreEmpedocle identifica inmodo esplicito le freccediApolloconipensieri,quindiconvalidailprecedentecommentoalpassodelTimeoplatonico,cheindicavanellaspintadellaragioneunaspettofondamentaledell’azioneapollinea.

Ritorniamo al fenomeno della divinazione e alla sua importanza centrale nell’ambito della civiltàgreca. Da questo fatto possiamo trarre un’ulteriore illuminazione riguardo a un giudizio complessivosullavitadapartedell’anticasapienzagreca?SeconfrontiamoquestaimportanzadelladivinazioneconlafuriosapassionepoliticadeiGreci,chesitraduceinunaininterrottaseriedilottesanguinose,sorgeinnoi un’inevitabile perplessità. In chi è convinto che l’avvenire sia prevedibile normalmente siillanguidiscel’impulsoall’azione:inGreciatroviamoinveceparadossalmentecoesistereunafedetotalenelladivinazioneconunacecitàcompleta,nellasferapolitica, rispettoalleconseguenzedell’azione,oaddirittura con un furore senza freni nell’affrontare imprese disperate, contro le predizioni del dio.Eppure lanostraperplessitàpuòesseresuperata,quandosiconsiderichequestagrandiosa importanzadelfenomenodelladivinazionenonsiaccompagnaperforzaaunavisionegeneraledeldominiounicoe

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assolutodellanecessitànelmondo.Ilconcettodidestino,potentissimopresso iGreci, tolse loro tantopocoilgustodell’azione,cheunimpulsoforsennatodiautodistruttivitàreselastoriagrecabrevissimainconfrontoalleimmenseforzelatentiinquestopopolo.

Inrealtàladivinazionedelfuturononimplicaundominioesclusivodellanecessità.Sequalcunovedeprimaquellocheaccadràfraunminutooframilleanni,ciònonhanullaachefareconlaconcatenazionedi fatti o di oggetti che produrrà questo futuro. Necessità indica un certo modo di pensare taleconcatenazione,maprevedibilità non significa necessità.Un futuro è prevedibile non perché esista unnessocontinuodifatti trailpresenteel’avvenireeperchéinqualchemodomisteriosoqualcunosiaingradodivedereinanticipotalenessodinecessità:èprevedibileperchéè il riflesso, l’espressione, lamanifestazionediunarealtàdivina,chedasempre,omeglioaldifuoridiognitempo,hainséilgermediquell’evento per noi futuro. Perciò quell’avvenimento futuro può non essere prodotto da unaconcatenazionenecessariaedessereugualmenteprevedibile;puòessere il risultatodicasoenecessitàmescolati e intrecciati, come sembrano pensare alcuni sapienti greci, per esempio Eraclito. QuestamescolanzasiaddiceallanaturadiApolloeallasuadoppiezza.Lasferadellafollia,chegliappartiene,nonè la sferadellanecessità,mapiuttostodell’arbitrio.Analoga indicazionevienedall’ambiguitàdelsuomanifestarsi:l’alternarsidiun’azioneostileaun’azionebenignasuggerisceilgiuocopiuttostochelanecessità. E persino la sua parola, il responso oracolare, sale dall’oscurità della terra, si manifestanell’inva-samento della Sibilla, nel suo farneticare sconnesso, ma che cosa esce fuori da questamagmaticainteriorità,daquestaindicibilepossessione?Nonparoleindistinte,nonallusioniscomposte,bensìprecetticome«nulladitroppo»oppure«conoscitestesso».Ildioaccennaall’uomochelasferadivinaèsconfinata,insondabile,capricciosa,folle,privadinecessità,tracotante,malamanifestazionediessa nella sfera umana suona come un’imperiosa norma di moderazione, di controllo, di limite, diragionevolezza,dinecessità.

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IV

LASFIDADELL’ENIGMA

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Attraverso l’oracolo, Apollo impone all’uomo la moderazione, mentre lui stesso è smoderato, lo

esortaalcontrollodisé,mentreluisimanifestaattraversoun«pathos»incontrollato:conciòildiosfidal’uomo,loprovoca,loistigaquasiadisubbidirgli.Taleambiguitàsiimprimenellaparoladell’oracolo,nefaunenigma.L’oscuritàpaurosadelresponsoalludealdivariotramondoumanoedivino.EdelrestogiàleUpanishadindianedicevano:«perchéglidèiamanol’enigma,eaessiripugnaciòcheèmanifesto».SiègiàaccennatoalcaratterediterribilitàedicrudeltàchelatradizionereligiosagrecaattribuisceadApollo,allasuaazioneostileneiconfrontidelmondoumano:l’aspettoenigmaticodellaparoladiApollorientrainquestoquadro.PeriGreci laformulazionediunenigmaportaconséunatremendacaricadiostilità.UnpassodelPrometeodiEschiloloprovaindirettamente:«tidirònitidamentetuttoquellochevuoi sapere, non intrecciando enigmi,ma con discorso schietto, com’è giusto rivolgere la parola agliamici».

D’altra parte l’enigma ha un grande rilievonella civiltà arcaica della Grecia, soprattutto inconnessioneconleoriginidellasapienza,haun’importanzaautonomacheevadedallasferastrettamenteapollinea.Certo il legame tra divinazione ed enigma è originario, come sembra accennato dalla partefinaledel passogià citatodelTimeo,e comeviene confermatodalSimposio platonico:« Coloro chetrascorrono assieme tutta la vita... non saprebbero neppure cosa vogliono ottenere l’uno dall’altro.Nessuno potrà credere che si tratti del contatto dei piaceri amorosi... l'anima di entrambi vuolequalcos'altro che non è capace di esprimere; di ciò che vuole... essa ha una divinazione, e parla perenigmi ». Ma sin da epoca antichissima l’enigma tende a staccarsi dalla divinazione. L’esempio piùcelebreèfornitodaltenebrosomitotebanodellaSfinge.Anchequil’enigmasorgedallacrudeltàdiundio,dallasuamalevolenzaversogliuomini.Latradizioneèincerta,sesiastataHera,oppureApollo,amandareaTebe laSfinge,mostro ibridochesimboleggia l’intrecciarsidiun’animalità feroceallavitaumana.LaSfinge imponeaiTebani la sfidamortaledeldio, formula l’enigmasulle treetàdell’uomo.Solochisciogliel’enigmapuòsalvaresestessoelacittà:laconoscenzaèl’istanzaultima,rispettoacuisi combatte la lotta suprema dell’uomo. L’arma decisiva è la sapienza. E la lotta èmortale : chi nonrisolvel’enigmaèdivoratoostrozzatodallaSfinge,chilorisolve-soltantoaEdipotoccalavittoria-faprecipitare la Sfinge nell’abisso. La più antica testimonianza su questomito, che è al tempo stesso ilpassopiùanticoincuicomparelaparola«enigma»,èunframmentodiPindaro:«l’enigmacherisuonadalle mascelle feroci della vergine ». La connessione tra crudeltà ed enigma è qui suggeritaimmediatamentedaltesto,enonhabisognodiesserededottacomenelpassoricordatodelPrometeo.

Ancorainetàarcaical’enigmasipresentaulteriormenteseparatodallasferadivinadacuiproviene,tende a diventare oggetto di una lotta umana per la sapienza. La fonte più antica in proposito risaleall’ottavo,settimosecoloa.C.;laritroviamonell’operadelgeografoStrabone,chedopoaverparlatodiEfesoediColofoneriferisce,riguardoalsantuariodiClaro,unagaraleggendariatrasapienti.«SinarracheCalcante,ildivinatorefigliodiAnfiarao(assiemeadAnfiloco),giungequiapiedinelsuoritornodaTroia,eavendoincontratovicinoaClaroundivinatoresuperiorealui,MopsofigliodiManto(figliadiTiresia),morìperildolore.Esiodoelaborailmitonelmodoseguente,facendoproporredaCalcanteaMopso tale questione: “ Sono stupefatto nel mio cuore del gran numero di frutti che porta quel ficoselvatico,puressendocosìpiccolo;vuoidirmiilnumerodeifichi?”.EMopsorispose:“Sonodiecimiladinumero,laloromisuraèunmedimno,maunodiquestifichièditroppoenonrientranellamisuraCosìdisseefuriconosciutocomeveroilnumerodellamisura,ealloraunsonnodimortecoprìCalcante».Strabone racconta poi altre versioni dell’episodio, tra cui quella di Ferecide, un sapiente del sesto

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secolo,conunadiversaformulazionedell’enigma,eriferiscelatestimonianzadiSofocle,inunatragediaperduta, secondo cui un oracolo aveva predetto aCalcante che era destinato amorire quando avesseincontratoundivinatoresuperiorealui.

Il fatto che siano due divinatori a cimentarsi per la sapienza richiama la matrice religiosadell’enigma, anche in questa sua fase umana. Un altro elemento suggerisce tale prospettiva, cioè ilcontrasto tra la banalità, nella forma e nel contenuto, di questi enigmi e la tragicità del loro esito.Analogamente si avverte un contrasto di fronte all’enigma della Sfinge, per la trasparenza della suarisoluzione.Talielementistridentidellatradizionemettonoinevidenzal’interventodiunarbitriodivino,l’intrusionenellasferaumanadiqualcosadiperturbante,inspiegabile,irrazionale,tragicamenteassurdo.

La serietà e l’importanza dell’enigma in questa età arcaica potrebbero ricevere un’ampiadocumentazione; in un’epoca appena più recente, nel settimo e nel sesto secolo a.C., si estende laformulazionecontraddittoriadell’enigma,elacosacoincideconilcompletoumanizzarsidiquestasfera.Così si trovano formulazionidi enigmi sindai poemiomerici edaEsiodo, epoinell’epocadeiSetteSapienti-dovelafamadiCleobuloesoprattuttodisuafigliaCleobulinederivaappuntodaraccoltedienigmi-enellapoesialirica,daTeognideaSimonide.

