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Note introduttive su vettori e matrici Fabio Bagarello Dipartimento di Matematica ed Applicazioni, Facolt` a di Ingegneria, Universit` a di Palermo, I-90128 Palermo, Italy e-mail: [email protected], home page: www.unipa.it/ bagarell

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Note introduttive su vettori e matrici

Fabio Bagarello

Dipartimento di Matematica ed Applicazioni, Facolta di Ingegneria,Universita di Palermo, I-90128 Palermo, Italy

e-mail: [email protected],home page: www.unipa.it/∼bagarell

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Copyright c©2004 Fabio Bagarello. Tutti i diritti riservati.Questo documento e libero: puo essere ridistribuito e modificato liberamente.

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Introduzione

L’introduzione del nuovo ordinamento nell’universita italiana ha prodotto non pochi disastri. Dadocente quello che mi e assolutamente chiaro e l’impossibilita di ripetere due volte uno stesso concetto,pena: la mancata conclusione di un programma che e gia stato abbondantemente sfoltito a monte. Perlo studente, cio che per noi, in fondo, sarebbe uno sfizio, diventa un vero dramma: ma cosa ha fatto ilprofessore? non ho capito nulla!! potrebbe fare un esempio? Mi piacerebbe, risponde contrito il docente,ma non abbiamo questo tempo!

Ho quindi deciso di riesumare queste note, originariamente redatte, sulla base di alcune mie bozze,da un mio vecchio alunno, Giuseppe Petruzzella, che ovviamente ringrazio soprattutto a nome dei suoicolleghi. Dalla sua protoversione ho lavorato (non poco, a dire il vero) per trarre queste notarelle chespero siano di una qualche utilita ai miei studenti e a chiunque voglia consultarle.

E un piacere dedicare questo lavoretto a Diego, con l’augurio di una rapidissima e completa guarigione!!Buon divertimento...1

1Attenzione: questa e una versione mooooolto preliminare: aspetto i vostri contributi per renderla meno approssimativa!

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God speaks to usbut through a very noisy channel of information!

Peng Zhou

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Indice

1 Algebra vettoriale 7I Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7II Operazioni sui vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

II.1 Somma tra vettori, + . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10II.2 Prodotto di un vettore per uno scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11II.3 Prodotto scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13II.4 Prodotto vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18II.5 Applicazioni geometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20II.6 Basi di uno spazio vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

2 Matrici ed Operatori 25I Prime definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25II Operazioni sulle matrici e matrici particolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

II.1 Somma tra matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30II.2 Prodotto di una matrice per uno scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31II.3 Prodotto tra le matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32II.4 Potenza di una matrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

III Cambio di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34IV Equazione caratteristica ed autovalori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

IV.1 Trasformazioni di similitudini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38V Operatori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40VI Cambio di base per trasformazioni ortogonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47VII Ancora diagonalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50VIII Elementi di Analisi Matriciale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56IX Matrici variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

3 Piccolo formulario di matematica 61I Derivate di funzioni semplici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61II Derivate di funzioni composte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61III Integrali indefiniti e delle regole d’integrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62IV Elementi di trigonometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

IV.1 Archi associati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63IV.2 Formule di sottrazione, addizione, duplicazione, bisezione e di prostaferesi . . . . . 64

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6 INDICE

V Elementi di geometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65V.1 Equazione dell’ellisse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65V.2 Equazione dell’iperbole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

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Capitolo 1

Algebra vettoriale

I Definizioni

In natura esistono grandezze fisiche che sono completamente determinate fornendo semplicemente unnumero: il peso di un corpo, il tempo di durata di un esperimento, una cifra di denaro, ... .Esistono, pero, altre grandezze per cui una simile informazione non e sufficiente. Se, ad esempio, vogliamodescrivere il movimento di una particella, non basta dire che essa si muove ad una certa velocita; perchela descrizione sia piu completa, dobbiamo anche dire verso dove si muova la particella. Occorre quindifornire un numero ed una direzione orientata.

Una quantita del primo tipo e detta uno scalare. Le grandezze per cui e necessario fornire un numeroreale non negativo (modulo) ed una direzione orientata sono dette vettori, e si chiama rappresentazioneintrinseca del vettore la sua espressione in termini di modulo e direzione orientata.

Esempio

Consideriamo due particelle P e Q, che si muovano con velocita ~vP e ~vQ come in figura.

­­

­­Á

­­­Á

~vP~vQ

La figura mostra che tanto P che Q hanno velocita uguale in direzione, e che P ha comunque unavelocita ~vP inferiore a quella di Q, ~vQ.

Due vettori sono detti equipollenti se hanno lo stesso modulo, la stessa direzione e lo stesso verso

­­

­­Á

­­

­­Á

£££££±

­­

­­Á

La prima coppia di vettori nella figura precedente rappresenta quindi vettori equipollenti, mentre la

7

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8 CAPITOLO 1. ALGEBRA VETTORIALE

seconda rappresenta vettori non equipollenti. Tutti i vettori equipollenti rappresentano lo stesso vettorelibero!!

La rappresentazione intrinseca di un vettore e spesso sostituita dalla piu comoda rappresentazionecartesiana, ovvero quella ottenuta fornendo le proiezioni sugli assi cartesiani del vettore che vogliamodescrivere in un dato sistema di riferimento. Iniziamo, per semplicita, col considerare il legame tra le duerappresentazioni in RR2.

»»»»»»»:

-

6

~v

xQ xP

yQ

yP

y

x

Un modo equivalente per descrivere un vettore consiste ad esempio, nel fornire le sue proiezioni sugliassi di un sistema cartesiano di RR2 (o, come vedremo piu avanti, di RR3)

~v = (vx, vy) = (xP − xQ, yP − yQ)

Esercizio (I.1)Dimostrare l’equivalenza tra la rappresentazione intrinseca e quella cartesiana dei vettori di RR2.

Sia ~v = (vx, vy) un vettore di RR2. Troviamone il modulo, la direzione ed il verso.Osserviamo intanto che ‖~v‖ =

√vx

2 + vy2, e θ = arctan(vy

vx) se vx 6= 0, mentre θ = (π

2 ) o ( 3π2 ) se vx = 0,

a seconda del segno di vy.Abbiamo quindi ottenuto in questo modo la rappresentazione ntrinseca di ~v nota che sia la sua rappre-sentazione cartesiana.

La procedura puo essere invertita banalmente: supponiamo infatti di conoscere ‖~v‖ e θ. Troviamoallora

vx = v cos θ e vy = v sin θ

Dato un vettore ~v 6= 0 si definisce versore corrispondente al ~v quel nuovo vettore, v, che ha la stessadirezione e verso di ~v, ma modulo unitario.

¶¶

¶¶¶7

¶¶7

~v

v

Si puo scrivere ovviamente

~v = v‖~v‖ (1.1)

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I. DEFINIZIONI 9

Degli esempi particolari di versori sono i e j, ovvero i versori degli assi x ed y. La rappresentazionecartesiana di tali versori e ovviamente: i = (1, 0) e j = (0, 1).

-

6

-

6j

i

y

x

Introduciamo ora brevemente la rappresentazione intrinseca di un vettore di RR3 e mostriamone l’e-quivalenza con la sua rappresentazione cartesiana, che e una banale estensione della rappresentazionecartesiana di un vettore in RR2: dato ~v scriveremo ~v = (vx, vy, vz), dove vx e la proiezione di ~v lungo l’assex, vy quella lungo l’asse y e vz lungo l’asse z.

Definiamo intanto i coseni direttori della retta sostegno di ~v, θ, ψ e ϕ, nel modo seguente

θ = ~vi angolo compreso tra la retta sostegno di ~v e l’asse x

ψ = ~vj angolo compreso tra la retta sostegno di ~v e l’asse y

ϕ = ~vk angolo compreso tra la retta sostegno di ~v e l’asse z

E facile verificare che:

cos2 θ + cos2 ψ + cos2 ϕ = 1,

per cui i tre angoli non sono tutti indipendenti.

