nuovo manuale di storia del teatro alonge

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  • 8/17/2019 Nuovo Manuale Di Storia Del Teatro Alonge

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    STORIA DEL TEATRO.

    Nuovo manuale di storia del teatro.

    Quell ’ oscuro oggetto del desiderio. R. Alonge

    UTET 

    Riassunto a cura di Dario ApicellaStoria del teatro e dello spettacolo

    E. Buonaccorsi – Primo anno, D.a.m.s. (feb. – mag. 2013)

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     IL TEATRO GRECO

    Origine del teatro: Aristotele (384-322 a.C.) nella sua poetica ci dice che la tragedia nascerebbe“da coloro che intonano il ditirambo”, il canto in onore di Dioniso, dio del vino. Il teatri nasce cioèin connessione con la religione, al culto di Dioniso e forse ad ancora più primitivi riti di fecondità.Ad Atene gli spettacoli sono inseriti durante le feste in onore di Dioniso ma nelle tragedie la

     persona di Dioniso non è particolarmente presente. Si ipotizza un progressivo allargamentotematico per giungere ai personaggi che dominano il teatro del quinto secolo a.C. (quelli omerici,Teseo, Ippolito, Ercole, Edipo, Fedra, Medea, ecc.)

    La parola “tragedia”:  dovrebbe voler dire “canto del capro” forse in riferimento agli uomini-capro, satiri, cui era affidata la celebrazione dorale del dio Dioniso. In origine c’è il Coro che canta

    da cui successivamente si stacca il Corifeo (capo del coro), cominciando a dialogare con il Coro,diventando un personaggio autonomo. Questo spiega l’ampio spazio che ha il Coro nei 32 testitragici che ci sono rimasti. In particolare in quelli più arcaici di Eschilo (525-456 a.C.)

    Significato della parola teatro: l’evento teatrale è soprattutto uno spettacolo, come mostral’etimologia della parola teatro, dal verbo “theáomai”, “guardare”. C’è teatro nel momento in cuiqualcuno guarda e qualcuno è guardato, se c’è lo spettatore e se c’è l’attore.

    L’edificio teatrale greco: vedi appunti Sinisi-Innamorati

    Lo spazio di azione del coro e gli attori: il Coro danza e canta mentre l’attore recita anche se sono

     possibili sezioni della tragedia in cui l’attore canta e il Coro recita. Secondo le ipotesi sia il coro chegli attori agivano nello spazio tra l’orchestra e la  skenè, senza separazioni. Almeno nel quintosecolo gli attori non stanno sul palcoscenico, nemmeno su una pedana bassa, ma operano allo stessolivello-terra in cui opera il Coro.

    Il coro: composto prima da 12 poi da 15 persone (coreuti) si pone, soprattutto nelle stagione piùantica, come un vero e proprio personaggio e non si limita a commentare la vicenda (vedi Persiani di Eschilo)

    L’attore: inizialmente c’è un solo attore; Eschilo avrebbe introdotto il secondo attore e a Sofocle(circa 496-406) è atrribuito l’inserimento del terzo utilizzato anche da Eschilo nelle sue ultime

    opere. Sono sempre maschi, secondo un pregiudizio antifemminista, e sarà così – con qualcheeccezione – sino alla scena elisabettiana e a Shakesperare. In greco l’attore è chiamato hypokrités,“colui che risponde”, colui che risponde al coro, ma nelle lingue neo-latine diventa “ipocrita” cioèqualcuno che mente, che dice le parole di un altro, che assume falsamente le sembianze di un altro.

    La maschera: una caratteristica del teatro greco è data dalla presenza della maschera (posta sulvolto degli attori e dei coreuti). Essa ha sicuramente un legame con l’origine religiosa dellatragedia. Nelle società primitive alla maschera compete una funzione rituale, consente di diventarealtro da sé (animale, mostro, dio, eroe). La maschera ha tuttavia anche funzione pratica:-  facilita l’identificazione dell’attore con il personaggio, necessaria in un teatro che raggiungeva

    sicuramente i 15.000 spettatori;

    -  consentiva al numero ridotto degli attori (al massimo tre) di sostenere più parti,complessivamente anche una decina. Il perché di un numero così limitato di attori potrebbe

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    STORIA DEL TEATRO.

    Nuovo manuale di storia del teatro.

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    E. Buonaccorsi – Primo anno, D.a.m.s. (feb. – mag. 2013)

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    essere spiegato dal fatto che era lo Stato a pagare gli attori, e dunque, mene erano, meglio era.Senza contare che dovevano possedere abilità diverse (dal canto alla recitazione), non facili darintracciare in numerosi individui.

     Non abbiamo documentazione su come doveveno essere le maschere del quinto secolo, ma noncoincidono di certo con quelle dell’epoca ellenistica (calcolata a partire dalla morte di AlessandroMagno, 323 a.C.) e romana, caratterizzate da grandi bocche spalancate, atteggiate in modo caricatoa rappresentare dolore, o gioia nel caso delle maschere della commedia.

    L’autore: i primi autori erano anche attori, oltre che registi dello spettacolo per usare un termineimproprio. Sofocle dovette rinunciare presto alla carriera di attore a causa della sua scarsaemissione vocale. Di qui probabilmente la mancanza di didascalie nei testi greci, a differenza dioggi: l’autore, contemporaneamente regista, non ha bisogno di segnalare didascalie funzionali allamessa in scena, anche perché in origine le tragedie venivano rappresentate una volta sola.

    I costumi:  le raffigurazioni vascolari del quinto secolo attestano la mancanza di imbottitureartificiose o di coturni, calzari, che appartengono all’epopca ellenistica. I costumi quindi, in origine,non sono molto differenti da quelli in uso normalmente dalla gente, con un ovvio margine distilizzazione (riduzione all’essenziale).

    Effetti scenici prodotti da specifici artifici: vedi appunti Sinisi-Innamoratio.-  “Deus ex machina” intervento risolutore del dio che compare per mezzo di un marchingegno.

    Medea di Euripide (circa 480-406) la protagonista fugge alla fine con i cadaveri dei figli su uncarro volante messo a disposizione dal Sole (mechanè, una sorta di gru che solleva gli attori)

    -   Ekkùklema, macchina che doveva proiettare all’esterno l’esito di un’azione svolstasi all’interno,

    dentro il palazzo o la casa, mostrando per esempio i cadaveri (da escludere la sua esistenza nelquinto secolo).

    Il senso del teatro per i greci: non si tratta di una forma di professionismo teatrale, di un’impresacommerciale.-  In quanto feste religiose cittadine, le Grandi Dionisie erano organizzate direttamente dallo Stato

    ateniese, che provvedeva a pagare autori e attori.-  Le spese del Coro erano assunte da ricchi cittadini privati (come forma di tassazione sulle

     persone abbienti, non essendo previste tassazioni sulle proprietà).-  Il biglietto d’ingresso era rimborsato dallo stato ai cittadini che ne facevano domanda.-  Lo stato quindi si assumeva il peso dell’iniziativa culturale, ovviamente in perdita, perché

    riconosceva la  funzione civile  del teatro, come modo di cementare la comunità che si reca ateatro nella sua pienezza: cittadini, servi, uomini e donne (marginalizzate nella vita quotidianadella civiltà greca).

    -  A teatro la comunità vede riflessi i miti del proprio patrimonio culturale e mitologico.

    Le gare a premio:  gli spettacoli teatrali si inserivano in una struttura agonale fra tre autori,ciascuno dei quali faceva rappresentare, in un giorno, una tetralogia, composta da tre tragedie e daun dramma satiresco (forma burlesca, che prevedeva la presenza dei satiri, con funzione dialleggerimento. Il Ciclope di Euripide e l’unico dramma satiresco che ci sia pervenuto.Ci è giunta una sola trilogia tragica, l’Orestea di Eschilo, che presenta una concatenazione organica:-   Agamennone tratta l’uccisione di A. ad opera di sua moglie Clitemestra o Clitemnestra;

    -  Coefore che presenta l’omicidio di Clitemnestra e del suo amante ad opera di Oreste, figlio diAgamennone;

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    -   Eumenidi  che si concludono con l’assoluzione di Oreste dal peso di aver ucciso la propriamadre.

     Non sempre le trilogie erano così organicamente concatenata, potevano ridursi a tre distinte ediverse tragedie. Non sappiamo quanto durasse la rappresentazione di una tetralogia, forseabbastanza per giustificare gli intervalli necessaria ai cambi di scena e l’altra della tetralogia oall’interno di una stessa tragedia.Erano previsti premi al miglio autore, al miglior attore, al miglio Coro.

    Le regole aristoteliche dell’unità di tempo e di luogo: la ripresa classicista che si ha con ilRinascimento italiano, ci ha abituati a pensare alle regole aristoteliche, frutto di uno sforzo dicodificazione (ridurre a legge, norma) da parte dei teorici del Cinquecento. In realtà nella suaPoetica, Aristotele non detta delle norme; si limita a prendere atto di ciò che nei fatti accadeva belletragedie che leggeva (molte di più delle 32 giunte fino a noi). Nella maggior parte di esse la vicenda

    si svolgeva in un luogo fisso, senza cambiamenti di scena; e si svolgeva “entro un solo volgere delsole” (da intendere come lassi di 24 o più probabilmente 12 ore). Nei fatti non sempre avviene inquesto modo. I teorici del Cinquecento trasformano quella che in Aristotele era una sempliceconstatazione (con eccezioni) in obbligo, in criteri normativi e rigidi, validi sia per la tragedia che

     per la commedia, sopravvissuti in Italia e Francia sino alla rivoluzione romantica.

    Anche la divisione in cinque atti della tragedia non risale ad Aristotele. Le tragedie del quintosecolo non presentavano struttura regolare di scansione di parti o atti tra attori e coro. Lacodificazione dei cinque atti sembra imporsi in ambito ellenistico. Il poeta latino Orazio (65 a.C.-8a.C.) nella sua  Ars poetica prescrive che “non sia più breve né più lungo di cinque atti il dramma( fabula) che vuole essere richiesto e messo in scena per una seconda volta”. La scansione in cinque

    atti è implicita in Plauto e Terenzio e diventa esplicita nella teorizzazione classica del Rinascimentoitaliano.

