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2 Reg. al Trib. di Napoli n. 5112 del 24/02/2000. Spedizione in abbonamento postale 70% Direzione Commerciale Imprese Regione Campania Marzo/aprile 2009 – Anno X Periodico della Fondazione Mezzogiorno Europa – Direttore Andrea Geremicca – Art director Luciano Pennino Periodico della Fondazione Mezzogiorno Europa – Direttore Andrea Geremicca – Art director Luciano Pennino CONFRONTO DI IDEE E PROGRAMMI PER IL FUTURO DELL’EUROPA DI FRONTE ALLE NUOVE SFIDE L’EUROPA NON PUò DARE RISPOSTE TRADIZIONALI Conversazione di “Mezzogiorno Europa ” con Emma Bonino Dalla crisi si esce con maggiore integrazione PRIMA LE PERSONE UNA NUOVA DIREZIONE PER L’EUROPA Forte per i Cittadini Manifesto del PPE Elezioni Europee 2009 Manifesto della Confederazione europea dei sindacati Manifesto di Confindustria per le elezioni europee 2009 PER UNEUROPA PIÙ FORTE: IL RUOLO DELL ITALIA ANCI IDEALI Il decalogo di

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Rivista Mezzogiorno Europa

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2Reg. al Trib. di Napoli n. 5112 del 24/02/2000.

Spedizione in abbonamento postale 70%Direzione Commerciale Imprese Regione Campania

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Periodico della Fondazione Mezzogiorno Europa – Direttore Andrea Geremicca – Art director Luciano PenninoPeriodico della Fondazione Mezzogiorno Europa – Direttore Andrea Geremicca – Art director Luciano Pennino

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DI FRONTE ALLE

NUOVE SFIDE

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RISPOSTE

TRADIZIONALI

Conversazione di “Mezzogiorno Europa” con Emma Bonino

Dalla crisi si esce

con maggiore integrazione

Prima le Persone

Una nUova direzione

per l’eUropa

Forte per i Cittadini

Manifesto del PPE

Elezioni Europee 2009

Manifestodella Confederazione europeadei sindacati

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il ruolo dell’italia

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Il decalogo di

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le sfide dell’europaDi fronte alle nuove sfidel’Europa non può dare risposte tradizionaliMarco Plutino – Ivano Russo �������������� 2

integrazioneConversazione di “Mezzogiorno Europa”con Emma Bonino.Dalla crisi si esce con maggiore integrazione �������� 8

documentiManifesto PSE:Prima le persone.Una nuova direzione per l’Europa ������������13

Manifesto PPE:per le elezioni europee 2009Forte per i Cittadini ����������������� 24

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Manifesto di Confindustriaper le elezioni europee 2009Per un’Europa più forte: il ruolo dell’Italia �������� 29

Il decalogo di ANCI IDEALI ������������ 35

euronoteAndrea Pierucci ������������������ 46

som mario Sullo scor-s o numero della Rivista, nel recensi-re il libro di Gianni Pittel-la “L’Europa in-dispensabile”, si

auspicava che la campagna elettorale per le elezioni po-litiche europee avvenisse attraverso la presentazione ai cittadini europei di piat-taforme programmatiche fatte di opzioni credibili, comprensibili e realizza-bili. Possibilmente frutto di riflessioni maturate nelle famiglie politiche europee. Di seguito presentiamo una serie di documenti dei protagonisti delle prossime elezioni che, pur “non inediti” si è deciso di riprendere, sia perché adottati in tempi recentissimi, sia, soprattutto, perché esprimono for-malmente e con chiarezza le posizio-ni dei maggiori protagonisti politici e sociali in questa competizione elet-torale e tuttavia appaiono ancora del tutto ignorati dal grosso dell’opinione pubblica europea.

Il lettore leggendo, tra gli altri documenti proposti, i contributi dei

due principa-li raggruppa-menti euro-pei, il Partito del socialismo europeo e il

Partito popola-re europeo, non

avrà difficoltà a rilevare una certa standardizzazione di toni, argomen-ti, obiettivi. Segno non solo o non tanto dell’assenza ormai di opzioni ideologiche alternative e dirompenti, quanto di una questione che attiene al Parlamento europeo e che è non solo istituzionale ma “politica”. Seb-bene sia ormai un co-decisore impor-tante di tutte le politiche dell’Unio-ne, quest’organo non riesce ancora a svolgere un ruolo propulsore. In ciò non è aiutato certamente dal modo

DI FRONTE ALLE NUOVE SFIDE L’EUROPANON PUò DARE RISPOSTE TRADIZIONALI

I DOCUMENTI CHE SI DOVREBBERO

CONOSCERE CON LE POSIZIONI

DEI PRINCIPALI PROTAGONISTI

DELLA COMPETIZIONE

ELETTORALE EUROPEA

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in cui continua a funzionare, essen-zialmente consociativo, tale da non consentire la formazione di una mag-gioranza e di una opposizione politi-ca tipiche di contesti bipolari.

Da parte nostra, continuiamo ad auspicare con l’ottimismo della vo-lontà quanto meno lo sviluppo di un vivace confronto pubblico sul futuro dell’Europa, anche se le prime setti-mane di campagna elettorale ufficiale si rivelano come assai deludenti. In ciò la realtà italiana amplifica solo un dato complessivo.

Già le elezioni del 1999 e del 2004 si risolsero in poco più che con-sultazioni sul gradimento del governo in carica e sull’agenda politica nazio-nale. O come tali vennero percepi-te da sistema dei partiti e opinione pubblica. Sfortunatamente entrambe precedevano di poco le consultazio-

ni politiche (2001, 2006), intervenendo in un qua-dro di dissoluzione delle maggioranze politiche che faceva dell’appuntamento elettorale un’ideale occa-sione di polemica politica contingente. Le condizio-ni di oggi sono diverse. E tuttavia paradossalmente proprio questo si rivela un fattore di accentuazione del relativo disinteresse

verso le elezioni europee, schiacciate tra altri appuntamenti – il referendum sulla legge elettorale e il test delle ele-zioni amministrative – percepiti con ben maggiore interesse dal sistema politico. Ne è testimonianza l’ulti-mo contributo di idee dello scom-parso Baget Bozzo (“il voto conta ma non per l’Europa”, Il giornale 5 maggio 2009) teso a ribadire, come una constatazione piuttosto che una opinione, il significato “esclusiva-mente nazionale” delle elezioni del 6 e 7 Giugno.

In effetti vi sono due ragioni reali di interesse della politica italiana ver-so gli esiti delle elezioni, ma in verità esse non sono estranee – anche se tale pertinenza non viene colta dal dibatti-to – al tema del futuro dell’Europa. Da un lato la verifica dello stato di salu-te del progetto del Partito democrati-

co, una cosa che in Europa non c’è “in natura” e che in queste ore pare stia con-ducendo ad una soluzione interlocutoria (non federa-zione con il Pse, ma grup-po unico con alcune zone

franche di autonomia). Dall’altro la capacità di sopravvivenza delle for-mazioni politiche minori già escluse dal parlamento nazionale.

Due questioni peraltro intreccia-te. Che chiamano con molta serietà il modo (debole) in cui l’Italia sta in Europa. La prima e più importante è la questione della collocazione del Partito democratico nel Partito del socialismo europeo, oggetto di for-mule compromissorie di ogni tipo, linguistiche, organizzative al limite della dissociazione mentale. Sebbe-ne le identità europee siano in tra-sformazione vi è ancora chi rinun-ciando ad un lavoro di costruzione dell’identità del nuovo Pse, resiste rispetto all’ovvietà del dato che rac-coglie i partiti del centro-sinistra nel contenitore socialista. Si potrebbe a lungo parlare delle ragioni che conducono a tale solu-zione, ma resta indiscutibi-le il passo indietro rispetto al limpido approdo al so-cialismo europeo di cui fu protagonista l’iniziativa “diplomatica” di Giorgio Napolitano a cavallo tra gli anni ’80 e i ’90 (che resta documentato nel suo “Al di là del guado”). Con que-sto non si vuole certo sostenere che il socialismo europeo sia in buona salute. Dopo la stagione d’oro della metà degli anni Novanta – con Gran Bretagna, Italia, Francia e Germania governate da schieramenti progressi-sti – la sinistra riformista europea ha decisamente segnato il passo. Non è qui il caso di tornare sulle ragioni

di una crisi profonda di idee e con-tenuti, valori e visioni, su cui pure abbondantemente si è scritto, anche su questa rivista. L’esperienza del-la Terza Via blairiana, unico nuovo contributo strutturale di idee a sini-stra dai tempi di Bad Godesberg e dell’Epinay, è stata rapidamente ac-cantonata come se, il pur grave er-rore della partecipazione di Londra al conflitto in Iraq, avesse trascinato in un sommario giudizio di stronca-tura tutto il portato di temi, proposte e politiche di governo promossi dal New Labour tra il 1996 e il 2007. Lo stesso “Socialismo dei cittadini” di Zapatero, che ha in parte offerto una risposta ad alcuni grandi temi della modernità – diritti civili, etica, libertà individuale, rapporto tra fede e poli-tica, tra dimensione privata e scelte

pubbliche, pari opportunità – non è riuscito a diventare base comune di un nuovo manifesto dei valori del so-cialismo in Europa. Così l’Europa di fronte a grandi interrogativi e nuove sfide sembra trovare più rassicuran-ti le risposte tradizionali – pur assai diverse da Paese a Paese – delle for-ze conservatrici aderenti al rinno-vato PPE. E però proprio lo stato di

“cantiere” del socialismo europeo renderebbe assai più costruttivo e fecondo un contributo proget-tuale di tutti “dall’interno”. Tanto più – ed ecco la seconda questio-ne nazionale ed europea – che mentre si fa strada la soluzione

DAGLI ESITI ELETTORALI LA

VERIFICADELLO STATO

DI SALUTE DEL PARTITO

DEMOCRATICOE DELLA CAPACITà DI SOPRAVVIVENZADELLE FORMAZIONI

MINORI

MACROSCOPICA SPROPORZIONE

NELLA LEGITTIMAZIONE DI UN PARLAMENTARE

ITALIANORISPETTO AD UN

COLLEGA EUROPEO

SEBBENE SIA UN CO-DECISORE

IMPORTANTEDI TUTTE LE POLITICHE

DELL’UNIONEIL PARLAMENTO

EUROPEO NON RIESCE

ANCORAA SVOLGERE

UN RUOLO PROPULSORE

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che abbiamo definito interlocuto-ria, un nuovo cartello elettorale che aspira a divenire un soggetto politi-co – “Sinistra e libertà” – già annun-cia, contraddicendosi, che dividerà i propri futuri deputati europei in ben tre gruppi. Ma a quella parte del Pd che in passato era parte integrante, senza distinguo, del socialismo eu-ropeo, non può non far specie che alcuni deputati di questo soggetto si iscriveranno a pieno titolo al gruppo Pse, costituendo un interlocutore, certamente assai debole, ma ogget-tivamente “ufficiale” più di altri del socialismo europeo in Italia.

Siamo in una fase quanto mai aperta dell’integrazione europea, in un momento in cui è evidente che stare fermi non si può. Abbiamo un nuovo trattato in bilico, tra ratifiche effettuate e un futuro in sospeso. Il

Trattato di Lisbona è nato attraverso assai consuete procedure inter-go-vernative dopo la doccia fredda del quinquennio “costituzionale” che si è aperta con l’approvazione della Carta dei diritti fondamenta-li. Quella fase si è conclusa con un Trattato-costituziona-le nato con grandi ambizioni ma, in verità, dotato, a fron-te di qualche indubbio passo avanti sulla via dell’integra-zione, di scarso potere di fa-scinazione in una congiuntu-ra tra le più difficili di tutto il processo di integrazione eu-

ropea e di quasi nulla funzionalità potenziale.

Di ciò in Italia non si parla, ed anzi si opta per il grottesco. Nei gior-ni scorsi il parlamento nazionale si è impegnato in una seduta dedicata alla determinazione di linee di indi-rizzo politico volte ad orientare il go-verno in sede europea su tre semestri di presidenza dell’Unione: il primo di questi – quello francese – era già con-cluso da vari mesi, il secondo è or-mai anch’esso in via di conclusione. Perché sottoporci a esercizi di stile, peraltro atti a coprirci di ridicolo in tutta Europa, nel momento in cui vi è più bisogno di affermare che i par-lamenti nazionali sono – dovrebbero essere – ancora a fondamento della democrazia europea? L’art. 10 del Trattato di Lisbona dice che i governi sono democraticamente responsabi-

li davanti al proprio parla-mento e davanti ai cittadi-ni delle posizioni assunte nelle sedi europee. Non è forse il parlamento nazio-nale ad essere irresponsa-bile davanti ai cittadini per le posizioni assunte dal go-verno senza alcun manda-to specifico presso le istitu-zioni europee?

Sempre l’art. 10, ci ricorda – ormai un po’ stanca-mente – che “il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democra-zia rappresentativa”. Il funzionamen-to dell’Unione, e non solo degli Sta-

ti che la compongono. Allora viene un dubbio sull’essenza della demo-crazia rappresentativa: sgombrato il campo alle questioni – invero molto teoriche – della configurabilità di un demos europeo, basterebbe arrivare ad applicare quella disposizione dei trattati che consente al Parlamento europeo di elaborare progetti vol-ti a permettere l’elezione dei suoi membri al suffragio universale di-retto, sulla base di una procedura uniforme in ciascuno Stato membro o conformemente a principi comu-ni. In tanti anni nessun passo avanti significativo è stato compiuto in tal senso, fatta eccezione per qualche “illuminata”, e isolata, anticipazione dal sapore un po’ velleitario: pochi ricordano il politologo francese Du-verger eletto al parlamento europeo in Italia come indipendente dell’al-lora PCI-PDS a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90. Attualmente sul sistema che conduce alla composizione del Parlamento europeo c’è una Babele: alla distribuzione dei seggi su base nazionale si affianca quella, invalsa altrove, su base regionale. Le soglie di sbarramento sono le più varie, alcu-ne, come quella italiana finora previ-sta, praticamente inesistenti. Perfino le date delle elezioni differiscono, un dato che forse appartiene alla cultu-ra istituzionale di altri sistemi (dove resta, però, molto problematico) ma che in Europa denuncia solo la natura secondaria, o almeno così avvertita, dell’appuntamento.

Sbarramenti a parte, giustamente alti quelli utili al seggio, ma aggira-bilI con “listoni” – altrettanto saggia-mente quasi minimi quelli relativi al finanziamento dei partiti, per ragioni connesse alla prudente tutela della parità di opportunità nell’accesso alla competizione politica (anche a costo di consentire sprechi e distorsioni), il punto vero almeno per l’Italia resta un altro. È quello che caratterizza la presenza della preferenza, normal-mente plurima, e del livello della competizione, la circoscrizione. Alla fine tutto è rimasto com’era. Il nostro sistema prevede mega-circoscrizioni, grandi quanto piccoli o piccolo-medi pesi dell’Unione, attraverso le quali i nostri candidati sono costretti a muo-versi freneticamente, con comprensi-bili difficoltà di gestione del collegio anche nel corso dello svolgimento del futuro mandato. Ma soprattutto a raccogliere per essere eletti, in parti-colare nei partiti maggiori, montagne di preferenze. Centinaia di migliaia. Ciò rende il nostro sistema, sulla car-ta, tra quelli maggiormente demo-cratici e partecipati. Di conseguen-za dovrebbe risultarne una notevole caratura della nostra rappresentanza a Bruxelles nei posti-chiave rispetto a parlamentari di altri stati che sono eletti con sistemi anche non dissimili da quelli invalsi da noi per le elezio-ni politiche. Ma tale criterio non esi-ste perché ovviamente sopravanzato dalla necessità di garantire equilibri politici fondati sulla rappresentanza

per Stati di provenienza. Resta così una sproporzione nella legittimazione (e nella fatica) di un parlamentare italiano ri-spetto ad un collega europeo. E, guardando alla assenza di qualsiasi omogeneità tra i si-stemi elettorali nazionali, ri-spetto ai colleghi “nominati” al parlamento nazionale, pur-troppo, anche qui, non trova

UNA SCELTA CORRETTA

IN PUNTO DI ETICA PUBBLICA

CHE PERò RISCHIADI ESSERE

PENALIZZATADAL VOTO

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adeguato riscontro leggendo gli or-ganigrammi dei partiti. Anche que-sto attiene al futuro dell’Europa e al modo in cui ad essa si guarda.

Quale rappresentanza ne conse-gue? Il passato ci ricorda che i nomi in lista di maggiore richiamo (sia po-litici che new entry, come uomini e donne del mondo dello sport e dello spettacolo) sono in grado di sfiorare il milione di voti in una sola circo-scrizione, e, dal momento che non è vietata la candidatura in una plu-ralità di circoscrizioni, numeri ancora maggiori. Ciò ha consentito livelli di partecipazione alle elezioni droga-ti – ennesima variante dell’ambiguo europeismo all’italiana – e peraltro non corrispondenti ai risultati ulti-mi in termini di composizione della rappresentanza. Sussistendo una in-compatibilità tra il mandato di parla-mentare europeo e quello nazionale troppi nomi hanno avuto un ruolo di puro traino rispetto alla lista, optando poi immancabilmente per il mante-nimento del seggio nazionale. Tale strategia è stata pubblicamente de-nunciata e ora ufficialmente ricusata dal neo segretario del Partito demo-cratico, in nome di una scelta cor-retta in punto di etica pubblica, ma che rischia, in assenza di un accordo bipartisan, di essere penalizzata ec-cessivamente dal voto, evidenziando ancora una volta un cortocircuito tra etica e sovranità popolare.

Una scorsa delle varie liste elet-torali non è purtroppo incoraggiante. Ne risulterà comunque una delega-zione nazionale variopinta e impro-babile, al netto di poche eccezioni, prevalentemente distratta o assente rispetto ai grandi dossiers in discus-sione a Bruxelles, con continue di-missioni o avvicendamenti non ap-pena si renda disponibile una carica istituzionale ritenuta più appetibile, talvolta anche di livello regionale o locale.

Questa sub-cultura incide in modo assai negativo sul peso e sulla qualità del sistema politico italiano presso le istituzioni comunitarie.

Il sistema non funziona a dovere, apparendo troppo dispendioso per alcuni, dotati di una immagine meno forte o meno sostenuti da organizza-zioni in modo ufficiale, e inefficace in generale. Bisognerebbe adottare re-gole in grado di moltiplicare spazi per coloro che vogliono investire qualche lustro ad accumulare expertise per muoversi nella incredibile complessi-tà della macchina comunitaria.

Anche così, oltre a migliorare la qualità della deputazione meridiona-le, si costruisce il partito europeo.

La evidente debolezza di alcune liste lascia trasparire che sarà invece il capo carismatico ad attrarre la gran parte dei voti necessari a trasformar-si in un numero congruo di seggi, realizzando in modo surrettizio un meccanismo di “lista bloccata” non dissimile da quella nazionale. dif-ferenziando i pochissimo capaci di raccogliere consenso personale per tenere le posizioni di testa della lista, e i tanti “riempitivi” che saranno altri-menti e in altri tempi cooptati. In ogni caso il partito – anche stante l’assen-za in lista di leader riconosciuti (me-glio se effettivamente disponibili poi ad optare per il seggio europeo) – ha perso, confezione delle liste a parte, qualunque capacità di orientamento nella selezione della classe politica. Determinando una competizione dove l’unico elemento di flessibilità e l’unico momento di condensazio-ne di rapporti politici resta la prefe-renza plurima.

L’Italia insomma si muove in con-trotendenza rispetto ad una impor-tante novità di queste elezioni. Finora poco più di una sommatoria di parti-ti nazionali accomunati da un’aria di famiglia. Mentre le prossime elezioni dovrebbero – il condizionale è d’ob-

bligo – vedere da protagonisti i partiti europei propriamente detti.

I Trattati commettono ai partiti europei la funzione di contribuire a formare una coscienza politica eu-ropea ed esprimere la volontà dei cittadini dell’Unione (art. 10 già cit.). Negli ultimi anni si è proceduto final-mente ad attuare l’art. 224 del Trat-tato di Lisbona (ex art. 191, secondo comma, del TCE), secondo cui è pos-sibile adottare regolamenti che deter-minino lo statuto dei partiti politici a livello europeo, ivi comprese norme relative al loro finanziamento. Sono disposizioni inattuate, che rimonta-no alla stagione d’oro di Maastricht e alle importanti appendici di Niz-za, precedenti al presente, sfortuna-to decennio.