Fissate le tre componenti cartesiane del vettore ~v = (vx, vy, vz) e possibile calcolarne il modulo e ladirezione. Infatti:

v =√

v2x + v2

y + v2z

θ = arccosvx

vψ = arccos

vy

vϕ = arccos

vz

v

Osservazione:E opportuno osservare che (θ;ψ;ϕ) non determinano univocamente una retta ma solo un fascio di

rette parallele, il che e in accordo col fatto che vettori equipollenti hanno rette d’azione parallele.Osserviamo incidentalmente che i versori i, j e k in RR3 hanno le seguenti rappresentazioni cartesiane:

i = (1, 0, 0) j = (0, 1, 0) k = (0, 0, 1)

Esercizio (I.2)Dato ~v = (1, 2, 3) determinare il modulo di ~v e i coseni direttori della retta orientata individuata da

~v:

v = ‖~v‖ =√

v2x + v2

y + v2z =

√1 + 4 + 9 =

√14

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10 CAPITOLO 1. ALGEBRA VETTORIALE

cos θ =vx

v=

1√14

, cos ψ =vy

v=

2√14

, cosϕ =vz

v=

3√14

Osservazione:Dato un vettore ~v e chiaro che il suo versore v e definito tramite la v = (cos θ, cos ψ, cosϕ). Infatti v

ha la stessa direzione (orientata) di ~v ed ha modulo 1. Esplicitamente si verifica intanto che

‖~v2‖ = cos θ2 + cosψ2 + cos ϕ2 =v2

x

v2+

v2y

v2+

v2z

v2= 1

Inoltre i coseni direttori di ~v e v coincidono:

cos θ :=vx

‖v‖ = cos θ, cos ψ :=vy

‖v‖ = cos ψ, cos ϕ :=vz

‖v‖ = cos ϕ.

Esercizio (I.3) Sia ~v un vettore del piano (O;x, y) di modulo 3 (‖~v‖ = 3) avente θ = ϕ = π4 quindi

cos θ = cos ϕ = 1√2. Determinare le componenti cartesiane di ~v.

Ovviamente essendo ~v nel piano risulta intanto vz = 0, mentre:

vx = ‖~v‖ cos θ = 31√2, vy = ‖~v‖ cos ϕ =

3√2,

ovvero~v = (

3√2,

3√2, 0)

II Operazioni sui vettori

Sia V l’insieme dei vettori di RRn (n=1,2,3,...). V e uno spazio vettoriale se lo dotiamo delle operazionidescritte di seguito:

II.1 Somma tra vettori, +

Questa operazione e definita su V × V ed ha valori in V:

+ : V × V 7−→ V

In altre parole, + associa un vettore ad ogni coppia di vettori. Sono soddisfatte le seguenti proprieta:(S1) commutativa: ~v1 + ~v2 = ~v2 + ~v1, ∀~v1, ~v2 ∈ V(S2) associativa: ~v1 + (~v2 + ~v3) = (~v1 + ~v2) + ~v3, ∀~v1, ~v2, ~v3 ∈ V(S3) esistenza dell’elemento neutro rispetto alla somma: ∃~0 ∈ V, ~v +~0 = ~v

(S4) esistenza dell’opposto: ∀~v ∈ V ∃(−~v) ∈ V : ~v + (−~v) = ~0.

Queste sono le proprieta che si richiedono alla somma tra vettori: ma come e definita esplicitamen-te tale operazione? Ne daremo ora una definizione intrinseca ed una cartesiana, ovviamente tra loroequivalenti.

Definizione intrinsecaSiano ~v e ~w due vettori qualsiasi. Il vettore somma ~q = ~v + ~w

e ottenuto trasportando parallelamente a se stesso nello spazio il vettore ~w in modo che l’origine di ~w

coincida con la fine di ~v. Il vettore ~q e il vettore che unisce l’origine di ~v con la fine di ~w:

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II. OPERAZIONI SUI VETTORI 11

£££££±

³³³1£££££±³³³1

­­

­­

­­Á

~v

~w~v + ~w

Definizione cartesianaSiano ~v = (vx, vy, vz), ~w = (wx, wy, wz) due vettori di RR3. Il vettore somma (~v + ~w) e il vettore cosı

definito:

~v + ~w = (vx + wx, vy + wy, vz + wz) (1.2)

Esercizio (I.4)Usando la definizione estrinseca di ~v + ~w dimostrare che valgono le proprieta (S1) - (S4)Iniziamo con l’osservare che (S1) ed (S2) valgono perche valgono le analoghe proprieta inRR.(S3): ~0 = (0, 0, 0)(S4): Se ~v e un vettore di componenti (vx, vy, vz) il vettore −~v avra componenti (−vx,−vy,−vz). Infatti,si ha chiaramente ~v + (−~v) = (vx − vx, vy − vy, vz − vz) = (0, 0, 0) = ~0

Esercizio (I.6)Dimostrare che la definizione cartesiana ed intrinseca di somma coincidono in RR2. Siano ~v = (vx, vy)

e ~w = (wx, wy) due generici vettori di RR2. Dalla definizione cartesiana se ne deduce che il vettore sommarisulta essere

~q := ~v + ~w = (vx + wx, vy + wy)

Dimostriamo che allo stesso ~q si perviene utilizzando la definizione intrinseca di somma.Fissiamo l’origine degli assi con l’inizio del vettore ~v. In questo modo il risultato e del tutto evidente:con riferimento alla figura precedente risulta:

-

6

£££££±³³³1

­­

­­

­­Á

vy

wy

vx wx

(~v + ~w)y

(~v + ~w)x

y

x

Va da se che i due procedimenti coincidono anche in RR3. In virtu di tale equivalenza e chiaro cheanche la somma intrinseca dei vettori soddisfa le proprieta (S1)-(S4).

II.2 Prodotto di un vettore per uno scalare

Questa operazione e definita su RR× V ed ha valori in V:

RR× V 7−→ V

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12 CAPITOLO 1. ALGEBRA VETTORIALE

In altre parole, tale prodotto associa un vettore ad ogni coppia costituita da un vettore ed uno scalare.Sono soddisfatte le seguenti proprieta:(P1) prima proprieta distribuitiva: ∀α ∈ RR e ∀~v1, ~v2 ∈ V risulta α(~v1 + ~v2) = α~v1 + α~v2;(P2) seconda proprieta distribuitiva: ∀α, β ∈ RR e ∀~v ∈ V, (α + β)~v = α~v + β~v:(P3) associativa: ∀α, β ∈ RR e ∀~v ∈ V (αβ)~v = α(β~v);(P4) esistenza dell’elemento neutro: ∃1 ∈ RR : ∀~v ∈ V ⇒ 1~v = ~v.

Come per la somma, e possibile definire questa operazione usando la rappresentazione intrinseca oquella cartesiana per i vettori.

Definizione intrinseca.Se α ∈ RR e ~v ∈ V il vettore α~v e quel vettore che ha la direzione di ~v, verso di ~v se α > 0, verso oppostose α < 0,e modulo |α| volte quello di ~v.Esempio:

In questo esempio detto ~v il vettore a sinistra nella figura, quello al centro e 2~v, mentre quello a destrae −~v.

­­­Á ­

­­

­­Á

­­­À

~v

2~v

−~v

Definizione cartesiana.

α~v = α(vx, vy, vz) := (αvx, αvy, αvz) (1.3)

Esempio:Se ~v = (3, 1, 0) si ha:

2~v = (6, 2, 0)

e

−~v = (−3,−1, 0)

Esercizio (I.7)Dimostrare, usando la (1.3), le proprieta (P1) - (P4).