    I contenuti della tragedia.

    -  Tutti e tre i grandi tragici attingono allo stesso materiale drammaturgico, al patrimonio culturaledegli eroi e delle eroine.

    -  La società greca del quinto secolo partecipa vivamente al rito poiché in esso ritrova un momentodi consonanza profonda, marcando con forza la propria identità.

    -  Soltanto il mondo greco, così laico, privo cioè della fede in una giustizia divina che assicurinell’aldilà premi e castighi (civiltà ebraico-cristiana) poteva inventare la tragedia, che ha alcentro il tema del dolore e della sofferenza, come conseguenza di una colpa o anche solo di un

    errore, o comunque di un destino imperscrutabile chiamato  fato. Edipo fa di tutto per sfuggirealla profezia che lo vuole uccisore del padre e marito di sua madre, ma non riesce a sottrarsiall’evento terrifico e soccombe ad esso. Aristotele individua come modello di tragedia perfetta

     Edipo re di Sofocle.-  I personaggi tragici si collocano ad “un alto livello di fama e prosperità” per dirla come

    Aristotele: uomini famosi, aristocratici. Egli dice che la tragedia mette in scena uomini“superiori” a quelli della realtà, e la commedia uomini “inferiori” Dal punto di vista sociologicoi protagonisti della tragedia sono tutti re, principi, condottieri, nettamente al di sopra del livellodi popolani, artigiani, mercanti che costituiscono il nerbo della democratica società ateniese chesancisce il trionfo della forma-tragedia.

    -  Aristotele definisce la tragedia come “imitazione di un’azione di carattere elevato e completo”,

    “in un linguaggio condito di ornamenti”, “che si svolge attraverso persone che agiscono e nonattraverso una narrazione”, “che produce mediante pietà e terrore, la catarsi di questi

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    sentimenti”. Il termine catarsi viene spesso usato da Aristotele nel senso medico-fisiologico di purificazione. La catarsi di cui parla Aristotele è relativa unicamente alle due passioni citate, pietà e terrore, e solo a quello. Non si dice affatto che la tragedia abbia funzioni liberatoria o di purificazione delle passioni, con tutte le connotazioni morali e religiose alla ricerca di unagiustificazione morale della tragedia. La catarsi è per un verso il motore della crisi, per l’altrol’elemento risolutore della crisi stessa. La tragedia induce pietà e terrore dinanzi alle sventureche colpiscono i protagonisti in cui ci immedesimiamo, perché in qualche modi ci assomigliano,ma quel protagonista è comunque avvertito come appartenente a un’altra razza di uomini, a unarazza superiore, che si può concedere degli eccessi, delle trasgressioni.

    -  Tutti gli intrecci delle tragedie che ci sono pervenute trattano vicende estreme. La civile edemocratica società ateniese è segretamente e inconfessabilmente affascinata da queste storie dieccessi, di violenza all’interno della famiglia, di incesti, di brutalità. La tragedia èessenzialmente il prodotto di una cultura specificamente ateniese che ha inventato e praticato un

    regime di governo democratico. Fra pubblico ateniese e protagonisti del patrimonio tragico(aristocratici o di stirpe regale) c’è distanza, ma la distanza giusta che consente il  transfert , la proiezione. I personaggi aristocratici delle tragedie sono la proiezione di desideri trasgressiviche i membri della società ordinata, civile, democratica, possono solo sognare, e che non

     possono consentirsi di praticare.-  Una lunga tradizione critica ha ritenuto di vedere in Aristotele il fermo difensore del valore

    letterario del testo teatrale, come se per lui contasse essenzialmente il testo teatrale e non già lasua messinscena. Dobbiamo tenere conto che la  Poetica è stata scritta tra il 334 e il 330 a.C.nello stesso periodo in cui Licurgo fa preparare un’edizione canonica dei tragici in cui siraccoglie il meglio dei massimi autori per arginare le troppe libere interpretazioni degli attori.Se infatti originariamente le tragedie erano recitate solo una volta, al momento del concorso

    tragico, in seguito furono replicate generando invadenze attoriche. E’ necessario avere presentequesta specie di supremazia della dimensione spettacolare rispetto a quella letteraria per capireil senso della poetica di Aristotele il quale riconosce chiaramente le qualità di fascinazione delteatro, intendendo per teatro la sua realtà integrale e complessa e molteplice fatta di testo, attori,danzatori, musicanti e scenografi. Egli ci informa che è stato Sofocle a introdurre per primo

     skenografian “la decorazione della scena”.-  Aristotele enumera le sei parti costitutive della tragedia: favola, caratteri, elocuzione, pensiero,

    musica e ópsis (rappresentazione scenica, vista…) che contiene gli altri cinque. Aristotele parlaanche di ordine della rappresentazione scenica, lo spettacolo è insomma una macchina ordinata.

    Euripide: nel più giovane e più moderno (per così dire) dei tre tragici, Euripide si avverte un clima

    in parte cambiato, più disincantato rispetto agli antichi valori. Euripide è in anticipo sui tempi e inqualche modo dissacrante.-  In E. la presenza della divinità è un fatto formale. I-  l suo interesse si concentra sulla figura umana, sulle motivazioni psicologiche, sentimentali, del

    suo agire. Ci sono forze oscure che si annidano dentro l’animo umano.-  Fedra tenta disperatamente di reprimere le pulsione profonda che la lega al figliastro Ippolito e

    si uccide per testimoniare la propria resistenza.-  In altri casi Euripide sperimenta il lieto fine,  che non prevede la tradizionale conclusione

    luttuosa.-   Ifigenia in Aulide, fra le ultime opere dell’autore, dove il protagonista è il solito Agamennone

    ma presentato come inadeguato al proprio ruolo di condottiero… (vedi analisi di Alonge da

     pag.11 a pag 17).

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    La commedia.

     Non meno della tragedia esprime lo spirito profondo della società ateniese anche se il suo pienoaffermarsi è delle seconda metà del quinto secolo. Accanto alle Grandi dionisie, dedicate allatragedia, abbiamo le feste minori delle Lenee, sempre in onore di Dioniso, collocabili verso finegennaio, riservate alla commedia le cui origini vanno di nuovo ricercate nelle cerimonie di fertilitàdel mondo arcaico che deve assicurarsi la sopravvivenza attraverso la moltiplicazione di animali emessi. Il termine commedia discenderebbe da kómos, corteo festivo. Per la  Poetica  la commediaderiva “da coloro che guidano le processioni falliche”. Il legame tra sessualità e abbondanza efacilmente percepito dalla mentalità primitiva. La comunità crede di influire sul ciclo naturale conrituali che esaltano il fallo, simbolo di fertilità, tra scherni e risa grossolane.La commedia è divisa in “antica” rappresentata da Aristofane (circa 450-385 a.C.), “di mezzo” e“nuova” del tardo quarto secolo rappresentata da Menandro (circa 342/341-293/292 a.C.).-  La commedia di Aristofane presenta trame molto vaghe, quasi inesistenti: un semplice filo

    intorno al quale si annoda tutta una serie di spunti satirici, spesso pesantemente scurrili, i qualicolpiscono i temi dell’attualità (politica, sociale, culturale…). Gli attori non impersonano ciòche solitamente intendiamo come  personaggi, come  caratteri, ma piuttosto delle figure

     buffonesche. Siamo più vicini alla nostra rivista di qualche decennio fa che alla nostracommedia.

    -  Di Menandro ci è rimasta una sola commedia completa, “Il misantropo”,

    IL TEATRO LATINO

    La commedia.

    Menandro è stato largamente ripreso dai latini:

    -  Plauto (circa 255-184 a.C.) in cui si riscontra una vivacità farsesca e una duttilità satiricanotevole.-  In Terenzio (circa 190/185-159 a.C.) c’è maggior raffinatezza psicologica dei personaggi, che

    risultano meno schematici di quelli plautini.-  Essi definiscono un modello che si esalta nella commedia italiana del Rinascimento e che arriva

    sino al settecentesco Barbiere di Siviglia.-  Dominante è la dimensione domestica, urbana con al centro la storia d’amore di un protagonista

    giovane, contrastato dai genitori.-  Alla fine scatta il meccanismo della agnizione, cioè del riconoscimento (padri che ritrovano figli

    rapiti; fanciulle di origine incerta che scoprono di essere di ottima famiglia).-  Sostanzialmente il teatro latino ripete i modi e i contenuti del teatro greco, ma con un margine di

    estraneità. Il teatro era legato per i Greci ai valori dell’intera comunità. Pere i Romani non ebbemai questo rapporto di profonda adesione alla vita sociale, fu un fenomeno di importazione cheinteressava un’élite culturalmente più raffinata e sensibile al fascino della civiltà greca.

    -   Non a caso la tragedia, la cui struttura drammaturgica è più connessa alla matrice religiosa, fu praticamente trascurata dai Romani.

    -  Una certa fortuna ebbe invece la commedia, per il suo taglio di rappresentazione comica dellavita e dei costumi.

    La tragedia.

    -  Un posto a parte merita Seneca (circa 5 a.C. – 65 d.C.) filosofo e autore di una serie di tragedieletterarie, scritte cioè per essere lette piuttosto che recitate (sebbene non manchino studiosi

    convinti che fossero anche recitate). Ritornano i temi della tragedia greca, ma con

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    un’angolazione nuova, esasperata, che attinge al macabro, al mostruoso (Seneca morirà suicida per ordine di Nerone).

    Il teatro classico, quello greco soprattutto, fonda un modello di drammaturgia che resta decisivonella storia dello spettacolo occidentale. Oggi assistiamo ad una riscoperta polemica della gestualitàcontro il teatro di parola, ma è appunto con i Greci che nasce questo teatro che privilegia il dialogo,il racconto (piuttosto dell’azione).Altri elementi come la semplicità della trama. Il numero limitato di personaggi, la separazione deglistili (tragico-comico), le unità di tempo e di luogo, esercitano invece la loro influenza sul filoneeuropeo italiano e francese più legato alla tradizione classica.

