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GIUGNO-LUGLIO 2018 ANNO XXVII NUMERO 236 www.paddock.it EURO 3,00 FORMULA 1 CADONO I TABÙ 24 ORE DI LE MANS FINALMENTE TOYOTA FORMULA 1 CADONO I TABÙ 24 ORE DI LE MANS FINALMENTE TOYOTA Poste Italiane - Spedizione in A. P. DL. 353/2003 (conv in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 DCB Torino - Nr. 236 - Giugno/Luglio 2018 - Editore Promit Srl - c.so Racconigi, 150 - 10141 Torino M. CAMPI

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GIUGNO-LUGLIO 2018ANNO XXVII NUMERO 236

www.paddock.it EURO 3,00

FORMULA 1 CADONO I TABÙ

24 ORE DI LE MANSFINALMENTE TOYOTA

FORMULA 1 CADONO I TABÙ

24 ORE DI LE MANSFINALMENTE TOYOTA

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24 ORE DI LE MANS

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L'edizione 2018 della grande classica è ormai andata in archivio con il risultato ampiamente previsto.Ora si attende con curiosità il 2020,

quando debutterà il nuovo regolamento..

ALLA VIGILIA DEL CAMBIAMENTOALLA VIGILIA DEL CAMBIAMENTO

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presto per prevedere cosaresterà di questa Le Mans2018, anche perché all'oriz-zonte se ne profila un'altra

pressoché identica e molto probabil-mente le due edizioni saranno storica-mente appaiate nei giudizi tecnici esportivi. È andata come doveva andare,anche perché stavolta sembrava difficileil contrario. E non è certo un ineditonella lunga vicenda della 24 Ore, vistoche edizioni nettamente dominate da unsolo team ufficiale (o quasi) contro unostuolo di volenterosi privati ce ne sonostate in passato, e sempre ce ne saran-no. Le Mans è l'unica gara che può per-mettersi di essere noiosa. A Le Mans, si dice, vince la 24 Ore ed èverissimo. Chi si aspettava uno svolgi-mento simile a quello dell'edizione 2017è rimasto deluso, compresi i complotti-sti che sui social e sui vari siti hanno subitolasciato intendere che il risultato finale fos-se stato stavolta manipolato dal teamToyota a beneficio di Fernando Alonso.Delresto non sarebbe certo un fatto nuovo:la Formula 1 campa da anni su manfrinee pastette più o meno legalizzate e nes-suno proferisce parola. Semplificandomolto, si può dire che ha vinto il teampiù organizzato e quello con la macchina

migliore, punto. Senza pressioni, d'accor-do, e senza alcun accenno a lotte fratri-cide, ci mancherebbe. Toyota si è limita-ta ad andare sul sicuro, raccogliendo ifrutti tardivi di un impegno di lunghissi-mo respiro, costellato fino a quest'annodi delusioni e di disavventure paradossa-li. E ora che anche il costruttore giappone-se è entrato nell'albo d'oro di Le Mans, an-dando a far compagnia alla Mazda, ci si puòpreparare a un'edizione-fotocopia nel2019, visto che nessuno potrà realistica-mente contrastare lo strapotere delleTS050 ibride. Ventesimo tentativo uffi-ciale, stavolta è andata: se non altro peri numerosi collezionisti di modellini lapresenza di una TS050 nelle loro vetrinespezzerà la monotonia di tante Porschee Audi, anche se la livrea della vetturanipponica non è niente di speciale. Perun'occasione come la 24 Ore di LeMans il team favorito poteva inventarsiqualcosa di meno triste ma tant'è. Una classe, la LMP1, che malgrado l'as-senza di concorrenti seri per le Toyota,ha proposto uno schieramento di ottoaltre vetture, non ibride, rappresentatiquattro costruttori: Rebellion, Ginetta,BR e Enso. A parte quest'ultima, vista erivista in precedenti edizioni, le altreerano tutte inedite per Le Mans e ciò è