Piùtardi,nelquintoenelquartosecolo, tuttociòvagradualmenteattenuandosi.DopoEraclito,nelcui pensiero l’enigma è qualcosa di centrale, i sapienti si rivolgono a ciò che consegue dall’enigmapiuttosto che all’enigma stesso. A questo, per contro, inteso come sfondo religioso, fanno spessoriferimento la tragedia e la commedia. Ancora in Platone si trovano tracce precise, quasi risonanzearcaiche,checipermettonounaricostruzionepiùampiadelfenomeno.SecondounpassodelCarmide,l’enigmacomparequando«l’oggettodelpensierononècertoespressodalsuonodelleparole».Vienequindipresuppostaunacondizionemistica, incuiunacertaesperienzarisultainesprimibile: intalcasol’enigma è la manifestazione nella parola di ciò che è divino, nascosto, un’interiorità indicibile. Laparolaèeterogenea rispettoaquantoè intesodachiparla,dunqueènecessariamenteoscura.UnaltropassodelFedoneponeinconnessionel’enigmaconlasferamisticaemisterica:«C’ècasochecoloroiqualihannoistituitopernoiimisterinonsianostatiuominidappoco,macherealmentesisianoespressidagrantempoperenigmi,indicandochechisiaprivodiiniziazioneenonabbiapartecipatoaimisteri,quando giungerà nell’Ade, giacerà nel fango,mentre colui che si sia purificato e sia stato iniziato aimisteri,giuntolaggiù,vivràconglidèi.Infatti,comediconocolorochehannostabilitoimisteri,“quellicheportanoiltirsosonomolti,mapochiipossedutidaDioniso”...».Quest’ultimacitazione,disaporeorfico, sembra essa stessa la formulazione di un enigma. Notevole, in questi passi di Platone, èl’accostamentodell’enigmaallasferadiDioniso,piuttostocheaquelladiApollo:siricordicomunqueinproposito il suggerimento dato in precedenza, di considerare cioè Apollo e Dioniso come due dèifondamentalmenteaffini,anzichévedereinessiunacontrapposizionedidueistintiesteticiemetafisici,secondol’interpretazionediNietzsche.

In un altro passoPlatone tocca l’aspettomalvagio e tragico dell’enigma, quando, nell'Apologia diSocrate,paragonal’accusamossadaMeletoaSocrateaunenigma:«Meletohal’ariadiunocheabbiavolutomettermiallaprovacomeproponendounenigma:“SiaccorgeràSocrate,ilsapiente,cheiomiprendogiuocodiluiechemicontraddicoconmestesso?Oriusciròatrarloininganno,luieglialtricheascoltano?”.Costuimisembrainfatticontraddirsiconsestessonell’accusa,comesedicesse:“Socrateècolpevoledinoncredereaglidèi,madicredereneglidèiEciò significagiocare». Inquest’ultimaformulazione enigmatica, in cui Socrate traduce l’accusa di Meleto, è interessante notare la formacontraddittoria,caratteristica,comesièdetto,dellafasematura,umanadell’enigma.Lacontraddizionesuggerisce ingannevolmenteuncontenuto, lasoluzionedell’enigma,cioè lacolpadiSocrate.L’ingannoriesceaMeleto,perchéigiudiciinterpreterannocosìl’enigmaecondannerannoSocrate,anzichéscoprireche la contraddizione era soltanto una contraddizione, vuota di contenuto, che era soltanto Meleto acontraddirsiconsestesso.Chicadenellatrappoladell’enigmaèdestinatoallarovina.Comeunenigma

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infine sono forse da interpretare le ultime parole che Socrate pronuncia prima dimorire, nelFedoneplatonico :«SiamodebitoridiungalloadAsclepio :pagate ildebito,non trascuratelo».Sièmoltoscritto per interpretare queste parole, ma forse più importante della scoperta del loro significatoreconditoèlaconstatazionecheuncontestoreligiosoesolennesiaccompagnaspessopressoiGreciallacomparsadiparoleoscure.

Nel corso del quarto secolo a.C. queste risonanze che ancora il giovane Platone avvertiva sispengonodeltutto.L’enigmavieneusatocomegiuocodisocietà,duranteibanchetti,oppurelosiimpiegacon i ragazzi,ascopodiunaddestramentoelementaredell’intelletto.MaAristoteleancoraneparla incontestiseri,nellaRetoricaenellaPoetica,rintracciandolasuaimportanzanellatradizione.Interessanteè la sua definizione, anche se totalmente avulsa da ogni sfondo religioso e sapienziale : « il concettodell’enigmaèquesto:direcose realicollegandocose impossibili».DatocheperAristotelecollegarecoseimpossibilisignificaformulareunacontraddizione,lasuadefinizionevuoldirechel’enigmaèunacontraddizionechedesignaqualcosadireale,anzichéindicarenulla,comediregola.Perchéciòavvenga,aggiunge Aristotele, non si possono collegare i nomi nel loro significato ordinario, ma bisogna fareintervenirelametafora.L’usodellametaforasarebbedunqueconnessoall’originedellasapienza.Comesivede,losvuotamentodel«pathos»originariodell’enigmaèormai,conAristotele,completo.

Utile tuttavia è l’indicazione che caratteristica dell’enigma è la formulazione contraddittoria.Ritorniamoall’etàarcaica.Sièdettochecon l’entraredell’enigmanella sferaumana,con l’attenuarsidellasuaprovenienzadaldio,vaaffermandosisemprepiùunasuaformulazionecontraddittoria.C’èunnessotraiduefenomeni?Primadiesaminarequestoproblema,occorrevederecomevadaconfigurandosiquesto umanizzarsi dell’enigma, il che coincide con la nascita dei sapienti. Prima il dio ispira unresponsooracolare,eil«profeta»,perdirlaconPlatone,èunsempliceinterpretedellaparoladivina,appartiene ancora totalmente alla sfera religiosa. Poi il dio attraverso la Sfinge impone un enigmamortale, e l’uomo singolo deve scioglierlo, pena la vita. Infine due divinatori lottano tra loro per unenigma,Calcante eMopso: non c’è più il dio, rimane lo sfondo religioso,ma interviene un elementonuovo, l’agonismo, che è qui una lotta per la vita e per la morte. Un passo ancora, cade lo sfondoreligioso, e viene in primo piano l’agonismo, la lotta di due uomini per la conoscenza: non sono piùdivinatori,sonosapienti,omegliocombattonoperconquistareiltitolodisapiente.

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V

IL«PATHOS»DELNASCOSTO

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Un racconto antichissimo, testimoniato da più fonti, è il documento fondamentale sul nesso tra

sapienza ed enigma. Si tratta di un filone della letteratura biografica su Omero, ripreso nel seguenteframmentodiAristotele:«...Omerointerrogòl’oracolopersaperechifosseroisuoigenitoriequalelasuapatria;eildiocosìrispose:“L’isoladiIoèpatriadituamadre,edessatiaccoglieràmorto;matuguardatidall’enigmadigiovaniuomini”.Nonmoltodopo...giunseaIo.Qui,sedutosuunoscoglio,videdeipescatori che si avvicinavanoalla spiaggiaechiese loro seavevanoqualcosa.Quelli,poichénonavevanopescatonulla,masispidocchiavano,perlamancanzadipescadissero:“Quantoabbiamopresol’abbiamo lasciato, quanto non abbiamo preso lo portiamo ”, alludendo con un enigma al fatto che ipidocchi che avevano preso li avevano uccisi e lasciati cadere, e quelli che non avevano preso liportavanonellevesti.Omero,nonessendocapacedirisolverel’enigma,morìperloscoramento».

Ciò che subito desta meraviglia in questo racconto è il contrasto tra la futilità del contenutodell’enigmael’esitotragicoperilsuomancatoscioglimento.Seipescatoriavesserorivoltoaunuomoqualunquelaloroespressioneenigmatica,certocostuinonsarebbemorto«perloscoramento»,senonavesse saputo cogliere il significato nascosto. Ma per il sapiente l’enigma è una sfida mortale. Chieccelleperl’intelletto,devedimostrarsiinvincibilenellecosedell’intelletto.Inquestoquadroèchiarocheognisfondoreligiosoècaduto:l’enigmaèsempreunpericoloestremo,mailsuoterrenoèsoltantounagonismo umano. Parallelamente la formulazione dell’enigma proposto a Omero è chiaramentecontraddittoria,ossia,perusareun’espressionepiùprecisa,duecoppiedideterminazionicontraddittorie,« abbiamo preso - non abbiamo preso » e « abbiamo lasciato - portiamo », vengono congiunteinversamenteaquantolaragionesiattenderebbe,cioèinversamenteallaformulazione:«quantoabbiamopreso lo portiamo, quanto non abbiamo preso l’abbiamo lasciato ». Ci si ricordi della definizionearistotelica: l’enigma è la formulazione di un’impossibilità razionale che esprime tuttavia un oggettoreale. Il sapiente, che domina la ragione, deve sciogliere questo nodo. Perciò l’enigma, quando entranell’agonismodellasapienza,deveassumereunaformacontraddittoria.