    LA SCENA MEDIOEVALE

    Un’epoca senza teatro.Con la dissoluzione dell’impero romano viene meno l’assetto culturale della società, gli edificiteatrali vanno in rovina e con loro l’idea di teatro che viene distrutta non solo dalla disgregazionedelle forme culturali ma anche da una durissima campagna contro il teatro e contro lo spettacolomessa in atto dai Padri della Chiesa e poi dalla Chiesa ufficiale per tutto il Medioevo e oltre.Gli edifici teatrali vengono abbandonati ma resta una spettacolarità di strada costituita dallemodeste performance di “mimi” e “histriones” ovvero acrobati, giocolieri, musici, danzatori,addestratori di animali. In un epoca considerata  senza teatro  sono loro, e successivamente i“giullari” medioevali, a mantenere in vita una qualche forma di spettacolarità che tuttavia non sifonda sul personaggio e sul concetto di rappresentazione.

    Il giullare -  sa usare il proprio corpo in maniera acrobatica, sa raccontare una storia affascinando il pubblico,ma poco più di questo.

    -  Il giullare è un affabulatore, è in grado di raccontare una storia, anche di drammatizzarla, prestando la sua voce a questo o a quell’interlocutore, ma non rappresenta, cioè non scomparedietro ai personaggi come fa solitamente l’attore. E’ ragionevole supporre che il giullare,monologando arriva a drammatizzare storie che appartengono alla cultura del tempo (vite deisanti, episodi biblici, chansons de geste ecc.) in riferimento ad una memoria orale e non tanto aun testo scritto.

    -  E anche quando si può parlare di un testo scritto e chiaro che non si tratta di un copione, insenso moderno. Il processo non è quello che porta dal teatro scritto alla sua rappresentazione. Il

     processo è quello di una  performance che può implicare anche dati scritti rielaborati peròdall’interprete. Esattamente come avverrà con la Commedia dell’Arte, che non ignora canovaccie generici, ma tutti riporta alla capacità attoriale de comico.

    L’ostilità della Chiesa.

    -  Si assiste ad una perdita dell’idea di teatro a cui contribuisce in maniera decisiva l’attaccoviolento che la Chiesa cattolica, attraverso i padri della chiesa (scrittori e teologi vissuti fino alnono secolo) porta al teatro negli ultimi secoli della romanità, quando la dimensionespettacolare si è peraltro ridotta a combattimenti fra gladiatori o fra questi e animali feroci.

    -  Tertulliano (160-220 circa)  sottolinea il legame fra spettacolo e divinità pagane (forma diidolatria) ma più specificamente il legame fra teatro e Venere che influenza le arti sceniche. Ciò

    che si riferisce al gesto, alla flessione del corpo, consacra la dissolutezza a Venere. Gli attorisono paragonati alle prostitute perché fanno mercimonio del proprio corpo.

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    -  I padri della chiesa mettono a fuoco il rapporto di seduzione che lo spettacolo intrattiene con il pubblico. Il vizio colpisce l’anima attraverso i cinque sensi e quindi anche attraverso la vista.C’è in certi scritti una vera e propria ossessione dello sguardo.   Lattanzio  (250-324 circa)

     polemizza contro “gli istrioni” che con i loro effeminati corpi, in abiti e comportamentirammolliti, simulano femmine impudiche con gesti disonesti”. Peggio ancora avviene a

     proposito dei “mimi” che nel modo romano, unico caso nell’antichità, vedono la presenza sullascena di mimi-donne che procedono a veri e propri strip-tease.

    -  Lo spettacolo ha grandi potenzialità di fascinazione e tocca in profondità l’anima dellospettatore. Per la Chiesa è la radice stessa del teatro ad essere diabolica. L’attore è, perdefinizione, colui che mente, che ammalia per la sua abilità di essere quello che non è, etrasformarsi in altro da se. Egli falsifica la voce, il sesso, l’età, finge amore, ira, gemiti, lacrime.Secondo Tertulliano “Ciò che è naturale è opera di Dio, per cui ciò che è fatto artificiosamente èaffare del diavolo”. Il diavolo stesso si è posto come il primo attore dell’umanità camuffandosi

    da serpente per tentare Eva. -  Ciò non toglie che la Chiesa si renda conto, a poco a poco, dell’importanza del pieno possesso edell’uso di certe tecniche  giullaresche. Si raccomanda ai predicatori di non comportarsi comegiullari; ai monaci di pregare con attitudine religiosa e non con gusto dello spettacolo. Ma

     predicatori e monaci vanno assumendo abilità e tecniche spettacolari perché hanno capito cheesse posseggono una grande forza di attrazione rispetto al pubblico dei fedeli e sono evidenti isegni di una  spettacolarizzazione delle predicazioni.. Lo stresso Francesco d’Assisi  (1181-1226) si fa “giullare di Dio”. 

    -  Per la cultura cristiana medioevale non c’è la nozione di teatro ma il riconoscimento di unanozione di spettacolo riconosciuto utile come mezzo comunicativo, strumento di educazione ecattura dei fedeli. La gente non colta può essere meglio raggiunta mostrando le cose più che con

    la forza della parola. Gli affreschi nelle chiese obbediscono allo stesso principio.

    La nascita del Quem quaeri tis.Avvenuta secondo gli studiosi all’interno dei monasteri benedettini nella prima metà del X secolo.In un luogo in cui c’è assenza di pubblico. Il processo avviene a partire dalla liturgia: l’uffizio

     pasquale viene dilatato in un brevissimo dialogo di pochi, in latino, versi fra l’angelo, rappresentatodal monaco, che veglia sul sepolcro di Cristo risorto e le pie donne, impersonate dai religiosi, chesono venute alla tomba.

     A - Chi cercate nel sepolcro, o donne cristiane?

     D – Gesù nazareno che è stato crocifisso, o spiriti celesti.

     A - Non è più qui, è risorto come aveva predetto. Andate e annunziate che egli è risorto dal

     sepolcro.Il nucleo originario da cui si fa discendere tutta la tradizione del dramma sacro non sarebbe quindinato con funzione catechetica, cioè con l’intento di istruire le masse, attraverso una formaspettacolare.La drammatizzazione dell’ufficio liturgico nel tempo si estende e passa dal latino ai diversi volgarie lingue nazionali emergenti in Europa dal ceppo latino.Il processo fu lungo e portò ad una completa emancipazione dalla matrice rituale. Larappresentazione passa dall’interno della chiesa al sagrato della chiesa, per finire in piazza, nellospazio autonomo della città medioevale. La gestione di questi drammi sacri passa dai religiosi alleconfraternite o sodalizi laici.

    Jeu d’Adame (vedi Sinisi – innamorati)

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  • 8/17/2019 Nuovo Manuale Di Storia Del Teatro Alonge

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    STORIA DEL TEATRO.

    Nuovo manuale di storia del teatro.

    Quell ’ oscuro oggetto del desiderio. R. Alonge

    UTET 

    Riassunto a cura di Dario ApicellaStoria del teatro e dello spettacolo

    E. Buonaccorsi – Primo anno, D.a.m.s. (feb. – mag. 2013)

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    Il teatro religioso medioevale si prolunga per tutto il Quattrocento e oltre, ha una molteplicità di espressioni:-  I mystères francesi -  I miracle plays inglesi -  Gli autos sacramentales spagnoli-  La Lauda e la Sacra Rappresentazione in Italia. Dal modello della Passione di Cristo, nucleo ricorrente, sono composte poi varie vicende sacre che

     prendono per oggetto la vita dei santi (imitatio Christi) a imitazione di Cristo fino al martirio.

    -  Si definisce una esemplarità tragica sconosciuta al mondo antico.Per la spiritualità cristiana nonc’è separazione fra gli stili: il sublime, il tragico, l’umile o il comico si contaminano. Cristorappresenta la contaminazione piena degli stili: è il massimo del sublime in quanto figlio di Dioe sperimenta le brutture e le ignominie del mondo. L’eroe della tragedia greca cade ma conserva

    intatta la sua dignità; Cristo è l’esempio di un eroe non tragico, ma di un eroe bastonato. Il gustodella mescolanza stilistica spiega l’inserirsi, all’interno della vicenda religiosa, di intermezzicomici: i pastori prima di andare ad adorare Cristo nella capanna espongono racconti spiritosicirca la propria condizione di vita economicamente dolorosa. Effetti ancor più buffoneschi sonoottenuti quando sono inseriti i contadini (“villani”) presentati sempre come imbroglioni e ladri.

    -  Cambia totalmente la prospettiva e anche la scena teatrale si rinnova. La vicenda umana diCristo ha una durata temporale che si sviluppa e conclude, un’estensione spaziale che passaattraverso una serie di tappe dette “stazioni” nella Via Crucis). Le unità di tempo e luogo sonoimproponibili. La scena medioevale è multipla, presenta allineati uno accanto all’all’altro, sispazi predeterminati in cui gli attori si spostano via via. Le due estremità a destra e a sinistraerano rispettivamente l’inferno e il paradiso, margini dei luoghi che rappresentavano il mondo

    intero. I vari luoghi sono predisposti con un minimo di arredo e attrezzeria utile alla scena odesignati convenzionalmente, per questo si chiamano “luoghi deputati”.-  Gli attori erano, soprattutto nel primo periodo, semplici fedeli che recitavano come dilettanti,

     per puro spirito religioso (i maschi assumevano anche le parti femminili). Ancora una volta ilteatro nasce in rapporto con la religione, coinvolge l’intera collettività e non degli strati socialiristretti, come avverrà per il teatro rinascimentale.

    -  Il teatro medioevale e caratterizzato dalla non costruzione di luoghi teatrali specifici qualiedifici teatrali: il teatro è fatto in piazza e in varia luoghi della città seguendo un determinato

     percorso o con scene montate su carri (teatro inglese o spagnolo). Il non costruire teatri è di fattoun modo per non riconoscere la realtà teatrale osteggiata per secoli. La chiesa si riappropria diuno strumento che ha contrastato, il teatro, solo non riconoscendo come tale.