stato un buon segno. Poca possibilità dimettersi realmente in luce e, come mas-simo risultato, il terzo gradino del podioper la Rebellion-Gibson R13 diBeche/Laurent/Menezes, dietro le Toyota,lo ridiciamo per la cronaca, tanto ormailo sanno anche i muri, di Alonso, Buemi,Nakajima e Conway, Kobayashi e Lopez. Nonostante l'effettiva mancanza di su-spence, il pubblico ha onorato questa LeMans con una massiccia presenza, a di-mostrazione che la corsa ha un fascino edei significati che vanno ben oltre leclassifiche sportive. Adesso Toyota ha la possibilità di bissareil risultato del 2018 ma sarà anche dellapartita nei nuovi scenari dell'endurance,che - si spera - riporteranno le lancettedegli orologi indietro al 1999 (o al 1995,dice qualcuno) e la prospettiva ha il suofascino e probabilmente porterà a unanuova esaltante era. Casomai sarà da ve-rificare come tutto ciò si porrà nei con-fronti dei regolamenti in vigore negliStati Uniti, dove peraltro le difficoltà diequiparazione fra le LMP2 e DPI sonoevidenti e la mancanza di una vera clas-se regina, capace di prestazioni più spet-tacolari si fa sentire. Qualcuno, per la ve-rità, ha suggerito di seguire la stradadell'Imsa, permettendo alle Case ufficiali

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di gestire sotto il proprio nome le DPI eappaiandole a delle super-LMP2 comeclasse di punta. Soluzione, questa, mai di-gerita dall'Aco che ha preferito percorre-re la via delle supercar che alcuni voglio-no assimilare alle GT1 di fine anniNovanta. Non è proprio tecnicamentecosì e magari in altra sede spiegheremo ilperché, ma il concetto grosso modo èquello. La 24 Ore di Le Mans di quest'an-no sarà ricordata anche per delle presta-zioni sostanzialmente prive di errori inogni classe: in LMP2 la squalificadell'Oreca-Gibson 07 del G-Drive Racingha rimescolato le carte. Ma, ironia dellasorte, anche senza le modifiche che sonocostate l'esclusione al team russo, la vet-tura non avrebbe avuto problemi a im-porsi. Nessun errore, comunque, l'hacommesso il team Signatech AlpineMatmut, secondo con un bel trio di piloticomposto da Lapierre/Negrao/Thiriet. Pochissimi o nessuno svarione nemmenoin classe GTE-Pro: a parte le polemichesul BoP, le Porsche non hanno avuto trop-pe difficoltà a imporsi su una concorren-za teoricamente agguerrita e numerosacome non mai. Le 911 RSR ufficiali hannosaputo approfittare al meglio anche delleentrate delle safety car, impostando unastrategia vincente fin dalle prime fasi digara. Il successo della Porsche è statocompletato dalla prima posizione in clas-se LM GTE Am della vettura delDempsey Proton Racing, pilotata dal gio-vanissimo Julien Andlauer, Matt Campbell

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Dopo delusioni e disavventure, la Toyota è riuscita quest'anno a iscrivere il suo nome nell'albo d'oro di Le Mans, con buone probabilità di fare il bis nella prossima edizione che nel 2019 chiuderà la SuperSeason del WEC. Come da pronostico, dopo la pole ottenuta da Nakajima, ha vinto con la TS050 n.8 che vedeva in equipaggio anche Buemi e Fernando Alonso, tornato a sorridere e sprizzare felicità come non gli accadeva da anni in Formula 1.

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La classe LMP1, nonostante l'assenza di veri concorrenti per le strapotenti Toyota, ha visto schierate otto altre vetture non ibride con le inedite Rebellion, che si sono aggiudicate il terzo e quarto posto, le Ginetta e le BR1 (in alto a destra). Tra le LMP2, la prima a tagliare il traguardo è stata la Oreca 07 - Gibson n.26 del G-Drive (al centro a destra) ma, squalificata nel dopo gara, ha dovuto cedere il primo gradino del podio di classe alla Signatech Alpine A470 n.36.