Le forze politiche riunitesi su basi di affinità culturale, in coordinamen-ti già tra gli anni ’40 e ’50 e poi, negli anni ’70, in Confederazioni (salvo il più precoce esempio del Partito popolare), hanno dato vita negli anni ’90 a sedicenti “Partiti” (tra cui il “partito del socialismo europeo”, nome europeo: Pes, dal 1992). Ciò, ma in verità ancor più l’attivismo

dei gruppi parlamentari, ha indub-biamente accompagnato e favorito la parlamentarizzazione dell’Unione e senza questi svolgimenti difficilmente la Commissione europea si sentirebbe oggi così responsabile verso il Parla-mento europeo (ciò che ha condotto a dimissioni dell’intera Commissione, a scelte di gradimento sulle nomine di commissari, etc.). La stessa perdita di identità, e il trascoloramento in conte-nitori – processo visibile soprattutto nel partito popolare europeo – da un lato riflette le inquietudini dei sistemi politi-ci nazionali investiti da una inedita tra-sformazione delle società e dal conse-guente superamento o ri-modulazione delle antiche linee di frattura politiche, dall’altro ha reso paradossalmente più importante l’affiliazione di tutti i par-titi continentali in contenitori di livello europeo. In questo quadro è emersa

UNA COMPETIZIONE DOVE L’UNICO

ELEMENTO DI FLESSIBILITà

RESTA LA PREFERENZA

PLURIMA

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anche una preferenza per le affiliazio-ni espressioni di una logica bipolare (popolari-socialisti), magari nella pro-spettiva futura di un funzionamento competitivo della dialettica parlamen-tare europea. Il presidente Napolitano, con discorsi e scritti, da anni richia-ma l’importanza di questo processo per formare in modo pragmatico ma sostanziale e radicato (cioè senza ri-correre ad improbabili “surrogati“ dei popoli), un’opinione pubblica prima che un sistema di partiti continentale. Ebbene, mentre finora soltanto i Grup-pi del Parlamento europeo – in teoria proiezione “istituzionale” dei partiti, in pratica relativamente autonomi – ave-vano un chiaro status giuridico e fi-nanziario, ora anche i partiti possono contare su una base giuridica chiara e su risorse proprie. Nel frattempo, per inciso, resta aperta la questione dello status dei parlamentari, oggetto di pu-gnaci campagne giornalistiche queste sì continentali.

Tralasciando la ricostruzione puntuale di un lungo e faticoso pro-cesso durato quasi un decennio (in parte ricostruito in “Partiti europei e gruppi politici nel nuovo Europar-lamento dell’Unione a 25”, volume-saggio della Delegazione italiana del Gruppo socialista al Parlamento eu-ropeo, a cura di G. Pittella e M. Esposito, 2005), va almeno ricor-dato che un regolamento adot-tato congiuntamente dal Par-lamento europeo e dal Con-siglio il 4 novembre 2003 (reg. Ce n. 2004), relativo allo statuto e al finanziamen-to dei partiti politici a livello europeo e un recente nuovo regolamento (reg. Ce n. 1524 del 2007) recante modifiche, hanno creato uno scenario giu-ridico nuovo rispetto alle elezioni precedenti. Le ricadute politiche e istituzionali di tale nuovo quadro giu-ridico sono rimesse alla capacità dei

partiti nazionali e dei leader europei di prendere sul serio la sfida della costruzione graduale di un sistema politico a livello europeo, secondo il principio che tende a far collimare il livello delle responsabilità, del con-trollo e del consenso, a quello delle decisioni. I partiti godono ancora di una certa capacità di mettere ordine nella moltitudine degli interessi e dei valori, avvicinando governanti e go-vernati. È la sfida dei nascenti partiti europei che deve tradurre in atto la logica del sistema rappresentativo cui si ispira formalmente l’Unione.

Le principali novità attengono ad una inedita, netta distinzione di fun-zioni – e di accesso alle risorse pubbli-che e private – tra i “gruppi parlamen-tari”, che operano nelle istituzioni, e i “partiti politici europei” propriamente detti, ai quali è affidato esplicitamente di entrare in rapporto con la società europea, costruendo canali autonomi di comunicazione, dialogo, dunque rappresentanza rispetto alla presenza finora ingombrante dei partiti politici nazionali. Questi ultimi hanno finora pressoché monopolizzato i proces-si di decisione. Come si è visto non

mancano segnali di una inversione di tendenza, almeno nei limiti in cui la dirigenza dei partiti europei non sia il semplice specchio di quelli nazionali ma acquisti una consistenza autono-ma. Si richiede una classe politica ad hoc, non semplicemente fiduciaria dei leaders dei partiti politici nazionali ma che si riveli in grado di conquistar-si sul campo una indipendenza e uno spazio di azione che nel tempo pos-sano rendere appetibile agli stessi lea-der dei partiti nazionali un ruolo attivo nei suddetti partiti operanti a livello europeo in alternativa ai classici ruo-li comunitari istituzionali “governanti” (in particolare la Presidenza della Commissione). La nuova disciplina non ha ricadute solo organizzative e finanziarie, ma anche sui processi di elaborazione culturale e politica. Se è vero che d’ora in poi i gruppi po-litici si occuperanno solo del lavoro parlamentare e della sua divulgazio-ne (comunicazione politica, da inten-dere come “politico-istituzionale”), i partiti si occuperanno propriamente di predisporre programmi politici, di organizzare le attività delle campagne elettorali e ben oltre il voto di ope-rare con continuità al di fuori delle istituzioni, nei rapporti con la socie-

tà, oltreché cercando di orientare maggiormente l’attività istitu-

zionale dei gruppi stessi, per ora piuttosto autore-

ferenziale. Gran parte di questo lavoro è di

impostazione cul-turale, altra par-te di organizza-zione politica. I partiti saranno perciò affian-cati, secondo il modello te-desco, ritenuto generalmente tra i più validi

del continente,

da “Fondazioni politiche a livello europeo”, anche costituite in reti, le quali svolgeranno “attività di osser-vazione, analisi e arricchimento del dibattito sulle politiche pubbliche eu-ropee e sul processo di integrazione europea”. Il nuovo scenario offre un ulteriore spunto al livello naziona-le: vige la massima trasparenza nella pubblicazione dei bilanci e dei dona-tori, il divieto di ottenere risorse dai gruppi parlamentari e di trasferirne ai partiti nazionali, la forte limitazione alla possibilità di contribuzioni prove-nienti dai partiti nazionali “azionisti”, ma anche la garanzia della stabilità finanziaria dei partiti. Vuol dire che i partiti possono contare su risorse pub-bliche e private, ma le risorse pubbli-che devono essere tali da consentire lo svolgimento continuativo dell’atti-vità politica in un quadro di stabilità e sicurezza. Si tratta di una cifra as-sai esigua, 10,6 milioni di euro per il 2008, ma che crescerà se i partiti acquisteranno concretezza. Quanto all’Italia giunge ancora una volta una lezione di trasparenza dalla “opaca” Europa: necessità della personalità giuridica, risorse pubbliche certe per-ché la politica deve potervi contare per operare con il respiro lungo, pur tuttavia vincolate ai principi su cui si fonda l’Unione (democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo, etc.), bilanci tra-sparenti e “certificati”, divieto assoluto di donazioni anonime.

Il cammino è appena segnato, la strada lunghissima. Per ora, in verità, di questo affiancamento dei partiti politici europei a quelli nazionali nel-la difficile campagna elettorale per il rinnovo del parlamento europeo non v’è traccia, anche perché, del resto, latitano gli stessi partiti nazionali. E i candidati sono costretti ad arrangiarsi come possono. Gli interessi deboli, come quelli espressi dal Mezzogior-no d’Italia, pure.

E così non va bene.

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Nelle sue esperienze di Com-missario europeo e di Ministro per le Politiche Europee, riferendosi alla lotta al terrorismo interna-zionale, ha più volte denunciato la deriva di un’Europa che vuole essere una grande potenza civile, attivando strumenti e procedure di “soft power”, ma che rischia poi di essere ripiegata su sé stessa, “un’Europa della paura”. Ancora un rischio o, qualcosa di più?

Ammetto che è sempre sta-to difficile, da federalista con-vinta quale sono, controbattere ai detrattori dell’Europa quando sostengono che “l’Europa è un gigante economico, un nano po-litico, e un verme militare”. Ma personalmente non demordo nel-la mia battaglia per un’inversio-ne di tendenza verso un’Europa meno ombelicale e più consape-vole delle proprie potenzialità nel momento in cui non può sottrar-si dalle responsabilità che si deve assumere a livello internazionale. I padri fondatori – penso a Schu-man, De Gasperi, Monnet, Spinel-li – avrebbero colto l’occasione di questa crisi economica che ci ha investito per esortarci ad andare

avanti nella direzione di una mag-giore integrazione, diversamente da coloro che oggi pensano che nazionalismi e localismi vari siano una risposta capace di reggere la sfida della globalizzazione, penso anzitutto agli inevitabili flussi mi-gratori che assumeranno propor-zioni sempre maggiori.

L’attuale assenza dell’Europa,

della sua voce e delle sue poten-zialità, è avvertita come una delle cause dell’instabilità, dell’inquie-tudine, delle difficoltà che il mon-do intero sta attraversando. Quan-te possibilità restano all’Euro-pa di riscattarsi, di esserci nel mondo globale e di ripartire dal Trattato di Lisbona per definirsi e farsi valere come potenza civi-le globale?

Se l’Europa vuole davvero svolgere un ruolo di peso a livel-lo internazionale dovrebbe innan-zitutto dotarsi una politica estera comune e abbandonare l’attuale situazione, in cui ventisette mini-stri degli Esteri agiscono in ordine sparso e sempre in base alle pre-rogative e agli interessi dei singoli Stati. Qui però rileva il dato della

sovranità nazionale, di cui la po-litica estera e di difesa è conside-rata l’espressione più tipica. Da questo punto di vista il Trattato di Lisbona compie un piccolo passo avanti prevedendo la figura di un rappresentante per gli Affari esteri dotato di un proprio servizio di-plomatico, ma si tratta di una fi-gura che risponderebbe ancora ad una visione intergovernativa dell’Europa. Più in generale si può dire che il Trattato di Lisbona, seb-bene abbia sostanzialmente man-tenuto la maggior parte delle in-novazioni che facevano parte del trattato “costituzionale” messo in soffitta dopo il no referendario di Francia e Olanda, ha perduto quel carattere costituzionale, tanto è vero che esso non è interamente sostitutivo dei trattati preesistenti ma si limita ad emendarli.

Guardando al nostro Paese: la drammatica vicenda dell’Abruzzo ha riproposto il problema dell’as-setto geologico del territorio e del patrimonio abitativo come una delle più grosse fragilità italiane. L’immane tragedia che ne è sca-turita è anche frutto di “irrespon-sabilità diffuse” come sostenuto

dal Capo dello Stato. Come evitare -pro futuro- di ritrovarci in situa-zioni simili?

Questa deriva ormai ses-santennale di diffusa illegalità e mancato rispetto non solo delle leggi dello Stato ma anche della Costituzione, è proprio la situa-zione che come Radicali abbia-mo voluto denunciare attraverso il dossier dal titolo La Peste Ita-liana, presentato pochi giorni fa. Dal momento immediatamente successivo al varo della Carta fondamentale della Repubblica, il sistema dei partiti, lungi dallo svolgere la funzione costituziona-le di consentire ai cittadini di con-correre con metodo democratico a determinare la politica nazio-nale, si è subito messo all’opera per sottrargli strumenti di parte-cipazione, come la scheda refe-rendaria e quella per le elezioni politiche regionali, rese effettive solo nel 1970, a distanza di ven-ti anni dall’entrata in vigore della Costituzione. Questo è solo un esempio delle storture che da su-bito hanno minato le fondamenta della democrazia e dello Stato di diritto nel nostro Paese, ma po-tremmo andare avanti parlando del ruolo della Corte costituzio-

Conversazione di “Mezzogiorno Europa” con Emma Bonino

Dalla crisi si escecon maggiore integrazione

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grazio

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nale, del Parlamento etc. L’Italia può sperare in un cambio di pas-so solo se riuscirà a smantellare l’attuale sistema oligarchico e par-titocratrico, erede diretto del regi-me fascista del Partito-Stato.

Lo scorso 8 aprile il Gover-no è stato battuto alla Camera sull’articolo 5 del decreto sicu-rezza, la norma che autorizzava il fermo di 180 giorni per gli immi-grati nei Centri identificazione ed espulsione. È passato, infatti, il doppio emendamento di Pd e Udc che chiede di sopprimere la norma sui clandestini. Secondo il ministro dell’Interno Maroni, ciò “mette in discussione tutto l’im-pianto delle politiche di contra-sto all’immigrazione”. Anche se il clima resta non favorevole, il voto sul doppio emendamento Pd-Udc è da interpretare come un segno che le cose possano cambiare? E che l’approccio -tipicamente italiano- all’immigrazione quale “demone” possa essere almeno temperato?

Intanto la formula usata dal ministro Maroni mi sembra in-quietante. Se mai si tratta di va-rare misure in grado di contra-stare l’immigrazione clandesti-na, che alimenta le mafie e la criminalità organizzata, ma non certo l’immigrazione regolare, di cui l’Italia come sappiamo ha assoluto bisogno. Quanto al cli-ma e alla percezione negativa diffusa nel Paese, è ormai chiaro che le principali forze politiche hanno fatto della “caccia all’im-migrato” uno strumento politico, cercando di inasprire anziché smorzare la tensione nel Pae-se e lo hanno potuto fare grazie alla complicità dei media, inclu-so purtroppo il servizio pubblico radiotelevisivo.

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La Cameradi CommercioIndustriaArtigianatoe Agricolturadi NapoliA servizio dell’Economia.

L’ATTIVITÀ DELLEAZIENDE SPECIALI:

- AGRIPROMOS

- CESVITEC

- COM.TUR

- EUROSPORTELLO

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Valorizzazione dei prodotti agroalimentari e servizi per lo sviluppodelle aziende agricole e alimentari della provincia di NapoliVia S. Aspreno, 2 - 80133 NapoliTel. +39 081.7607112 - Fax +39 081.5527688E-mail: [email protected]

Centro per la promozione e lo sviluppo tecnologicodelle piccole e medie imprese del MezzogiornoPalazzo Borsa Medici - C.so Meridionale, 58 - NapoliTel. + 39 081.5532101 - Fax +39 081.5535128E-mail: [email protected]

Azienda Speciale per la promozione e lo sviluppodelle piccole e medie imprese del settore commercio, turismo e terziarioPalazzo Borsa Medici - C.so Meridionale, 58 - NapoliTel. + 39 081.2665121 - Fax +39 081.285465

Azienda Speciale per le attività internazionaliPalazzo Borsa Medici - C.so Meridionale, 58 - NapoliTel. +39 081.284217 - Fax +39 081.287675 - E-mail: [email protected]

Analisi e certificazioni merceologiche ed ambientaliPalazzo Borsa Medici - C.so Meridionale, 58 - NapoliTel. +39 081.5547757 - Fax +39 081.5633740E-mail: [email protected]

Centro per la protezione e lo sviluppo tecnologicodelle imprese artigianeVia S. Aspreno, 2 - 80133 NapoliTel. +39 081.4971180 - 081.4971188 - Fax +39 081.5527887E-mali: [email protected]

Per la risoluzione non contenziosa delle controversietra imprese e tra imprese, enti e consumatori e/o utentiE-mail: [email protected]

Sede:

BORSAMERCI:

REGISTRO IMPRESE:

Ufficio di collegamento U.E.:

Via S. Aspreno, 2 (Piazza G. Bovio)80133 NapoliTel. +39 081.760.71.11Fax +39 081.552.69.40E-mail: [email protected]

Corso Meridionale, 5880143 NapoliTel. +39 081.760.76.29Fax +39 081.28.54.65E-mail: [email protected]

Centro Direzionale is. C280143 NapoliTel. +39 081.760.79.60Fax +39 081.562.90.72E-mail:[email protected]

1040 Bruxelles - Rue de l’Industrie, 22Tel. 0032-2-2891250Fax 0032-2-5032668E-mail: [email protected]

web:www.na.camcom.it

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I cittadini d’europa do­vranno fare una scelta politica determinante in occasione delle prossime elezioni europee.

in un momento in cui le perso­ne, in tutta europa, stanno affron­tando sfide senza precedenti – la recessione economica e la disoc­cupazione crescente a causa della crisi finanziaria globale, gli aumen­ti dei prezzi dei generi alimentari e dei carburanti, la diminuzione del potere d’acquisto e l’aumento del rischio di povertà, il cambiamento climatico e le minacce alla sicu­rezza, dal terrorismo alla criminali­tà – è in gioco una scelta tra partiti politici con idee molto diverse per il futuro dell’Unione europea.

È una scelta tra la nostra visio­ne di un’europa di progresso nella quale i cittadini, gli stati membri e le istituzioni lavorano assieme per risolvere le questioni che più preoccupano i cittadini europei; o un’europa conservatrice nella quale il futuro dei nostri Paesi e della persone viene lasciato nelle mani del mercato.

ii Partito del socialismo eu­ro peo è impegnato a creare una società più giusta e più sicura, affrontando le sfide che noi tutti abbiamo di fronte mettendo in primo piano le persone.

nel mondo di oggi, sempre più interconnesso, nessun Pae­se è in grado di risolvere proble­mi globali agendo da solo. la cri­si finanziaria e la recessione eco­nomica dimostrano chiaramente che gli avvenimenti in una parte del mondo possono avere un im­patto devastante che arriva fino a noi. l’azione concertata degli europei ha dimostrato la sua uti­lità dandoci modo di affrontare la crisi finanziaria. se si fosse dato ascolto ai reazionari che combat­tono contro l’Unione europea, i nostri paesi si sarebbero trovati in balìa della crisi, senza interlo­cutori né mezzi per trovare una risposta coerente.

Per noi l’Unione europea è la connessione vitale nell’era del­la globalizzazione. Pone i nostri Paesi in una posizione più forte per risolvere problemi globali che hanno un impatto locale. abbiamo bisogno di una cooperazione eu­ropea più attiva per affrontare le nostre sfide comuni e migliorare la vita delle persone. l’entrata in vigore del trattato di lisbona, sot­toposto a ratifica da tutti gli stati membri, renderà l’europa meglio in grado di fronteggiare queste sfi­de comuni in modo democratico, trasparente ed efficace.

sono passati trent’anni dalle prime elezioni dirette del Parla­mento europeo, che ha un ruolo chiave nella realizzazione della nostra visione di un’Unione eu­ropea che mette le persone in primo piano. il Partito del socia­

lismo europeo è la vostra voce che promuove i vostri interessi e sostiene le vostre cause. Ci im­pegniamo a:

• rilanciare l’economia e preve­nire nuove crisi finanziarie

• Un patto sociale più giusto nel­la nuova europa

• Far sì che l’europa sia la for­za che guidi la lotta contro il cambiamento climatico

• realizzare l’uguaglianza di genere in europa

• sviluppare un’efficace politica migratoria europea

• Valorizzare il ruolo dell’euro­pa come partner per la pace, la sicurezza, e lo sviluppo

i partiti progressisti, di sinistra e centrosinistra, quando sono al governo a livello regionale o na­zionale, migliorano concretamen­te la vita delle persone.

negli ultimi cinque anni i con­servatori hanno avuto in europa la maggioranza – nella maggior parte degli stati membri e nelle istituzioni dell’Unione europea. Cosa hanno fatto? sono riusci­ti a fronteggiare la crisi finanzia­ria? si sono dedicati al problema dell’aumento dei prezzi alimentari e dell’energia? Hanno combattuto la povertà e le diseguaglianze? la società oggi è più giusta di cinque anni fa? Hanno sostenuto le no­stre iniziative per offrire maggiori e migliori opportunità di lavoro? Loro hanno seguito il mercato. Noi seguiamo le nostre convinzioni.

i conservatori parlano spes­

so di crisi sociali ed economiche come se fossero avvenimenti inevitabili, una legge di natura. ma non sono affatto inevitabili. È una questione di scelte politiche. Così come viviamo in un periodo di cambiamento e rischio globa­le, viviamo anche in un periodo di enormi opportunità. Dobbia­mo promuovere una miglior co­operazione in europa per gestire la globalizzazione a beneficio di tutti. Loro dicono di adattarsi al mercato. Noi diciamo che i citta-dini devono poter decidere il pro-prio futuro.

abbiamo bisogno di una forte maggioranza di progresso in eu­ropa perché introduca le riforme essenziali per assicurare il futu­ro benessere dei cittadini europei e della società nel suo insieme. Queste riforme sono vitali per li­berare le persone dall’angoscia che le colpisce in tutta l’Unione europea, dove si affronta una lotta quotidiana per arrivare alla fine del mese, a causa della recessione economica, dell’aumento del co­sto della vita, della disoccupazio­ne (con 17 milioni di disoccupati e un numero maggiore di lavora­tori precari colpiti per primi dalla crisi economica), del rischio sem­pre presente di perdere la casa e dalle profonde diseguaglianze so­ciali (con oltre 78 milioni di perso­ne – molti dei quali bambini – che vivono al limite o sotto la soglia di povertà).

la crisi finanziaria globale ha messo in luce le debolezze di

Prima le PersoneUna nUova direzioneper l’eUropa

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se un’economia di mercato non re­golata. sono tempi molto difficili per l’economia globale. l’anno passato ha visto due shock sen­za precedenti – la peggiore restri­zione del credito dagli anni ’30 e un record nell’aumento dei prez­zi dell’energia e delle derrate ali­mentari. abbiamo bisogno di una cooperazione attiva in europa e a livello globale per iniziative co­ordinate che affrontino i problemi nei sistemi finanziari nazionali ed internazionali; e c’è bisogno di un’azione fattiva per trasformare l’economia – attraverso investi­menti nelle priorità­chiave – per assicurare un futuro prospero e sostenibile per tutti in europa.

i conservatori hanno persegui­to una politica di fiducia cieca nel mercato, al servizio degli interessi di pochi e non della collettività ed oggi vediamo i danni che possono causare i mercati mal regolati. ma sappiamo che si può fare qualco­sa. Possiamo rilanciare l’econo­mia in europa e creare una socie­tà più giusta e più sicura per tutti in una nuova europa sociale.

il nostro programma di riforme di progresso ha il fine di migliorare significativamente la cooperazio­ne europea – sulla base dei nostri valori di uguaglianza, democrazia, dignità umana, solidarietà, liber­tà e giustizia – e può produrre il cambiamento di cui i cittadini eu­ropei hanno così disperatamente bisogno.