    -  Il teatro religioso del Medioevo ha prodotto frutti solo secondari nel processo di rinascita delteatro moderno producendo semmai un serbatoio di suggestioni per la sperimentazione delteatro contemporaneo. La mescolanza degli stili (tragico e comico), la non unitarietà delle scenesono elementi che si ritrovano anche nel teatro de secoli successivi, specie in quelle culture chenon hanno vissuto la frattura della stagione classicistica (Inghilterra e Spagna). Si può inoltredire che il teatro del XVI secolo in Italia e del XVII in Francia nasce proprio da unadiscontinuità con questa tipologia di spettacolo rispetto ai temi, alla struttura dello spazio, aimeccanismi di fruizione, al ruolo sociale affidato al teatro, alla tipologia dell’attività attoriale.

    Il teatro moderno deve di più al teatro profano che verso la fine del Medioevo comincia a trovareuna propria forma dentro i meccanismi della festa. E’ nella farsa e nei testi goliardici legati al

    mondo dell’Università , in questo teatro comico che rielabora fonti e forme di spettacolaritàgiullaresca che si possono trovare i germi di una rivoluzione che attraverso:

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    -  La ritrovata centralità della scrittura drammaturgica-  La funzione dell’attore-interprete.Condurrà alle strutture del teatro moderno.

    IL PRIMO CINQUECENTO: IL RINASCIMENTO.

    -  In Italia nl corso del Quattrocento, a differenza di quanto accade nel resto d’Europa dovedomina largamente il modello del dramma sacro, si va riscoprendo la cultura classica a operadei cosiddetti umanisti. L’intero patrimonio culturale del mondo antico, greco e latino, vienerimesso in circolazione, e con esso anche il teatro. Siamo all’invenzione del teatro moderno: inventio nel senso etimologico della parola significa ritrovamento, riscoperta della classicità.

    -  Le accademie sono i primi centri di rielaborazione. Docenti e studenti studiano e mettono inscena tragedie e commedie anche nella lingua originale, il latino (accademia di Pomponio Leto

    a Roma che allestisce Plauto, Terenzio, Seneca).-  Il motore autentico di questo processo saranno però le corti principesche diffuse nell’Italiacentro-settentrionale: Este a Ferrara, Gonzaga a Mantova, Montefeltro ad Urbino, i papi aRoma. Esse si circondano di artisti (architetti, scultori, pittori…) che abbelliscono le città e diintellettuali che lavorano all’interno della corte, come segretari del Principe.

    Il teatro dentro la festa e la privatizzazione del teatro.

    -  A partire dal carnevale del 1486 ( Menaechmi  di Plauto) la corte di Ferrara promuove lerealizzazioni plautine e terenziane. La soluzione del cortile si alterna a quella delle reciteallestire al chiuso di una grande sala del palazzo principesco. Il teatro è solo uno dei tanti eventiche caratterizzano una ricorrenza festiva (carnevale, matrimoni, nascite di potenti, passaggio in

    città di sovrani) che prevede banchetti, danze, musiche, giostre, tornei…-  Il pubblico degli spettatori coincide con il pubblico degli invitati.-  Il teatro rinascimentale, a differenza del teatro medioevale che riguarda l’intera comunità dei

    fedeli (ricchi e poveri) il teatro rinascimentale che si sviluppa nelle corti si riferisce ad un’élite.Il committente coincide con il fruitore. Siamo di fronte al fenomeno nuovo della privatizzazionedel teatro.

    -  Il teatro diventa uno  status symbol , serve cioè a contrassegnare il potere delle nuove classidirigenti, la borghesia, che ha come riferimento la città e non più lo spazio della campagna e delcastello come era per l’aristocrazia feudale. All’interno del  Palazzo del Principe si presentanocommedie e tragedie di stampo classico mentre, al di fuori, nelle piazze della città il popolocontinua ad assistere alle tradizionali Sacre Rappresentazioni. La differenza tra le due tipologie

    non sta unicamente nei contenuti (laico o religioso) o nel diverso pubblico (comunitario oelitario) ma anche nella veste scenografica:

    -  La scenografia medioevale presenta in successione tutti i luoghi in cui si svolge l’azionesecondo uno schema circolare o dispersi nella piazza.

    -  La scenografia rinascimentale al contrario unifica il luogo dello spettacolo in un quadro solo cherappresenta uno spicchio di città alle spalle degli attori. Si tratta di una città astratta, che rivesteimportanza ideologica nel passaggio dal feudalesimo all’età mercantile, con edifici generici, non

     peculiari di una singola città (vedi prologo della Mandragola). Si tratta poi di una città idealeche riproduce palazzi sempre sontuosi, in marmo e non, come poteva accadere nella realtà, concase ancora in legno. Il principe, seduto in prima fila in posizione centrale, guarda sé stessoguardando la città dipinta. Nella scena prospettica c’è un unico  fuoco, cioè un unico unto

    centrale dal quale si dipartono in successione (in fuga) tutte le linee della prospettiva. Così comela città ha un unico centro di potere, quello del Principe. Ciò che conta non è tanto la vicenda (la

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    commedia cambia, è l’effimero) ma l’esaltazione del vivere urbano (la scenografia è il durevole)che ha nel Principe l’autorità politica. Ciò che viene esaltato non è tanto la commedia quanto“l’apparato”, ovvero le trasformazioni che la sala ha dovuto subire per diventare spazio teatrale,la scenografia e i quattro intermezzi. La commedia è di fatto un semplice momento della festa

     principesca e i cinque atti sono diluiti da intermezzi e moresche (danze a carattere spettacolare,danze di fertilità che si configurano come combattimenti tra mori e cristiani) finalizzati arilassare gli spettatori e a distrarli dalle operazioni di riordino e sistemazione del palco e deilumi con rinnovo delle candele consumate) che di fatto diventano l’oggetto principaledell’attenzione dello spettatore.

    -  Il teatro Rinascimentale è dominato da una componente visionaria, è il teatro della visione. Nonsarà così per il teatro elisabettiano e spagnolo del Cinquecento e Seicento che daranno menoimportanza alla scenografia. mireranno a coinvolgere maggiormente lo spettatore, cercherannodi non creare distacco tra gli attori e gli spettatori favorendone il coinvolgimento. Stessa cosa

    varrà per la Commedia dell’Arte che metterà al centro il corpo dell’attore e non avrà bisogno discenografia. Tuttavia ciò che ha prevalso nella visione occidentale è la visione frontale chesepara nettamente attori e spettatori ( scena all’italiana, teatro all’italiana).

    -  Il principe è il committente, gli attori non sono professionisti ma dilettanti, cortigiani cherecitano per piacere e per far piacere al principe (interpreti maschili che sostenevano anche partifemminili). Il teatro resta sempre, nel quadro generale del Rinascimento, attività marginaleanche quando si tratta dei grandi o delle grandi commedie: Ariosto, Macchiavelli, La Calandria del Bibbiena (1470-1520). E questo vale anche per le scenografie e per i musicanti che sonodefiniti come “familiari” o persone al servizio del Principe; per cui se il creatore è familiare o

     proprietà del principe anche il frutto del suo ingegno sarà esso pure proprietà del principe. Lafesta è celebrata per significare il potere del principe e per esibirlo, essa nasce all’insegna dello

    spreco, dell’esibizione del lusso. C’è lo spettacolo ma non ci sono ancora le professioni dellospettacolo.-  I principi respingono l’edificio teatrale e conservano gelosamente la consuetudine del luogo

    teatrale, la sala o il cortile  dedicato solo occasionalmente allo spettacolo, nonostante gliumanisti chiedano la creazione di teatri stabili, cittadini, in grado di accogliere e ricomporre lacomunità.

    Sebastiano Serlio (1475-1554) : (vedi Sinisi Innamorati)

    La commedia rinascimentale.

    Ludovico Ariosto con Cassaria (1508) e Suppositi (1509) si pone come l’inventore della commediarinascimentale. Commedia che non si limita a tener presente il modello classico ma diventa punto diincontro tra la tradizione dei commediografi latini (Plauto e Terenzio) e la grande novità dellacultura romanza (che usa le lingue neolatine) rappresentata in particolare del Decameron diBoccaccio, straripante di situazioni comiche fondate sul piacere della beffa e su trame erotiche.Vedi per esempio La Calandria, un tipo di marito sciocco, beffato e cornificato, che richiama il

     personaggio boccaciano di calandrino. La commedia riporta ai Meneaechmi di Plauto, basta allorala modifica del sesso dei due gemelli protagonisti (due maschi in Plauto, maschio e femmina nelBibbiena) a conferire un accento più equivoco alla vicenda. Il gemello femmina va in giro vestito damaschio, i due sono presi in scambio e il gemello femmina può ritrovarsi nel letto con una donna.

    All’interno dell’ambiente di corte domina il gusto della varietà del contrasto. A fianco allarappresentazione delle commedie latine e italiane troviamo anche mimi, buffoni, giocolieri,

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    danzatori che agiscono da soli o in gruppo inventando tal volta delle vere maschere teatrali (vedi ilsenese Niccolò Campani detto lo Strascino).Lacorte apprezza anche la spettacolarità bassa, accantoa quella alta.

    La commedia pastorale.Si tratta di un nuovo genere che si impone da subito nel Cinquecento come terzo genere, inedito,accanto alla commedia e alla tragedia della tradizione classica, che avrà il suo tardo capolavoro conL’Aminta di Torquato Tasso (1544-1595) rappresentata per la prima volta nel 1573.

    La commedia rusticana o “commedia alla villanesca”

     Nasce ne Medioevo, e si prolunga sino al Cinquecento, una violenta polemica contro i contadini(villani, abitanti della villa) che ha radici economiche che affondano nel contrasto città-campagna(dipendenza della città dalla campagna, concorrenza che la mano d’opera rurale fa a

    quella cittadina nel momento del suo inurbamento), da cui deriva una vasta produzione letteraria, inversi e in racconti, cui si da il nome di “satira antivillanesca”. L’area senese, fatta da piccoliintellettuali di modesto livello culturale che amano scrivere e recitare, si specializza nelladefinizione del personaggio teatrale del villano, presentato come grossolano, bestiale, maligno.L’esponente più rappresentativo è il Campani che si esibisce, solo, con successo alla corte del papa,a Mantova e presso altre corti. Egli possedeva, da quanto si apprende negli scritti scambiati fra lecorti, una capacità imitativa e notevole qualità mimico caricaturali. La composizione scritta sembraessere solo un punto di partenza di una abilità tutta attorica che abbina alle capacità di imitatorequelle di mimo, improvvisatore, canterino musicante.