Il racconto sulla morte di Omero ci aiuta ad affrontare l’interpretazione di uno dei più oscuriframmentidiEraclito.Qui èun sapiente chealludeall’enigmadi cui è statovittimaunaltro sapiente.DiceEraclito:«RispettoallaconoscenzadellecosemanifestegliuominivengonoingannatisimilmenteaOmero, che fu più sapiente di tutti quanti i Greci. Lo ingannarono infatti quei giovani che avevanoschiacciatopidocchi,quandoglidissero:“quellocheabbiamovistoepreso,lolasciamo;quellochenonabbiamo visto né preso, lo portiamo ” ». Qui Eraclito tace le premesse e il quadro dell’episodioriguardanteOmero,probabilmenteperchésitrattavadiunatradizioneassainota;delparièpassatosottosilenzioilfattocheloscaccodiOmerodifronteall’enigmasiastatolacausadellasuamorte.IltonodelframmentoèsprezzanteneiconfrontidiOmero:ilsapientesconfittoinunasfidaall’intelligenzacessadiessere sapiente.Notevole è la caratterizzazionedell’enigmacome tentativodi « ingannare» : ciò cheEraclitoreputadegnodimenzionenonèlatristefinediOmero,bensìilfattocheunpresuntosapientesisia lasciato ingannare. Abbiamo così anzitutto una testimonianza antica che conferma la malvagitàdell’enigma,e insecondo luogoun’implicitadefinizionedelsapiente,dapartediEraclito,comecoluichenonsilasciaingannare.

Mainquestoframmentoc’èqualcosadipiùcheun’allusioneauncelebreenigmadella tradizione:Eraclitoaccetta lui stesso il terrenodell’enigmacomeagonismo,e lanciacon lesueparoleunanuovasfidaallacapacitàdicomprenderedegliuomini.Assumendocomesupportol’enigmaomerico,Eraclitoenuncia lui stesso un enigma sull’enigma, ossia richiede un’altra soluzione, un’altra chiave, che non

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consista nei pidocchi, più profonda, più radicale, cui possa alludere quella stessa formulazione deipescatori.Questo è il tiro che ci hagiocato l’antico sapiente: lui aspetta ancora chequalcuno sciolgal’enigma, che gli tolga il titolo di sapiente. Non possiamo avere queste pretese; possiamo soltantoprocederea tastoni, alla ricercadiqualche lume sugli approcci aquestoproblema, sulle intenzionidiEraclito.Sipuòsupporreanzituttouncollegamentotraledueespressioni«rispettoallaconoscenzadellecosemanifeste»e«quellocheabbiamovistoepreso» :comeOmerofu ingannatorispettoallecosevisteeprese, cioèaipidocchi, inquantonon sapevadi che si trattava, cosìgliuomini sono ingannatirispettoallaconoscenzadellecosemanifeste,inquantononsannodichesitratta,peresempioperchélecredono reali mentre non lo sono. In tal caso la prima parte della formulazione dell’enigma,nell’estensioneuniversaledelriferimentoeracliteo,suonerebbecome:«lecosemanifestecheabbiamopreso, le lasciamo».Che cosapuò significareuna tale espressione?Bisogna tenerpresenti i passi diEraclitocheneganoqualsiasirealtàesternaaglioggettidelmondosensibile:sembrerebbecheappuntodiquestisitratti,quandosiparladi«cosemanifeste».Ricordiamoiframmenti:«ilsolehalalarghezzadiunpiedeumano»,dovesembrainevitabilepensareaunrifiutodiognirealtàoggettiva,allariduzioneditaleoggettoallasempliceapparenzasensoriale;einoltre:«morteètuttociòchevediamodasvegli».«Le cose manifeste che abbiamo preso » potrebbe allora significare la loro semplice apprensionesensibile, ciò in cui consiste l’illusoria realtà delmondo che ci circonda, nient’altro che una serie disensazioni. Ma perché queste cose manifeste che abbiamo preso, le lasciamo? Forse Eraclito vuolsignificarechelecosemanifeste,corpose,citraggonoiningannoesuscitanol’illusionediesisterefuoridi noi e di essere reali, viventi, soprattutto perché noi le immaginiamo come permanenti. Non è cheEraclito critichi le sensazioni. Egli loda anzi la vista e l’udito,ma ciò che condanna è il trasformarel’apprensione sensoriale in qualcosa di stabile, esistente fuori di noi. L’esperienza dei sensi noil’afferriamoistantaneamenteepoilalasciamocadere;sevogliamofissarla,inchiodarla,lafalsifichiamo.Questoèilsignificatodeiframmentichetradizionalmentevengonointerpretatiasostegnodiunapresuntadottrina eraclitea del divenire. Eraclito non crede che il divenire sia più reale dell’essere; credesemplicementecheogni«opinioneèunamalattiasacra»,ossiacheognielaborazionedelleimpressionisensorialiinunmondodioggettipermanentisiaillusionistica.Perquestoeglidiceperesempio:«nellostessofiumenonèpossibileentrareduevolte».Nonc’èunfiumefuoridinoi,masoltantounafuggevolesensazioneinnoi,cuinoidiamoilnomedifiume,diunostessofiume,quandopiùvoltesipresentaanoiunasensazionesimileallaprima:maognivoltanonc’èaltrodiconcretosenonappuntounasensazioneistantanea,cuinoncorrispondenulladioggettivo.Soprattutto tali sensazioninondocumentanonulladipermanente,sebbenesianosimili;sevogliamodesignareciascunadiesseconilnomedifiume,possiamofarlo,maognivoltasitratteràdiunfiumenuovo.Ritorniamooraalframmentosull’enigmaomerico.Sequello che si è detto può interpretare la primaparte della formulazione dell’enigma, la seconda partesignificheràalloranella trasposizioneeraclitea, applicandoun’antitesiparallelaaquelladell’episodioomerico: « le cose nascoste che non abbiamo visto né preso, le portiamo ». Quale può essere loscioglimentodiquestasecondaparte?Sipuòtentaredichiarirequell’espressionerichiamandoduetemiessenzialidelpensierodiEraclito.Ilprimosipotrebbechiamareil«pathos»delnascosto,latendenzacioè a considerare il fondamento ultimo delmondo come qualcosa di celato. Tale è il concetto delladivinitàinEraclito:«l’unità,l’unicasapienzavuoleenonvuoleesserechiamataconilnomediZeus».

IlnomediZeusèaccettabilecomesimbolo, comedesignazioneumanadeldio supremo,manonèaccettabile come designazione adeguata, proprio perché il dio supremo è qualcosa di nascosto,inaccessibile. Ancora più esplicitamente, altri due frammenti dichiarano la superiorità di ciò che ènascosto : « la natura primordiale ama nascondersi», e: « l’armonia nascosta è più forte di quellamanifesta ». Il secondo tema è la rivendicazione mistica di una preminenza dell’interiorità rispettoall’illusoria corposità del mondo esterno. In parecchi frammenti Eraclito sembra addirittura porrel’animacomeprincipiosupremodelmondo,eAristoteleconfermaquesta interpretazione.Talesembra

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esserel’allusionedelcelebreframmento«hoindagatomestesso»;piùesplicitamentediceEraclito:«iconfinidell’anima,camminando,nonpotraitrovarli,purpercorrendoognistrada:cosìprofondaèlasuaespressione », e inoltre: « all’anima appartiene un’espressione che accresce se stessa ». I due temisuddetti sembrano anzi unificarsi, convergere in un’unica visione fondamentale, per la prospettivaabissale,nelladirezionedelnascosto, in cui èposta l’anima.Seora applichiamoquesta tematicaallasecondapartedellaformulazionedell’enigmaomerico,sembraaprirsilapossibilitàdiunoscioglimento.L’anima,ilnascosto,l’unità,lasapienza,sonociòchenonvediamonéprendiamo,maportiamoentrodinoi.Sololanascostainterioritàèpermanente,anzinelmanifestarsi«accrescesestessa».

Quantosièdettononsoltantoconfermal’importanzagenericadell’enigmainquestaetàarcaicadellaGrecia, e la sua intima connessione con la sfera della sapienza,ma ci ha permesso in particolare diformulare alcune ipotesi e di tentare alcune illuminazioni riguardo al pensiero di uno dei più ardui einaccessibili traquestisapienti.Sièvisto,attraverso l’approfondimentodiunsingolopasso,comesiapossibile proporre di unificare dichiarazioni eraclitee apparentemente dissociate, o contrastanti. Nonsolo,maancoraunaltrodiquestitemifondamentalidiEraclitopuòessereriportatosottolaprospettivadell’enigma, cosicché alla fine si presenta l’ipotesi che tutta la sapienza di Eraclito sia un tessuto dienigmichealludonoaun’insondabilenaturadivina.Sitrattadeltemadell’unitàdeicontrari.Sièdettoche l’unità, il dio, il nascosto, la sapienza sono designazioni del fondamento ultimo delmondo. Talefondamentoètrascendente.DiceEraclito:«Nessunuomo,traquellidicuihoascoltatoidiscorsi,giungealpuntodiriconoscerechelasapienzaèseparatadatuttelecose».Maalloral’enigma,estesoaconcettocosmico, è l’espressione del nascosto, del dio. Tutta la molteplicità del mondo, la sua illusionisticacorposità, èun intrecciodi enigmi,un’apparenzadeldio, allo stessomodocheun intrecciodi enigmisono le parole del sapiente, manifestazioni sensibili che sono l’orma del nascosto. Ma l’enigma siformula contraddittoriamente, si è detto.OraEraclito non soltanto usa la formulazione antitetica nellamaggioranza dei suoi frammenti,ma sostiene che ilmondo stesso che ci circonda non è altro che untessuto-illusorio-dicontrari.Ognicoppiadicontrarièunenigma,ilcuiscioglimentoèl’unità,ildiochevistadietro.DiceinfattiEraclito:«Ildioègiornonotte,invernoestate,guerrapace,sazietàfame».