La dimostrazione e una banale conseguenza delle analoghe proprieta su RR.

Esercizio (I.8)Dimostrare le (P1) -(P4) usando la definizione intrinseca.Esercizio (I.9)Dimostrare l’equivalenza tra le due definizioni intrinseca e cartesiana.I punti da dimostrare sono che:

(1) i vettori α~v e (αvx, αvy, αvz) hanno la stessa direzione orientata;

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II. OPERAZIONI SUI VETTORI 13

(2) i vettori α~v e (αvx, αvy, αvz) hanno lo stesso modulo;

(1) Iniziamo col mostrare che la direzione di α~v e la stessa di quella del vettore (αvx, αvy, αvz).Detti (θ, Ψ, ϕ) e (θ, Ψ, ϕ) rispettivamente i coseni direttori di (αvx, αvy, αvz) e di ~v (e, quindi, di α~v),

avremocos θ =

α ~vx√(αvx)2 + (αvy)2 + (αvz)2

=αvx

|α|√

v2x + v2

y + v2z

|α|vx

v=

α

|α| cos θ.

Analogamente si hacos ψ =

α

|α| cos ψ, nonche cos ϕ =α

|α|cosϕ

Quindi, poiche α‖α‖ = ±1 a seconda del segno di α, ne segue l’asserto.

(2) Il modulo di α~v e |α|‖~v‖. Quello di (α~vx, α~vy, α~vz) e√

(αvx)2 + (αvy)2 + (αvz)2 = |α|√

(vx)2 + (vy)2 + (vz)2 = |α|‖~v‖,

quindi anche i moduli coincidono.

Osservazione 1:Una volta che si siano svolti gli esercizi (I.7) ed (I.9) l’esercizio (I.8) diventa un semplice corollario.

Osservazione 2:∀~v = (vx, vy, vz) ∈ V possiamo scrivere

~v = vxi + vy j + vzk (1.4)

dove, i, j, k sono i soliti versori di RR3.

Con le operazioni introdotte precedentemente l’insieme dei vettori V, costituisce uno spazio vettorialelineare su RR. Piu in astratto si chiama spazio vettoriale lineare (SVL) su RR un insieme V non vuoto dielementi (detti vettori) nel quale sono definite due operazioni: la somma e la moltiplicazione per scalari(di RR) che soddisfano le proprieta (P1)-(P4) ed (S1)-(S4) viste prima.

Esempi: Esempi di SVL sono gli spazi RR, RR2, RR3, ... , RRn. In particolare e interessante osservare cheRR risulta essere uno spazio vettoriale lineare su RR stesso!

II.3 Prodotto scalare

Il prodotto scalare e un operazione definita su V × V e con valori in RR,

· : V × V −→ RR,

definito nel modo seguente:

Definizione intrinseca:~v · ~w = vw cos vw (1.5)

dove v e w sono le norme di ~v e ~w e vw e l’angolo tra i vettori ~v e ~w

Osservazione 1:

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14 CAPITOLO 1. ALGEBRA VETTORIALE

Osserviamo che i vettori ~v e ~w non hanno necessariamente la stessa origine. Tuttavia esistono certa-mente due vettori, a questi equipollenti, la cui origine coincide. Questi due nuovi vettori determinano trepunti in RR3 (l’origine comune ed i due punti finali) che, se ~v e ~w non sono paralleli, non sono allineati e,di conseguenza, definiscono un unico piano. A questo punto e chiaro cosa sia ~v ~w.

Esempi:(a) Sia ~v ~w = π

4 ⇒ cos ~v ~w = 1√2. Supponendo poi che ‖~v‖ = ‖~w‖ = 3 ne segue che ~v · ~w = 3 3 1√

2= 9√

2

(b) Sia stavolta ~v ~w = π2 . Allora cos π

2 = 0, per cui ~v · ~w = 0.(c) Se i due vettori ~v e ~w sono antiparalleli ne segue che ~v ~w = π, per cui cos π = −1 e, di conseguenza,

~v · ~w = −v w

d) Nel caso in cui ~v = ~w si avra ~v ·~v = v · v(cos 0) = v2 che fornisce una formula particolarmente utileper il calcolo della norma di un vettore:

v =√

~v · ~v (1.6)

Ricordando la natura dei versori di RR3, i, j e k, risulta

´´

´´+

-

6

´+-

6y

z

xj

k

i

{i · i = j · j = k · k = 1i · j = j · i = i · k = k · i = j · k = k · j = 0

(1.7)

E infine facile verificare che il prodotto scalare in (1.5) soddisfa le seguenti proprieta(PS1)

~v · ~w = ~w · ~v ∀~v, ~w ∈ V;

(PS2)α(~v · ~w) = (α~v) · ~w = ~v · (α~w) ∀~v, ~w ∈ V ∀α ∈ RR;

(PS3)~v · (~w + ~z) = ~v · ~w + ~v · ~z, ∀~v, ~w~z ∈ V;

(PS4)~v · ~v ≥ 0, e ~v · ~v = 0 se e solo se ~v = 0.

Proposizione:Condizione necessaria e sufficiente affinche ~v · ~w = 0 per due vettori non nulli e che ~v e ~w siano ortogonali.

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II. OPERAZIONI SUI VETTORI 15

Dim.Se ~v e ~w sono diversi dal vettore nullo le loro norme sono necessariamente positive: v > 0 e w > 0.Quindi ~v · ~w = v · w cos ~v ~w = 0 se e solo se cos vw = 0, cioe se risulta ~v ~w = π

2 + kπ, k ∈ ZZ, ovvero se ~v eperpendicolare a ~w.

Esiste una definizione alternativa (ed equivalente) del prodotto scalare, quella data tramite le compo-nenti cartesiane dei vettori: dati due vettori ~v = (vx, vy, vz) e ~w = (wx, wy, wz), il prodotto scalare tra ~v

e ~w puo esprimersi come~v · ~w = vxwx + vywy + vzwz (1.8)

Esercizio (I.12)Dimostrare che la (1.8) e la (1.5) soddisfano le (PS1 )- (PS2).

Esercizio (I.13)Dimostrare l’equivalenza tra la (1.8) e la (1.5).

Si ha, usando la (1.4):

v = vxi + vy j + vz k, e w = wxi + wy j + wz k.

Usando ora la (PS2) e la (PS3), nonche le (1.7), risulta:

v · w = (vxi + vy j + vz k)(wxi + wy j + wz k) =

= vxwxi · i + vxwy i · j + vzwz i · k + vywxj · i + vywy j · j + vywz j · k + vzwxk · i + vzwyk · j + vzwz k · k =

= vxwx + vywy + vkwk,

che mostra l’asserto.Osserviamo per inciso che, dato un vettore ~v generico, la (1.8) implica in particolare le

~v · i = vx ~v · j = vy ~v · k = vz. (1.9)

Ne segue che le componenti di ~v lungo gli assi cartesiani sono ottenute semplicemente calcolando ilprodotto scalare di ~v per il versore corrispondente all’asse considerato. Questo risultato e poi banalmentegeneralizzabile: se vogliamo calcolare la componente di ~v lungo un certo vettore ~w, questa e data dalprodotto scalare

vw = ~v · w (1.10)

dove w e il versore di ~w.Ovviamente se ~v =

∑ni=1 ~vi si ha anche che:

vw = ~v · w = (n∑

i=1

~vi) · w = (n∑

i=1

~vi · w) =n∑

i=1

(~vi)w (1.11)

ovvero le proiezione lungo ~w di una somma di vettori coincide con la somma delle proiezioni lungo ~w deisingoli vettori.

Esercizio (I.14)

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16 CAPITOLO 1. ALGEBRA VETTORIALE

Calcolare il prodotto scalare tra i vettori ~v = (1, 1, 2), ~w = (2, 0, 1) e ~z = (0, 1, 2).