    A Venezia.

    -   Non c’è una corte, il teatro è percepito come una potenzialità trasgressiva.-  Il motore trainante è rappresentato dalle Compagnie della Calza (pantalone attillato che portavano i gentiluomini del tempo). C’erano diverse associazioni dai nomi scherzosi (Ortolani,Zardinieri, Immortali…) che organizzavano eventi ludici e feste per il carnevale o in occasionedell’arrivo a venezia di ospiti illustri.

    -  Spesso a recitare sono i giovani patrizi, da dilettanti e come segno di distinzione e trasgressione.Accanto a questi troviamo giocolieri, buffoni, professionisti del teatro più impegnatoculturalmente fra i quali si distingue Francesco Nobili detto Chera da un personaggio diTerenzio che lo aveva reso famoso, ed è grazie a lui che Venezia comincia a conoscerevolgarizzazioni di Plauto e Terenzio.

    -  L’industria tipografica veneziana è molto attiva dal punto di vista dell’edizione di testi teatrali.

    -  La partecipazione agli eventi teatrali è sempre più ampia, sia su invito nelle case patrizie delleCompagnie della Calza, sia a pagamento, in altre sale aperte a un pubblico variegato.

    Angelo Beolco (1496-1542) Ruzante.E’ in questo ambiente che si impone Ruzante, amico e factotum del patrizio Alvise Cornaro, curioso

     personaggio che si era ritagliato nel padovano una sorta di piccola corte in qualche modoantagonista alla classe dirigente veneziana. Esempio più alto della commedia villanesca.-  Beolco scrive in dialetto padovano (padovano antico) e recita i suoi testi spesso a Venezia. Si

    tratta di un borghese abbastanza agiato, dotato di una certa cultura, che conosce molto bene ilmondo della campagna in quanto uomo di fiducia del ricco latifondista Cornaro cura contratti,

     pratiche notarili.

    -  Egli dipinge il mondo contadino non in termini di immediata e piena simpatia. Nel  Pastoral  Ilcontadino viene dipinto un elemento di disturbo degli amori tra pastori e ninfe, molti tratti

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    ricordano la satira antivillanesca (il nome Ruzante rimanda al verbo “ruzare”, “giocare con le bestie”, ma con allusione implicita ai rapporti sessuali dei contadini con gli animali). La fame,che ricorre come motivo tipico del personaggio, non è una fame autentica ma una fameiperbolica, un’ingordigia che suscita il riso anziché la comprensione e il compatimento. Le

     prime due opere Pastoral  e la Betìa sono scritte in versi, le restanti in prosa.-  Con  Bilora  e La  Moscheta (1529-1530), forse anche in seguito alla terribile esperienza della

    carestia, la fame non è più l’ingordigia buffonesca, ma è fame autentica, tragica. Il contadinonon è più strumento per una polemica ma diventa personaggio autonomo, protagonista.

    -  Il “dialogo”, sorta di atto unico, è la nuova struttura teatrale, inedita nel panorama della culturaalta del Cinquecento, fatta su misura per lui.

    -   Parlamento e Bilora sono i suoi capolavori.-  Il  Parlamento consiste nella parlata del villano Ruzante che reduce dal campo di battaglia, è

    andato in guerra per sfuggire alla miseria e alla fame nella speranza di arricchirsi, torna più

    miserabile e stracciato di prima, pieno di pidocchi e di paura. La sua donna si è spostata in città per sopravvivere e sta con un “bravo”. La donna rifiuta di tornare a dividere la miseria con lui el’arrivo del bravo cehlo bastona e se ne va con la donna ribadisce il destino di sconfitta efristrazione del villano.

    -  Lo stesso tema viene ripreso nel “dialogo”  Bilora  in cui il contadino arriva in città perriprendersi la moglie Dina che è stata portata via da un vecchio mercante veneziano, messerAndronico. Anche Dina rifiuta le richieste del villano di tornare a vivere con lui di fame e stenti.La tensione teatrale si accende nel contrasto diretto fra i due uomini. Bilora, sotto l’effetto delvino, uccide Andronico. Bilora quindi non uccide perché è possessivo o per un senso dell’onore

     – egli sarebbe pronto a riprendersi pacificamente la moglie, magari con qualche soldi diindennizzo da parte del cittadino, ma uccide in modo involontario.

    -  Il Ruzante della  Moscheta si avvicina ai giochi della commedia tradizionale, è un personaggioin qualche modo già integrato nella realtà cittadina (Padova), che messo ai margini dalla societàvive di espedienti. Crede di essere più furbo degli altri, invece è più sciocco. Si traveste dascolaro e parla, anziché il dialetto, la “lingua moscheta”,la lingua fina (falsa imitazionedell’italiano), per non farsi riconoscere. Con i suoi cinque atti e il suo taglio da commediaregolare segna l’ultima fase della produzione beolchian, quella dichiaratamenteclassicheggiante.

    -  Il villano perde la sua pienezza umana e sociale e tende a trasformarsi nel servo astuto. Restal’origine contadina, permane il dialetto, vengono meno la contrapposizione con i padroni e ilcontrasto città campagna. Ora per il personaggio villanesco meglio del pane ora sono le burle.

    -  Si arriva infine all’ultima fase, quella di una produzione originale del Beolco che entra in gara

    con quella di Ariosto e Bibbiena. Il Ruzante dell’ Anconitana, al servizio di Sier Tomao èdavvero il tipico servo della commedia cinquecentesca, vero motore della vicenda. In Ruzantecompaiono i primi tratti di quella che sarà la maschera di Arlecchino, così come in Sier Tomao èfacile ravvisare il futuro Pantalone, vecchio avaro e donnaiolo. Il villano si è irrigidito nellamaschera del personaggio dell’Arte.

    Siena e La Congrega dei Rozzi.

    -  Si tratta di una associazione di attori-autori-dilettanti; artigiani che si ritrovano in occasione dimomenti ludico-gastronomici in occasione dei quali oltre al gioco e ai pranzi a cui partecipanoanche le donne dei rozzi, sono previsti momenti di lettura e commento di Boccaccio o Petrarca.

    -  Grande attenzione è rivolta anche agli aspetti creativi. Chi intende entrare nella congrega dovrà

     possedere una certa virtù: scrivere commedie, suonare, recitare, cantare, ballare.

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    -  Il centro unico dell’interesse drammaturgico dei Rozzi è il contadino, non con sguardo disimpatia, ma nell’alveo della satira antivillanesca. La debolezza economica di Siena impediscel’inurbamento eccessivo e la classe artigiana si sente minacciata. Il villano tuttavia, pur

     presentato inizialmente in chiave negativa, diventa portavoce delle insofferenze dell’artigianatourbano verso la classe dirigente, responsabile dell’intervento spagnolo che cancellerà larepubblica senese. Il cartaio Salvestro, detto il Fumoso, è il più importante dei rozzi.

    Firenze.

    -  A Firenze non è possibile parlare di una corte principesca simile a quella che troviamo aFerrara, Mantova, Urbino e Roma. I medici sono cacciati periodicamente e periodicamenteritornano. La Repubblica si alterna con i Medici.

    -   Non si apre quella che abbiamo chiamato la  scena cortigiana  ma è forte il legame conl’associazionismo cittadino dei consorzi e delle corporazioni che promuovono banchetti festivi,

    spettacoli e cerimonie urbane caratterizzati da un teatro ancora informe fatto di cantari, frottole,esposizione di novelle prima ancora che di veri e propri testi drammaturgici. Il segno prevalentequindi non è la scrittura ma l’oralità. Giorgio Vasari (1511-1574) ricorda due delle cosiddette“compagnie di piacere” quella del Paiuolo e quella della Cazzuola.

    -  Queste compagnie svolsero a Firenze una fondamentale opera di organizzazione e promozioneteatrale, sostituendosi al vuoto di iniziative provocato dall’assenza della corte medicea, un po’come la Compagnia della Calza a Venezia. E se a Venezia ad imporsi è la scena villanesca aFirenze sotto la spinta travolgente di quell’isolato ma autentico capolavoro che è la Mandragola di Niccolò Macchiavelli, (1469-1527) affiora il profilo di quella che potremmo chiamare la

     scena cittadina.

    La Mandragola  ( scritta probabilmente tra il 1518 e il 1520) e la Clizia  (1525).Contenitore di un repertorio di temi, cultura, lingua e forme espressive della tradizione municipale.C’è nella Mandragola uno spessore di vita cittadina e borghese. Callimaco Guadgani di fronte al

     pericolo della guerra vende tutto, tranne la sua casa a Firenze, e si rincantuccia a Parigi spostando per prudenza i suoi capitali. Non vende la casa perché in essa sono le radici, il legame con il clan parentale, le viscere della razza dei mercanti fiorentini. A Parigi risulta inserito unicamente in untessuto di relazioni sociali e amicali esclusivamente fiorentine, invita a pranzo solo fiorentini, siabbevera di pettegolezzi di compatrioti di passaggio. Qui risiederà per dieci anni dedicandosi aglistudi, ai piaceri e alle faccende. Macchiavelli non insegue unicamente modelli plautini o modellinovellistico decameroniani ma porta avanti un discorso legato alla contemporaneità. La borghesia

    cittadina del suo tempo è divisa tra affari e sesso, fra pubbliche virtù e vizi privati. La Mandragola èla storia del faticoso percorso attraverso cui si perviene alla fondazione di una casata, si assicura latrasmissione del patrimonio, la continuità del capitale, nonostante la sterilità di messer Nicia. Lafollia, la beffa sono la superficie che occulta il conseguimento di un obiettivo serio, drammatico, ladefinizione di un ordine che garantisca la discendenza, la continuità del nome e del patrimonio.