Noi socialisti, socialdemocra-tici e democratici progres-sisti condividiamo valori co-muni ed una comune visione. Lavoreremo insieme per una Europa più giusta, sicura e ri-spettosa dell’’ambiente. Insie-me siamo la forza per il cam-biamento.

Le sfidel’europa è una delle regioni

più ricche del mondo. C’è chi so­stiene che non siamo più in grado di permetterci elevati livelli di si­curezza sociale, ma l’europa è il più grande mercato economico e lavorativo al mondo e abbiamo la possibilità di garantire che sia un mercato al servizio delle persone, dei lavoratori e delle imprese.

Tutti i cittadini europei devo­no avere un lavoro di qualità e ri­spettato che li metta in condizio­ne di condurre una vita dignitosa. Dobbiamo agire per promuovere una crescita economica reale e per investire nei lavori di qualità e nelle nuove tecnologie. al con­trario dei conservatori, rigettia­mo il concetto che l’occupazione e i diritti sindacali rappresentino soltanto costi che devono esse­re ridimensionati. all’opposto, si tratta di fattori vitali per il nostro successo economico, poiché con­tribuiscono a motivare i lavoratori, aumentando la qualità del lavoro,

promuovendo l’armonia sociale e incentivando la partecipazio­ne dei dipendenti alle decisioni aziendali. I conservatori dichiara-no che la globalizzazione rende necessario lavorare di più e più a lungo. Noi progressisti sappiamo che non è la globalizzazione ma solo la cattiva politica che porta a conseguenze sociali negative. Non si tratta di lavorare di più, ma in modo più intelligente.

la crisi finanziaria globale e la recessione economica hanno colpito duramente le persone. la crisi finanziaria ha mostrato che mercati globali mal regolati possono avere un impatto diret­to sulla vita delle persone: la più grande disparità tra dirigenti su­per pagati e lavoratori sottopaga­ti, e il rischio crescente di perdere il lavoro o la casa. Dobbiamo aiu­tare coloro che ne hanno bisogno a risollevarsi. e dobbiamo preve­nire crisi economiche future stabi­lendo regole più adeguate per tut­ti gli attori finanziari. Questa crisi segna la fine dell’era conservatri­ce dei mercati mal regolati. I con-servatori credono in una società di mercato dove il ricco diventa più ricco, a discapito di tutti gli al-tri. Noi crediamo in un’economia sociale di mercato che permetta a ciascun membro della società di cogliere le migliori opportunità che la globalizzazione offre. Noi

crediamo nella solidarietà tra ge-nerazioni, non nell’individualismo della destra.

il cambiamento climatico è la più grande minaccia a lungo termine che il mondo si trova a dover affrontare. È un problema globale che richiede una soluzio­ne globale. I conservatori parlano di cambiamento climatico, ma noi crediamo più nelle azioni che nel-le parole. noi vogliamo azioni re-alistiche e concrete per protegge-re l’ambiente, e per riorientare la nostra economia verso una nuo-va crescita ecologica, innovatrice, creatrice di occupazione.

l’energia è ora per l’europa una fondamentale questione di sicurezza. Già importiamo il 50% della nostra energia, e potremmo salire al 70% per il 2030. Dob­biamo lavorare insieme a livello europeo per aumentare la nostra indipendenza energetica attra­verso lo sviluppo di fonti energe­tiche rispettose dell’ambiente e prodotte in europa. I conserva-tori credono che questo compito vada lasciato al mercato. Alcuni conservatori addirittura negano il cambiamento climatico, ignoran-do perfino evidenti prove scienti-fiche e si comportano in modo ir-responsabile di fronte alla serietà di questa minaccia. Ci impegnia-mo a fare dell’Europa il protago-nista nella lotta al cambiamento climatico.

l’Unione europea sta com­piendo degli sforzi per governare l’immigrazione, ma abbiamo biso­gno di fare di più e meglio. le mi­grazioni ci hanno portato innega­bili benefici, contribuito al nostro benessere e alla nostra prosperi­tà. Per assicurarci di continuare a godere dei benefici di una società più produttiva, prospera e plurale, ci impegneremo a fermare l’im­

“Possiamo costruire una societàpiù giusta dando prioritàagli interessi dei cittadini

Nel giugno del 2009diamo un nuovo senso all’Europa”

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migrazione clandestina ai nostri confini e combatteremo il traffico di esseri umani. i migranti lega­li devono avere gli stessi diritti e doveri degli altri lavoratori. l’asi­lo è un diritto umano fondamen­tale per coloro che fuggono dalla persecuzione, per questo motivo garantiremo un sistema rigoroso e giusto, che protegga chi è vul­nerabile e sfruttato, e che non sia soggetto ad abusi. il cambiamen­to climatico rischierà di provoca­re inoltre una nuova migrazione dalle regioni più povere, che dob­biamo saper prevedere. Dobbia­mo anche rendere gli immigrati in grado di integrarsi, per il loro bene e a beneficio delle comunità nelle quali vivono. I conservatori hanno giocato sul “fattore pau-ra”. Noi vogliamo risposte umane alle sfide dell’immigrazione lega-le e illegale.

le minacce alla democrazia e ai diritti dei cittadini non sono scomparse. il terrorismo, il cri­mine e l’estremismo attraversa­no i confini europei. Dobbiamo migliorare l’iniziativa europea per prevenire minacce alla vita e alle libertà dei cittadini all’inter­no dei nostri confini, senza com­promettere libertà fondamentali come la libertà di espressione o la protezione dei propri dati per­sonali. l’Unione europea deve anche agire al di fuori dei propri confini per promuovere la pace e lo sviluppo. Questo aumenterà la nostra sicurezza benefician­do chi vive nei Paesi più poveri. agendo insieme a livello di Ue, gli stati membri rafforzeranno la loro voce e la loro influenza nel contesto mondiale. I conservato-ri non fanno che parlare di questi principi di democrazia, di diritti dei cittadini, sicurezza e sviluppo, senza far nulla di concreto. Noi in-

vestiamo tutte le nostre energie per tradurli in realtà.

lavorando insieme in europa siamo più forti perché:

Condividiamo la più grande economia al mondo – e possiamo quindi creare maggiore e migliore occupazione e ridurre la povertà sviluppando gli scambi nel qua­dro di norme comuni;

le sfide ambientali non si fer­mano ai confini nazionali, pos­siamo perciò combattere il cam­biamento climatico e i suoi effetti solo se lavoriamo insieme per lo stesso obiettivo;

Possiamo promuovere soli­darietà e coesione, capisaldi del progetto europeo dal quale tutti abbiamo da guadagnare. la li­bertà di circolazione deve dare a tutti i lavoratori europei più liber­tà e opportunità, beneficiando le economie di quei Paesi nei quali questi lavoratori si sono stabiliti, ed evitando la fuga di cervelli dal­le regioni meno prospere. ma non deve mai portare alla riduzione dei livelli di protezione sociale o a tagli salariali destinati a creare un vantaggio competitivo a spese dei lavoratori;

le nostre forze di polizia e au­torità giudiziarie possono coope­rare per combattere la criminalità e il terrorismo.

Noi vogliamo un’Europa for-te e progressista. Il nostro manifesto delinea le politi-che di cui abbiamo bisogno per costruirla e per trasfor-mare le sfide in opportunità per tutti.

Le proposte1.rilanciare l’economia e prevenire nuove crisi finanziarie

la crisi economica e finanzia­ria globale sta colpendo duramen­te le nostre economie e la gente comune in tutta europa. i salari reali e il potere d’acquisto sono stati messi a repentaglio. noi non staremo fermi a guardare passiva­mente queste vicende. l’euro ha giocato un ruolo molto efficace nel proteggere le economie europee nel contesto della crisi finanziaria globale. adesso bisogna fare più, per riformare i mercati finanziari, neutralizzare la recessione e rilan­ciare l’economia per creare nuova crescita e posti di lavoro.

la minaccia di un catastrofico cambiamento climatico cresce: se non interveniamo adesso, colpirà ulteriormente il pianeta e toccherà direttamente le nostre vite. siamo convinti che la lotta al cambiamen­to climatico possa trasformare l’economia europea e possa crea­re nuova crescita e posti di lavoro e prosperità per tutti in europa, in un’ottica nuova, “verde” e repon­sabile. Crediamo fermamente nei principi di sviluppo sostenibile, ba­sati su politiche economiche, so­ciali e ambientali coerenti.

l’Unione europea è il più grande mercato economico e del lavoro del mondo. lavorando in­sieme, saremo in una posizione

più forte per rilanciare l’economia attraverso il nostro piano per la crescita e il lavoro “verde e intelli­gente”. i sindacati e gli imprendi­tori hanno un ruolo importante nel contribuire alla realizzazione della crescita ecologicamente sosteni­bile in tutta europa.

le persone dovrebbero esse­re aiutate durante questa trasfor­mazione delle nostre economie. È imperativo che i nostri cittadini – di tutte le età – abbiano l’opportuni­tà di ampliare le proprie capaci­tà, trovare posti di lavoro nuovi e migliori e che siano messi in con­dizione di lavorare e studiare in europa. noi crediamo che questa azione a livello locale, regionale, nazionale ed europeo debba es­sere mirata ad aiutare le perso­ne ad attraversare la transizione e ad aprire opportunità nuove e migliori.

il bilancio europeo dovrebbe essere riconvertito sulla crescita ecologicamente sostenibile in pre­visione delle sfide future. Poiché è un bilancio solidale, deve servire a migliorare gli standard di vita e fa­vorire la coesione sociale e la cre­scita in tutta l’europa, così come a sostenere la convergenza delle regioni dell’Unione europea meno sviluppate, non da ultimo nei nuovi stati membri.

Riformare i mercati finanziari a servizio dell’economia re-ale, dell’occupazione e della crescita

il tumulto dei mercati finanzia­ri ha messo in luce l’importanza della cooperazione europea per prevenire il collasso del sistema bancario e per stabilizzare i mer­cati. l’azione coordinata a livello di Ue ha aiutato a proteggere i ri­sparmi delle persone, le pensioni

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e gli immobili. ma la crisi finanzia­ria ha rivelato errori profondamen­te radicati nel sistema dei mercati che bisogna affrontare per far sì che una crisi del genere non pos­sa avvenire di nuovo. Tutti gli attori finanziari dovrebbero avere chia­re responsabilità quando operano nei nostri Paesi.

in futuro vogliamo assicura­re che i mercati finanziari serva­no l’economia reale, il lavoro, e la crescita.

sulla base delle riflessioni che già hanno avuto luogo nell’Ue e a livello globale, proponiamo di riformare i mercati finanziari. la regolazione deve riguardare tutti gli attori finanziari. abbiamo biso­gno di nuovi standard per la tra­sparenza e per l’informazione. Devono esserci requisiti obbliga­tori di capitale per tutti gli attori fi­nanziari e limiti sull’eccessivo in­debitamento e i “bad loans” al fine di prevenire eccessi di rischio e di debito. Devono essere fissati limiti sulle retribuzioni e sui bonus dei dirigenti, in modo che i loro com­pensi riflettano sia le perdite che i profitti. sono necessarie nuove regole per prevenire conflitti d’in­teresse. Dobbiamo garantire che i lavoratori abbiano pieno diritto all’informazione e alla consulta­zione nelle eventuali cessioni di azienda, e che i dipendenti che contribuiscono a fondi pensione sappiano dove e come vengono investiti i loro soldi. inoltre il si­stema europeo di supervisione deve inoltre essere ulteriormen­te migliorato. Gli istituti finanziari devono dichiarare tutti i rischi nei loro bilanci. Dannose vendite allo scoperto hanno peggiorato la cri­si e dovrebbero essere moderate da autorità di regolazione. i Fondi speculativi e i fondi privati di inve­stimento devono essere sottoposti

a un controllo e a una regolazione più efficace, i cui principi­chiave saranno l’obbligo di trasparenza dei propri investimenti, disposizio­ni vincolanti d’informazione agli in­vestitori sui rischi, una limitazione dell’indebitamento.

Proponiamo di mettere fine ai paradisi fiscali, agli schemi di elusione fiscale e all’evasione, e di incrementare la lotta contro il ri­ciclaggio di denaro, sia nell’Unio­ne europea che a livello interna­zionale, così che tutti gli attori del mercato paghino la loro giusta quota di imposte nei Paesi nei quali operano.

Proponiamo di lavorare con tutti i nostri partner a livello globa­le per una riforma dell’architettura della finanza mondiale con lo sco­po di prevenire il ricorrere di crisi finanziarie e di sottomettere il po­tere delle istituzioni finanziarie al controllo democratico.

Una strategia europea per una crescita ecologica innovativa e creatrice di occupazione

Proponiamo una strategia eu­ropea ecologica e innovativa ca­pace di creare 10 nuovi milioni di posti di lavoro entro il 2020 – di cui due milioni solo nel settore delle energie rinnovabili – e che contribuirà a fare dell’europa il leader mondiale nell’innovazione, nonché nelle nuove tecnologie e nei prodotti orientati all’ambien­te. Questo anche sulla base della strategia comunitaria di lisbona, per fare dell’europa la più dinami­ca e competitiva economia della conoscenza al mondo, capace di crescita economica sostenibile con sempre maggiori e migliori po­sti di lavoro e una grande coesio­ne sociale. nell’Unione europea tutti i livelli di governo possono

lavorare insieme per stimolare la crescita ecologicamente sosteni­bile, in particolar modo attraverso riforme strutturali e politiche fisca­li. i progetti di investimento finan­ziati dall’Ue dovrebbero essere resi rapidamente effettivi per rag­giungere questi obiettivi. le pro­poste seguenti sono il centro della nostra strategia:

Trasformare i trasporti in eu­ropa nei più efficienti, economici e ‘puliti’, sia per le persone che per le merci. Ciò attraverso la co­struzione di una rete di ferrovie ad alta velocità che siano competitive ed economiche e che colleghino le maggiori capitali e regioni eu­ropee, rendendo semplice il pas­saggio dal treno ad altri mezzi di trasporto; creare uno spazio ae­reo integrato per ridurre i tempi di volo, permettendo agli aerei di percorrere rotte più dirette; rende­re più puliti i trasporti via mare e nelle acque interne, più efficienti e sicuri per i lavoratori e i passeg­geri; trasformare i nostri sistemi di trasporto cittadino. i sindaci socia­listi e progressisti stanno aprendo la strada con il loro manifesto per la mobilità Urbana del 2008, pro­ponendo nuove iniziative per ri­sparmiare tempo e costi e ridurre l’inquinamento. Proponiamo che sia la cooperazione europea a diffondere queste buone pratiche e a promuovere una mobilità ur­bana sostenibile in tutta europa, continuando a impegnarci per mi­gliorare la sicurezza su tutti i tipi di trasporto.

Proponiamo una iniziativa eu­ropea per espandere le infrastrut­ture energetiche e di trasporto di dati a banda larga, indispensabili all’economia europea di doma­ni. le piattaforme a energia eoli­ca offshore, per esempio, hanno bisogno di nuove reti elettriche

che attraversino i confini nazio­nali. lo sviluppo delle aree rurali dipende dall’accesso alla banda larga in ogni angolo d’europa. investimenti multimiliardari nello sviluppo delle reti sono necessa­ri in tutta l’europa. la Banca eu­ropea per gli investimenti, che è già impegnata nel finanziamento di infrastrutture energetiche e di telecomunicazioni, deve aumen­tare il suo impegno. Dovrebbe an­che essere previsto un maggiore uso dei Fondi strutturali europe in questi settori strategici.

l’efficienza energetica è uno dei modi migliori per far abbassa­re le bollette dei cittadini e creare nuovi posti di lavoro, per esempio nel settore dei materiali isolanti. Proponiamo una cooperazione at­tiva tra l’Ue, i governi, le autorità regionali e locali per aiutare i cit­tadini a far fronte all’aumento dei prezzi dei carburanti riducendo il loro consumo energetico, finan­ziando il miglioramento dell’effi­cienza energetica delle abitazioni, e garantendo che i prezzi richie­sti dai fornitori di energia siano giustificati e che la protezione dei consumatori sia effettiva.

Un aumento sostanziale degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione è essenziale per una crescita ecologicamente sosteni­bile e per la nostra prosperità a lungo termine. attualmente, gli stati Uniti spendono una volta e mezzo in più rispetto all’europa nel suo complesso. l’europa deve guadagnare terreno e diventare protagonista.

Proponiamo un Patto europeo per il Futuro dell’occupazione. Tutti i programmi europei dovreb­bero essere riesaminati per valu­tare quanta occupazione possa essere salvaguardata e creata. i progetti di investimento finanzia­

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ti dall’Ue devono essere messi in atto rapidamente. Devono esse­re sfruttate le possibilità offerte dal Fondo sociale europeo per integrare i disoccupati nel merca­to del lavoro e nella formazione. in una economia globale investire nell’educazione è fondamentale per la crescita e per la creazione di posti di lavoro pagati meglio e di miglior qualità. Proponiamo di finanziare un Programma per l’ac­crescimento di competenze con il bilancio corrente dell’Ue, per formare lavoratori in tutta europa nel settore, tra gli altri, dei lavo­ri ‘verdi’ del futuro, e delle ener­gie rinnovabili. Ci impegneremo anche per un accesso pieno ed eguale all’istruzione permanen­te, con speciale attenzione per l’educazione della ‘seconda pos­sibilità’ e alla formazione per co­loro che sono senza diploma. Ciò può essere sostenuto dalle politi­che europee, nazionali e regionali. Proponiamo di espandere i finan­ziamenti, nell’ambito del bilancio europeo corrente, per scambi a fini educativi e formativi, che inclu­dano, per esempio, apprendisti e lavoratori anziani, costruiti sul suc­cesso del programma erasmUs, e dando a più giovani possibile la possibilità di studiare all’estero. la mobilità dovrebbe essere la rego­la non l’eccezione. ogni giovane dovrebbe avere la possibilità di usufruirne.

se vogliamo stimolare l’attività e gli scambi in europa, e creare più lavori con alti livelli di norme sociali e ambientali, il mercato in­terno dell’Ue deve essere comple­tato e le procedure burocratiche per le imprese devono essere ri­dotte. la piccola e media impresa (Pmi) è la spina dorsale dell’eco­nomia europea e la più grande fonte di posti di lavoro. Va sem­

plificato il quadro giuridico delle Pmi attraverso uno statuto dell’ impresa europea, con un acces­so più semplice all’insieme del mercato interno, ai finanziamenti e agli incentivi per l’innovazione. i fondi propri, e quindi la capacità di concedere crediti. della Ban­ca europea per gli investimenti e della Banca europea per la rico­struzione e lo sviluppo dovreb­bero essere aumentati, e sem­plificata la concessione di credito per le Pmi.

la Banca Centrale europea deve incoraggiare la crescita e l’occupazione mantenendo la sta­bilità dei prezzi.

Mettere la modernizzazione dell’economia al servizio dei la-voratori e degli imprenditori

Proponiamo di aiutare gli im­prenditori ad anticipare i cambia­menti legati alle sfide climatiche e alle innovazioni tecnologiche. È questo il modo di preservare e di creare occupazione, aiutan­do i lavoratori ad acquisire nuove qualifiche se il loro lavoro è mi­nacciato da questi stessi cambia­menti. Ciò può essere realizzato in particolare attraverso il Fondo europeo di adeguamento alla Globalizzazione. Promuoveremo anche il dialogo sociale a livel­lo europeo per fare in modo che le imprese siano in grado di anti­cipare i cambiamenti e di parte­cipare alla riqualificazione della forza lavoro.

sosterremo la creazione di posti di lavoro assicurando che le imprese abbiano accesso al cre­dito per investire e crescere, per esempio attraverso la Banca eu­ropea degli investimenti. soster­remo inoltre lo sviluppo dell’eco­nomia sociale in europa, che at­

tualmente impiega oltre 5 milioni di persone, soprattutto nelle coo­perative, promuovendo l’adozio­ne di uno statuto europeo delle organizzazioni senza fine di lucro, adeguato alle associazioni, mutue e fondazioni.