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VI

MISTICISMOEDIALETTICA

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Sel’originedellasapienzagrecastanella«mania»,nell’esaltazionepitica,inun’esperienzamistica

emisterica,comesispiegaallorailpassaggiodaquestosfondoreligiosoall’elaborazionediunpensieroastratto, razionale, discorsivo? Eppure nella fase matura di questa età dei sapienti noi troviamo unaragioneformata,articolata,unalogicanonelementare,unosviluppoteoreticodigrandelivello.Arenderepossibile tutto ciò è stata la dialettica. Con questo termine non va inteso ovvia' mente ciò che viincludiamo noi moderni : dialettica è qui usata nel senso originario e proprio del termine, ossia nelsignificato di arte della discussione, di una discussione reale, tra due o più persone viventi, nonescogitatedaun’invenzioneletteraria. Inquestosensoladialetticaèunodeifenomeniculminantidellaculturagreca,eunodeipiùoriginali.IlsuograndesviluppounitariogiungeacompimentoconAristotele:questiinfatti,inunasuaoperagiovanile,iTopici,guardaretrospettivamenteatuttoilmaterialeelaboratodaquest’arte,atutteleviedaessaseguite,atutteleforme,leregole,gliaccorgimenti,leargomentazioni,gli artifici sofistici, per tentare di costruire su questa base una trattazione sistematica della dialettica,stabilendoiprincìpigenerali,lenormediunadiscussionecorretta,ordinandoeclassificandotuttoquelmateriale,mettendoinpiediunateoriageneraledelladeduzionedialettica.

Ma se questo è il compimento, lo sguardo retrospettivo, qual è il culmine e qual è l’origine delladialettica?QuandoconfrontiamoleargomentazionidialettichediPlatone,diGorgia,diZenone,cercandodigiudicarlesecondoilcriteriodelrigorelogicoedell’eccellenzaargomentativa,nonmancanoragionipersostenere,control’opinionedominante,unasuperioritàdiZenonerispettoaPlatone.Elasciandodaparteilproblemadelculminedelladialettica,dovenevacercatal’origine?IlgiovaneAristotelesostienecheZenoneèstatol’inventoredelladialettica.SetuttaviaconfrontiamoletestimonianzesuZenoneconiframmenti di Parmenide, suo maestro, sembra inevitabile ammettere già in quest’ultimo una stessapadronanzadialetticadeiconcettipiùastratti,dellecategoriepiùuniversali.MaallostessoParmenideèforse possibile attribuire l’invenzione di un bagaglio teoretico così imponente, l’uso dei cosiddettiprincìpiaristotelicidinoncontraddizioneedelterzoescluso,l’introduzionedicategoriecheresterannopersemprelegateallinguaggiofilosofico,nonsoltantodell’essereedelnonessere,maverosimilmenteanche della necessità e della possibilità?Sarebbe più naturale pensare a una tradizione dialettica cherisalgapiùindietroancoradiParmenide,cheprendaorigineappuntoinquell’etàarcaicadellaGrecia,dicuisièparlato.

Ladialetticanascesulterrenodell’agonismo.Quandolosfondoreligiososièallontanatoel’impulsoconoscitivo non ha più bisogno di essere stimolato da una sfida del dio, quando una gara per laconoscenza tra uomini non richiede più che essi siano divinatori, ecco apparire un agonismo soltantoumano.Suuncontenutoconoscitivoqualsiasiunuomosfidaunaltrouomoarispondere:discutendosuquestarispostasivedràqualedeidueuominipossiedaunaconoscenzapiùforte.SullabasedeiTopiciaristotelici, si può ricostruire uno schema generale dell’andamento di una discussione, pur variatoinfinitamente nel suo svolgersi effettivo. L’interrogante propone una domanda in forma alternativa,presentandocioèiduecornidiunacontraddizione.Ilrispondentefasuounodeiduecorni,ossiaaffermacon la sua risposta che questo è vero, fa una scelta. Questa risposta iniziale è chiamata la tesi delladiscussione:ilcompitodell’interroganteèdimostrare,dedurrelaproposizionechecontraddicelatesi.Intal modo raggiunge la vittoria poiché, provando come vera la proposizione che contraddice la tesi,dimostra al tempo stesso la falsità della tesi, ossia confuta l’affermazione dell’avversario, che si eraespressanellarispostainiziale.Pergiungereallavittoriaoccorredunquesviluppareladimostrazione,maquesta non è enunciata unilateralmente dall’interrogante, bensì si articola attraverso una serie lunga e

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complessadidomande,lecuirispostecostituisconoisingolianellidelladimostrazione.Ilcollegamentounitariotraquesterispostedeveappuntocostituireilfilocontinuodelladeduzione,alterminedelquale,come sua conclusione, si ritrova la proposizione che contraddice la tesi. Non è necessario che ilrispondentesirendacontochelaseriedellesuerispostecostituisceunnessodimostrativo.L’interrogantecercaanzidiimpedirecheildisegnodellasuaargomentazionesiaperspicuo.Perciòlasuccessionedelledomande spesso non segue il filo dell’argomentazione, e talvolta intervengono anche dimostrazioniincidentaliesussidiarie.L’importanteèchepropriolasingolarispostasiaognivoltal’asserzionediunacerta proposizione, che l’interrogante presenta come domanda. Alla fine tutte le risposte sarannoaltrettante affermazioni del rispondente: se il loro nesso confuta la tesi, ossia la risposta iniziale delrispondente,saràchiarocheilrispondente,attraversoivarianellidell’argomentazione,avràluistessoconfutatolapropriatesiiniziale.Nelladialetticanonoccorronogiudicichedecidanochièilvincitore:lavittoriadell’interroganterisultadalladiscussionestessa,poichéèilrispondentecheprimaaffermalatesiepoilaconfuta.Sihainvecelavittoriadelrispondente,quandoegliriesceaimpedirelaconfutazionedellatesi.

Questapraticadelladiscussioneèstatalaculladellaragioneingenerale,delladisciplinalogica,diogni raffinatezzadiscorsiva.Difatti, dimostrareuna certaproposizione, ci insegnaAristotele, significatrovareunmedio,cioèunconcetto,ununiversale,taledapotersiunireaciascunodeidueterminidellaproposizione, inmodo che si possa dedurre da tali nessi la proposizione stessa, ossia dimostrarla. Epoiché tale medio è più astratto del soggetto della proposizione da dimostrare, la discussione, comericerca di medi, è una ricerca di universali sempre più astratti, in quanto il medio che dimostra laproposizionedataavràasuavoltabisognodiesseredimostrato.Ladialetticaèstatacosìladisciplinache ha permesso di sceverare le astrazioni più evanescenti pensate dall’uomo: la famosa tavola dellecategoriearistotelicheèunfruttofinaledelladialettica,mal’usoditalicategorieèvivoedocumentabilenellasferadialetticamoltotempoprimadiAristotele.Lostessosidicaperiprincìpiformalichereggonoil corretto svolgimento di una discussione, a cominciare dal principio del terzo escluso che regola laformulazione della tesi e la sua confutazione; e inoltre per le norme della deduzione e per i rapportireciproci tra i vari termini che vi compaiono,materiale di studio e di applicazione da cui sorgerà lasillogisticaaristotelica.

Si affaccia ora per noi la possibilità di tentare una spiegazione riguardo all’oscuro problema delpassaggiodallosfondoreligiosodelladivinazioneedell’enigmaallaprimaetàdelladialettica.Giàdaquello che si è detto risulta un punto di incontro fra i due fenomeni, cioè la sfera dell’agonismoriguardantelaconoscenzaelasapienza.L’enigmainfatti,umanizzandosi,assumeunafiguraagonistica,ed’altra parte la dialettica sorge dall’agonismo. Ma approfondendo l’analisi dei due fenomeni,esaminandoletestimonianzepiùanticheinproposito,econfrontandolaterminologiausataneiduecasi,c’èdasupporreunrapportopiùintrinseco,unnessodicontinuitàtraessi.Inquestaprospettival’enigmaapparecomelosfondotenebroso,lamatricedelladialettica.Decisivaquièlaterminologia.Ilnomeconcui le fonti designano l’enigma è « problema », che in origine e presso i tragici significa ostacolo,qualcosacheèproiettatoinavanti.Edifattil’enigmaèunaprova,unasfidacuiildioesponel’uomo.Malostessotermine«próblema»rimanevivoeinposizionecentralenellinguaggiodialettico,alpuntocheneiTopicidiAristoteleessosignifica«formulazionediunaricerca»,designandolaformulazionedelladomanda dialettica che dà inizio alla discussione. E non si tratta soltanto di un’identità del termine:l’enigmaèl’intrusionedell’attivitàostiledeldionellasferaumana,lasuasfida,allostessomodocheladomandainizialedell’interroganteèl’aperturadellasfidadialettica, laprovocazioneallagara.Oltreaciòsièdettopiùvoltechelaformulazionedell’enigma,perlamaggiorpartedeicasi,ècontraddittoria,così come la formulazione della domanda dialettica propone esplicitamente i due corni di unacontraddizione.Quest’ultima identità formaleèaddiritturastupefacente (si ricordi l’enigmaomericodiEraclito)eimponequasilaconvinzionediunastrettaparentelatraenigmaedialettica.

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L’usodiparecchi altri termini confermaquesta tesi. Il verbo«probàllein», chenelquinto secolosignifica « proporre un enigma», vieneusato daPlatone alternativamente nel senso enigmatico (in unpassodelCarmide il verbo è congiunto esplicitamente con il termine « enigma » e si dice « gettavaavanti un enigma ») e nel senso dialettico, testimoniando un’unità di fondo tra le due sfere: talorasignificaancora«proporreunenigma»etalorainvece«proporreunadomandadialettica».Ricordiamoanche,comeusatiorainsensodialetticoorainsensoenigmatico,itermini«interrogazione»,«aporia»,«ricerca»,«domandadubbia».