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e Christian Ried: a proposito di quest'ulti-mo, si tratta di uno dei tanti innamorati diLe Mans che hanno inseguito a lungo ilsuccesso senza raggiungerlo. Dopo una prima partecipazione nel 2006col team Sebah, Ried non aveva mancatoun'edizione dal 2011 e questo successo èil giusto coronamento di una passionelunga una vita. Le Mans 2018 è stata an-che la gara di tanti personaggi: dei giovanitalenti che si sono mescolati a piloti digrande esperienza e richiamo. Nella pri-ma categoria come nella seconda c'èl'imbarazzo della scelta: sentiremo ancoraparlare di Thomas Laurent, eccellente inLMP1, così come di Andrea Pizzitola, lasqualifica della cui vettura niente toglie aciò che ha dimostrato durante la gara. InGT potremmo citare un Matteo Cairoli,meritevole di un un programma ufficialeche speriamo non tarderà a arrivare; il giàcitato Julien Andlauer, vincitore di classe alsuo debutto a Le Mans è un altro da te-nere d'occhio, così come un ulteriore pi-lota della grande famiglia Porsche, MattCampbell, uno dei migliori prodotti delsempre valido vivaio australiano. Accanto a loro - quasi sempre disponibi-lissimi per il pubblico - Jenson Button,Fernando Alonso, Juan-Pablo Montoya enon meno di altri ventuno ex-piloti diFormula 1 hanno preso parte alla gara,otto dei quali hanno concluso a podio.Questa è la dimostrazione palese che a li-vello sportivo, la 24 Ore di Le Mans rap-presenta la quadratura del cerchio del-l'automobilismo mondiale. A margine di tutto questo, una coreogra-fia difficile da eguagliare, e un'organizza-zione che probabilmente in questi ultimianni si è liberata di assurde pastoie chesovente facevano inceppare la grandemacchina in moto per una settimana. Una miglior gestione generale dell'eventoha creato anche meno ingorghi e menoinutili perdite di tempo non solo al pub-blico ma anche agli addetti ai lavori. LeMans si sta evolvendo: si è evoluta la salastampa, ora più efficiente e in mano apersonale più competente, si è evoluta lagestione di eventi collaterali come la pa-rata dei piloti il venerdì sera, senza chel'evento abbia dovuto soffrire più di tantodi una perdita di genuinità. Quella, caso-mai la vedi nella sempre crescente stan-dardizzazione del contorno, che già non èpiù quello dei primi anni Duemila. Ma il fascino anche storico dell'eventonon è in discussione e questo lo sannoanche i costruttori, soprattutto quelli che

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Spettacolo e colore hanno caratterizzato la notte e il giorno anche di questa edizione della 24 Ore di Le Mans che ha visto al via anchemolti piloti provenienti dalla Formula 1, da Alonso a Jenson Button,da Felipe Nasr a Will Stevems, Paul Di Resta, Juan Pablo Montoyae Antonio Giovinazzi che è sceso in pista nella classe LMGTE Procon la Ferrari 488 dell'AF Corse condivisa con Vilander e Derani.