Una nuova agenda europea di riforme di progresso è essen-ziale per estendere le oppor-tunità della globalizzazione a tutti i cittadini e per migliora-re le loro condizioni di vita.

2.Un patto sociale più giusto nella nuova europa

non importa chi siamo o dove siamo nati, in europa condividia­mo gli stessi valori di base rispetto al tipo di società che vogliamo e nella quale vogliamo vivere: una europa più sicura, con alti livel­li di vita, con un lavoro decente e stabile, in un ambiente sicuro e pulito.

le diseguaglianze esistenti e le nuove sfide globali sottopongo­no a nuove pressioni le persone e creano il rischio di fratture sociali permanenti nelle nostre società: tra i figli di famiglie povere e ric­che; tra i lavori ben pagati e quel­li precari e di bassa qualità; tra i poco e i molto qualificati; tra chi ha e chi non ha accesso a internet; tra gli immigrati e i nati in europa; tra donne e uomini.

Possiamo fronteggiare que­ste diseguaglianze indirizzando la cooperazione europea nel mi­gliorare la vita dei cittadini di tutta europa. Dobbiamo promuovere politiche migliori per proteggere le persone più vulnerabili durante

e oltre la recessione economica. Vogliamo costruire una nuova eu­ropa sociale insieme con le parti sociali, lavorando in particolare a stretto contatto con i sindacati, che condividono il nostro impegno nel mettere gli interessi e la dignità delle persone prima di tutto.

Pensiamo che la democrazia e i diritti dei cittadini nell’Unione europea siano essenziali per ga­rantire un patto sociale più equo. la cittadinanza deve essere inclu­siva, basata su diritti e responsa­bilità, come elemento di un futuro condiviso nel nostro continente. Vogliamo che tutti coloro i quali vivono e lavorano in europa par­tecipino alle decisioni sul proprio futuro. Crediamo che sia bene dare potere alle nuove genera­zioni, incoraggiando la parteci­pazione politica e sociale. sia­mo molto attenti ai punti di vista dei giovani europei, soprattutto quando si tratta della costruzio­ne di una nuova europa sociale, del miglioramento del dialogo in­terculturale, del cambiamento cli­matico, del ruolo dell’europa nel mondo e nella globalizzazione. Crediamo nella consultazione e nella partecipazione democratica attiva, così come abbiamo dimo­strato con l’ampia consultazione su questo manifesto.

l’Unione europea è fondata sui diritti umani, la non discrimina­zione e il rispetto per tutti. Consi­deriamo la diversità nelle sue più diverse forme – culturali, linguisti­che e religiose – come una delle più grandi risorse dell’europa.

l’economia europea ha inoltre portato molti benefici ai consuma­tori. Continueremo a batterci per i diritti dei consumatori in euro­pa nel solco del nostro successo nell’assicurare cibo e giocattoli più sicuri, viaggi e telefonate più

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convenienti. aumentando i diritti e la protezione dei consumato­ri, possiamo aiutare a costruire un’europa più sicura e giusta per i nostri cittadini.

Garantire un patto sociale più giusto

Vogliamo promuovere un Patto europeo per il Progresso sociale, che stabilisca obiettivi e standard per le politiche sociali, sanitarie ed educative nazionali, al fine di lot­tare contro la povertà e l’inegua­glianza, così come di sostenere lo sviluppo sociale ed economico dell’Ue. noi chiediamo che, in tut­ti i paesi dell’Ue. si garantiscano benefici sociali, per pensionati, disoccupati ed invalidi, adeguati ai loro bisogni e che gli permettano di vivere in dignità.

Proponiamo di includere una clausola di progresso sociale in ogni atto legislativo europeo e di tenere conto di valutazioni di im­patto sociale e ambientale quando si pone mano a norme europee. le politiche di liberalizzazione già adottate devono essere oggetto di una valutazione sociale. Propo­niamo che l’Ue compia una valuta­zione dell’impatto sociale delle sue politiche ambientali ed energetiche per sviluppare misure che evitino che queste politiche possano colpi­re più duramente i più poveri.

Proponiamo di costituire un quadro europeo per i servizi pubbli­ci, che garantisca ai cittadini acces­so uguale e universale, la qualità, l’autonomia locale e la trasparenza dei servizi pubblici, mantenendone l’integrità prevista a livello naziona­le. in tal modo le norme europee in materia di concorrenza e di di­ritto d’impresa non si contrappor­ranno ai diritti dei cittadini. i criteri sociali ed ambientali per attribuire

contratti e appalti pubblici a livel­lo europeo devono essere estesi e rinforzati.

Proponiamo un accordo euro­peo sui salari, che preveda salario eguale per lavoro eguale e ricono­scendo la necessità di minimi sala­riali decorosi in tutti gli stati mem­bri, secondo la legge o il contratto collettivo di lavoro, da applicare sia ai lavoratori locali che a quelli immigrati. i lavoratori non devono vedere i loro diritti sociali limitati dalla concorrenza.

intendiamo affrontare i pro­blemi creati dalla fuga dei cervelli provocata dalla migrazione di pro­fessionisti altamente qualificati e di lavoratori specializzati all’interno dell’europa e da paesi terzi.

agiremo in tutti gli stati membri per promuovere una politica fiscale più equa, che garantisca il finanzia­mento della protezione sociale dei cittadini europei.

opereremo per evitare lo sfrut­tamento dei lavoratori e per raffor­zare il diritto alla contrattazione collettiva. le recenti sentenze della Corte europea hanno creato incer­tezze sui diritti dei lavoratori e sulla contrattazione collettiva.

insieme con le parti sociali esa­mineremo l’impatto dei casi Viking, laval ed altri al fine di assicurare che tali diritti non siano messi a re­pentaglio. È’ essenziale un riesa­me della Direttiva Ue sulla mobili­tà dei lavoratori. Per incoraggiare il contratto collettivo di lavoro a li­vello europeo vogliamo sviluppare un quadro giuridico europeo per la contrattazione collettiva transna­zionale. inoltre, agiremo affinché si determini un massimale dell’ora­rio di lavoro, che sia coerente con i diritti alla salute e alla sicurezza e con un equilibrio normale tra tempo di lavoro e tempo di vita.

intendiamo rafforzare il dirit­

to dei lavoratori all’informazione e alla consultazione. la parteci­pazione dei lavoratori a livello eu­ropeo e globale è un argomento chiave per il futuro, un elemento vitale per un’europa sociale e una precondizione per un lavoro digni­toso. agiremo per aumentare la partecipazione dei lavoratori nel­le decisioni aziendali in tutta eu­ropa. a questo scopo, i diritti dei lavoratori all’informazione e alla consultazione devono essere pre­visti nelle Direttive sul diritto d’im­presa a partire dal modello della società di diritto europeo e i diritti dei comitati d’impresa europei de­vono essere rafforzati. Vogliamo inoltre promuovere un dialogo so­ciale più approfondito tra sindaca­ti ed organizzazioni imprenditoriali a livello europeo ed estenderlo ad altri settori.

Proponiamo di sviluppare una strategia a livello di Unione euro­pea sui diritti dei bambini per sra­dicare la povertà e garantire l’ac­cesso all’educazione, compresa l’educazione prescolare.

Proponiamo di promuovere una Carta europea dei Tirocini, per dare ai giovani che iniziano la loro vita lavorativa il riconoscimento dei loro diritti sociali e per assicurare loro condizioni soddisfacenti di la­voro sin dalle prime esperienze.

Proponiamo il consolidamento dei diritti individuali e collettivi dei consumatori, garantendo strumen­ti efficaci affinché siano rispettati nell’Unione europea.

Proponiamo di stabilire obietti­vi a livello europeo per il sostegno agli anziani, modellata su quella già in atto per l’infanzia, alla luce dell’invecchiamento della nostra popolazione e del bisogno di rag­giungere gli obiettivi della piena occupazione e dell’uguaglianza di genere.

Proteggere i diritti dei cittadini

la democrazia, la trasparenza e la responsabilità devono esse­re le pietre miliari di tutte le rifor­me delle istituzioni europee. ad esempio, proponiamo di raffor­zare la trasparenza prevedendo che i lobbisti e le agenzie di lob­by si debbano registrare presso le istanze comunitarie, esplicitando i loro interventi, le entità per con­to delle quali agiscono ed i loro contatti con i rappresentanti delle istituzioni.

Ci impegniamo a garantire che la legislazione dell’Ue rispetti i diritti dei cittadini come è dichia­rato nella Convenzione europea sui Diritti Umani e nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea. rafforzeremo la legisla­zione antidiscriminazione al fine di rendere effettiva l’eguaglianza di trattamento quali che siano le dif­ferenze di genere, origine etnica, disabilità, età, orientamento ses­suale e religione.

Proponiamo che venga garan­tita parità di trattamento per tutti i cittadini dell’Ue, senza discrimi­nazioni, quando questi si sposti­no nell’Unione, andando nella di­rezione del riconoscimento in tutti i Paesi dell’Ue dei matrimoni, del­le unioni civili e dei diritti parentali legalmente riconosciuti in un al­tro stato membro. 28. Vogliamo un ruolo maggiore delle regioni e delle collettività locali nella vita dell’europa, che rifletta il loro ruolo crescente nel mettere in atto le po­litiche europee e nella promozione del dibattito sull’europa tra i citta­dini. sosteniamo il riconoscimento e l’incoraggiamento della diversità linguistica e culturale dell’europa, come une delle sue più grandi ric­chezze e un aspetto fondamentale delle sua identità.

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Il nostro programma euro-peo di riforme di progresso è essenziale per costruire la nuova Europa sociale e per far progredire la giustizia e l’equi-tà nella vita dei cittadini.

Possiamo costruire una so-cietà più giusta mettendo pri-ma le persone. Nel giugno del 2009 diamo una nuova direzio-ne all’Europa

3.Far sì che l’europa sia la forza che guidi la lotta contro il cambiamento climatico

Dobbiamo affrontare adesso il cambiamento climatico per il bene dei nostri figli e dei nostri nipoti. entrare in azione ora consentirà all’europa di prendere la guida mondiale nello sviluppo di nuove tecnologie ambientali e di ridurre il rischio di una futura perdita di prosperità a causa del cambia­mento climatico. non fare niente metterà a rischio la vita sul piane­ta. l’europa deve quindi supera­re la sua dipendenza dal petrolio e dal carbone e mettersi alla gui­da di un nuovo accordo mondiale sul clima per il periodo successi­vo al 2012, andando oltre il trat­tato di Kyoto.

Condurre con successo un ne-goziato internazionale per un accordo globale sul clima

l’Ue deve guidare i negoziati internazionali per ottenere un ac­cordo al summit delle nazioni Uni­te alla fine del 2009 con l’obiettivo di ridurre le emissioni globali del 30% entro il 2020. nostro obietti­vo comune è assicurare che tutte le economie, sviluppate ed emer­genti, tra cui Usa, Cina e india, sottoscrivano l’accordo. siamo impegnati in un approccio globale e solidale, nel quale i Paesi svilup­

pati dovranno compiere uno sfor­zo rilevante.

Proponiamo di aumentare il sostegno dell’Ue ai paesi in via di sviluppo affinché combattano e al tempo stesso si adattino al cam­biamento climatico. l’Ue deve garantire massicci trasferimenti di tecnologie per assicurare che questi Paesi possano combat­tere la povertà e crescere eco­nomicamente senza peggiorare la situazione del riscaldamento globale. inoltre, dobbiamo garan­tire che le politiche europee non conducano a più alte emissioni di gas serra in Paesi terzi, evitando che le industrie ad elevato consu­mo energetico si spostino in altre parti del mondo dove i requisiti sul cambiamento climatico sono meno vincolanti.

Partendo dalle iniziative prese dai governi progressisti d’europa, l’Ue deve agire per la costituzio­ne di un forum mondiale dell’ener­gia e dello sviluppo, che riunisca l’insieme dei paesi del mondo, al fine di definire un progetto globale e a lungo termine per le politiche energetiche e per lo sviluppo so­stenibile del Pianeta.

Dare il buon esempio – una po-litica più ambiziosa dell’Unio-ne Europea sull’energia e sul clima

Proponiamo di introdurre una direttiva europea globale sul cli­ma, che definisca gli obiettivi e i piani di azione per tutti quei setto­ri non ancora contemplati dai testi esistenti (energia, agricoltura, ali­mentazione, costruzioni e traspor­ti) e che dia coerenza a tutte le azioni affinché l’Unione raggiunga i suoi obiettivi globali in materia di emissioni. Tutto il resto della legi­slazione che abbia un’incidenza

sul clima deve essere adattata per ottenere l’obiettivo di riduzione del 30% delle emissioni.

Proponiamo di elaborare una Politica energetica Comune eu­ropea basata sulla sostenibilità, sulla sicurezza energetica e l’in­dipendenza, sulla diversificazione delle fonti energetiche e la solida­rietà tra gli stati membri in caso di crisi energetiche. l’Ue deve, per esempio, aumentare l’offer­ta di energie rinnovabili favoren­do la costruzione di una rete per la Trasmissione elettrica ad alto Voltaggio affinché si possa distribuire l’elettricità prodotta da centrali eoliche marittime dal nord e dall’ovest dell’europa e l’elettricità solare proveniente dal sud dell’europa e dall’africa del nord.

sosterremo una moderna Po­litica Comune sull’agricoltura che promuova uno sviluppo comples­sivo e coerente delle zone rurali e dia valore al ruolo fondamentale degli agricoltori, riconoscendo il ruolo dell’agricoltura nel difendere l’ambiente, assicurare qualità del cibo e sicurezza delle scorte, pre­servare il paesaggio, e proteggere la salute di piante e animali. i bio­carburanti possono aiutare a di­minuire le emissioni nei trasporti, ma ciò non deve avvenire a spese della produzione alimentare euro­pea e mondiale, della protezione dell’ambiente e della biodiversità. la direttiva Ue sui biocarburanti deve essere rivista per garantire il rispetto di questi principi.

sta a ogni stato membro deci­dere se usare o no l’energia nucle­are. Comunque, vista l’importanza della sicurezza nucleare per tutti i Paesi europei, il monitoraggio del­le centrali nucleari già esistenti e di nuova costruzione deve essere coordinato a livello europeo.

Un programma europeo di ri-forme progressiste è essen-ziale per condurre la battaglia al cambiamento climatico.

4.realizzare l’uguaglianza di genere in europa

significativi passi in avanti sono stati fatti negli anni recenti per il raggiungimento di una autentica uguaglianza tra donne e uomini, specialmente grazie agli sforzi dei socialisti, dei socialdemocratici, dei democratici progressisti in col­laborazione con le organizzazioni delle donne.

Persistono comunque le dise­guaglianze: le donne in media gua­dagnano ancora il 15% in meno degli uomini a parità di lavoro; ed è molto più frequente che siano di­soccupate, emarginate dal merca­to del lavoro per mancanza di posti di lavoro adeguati, o siano impe­gnate in lavori sottopagati, o di bas­so livello, o a tempo parziale.

milioni di donne al mondo de­vono ancora affrontare lo sfrutta­mento e la violazione dei diritti, che si manifestano nelle forme del traf­fico di esseri umani, della violenza domestica e di altri abusi.

oltre mezzo secolo dopo aver acquisito il diritto di voto e l’eleggi­bilità, le donne non hanno ancora uno spazio politico adeguato sulla scena politica europea.

in alcuni paesi d’europa gli uo­mini non hanno quasi alcun diritto al congedo parentale alla nascita dei loro figli. le donne si trovano spes­so a dover decidere tra avere dei bambini e proseguire la propria car­riera. le coppie che lavorano tro­

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vano difficile tenere in equilibrio le loro responsabilità personali e pro­fessionali. noi possiamo cambia­re questo: quei Paesi europei che hanno fatto di più per aumentare i diritti e le opportunità delle donne hanno adesso i più alti tassi di par­tecipazione femminile nel mercato del lavoro e i più alti tassi di natalità. noi abbiamo promosso incessante­mente a livello locale, regionale e nazionale la creazione di strutture di assistenza per l’infanzia.

Continueremo a combattere gli stereotipi di genere e crediamo che rafforzare i diritti e le opportu­nità delle donne porterà significativi benefici economici, sociali e demo­cratici per tutti i cittadini europei.

Rendere l’uguaglianza di genere una realtà per tutti

Proponiamo di creare una Car­ta europea dei Diritti delle Donne, per migliorare i diritti effettivi e le opportunità delle donne in tutta l’Unione europea e per promuo­vere meccanismi che garantiscano l’uguaglianza di genere in tutti gli aspetti della vita sociale, economi­ca e politica.

Proponiamo che venga istituito e accresciuto il diritto al congedo per maternità e paternità per i cit­tadini in tutta europa secondo gli standard più alti.

Ci batteremo per una uguale rappresentanza politica di donne e uomini in tutte le istanze deci­sionali a livello europeo. in parti­colare opereremo per avere una rappresentanza paritaria di donne e uomini nella Commissione e nel Parlamento europeo e chiediamo l’istituzione di un commissario eu­ropeo per l’eguaglianza donne­uomini.

lavoreremo per sostenere i genitori a conciliare le proprie

responsabilità familiari e profes­sionali. Per raggiungere questo scopo, proponiamo che gli stati membri raggiungano l’obiettivo già fissato a livello dell’Ue di garantire almeno che il 33% dei bambini di meno di tre anni abbiano accesso ai servizi per l’infanzia e il 90% di scolarizzazione per quelli da 3 anni all’età scolare e che si diano inoltre obiettivi di qualità ai più alti livelli in tali servizi.

Porteremo avanti la battaglia per eliminare i divari salariali tra donne e uomini, condizione essen­ziale per migliorare gli standard di vita, combattere la povertà e acce­lerare la crescita economica.

incoraggeremo e sosterremo l’imprenditoria femminile, le donne scienziate e le ricercatrici, pemet­tendo loro l’accesso ad opportunità accresciute.

Garantiremo e difenderemo i diritti delle donne alla salute ses­suale e riproduttiva in tutta l’Ue.

Proponiamo di sviluppare gli strumenti di lotta contro il traffico di esseri umani e lo sfruttamento sessuale, attraverso una raffor­zata cooperazione giudiziaria e di polizia.

Proponiamo di incoraggiare e sostenere l’Ue e i suoi stati mem­bri nella lotta per l’eliminazione del­la violenza domestica e delle vio­lenze contro le donne, tra le quali quelle perpetrate ai danni delle donne appartenenti a minoranze etniche, attraverso tutti i program­mi e i fondi dell’Ue che possano essere utilizzati.

Un programma europeo di ri-forme di progresso è essen-ziale per affermare, conti-nuando il lavoro che abbiamo compiuto, l’eguaglianza tra i sessi a beneficio delle donne e degli uomini.

5.Sviluppare una efficace politica migratoria europea

le migrazioni sono una delle sfide chiave che devono affron­tare gli stati membri dell’Unione europea. Come progressisti eu­ropei abbiamo il dovere di affron­tarla sulla base dei nostri valori di giustizia, democrazia, diritti umani e solidarietà.

la sfida è quella sia di impe­gnarsi contro l’immigrazione clan­destina e la tratta di esseri umani che di garantire una politica corret­ta di accoglienza dei rifugiati per coloro che fuggono dalle persecu­zioni, di organizzare una immigra­zione legale equa e responsabile, rispondente ai bisogni economici dell’europa e rispettosa dei diritti degli immigrati e di facilitare l’inte­grazione degli immigrati nella loro nuova comunità con gli stessi di­ritti e doveri.

Capiamo le preoccupazio­ni espresse dai cittadini di fronte all’immigrazione. Questo è anche il motivo per cui vogliamo delle ri­forme. la risposta non è nei ghetti o nella xenofobìa, ma nelle vere ri­forme che assicurino integrazione, combattano l’immigrazione clande­stina, il lavoro nero e il traffico di esseri umani, e operino per creare una vita migliore per le persone nei Paesi più poveri al di fuori dell’eu­ropa prevenendo la fuga di cervelli dai Paesi in via di sviluppo.

Gestire l’immigrazione in modo efficace

Proponiamo di stabilire stan­dard comuni per l’immigrazione legale nei paesi dell’Unione euro­

pea, basati sulla solidarietà e sulla ripartizione dei pesi, pur nel pieno rispetto delle competenze degli stati membri.