Dunque ilmisticismoe il razionalismononsarebbero inGreciaqualcosadiantitetico,dovrebberointendersi piuttosto come due fasi successive di un fenomeno fondamentale. La dialettica intervienequandolavisionedelmondodelGrecodiventapiùmite.Losfondoasprodell’enigma,lacrudeltàdeldioverso l’uomovannoattenuandosi,vengono sostituitidaunagonismosoltantoumano.Chi rispondealladomanda dialettica non si trova più in uno smarrimento tragico: se sarà sconfitto non perderà la vita,comeeraaccadutoinveceaOmero.Inoltrelasuarispostaal«problema»nondecidesubitodellasuasorte,inbeneoinmale.Ilrispondenterisolvel’alternativaconlasuatesi,asserendoqualcosachesaràmessoallaprova,macheper ilmomentoèaccettatocomevero.Chidoveva rispondereall’enigma,otaceva, ed era subito sconfitto, o sbagliava, e la sentenza veniva dal dio o dal divinatore. Nelladiscussioneinveceil rispondentepuòdifendere lasua tesi.Madiregolaciògliserviràabenpoco.Ilperfetto dialettico è incarnato dall’interrogante: costui pone le domande, guida la discussionedissimulandone le trappole fatali per l’avversario, attraverso i lunghi giri dell’argomentazione, lerichieste di assenso su questioni pacifiche e apparentemente inoffensive, che si riveleranno inveceessenziali per lo svolgimento della confutazione. Si ricordi il carattere di Apollo come dio « checolpisce da lontano », la cui azione ostile è differita: ciò si incarna tipicamente nell’interrogantedialettico,chesapendodivincereindugia,pregustalavittoria,frapponendoletrameerrabondedelsuoargomentare. Sotto questo punto di vista uno sfondo religioso rimane ancora nella sfera dialettica: lacrudeltàdirettadellaSfingediventaquiunacrudeltàmediata, travestita,mainquestosensoaddiritturapiùapollinea.C’èquasiunaritualitànelquadrodelloscontrodialettico,chediregolasisvolgedifronteaunpubblicosilenzioso.Allafineilrispondentedevearrendersi,seleregolesonorispettate,cometuttisiattendonochedebbasoccombere,comeperilcompimentodiunsacrificio.Delrestosipuòaddiritturanon essere del tutto certi che nella dialettica il rischio non fossemortale. Per un antico l’umiliazionedella sconfitta era intollerabile. Se Cesare fosse stato radicalmente battuto in battaglia, non sarebbesopravvissuto.EforseParmenide,Zenone,Gorgianonfuronomaisconfittiinunadiscussionepubblica,inunveroagone.

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VII

LARAGIONEDISTRUTTIVA

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Molte generazioni di dialettici elaborano inGrecia un sistema della ragione, del « logos », come

fenomeno vivente, concreto, puramente orale. L’oralità ovviamente è un carattere essenziale delladiscussione:unadiscussionescritta,tradottainoperaletteraria,qualetroviamoinPlatone,èunpallidosurrogatodelfenomenooriginario,siaperchémancaogniimmediatezza,lapresenzadegliinterlocutori,l’inflessionedellelorovoci,l’allusionedeilorosguardi,siaperchédescriveunagarapensatadaunsolouomo, e soltanto pensata, quindi mancante dell’arbitrio, della novità, dell’imprevisto che possonosorgereunicamentedalloscontroverbaledidueindividuiincarneeossa.

Maquestosistemadel« logos»,cosìelaborato,èrealmenteunedificio?Essocioè,oltreaesserecostituito dall’analisi delle categorie astratte e dallo sviluppo di una logica deduttiva, ossia dallaformazione dei concetti più universali cui possa giungere la capacità astraente dell’uomo, e dalladeterminazionedellenormegeneralicheregolanoilprocederediscorsivodeiragionamentiumani,offreforse,oltreatuttoquesto,uncontenutodottrinaleedogmaticodellaragione,unveroepropriocomplessocostruttivo, un insieme di proposizioni concrete che si impongano a tutti? La risposta è negativa:nell’impiantostessodelladiscussionegrecac’èunintentodistruttivo,eunesamedelletestimonianzesulfenomeno ci convince che tale intento è stato realizzato dalla dialettica. Si è detto prima che nelladiscussione la tesidel rispondentevienedi regolaconfutatadall’interrogante: in talcasosembrerebbecomunque aversi un risultato costruttivo, in quanto la demolizione della tesi coincide con ladimostrazionedellaproposizioneche lacontraddice.Maper ilperfettodialetticoè indifferente la tesiassunta dal rispondente: costui può scegliere nella risposta iniziale l’uno oppure l’altro corno dellacontraddizioneproposta,einentrambiicasilaconfutazioneseguiràinesorabilmente.Inaltreparole,seilrispondente assume una tesi, tale tesi sarà demolita dall’interrogante, e se sceglierà la tesi antitetica,anchequestaverràegualmentedemolitadall’interrogante.Ilcasoincuilavittoriaarridaalrispondenteèunicamentedaattribuirsiaun’imperfezionedialetticadell’interrogante.

Le conseguenze di questomeccanismo sono devastanti.Qualsiasi giudizio, nella cui verità l’uomocreda,puòessereconfutato.Nonsolo,mapoichétuttaladialetticaritieneincontestabileilprincipiodelterzo escluso, ossia ritiene che se una proposizione viene dimostrata come vera, ciò significa che laproposizionechelacontraddiceèfalsa,eviceversa,allora,nelcasoincuiprimasidimostricomeveraunaproposizioneepoisidimostricomeveralaproposizionechelacontraddice,risulteràcheentrambeleproposizionisonovereefalsealtempostesso,ilcheèimpossibile.Taleimpossibilitàsignificachenél’una né l’altra proposizione indicano alcunché di reale, e neppure un oggetto pensabile. E dato chenessun giudizio e nessun oggetto sfuggono dalla sfera dialettica, ne segue che ogni affermazione saràinconsistente,confutabile,ognidottrina,ogniproposizionescientifica,appartenenteaunascienzapuraoaunascienzasperimentale,saràegualmenteespostaallademolizione.

Vi sono fondatimotivi per pensare che all’epoca di Parmenide la dialettica fosse giunta a questogradodimaturità.MaParmenideeraunsapiente,ancoraprossimoall’etàarcaicadell’enigmaeallasuareligiosità.Ladistruttivitàdelladialetticaeraemersadauneccessodiagonismo, suunpianosoltantoumano,ancheseinquest’asprafiorituradellaragionesipotevarintracciarel’azioneostileedifferitadiApollo.Eraclitoaveva risoltopositivamentequesta tensione tramondodivinoemondoumano: le sueparole lapidarie avevanomanifestato attraverso enigmi la nascosta, indicibile natura divina, avevanorichiamatol’uomoallasuaorigineesaltante.Parmenidesegueun’altravia,perchégiàsitrovacoinvoltonelturbinedialettico.Iterminidelsuodiscorsoegliliricavadalladialettica,assuntanell’apicedellasuaastrazione:l’essereeilnonessere,ilnecessarioeilpossibile.Difronteaquestolinguaggioegliimpone

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lasualegislazione,chesalvaguardiilfondodivinodacuiproveniamo,anzilofacciatrionfareinquestonostromondodell’apparenza.All’alternativa«èo non è? », unvero « próblema», in cuiParmenidesintetizza la formulazione più universale della domanda dialettica e al tempo stesso la formulazionedell’enigmasupremo,laleggeparmenideacomandadirispondere«è».Lastradadel«nonè»nonsideveseguire,èproibita,poichéèsoloseguendolastradadellanegazionecheèpossibilesviluppareleargomentazioninichilistiche, devastatrici delladialettica.Senza la contrapposizione tra affermazione enegazione, ossia senza la contraddizione, non è possibile dimostrare nulla:maParmenide teme che ladistruzionedialettica coinvolga, agli occhi degli uomini legati al presente, anche l’originenascosta, ildio,ondederivanol’enigmaeladialettica.Percontrol’«è»risolvel’enigma,èloscioglimentooffertoe imposto da un sapiente, senza l’intervento dell’ostilità di un dio, è lo scioglimento che toglie agliuominiognirischiomortale.L’«è»significalaparolachesalvaguardalanaturametafisicadelmondo,che la traduce nella sfera umana, che manifesta ciò che è nascosto. E la dea che presiede a questamanifestazioneè«Aletheia»,la«verità».InquestoatteggiamentodiParmenidec’èdellabenignitàversogli uomini: l’« è » nonmanifesta proprio quello che in sé è « il cuore che non trema », come diceParmenide, il fondonascostodelle cose,ma la leggeparmenideaprescrive soltanto l’« è», simostraindulgente verso l’incomprensione degli uomini. Più duro è Eraclito, che enuncia i suoi enigmi senzascioglierli.