    La Clizia, posteriore di qualche anno alla Mandragola, inizia dove quella finisce presupponendol’ordinato viver civile di una famiglia, di una casata. La follia e la beffa sono qui rappresentati daciò che rischia di mettere in crisi l’assetto della famiglia, ciò che è già consolidato. Il protagonista èun mercante dai solidi principi che per una follia d’amore per un attimo rischia di mettere arepentaglio il sistema dei valori antichi.

    Ludovico Ariosto (1474-1533)

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    Corteggiando i modelli classici che tanto piacciono al pubblico di corte compone fra il 1508 e il1509 la Cassaria e i Suppositi. Ma a partire dal 1928 anche alla corte di Ferrara il clima è cambiato.Ariosto da grande organizzatore teatrale di corte si preoccupa di aiutare Beolco nelle sue

     performances ferraresi, respira la nuova aria che circola, fa tesoro di ciò che vede e che legge diBeolco e Macchiavelli. Nel 1528 compone  Lena. In essa c’è ancora l’intreccio plautino, la tramascontata del servo che imperversa per aiutare il giovane padrone, ma c’è anche il duro spaccato diuna scena di città contemporanea: Pacifico, un marito inconcludente che vive di espedienti,spingendo la moglie a una sorta di prostituzione dissimulata, e una moglie Lena, che si offre comeamante del vecchio padrone di casa, Fazio, in cambio della gratuità dell’affitto. Ariosto costruisceun ritratto credibile e realistico di una borghesia di mezza età, se non proprio di vecchio, che nutreuna passione sessuale per la più giovane Lena, senza venir meno al proprio senso del risparmio.Lena ha uno scatto di dignità, davanti ad un vecchio che cerca di sfruttarla sessualmente pagandolail meno possibile, e si illude di andare ad abitare casomai in uno dei quartieri malfamati di Ferrara e

    di mettersi ad esercitare davvero la professione di prostituta. Ma all’ultimo le viene a mancare lasolidarietà del marito che è schierato dalla parte del padrone, ruffiano e servile cornuto-contento. Ilfinale sembra quello innocuo della tradizione: Fazio invita Lena e Pacifico alle nozze e vuole chenon solo Licinia, sua figlia, e Flavio siano sposi quella notte. Non è il lieto fine della commediarinascimentale in cui anche la donna adulterina ritrova una provvisoria ricollocazione istituzionale,un tocco di amarezza spezza l’allegria della commedia. Ariosto si ricollega alla pensositàdisincantata del Macchiavelli della Mandragola.

    La Veniexiana. (1535-37)

    Il frutto più maturo del realismo rinascimentale, applicato alla commedia cittadina, è l’anonimaVeniexiana. Due nobildonne, Angela e Valeria, sono le protagoniste che si contendono l’amore del

     bel Iuilo, un forestiero milanese disinvolto e spegiudicato (la situazione forse prende spunto da unfatto di cronaca). La commedia è portatrice di novità:-   Non c’è una struttura teatrale coerente e chiusa della commedia di fattura classica. Dopo un

     primo atto, una sorta di prologo di presentazione dei personaggi, composto da tante brevi sceneseparate, la commedia si spezza in due commedie minori legate dalla continuità fisica di Iulioche passa dalle braccia di Angela a quelle di Valeria.

    -  la commedia è una rappresentazione aperta dell’esistenza, uno spaccato di vita vissuta, senzauna conclusione, come la vita quotidiana, che non si conclude. 

    -  Insieme al finale essa rifiuta le canoniche unità di tempo e di luogo. La vicenda si svolge nellasso di quattro giorni con un continuo spostarsi della scena dagli interni delle case delle duedonne agli esterni delle calli e delle piazze veneziane, all’aperto.

    -  L’autore si serve di questa libertà per dare ai personaggi uno spessore psicologico che mancaalle stilizzate figure tradizionali della commedia cinquecentesca.

    -  La percezione del tempo: per Iulio e per i servi il tempo è percepito con indifferenza, è unarealtà esterna, neutra. Per le due donne il tempo è invece percepito con struggimento e angoscia:è il tempo che scandisce la durata del loro piacere.

    -  La percezione dello spazio: lo spazio aperto è percorso incessantemente dai servi e da Iulio. E’dissipazione, vuoto, è lo spazio dei servi, di coloro che si vendono (anche Iulio in un certo sensosi vende; lo spazio chiuso è rappresentato dalle abitazioni delle due donne che compaionounicamente qui, non si mostrano mai fuori di casa. E’ lo spazio del privilegio, la dimorasignorile antro la quale si svolge il rito della celebrazione amorosa. L’eros come privilegio dellaclasse borghese libera da avvilenti esigenze economiche.

    -  Ma il rapporto erotico è destinato ad essere frustrante per le due donne. Iulio è un servotutt’altro che docile che domina in realtà le due donne. Emblema del fallimento di una classe

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  • 8/17/2019 Nuovo Manuale Di Storia Del Teatro Alonge

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    STORIA DEL TEATRO.

    Nuovo manuale di storia del teatro.

    Quell ’ oscuro oggetto del desiderio. R. Alonge

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    Riassunto a cura di Dario ApicellaStoria del teatro e dello spettacolo

    E. Buonaccorsi – Primo anno, D.a.m.s. (feb. – mag. 2013)

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    dirigente fiaccata e prostrata dalle vicende belliche italiane del primo Cinquecento e colpitasriamente nei suoi interessi economici dalla pressione turca e dalla scoperta della via per leIndie. L’erotismo quale evasione individuale, soluzione ad una profonda crisi nei legami umanie sociali

    -  La Veniexiana rappresenterebbe la più bella commedia del Cinquecento per ricchezza dicaratteri, complessità psicologica e verità umana, ma anche, accanto al teatro del Beolco, unodei più significativi esempi di realismo del secolo, affresco della realtà umana e sociale deltempo.

    IL SECONDO CINQUECENTO: LA COMMEDIA DELL’ARTE.

    -  Alla fine degli anni Venti del Cinquecento è già stato prodotto, messo in scena, pubblicato,assimilato, quasi tutto il meglio del teatro Rinascimentale.

    -  Una fioritura ricca ma di breve durata che volge verso un irrigidimento teorico e normalizzante

    quando, a partire dal 1548, ha inizio la codificazione aristotelica.-  Prima di questa data i commediografi erano riusciti, in maniera autonoma e spontanea, il mododi assestare il proprio lavoro con la scansione in cinque atti del testo teatrale e l’accettazionedelle unità di tempo e di luogo, così come nella scelta strategica della prosa rispetto al verso cheresta invece in uso per la tragedia.

    -  La tragedia tuttavia è poco rappresentata a corte, la classe dirigente è laica, edonistica, amadivertirsi e non interrogarsi sul significato profondo della vita. Questo non significa chemancasse il senso tragico nei più grandi intellettuali del Cinquecento (Macchiavelli, Tasso) manon fu vissuto come sentimento di cui il poeta potesse farsi interprete per la società.

    -  Merita di essere citato l’ebreo mantovano Leone de’Sommi (1526-1591/92) unico e autenticouomo di teatro del cinquecento, in mezzo a tanti letterati. Uomo dalla sensibilità pre-registica,

    grazie alla grande esperienza di organizzatore teatrale e di vero e proprio direttore di spettacoli.Il punto di vista privilegiato è per lui quello dello spettatore e non del lettore. Uno spettacolo bello sulla carta potrebbe non risultare tale sul palcoscenico, e viceversa. Egli chiede agli attoridi essere obbedienti all’autore dello spettacolo e di accettare lunghe prove. Siamo sulla linea del

     professionismo teatrale nuova realtà imposta dai comici dell’Arte nella seconda metà delCinquecento, opposta alla logica dei dilettanti di corte del primo Cinquecento.

    Il 25 febbraio del1545 otto uomini si presentarono davanti a un notaio di Padova per stipulare uncontratto per la costituzione di una sorta di società per “recita commedie di loco in loco” al fine di“guadagnar denaro”. Staranno insieme per un anno, acquisteranno un cavallo per trasportarecostumi e attrezzi di scena. Divideranno i guadagni in parti uguali dandosi aiuto in caso di incidenti

    e malattie. C’è uno spirito pratico, molto borghese, che ha inventato una nuova professione.Commedia dell’Arte rinvia alle Arti e Corporazioni del Medioevo, dunque arte come artigianato,mestiere. Il teatro piace e ci si può campare a condizione di fare pagare un biglietto e di essereitineranti per andarsi a cercare il pubblico di città in città.I comici dell’Arte (comici significa attori e non teatranti che recitano commedie) lavoranoall’interno di compagnie, composte da non più di dodici elementi, nell’ambito delle qualidefiniscono specifiche modalità di lavoro:-  I ruoli fissi: per cui ogni attore si specializza in un determinato personaggio.-  I  generi: ogni attore ha un suo bagaglio di monologhi, spezzoni di dialoghi, sentenze che

    manda a memoria e che come chiavi passepartout  si adattano a diverse commedie.-  I canovacci  (detti anche scenari, soggetti o favole rappresentative) che in qualche modo

    sostituiscono il testo, sulla base dei quali gli attori improvvisano le battute (la commediadell’Arte è detta anche Commedia all’Improvviso). Il termine canovaccio indica uno

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    strofinaccio da cucina a trama molto rada e in senso teatrale indica un riassunto dell’intrecciodella commedia presentata a grandi linee. Nel primo Cinquecento non c’era un testo unitario:ogni attore aveva solo il testo della sua parte (in alcuni casi con l’ultima battuta del suointerlocutore), la cosiddetta  parte levata o  parte scannata. Era un sistema economico per nonstare a ricopiare il testo. Il testo era diviso e distribuito tra gli attori e si ricomponeva solo nellospettacolo.

    -  L’imprivvisazione: è l’interazione tra ruoli fissi, generici e canovacci che consente il miracolodell’improvvisazione.