~v · ~w = 2 + 0 + 2 = 4 ~w · ~z = 0 + 0 + 2 = 2 ~v · ~z = 0 + 1 + 4 = 5

Se volessimo applicare la (1.5) dovremmo innanzitutto trovare gli angoli compresi tra i vettori, operazionenon sempre facile da effettuare. Viceversa partendo dalla (1.8) e (1.5) l’angolo tra due vettori dati puoessere calcolato facilmente. Infatti, poiche

~v · ~w = vw cos ~v ~w = vxwx + vywy + vzwz,

risulta

cos ~v ~w =vxwx + vywy + vzwz

vw(1.12)

Quindi, nell’esercizio (I.14), ad esempio, risulta:

cos vw =4

vw=

4√6√

5=

4√30

cos wz =2

wz=

2√5√

5=

25,

e cosı via.Esercizio (I.15)

Dati ~v1 = (1, 1, 1) e ~v2 = (2, 0, 1) calcolare ~v1 · ~v2 e v1v2.Esercizio (I.16)

Dato ~v = 2i+3j + k trovare ‖~v‖ la proiezione di ~v sul piano (O; x, y) ed i vettori ~w ∈ (O; x, y) ortogonalia ~v, nonche w

Il prodotto scalare puo essere utilizzato per generalizzare il teorema di Pitagora allo scopo di trovare lalunghezza del terzo lato di un triangolo noti che siano le lunghezze degli altri due lati e l’angolo compresotra essi:

Teorema di CarnotDato il triangolo di figura risulta C2 = A2 + B2 − 2AB cos γ

¡¡

¡¡µ@@

@@R-~A

~B

~A + ~B

γ

dimAbbiamo

~C = ~A + ~B

Quindi

C = ~C · ~C = ( ~A + ~B) · ( ~A + ~B) = A2 + B2 + 2 ~A · ~B

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II. OPERAZIONI SUI VETTORI 17

Dalla figura risulta inoltre che ~A ~B = π − γ, quindi cos ~A ~B = cos(π − γ) = −cos(γ), per cui

C2 = A2 + B2 − 2AB cos γ (1.13)

Osservazione:Il teorema di Carnot e realmente una generalizazione del teorema di Pitagora. Infatti se γ = π

2 si ha che:

C2 = A2 + B2.

Esercizio(I.18)Dati due vettori ~v = (1, 1, 0) = ~OA e ~w = (0,−1, 0) = ~OB trovare ‖ ~AB‖.

Sappiamo che ~OA + ~AB = ~OB, per cui ~AB = ~OB − ~OA da cui si ricava ancora

~AB · ~AB = ~OB2

+ ~OA2 − 2 ~OB · ~OA = 1 + 2− 2 · 1 ·

√2 cos

4= 5

Esercizio(I.19)Dimostrare che per ogni v, w ∈ V risulta

‖~v · ~w‖ ≤ ‖~v‖‖~w‖ (1.14)

(Disuguaglianza di Schwartz)In virtu delle (PS4), ∀α ∈ RR deve essere

(~v + α~w) · (~v + α~w) = ~v · ~v + α~v · ~w + α~w · ~v =

= ‖~v‖2 + α2‖~w‖2 + 2α~v ~w ≥ 0

che e possibile se e solo se il discriminante ∆ ≤ 0, ovvero se

4(~v · ~w)− 4‖~w‖2 · ‖~v‖2 ≤ 0

da cui si ricava l’asserto.

Osservazione 1:la (1.14) ci assicura che l’angolo tra ~v e ~w puo in effetti essere sempre definito. Infatti:

|~v · ~w|‖~v‖ · ‖~w‖ ≤ 1 quindi − 1 ≤ ~v · ~w

vw≤ 1 (1.15)

Cio suggerisce che il rapporto ~v·~wvw possa in effetti essere interpretato come il coseno di un angolo, l’angolo

tra ~v e ~w.Osservazione 2:

Se nella dimostrazione della disuguaglianza di Schwartz si sceglie α = 1 e se ~v e perpendicolare a ~w

risulta:(~v + ~w) · (~v + ~w) = ‖~v + ~w2‖ = ‖~v‖2 + ‖~w‖2,

che e la forma vettoriale del teorema di Pitagora. Inoltre si mostra facilmente che:

‖~v + ~w‖ ≤ ‖~v‖+ ‖~w‖ ∀~v, ~w ∈ V (1.16)

Questa disuguaglianza e nota come disuguaglianza triangolare (la somma di due lati di un triangolo eminore o uguale al terzo lato).

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18 CAPITOLO 1. ALGEBRA VETTORIALE

II.4 Prodotto vettoriale

Il prodotto vettoriale e un operazione definita in V × V con valori in V

∧ : V × V → V

Definizione intrinsecaIl vettore ~v ∧ ~w e un vettore che ha:(a) direzione perpendicolare a quella di ~v e ~w

(b) verso ottenuto con la regola della mano destra ( indice lungo ~v, medio lungo ~w e pollice lungo ~v ∧ ~w)(c) modulo uguale a vw sin(vw)

´´

´´+

QQ

QQQs

6

~v ~w

~v ∧ ~w

Osservazione:‖~v ∧ ~w‖ e l’area del parallelogramma di lati ~v e ~w.

Esempi(a) Considerando la figura sotto

´´

´´+

-

6

´+-

6y

z

xj

k

i

avremo

i ∧ i = j ∧ j = k ∧ k = ~0i ∧ j = k; j ∧ k = i; k ∧ i = j;j ∧ i = −k; k ∧ j = −i; i ∧ k = −j;

(1.17)

(b) Per ogni ~v ∈ V si ha che~v ∧ ~v = ~0 (1.18)

Infatti ~v e parallelo a ~v stesso, per cui ~v~v = 0 quindi sin vv = 0

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II. OPERAZIONI SUI VETTORI 19

(c) Per ogni ~v, ~w ∈ V risulta~v ∧ ~w = −~w ∧ ~v (1.19)

infatti non cambiano direzione e modulo, mentre, ovviamente, cambia il verso!

(d) Siano ~v = (1, 1, 0) ~w = (1, 0, 0) allora ~v ∧ ~w ha la stessa direzione dell’asse z; essendo ~v, ~w ∈ (0; x, y),verso dato da −k e modulo pari a ‖~v‖‖~w‖ sin 45 =

√2 · 1 · 1√

2= 1

Il prodotto vettoriale soddisfa le seguenti proprieta :(PV1) proprieta associativa:

α(~v ∧ ~w) = (α~v) ∧ ~w = ~v ∧ (α~w) ∀~v, ~w ∈ V ∀α ∈ RR;

(PV2) proprieta distributiva:

~v ∧ (~w + ~z) = ~v ∧ ~w + ~v ∧ ~z, ∀~v, ~w, ~z ∈ V

(PV3) antisimmetria:~v ∧ ~w = −~w ∧ ~v, ∀~v, ~w ∈ V;

(PV4)~v ∧ ~w = ~0 se e solo se ~v = ~0 e/o ~w = ~0 e/o ~v e parallelo a ~w.