QuestaèunapresentazioneelementaredelpensierodiParmenide.Inrealtànonesisteforseunaltropensatore, in cui all’esiguità dei frammenti tramandati corrisponda una ricchezza teoretica altrettantosconfinata. Ma per il discorso generale che stiamo delineando è meglio non addentrarsi in questolabirinto.NelgrandediscepolodiParmenide,inZenonediElea,troviamounatteggiamentoassaidiversorispetto alla dialettica. Platone ce ne parla con una certa sottovalutazione, presentandolo come «soccorritore » di Parmenide. La dialettica sarebbe servita a Zenone per difendere il maestro dagliattacchidegliavversaridelsuomonismo:secondoPlatoneladialetticazenonianaavevademolitoognitesi pluralistica, aiutando così indirettamente la dottrina di Parmenide. Tuttavia già si è detto chel’invenzione della dialettica non può essere attribuita a Zenone; lo stesso Parmenide anzi avrebbeimpostolasuaalternativa«èononè?»proprioperopporsialladistruttivitàestremadiunadialetticagià preesistente, richiamandosi allo sfondo religioso dell’enigma. Inoltre un’immagine più adeguata diZenonepuòesserericostruitasoloattraversoletestimonianze,assaipiùriccheecomplesse,diAristotele:questi riferisce le argomentazionidialettichediZenone, tentando senzamolto successodi confutarle,nonsoltantocontrolamolteplicità,maaddiritturacontrol’unità,eingeneralesultemadelmovimentoedellospazio,quindicontro lecondizionidelmondosensibile, ridottoadapparenza. Il«soccorso»diZenonenonriguardavaquindiladifesadelmonismo,chedelrestononeraunatesicentralediParmenide.Anzi,sesiricordaildivietoparmenideodiseguirelastradadel«nonè»,l’atteggiamentodiZenoneèdidisobbedienza. Anziché abbandonare il cammino distruttivo del non essere, cioè dell’argomentazionedialettica, Zenone lo segue sino alle sue estreme conseguenze. Le precedenti generazioni di dialetticiavevanocondotto,sipuòsupporre,un’operadidemolizioneparticolare,casuale,legataallacontingenzadisingoliinterlocutoridialetticiedisingoliproblemiteorici,verosimilmenteconnessiallasferapraticae politica. Zenone generalizzò quest’indagine, la estese a tutti quanti gli oggetti sensibili e astratti. Inquestomodoladialetticacessòdiessereunatecnicaagonisticaperdiventareunateoriageneraledel«logos ».La distruttività dialettica di cui si parlava prima giunge soltanto conZenone a quel grado diastrazioneediuniversalitàchelatrasformainnichilismoteoretico,difrontealqualeognicredenza,ogniconvinzione, ogni razionalità costruttiva, ogni proposizione scientifica risulta illusoria e inconsistente.Dopo un esame approfondito delle testimonianze aristoteliche su Zenone, si può tentare unaschematizzazionediquestoraffinatissimometododialetticozenoniano:ognioggettosensibileoastratto,chesiesprimeinungiudizio,vieneprovatoanzituttoessereenonesserealtempostesso,einoltrevienedimostrato come possibile e insieme impossibile. Questo risultato, ottenuto ogni volta attraverso una

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rigorosa argomentazione, costituisce nel suo complesso l’annientamento della realtà di ogni oggetto, epersinodellasuapensabilità.

Zenonedunquehadisobbeditoalmaestro,hatrasgreditoilsuodivietodipercorrerelastradadel«non è » : eppure la sua elaborazione teoretica, considerata secondo una prospettiva più profonda, èugualmenteun«soccorso»perlavisionediParmenide.Questiavevapretesoditradurrelarealtàdivinainunaparola umana, pur conoscendo l’inadeguatezzadell’uomo.Si trattavadi un inganno, perchéunaparolanonèundio,madiuningannodettatodaunamitezzacompassionevole.PerfarquestoParmenidedovette presentarsi come un legislatore, imporre una dea, «Aletheia », colei « che non è nascosta ».Zenonevidelafragilitàdiquestocomando,esiresecontochenonsipotevabloccarelosviluppodelladialetticaedellaragione,poichéquestediscendevanoappuntodallasferadell’enigmaedell’agonismo.Persalvaguardarelamatricedivina,perrichiamaregliuominiversodiessa,eglipensòalcontrariodiradicalizzarelaspintadialetticasinoaraggiungereunnichilismototale.Intalmodoeglicercòdiportaredinanzi agli occhi di tutti l’illusorietà del mondo che ci circonda, di imporre agli uomini un nuovosguardo sulle cose che ci offrono i sensi, facendo comprendere che ilmondo sensibile, la nostra vitainsomma, è una semplice apparenza, un puro riflesso del mondo degli dèi. Il suometodo assomigliapiuttostoaquellodiEraclito,cheanalogamentealludevaallanaturadivinaconunrichiamoenigmaticoallacontraddittorietà, all’assurdità, al carattere instabilee istantaneodi tuttociòchepassadi fronteanoi.

Comeuomo,comesapiente,Zenonerappresentaunverticeditracotanza.Perimmaginarel’acutezzael’inventività del suo genio deduttivo si può leggere il dialogo platonico intitolato a Parmenide, che èun’imitazione zenoniana, verosimilmente meno rigorosa e complessa dell’originale. Del resto nonbisogna neppure pensare che un edificio dialettico di questo genere non possa restare immune dainfiltrazionisofistiche.Ipensatorichevenneroassaipiùtardimanifestaronoquestogiudizio,eritenneroconfutate le affermazioni di Zenone, ma in realtà ciò non riuscì neppure al più acuto fra tutti, adAristotele.SesiconsideranosoltantosingoleargomentazionidiZenone,comelefamose«aporie»delladicotomia, della freccia o di Achille e la tartaruga, cioè quella minima parte a noi nota dell’operadialetticazenoniana,troviamounasorprendenteammissionediAristotele,ossiachequeste«aporie»sipossono superare soltanto « per accidente », con un richiamo cioè a quello che accade. È chiara ladebolezzadiunataleconfutazione,difronteaunproblemachenonriguardaifatti,malaragione.

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VIII

AGONISMOERETORICA

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Si èdettoche le«aporie»diZenoneaspettano tuttoradi essereconfutate.Sequestoèvero, il«

logos » zenoniano rappresenta un vertice della teoria della ragione, forse il punto estremo dellarazionalità greca. In tal caso si imporrebbe un confronto tra questa ragione distruttiva e la ragionecostruttiva,qualeèintesadallafilosofìamoderna.Ècomunqueimportantefarnotareunequivocochehasempre oscurato la comprensione della razionalità greca. I sapienti di questa età arcaica, el’atteggiamentodureràsinoaPlatone,intendevanolaragionecomeun«discorso»suqualcos’altro,un«logos»cheappunto«dice»soltanto,esprimeunacosadifferente,eterogenea.Quantosièdettosulladivinazione e sull’enigma aiuta a comprendere la cosa: è appunto questo sfondo religioso, questaesperienza di esaltazione misterica, che la ragione tende a esprimere in qualche modo, attraverso lamediazionedell’enigma. Inseguito talespintaoriginariadella ragioneèstatadimenticata,nonsièpiùcompresaquestasuafunzioneallusiva,ilfattocheaessatoccasseesprimereundistaccometafisico,esièconsiderato il«discorso»comeseavesseunapropriaautonomia,fosseunsemplicespecchiodiunoggettoindipendentesenzasfondi,chiamatorazionale,oaddiritturafosseessostessounasostanza.Madaprincipio la ragioneeranata comequalcosadi complementare, comeuna ripercussione, la cuioriginestava in alcunché di nascosto, fuori di essa, che non poteva essere totalmente restituito, ma soltantoaccennato da quel «discorso». Quando venne il fraintendimento, si sarebbe dovuto inventare unaformulazione nuova, una nuova struttura, commisurate a diverse prospettive, a una legislazione cheproclamassel’autonomiadellaragione,chetagliasseviaallesuespalletuttociòdacuiessaeraderivata.Invecesicontinuòancheinseguitoaconservarel’edificio,aseguirelenormedelprimitivo« logos»,cheerastatosoltantountramite,un’armaagonistica,unsimbolomanifestante,echedaautenticocheeradiventòormai,inquestatrasformazione,un«logos»spurio.

Dopo Parmenide e Zenone, l’età dei sapienti va declinando. Per mantenere l’unità della nostraprospettiva,eseguireancorailfilonecentraledelladialettica,bisognaaquestopuntoricordareGorgia.Costuiprovienedall’Occidentegreco,dallaSicilia:nellasualungavitaviaggiòmoltoesoggiornòancheadAtene.TeoreticamenteeglioltrepassapersinoZenone,seconsideriamoidettagli;ma in luisi trovaancheilgermedelladecadenzaperladialettica.Giàsbalordiscel’enunciatogeneraledelcontenutodellasuaoperapiùastratta;eglisostienetrepuntifondamentali,pressappococonquesteparole:«ilprimo,che niente è, il secondo, che anche se qualcosa è, è inconoscibile all’uomo, il terzo, che anche se èconoscibile,nonècomunicabileospiegabileaglialtri».Dalpuntodivistadelcontenuto,citroviamodifronte a una variazione sul tema del nichilismo zenoniano: quindiGorgia non ci offre nessun risultatoteoreticovistosamentenuovo.Certoconluilatecnicadialetticagiungeaunpuntodiraffinatezzaestrema,everosimilmente(ancheserestaqualchedubbiosullafedeltàdellefontichetramandanolesuedottrine)lasualogicaèpiùevolutadiquellazenoniana:egliconoscelateoriadelgiudizio,riguardoalleregoledellaconversioneeall’aspettoquantitativodellacontraddizione,eapplicaspessoladimostrazioneperassurdo,anziforseèstatoaddirittural’autorediquestaformadiprova,chehaunaparticolareefficaciapersuasiva.