Proponiamo che si stabilisca una Carta europea per l’inte­grazione dei migranti, basata su eguali diritti e responsabilità e sul mutuo rispetto, pienamente coe­rente con le politiche di ingesso e soggiorno. Vogliamo una poli­tica di integrazione che stabilisca un processo continuo d’inclusio­ne che preveda diritti di cittadi­nanza e di espressione, dando ad ognuno gli stessi diritti e do­veri. attenzione speciale va data all’integrazione delle donne, dei giovani e della popolazione dei rom europei. Proponiamo dunque di promuovere iniziative a livel­lo appropriato (locale, regionale, nazionale o europeo), come l’in­segnamento della lingua e della cultura, che sostenga la piena in­tegrazione dei migranti nelle loro nuove comunità.

Proponiamo di aumentare lo sforzo europeo per arrestare l’im­migrazione clandestina attraverso una comune politica di controllo delle frontiere esterne, una coope­razione migliorata per combattere il traffico criminale di esseri uma­ni e accordi di collaborazione con i Paesi terzi, incluse le procedure di riammissione.

siamo impegnati nel raffor­zare la cooperazione con gli sta­ti terzi (incluse le procedure di ri­ammissione) allo scopo di gestire l’immigrazione più efficacemente promuovendo al tempo stesso lo sviluppo economico e sociale di questi Paesi. Proponiamo di ap­profondire i meccanismi esistenti e di crearne di nuovi, per rispon­dere alle conseguenze per i Pae­si in via di sviluppo della perdita di lavoratori specializzati nei settori

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chiave a causa della migrazione verso l’Ue.

sosteniamo l’ulteriore svilup­po di un sistema Comune di asilo europeo, basato su eque regole di asilo per coloro che sono in fuga dalle persecuzioni, sulle conven­zioni internazionali per i diritti uma­ni e sulla divisione dei pesi tra gli stati membri dell’Ue.

La cooperazione europea è essenziale per una politica efficace sull’immigrazione. Questa può essere ottenuta soltanto con una forte mag-gioranza di progresso in Eu-ropa.

6.valorizzare il ruolo dell’europa come partner per la pace, la sicurezza, e lo sviluppo

l’Ue deve essere all’avan­guardia nel promuovere la pace e lo sviluppo sociale ed economico sostenibile in tutto il mondo, con­dizioni necessarie per quella si­curezza a cui hanno diritto tutti gli esseri umani. nel mondo instabile di oggi troppe donne e uomini de­vono far fronte a minacce di ogni tipo. Gli stati membri dell’Ue de­vono quindi lavorare assieme per garantire la sicurezza dei nostri Paesi e dei nostri popoli. Credia­mo che l’europa debba esprimer­si con una voce comune ed agire così per costruire un futuro miglio­re per i nostri cittadini e per il pia­neta. Dobbiamo lavorare insieme per la pace e per una coopera­zione internazionale attiva, con la volontà di sradicare la povertà, e sviluppare la solidarietà con i cit­tadini di tutto il mondo.

l’europa è già un attivo attore della politica mondiale, ma dobbia­mo aumentare la nostra influenza e il nostro peso coordinando le nostre posizioni e parlando il più possibile con una sola voce. il rafforzamento del ruolo dell’alto rappresentante dell’Unione per la politica estera e per la sicurezza comune potrà con­tribuire a ciò in maniera consisten­te. se non riuscissimo ad unirici, l’Ue e i suoi stati membri divente­rebbero sempre meno importanti negli affari internazionali. le istitu­zioni internazionali attuali si sonoo rivelate poco capaci di affrontare le sfide globali contemporanee. l’europa deve quindi impegnarsi con forza – in collaborazione con la nuova amministrazione demo­cratica degli stati Uniti – per pro­muovere e riformare gli strumenti di governante mondiale, con un approccio multilaterale e per raf­forzare la cooperazione.

l’Ue deve elevare il profilo della sua azione nella risoluzio­ne dei conflitti, nel mantenimento della pace e nello sforzo umanita­rio nelle zone di crisi, e sviluppare la propria capacità di assistenza ai Paesi che hanno affrontato cri­si civili o ambientali. Dobbiamo ri­muovere alla radice la cause dei conflitti e del terrorismo nel mondo. la politica di sviluppo verso i Pae­si poveri deve essere appropriata, innovativa e basata sul coinvolgi­mento della società civile. in par­ticolare, si deve sostenere il ruolo delle donne come motore per lo sviluppo di questi Paesi, per esem­pio estendendo l’accesso al siste­ma del microcredito.

Promuovere la pacee la sicurezza

Proponiamo che l’Ue lavori sempre di più sulla prevenzione e

sulla risoluzione dei conflitti, miglio­rando le capacità congiunte dei Pa­esi europei e assumendo respon­sabilità condivise nelle missioni di pace nelle zone di crisi, definite nel quadro delle nazioni Unite.

Proponiamo di rafforzare la co­operazione di polizia, giudiziaria e dei servizi di sicurezza nel combat­tere il traffico di droga, il crimine e il terrorismo. la lotta al terrorismo dev’essere una priorità essenziale ed essere affermata come obietti­vo fondamentale dell’Unione, nel quadro della legalità e del rispetto delle libertà fondamentali. Conti­nueremo a promuovere una po­litica europea comune in questo campo, compresa una piena ap­plicazione della strategia europea contro il terrorismo e sostenendo la figura del rappresentante spe­ciale della Ue.

Proponiamo che l’Ue garanti­sca mezzi efficaci per la preven­zione delle catastrofi.

Proponiamo di intensificare gli sforzi a favore del disarmo inter­nazionale, in particolare perfezio­nando gli accordi internazionali sul controllo degli armamenti e sulla non­proliferazione, e rendendo il Codice di Condotta europeo sulle esportazioni di armi più stringen­te e trasparente. noi vogliamo un mondo senza armi nucleari.

Proponiamo che l’Ue agisca in seno alle nazioni Unite per pro­muovere un’ alleanza di Civiltà che abbia la missione di rafforzare il partenariato tra i popoli e le cultu­re, come strumento per la promo­zione della pace e della sicurezza mondiale.

Proponiamo di aumentare la cooperazione in materia di difesa tra gli stati membri dell’Unione, rispettando le opzioni proprie alle politiche di difesa e di sicurezza di ciascun stato. lo sviluppo delle

iniziative dell’Unione europea per la propria difesa deve trovare un coordinamento con la naTo.

noi sosteniamo la riforma delle nazioni Unite, in particolar modo del Consiglio di sicurezza dell’onU, così come la revisione delle regole di decisione, del man­dato e del funzionamento dell’or­ganizzazione mondiale del Com­mercio, della Banca mondiale, delle banche regionali e del Fondo monetario internazionale. l’asse­gnazione dei diritti di voto nel Fmi deve riflettere meglio gli interessi dei Paesi in via di sviluppo, in par­ticolare di quelli più poveri.

sosteniamo, nell’ambito delle nazioni Unite, la moratoria della pena di morte.

Promuoverela collaborazione

riteniamo che il futuro dei Bal­cani occidentali sia nell’Unione europea, e che la stabilità ritrova­ta possa portare prosperità e sicu­rezza nella regione. sosteniamo i negoziati per l’ingresso della Cro­azia così come l’inizio di negoziati con tutti gli altri Paesi dei Balcani occidentali, una volta che i criteri stabiliti siano rispettati. Crediamo che l’Ue debba riconoscere i diritti fondamentali di tutti i popoli così come debba sostenere il carattere multiculturale e multireligioso del­le società europee. sosteniamo un processo aperto di negoziato con la Turchia nella prospettiva di adesione all’Ue, basato su criteri chiari; la Turchia, così come l’Ue devono mantenere i loro rispetti­vi impegni.

la stabilità nei Paesi vicini all’Ue è importante quanto l’allar­gamento. Vogliamo rafforzare la partnership europea con gli sta­ti vicini. Proponiamo la creazio­

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ne di una Unione del mar nero e una Partnership dell’europa orientale per rafforzare la coope­razione con i nostri vicini dell’est europeo. l’Ue deve condurre un dialogo strutturato con la russia, soprattutto sulle questioni della democrazia, dei diritti umani, della sicurezza energetica e dell’esten­sione degli ambiti della coopera­zione, che potrebbero includere una iniziativa regionale per il mar Baltico.

Continueremo a sostenere lo sviluppo delle relazioni euro­me­diterranee. l’Unione per il medi­terraneo è uno strumento e un ambito utile per promuovere la democrazia, lo sviluppo sociale ed economico e i diritti umani. Vo­gliamo inoltre che l’Ue giochi un ruolo attivo nella risoluzione dei conflitti in medio oriente, contri­buendo alla coerenza delle azio­ni della comunità internazionale, per pervenire alla soluzione “due popoli, due stati” per israele e la Palestina.

Vogliamo che l’Ue sviluppi le sue relazioni con il continente la­tino americano per creare un par­tenariato effettivo e globale su tutti i temi importanti e per sostenere il suo processo di integrazione regionale.

Continueremo a costruire una forte collaborazione transatlantica con i nuovi leaders democratici degli stati Uniti d’america.

l’Ue deve approfondire le sue relazioni con la Cina, incoraggian­do il rispetto dei diritti umani, degli standard sociali ed ambientali, pa­rallelamente all’approfondimento delle relazioni commerciali.

sosteniamo il rafforzamento delle relazioni con l’india come attore globale emergente, basati sul reciproco rispetto e sul dialo­go aperto.

Proponiamo di dare piena ap­plicazione alla strategia africa­Ue per rafforzare le relazioni tra i due continenti, risolvere le sfide comu­ni e concludere accordi di Colla­

borazione economica al servizio dello sviluppo a lungo termine dell’africa.

Sradicare la povertà

la nuova legislatura europea 2009­2014 coincide praticamente con il tempo rimanente per la rea­lizzazione degli obiettivi di svilup­po del millennio delle nazioni Uni­te, all’orizzonte del 2015. Fino ad oggi i progressi si sono registrati principalmente nelle aree ad alta crescita dell’asia – in particolare la Cina – mentre l’africa continua a soffrire degli effetti devastanti dell’estrema povertà. l’aumento dei prezzi degli alimentari e dei carburanti stanno anche minando i progressi fatti fino ad ora in mol­te regioni. abbiamo intenzione di usare questa legislatura per au­mentare gli sforzi per riuscire ad ottenere dei risultati entro il 2015. Proponiamo di mettere gli obiettivi internazionali di sviluppo al centro delle politiche della Ue, che si trat­ti dell’aiuto allo sviluppo, del com­mercio o della riforma delle istitu­zioni mondiali. occorre mettere in campo, oltre ai programmi di aiu­to dell’Ue già esistenti, delle fonti innovative di finanziamento, allo­cando almeno lo 0.7% del nostro prodotto nazionale lordo alla poli­tica di sviluppo, realizzando questi programmi in modo più coordina­to, efficace e mirato. sosteniamo la cooperazione decentrata come strumento di sviluppo, valorizzan­do il contributo importante che pos­sono fornire le collettività locali eu­ropee. appoggiamo la creazione di un Corpo di volontari europei per le iniziative umanitarie.

l’Ue deve sostenere il siste­ma di commercio multilaterale ed orientarlo a beneficio dei Paesi in via di sviluppo nell’ambito del Doha Development Round dell’organiz­zazione mondiale del Commer­cio, ed agire per una distribuzione più equa dei benefici dell’apertura commerciale e per l’introduzio­

ne di norme sociali ed ambienta­li più forti.

Di fronte alla crisi alimenta­re proponiamo di cooperare per evitare la speculazione sui prezzi delle derrate alimentari, e di pro­muovere la sicurezza alimenta­re di tutti i pasei sviluppando una nuova generazione di politiche di aiuto e di sostegno alla produzio­ne agricola.

Dobbiamo garantire che tut­ti gli accordi commerciali stipulati dall’Ue prevedano clausole ap­propriate a favore dei diritti umani, sociali e ambientali, la cui applica­zione possa essere verificata e che tutti gli accordi commerciali con i Paesi in via di sviluppo – come gli accordi di partenariato economico in corso di negoziazione – siano dei veri strumenti di sviluppo socia­le ed economico dei Paesi e delle regioni interessate.

lavoreremo per promuovere la diffusione del commercio equo e solidale in europa. la sensibiliz­zazione e la promozione di questo tipo di commercio contribuiranno allo sviluppo sostenibile e aiute­ranno a garantire retribuzioni più giuste per coloro che lavorano nei Paesi in via di sviluppo, contribuen­do a migliorare la vita di milioni di persone in tutto il mondo.

il lavoro dignitoso deve diven­tare un obiettivo globale per il qua­le devono impegnarsi tutti i Paesi, le istituzioni e organizzazioni in­ternazionali. Questa nuova agen­da globale farà progredire i diritti fondamentali, quali condizioni di lavoro decenti, salari adeguati, si­curezza sociale e un dialogo so­ciale effettivo.

Una nuova agenda europea di riforme di progresso è essen-ziale per valorizzare il ruolo dell’UE come partner per la pace, la sicurezza e lo svilup-po, sia a beneficio degli altri paesi e popoli che per il no-stro stesso sviluppo e per la nostra sicurezza.

in queste elezioni europee, il voto di ogni cittadino sarà decisi­vo. Donne e uomini in tutta europa dovranno scegliere tra un’Unione europea progressista che lavora con gli stati per affrontare le sfi­de nell’interesse di tutti i cittadini e una Ue dominata dalla destra che vuole lasciare l’avvenire dei nostri paesi e dei nostri popoli solo nelle mani del mercato.

Per promuovere le grandi ri­forme di progresso che mettono in prima fila le persone e che sono es­senziali per assicurare il benessere futuro dei cittadini e della società europea abbiamo bisogno di una forte maggioranza progressista nel Parlamento europeo. i nostri partiti socialisti, socialdemocratici, laburi­sti e democratici progressisti sono imepgnati a creare questa mag­gioranza, allo scopo di realizzare gli obiettivi del nostro manifesto e le nostre sei priorità di riforma per un’europa di progresso:

rilanciare l’economia e preve­1. nire nuove crisi finanziarieUn patto sociale più giusto nel­2. la nuova europa socialeFar sì che l’europa sia la forza 3. che guidi la lotta contro il cam­biamento climaticorealizzare l’uguaglianza di 4. genere in europasviluppare un’efficace politica 5. migratoria europeaValorizzare il ruolo dell’europa 6. come partner per la pace, la sicurezza, e lo sviluppo

abbiamo ascoltato i cittadini attraverso un’estesa consulta­zione pubblica sulle priorità da definire. ora vogliamo lavorare in sintonia con le speranze che ci sono state affidate, sulla base delle proposte presentate in que­sto manifesto di cittadinanza eu­ropea.

assieme siamo la forza per il cambiamento, e assieme possia­mo migliorare la vita dei cittadini.

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Il 2009 è un anno di sfide senza precedenti per l’Europa. Ecco perché le prossime elezioni del Parlamento Europeo costitu-iscono una tappa fondamentale per il nostro futuro. Innanzitutto, stiamo vivendo una crisi econo-mica che richiede competenza, determinazione e lungimiranza, non ideologia. In secondo luogo, dobbiamo difendere l’Europa dal-le minacce del terrorismo e della criminalità, combattere efficace-mente il cambiamento climatico e rispondere all’invecchiamento della nostra società con soluzio-ni intelligenti e non ricorrendo a palliativi. Per affrontare le cre-scenti sfide di instabilità globale insieme ai nostri partner, abbia-mo bisogno di un’Unione Euro-pea più forte e più efficace, non debole e incapace.

L’Europa ha già fatto molta strada. Il Partito Popolare Euro-peo ha contribuito allo sviluppo dell’Unione Europea più di qual-siasi altra forza politica. I padri fondatori dell’Europa unita era-no Cristiano Democratici. Ispirati da profonde convinzioni radicate nella civiltà giudaico-cristiana e nell’Illuminismo, hanno sempre agito promuovendo la libertà, la responsabilità e la dignità dell’es-sere umano. Forti di questi valo-ri, gli uomini e le donne del Par-tito Popolare Europeo sono stati, negli ultimi 50 anni, sempre in prima linea per rafforzare e suc-cessivamente allargare l’Unione, e per promuovere l’introduzione dell’Euro. È anche grazie a questo impegno se negli ultimi 5 decen-

ni abbiamo vissuto in pace, in si-curezza, incrementando il nostro benessere. Mentre altri parlava-no, noi abbiamo agito.

Di fronte alle nuove sfide del 2009, siamo pienamente coscien-ti delle proposte altrui. I sociali-sti vedono nella crisi economia e finanziaria la possibilità di rici-clare il loro vecchio programma basato sulla nazionalizzazione, sul protezionismo e sul perenne disavanzo di bilancio. Noi inve-ce, ci impegniamo per preservare un’economia sociale di mercato competitiva e per renderla anco-ra più sostenibile. I nazionalisti sfruttano la crisi per rivendica-re i loro ben noti progetti contro un’Europa forte che ci impedireb-bero rapidamente di affrontare adeguatamente le sfide del XXI secolo. Noi invece, siamo deter-minati a portare avanti la ratifica del Trattato di Lisbona, a moder-nizzare e a rafforzare l’Unione. In altre parole, queste elezioni rappresentano una scelta crucia-le: tra le pericolose formule dei socialisti e dei nazionalisti da un lato, e un futuro sicuro, basato su valori veri, responsabilità, com-petenza e un’azione coordinata, dall’altro.

GENErarE ProsPErità PEr tutti

Per il Partito Popolare Euro-peo, l’economia non è fine a sé stessa, bensì a servizio della gen-te. Crediamo in una società fon-data sull’individuo, sulla libertà,

Forte per i CittadiniManifesto del PPE

Elezioni Europee 2009man

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sulla solidarietà e la coesione sociale. Questa è l’economia so-ciale di mercato. Senza uno svi-luppo economico sostenibile, non potranno esserci neanche la coesione sociale e la stabili-tà politica.

L’attuale crisi è il frutto di un atteggiamento imprudente e di una mancanza di controllo del sistema finanziario globale. Ora dobbiamo ridefinire il ruolo della regolamentazione nei mercati fi-nanziari e nelle nostre economie in generale. Inoltre, non possia-mo permettere che il settore fi-nanziario goda dei profitti e lasci al cittadino l’onere di sostenere i costi delle perdite. Non abbia-mo intenzione di abbracciare il socialismo. Vogliamo una rego-lamentazione migliore, più effi-cace e funzionale. La nostra po-sizione è lontana dalle idee dei fondamentalisti del mercato, che vorrebbero far governare il mon-do dalle forze di mercato. La si-tuazione critica in cui ci trovia-mo richiede una maggiore spesa pubblica che però deve essere limitata nel tempo. Non possia-mo vivere alle spese delle future generazioni.

La creazione di nuovi posti •di lavoro rimane la nostra priorità assoluta. Dobbiamo continuare le riforme, inve-stire nell’educazione, nella formazione permanente e nell’occupazione per creare opportunità per tutti.È necessario prevenire una •recessione economica mon-diale. Ricorrere al protezio-

nismo non è certo la solu-zione giusta. I governi eu-ropei devono continuare a coordinare in modo più ef-ficace le politichemoneta-rieefiscali.L’architetturafinanziariain-•ternazionale deve essere ri-disegnata. La regolamenta-zione europea da sola non è sufficientepergestireimer-catifinanziariglobali:dob-biamo accrescere il livello generale di trasparenza e di controllo.Lebanchedevonotornare a concentrarsi sulle loro funzioni essenziali per custodire i risparmi dei cit-tadini e fornire liquidità alle nostre economie.L’attuale recessione econo-•mica rappresenta un’oppor-tunità per aumentare i nostri investimenti nelle “tecno-logie verdi”. Vogliamo chel’Europa diventi il leader mondiale in questo settore, per potenziare la nostra cre-scita economica, creare più posti di lavoro e, allo stesso tempo, allentare la dipen-denza europea dai combu-stibili fossili.

FarE dEll’EuroPa uN Posto sicuro

Il terrorismo, soprattutto se di matrice jihadista, minaccia i nostri valori fondamentali. Per questo l’Unione Europea deve potenziare costantemente la cooperazione e l’efficienza nella lotta globale al terrorismo, tenendo conto del fat-

to che in quest’ambito la vecchia distinzione tra “internazionale” e “domestico” è quasi del tutto scomparsa. Un futuro più sicuro per l’Europa comprende anche azioni più efficaci contro il cri-mine organizzato, l’immigrazione illegale, senza dimenticare la si-curezza e la qualità degli approv-vigionamenti alimentari.