Esercizio (I.20)Dimostrare le (PV1) - (PV4)

Dalla(1.17) e possibile ottenere la forma cartesiana del prodotto vettoriale:

~v ∧ ~w = (vx + i + vy j + vz k) ∧ (wx + i + wy j + wz k) =

= vxwyk + vxwz(−j) + vywx(−k) + vywz (i) + vzwx(j) + vzwy(−i)

quindi~v ∧ ~w = i(vywz − vzwy) + j(vzwx − vxwz) + k(vxwy − vywx) = (1.20)

i j k

= det vx vy vz

wx wy wz

(1.21)

Esercizio (I.21)Verificare che la (1.20) soddisfa le (PV1)-(PV4)

E facile capire che, cosı come ~v∧ ~w e legata alla superficie del parallelogrammo di lati ~v e ~w, il modulodel prodotto misto | ~q · (~v ∧ ~w) | e il volume del solido di spigoli ~q, ~v e ~w. Un esempio banale e unparallelepipedo con spigoli lungo gli assi. Ad esempio, siano A = (2, 0, 0), B = (0, 6, 0) e C = (0, 0, 4) ivertici di 3 lati di tale parallelepipedo. Il suo volume e ovviamente

V ol = ‖ ~OA‖ ‖ ~OB‖ ‖ ~OC‖ = 2× 6× 4 = 48.

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20 CAPITOLO 1. ALGEBRA VETTORIALE

Allo stesso risultato possiamo arrivare usando la strategia precedente:

~OA · ( ~OB ∧ ~OC) = (2, 0, 0) · [(0, 6, 0) ∧ (0, 0, 4)] = (2, 0, 0) · det

i j k

0 6 00 0 4

= (2, 0, 0) · (24, 0, 0) = 48

In genere e facile vedere che risulta:

~q · (~v ∧ ~w) = det

qx qy qz

vx vy vz

wx wy wz

(1.22)

Esercizio (I.22)Dimostrare la (1.22). Dimostrare anche che, ∀~q,~v, ~w ∈ V si ha

| ~q · (~v ∧ ~w) |=| ~v · (~w ∧ ~q) |, (1.23)

il cui significato geometrico e che il volume non cambia se si prende un’altra faccia come base delparallelepipedo di cui si vuole calcolare il volume.

Esercizio (I.24)Verificare le seguenti uguaglianze vettoriali:

( ~A ∧ ~B) ∧ ~C = ( ~A · ~C) ~B − ( ~B · ~C) ~A

( ~A ∧ ~B) · (~C ∧ ~D) = ( ~A · ~C)( ~B · ~D)− ( ~A · ~D)( ~B · ~C)

( ~A ∧ ~B) ∧ ( ~C ∧ ~D) = [ ~A · ( ~B ∧ ~D)]~C − [ ~A · ( ~B ∧ ~C)] ~D,

quali che siano i vettori ~A, ~B, ~C e ~D ∈ RR3.

II.5 Applicazioni geometriche

Prima applicazione

Abbiamo appena mostrato come il prodotto misto ~v1 · (~v2 ∧ ~v3) sia, in valore assoluto, il volume delparallelepipedo di lati ~v1, ~v2 e ~v3.

Esercizio (I.25)In che condizioni il vettore ~C = (Cx, cy, Cz) e complanare ai vettori ~A = (1, 1, 0) e ~B = (0, 1, 2)?La risposta puo essere ottenuta facilmente osservando che basta richiedere che sia nullo il volume delsolido di lati ~A, ~B e ~C, cioe deve essere soddisfatta la ~A · ( ~B ∧ ~C) = 0. Nel caso in esame deve quindiaversi, come si vede immediatamente,

Cz = 2(Cy − Cx).

Seconda applicazione

Vogliamo ora ottenere un criterio che ci permetta di stabilire se due rette r ed r′ siano o meno parallele.Come sappiamo, la direzione di una retta e determinata univocamente dai suoi coseni direttori. Sianoα, β, γ e α′, β′, γ′ i coseni direttori di r ed r′ rispettivamente. Questi definiscono due versori u = (α, β, γ)e u′ = (α′, β′, γ′) che devono essere paralleli. Deve risultare quindi

u ∧ u′ = ~0 = det

i j k

α β γ

α′ β′ γ′

= i(βγ′ − γβ′) + j(γα′ − αγ′) + k(αβ′ − βα′)

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II. OPERAZIONI SUI VETTORI 21

Quindi deve essereβγ′ − γβ′ = γα′ − αγ′ = αβ′ − βα′,

da cui si ricava che:α

α′=

β

β′=

γ

γ′, (1.24)

che e la condizione di parallelismo cercata.Osservazione:Ricordiamo che l’equazione parametrica della retta passante per un punto P e parallela al versore u

dipende da un parametro reale t, ed ha la forma:

r : ~P + tu (1.25)

La curva corrispondente ai soli valori positivi di t e una semiretta che si origina da P ed e parallela a u.L’altra semiretta si ottiene prendendo t ≤ 0.

Terza applicazione

Calcoliamo adesso l’equazione di un piano π perpendicolare ad un versore dato, u, e passante per unpunto fissato.

Come si evince dalla figura sotto, in cui il piano π e mostrato in sezione, tutti i punti appartenenti aπ hanno una proiezione su u costante: ~OP · u = ~OP ′ · u = d, d costante, ∀P, P ′ ∈ π.

QQ

QQ

QQk

¡¡

¡¡µ

££££±

π

O

P P ′ P ′′

Se P = (x, y, z) ed A = (a, b, c) avremo quindi:

ax + by + cz = d (1.26)

che e la ben nota equazione del piano.

Esercizio (I.25)Calcolare l’equazione del piano π ortogonale ad u = (1, 1, 1) e passante per l’origine, nonche quella delpiano π′ parallelo a π e passante per Q=(1,0,0)

Per quanto riguarda π abbiamo:

~OP = (x, y, z)− (0, 0, 0) = (x, y, z) =⇒ ~OP · ~u = d =⇒ x + y + z = d

Poiche poi deve anche essere O ∈ π se ne deduce che d = 0, per cui il piano π avra equazione x+y+z = 0.Analogamente si procede per ricavare l’equazione di π’: ~OP · ~u = x + y + z = d′. Dalla condizione di

passagio del piano π’ per il punto Q=(0,1,0) si ricava il valore di d′: 0 + 1 + 0 = d′, per cui l’equazionedi π′ sara: x + y + z = 1.

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22 CAPITOLO 1. ALGEBRA VETTORIALE

Esercizio (I.26)Trovare l’equazione del piano π passante per P=(1,-2,3) e parallelo al piano π0: 3x + y − z = 0.

Quarta applicazione

Mostriamo ora come ricavare l’equazione di un piano π passante per tre punti (P1, P2, P3).Sia P il punto generico del piano π. Ne segue che i tre vettori ~PP 1, ~PP 2 e ~PP 3 devono risultare

complanari, per cui deve essere verificata la seguente condizione

~PP1 · ( ~PP2 ∧ ~PP3) = 0, (1.27)

che va esplicitata e fornisce l’equazione del piano π.Esercizio (I.28)

Scrivere l’equazione del piano π individuato dai punti P1 = (1, 0, 0), P2 = (0, 1, 0), P3 = (1, 1, 0).Ovvie considerazioni geometriche suggeriscono che π debba essere il piano (O; x, y). Verifichiamolo.

Abbiamo~PP1 = (1− x,−y,−z), ~PP2 = (−x, 1− y,−z) ~PP3 = (1− x, 1− y,−z),

per cui

~PP1 · ( ~PP2 ∧ ~PP3) =

1− x −y 1− z

−x 1− y −z

1− x 1− y −z

=

= (1− x)[(1− y)(−z) + z(1− y)] + y[−x(−z) + z(1− x)]− z[−x(1− y)− (1− y)(1− x)] =

= y(xz + z − xz)− z(−x + xy − 1 + x + y − xy) = z,

da cui si ricava l’equazione z = 0, che e la soluzione prevista.Esercizio (I.29)

Scrivere l’equazione dei piani individuati dalle seguenti terne di punti(a) P1 = (1, 0, 0), P2 = (0,−1, 0), P3 = (1, 1, 1)(b) P1 = (−2, 1, 3), P2 = (0, 1,−3), P3 = (3, 1, 0)

Esercizio (I.30)Trovare la retta passante per P = (1, 1, 1) e perpendicolare al piano π: x + 2y − z = 0 e la famiglia dirette parallele al piano π e passanti per P .