StupefacentepercontroèlaformaincuivieneenunciatoilsuccodistruttivodelladottrinadiGorgia.Il nichilismo è dichiarato drasticamente, non è velato, come inZenone, da un intreccio vertiginoso diargomentazioni. Ciò che colpisce è l’assenza di ogni sfondo religioso : Gorgia non si preoccupa disalvaguardarenulla.Lasuaformulazioneanzi:nullaesiste,seesistessenonsarebbeconoscibile,sefosseconoscibilenonsarebbecomunicabile,sembraaddiritturamettereindubbiolanaturadivina,ecomunquela isolacompietamentedallasferaumana.Gorgiaè il sapientechedichiara finita l’etàdeisapienti,di

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colorocheavevanomessoincomunicazioneglidèicongliuomini.L’apparizione di Gorgia si accompagna a un profondo cambiamento nelle condizioni esterne,

oggettivedelpensierogreco.Illinguaggiodelleprecedentidiscussionidialetticheerarimastosinoalloraqualcosadiprivato,di limitato aunambiente scelto.Non si puòparlaredi scuole filosofiche,perchél’incontro delle persone era sempre estremamente libero, con un avvicendamento continuo degliinterlocutori.Tuttaviasitrattavadiunfenomenoesoterico,nongiàperunaqualcherivelazionemisterica,ma per un acquisto attivo entro una cerchia ristretta. Con l’accentrarsi della cultura in Atene, cheinterviene a partire dallametà del quinto secolo, simanifesta inGrecia la tendenza fatale a romperel’isolamento del linguaggio dialettico. Nella confluenza ateniese l’atmosfera raffinata e riservata deidialoghi eleatici viene sostituita dal quadro di scontri dialettici più chiassosi e più frequentati. Nelconfrontoconleformeespressivedell’arteeconiprodottidellaragioneconnessiallasferapolitica,illinguaggiodialetticoentranell’ambitopubblico.Unadialetticaadulteratasifasentireinmodoevidentenella parte dialogata delle tragedie di Sofocle, a partire dal 440 a.C. Il vecchio linguaggio dialetticovieneusatoanchealdi fuoridelladiscussione:gliascoltatorinonsonoscelti,nonsiconoscono tradiloro,elaparolavienerivoltaaprofanichenondiscutono,maascoltanosolamente.

Nascecosi la retorica, con lavolgarizzazionedelprimitivo linguaggiodialettico.La suaorigineèancheparallelaalladialettica,nelsensochesorgegiàprimae indipendentementedaquesta,entrounasfera diversa e per fini diversi; ma la retorica in senso stretto, come tecnica espressiva costruita suprincìpi e su regole, si innesta direttamente sul ceppo della dialettica. La retorica è anch’essa unfenomenoessenzialmenteorale,incuituttavianonc’èpiùunacollettivitàchediscute,maunosolochesifaavantiaparlare,mentreglialtristannoadascoltare.Laretoricaèdelpariagonistica,mainmodopiùindirettodelladialettica:inquestal’artenonsipuòdimostraresenondirettamenteattraversounagara,mentre nella retorica ogni prestazione dell’oratore è agonistica in quanto gli ascoltatori dovrannogiudicarla inconfrontoaciòchedirannoaltrioratori.Direttamentelaretoricaèagonisticainunsensopiùsottile,dovepiùstrettasirivelalasuaderivazionedallamatricedialettica:mentrenelladiscussionel’interrogante combatte per soggiogare il rispondente, per avvincerlo con i lacci delle sueargomentazioni, nel discorso retorico l’oratore lotta per soggiogare lamassa dei suoi ascoltatori.Nelprimocasolavittoriaèraggiuntaquandoladeduzionevieneperfezionataattraversolerispostestessedelrispondente,quindièsanzionatadall’ultimaconclusione;nelsecondocasomancaunasanzioneintrinsecaperladimostrazionedell’oratore,eperilraggiungimentodellavittoriaoccorreancora,oltreallaformadialettica, un elemento emozionale, ossia la persuasione degli ascoltatori. Con questa essi vengonosoggiogati,elavittoriaèassegnataall’oratore.Nelladialetticasilottavaperlasapienza;nellaretoricasilottaperunasapienzarivoltaallapotenza.Sonolepassionidegliuominichedevonoesseredominate,eccitate, placate. Parallelamente il contenuto della dialettica, che nel suo periodo più raffinato si eragradualmentevolatilizzatosinoallecategoriepiùastrattechelamenteumanapotesseescogitare,oraconlaretoricarientranellasferaindividuale,corposa,dellepassioniumane,degliinteressipolitici.

NonèquindiuncasocheGorgia,ilcampionedelladialettica,siastatoaltempostessounodeigrandiartefici, anzi un fondatore, dell’arte retorica. Il fatto che uno stesso uomo elabori parallelamente unsottilissimolinguaggiodialetticoeunlinguaggioretoricodel tuttooriginale,manettamentediversodalprimo,nellostileenell’argomentare,èilsegnodiunamondanitàsenzapudori,siaccompagnainmodoassai naturale con quell’abbandono di ogni sfondo religioso di cui si è detto. E persino nelle sueargomentazioni dialettiche si avverte il segno di questa mondanizzazione. I concetti di necessità e dipossibilità,cherendonopiùaspralacomprensionedelletestimonianzeparmenideeezenoniane,vengonomessiinombranelladialetticagorgiana;egiàsièdettocheladimostrazioneindirettaperassurdo,cheGorgiapredilige,haunaforzadipersuasioneassaipiùpotentediquelladiretta.

L’atteggiamentodivulgativo,falsamenteelementare,indicadunqueGorgiacomeunodegliarteficideltrasformarsi in pubblico del linguaggio dialettico. Un elemento essenziale di questa trasformazione è

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l’interventodellascrittura.Lascritturanelsuousoletterariosidiffondedopolametàdelsestosecolo,erimaneanzituttolegataallavitacollettivadellacittà,nelleformeeneicontenuti.Inaltricasièdapprimaun artificio espressivo occasionale, come forse si può dire per le opere di Anassimandro, Ecateo oEraclito.Diregolaessaèanzituttounsemplicemezzomnemonico,senzacheletocchiunaconsiderazioneintrinseca.Ciòvalealtresìneiconfrontidellaretorica,chepurepotrebbesembrarelegataallascritturasindalprincipio.Inrealtà laretoricaènatacomeparolavivente,attraversounacreazionechelefontiparagonanoallascultura.Delrestolosfondoagonisticodicuisièparlatoprimachiariscechel’essenzadellaretoricastanellarecitazionevivente.Eppure laretoricasiaccompagnastrettamenteallascritturasindalsuosorgere:ciòèdovuto tuttaviaaunasempliceragionetecnica.Glioratoriscrivevanoi lorodiscorsiepoiliimparavanoamemoria,unavoltacheliavevanotrasformatiinespressioneplastica.Ciòperché ildosaggioe lapolituradello stiledovevanoesserea lungoelaborati,néci sipotevaaffidareall’improvvisazione,sesivolevaraggiungerel’eccellenzadell’arteesivolevapredisporrenelmodopiùefficace l’eccitamento dell’emozione nel pubblico. Tutto ciò poteva essere realizzato soltanto con larecitazione,mainquestaglioratorinonsiazzardavanodiaggiungerenétoglierenullarispettoaquelloche avevano in precedenza scritto. Quindi le orazioni tramandate sino a noi hanno un testo che devecorrisponderequasiperfettamenteacomevenneroallorapronunciate.Questaaccidentalesituazionedellaretoricarispettoallascritturaebbeuninflussoassainotevolesulsorgerediunnuovogenereletterario,lafilosofia.

Quando il linguaggiodialetticodiventapubblico la scrittura,da strumentomnemonicoqual era,vaacquistando sempre più un’autonomia espressiva. Platone racconta che Zenone da giovane avevacomposto un piccolo scritto dialettico contro lamolteplicità. E anche se nell’opera zenoniana questoscritto rappresenta un’eccezione, un frammento, ciò costituisce tuttavia una notevole infrazione,un’occasionedifraintendimento,rispettoallanaturaessenzialmenteoraledelladialettica.AncheGorgiamise per iscritto la sua opera dialettica sul non essere, ed era per lui naturale, per l’artefice dellaretorica,icuidiscorsicomesièdettonascevanoanzituttoattraversolascrittura.

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IX

FILOSOFIACOMELETTERATURA

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Attraversoletrasformazioniculturalicuisièaccennato,attraversol’intrecciarsidellasferaretorica

con quella dialettica, e soprattutto attraverso il graduale imporsi della scrittura in senso letterario, vamodificandosiparallelamentelastrutturadellaragione,del«logos».Conquestidiscorsipubblici,dicuila scrittura è un aspetto, si mette in moto una falsificazione radicale, poiché viene trasformato inspettacoloperunacollettivitàciòchenonpuòesserestaccatodaisoggettichel’hannocostituito.Nelladiscussione dialettica non solo le astrazioni, ma le parole stesse del « logos » autentico alludono avicendedell’animo,chesiafferranosolocolparteciparvi, inunamescolanzachenonsipuòdividere.Nelloscrittoinvecel’interioritàvaperduta.

Si è visto che inGorgia la dialettica accenna, almeno parzialmente, a diventare letteratura.Ma èsoltantoconPlatonecheilfenomenosidichiaraapertamente.Questoèungrandeevento,enonsoltantonell’ambitodelpensierogreco.Platoneinventòildialogocomeletteratura,comeunparticolaretipodidialettica scritta, di retorica scritta, che presenta in un quadro narrativo i contenuti di discussioniimmaginarie a un pubblico indifferenziato. Questo nuovo genere letterario viene da Platone stessochiamatoconilnomenuovodi«filosofia».DopoPlatonequestaformascrittaresteràacquisita,eanchese il genere letterario del dialogo si trasformerà nel genere del trattato, in ogni caso continuerà achiamarsi«filosofia»l’esposizionescrittaditemiastrattierazionali,magariestesi,dopolaconfluenzacon la retorica, acontenutimorali epolitici.Ecosì sinoaigiorninostri, alpuntocheoggi,quandosiricerca l’origine della filosofia, è estremamente difficile immaginare le condizioni preletterarie delpensiero, valide in una sfera di comunicazione soltanto orale, quelle condizioni appunto che ci hannoindottoadistinguereun’etàdellasapienzacomeoriginedellafilosofia.