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a Le Mans hanno costruito gran partedelle loro fortune sportive di questi ulti-mi decenni: non è un caso se la Porscheha voluto celebrare il suo straordinariolegame con la 24 Ore colorando due del-le 911 RSR ufficiali con livree storiche,quella della 917/20 di Le Mans 1971 (lacosiddetta Pink Pig) e quella che caratte-rizzò le 956 e 962C Gruppo C degli anniottanta. Quanto alla prima, l'operazionemediatica e commerciale è stata delle piùastute: la livrea del maialino rosa è diven-tata virale nel giro di poche ore e ben pri-ma del sabato mattina le magliette rosacon i trattini e i nomi rossi poste in ven-dita a diciannove euro nello standPorsche del villaggio erano già andateesaurite. Anche questa è Le Mane e gliappassionati lo sanno bene. Certo l'edizione 2018 della 24 Ore di LeMans ha sollevato (e confermato) inter-rogativi che andranno risolti in questa purprovvisoria stagione agonistica 2018-2019, in primis l'esigenza di un BoP menomacchinoso e, diciamolo pure, ingiustoper la GT e di regole meno penalizzantiper i team privati della LMP1. Detto questo, il divario tecnico fra leToyota e il resto delle LMP1 è enorme eanche se dovesse diminuire, le vetturegiapponesi non faranno mai eccessiva fa-tica a imporsi. Criticate da team e pilotianche le nuove norme sui pit-stop e latendenza a far intervenire troppo spessola safety car anche in situazioni che par-rebbero non strettamente necessarie. IIn generale la speranza è che dal punto divista del controllo e della gestione sporti-va la 24 Ore di Le Mans non finisca peressere vittima di quelle regole che hannoreso la Formula 1 così noiosa e isterica,

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Esclusa la vettura del G-Drive, la vittoria in LMP2 è andata all'Alpine, ma tra leprotagoniste ci sono state anche le Dallara P217 tra cui la n.47 del Cetilar Villorba(a sinistra in alto) che alla seconda partecipazione è riuscita nuovamente a portarea termine la maratona francese, chiudendo al diciannovesimo posto, dopo avere“ricostruito” la vettura seriamente incidentata nel corso delle prove.

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Dominio tra le GT della Porsche che si è aggiudicata sia la classe Pro, con la "Pink Pig"n.92 di Christensen, Estre e Vanthoor, sia la classe Am con la vettura n.77 del DempseyProton Racing affidata al giovane Julien Andlauer, Matt Campbell e Christian Ried.Tra le Pro, battuta anche dal BoP, la Ford GT si è dovuta accontentare del terzo posto, mentre la Ferrari, solo quinta di classe con Vilander, Giovinazzi e Derani, ha conquistato il secondo posto in AM con Fisichella, Castellacci e Flohr.

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Dopo tanti tentativi andati a vuoto il sogno si avvera:allo scadere delle 24 ore le due Toyota numero otto enumero sette tagliano vittoriose il traguardo della24 ore di Le Mans, edizione 2018.

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Grandi festeggiamenti in casa Toyota per la vittoria, dopo venti tentativi, ottenuta nella 86esima edizione della 24 Ore di Le Mans con il "pronosticato", ma meritato, successo anche di Alonso.

oltre che incomprensibile ai più. "Più" che,a latere, costituiscono l'essenza di una ga-ra come la 24 Ore di Le Mans, che in no-me di una migliore organizzazione nondovrà perdere se stessa, sacrificandosisull'altare del politicamente corretto. Il pubblico che così generosamente ri-sponde al richiamo di questo evento de-ve tornare a casa con la sensazione diaver ricevuto qualcosa in cambio. Già datempo, per chi non ha accrediti e lascia-passare vari, il paddock di Le Mans è qual-cosa di abbastanza impervio. Utilissimoper chi ci lavora (per quanto i limiti stianocrescendo per tutti), difficile da capire equasi irritante per chi è semplicementealla ricerca di un autografo. Sicuramente le varie pit walk e sessioni diincontro con i piloti contribuiscono al va-lore aggiunto dell'evento, ma la vera sfidadel futuro, a livello organizzativo, saràquella di trovare il giusto equilibrio fra si-curezza e autenticità. Ora il campionatoprosegue, per affrontare circuiti di grandefascino, come i tracciati storici di Silverstoneo Sebring, da dove l'endurance di matriceeuropea manca dal 2012 (ma il Wec cor-rerà separato dall'Imsa!). Le Mans 2019sancirà la fine di questa lunga stagione,una stagione fatta di inevitabili compro-messi e di scelte obbligate.

Testo: DAVID TARALLOFoto: M. Campi, Archivio Michelin