II.6 Basi di uno spazio vettoriale

Nello spazio dei vettori V abbiamo spesso fatto riferimento ai versori i, j e k. In particolare abbiamovisto che ogni vettore puo essere decomposto (in modo unico!) in termini di tali versori:

~v = vxi + vy j + vz k

(vedi (1.4)). Questo e possibile poiche i, j e k formano una base in RR3.In generale, dei vettori ~v1, ~v2, ..., ~vn costituiscono una base di uno spazio vettoriale lineare di dimensionen (∼ RRn) se:(a.) i vari ~vi sono linearmente indipendenti(b.) l’insieme {~vi} e un sistema di generatori

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II. OPERAZIONI SUI VETTORI 23

Il significato di tali richieste e il seguente: la (a.) vuol dire che la seguente uguaglianza∑n

i=1 ai~vi = ~0 puoessere soddisfatta se e solo se ai = 0 ∀i = 1, 2, ..., n; la (b.) vuol dire che ∀~v ∈ V esistono dei coefficenti{Ci}i=1,...,n per cui risulta ~v =

∑ni=1 ci~vi.

Basi particolarmente importanti sono quelle ortonormali, che soddisfano la condizione:

~vi · ~vj = δij . (1.28)

E facile verificare che un qualsiasi sistema di vettori ortonormali che generano tutto V sono anche linear-mente indipendenti e, quindi, una base di V. Infatti, consideriamo la

∑ni=1 ai~vi = ~0 e moltiplichiamo

scalarmente ambo i membri per ~vj . Otteniamo quindi

0 = (n∑

i=1

ai~vi) · ~vj =n∑

i=1

ai(~vi · ~vj) =n∑

i=1

aiδij = aj

da cui segue che aj = 0 per tutti i valori di j, j = 1, 2, ..., n. Quindi ~vi risultano linearmente indipendenti.

Esempi in (RR3) Sianoc1 := i, c2 := j, c3 := k

´´

´´+

-

6

j

k

iDetti vettori definiscono una base ortonormale destra: i lungo l’indice, j lungo il medio e k lungo il

pollice della mano destra.Esistono anche altri tipi di base ad esempio: base sinistra (o destrogira):

´´

´´+

¾

6

j

k

i

d1 lungo l’indice, d2 lungo il medio, e d3 lungo il pollice della mano sinistra (stavolta!)Ovviamente valgono le:

{ci · cj = δij

ci ∧ cj = ck ciclicamente(1.29)

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24 CAPITOLO 1. ALGEBRA VETTORIALE

nonche ledi · dj = δij

mentre di ∧ dj e appena un po piu complesso da calcolare ma si puo dedurre dalla (1.29) ricordandod1 = c1, d2 = −c2 e d3 = c3.

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Capitolo 2

Matrici ed Operatori

I Prime definizioni

Si chiama matrice un insieme ordinato di m× n elementi reali (o complessi)

a11 a12 ... a1n

a21 a22 ... a2n

... ... ... ...

am1 am2 ... amn

← righe

↑ colonne

Si danno le seguenti definizioni:gli elementi aij sono detti gli elementi della matrice A. Inoltre se m = n, A e detta matrice quadrata;

se n = 1 A e un vettore colonna; se m = 1 A e un vettore riga; infine se m 6= n A e detta matricerettangolare.

Consideriamo una matrice quadrata m = n = 3

a11 a12 a13

A = a21 a22 a23

a31 a32 a33

Gli elementi aii sono gli elementi della diagonale principale, mentre a13, a22, a31 appartengono alladiagonale secondaria, e possono anche essere individuati dalla aij con i + j = n + 1.Diremo che due matici m × n A eB, rispettivamente di elementi aij e bij , sono uguali, A = B se e solose risultano aij = bij∀i, j.Ancora:- indichiamo con 0 la matrice nulla, cioe quella con aij = 0 ∀i, j- una matrice e diagonale se: aij = 0 ∀i, j, i 6= j

- una matrice diagonale scalare e quella per cui risulta

aij = αδij . (2.1)

25

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26 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Una tale matrice si indica con D(α) e risulta:

D(α) =

α 0 . . 00 α . . 0. . . . .

. . . . .

0 . . 0 α

αD(1) = α11

Delle matrici

A =

2 0 00 2 00 0 2

, B =

(3 00 3

), C =

2 0 00 0 00 0 2

,

e evidente che A e B sono matrici scalari (A = D(2) e B = D(3)), mentre C non lo e. Osserviamo ancoraper inciso che a volte, per distinguere tra matrici scalari che differiscono per il numero di righe e colonnema non per lo scalare α si adotta la notazione piu completa D(α) → Dn(α).

- La matrice unita 11, gia introdotta sopra, puo essere considerata come un caso particolare di matricescalare. Addiamo infatti:

11 = D(1) =

1 0 . . 00 1 . . 0. . . . .

. . . . .

0 . . 0 1

= 11n

avendo, nell’ultima uguaglianza, introdotto il pedice n per indicare il numero di righe e colonne dellaidentita considerata. E forse opportuno osservare brevemente che una matrice 11 non possa essere definitanel caso di matrici non quadrate.

- Una matrice e detta simmetrica se risulta

aij = aji ∀i, j (2.2)

Ad esempio

3√

2 3

A =√

2 2 −1

3 −1 1

e una matrice simmetrica.- Una matrice e detta antisimmetrica se risulta invece

aij = −aji ∀i, j (2.3)

Ad esempio

0 1 2

A = −1 0 1

−2 −1 0

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II. OPERAZIONI SULLE MATRICI E MATRICI PARTICOLARI 27

e una matrice antisimmetrica. Osserviamo che la richiesta (2.3) implica in particolare che tutti gli ele-menti della diagonale principale di una matrice antisimmetrica debbano essere nulli.

- Una matrice e detta ortogonale se le somme dei quadrati di una qualunque riga (o colonna) e ugualead 1, e il prodotto scalare tra due diverse righe (o colonne) e uguale a 0. Ad esempio la matrice

cos θ sin θ 0

A = − sin θ cos θ 0

0 0 1

e una matrice ortogonale infatti:

(cos θ)2 + (sin θ)2 + 02 = cos2 θ + sin2 θ = 1, (1a riga)

(cos θ)2 + (− sin θ)2 + 02 = cos2 θ + sin2 θ = 1, (2a riga)

02 + 02 + 12 = 1, (3a riga)

(cos θ)2 + (− sin θ)2 + 02 = cos2 θ + sin2 θ = 1, (1a colonna)

(sin θ)2 + (cos θ)2 + 02 = sin2 θ + cos2 θ = 1, (2a colonna)

02 + 02 + 12 = 1, (3a colonna)

Analogamente si puo verificare che il prodotto scalare tra due qualunque colonne o righe della matrice A

e nullo.

II Operazioni sulle matrici e matrici particolari

Data una matrice m × n si chiama matrice trasposta, AT la matrice n ×m i cui elementi sono definitidalla:

(AT )ij = Aji (2.4)

Ad esempio se

A =

1 2 34 5 67 8 9

=⇒ AT =

1 4 72 5 83 6 9

.

Si chiama poi matrice opposta della matrice A, e si indica con −A, la matrice di elementi:

(−A)ij = −Aij

Per le matrici quadrate n × n e possibile definire un’applicazione, detta determinante della matrice (espesso indicata semplicemente con det), det : RRn → RR, che associa ad ogni matrice un numero reale1. Ildeterminante puo essere introdotto in modo ricorsivo:

1E opportuno precisare che in queste note ci stiamo limitando a considerare spazi vettoriali definiti sul campo reale,

ma che analoghe strutture possono essere definite anche sul campo complesso. Rimandiamo la trattazione di una simile

situazione a testi specifici.