La priorità assoluta del pro-•gramma di sicurezza dell’UE è la lotta al terrorismo. L’Unione dovrebbe creare legami formali di stretta col-laborazione tra il Commissa-rio per la Libertà, la Giusti-zia e la Sicurezza, il Coor-dinatore UE antiterrorismo e il direttore di Europol e migliorare il coordinamento tra il loro lavoro e le attività globali dell’UE e degli Stati membri. Le capacità operati-ve di Europol devono essere notevolmente rafforzate.Per vincere la lotta contro •l’immigrazione illegale e il trafficodiesseriumaniène-cessaria un’azione più coor-dinatache includa, tra l’al-tro, un potenziamento delle capacità operative e delle risorse dell’agenzia di con-trollo frontaliero FRONTEX, l’applicazione di una politica di asilo comune,l’accelerazione dell’applica-•zione del sistema Blue Card per gli immigrati regolari e uno stretto partenariato con i paesi d’origine dell’immi-grazione clandestina.Una politica agricola rinno-•

vata deve saper affrontare conefficacialavolatilitàdeimercati, nonché trovare ilgiusto equilibrio tra sicurez-za di approvvigionamento, sostenibilità e competitività, garantendo l’accessibilità e la qualità degli alimenti.

combattErE il cambiamENto climatico

Il riscaldamento globale è una realtà. Il futuro dell’umanità dipende dalla nostra capacità di sviluppare modi più sostenibili per gestire le risorse della Terra. Inoltre, tagliare le emissioni di gas a effetto serra riduce la no-stra dipendenza dalle importa-zioni di petrolio e gas. Il PPE si è impegnato a ridurre le emissioni di gas serra e a promuovere il ri-corso a fonti di energia prive di carbonio.

Una scelta coraggiosa e tem-•pestivacheprivilegialetec-nologiemoderneedefficien-tinonandràsoloabeneficiodel nostro clima, rappresen-tando un primo passo per una soluzione globale, ma sarà un asso in più per la no-stra economia, poiché faràdell’Europa il leader mondia-le delle nuove tecnologie. La crisieconomicaefinanziarianon deve essere una scusa per non agire, al contrario! Deve servire da sprone per modernizzare le nostre eco-nomie e creare nuovi posti di lavoro sostenibili. I mecca-

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nismi di mercato possono e devono essere utilizzati per ridurre le emissioni.L’Europa deve diventare il •leader del mercato delle tecnologie pulite, amplian-do e approfondendo la pro-pria politica di ricerca e di sviluppo.La quota di energie rinnova-•bili deve rappresentare al-meno il 20% del mix ener-getico entro il 2020.L’energia nucleare deve re-•stare un’opzione aperta agli Statimembri che voglionoridurre le emissioni.Deve essere messo in atto •un sistema funzionante di scambio di quote di emissio-ne come incentivo di merca-to per ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

aFFroNtarE la sFida dEmoGraFica

L’Europa sta af frontando grandi cambiamenti demografici: bassi tassi di natalità, una popola-zione anziana in aumento e una speranza di vita più lunga. Per questo l’Unione Europea deve adottare e applicare un nuovo programma di politiche e prati-che che stimolino l’occupazione, l’imprenditorialità e le attività di volontariato per i meno giovani. In questo contesto, il PPE con-sidera la famiglia il centro del-la società e il difensore dei no-stri valori. Per questo deve poter beneficiare di incentivi ad hoc. Il nostro obiettivo finale è di crea-

re un’Europa migliore, prospe-ra e più sicura per i nostri figli e nipoti.

Lepolitichenazionalidevo-•nomigliorarel’efficaciadeisistemi di previdenza socia-le. È necessario riformare il sistema pensionistico eu-ropeo per adattare l’età di pensionamento agli svilup-pidemografici.Èinoltrene-cessario incentivare i sistemi pensionistici privati.Le politiche della famiglia•devono essere maggiormen-te integrate nelle politichenazionali. Sono urgentemen-tenecessariepolitichedesti-nateallafamigliachemiglio-rino laflessibilità dei geni-tori che lavorano.È inoltrenecessario fornire migliori politicheabitativeediassi-stenzaall’infanzia,politichefiscalichefavoriscanolefa-miglie e iniziative chepro-muovano i congedi parenta-liperentrambiigenitorichelavorano.L’istruzione è un fattore de-•terminante per la nostra crescita e la nostra prospe-rità in futuro. Un alto gra-do di istruzione aumenta le possibilità di assunzione per i disoccupati. La forma-zione permanente è essen-ziale per affrontare le nuo-ve sfide imposte dal pro-gresso tecnologico e dalla globalizzazione.Mentre i costi del settore pub-

blico continuano ad aumenta-re, è necessario esplorare nuove

vie di cooperazione con il setto-re privato.

L’Unione Europea deve adot-tare una strategia a lungo termine per stimolare e attirare lavoratori abili e qualificati da tutto il mon-do in modo tale che l’economia europea diventi più competitiva, più dinamica e sempre più fonda-ta sul sapere. Corsi di lingua, in-centivi all’imprenditorialità, cen-tri di formazione e di avviamento professionale sono necessari per assistere gli immigrati regolari nel processo di integrazione nella so-cietà e nel mercato del lavoro.

uN’EuroPa uNita sulla scENa moNdialE

Oggi l’Europa vive in un mon-do frammentato e pericoloso come mai si era visto negli ulti-mi 20 anni. È quindi nell’interesse dell’Unione Europea accrescere il proprio ruolo sulla scena inter-nazionale. Nel 2009 l’UE deve migliorare le proprie capacità d’azione, rinnovare il partena-riato con gli Stati Uniti, guardare con più attenzione ai suoi vicini meridionali e orientali, e rivolger-si a partner in tutto il mondo per preservare la pace e la prosperità in Europa e contribuire a fare del mondo un posto migliore.

Le istituzioni mondiali de-•vono essere adattate al nuo-vo contesto. In particolare, questo implica un migliore controllodeimercatifinan-ziari mondiali da parte di or-ganizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale e

il rafforzamento delle Na-zioni Unite.Sononecessari:unacoope-•razione più stretta nell’am-bitodelladifesache inclu-da un accordo strategico con gli Stati Uniti e gli altri alleati, una migliore condi-visione di strutture militari, finanziarieediricerca,unaforza comune di difesa re-golata da condizioni stan-dardizzate di intervento e di ingaggio per le missioni internazionali.L’Unione Europea deve dif-•ferenziare la propria politica di vicinato per andare incon-troallespecificitàdeisingo-li paesi e, allo stesso tempo, deve stabilire standard co-muni sui diritti umani e lo stato di diritto in una “Carta per il vicinato”.

Ecco la scelta che dobbiamo fare: un’Unione Europea forte per il bene del suo popolo, fondata su valori condivisi e guidata dalla famiglia politica più forte, oppure un’Unione debole, dal futuro in-certo che utilizza soluzioni di ieri per risolvere i problemi di oggi. Il Partito Popolare Europeo è pron-to a raccogliere questa sfida. Ci serve solo il tuo voto.

Manifesto è una sintesi del do-cumento elettorale del PPE in vi-sta delle elezioni europee 2009.

Versione originale: testo in-glese. Traduzione solo per infor-mazione.

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Le elezioni europee che si terranno nel giugno del 2009 riguardano

ogni lavoratore europeo. L’Euro-pa ha adottato più di 60 leggi di contenuto sociale a vantaggio dei lavoratori, in particolare nel cam-po della salute e della sicurezza, dell’uguaglianza, del trasferimen-to d’impresa, dell’informazione e della comunicazione. L’ultimo step concerne la concessione di eguali diritti per i lavoratori inte-rinali e il rafforzamento dei comi-tati d’impresa europea.

L’Europa può anche essere una minaccia. Le recenti decisioni del-le Corte di Giustizia europea sulla libera circolazione dei servizi han-no attentato ai diritti sindacali fon-damentali riguardanti le contratta-zioni collettive e gli scioperi.

Il Parlamento europeo può fare la differenza. Ha anche aiu-tato i sindacati europei a com-battere la direttiva Bolkestein sui servizi, la deregolamentazione del lavoro nei porti e l’indebo-limento della direttiva sui tempi del lavoro.

I lavoratori devono dunque utilizzare il loro diritto democra-

tico di voto e sensibilizzare i can-didati sulle grandi questioni poste di seguito.

Ecco il manifesto in forza del quale reclamiamo:

1. Misure destinate a rafforzare i diritti dei lavoratori e dei sinda-cati per l’adozione di un “Pro-tocollo di progresso sociale” e una revisione della direttiva sui distacchi al fine di correggere la recente giurisprudenza della Cor-te di Giustizia (Laval, Viking, Ruf-fert, Luxembourg). Queste misure sono volte a ristabilire nostri dirit-ti fondamentali in tema di libera circolazione della manodopera e dei servizi. Tutti i candidati che rifiutano ciò non meritano il so-stegno dei sindacati.

2. Un new Deal sociale nella crisi economica, con la piena partecipa-zione dei sindacati e dei lavoratori, in vista di un piano di pieno impie-go, d’impiego di qualità, di miglio-ri salari e pensioni, di provvidenze sociali più forti e contribuzioni più elevate, di uno sviluppo durevole e

di una forte regolamentazione dei mercati finanziari – i lavoratori non devono pagare il prezzo dell’in-competenza dei banchieri.

3. Una politica sociale europea più forte e una politica fiscale co-ordinata al fine di mettere in piedi una Unione europea sociale.

4. Un accordo equo sui tempi del lavoro, proteggendo i lavora-tori contro il rischio degli eccessi di lavoro, salvaguardando il ruo-lo particolare delle contrattazio-ni collettive nell’organizzazione dei tempi di lavoro, e garanten-do a tutti i lavoratori il diritto di poter conciliare il lavoro con la vita familiare.

5. Delle protezioni più forti contro l’aumento del lavoro pre-cario e in favore dei lavoratori oc-cupati in impieghi caratterizzati da precarietà, che offra loro una migliore copertura attraverso il diritto al lavoro e alla sicurezza sociale, e il passaggio ad impie-ghi di qualità.

6. Una nuova strategia indu-striale europea basata sull’inno-

vazione, sulla ricerca e lo svilup-po, l’investimento, l’educazione e la formazione, e lo sviluppo durevole. Vogliamo assicurare un passaggio rapido ed equo verso un’economia a debole sfrutta-mento di carbone, con una tas-sa sul carbone sulle importazioni provenienti dai paesi industria-lizzati che non rispettano i tas-si di emissione di carbone fissati dall’Unione europea ed altre nor-me ambientali.

7. Una nuova iniziativa sull’ugua-glianza delle opportunità destina-ta a combattere la discriminazione persistente, in particolare le diffe-renze salariali, e a garantire che le donne possano beneficiare di misure destinate al contrasto del-la crisi economica.

8. Protezioni più forti e pari-tà di trattamento per i lavoratori migranti e mobili e un impegno forte contro il razzismo, il nazio-nalismo e la xenofobia.

9. Il rispetto dei servizi pubbli-ci e una migliore protezione sta-tutaria, degli investimenti e degli impieghi di qualità.

Manifestodella Confederazione

europeadei sindacati

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LA LEGISLATURA 2009-2014

LE PRIORITÀ DI CONFINDUSTRIA

1. Mercato interno più aperto e coMpetitivo

Il mercato interno è un grande successo dell’Unione europea. Da quando è stato istituito, cioè dal 1992, è stato stimato che abbia creato circa 3 mi lioni di nuovi po-sti di lavoro e aumentato del 2,15% il PIL dell’UE. Tra il 1995 e il 2005 il commercio intra-comunitario è aumentato di oltre il 30%. Gli in-vestimenti intra-comunitari sono invece cresciuti dal 53% al 78% del totale degli investimenti diret-ti esteri nell’UE. Il mercato interno ri veste, inoltre, un ruolo di partico-lare importanza per le imprese ita-liane: conta per quasi il 60% delle nostre esportazioni (da sole, Ger-mania, Fran cia e Spagna pesano un terzo del totale), mentre la Cina rappresenta ap pena il 2%.

L’approvazione della direttiva sui servizi nel mercato interno, il cui rece-pimento dovrà essere ul-timato entro la fine del 2009, co-stituisce un’im portante opportuni-tà per migliorare la libera circola-zione dei servizi, con significative conseguenze sia in termini di ac-cesso a servizi migliori e a minor costo, che di opportunità di cre-scita in altri Paesi per le imprese di servizi più competitive.

Tuttavia, molto rimane ancora da fare per permettere al mercato interno di sviluppare pienamente il proprio potenziale, sia in termi-ni di crescita economica che di creazione di posti di lavoro. Sono

necessari passi avanti sul fronte dell’armonizzazione e del coor-dinamento fiscale, a partire dalle basi imponibili delle imposte so-cietarie e dall’IVA.

Occorre ridurre la pratica dell’affidamento diretto dei servizi pubblici lo cali da parte delle pub-bliche amministrazioni e promuo-vere il ricorso a gare d’appalto in regime di effettiva concorrenza che premino qualità e compe-tenze, favorendo la partecipa-zione delle imprese, ad esempio at traverso la costituzione di par-tenariati pubblico-privati, fornen-do ai cit tadini servizi migliori ed a minor costo.

Nel settore della libera circo-lazione delle merci sono stati fatti molti passi avanti, ma continuano a sussistere delle barriere tecniche che spesso na scondono la volon-tà di chiudere i mercati nazionali alle merci straniere. I principi del-la libera concorrenza e del mutuo riconoscimento vanno per tanto difesi e rafforzati, senza imporre alle imprese procedure o regole in modo arbitrario.

La tutela dei consumatori ha legittimamente assunto un ruo-lo di primo piano nell’orizzonte

delle politiche comunitarie. Tut-tavia, l’industria mette in guardia dal prendere iniziative senza aver condotto le necessa rie analisi fon-date su casi concreti. Ciò vale in particolare per le azioni col lettive risarcitorie, rispetto alle quali l’in-dustria ha già avviato un dialogo costruttivo con le istituzioni co-munitarie, che deve continuare tenendo pienamente conto del principio di sussidiarietà.

Inoltre, in un’economia sempre più basata sulla conoscenza, la pro-tezione della proprietà intellettuale deve essere semplice e poco costo-sa. Questo sarà possibile solo se l’UE si doterà di un brevetto co-munitario – sul l’esempio di quanto fatto per i marchi – e di un sistema unico di risolu zione delle contro-versie. Il dibattito su questi temi dura da più di trent’anni: i progres-si fatti negli ultimi tempi rendono possibile il rag giungimento di un accordo finale, ma occorre supe-rare gli ultimi ostacoli e dotare le imprese di questi strumenti, es-senziali per il loro sviluppo.

Infine, è essenziale spingere il processo di accelerazione della transizione al digitale, eliminare le barriere all’utilizzo dei conte-nuti e dei dati pub blici, sviluppa-re il mercato di servizi innovativi e contenuti creativi a be neficio di cittadini, consumatori ed imprese. Nell’ambito della revisione della direttiva 2003/98/CE sul riutilizzo dei dati della PA è oppor tuno raf-forzare e precisare questi principi così come, per quanto riguarda la revisione della normativa IVA, sa-rebbe utile prevedere aliquote ri-dotte sui contenuti digitali.

Manifesto di

Confindustriaper le elezioni europee 2009

Per un’euroPa Più forte:il ruolo dell’italia

la direttiva servizi

fiscalità

appalti e

concessioni

libera circolazione

delle merci

consumatori

servizi innovativi

proprietà intellettuale

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2. Regole sane e politiche a favoRe della competitività delle impRese

L’imprenditorialità e le PMI rappresentano la principale fon-te di crescita ed occupazione. È attraverso lo sviluppo delle im-prese e la loro capacità di fornire risposte innovative che l’Europa potrà superare la crisi e rilan ciare l’economia. Per questa ragione, è essenziale che le imprese siano poste al centro della futura agen-da politica dell’UE.

In questo senso, l’UE avrà la responsabilità di incoraggiare la definizione di politiche coeren-ti ed efficaci, atte a stimolare lo spirito imprenditoriale ed a soste-nere le piccole e medie imprese, riducendo gli oneri amministrati-vi e fiscali, migliorando l’accesso al credito, creando le condizio-ni per incentivare l’assunzione di rischio.

Essa dovrà quindi favorire l’in-staurazione di un contesto rego-lamentare sano e trasparente, che stimoli la capacità imprenditoriale senza tradursi in inutili vincoli al “fare impresa”. L’UE ed i suoi Sta-ti membri dovranno pertanto pro-seguire ed intensificare il proprio impegno nei confronti di una mi-gliore regolamentazione e di una seria riduzione degli oneri di ogni natura. Le istituzioni comunitarie dovranno, in particolare, evitare legi slazioni eccessivamente com-plicate e vincolanti, assicurare il rispetto dei principi di sussidia-rietà e di proporzionalità in ogni nuova legislazione ed incoraggiare lo svolgimento di analisi dell’im-patto economico, ambientale e sociale di ogni nuova proposta legislativa durante l’intero iter

decisio nale. Altrettanto importan-te è il controllo da parte delle isti-tuzioni del l’UE del rispetto della normativa comunitaria in tutti gli Stati membri.

Ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, UE e Stati membri dovranno, inoltre, dare concreta attuazione alle misure previste nello Small Business Act. In particolare, occorrerà accele-rare l’adozione dello Statuto sulla società privata europea, al fine di stabilire un quadro comune e ar-monizzato di regole societarie che faciliti le attività transfrontaliere delle piccole e medie imprese.

In secondo luogo, dovranno essere rafforzate le regole contro i ritardi di pagamento, soprattutto da parte delle pubbliche ammini-strazioni. Infatti, a fronte di una media europea di 30/60 giorni per l’effettuazione dei pa gamenti, la legislazione italiana prevede un termine di 90 giorni, ma i ri tardi nei pagamenti da parte delle pub-bliche amministrazioni arrivano fino a 600 giorni. La proposta di revisione della direttiva comuni-taria sui ritardi di pagamento, che deve essere adottata rapidamente, rappresenta quindi un primo pas-so nella giusta direzione e contri-buirà ad assicurare una maggiore liquidità delle imprese.

L’UE avrà, infine, il compito essenziale di aiutare l’industria europea, e in modo particola-re le piccole e medie imprese, a sostenere la pressione della con-correnza globale. Ancor più in questo momento di recessione,

il ruolo di un settore “tradiziona-le” come quello manifatturiero, la sua ca pacità di generare pro-dotti e processi innovativi ad alto valore aggiunto dovranno essere riconosciuti. In questa direzione, adeguate politiche in dustriali, volte ad incrementare la base tecnologica delle imprese, me-diante lo sviluppo e l’integrazio-ne di tecnologie e servizi avan-zati, contribuiranno a far sì che i nostri settori produttivi diventino nuova mente trainanti per l’eco-nomia europea.

3. potenziamento delle infRastRuttuRe mateRiali e immateRiali

Lo sviluppo delle Reti Tran-seuropee di Trasporto costitu-isce uno stru mento prioritario per supportare le imprese ita-liane nel mercato comu nitario, attraverso una più efficace in-terconnessione con i partner ed i mercati europei e una più faci-le circolazione delle merci e dei passeggeri. Precondizione per la massimizzazione dei benefici derivanti dallo sviluppo delle reti TEN è una rete nazionale effi-ciente e distribuita in maniera ca pillare sul territorio, nel rispet-to di una gerarchia delle reti che tenga conto delle esigenze di in-frastrutturazione nazionale.

Il Libro Verde, pubblicato nel febbraio scorso, con il quale la Commissione ha individuato gli indirizzi della politica comuni-taria in materia di reti TEN-T, of-fre l’occasione per una riflessio-ne sulla progettazione delle reti stesse, che consenta di superare l’approccio di pura “sommato-

ria” delle progettualità naziona-li, promuovendo una reale ed efficace integrazione tra livello nazionale e comunitario e colle-gando le reti ferroviarie con porti e aeroporti. È inoltre importante che sia accelerata la realizzazio-ne dei progetti prioritari TEN non ancora completati.

In tale ottica, è fondamenta-le proseguire e rafforzare a livello europeo i pro cessi di liberalizza-zione che interessano i trasporti, come ad esempio il tra sporto fer-roviario di passeggeri – in Italia già aperto alla concorrenza – al fine di rendere effettivamente concorrenziali i diversi settori e garantire l’accesso ai privati. Ciò consentirebbe un miglioramento dei servizi per l’utenza, privata ed industriale, mediante l’appor-to di know-how impren ditoriale e lo sviluppo dell’intermodalità in chiave logistica, con un note-vole contenimento dei costi, ridu-zione dei tempi e maggiore pene-trazione nei mercati di interesse strategico.

Nell’ottica del prossimo Li-bro Bianco della Commissione sulla politica dei trasporti dopo il 2010, sarà importante proseguire il lavoro già avviato sulla mobilità sostenibile, che concilia sicurez-za, ambiente e competiti vità, in un approccio integrato supportato dallo sviluppo tecnologico e dal-l’innovazione dei prodotti e dei processi produttivi.

liberalizzazioni nel

settore dei trasporti

le reti transeuropee

ditrasporto

ruolo del settore

manifatturiero

small business act

mobilità sostenibile

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semplificazione

regolamentare

e amministrativa

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Non meno strategiche sono le infrastrutture di comunicazione a banda larga, che dovranno essere rafforzate. Tali infrastrutture rap-presentano strumenti indispensabili per la crescita economica e sociale e sono un ele mento essenziale per l’utilizzo dei servizi ICT, costituen-do una compo nente imprescindibi-le per adeguare il nostro paese alle future sfide della globalizzazione.