D’altraparteèlostessoPlatonechecirendepossibileiltentativodiunatalericostruzione.Senzadilui,chepureèstatol’autorediunrivolgimentocosìfataleedefinitivo,sarebbeassaidifficileavvertireildistaccodaquell’etàdei sapientieattribuirealpensieroarcaicodeiGreciun’importanzamaggiorediquella di una balbettante anticipazione. I moderni si sono di solito accontentati di quest’ultimaprospettiva, nonostante la significativa e limpida indicazione di Platone, quando chiama la proprialetteratura«filosofia»,contrapponendolaallaprecedente«sofia».Suquestopuntononcisonodubbi:apiùripresePlatonedesignal’epocadiEraclito,diParmenide,diEmpedoclecomel’etàdei«sapienti»,difronteacuieglipresentasestessosoltantocomeunfilosofo,cioècomeun«amantedellasapienza»,unocioèchelasapienzanonlapossiede.Oltreaciò,einriferimentoprecisoalvaloredellascrittura,cisonoduepassifondamentaliinPlatone,lacuiimportanzaèdecisivaaifinidiun’interpretazionegeneraledelsuopensieroedellasuaposizionenellaculturagreca.

IlprimopassoèilmitoraccontatonelFedrosull’invenzionedellascritturadapartedeldioegizianoTheuth,e suldonodiessa,destinatoagliuomini,cheTheuth faal faraoneThamus.Theuthmagnifica ipregidellasuainvenzione,mailfaraoneribattechelascritturaèsìunostrumentodirammemorazione,mapuramenteestrinseco,echepersinorispettoallamemoria,intesacomecapacitàinteriore,lascritturarisulterà dannosa. Quanto alla sapienza, la scrittura la fornirà apparente, non già veritiera. E Platonecommenta il mito accusando di ingenuità chiunque pensi di tramandare per iscritto una conoscenza eun’arte,quasicheicaratteridellascritturaavesserolacapacitàdiprodurrequalcosadisolido.Sipuòcrederechegliscrittisianoanimatidalpensiero:masequalcunorivolgelorolaparolaperchiarire illorosignificato,essiesprimerannosempreunacosasola,semprelastessa.

Il secondopasso è contenuto nellaSettima lettera. Parlando della propria vita e delle esperienzedolorose vissute alla corte del tiranno di Siracusa, Platone racconta cheDionisio II aveva preteso di

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divulgareinunsuoscrittolapresuntadottrinasegretaplatonica.Sullabasediquestoepisodio,Platonecontestainlineageneraleallascritturalapossibilitàdiesprimereunpensieroserio,ediceletteralmente:« nessun uomo di senno oserà affidare i suoi pensieri filosofici ai discorsi e per di più a discorsiimmobili, com’è il caso di quelli scritti con lettere ».Ancora più solennemente ribadisce poco oltre,ricorrendoaunacitazioneomerica:«Perciòappuntoognipersonaseriasiguardabenedalloscriveredicose serie per non esporle allamalevolenza e alla incomprensione degli uomini. In una parola, dopoquantosièdetto,quandosivedonooperescrittediqualcuno,sianoleleggidiunlegislatoreoscrittidialtrogenere,sideveconcluderechequestecosescrittenoneranoperl’autorelacosapiùseria,sequestièveramenteserio,echequestecosepiùserieriposanonellasuapartepiùbella;maseveramentecostuiponeperiscrittociòcheèfruttodellesueriflessioni,allora“ècertoche”nonglidèi,maimortali“glihannotoltoilsenno”».

Gli interpreti moderni non hanno tenuto nel dovuto conto questi due passi platonici. Si tratta didichiarazionistupefacentiesembrainevitabiletrarnelaconclusionechetuttoilPlatoneanoinoto,cioèilcomplessodioperescrittechesonoisuoidialoghi,esucuisisonobasatisinoraogniinterpretazionediquestofilosofoetuttol’enormeinflussodaluiesercitatosulpensierooccidentale,tuttociòinsommanonera nulla di serio, secondo il giudizio di chi l’aveva scritto.Ma allora tutta la filosofia posteriore, acominciare da Aristotele, in quanto presuppone più o meno direttamente una conoscenza e unadiscussionedegliscrittiplatonici,sarebbeanch’essaqualcosadinonserio?QuestoalmenoèilgiudizioanticipatosudiessadapartediPlatone,datochetuttalafilosofiaposterioresaràqualcosadiscritto.Peril nostro presente scopo restano comunque due cose da osservare: anzitutto che un’interpretazionegeneralediPlatonenonpuòprescinderedaquantosièdetto,einsecondoluogochel’etàdeisapientivacontrapposta,einqualchemodomeritadiesseremessapiùinalto,rispettoall’etàdeifilosofi.

Nel periodo ateniese che segna il passaggio dall’una all’altra epoca, il personaggio di Socrateappartiene più al passato che al futuro. Nietzsche ha considerato Socrate come l’iniziatore delladecadenzagreca.MabisognaobiettarglichetaledecadenzaavevagiàpresoinizioprimadiSocrate,einoltre che costui è un decadente non a causa della sua dialettica, ma al contrario perché nella suadialettica l’elementomoralevaaffermandosiascapitodiquellopuramente teoretico.Socrateè inveceancoraunsapienteperlasuavita,perilsuoatteggiamentodifronteallaconoscenza.

Ilfattochenonabbialasciatonulladiscrittononèqualcosadieccezionale,diconsonoallastranezzaeall’anomaliadelsuopersonaggio,comesipensatradizionalmente,maèpercontroproprioquellochecisipuòattenderedaunsapientegreco.

Platone dal canto suo è dominato dal demone letterario, legato al filone retorico, e da unadisposizioneartisticachesisovrapponeall’idealedelsapiente.Eglicriticalascrittura,critical’arte,mail suo istinto più forte è stato quello del letterato, del drammaturgo. La tradizione dialettica gli offresemplicemente il materiale da plasmare. E neppure vanno dimenticate le sue ambizioni politiche,qualcosache isapientinonavevanoconosciuto.Dall’impastodiquestedotiediquesti istintisorge lacreaturanuova,lafilosofia.L’istintodrammaticodiPlatoneglifaattraversare,comepersonaggiconcuidivolta involta egli si immedesima,molte intuizioni totali, esclusive, talora addirittura antitetiche traloro,dellavita,delmondo,delcomportamentodell’uomo.

La«filosofia»sorgedaunadisposizioneretoricaaccoppiataaunaddestramentodialettico,daunostimolo agonistico incerto sulla direzione da prendere, dal primo presentarsi di una frattura interiorenell’uomo di pensiero, in cui si insinua l’ambizione velleitaria alla potenza mondana, e infine da untalentoartisticodigrandelivello,chesiscaricadeviandotumultuosoetracotantenell’invenzionediunnuovogenereletterario.Neltentativodiraggiungerequestirisultatidifrontealpubblicoateniese,Platonesitrovadifronteunconcorrenteeunavversariodinotevolestatura,Isocrate.Entrambidannolostessonomeaquellocheoffrono,cioèappunto«filosofia»,edentrambiaffermanodimirareaunidenticofine,la«paideia»,ossia l’educazione, la formazione intellettuale emoraledeigiovaniAteniesi.Entrambi

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vogliono sgombrare la « paideia » dai fini particolari e talvolta rozzi che vi avevano mescolato iprecedentisofisti:voglionooffrirelaconoscenzaeinsegnarel’eccellenza.SenonchéinIsocratelastradadivergentedellaretorica,checonGorgiasierastaccatadallamatricedialettica,siètroppoallontanatadall’origine,e luidel restohapersino tradito l’essenzialeoralitàdella retorica, facendodiquestaunapura opera scritta. Nel caso di Isocrate la trasformazione totale della retorica in letteratura fu forsedovutaacircostanzeaccidentali,comeallasuatimidezzadifronteagliascoltatorioalladebolezzadellasuavoce.NotevolecomunqueèlaconvergenzatraPlatoneeIsocrateriguardoaifini,esinoauncertopunto anche riguardo aimezzi. La vittoria arrise a Platone, almeno se giudichiamo dall’influsso sullaposterità:quello cheancoroggi si chiama« filosofia»derivadaciòcheha ricevutoquestonomedaPlatone, e non da Isocrate.La superiorità di Platone sta nell’aver assorbito nella propria creazione ilfilonedialettico,latendenzateoretica,unodegliaspettipiùoriginalidellaculturagreca.Isocraterimaselegatoallasferapraticaepolitica,perdipiùinconnessioneconinteressicircoscrittieimmediati.

Cosìnascelafilosofia,creaturatroppocompositaemediataperracchiudereinsénuovepossibilitàdi vita ascendente. Le spegne la scrittura, essenziale a questa nascita. E l’emozionalità, a un tempodialetticaeretorica,cheancoravibrainPlatone,èdestinataadisseccarsiinunbrevevolgereditempo,asedimentarsiecristallizzarsinellospiritosistematico.Abbiamointesoinsensostrettodidareunquadrodellanascitadellafilosofia.Nelmomentostessoincui lafilosofianasce,noiqui l’abbandoniamo.Maquellochecipremevadisuggerireèchequantoprecedelafilosofia,iltroncopercuilatradizioneusailnomedi«sapienza»edacuiescequestovirgultoprestointristito,èpernoi,remotissimidiscendenti-secondounaparadossaleinversionedeitempi-piùvitaledellafilosofiastessa.