    -   La maschera: di grande efficacia è la novità della maschera tratta dal folklore, dalle pratichecarnevalesche, dagli intrecci delle commedie del primo Cinquecento che ruotano sempre intornoad una serie di tipi (il vecchio, il mercante, il servo astuto o sciocco. Le maschere attraggonol’attenzione del pubblico popolare e meno colto a partire dal secondo Cinquecento. 4 sono lemaschere fisse:

      Pantalone, mercante veneziano, ridicolo per le sue velleità sesuali•  Graziano, il dottore bolognese che parla mezzo latino e mezzo dialetto bolognese•  Arlecchino, servo sciocco, nato a Bergamo bassa.•  Brighella servo astuto, nato a Bergamo alta dove l’aria è più fina.

    -   Il pluralismo linguistico. Lo spettacolo è reso più vario e attraente dal pluralismo linguistico, ildialetto che contrasta violentemente con l’italiano petrarcheggiante delle due coppie diInnamorati).

    -  Gestualità e recitazione:  Caratteristica decisiva della commedia dell’Arte è però la fortesottolineatura della gestualità della recitazione, della piena valorizzazione del corpo, compresisalti, capriole e funambolismo vari.

    -   L’invenzione della donna:  a partire dal 1570 la commedia dell’Arte porta la donna sul

     palcoscenico. Gli uomini di Chiesa, Gesuiti in prima fila, nel Seicento criticano aspramente la presenza femminile usata consapevolmente per allettare il pubblico. La donna allettatrice, lospettacolo del corpo femminile alimenta l’industria dello spettacolo.

    -  Una micro-società dentro la società: gli ecclesiastici di fatto nei loro interventi non se la prendono tanto con ciò che avviene concretamente sul palcoscenico, ma su ciò che avviene prima e dopo lo spettacolo, ovvero sulle consuetudini della vita di attori e attrici. Gli attori sonoconsiderati gaglioffi e balordi, le attrici tutte mezze prostitute che fanno la bella vita, viaggiano,soggiornano in albergo, mangiano al ristorante, sono riverite, corteggiate, omaggiate e finiscononei letti dei potenti. Si tratta di una micro-società con regole e modalità esistenziali che risultanotrasgressive rispetto alla moralità dominante.

    -  Ghettizzazione:  la chiesa li marginalizza, li ghettizza, vieta che si accostino ai sacramenti e

    rifiuta di seppellirli in terra benedetta. La C.d.A. attira coloro che cercano una vita meno chiusae repressiva.

    -  Durata: la commedia dell’Arte ha una durata lunga, un paio di secoli, da metà Cinquecento ametà Settecento, e il passare dei decenni accompagna il progressivo decadere del fenomeno. Nel1740 gli attori non sono più in grado di scriversi i canovacci da soli, e Goldoni si avvicina alteatro proprio come compositore di canovacci, al servizio degli attori dell’Arte (poeta dicompagnia). Si tratta di una realtà complessa fatta di poveri ciarlatani di piazza, compagni piùconsistenti e comici illustri contesi e coccolati dai sovrani di mezza Europa.

    -  Tra fine Cinquecento e primo Seicento si distinguono tre comici illustri: Isabella Andreini,Francesco Andreini e Flaminio Scala.Francesco Andreini pubblica nel 1607 le Bravure del Capitan Spavento, raccolta dei generici dalui elaborati e in parte utilizzati per dar vita alla figura del Capitano.

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    Flaminio Scala che in arte sosteneva la parte dell’innamorato con il nome di Flavio pubblicainvece, nel 1611, Il teatro delle favole rappresentative, una raccolta di cinquanta canovacci checostituisce un oggetto funzionale a cui attingere per ragioni professionali ma esprime anche lavolontà di fare opera di scrittura. Da un lato ogni canovaccio presenta l’elenco delle robbe per laCommedia, cioè l’elenco degli oggetti che serviranno agli interpreti (ne  Il ritratto: carte dagioco, lanterne, bastoni, un ritratto di donna piccolo…) con finalità pratiche; dall’altro ognicanovaccio è introdotto da un  Argomento  che  non ha invece quasi nessun rapporto con ilcanovaccio e che obbedisce a un piacere di pura narrazione, quasi una micro-novella.

    -  Il ritratto: Proprio Il ritratto risulta un canovaccio prezioso perché una sorta di metateatro(teatro che riflette sul teatro di cui una articolazione è il teatro nel teatro), che ci offre unavisione della realtà dei teatranti vista dal di dentro, ma curiosamente corrispondente con losguardo severo degli ecclesiastici. L’ambientazione è quella di una troupes dei comici illustriche, arrivando in una città, affittano uno stanzone dove si esibiscono a pagamento. Il canovaccio

    di Flaminio Scala non ci presenta il momento della messa in scena, bensì quello del fuori scena,della vita quotidiana dei comici. C’è Vittoria l’attrice protagonista presentata in tutto losplendore del suo abbigliamento con perle e diamanti che si è conquistata non già con i suoiguadagni di interprete bensì con le sue abilità amatorie. Pantalone va a render visita alla primaattrice dopo lo spettacolo e qui scopre il ritratto della moglie che Orazio, amante della moglie diPantalone, ha dato a Vittoria. Anche il dottor Graziano frequenta la stessa attrice. Vittoriachiede a Padrolino, servo di Pantalone, informazioni si Pantalone e su Graziano ed egli sta algioco, rispondendo com’è giusto. Ella si comporta come una prostituta di alto bordo, fredda e

     professionale, attenta solo a monetizzare il suo fascino per assicurarsi una vecchiaia tranquilla.Il canovaccio dice con serenità ciò che gli ecclesiastici sostengono, ovvero che le attrici attiranogli uomini, disgregano l’unità familiare, suscitano liti e questioni fra spasimanti rivali. Il

    canovaccio non si apre mai alla rappresentazione della rappresentazione. Sappiamo solo che larappresentazione si conclude con un dato sonoro, “un gran romore d’arme” proviene dallastanza delle commedie. Lo spettacolo è finito in rissa, come tante volte denunciato dagli uominidi Chiesa. In un crescendo drammatico Vittoria finisce per essere vittima delle proprie artiseduttrici e viene sequestrata da alcuni gentiluomini e dai loro bravi, come prostituta da quattrosoldi, con la quale ci si può consentire di tutto. Il ritratto è l’unico canovaccio di ambiente

     borgese dei cinquanta dello Scala che presenta in cui un adulterio, pienamente consumato evissuto, si consuma in ambiente borghese tra Vittoria, Pantalone e Graziano sposatirispettivamente con Isabella e Flaminia che hanno da tempo una relazione con i giovani Orazioe Flavio che, approfittando dell’assenza dei rispettivi mariti, si godono una lunga sera d’amore.L’ultima pagina del canovaccio ci mostra l’arrivo a casa dei due che, accolti dalle loro mogli e

    dai giovani amanti che fingono di essere rimasti li a protezione delle donno le quali, esortano iloro mariti a lasciar perdere le commedie e a governare casa e mogli. E’ evidente che Scala puòrappresentare così freddamente la macro società dei normali solo perché chi ha offerto una piùspietata fotografia della micro-società dei trasgressivi comici intineranti. L’erranza rappresental’altra faccia della immoralità intrinseca agli attori.

    LA SCENA ELISABETTIANA TRA CINQUECENTO E SEICENTO.

    Il Rinascimento italiano è caratterizzato da una rottura drastica rispetto al teatro medioevale: nelle piazze il popolo continua ad assistere a spettacoli religiosi e a corte il principe e un pubblico elitarioassiste invece e spettacoli laici costruiti sui principi della teatralità classica (Plauto, Terenzio,tragedie greche). Delle altre nazioni europee soltanto la Francia subisce l’influsso del classicismo

     propagato dal Rinascimento Italiano, il Seicento Francese corrisponde al Cinquecento Italiano. Negli altri grandi paesi europei, come Inghilterra, Spagna e Germania, la storia teatrale prosegue la

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    tradizione del teatro medioevale. In queste nazioni il teatro registra una dimensione di massa ed haun respiro popolare.

    -  La contaminazione degli stili: Si impone naturalmente una mentalità moderna e i contenutireligiosi cedono il passo a contenuti laici: Shakespeare tratta conflitti di potere, eventi recentidella storia inglese, vicende d’amore e organizza gli intrecci ignorando le unità di luogo e ditempo senza porsi vincoli spazio-temporali, e mescolando gli stili favorendo la contaminazionefra tragico e comica, come per il teatro medioevale. In tragedie come Amleto, Otello e Macbeth,ad esempio, non mancano scene e situazioni comico-buffonesche.

    -  I testi sono scritti assecondando i gusti del pubblico: Shakespeare era in grado di leggere illatino ma segue i gusti semplici del suo pubblico adattando a questo le suggestioni della culturaclassica. Piace Seneca e i tragici greci perché l’orrido e il tragico piacciono molto agli spettatoridel tempo.

    -  La produzione commerciale: in una metropoli come Londra tutta protesa nei traffici enell’arricchimento è tanta la sete di divertimento. Il bacino degli spettatori è molto ampio e ilruolo del teatro è paragonabile a quello della televisione oggi e chi scriveva per il teatro erainserito in un contesto di produzione commerciale su commissione da elaborare in tempi rapidi,spesso a più mani per far più in fretta, e di cui l’autore per primo si disinteressa una volta trattoil guadagno pattuito. I copioni di S. ci sono giunti in via fortunosa, con redazioni spesso diverse,aggiunte, interpolazioni.

    -  Aspetti contraddittori del quadro inglese:•  a Londra si definiscono i primi tratti di quella che si chiamerà industria dello spettacolo.•  Il teatro non è un privilegio per pochi ma c’è un pubblico di spettatori paganti fatto di

     popolani (che pagano un penny stando in piedi in platea) e di borghesi e aristocratici che a

    un prezzo più elevato siedono nei palchetti.•  Proprio e solo in Inghilterra è eccezionalmente forte l’opposizione al principio stesso di

    teatro non solo da parte della Chiesa ma dai Puritani, quella parte di protestanti inglesi particolarmente rigoristi. Quando i Puritani di Cromwell prenderanno il potere, oltre adecapitare il re, imporranno la chiusura di tutti i teatri tra il 1642 e il 1660

    -  Al tempo di Elisabetta I che regna tra il 1558 e il 1603 dominano comunque le City e questospiega il fatto che i primi edifici teatrali siano costretti a nascere al di fuori delle City, sulla rivameridionale del Tamigi, dove si trovano bordelli e arene per i combattimenti degli animali,molto amati dagli inglesi.