4. società della conoscenza fondata sull’innovazione

e sul capitale umano

Il futuro dell’economia euro-pea dipenderà in misura sempre maggiore dal rafforzamento del-la sua capacità di promuovere la ricerca e l’innovazione. L’UE è ancora in forte ritardo rispetto ai massimi concorrenti mondiali in materia di investimenti pub-blici in R&S, che rappresentano l’1,9% del PIL in Europa, il 2,6% negli Stati Uniti e il 3,3% in Giap-pone. La situa zione è ancora più preoccupante sul fronte degli in-vestimenti privati che ammonta-no all’1,17% del PIL in Europa, all’1,87% negli Stati Uniti e al 2,4% in Giappone.

I cambiamenti radicali nel set-tore delle tecnologie dell’informa-zione e della comunicazione, dei modi di produzione dei beni e di fornitura dei servizi rendono ne-

cessario un incremento e una con-centrazione degli in vestimenti nei centri di eccellenza affinché essi siano in grado di compe tere con i paesi concorrenti. L’Unione euro-pea dovrà inoltre indirizzare i fon-di verso settori caratterizzati da un forte potenziale di mercato, come il settore energetico ed ambien-tale, dell’alimentazione e della scienza della vita, nonché quello delle ICT, dei nuovi prodotti, ser-vizi e processi produttivi.

Vanno proseguiti i lavori di-retti alla semplificazione dei mec-canismi eu ropei ed alla sperimen-tazione di nuovi strumenti, come le Piattaforme Tecnologiche Euro-pee e le Joint Technology Initiati-ves, che hanno mo strato risultati positivi nel coinvolgimento delle imprese fin dall’indivi duazione delle tematiche prioritarie.

L’Unione europea deve ulte-riormente promuovere il ruolo dei distretti come motore dello svi-luppo sul territorio. L’istituzione di “distretti pro duttivi funzionali” a livello europeo dovrebbe essere considerata attenta mente per su-perare le difficoltà derivanti dallo squilibrio fra potenziale di filiera, da un lato, ed esiguità del territo-rio dall’altro.

È importante esplorare ulte-riormente la possibilità di pro-muovere pro grammi congiunti tra la Commissione europea e gli Stati

membri inco raggiando il perfezio-namento degli strumenti naziona-li. Per sostenere il rafforzamento e l’aumento della capacità delle imprese, in particolare Pic cole e Medie, di partecipare ai program-mi europei di ricerca, è necessario un impegno comune promosso dall’Unione europea per raziona-lizzare e migliorare il sistema di servizi di supporto nazionali ed europei, stimo lando la partecipa-zione di tutti gli Stati.

Maggiori sforzi andranno ri-volti al rafforzamento dei rappor-ti tra università ed imprese ed al miglioramento delle condizioni di lavoro per i ricercatori. La collabo-razione tra il mondo universitario e quello aziendale, oggi non anco-ra sfruttata appieno, contribuisce infatti a facilitare il tra sferimento di sapere e know how.

Infine, l’Unione europea do-vrà ricoprire un ruolo più incisi-vo nell’orien tamento dei sistemi nazionali di istruzione e di for-mazione affinché, nel rispetto delle specificità di ciascun pae-se, siano identificate politiche di formazione in grado di rispondere alle esigenze proprie di un merca-to del lavoro in costante evolu-zione e di dotare la forza lavoro di livelli elevati di qualifiche e di competenze. Occorrerà, in par-ticolare, migliorare le con dizioni per l’accesso all’apprendimento permanente, presupposto impre-scindibile per permettere un ag-giornamento costante delle pro-prie conoscenze e rafforzare così la propria “occupabilità” e capa-

cità di adat tamento ai continui cambiamenti. In tal senso, sarà necessario aumentare gli investi-menti nel campo della formazio-ne intervenendo soprattutto sul fronte di una maggiore qualità ed efficacia della spesa.

La crescita del capitale uma-no è interconnessa con lo svilup-po delle in dustrie culturali, punto di forza della struttura produtti-va europea e ita liana, e che tro-va nuove occasioni di ulteriore sviluppo grazie alle tecnologie digitali. La funzione delle impre-se private nella valorizzazione della cultura, nella produzione di strumenti (contenuti, servizi e infra strutture) per l’educazione e la formazione continua dovrà essere soste nuta con politiche adeguate.

5. meRcati del lavoRo più modeRni e politica euRopea dell’immigRazione più efficace

Nella seconda metà del 2008 e all’inizio di quest’anno, le prospettive eco nomiche han-no subito un’alterazione dram-matica e le turbolenze finan-ziarie ed economiche hanno prodotto un impatto negativo sull’economia reale, con serie ripercussioni sul mercato del lavoro. Secondo le previsioni intermedie della Commissione europea del mese di gennaio, quest’anno l’occupazione regi-strerà una crescita negativa che si tradurrà per l’UE in una perdi-ta di 3 milioni e mezzo di posti di lavoro; il tasso di disoccupa-zione dell’UE (che nel 2008 si è attestato al 7%) dovrebbe salire all’8,7% nel 2009 per aumenta-re ancora nel 2010.

istruzione

e formazione

sviluppo delle

industrie culturali

infrastrutture

per la comunicazione

maggiori investimenti

nei centri di eccellenza

e nei settori con forte

potenziale di mercato

accesso ai pro

grammi

europei di ricerca

piattaforme

tecnologiche

e joint technology

initiativesrappo

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università/impresa

distretti

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Nel campo delle politiche so-ciali l’iniziativa spetta principal-mente agli Stati membri; tuttavia, oggi più che mai, l’Unione euro-pea ha la responsabilità di pro-muovere, in stretta cooperazione con gli Stati membri e con le parti sociali, politiche sociali moderne, che sappiano rispondere ai mu-tamenti in atto con soluzioni in-novative e che siano in grado di far fronte alle sfide che l’Europa si trova a dover fronteggiare.

In questo quadro, l’UE avrà il compito fondamentale di incorag-giare la riforma e la modernizza-zione dei mercati del lavoro e di stimolare l’at tuazione di politiche integrate di flexicurity incentrate su misure attive di rafforzamento dell’adattabilità ed occupabilità dei lavoratori, di riquali ficazione e upgrading delle competenze, di innalzamento della produtti vità.

Tali interventi dovranno ne-cessariamente coniugarsi con una riforma dei sistemi di welfare che è diventata imprescindibile per tutti gli Stati membri.

Un’attenzione particolare sarà necessaria anche per un’attua-zione equi librata della strategia europea in materia di salute e si-curezza, con l’obiet tivo di favori-re soprattutto lo sviluppo di una rinnovata “cultura della sicurezza” nei luoghi di lavoro.

Nel perseguire questi obiet-tivi, è essenziale che l’Unione europea continui a riconoscere il ruolo che il dialogo sociale eu-ropeo riveste nell’elaborazione-

delle politiche sociali; grazie alle loro conoscenze e alla loro espe-rienza, le parti sociali sono infatti nella condizione migliore per indi-viduare le risposte più appropriate ai cambiamenti.

Le riforme sopra indicate van-no necessariamente coniugate con una ri forma delle pensioni, che è diventata imprescindibile per tutti gli Stati membri e che va affrontata nel rispetto delle logi-che di innalzamento dei livelli di protezione sociale e di ridistribu-zione della spesa sociale.

L’immigrazione contribuisce in misura rilevante all’occupazio-ne, alla cre scita e alla prosperità dell’Unione europea. L’immigra-zione rappresenta una risorsa per l’economia europea: forza pro-duttiva e motore potenziale per la creazione di nuove imprese. L’adozione del Patto europeo per l’im migrazione da parte del Con-siglio europeo nell’ottobre 2008 costituisce un primo passo verso il riconoscimento dell’importan-za di un’azione co mune a livello dell’UE per affrontare i problemi legati all’immigrazione e all’in-tegrazione. Nei prossimi anni, occorrerà assicurare un’effettiva attuazione delle misure in esso contenute e la definizione di una vera e pro pria politica comune eu-ropea dell’immigrazione.

6. Leadership euRopea nell’eneRgia e nell’ambiente

La tutela dell’ambiente è un obiettivo imprescindibile per la salute dei cittadini, la protezio-ne dell’ecosistema e lo svilup-po economico. Come tale, deve

continuare ad essere una priorità dell’agenda politica dell’Unione europea che ha il compito di ela-borare un quadro regolatorio chia-ro, sta bile ed armonizzato.

In questi anni si sono registra-ti importanti progressi nella dire-zione di uno sviluppo sostenibi-le, a cui il sistema industriale ha contribuito at traverso importan-ti misure quali il miglioramento dell’efficienza energe tica, l’am-modernamento dei cicli produtti-vi, l’introduzione di nuove tecno-logie di processo, di abbattimento e di depurazione, l’applicazione delle migliori tecniche disponi-bili. Notevoli progressi si sono registrati anche sul fronte della riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra: nell’UE a 15 le emissioni sono, infatti, diminuite dello 0,8% a fronte di un aumen-to del PIL del 2,5% tra il 2005 e il 2006, mentre nell’Unione a 27 esse sono diminuite del 7,7% ri-spetto al 1990. Si tratta di un ri-sultato im portante cui il compar-to industriale ha dato un notevole contributo con una riduzione, tra il 1990 e il 2006, del 18,8% del-le emissioni ascrivibili al settore manifatturiero e dell’edilizia e del 5,5% al comparto delle in dustrie energetiche.

In futuro, l’azione dell’UE do-vrà continuare ad essere orientata verso obiettivi ambiziosi, suppor-tati, però, da strumenti legislativi e finanziari che non penalizzino la competitività dell’Europa, tradu-cendosi unicamente in maggiori oneri per imprese e cittadini, ma che sostengano pra tiche virtuo-se, innovazione e miglioramento tecnologico. Solo così le politiche a tutela dell’ambiente potranno tradursi in uno strumento di in-

coraggiamento e supporto allo sviluppo competitivo delle impre-se italiane ed europee.

A titolo di esempio, il pac-chetto clima ed energia, adotta-to nel dicembre 2008, con i suoi obiettivi ambiziosi non deve rap-presentare solo una sfida per le imprese europee, ma deve anche poter costituire un’opportunità di innovazione e sviluppo di nuo-vi comparti produttivi, una “eco industria” dedicata in particola-re all’efficienza energetica e alle energie rinnovabili.

Le misure di attuazione e i di-spositivi di sostegno del pacchet-to avranno, di conseguenza, un ruolo cruciale durante la prossi-ma legislatura. Gli Stati membri e gli operatori economici dovranno essere indirizzati ed in coraggiati verso il raggiungimento degli obiettivi prefissati per la ridu zione delle emissioni e la diffusione del-le fonti rinnovabili, nonché per la promozione della tecnologia della cattura e stoccaggio dell’anidride car bonica (CCS).

Un altro esempio riguarda il regolamento REACH (registrazio-ne, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche), adot-tato durante l’at tuale legislatura europea, che sarà soggetto ad un processo di revisione nel 2012. Considerando l’impatto che que-sta normativa ha su tutto il com-parto manifatturiero, direttamente o indirettamente, sarà necessario pon derare ogni intervento sup-plementare che possa mettere a rischio la competitività dell’indu-stria. Lo sviluppo sostenibile è un obiettivo che deve essere man-tenuto, tenendo però sempre in

ruolo del dialogo

sociale europeo

reach

pacchetto

“clima energia”

riforma

delle pensioni

immigrazioni

conciliare

sostenibilità

e competitività

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modernizzazione

delle politic

he sociali

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considerazione i pilastri che ne rappresentano il cuore: mantene-re uno sviluppo economico com-patibile con l’equità sociale e gli ecosistemi, operando in un regi-me di equilibrio ambientale.

Considerato l’impatto sulla bolletta energetica dell’incenti-vazione alle fonti rinnovabili, sa-rebbe appropriato valutare l’op-portunità di trasferire gli schemi di supporto alle rinnovabili alla fisca-lità generale. Infatti, con siderando che la tutela dell’ambiente è un valore del quale beneficiano tutti i cittadini, i costi legati a questo obiettivo non dovrebbero gravare esclusivamente sui consumatori di energia elettrica.

Inoltre, sarà necessario tra-durre rapidamente in strumenti legislativi le recenti proposte in materia di efficienza energetica, considerato l’enorme potenziale di riduzione delle emissioni che essa offre. Dal 1997 ad oggi, l’in-dustria è stata il settore che più ha creduto ed investito nel risparmio energetico, migliorando notevol-mente la sua efficienza. Tuttavia, per mangono ancora molti ostaco-li, in particolare per le piccole e medie im prese che spesso si tro-vano a dover fronteggiare investi-menti redditizi nel lungo periodo ma che richiedono importanti esborsi iniziali.

Sarà essenziale progredire verso una reale politica energetica comune che permetta di arginare la dipendenza energetica dell’UE, che si stima raggiungerà i due ter-

zi del fabbisogno europeo entro il 2030 a fronte di una dipendenza attuale del 50%

Al contempo, occorrerà in-coraggiare un’effettiva diversifi-cazione delle fonti energetiche, esplorando tutte le alternative disponibili – per quanto riguarda l’Italia specie alla luce del nostro penalizzante mix energetico – e rafforzare la rete infrastruttura-le europea, anche lavorando ad una sem plificazione dei processi autorizzativi.

In questo contesto, sarebbe importante far prevalere il prin-cipio di effi cienza in materia di restrizioni verticali, al fine di con-sentire la stipula di contratti a lun-go termine volti alla costruzione di nuove capacità di ge nerazione elettrica.

7. euRopa più foRte nello scenaRio globale

Si stima che nel 2020 i pae-si cosiddetti BRIC (Brasile, Rus-sia, India e Cina) raggiungeranno una quota pari a circa il 30% del PIL mondiale, mentre la quota dell’UE sarà pari a circa il 20% (era al 30% nel 1980). Lo scena-rio di riferimento sta quindi cam-biando radicalmente e l’Europa dovrà contare di più nel contesto internazionale, parlare con una sola voce, promuovere standard europei, creare nuove opportu-nità per le imprese.

La priorità dovrà rimanere quella di raggiungere accordi a livello multi laterale in sede OMC così da garantire identiche regole

del gioco in tutto il mondo e il ri-spetto del principio di reciprocità. Il successo dei negoziati sul com-mercio multilaterale attualmente in corso – Doha Round – costi-tuirebbe un segnale estremamente positivo per i mercati internazio-nali e avrebbe importanti riflessi sulla crisi in corso. In tale con-testo, l’UE può e deve acquisire una leadership negoziale più for-te, sia come possibile me diatore tra gli altri grandi attori mondia-li, sia nell’ottenimento di risultati ambiziosi.

La conclusione del Doha Round è molto importante per le imprese ita liane. Va tuttavia sot-tolineato che i parametri negoziali oggi sul tavolo non corrispondono ad un risultato realmente ambizio-so, poiché, se da un lato determi-nerebbero una riduzione marca-ta delle tariffe in vigore nei paesi industrializzati, senz’altro positiva per il nostro export, dall’altro non garantirebbero un reale accesso ai mercati nei paesi emergenti.

In questa prospettiva vanno seguiti con particolare attenzio-ne i negoziati bilaterali con alcune aree geo-economiche strategiche (tra cui la Corea del Sud, l’India, i paesi del Sud Est Asiatico o il Mercosur). La conclusione di tali accordi costituirebbe un segnale positivo anche e soprattutto per la conclusione del Doha Round. Per sfruttare pienamente l’apertu-ra degli scambi è necessario che vengano superati anche ostaco-li, spesso meno visibili ma non meno importanti, quali le barriere non tariffarie. Questo si può otte-nere anche attraverso l’adozione di regolamenti globali che si ba-sino su accordi di mutuo ricono-scimento.

Un altro tema di estrema im-portanza è l’efficace funziona-mento degli strumenti di difesa commerciale, tra cui l’antidum-ping. In assenza di un regime in-ternazionale sulla concorrenza, tali strumenti sono necessari per proteggere il mercato da com-portamenti sleali. Non si tratta di pro tezionismo, ma di tutela del-la libera concorrenza. L’UE ha il sistema an tidumping più equo e moderato del mondo e dispone già di una normativa basata su regole trasparenti. È quindi ne-cessario continuare a garantire all’industria strumenti di difesa commerciale funzionali ed effica-ci per tutelarsi da pratiche sleali e da altre misure distorsive che im-pattano ne gativamente sugli ope-ratori economici. Tali dispositivi dovrebbero essere utilizzati nel modo più trasparente e più pre-vedibile possibile.

Si dovrebbero, inoltre, attiva-re specifiche azioni per garantire la libertà MaTERIE PRIME

d’acquisto sui mercati e l’eliminazione delle restrizioni all’esportazione delle materie pri-me. Il loro approvvigionamento costituisce oggi una delle mag-giori criticità per le imprese che si trovano a dover fronteggiare due problemi significativi: l’anda-mento altalenante dei prezzi e le numerose restrizioni imposte dai paesi produttori alla loro com-mercializzazione. Ciò pone ovvia-mente numerosi settori industriali in una situazione concor renziale svantaggiosa. L’UE deve opporsi fermamente a qualsiasi forma di

contratti

a lungo termine

conclusione

del doha round

incentivazione delle

fonti rinnovabili

sicurezza di

approvvigionamento

strumenti di difesa

commerciale

accordi

commerciali bilaterali

materie prime

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barriera imposta dai paesi terzi ed impegnarsi maggiormente nell’as-sicurare un adeguato livello di re-ciprocità nell’accesso al mercato delle materie prime.

Un altro tema di particolare rilevanza è quello della contraf-fazione, che rappresenta un ri-schio per la salute dei cittadini e per la sicurezza pub blica, oltre che un danno enorme per le im-prese: nel 2007 il numero di casi di merci sequestrate alle frontiere dell’UE è aumentato del 17 % e tale fenomeno ormai intacca tutti i settori, dalla farmaceutica all’ali-mentare, dal tessile ai giocattoli. Tenuto conto delle dimensioni del pro blema, le risorse impiega-te per contrastarlo non appaiono sufficienti: bisognerà, pertanto, migliorare i controlli alle doga-ne e sul territorio, pro muovere accordi internazionali contro la contraffazione, organizzare una campagna di sensibilizzazione ed un migliore accesso alla prote-zione della proprietà intellettuale. Già da tempo questi sono obiet-tivi perseguiti in sede nazionale da vari paesi comunitari, Italia in testa, ma non sono an cora perce-piti come di interesse comune in ambito UE.

L’Italia ha maturato una signi-ficativa esperienza per combatte-re il feno meno, monitorarne l’evo-luzione e predisporre adeguati in-terventi. Tale esperienza potrebbe essere riproposta a livello comu-nitario. È quindi au spicabile che il tema trovi una sua precisa collo-cazione istituzionale nella defini-zione degli assetti della prossima Commissione europea, affinché operi un centro di riferimento unitario, che coordini ed indiriz-zi l’azione dell’Unione europea nella lotta alla contraffazione. In tal modo, sarà inol tre valorizzato

lo sforzo che le Amministrazioni doganali nazionali già da tempo svolgono per un efficace contra-sto del fenomeno.

Infine, non va dimenticato il processo di adozione della propo-sta di regolamento sul “Made in”, dossier di estrema importanza e di notevole valore simbolico. Il ser-vizio giuridico della Commissione europea ha condotto significati-ve analisi comprovanti che tale disposizione è pienamente com-patibile con le regole dell’OMC, non costosa e non protezionista, anche considerando che essa già viene applicata da altri paesi (ad esempio Stati Uniti, Canada, Giappone, Cina). La discussione su tale proposta è in corso ormai dal 2003, ma le divergenze tra gli Stati membri non hanno con-sentito sinora di arrivare ad una conclusione dell’iter decisionale. Il Par lamento europeo, che si è già favorevolmente espresso sul pro-getto di Regolamento, potrebbe continuare a ricoprire un ruolo di stimolo e di per suasione nei con-fronti degli Stati membri riuniti nel Consiglio per arri vare al più presto ad una sua approvazione.

8. bilancio comunitaRio al seRvizio della cRescita

Il bilancio comunitario può svolgere un ruolo importante per promuovere la crescita e l’occu-pazione in Europa. Tuttavia, le

dimensioni limitate che lo carat-terizzano – 130 miliardi di euro annui, pari a circa l’1% del PIL dell’UE – e l’insufficiente concen-trazione delle risorse sulle spese più fa vorevoli alla crescita, rap-presentano grandi limiti: a titolo di esempio, meno di un miliardo all’anno è destinato al finanzia-mento delle reti tran seuropee di trasporto e di energia, infrastrut-ture fondamentali per una reale integrazione dell’Europa.