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28 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

se n = 1 poniamodet(a11) = a11

se n = 2 definiamo invece

det

(a11 a12

a21 a22

)= a11a22 − a12a21

se poi n = 3 definiamo

a11 a12 a13

a21 a22 a23

a31 a32 a33

= a11 det

(a11 a12

a21 a22

)− a12 det

(a22 a23

a32 a33

)+ a13 det

(a21 a22

a31 a32

),

e cosı via. In altre parole il calcolo del determinante di una matrice n× n e riconducibile ad un analogocalcolo per una matrice n − 1 × n − 1, matrice che solitamente viene detta una ridotta della matriceoriginale. Torneremo su questo punto piu avanti.

Osservazione:Sebbene il determinante possa essere introdotto anche per matrici n × n con n > 3 noi non daremo

questa definizione qui, perche non sar‘a mai considerata questa situazione.

Proprieta del determinanteLe seguenti proprieta del determinante sono di immediata verifica:

(a)

a11 ... a1γ + b1γ ... a1n

det ... ... ... ... ...

an1 ... anγ + bnγ ... ann

=

a11 ... b1γ ... a1n

det ... ... ... ... ...

an1 ... bnγ ... ann

+

a11 ... a1γ ... a1n

det ... ... ... ... ...

an1 ... anγ ... ann

(b)det 11n = 1

(c)det Dn(a) = an, n = 1, 2, 3, ...

(d)det A = det AT

(e)

a11 0 ... 0 0

det 0 ... ... ... 0

0 0 ... 0 ann

= a11a22...ann

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II. OPERAZIONI SULLE MATRICI E MATRICI PARTICOLARI 29

Data una matrice A di m×n elementi, si chiama minore dell’elemento aij la matrice di m− 1×n− 1elementi ottenuta sopprimendo in A la i-ma riga e la j-ma colonna. Tale minore si indica con Mij

Esempio:Sia:

1 0 1

A = 1 2 2

2 0 −3

si ha:

M13 =

1 2

2 0

M21 =

0 1

0 −3

Il concetto di minore torna utilesia nel calcolo del determinante di una matrice (vedere in particolarequanto fatto nel caso n = 3), quanto nel calcolo della matrice inversa.Si chiama inversa di una matrice A n× n, la matrice anch’essa n× n, indicata con A−1, che soddisfa la

AA−1 = A−1A = I, (2.5)

dove il prodotto tra due matrici sara definito piu avanti. Una matrice n×n e detta singolare se det A = 0.E detta non singolare se detA 6= 0.Ogni matrice non singolare e invertibile. E possibile fornire gli elementi di matrice di A−1, (A−1)ij , chesono:

(A−1)ij =(−1)i+j

detAMji. (2.6)

Questa formula e ben definita se e solo se risulta det A 6= 0, che e proprio la condizione gia citata.Osserviamo anche, per inciso, come sia necessario considerare il minore Mji per ottenere l’elemento dimatrice (A−1)ij , in cui gli indici i e j sono scambiati!

Esercizio (II.1)Verificare che l’inverso della matrice

−6 0 −8

A = 7 −11 2

2 0 −3

e

−6 0 −8

A−1 = − 122 7 −11 −2

−4 0 2

Esercizio (II.2)Verificare che per ogni coppia di matrici 2× 2 A,B risulta

det(AB) = det(A) det(B) (2.7)

proprieta che puo anche essere generalizzata a matrici n× n arbitrarie.

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30 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Esercizio (II.3)Dimostrare che per ogni matrice A non singolare vale:

det(A−1) = det(A)−1 (2.8)

Essendo AA−1 = I di ha:det(AA−1) = det(I)

osservando che det(I) = 1 si ha, usando la (2.7),

det(AA−1) = det(A)det(A−1) = det(I) = 1

da cui la tesi.

Esercizio (II.4)Dimostrare che per ogni matrice ortogonale A si ha:

det(A) = ±1 (2.9)

Essendo A una matrice ortogonale si ha A−1 = AT . Quindi:

1 = det(I) = det(A)det(A−1) = det(A)det(AT ) = det(A)2

da cui la tesi.

Esercizio (II.5)Calcolare la matrice inversa di:

A =

1 0

1 2

Si ha: det(A) = 2, M11 = 2, M12 = 1, M21 = 0, e M22 = 1. Quindi:

A−1 =12

2 0

−1 1

come e immediato verificare.

II.1 Somma tra matrici

Siano A e B due matrici m× n si definisce matrice somma di A e B quella matrice C i cui elementi sonoforniti dalla

Cij = Aij + Bij

Si definisce poi matrice differenza di A e B quella matrice per cui

Dij = Aij −Bij

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II. OPERAZIONI SULLE MATRICI E MATRICI PARTICOLARI 31

II.2 Prodotto di una matrice per uno scalare

Sia A una matrice m×n ed α ∈ RR uno scalare. Si definisce matrice prodotto tra lo scalare α e la matriceA, quella matrice C per cui

Cij = αAij

Teorema (II.1):Ogni matrice A puo essere decomposta in modo unico nella somma di una matrice simmetrica e di unamatrice antisimmetrica.Dim.

Basta osservare che

A =12(A + AT ) +

12(A−AT )

e che

[12(A + AT )]T =

12(AT + A)

[12(A−AT )]T =

12(AT −A) = −1

2(A−AT )

Esercizio (II.6)Applicare la suddetta decomposizione alle matrici:

A =

1 2

0 1

1 0 1

B = 2 0 3

0 1 2

Per la matrice A si ha:

AT =

1 2

0 1

Quindi la parte simmetrica sara:

12(A + AT ) =

12

1 2

0 1

+

12

1 0

2 1

=

1 1

1 1

mentre la parte antisimmetrica di A e

12(A−AT ) =

12

1 2

0 1

− 1

2

1 0

2 1

=

0 1

−1 0

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32 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Quindi:

1 2

0 1

=

1 1

1 1

+

0 1

−1 0

II.3 Prodotto tra le matrici

Siano A una matrice m × n e B una matrice n × l. Si definisce matrice prodotto tra le matrici A e B

quella matrice C i cui elementi sono definiti dalla

Cij =n∑

i=1

AikBkj

La matrice C avra m× l elementi.

Esercizio (II.7)Calcolare il prodotto tra le seguenti matrici:(a)

A =

2 1

0 3

B =

2 1

1 0

(b)

1 2 3

A = 4 1 −2

3 2 5

3 −2 1

B = 5 −3 4

1 0 6

(c) mostrare, in particolare, che nel punto (a) AB 6= BA

Otteniamo facilmente

AB =

(4 + 1 2 + 00 + 3 0 + 0

)=

(5 23 0

)mentre risulta BA =

(4 + 0 2 + 32 + 0 1 + 0

)=

(4 52 1

)

Osservazione:Da questo esempio risulta evidente come il prodotto matriciale non sia commutativo, cioe in generalerisulti

AB 6= BA (2.10)

Tuttavia il prodotto tra matrici gode delle seguenti proprieta:- (AB)C = A(BC) (associativa)- A(B + C) = AB + AC (distributiva)

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II. OPERAZIONI SULLE MATRICI E MATRICI PARTICOLARI 33

- det(AB) = det(A) det(B)- (AB)T = BT AT

- (AB)−1 = B−1A−1, se esistono A−1 e B−1.