    -  L’edificio teatrale: è simile all’arena da combattimento, di forma vagamente circolare, a cieloaperto, diverso dalle consuetudini del Rinascimento Italiano. (vedi Sinisi-Innamorati).

    -  Un teatro scenograficamente povero, senza effetti di luci visto che le recite sono diurne. Si è parlato di scenografia verbale per intendere che sono le parole dei personaggi a evocare il tipo diambientazione (notte, alba, foresta, deserto). Anche le compagnie teatrali sono in qualche modo

     povere, cioè snelle, non più di una mezza dozzina di attori che riescono a recitare diverse parti(in Shakespeare ci sono anche venti o trenta personaggi).

    -  Il professionismo femminile: Mancano le attrici, e questo sempre a causa della forte pressionemoralizzatrice dei Puritani, e i personaggi femminili sono recitati da giovanetti vestiti da donne,come nel teatro di corte italiano della prima metà del Cinquecento. Questo spiega perché ilteatro elisabettiano sia a protagonismo maschile. L’invenzione della donna, come detto, è meritodei comici dell’Arte le cui tournées in Francia e Spagna valgono a incoraggiare la pratica del

     professionismo teatrale al femminile. In Inghilterra essi sono meno presenti, per ragionigeografiche ma anche per via dell’opposizione religiosa tra cattolici e anglicani. Le attrici

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    arriveranno solo con la riapertura dei teatri, con il ritorno del nuovo re Carlo II notoriamenteamante nel teatro e delle attrici.

    -  Gli attori perseguitati dalla legge, perché equiparati a vagabondi, per sfuggire alla durezza dellalegge che prevede la frusta e persino l’impiccagione, sono costretti a mettersi sotto la protezionedi qualche nobile indossando la livrea del loro padrone. Shakesperare lavora nella compagniadei Lord Chamberlain’s Men, che diventa poi quella dei King’s Men, cioè servitori del Re.

    -  Il teatro è lo specchio fedele di una società, quella inglese, dinamica e pronta ad imporsi sullascena mondiale, caotica, fatta di avventurieri, ribelli, uomini liberi e spregiudicati sul pianoesistenziale, culturale e religioso. Le biografie di alcuni autori di teatro sono in tal sensosignificative.

    Christoper Marlowe (1564-1593),  laico, blasfemo, omosessuale, collaboratore dei servizi segretimorirà, nemmeno trentenne, in seguito ad una rissa in una taverna londinese. Riscuoterà un grande

    successo popolare con Tamerlano il grande, mitico condottiero asiatico del trecento, esempio per leimpetuose individualità eroiche di una Inghilterra lanciata alla conquista dei mari. Nel  Doctor Faustus (1593) attinge a un best seller tedesco del 1587 da cui verrà il più celebre Faust di Goethe. Ne L’ebreo di malta, registra le tensioni anti ebraiche della società europea, fornendo un indubbiomodello al Mercante di Venezia di S.

    Thomas Kyd (1558-1594) amico e delatore di Marlowe verrà arrestato e sospettato di ateismo.  Latragedia spagnola  è un bell’esempio di tragedia della vendetta  che avrà larga diffusione nellaciviltà elisabettiana insieme ad altri ingredienti tipici come la follia simulata, il malvagiomacchiavellico, la presenza dei fantasmi.

    Solo Ben Jonson (1572-1637) è attento ai precetti classici ma ciò non impedisce che dal suoVolpone (1606) venga fuori un lucido realismo che fotografa implacabilmente la durezza e ilcinismo della società del tempo.

    In questo quadro generale giganteggia William Shakespeare (1564-1616) della cui vita pocosappiamo. Sposato con figli ma anche aperto ad una sorta di bisessualità non infrequente nel suotempo.-  Artisticamente non rappresenta un miracoloso fiore solitario ma il punto più alto di un ricco

     panorama di scrittori e di geniali mestieranti della penna. I-  l suo modo di operare è quello di tutti gli altri: un lavoro di scrittura artigianale fatto spesso di

    adattamenti di testi già scritti da altri, con segmenti dialogici sistemati approssimativamente,

    interpolazioni che gli attori fanno durante la rappresentazione (l’ Amleto  è quasi sicuramenteuna ripresa di un precedente Amleto scritto da Kyd). Altre fonti di ispirazione sono leChronicles di Raphael Holinshed che gli servono per le sue histories, drammi storici su sovraniinglesi. Ma usa anche la tradizione delle Vite parallele di Plutarco per costruire Giulio Cesare oCoriolano o Antonio e Cleopatra.

    -  Egli è un attore influente, manager di compagnia ma non propriamente grande interprete(sceglieva per se le parti secondarie). Il suo impegno principale era quello di fornitore di copioni scritti parte in versi e parte in prosa. Il blank verse è un verso sciolto, non rimato, il cui ritmo siavvicina al ritmo del parlato inglese. 

    Amleto

    Ricavato da un antico racconto popolare scandinavo. Il re di Danimarca è morto, la regina èconvolata rapidamente a seconde nozze con il cognato. Lo spettro del morto sovrano appare al figlio

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    Amleto e gli rivela che è stato in realtà avvelenato dal proprio fratello Claudio. Amleto indugia pertutto il tempo della tragedia, e solo alla fine, realizza la vendetta dovuta uccidendo lo zio e morendoegli stesso. Molte sono le interpretazioni:-  Amleto visto come l’eroe del dubbio, l’intellettuale riflessivo il cui eccesso di riflessione frena

    e impedisce il passaggio all’azione. A. è presentato come studente dell’università tedesca diWiyyenberg (quella di Lutero ma anche del Faustus di Marlowe). 

    -  Freud spiega invece la lunga esitazione di Amleto a vendicare il padre morto con un oscurosenso di colpa, cioè con il complesso edipico: in fondo Amleto si identifica nello zio, che harealizzato i suoi desideri inconsci di uccidere il padre e sposare la madre. Uccidere lo ziasarebbe come uccidere se stesso. 

    -  Il critico polacco Jan Kott allarga l’obiettivo dal personaggio all’intera tragedia: C’è del marcioin Danimarca”, “la Danimarca è una prigione”, piccole isolate battute che Kott riconduce ad unclima di sospetti, spionaggi, inquisizioni (Polonio fa spiare il figlio che studia in Francia e fa

    spiare Amleto, il re fa spiare Amleto…). Ne viene fuori in Amleto letto in chiave politica chetraduce bene le angosce della società dell’Est europeo sotto il comunismo.-   Non è in realtà fondata l’immagine di un Amleto dubbioso, che sfugge continuamente

    all’azione. Amleto rinvia e prende tempo perché è alle prese con un semplice sospetto diomicidio, e comunque il suo informatore è uno spettro, e prima di uccidere (e di uccidere un re,massima autorità umana) si preoccupa di capire se non si tratti di una invenzione diabolica, di“uno spettro dannato”.

    -  Per altro in alcuni passaggi della tragedia si mostra risoluto e sicuro: manda a morte con unostratagemma due individui che il re gli ha messo alle costole per ucciderlo e uccide egli stessocon la spada Polonio che si è nascosto dietro ad un arazzo per origliare il dialogo di A. con lamadre. E sempre nel terzo atto A. estrae la spada dal fodero” per uccidere Claudio inginocchiato

    a pregare, ma lo risparmia per evitare che la sua anima risulti salvata.-  In quanto a Freud va considerato che quando Amleto uccide Polonio che si è nascosto dietrouna tenda, trafiggendolo con la spada, egli subito domanda e spera che il morto sia il Re.Amleto colpisce quindi credendo proprio di trafiggere il Re. La scena si svolge infatti in unastanza degli appartamenti della Regina il cui accesso è riservato soltanto al Re. 

    -  Meglio stare rigorosamente alla lettera del testo. Prima dell’incontro sconvolgente con lospettro emergono il dolore e la sofferenza di S. difronte ad una madre che si è risposata a suolodue mesi dalla morte del marito. Nella scena dell’incoronazione del re, Amleto compare vestitoa lutto, in nero, per marcare il suo dissenso. Claudio interpreta in termini di potere, come unaforma di protesta per una sorta di usurpazione. La madre lo invita a spogliarsi degli abiti di luttoma A. si scusa e assicura che non è questione solo di apparenze, di cose che sembrano, di vestiti

    neri che devono simboleggiare il dolore. Il dolore c’è, è dentro il suo cuore, nel profondodell’anima.

    -  Il discorso metateatrale: Amleto fin dall’inizio accenna a quello che sarà un tema importante, ildiscorso metateatrale, il teatro dentro il teatro, la forma teatrale della tragedia che si faoccasione di riflessione sul teatro. 

    -  L’incontro con lo spettro: per Amleto costituisce una folgorazione estatica, un incontro con ilnume, il dio, l’oltre. Da questo punto in avanti Amleto è risucchiato dal commandment del

     padre, sostantivo tipico delle Sacre Scritture. La piattaforma del castello di Elsinore, su cuiappare lo spettro, è il Monte Sinai dove Amleto riceve le tavole della legge che Amleto

     promette di appuntarsi sul suo taccuino impegnandosi non solo alla vendetta ma ad unrinnovamento esistenziale che azzeri pratiche di vita banali, prive di senso, tra cui l’eros, e

    dunque Ofelia. La rivelazione dello spettro apre un abisso fra Amleto e la donna, l’universofemminile. L’omicidio di Claudio ricade su Gertrude considerata come quasi complice e su

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    E. Buonaccorsi – Primo anno, D.a.m.s. (feb. – mag. 2013)

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    Ofelia che sarà oggetto di allusioni sessuali da parte di Amleto. Nella scena quarta A. rinfacciaalla madre la decisione di legarsi a Claudio accennando appena che suo padre è stato ucciso daClaudio in quanto non c’è bisogno di rivelarle ciò che ella già sa. Gertrude e Ofelia di