Il bilancio comunitario dovrà pertanto essere ampliato e foca-lizzato sulle politiche legate alla strategia di Lisbona e, in partico-lare, sulle politiche che comporte-ranno il maggior valore aggiunto: i grandi progetti di ricerca e svi-luppo, le iniziative di formazione che promuovono la mobilità dei la voratori in Europa e le infrastrut-ture di collegamento transeuropee in materia di energia, di trasporti e di banda larga. L’UE finora non ha fatto abbastanza per le sue in-frastrutture che devono invece diventare una priorità di primo piano nelle prossime prospettive finanziarie.

Inoltre, l’adeguamento della struttura di bilancio dovrà riflette-re l’evolu zione dei grandi obietti-vi dell’Unione europea: il nuovo Trattato di Lisbona ha infatti rico-nosciuto che l’energia e il cam-biamento climatico costitui scono alcune delle sfide maggiori che l’Europa si troverà a fronteggiare e ha rafforzato il ruolo dell’Unione europea nelle relazioni esterne.

In generale, dovranno essere esplorate soluzioni per garantire una mag giore flessibilità del bilan-

cio comunitario. L’esistenza delle prospettive fi nanziarie pluriennali rappresenta un forte vincolo alla capacità dell’UE di reagire tem-pestivamente all’emergere di nuo-ve priorità o di crisi im provvise. Potrebbero essere istituite con-sistenti riserve senza vincoli di destinazione da utilizzare per far fronte ad interventi imprevisti o sotto stimati al momento della definizione del quadro plurien-nale. Andrebbero inoltre sfrutta-te pienamente le opportunità del partenariato pubblico-pri vato per la realizzazione delle grandi reti transeuropee. La Banca euro pea per gli investimenti svolge già un ruolo significativo che potrebbe essere ampliato.

La politica agricola comune, che continua a rappresentare la principale voce del bilancio UE, dovrà essere ulteriormente rifor-mata, innanzitutto introducendo il principio del cofinanziamento nazionale delle misure. Sui Fondi strutturali, che nel nostro Paese non hanno portato tutti i benefici attesi, si dovranno garantire mag-giore qualità degli interventi ed una semplificazione delle proce-dure per i beneficiari, anche sfrut-tando le op portunità offerte dalle sovvenzioni globali.

logo di origine

obbligatorio

“made in”

un bilancio che

guarda al futuro

nuove priorità

maggiore flessibilità

politica agricola

e fondi struttu

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lotta alla

contraffazione

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Circa l’80% dei cittadini euro-pei vive nei contesti urbani ed è lì che si concentrano maggiormen-te gli effetti della crisi economi-ca e si giocano le sfide della lotta al cambiamento climatico, della creazione di posti di lavoro, del benessere e della qualità della vita. Ogni politica europea, per la sua realizzazione e gli effetti che comporta, chiama in causa le città e le responsabilità dei go-verni locali.

Ciò è ancora più significati-vo se consideriamo la situazio-ne specifica dei contesti urbani italiani, che hanno assunto negli ultimi anni competenze e respon-sabilità sempre più ampie, non adeguatamente accompagnate da risorse nazionali.

Pur tenendo conto del princi-pio di sussidiarietà, dalle istitu-zioni europee possono proveni-re nuovi stimoli e strumenti che consentano di pensare le città del futuro, fornendo così anche ai governi locali quella visione lun-gimirante che permette di agire oggi per migliorare la qualità dei contesti urbani in cui i cittadini vivranno fra dieci o venti anni.

In vista delle prossime elezio-ni europee, la Fondazione Anci Ideali presenta un decalogo di idee e proposte per animare il dibattito elettorale e orientare l’azione degli europarlamentari italiani nella prossima legislatu-ra europea.

POLItIChE urbA-NE: far diventare le politiche urbane una vera e propria politica dell’Unione europea, dando seguito ai risul-tati della presidenza di turno francese che ha avviato i lavori per un quadro comune di riferimen-to sui progetti urbani nei ventisette paesi dell’Ue. Ogni testo legislativo europeo deve chiaramente indicare la dimensione urbana degli interven-ti proposti, individuare il ruolo delle città rispetto al raggiungimento de-gli obiettivi e definirne gli strumenti finanziari.

NuOvA POLItICA DI COEsIONE E FONDI strutturALI: evitare ogni tentazione di svuotamento delle poli-tiche di coesione, come sostenuto da quanti vorrebbero ridurre la politica regionale a mero strumento d’aiuto per i nuovi Stati membri. Prevedere che la nuova politica di coesione ter-ritoriale non sia soltanto un elenco di principi, ma costituisca lo strumento cardine dell’Europa politica, capa-ce di promuovere il riequilibrio so-ciale ed economico in tutti i territori dell’Unione a partire dalle città.

LOttA AL CAmbIAmENtO CLI-mAtICO E rIsPArmIO ENErgE-tICO: stabilire un quadro di riferi-mento europeo per le emissioni nei contesti urbani, in grado di misura-re gli obiettivi raggiunti dalle singole città e il valore economico dei loro risultati in termine di riduzione del-le emissioni.

mObILItà urbANA: coinvolgere direttamente le città nelle politiche europee riguardanti la mobilità urba-na, per individuare strumenti e inter-

venti adeguati alle esigenze di mobili-tà delle varie tipologie di centro urba-no. Fornire nuovi approcci e soluzioni per affrontare il problema dell’inqui-namento urbano, promuovendo una nuova cultura del trasporto pubblico e mezzi ecologici che sostituiscano il patrimonio esistente.

rECEssIONE ECONOmICA, OC-CuPAzIONE E CrEsCItA: creare strumenti specifici, finanziati dal Bi-lancio Ue e direttamente assegnabili alle città, affinché esse diventino in-cubatori di crescita per creare nuovi e migliori posti di lavoro soprattutto nelle aree urbane a rischio e nei quartieri in difficoltà, con l’obiettivo di contrastare gli effetti dell’attuale crisi economica.

CIttADINANzA EurOPEA E PAr-tECIPAzIONE DEI CIttADINI: pro-muovere modelli di partecipazione democratica di tutti i cittadini nei processi decisionali, da quelli locali a quelli europei, realizzando concre-tamente il concetto di cittadinanza europea. L’attuazione di tali princi-pi costituisce un elemento decisivo per affrontare le sfide della società multiculturale, rafforzando il senso di appartenza alla comunità e la fiducia nelle istituzioni, contrastando l’esclu-sione sociale, rendendo le città più sicure, aperte e tolleranti.

hOusINg sOCIALE: prevede-re che i fondi strutturali dell’attuale programmazione finanzino in tutti i

paesi dell’Unione in-terventi di riqualifica-zione energetica del patrimonio abitativo obsoleto e la crea-zione di nuovi allog-gi sociali in favore

delle fasce più deboli ma anche dei ceti medi.

rICErCA E CrEAtIvItà: stan-ziare più fondi per finanziare la ri-cerca scientifica e quella applicata per qualificare i sistemi produttivi locali, attraverso una forte coope-razione tra università, centri di ri-cerca, imprese e Comuni, facendo emergere il potenziale creativo e di innovazione presente nei contesti urbani italiani.

turIsmO sOstENIbILE E PAtrI-mONIO CuLturALE: promuovere una politica europea del turismo che valorizzi il ruolo delle città come ele-menti di crescita del territorio, luoghi attrattivi e accoglienti per un turismo responsabile e in grado di valorizza-re il patrimonio culturale, ambientale e economico dei territori.

COOPErAzIONE FrA CIttà E sCAmbIO DI EsPErIENzE: raf-forzare la cooperazione fra realtà urbane dell’Unione europea per pro-muovere una migliore integrazione a partire dalle città, favorendo il trasfe-rimento di conoscenze e lo scambio di esperienze attraverso programmi d’azione innovativi, come l’Erasmus degli amministratori locali.Potenziare gli strumenti per la co-operazione nell’area mediterranea, valorizzando il ruolo delle città come motori di crescita, innovazione e de-mocrazia sulle due sponde del Me-diterraneo.

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46 ConClusa la sesta

legislatura del Parlamento euroPeo: trent’anni doPo

Il 7 maggio si è conclusa la 6a legi-slatura del Parlamento europeo. La di-chiarazione di chiusura del Presidente Pöttering chiude i primi trent’anni di vita dell’istituzione parlamen-tare democraticamente eletta da tutti i cittadini europei. In questi trent’anni il mondo e l’Europa in particolare hanno probabilmente avuto, dal punto di vista scientifico, tecnologico, culturale e politico, i cambiamenti più radicali in un tempo così corto. Il contributo del Parlamento, dal progetto Spinelli in poi, è stato fonda-mentale per consentire all’Europa e ai suoi Stati membri di partecipare e di adattarsi a tali cambiamenti. Quanto alle istituzioni dell’Europa, siamo passati dalla assoluta centralità del binomio Commissione/Consiglio alla evidente centralità, almeno in materia legislativa, del Parlamento. Oggi possiamo dire con sicurezza che il legislatore europeo è, per l’essenziale, il Parlamento, poiché la procedura di codecisione, da un lato, ed il radicale aumento del numero di Stati membri del Consiglio, dall’altro, gli hanno conferito il potere di proporre e talora imporre i compromessi principali. E gli hanno anche dato un potere forte d’interdizione, che esercita certamente con grande senso del limite. Ma oggi non si può che esprimere grandis-sima soddisfazione per l’azione politica del Parlamento che ha condotto a bloccare un progetto di direttiva che fissava a sessanta ore il massimo dell’orario di lavoro settimanale (“se otto ore vi sembran poche�, ricorda-te?). L’accanimento di alcuni governi aveva spinto il Consiglio ad accettare questa proposta, aggravando quella presentata dalla Commissione, che già sembrava eccessiva. La posizione espressa dal Parlamento ha fatto crollare il “compromesso” raggiunto in Consiglio fra gli Stati membri. Peraltro, il Parlamento ha mostrato grande lungimiranza contrastando fin dall’inizio questa proposta: oggi si chiede a gran voce, per affrontare la crisi, di ridurre l’orario di lavoro.

Certo, il Parlamento resta uno strano animale, ove la regola del com-promesso, come ho più volte sottolineato, è sovrana. Il potere parlamentare ne è tributario, sia dal punto di vista delle procedure, sia dal punto di vista propriamente politico. La codecisione funziona solo con l’accordo popolari-socialisti. Le altre istituzioni aspettano sempre con apprensione proprio che il Parlamento fornisca un compromesso adeguato, che esse, specie appunto il Consiglio, non sono in grado raggiungere. Questo comporta una dialettica parlamentare assai diversa da quella nazionale. I Parlamenti nazionali, tradizionalmente divisi fra maggioranza e opposizione si fondano essenzialmente sullo scontro e sulla prevalenza di una parte sull’altra, rele-gando fra le eccezioni le decisioni consensuali. Il Parlamento europeo non conosce il concetto di una maggioranza e di un’opposizione permanenti: dunque è l’eccezione rarissima che vi sia una decisione legislativa definitiva

che non implichi l’accordo fra i principali gruppi. Questo nasconde un po’ lo scontro politico che pure esiste ed è importante in seno al Parlamento europeo, ma che si concretizza di più nel lavoro delle com-missioni parlamentari e nel gioco degli emendamenti, che non nelle pronunce solenni del Parlamento. In sostanza, si vede di più l’aspetto “consociativo” del

Parlamento che non la lotta politica. In altre parole, in seno al Parlamento

sono effettivamente rappresentati gli interessi ed i punti di vista delle famiglie politiche e

dei relativi elettori, ma è assai complicato darne conto in forma semplice. Come spiegare che i so-

cialisti abbiano votato una legge con norme dubbie in materia sociale o che i popolari abbiano accettato una

norma “di sinistra” perché questo era il miglior equilibrio che ciascuna parte considerava possibile? Per un deputato europeo

è ben chiaro, in breve tempo, che egli non si trova lì per fare solenni dichiarazioni, ma per votare delle leggi per 500 milioni di europei. Ma è

complesso farlo capire al cittadino, abituato nel suo Stato membro ad assi-stere alla rissa permanente, sovente sterile, sempre fondata su una semplice contrapposizione maggioranza/opposizione.

D’altra parte, si ha l’impressione che i deputati europei siano consci del loro potere legislativo, poiché le leggi europee definiscono le prospettive e le regole per gli anni a venire, spesso sormontando le insidie della contingenza, mentre i politici nazionali, sempre meno liberi nelle loro determinazioni in un mondo che non è più quello nel quale hanno affermato il loro potere, strillino nell’arena gladiatoria della plolitica perché, altrimenti, i cittadini se ne accorgerebbero ed il re sarebbe nudo.

il voto euroPeo:una sCelta antagonista

Da qui nasce una critica sul modo nel quale le forze politiche trat-tano le elezioni europee, sottolineando la rissa nazionale, rispetto alle questioni che i deputati saranno chiamati a trattare, sia non presentando la rispettiva posizione sui temi europei, che la maggior parte dei nostri capi politici [�] non conoscono, sia riproducendo, appunto, una rissa che poi in Europa non potranno continuare. Questo aspetto contribuisce a limitare la partecipazione dei cittadini ad un voto percepito più come una verifica intermedia per maggioranze e opposizioni, che come l’esercizio di un diritto che riguarda le principali questioni del nostro futuro. E la scarsa partecipazione al volto rende abbastanza felici i nostri, appunto!, capi politici, che possono attaccare la democrazia europea, nonostante tutto crescente, rispetto ai riti nazionali che suonano un po’ stantii. Il voto europeo, perlomeno il mio voto europeo, è prima di tutto un’azione antagonista rispetto alle attuali tendenze: vorrei tanto che i soliti capi ci dicessero la verità sull’Europa, ma credo che l’ignoranza e, soprattutto, la paura glielo impediscano. Votiamo: facciamoli uscire dal tunnel dell’igno-ranza e della paura!

Euronotedi Andrea Pierucci

INFO

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47Ma, si badi bene, il voto europeo concerne anche questioni di fondo

essenziali per il nostro futuro. Mi limiterò a farne una breve lista. In primo luogo, il problema energetico ed il problema del riscaldamento climatico. C’è poi l’immigrazione, oggi preda di biechi (termine non scientifico, ma abbastanza realistico) risentimenti etnico-securitari, fortemente stimolati da politici, a mio avviso, di dubbia moralità. Proviamo con l’immigrazione lega-le, visto che quella illegale è stata un vero fallimento: questo appello viene dall’Europa, ma molti governi, spesso nati anche sull’onda del razzismo e della fobia per gli altri (nonché sulla garanzia di una buona quantità di lavoro nero, talora in forme di vera schiavitù, garantito ai propri amici e grandi elettori senza scrupoli) fanno di tutto per evitare una tale soluzione. E ciò avviene con buona pace delle nostre dichiarazioni sui diritti fondamentali, che chiediamo ormai soprattutto agli Stati terzi di rispettare.

E c’è dell’altro. La sicurezza degli alimenti, la sicurezza delle frontiere, la sicurezza contro la grande criminalità non sono più materie nelle quali i singoli Stati possano farci molto da soli. La ricerca assume delle dimensioni tali che essa non può essere sviluppata adeguatamente dentro le barriere nazionali: ahimé, la spinta dell’Europa a fare di più si è scontrata contro le barriere del clientelismo politico accademico e del relativo disprezzo di molti governi per la ricerca. Eppure la strategia di Lisbona, moderno idolo, certo, ma ancora fra i meno falsi, è stata gentilmente approvata da tutti gli Stati membri a più riprese.

Insomma, il voto per l’Europa è in sè un voto antagonista, è un voto perché si diano risposte alle inquietudini dei nostri tempi, è un voto per l’Europa unita, l’unica idea realizzata che sia stata capace di darci un sì lungo tempo di prosperità e di pace.

un Parlamento non basta: la soCietà Civile deve dire la sua

Il Parlamento è eletto ogni cinque anni, il mondo cambia ogni giorno. Il Parlamento definisce sintesi e compromessi finali, come si diceva per 500 milioni di abitanti, la realtà è fatta di interessi e di valori senza la cui tutela lo stesso Parlamento non avrebbe materia per le sue decisioni. Oggi, specie dopo il Trattato di Lisbona (ci manca ormai solo il secondo referendum irlandese) si riconosce la necessità di rafforzare la democra-zia partecipativa, in particolare attraverso le organizzazioni della società civile, quelle attraverso i quali i cittadini fanno valere i loro punti di vista. Con i partiti, sostanzialmente totalizzanti, della democrazia post-bellica, questo problema era meno sentito, perché ciascun partito era o si sentiva capace di trovare una linea valida per tutti quelli che ne condividevano l’ideologia. Oggi, si sa, non è più così; bisogna trovare altre vie per rap-presentare i cittadini giorno per giorno e per creare una dialettica fra i problemi quotidianamente posti e la politica. Non per niente, in questi ultimi tempi si ha una presenza più forte del Comitato economico e sociale europeo al livello europeo. Non per niente lo stesso Comitato rivendica il suo ruolo di tramite della società civile nel quadro del sistema istituzionale e, diversamente dagli anni passati, stimola il voto parlamentare. Gli serve infatti, oltre alla Commissione, un interlocutore politico forte che incarna la democrazia rappresentativa per svolgere un lavoro utile. Da qui nasce il “Programma per l’Europa: le proposte della società civile”, un vero vademe-cum di proposte legislative e politiche concrete per la prossima legislatura

parlamentare e per la prossima Commissione europea. Partendo dai propri pareri e dai confronti diretti ed immediati con i diversi settori della società civile, il Comitato ha lanciato un vero manifesto elettorale indipendente dai partiti che si candidano a favore di un voto europeo cosciente. Tornerò su questo dossier e su altre questioni relative alla democrazia partecipativa in un’altra occasione. Mi basterà ricordare, per ora, che il Comitato è stato l’unico capace di proporre elementi di risposta alla crisi sociale al vertice sull’occupazione del 7 maggio.

il vertiCe sull’oCCuPazione, PoChe ProPoste, una buona idea

Si deve riconoscere che il Presidente Barroso, contro venti e maree, ha insistito per tenere un vertice sull’occupazione, cosciente che l’autunno sarà estremamente duro dal punto di vista sociale, se è vero che ogni mese in Europa negli ultimi tempi sono andati perduti cinquecentomila posti di lavoro: una coscienza poco condivisa da molti governi che avrebbero preferito lasciar perdere l’iniziativa di affrontare da subito questo proble-ma per tentare di lenire i problemi che si affacciano. Così da un Consiglio europeo in buona e debita forma, come avrebbe voluto la Commissione (e con essa le parti sociali, il Parlamento e lo stesso Comitato economico e sociale), si è giunti ad un vertice (?) con la partecipazione di due soli capi di governo e dei ministri del lavoro degli altri venticinque, sotto l’egida di una troika composta dall’attuale presidenza ceca (il governo era già caduto e sarà rimpiazzato da un governo più o meno tecnico il 10 maggio) e dalle future presidenze svedese e spagnola. Il vertice non ha concluso molto; d’altra parte non sono molti quelli che lo hanno aiutato, non certo le parti sociali che, alla fine, dopo aver tanto insistito sulla loro implicazione, non sono state capaci di presentare proposte comuni che sarebbero state determinanti per il vertice (un vero peccato anche per la loro credibilità istituzionale). Solo il Comitato economico e sociale europeo, che ha tenuto un vertice con i comitati nazionali (organi simili all’italiano CNEL) il giorno prima della riunione fra i governi, ha presentato a Barroso proposte uni-tarie, approvate dai gruppi dei datori di lavoro, dei lavoratori e degli “altri interessi”, che sono riprese dalla decisione finale dei governi: mantenere il più possibile i lavoratori nelle imprese, a costo di ridurre l’orario di lavoro e d’integrarlo con azioni di formazione, per limitare la disoccupazione e la distruzione del tessuto socio-professionale del nostro sistema e favorire il finanziamento delle piccole e medie imprese che, con la crisi, stanno massicciamente chiudendo.

La crisi in corso è un’altra ragione per votare il più massicciamente possibile per il Parlamento europeo. Diceva giustamente la rappresentante del governo svedese alla riunione del Comitato economico e sociale, che la crisi sociale sarà inevitabilmente seguita da una crisi politica, dalla perdita di fiducia di molti cittadini rispetto alla democrazia. Ho paura che abbia proprio ragione. Tuttavia io non voglio fare a meno della democrazia, non voglio persone “illuminate” che mi guidino - di solito, si veda Mussolini - verso la catastrofe. Non voglio che la democrazia sia sostituita dai son-daggi o dalle veline (e non mi riferisco alle splendide ragazze che fanno semplicemente il loro mestiere - in genere mi riferisco a maturi signori che cercano di farci ballare al suono delle loro ammaliatrici trombette). Anche per questo voto per il Parlamento europeo.

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Mezzogiorno Europa

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Mezzogiorno Europa – onlus

N. 2 – Anno X – Marzo/aprile 2009

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