Esercizio (II.8)Calcolare AB con :

2 3

A = 0 1

1 2

B =

0 0 1 0

2 1 0 3

II.4 Potenza di una matrice

Data una matrice n× n A e possibile definirne le sue potenze nel modo seguente:

A2 = AA A3 = AAA, An = AAAA...A︸ ︷︷ ︸nvolte

, ∀n > 0

Se A e non singolare si possono definire le potenze negative nel modo seguente:

A−m = (A−1)m ∀m ≥ 0

Esercizio (II.9)Data

A =

1 3

0 1

calcolare A2, A3, A4.Abbiamo

A2 =

(1 + 0 3 + 30 + 0 0 + 1

)=

(1 60 1

), A3 =

(1 90 1

), A4 =

(1 120 1

)

Osservazione:Usando la notazione matriciale e facile risolvere formalmente un sistema di equazioni lineari:

a11x1 + a12x2 + ... + a1nxn = y1

an1x1 + an2x2 + ... + annxn = yn

Definendo:

A =

a11 a12 . a1n

. . . .

an1 an2 . ann

, ~x =

x1

.

xn

, ~y =

y1

.

yn

,

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34 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

il sistema si riscrive comeA~x = ~y.

Sappiamo gia che se det(A) 6= 0 la matrice A ‘e invertibile, per cui si dedece la:

A−1~y = ~x,

che fornisce il vettore delle incognite, ~x in termini dei termini noti, ~y, e dell’inversa A−1 della matrice deicoefficenti del sistema, A.

III Cambio di base

Supponiamo di avere due basi diverse di RR3

σ = {i1, i2, i3} σ′ = {i1′, i2′, i3′}

Sia ~w un vettore di RR3. Osserviamo intanto che questo vettore ha componenti diverse nelle due basi:

~w = w1i1 + w2i2 + w3i3 = w′1i1′+ w′2i2

′+ w′3i3

′(2.11)

Inoltre, poiche ik′ ∈ RR3 ed {ik} e una base di RR3, possiamo scrivere

i1′= α11i1 + α12i2 + α13i3

i2′= α21i1 + α22i2 + α23i3

i3′= α31i1 + α32i2 + α33i3

(2.12)

che si puo anche scrivere in forma compatta ed usando la notazione di Einstein, il′

= αlk ik per ognil = 1, 2, 3. Inserendo la (2.12) nella (2.11) risulta

w1i1 + w2i2 + w3i3 = w′1(α1k ik) + w′2(α2k ik) + w′3(α3k ik)

che, in virtu dell’indipendenza lineare degli ik, produce il sistema

w1 = w′1α11 + w′2α21 + w′3α31 = αk1w′k

w2 = w′1α12 + w′2α22 + w′3α32 = αk2w′k

w3 = w′1α13 + w′2α23 + w′3α33 = αk3w′k,

ovvero, in forma compatta,wi = αkiw

′k i = 1, 2, 3, (2.13)

che mostra come siano legate le componenti del vettore ~w nelle due diverse basi σ e σ′.

Osservazione:Se introduciamo ora

A =

α11 α21 α31

α12 α22 α32

α13 α23 α33

~w =

w1

w2

w3

ed infine ~w′ =

w′1w′2w′3

la (2.13) puo scriversi come~w = A~w′ (2.14)

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III. CAMBIO DI BASE 35

Avremmo potuto procedere scambiando i ruoli di σ e σ′, ovvero espandere i vettori ik in termini dellabase {i′k}. In questo caso avremmo ottenuto un espressione analoga alla (2.14), ~w′ = B ~w.Ovviamente deve essere

B = A−1,

dove A−1 e l’unica matrice 3× 3 che soddisfa la

AA−1 = A−1A = 11 =

1 0 00 1 00 0 1

.

E facile capire perche debba valere la B = A−1. Infatti, se cosı e, risulta

~w = A~w′ = A(B ~w) = (AB)~w = (AA−1)~w = ~w

nonche:~w′ = B ~w = B(A~w′) = (BA)~w′ = (AA−1A)~w′ = ~w′.

Nel caso in cui le basi σ e σ’ siano ortonormali, i coefficenti nella (2.12) si ottengono tramite le

αkj = ij · ik′ = cos( ˆij ik) (2.15)

Quindi la matrice A e formata dai coseni direttori della base σ′ rispetto alla base σ. Ovviamente lamatrice B = A−1 sara formata dai coseni direttori della σ rispetto alla σ′.

Una caratteristica fondamentale della matrice A, detta matrice di cambiamento di base, e che risulta

A−1 = AT (2.16)

Esercizio (I.33)Date le basi

i1 = i i2 = j i3 = k

i1′= i cos θ + j sin θ i2

′= − sin θi + cos θj i3

′= k

trovare la matrice R(= A) e mostrare esplicitamente che A−1 = AT .

α11 = i1 · i1′ = cos θ α21 = i1 · i2′ = − sin θ α31 = i1 · i3′ = 0

α12 = i2 · i1′ = sin θ α22 = i2 · i2′ = cos θ α32 = i2 · i3′ = 0

α13 = α23 = O α33 = i3 · i3′ = 1

quindi:

cos θ − sin θ 0

A = sin θ cos θ 0

0 0 1

La matrice A rappresenta una rotazione di un angolo θ intorno all’asse delle z. .

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36 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Risulta chiaramente

AT =

cos θ sin θ 0− sin θ cos θ 0

0 0 1

,

e risulta:

AAT =

cos θ − sin θ 0sin θ cos θ 0

0 0 1

cos θ sin θ 0− sin θ cos θ 0

0 0 1

=

=

cos2 θ + sin2 θ cos θ sin θ − sin θ cos θ 0sin θ cos θ − cos θ sin θ sin2 θ + cos2 θ 0

0 0 1

=

1 0 00 1 00 0 1

= 11,

cosı come si puo mostrare anche che AT A = 11, dalle quali si deduce che AT = A−1, come volevasidimostrare.

IV Equazione caratteristica ed autovalori

Se A e una matrice quadrata n×n si chiama equazione caratteristica della matrice A il seguente polinomioin λ:

PA(λ) = det(A− λ11) (2.17)

P (λ) e un polinomio di grado n, detto polinomio caratteristico che ammette n radici (con la propria mol-teplicita) reali o complesse, dette autovalori di A, come ci assicura il teorema fondamentale dell’algebra.

Esercizio (II.10)

Trovare gli autovalori della matrice

1 2 01 −3 13 −12 4

.

Il polinomio caratteristico e

PA(λ) = det

1− λ 2 01 −3− λ 13 −12 4− λ

= (1−λ)(−12+3λ−4λ+λ2+12)−2(1−λ) = (1−λ)(λ2−λ−2)

Gli autovalori sono le soluzioni dell’equazione PA(λ) = 0: λ1 = 1, λ2 = −1, e λ3 = 2.

Esercizio (II.11)Trovare gli autovalori delle matrici:

A =

(1 33 1

), B =

4 0 00 5 −√30 −√3 7

L’equazione caratteristica di una matrice fornisce una relazione a cui la matrice stessa soddisfa: Que-sto e il contenuto del:

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IV. EQUAZIONE CARATTERISTICA ED AUTOVALORI 37

Teorema(II.2)(Hamilton - Calley - Sylvester ):Ogni matrice soddisfa la sua equazione caratteristica.

Esercizio (II.12)Provare il teorema H. C. S. nell’esercizio (II.10)Devo verificare che la matrice

1 2 0

A = 1 −3 1

3 −12 4

soddisfa l’equazione ottenuta a partire dalla sua equazione caratteristica PA(λ) = 0, ovvero l’equazionePA(A) = (11−A)(A2 −A− 2) = 0. Abbiamo infatti

(11−A) =

0 −2 0−1 4 −1−3 −12 −3

e A2 =

3 −4 21 −1 13 −6 4

per cui

3 −4 2

A2 −A− 211 = 1 −1 1

3 −6 4

1 2 0

− 1 −3 1

3 −12 4

2 0 0

− 0 2 0

0 0 2

0 −6 2

= 0 0 0

0 6 −2

Concludendo avremo:

0 −2 0

(11−A)(A2 −A− 211) = −1 4 −1

−3 −12 −3

0 −6 2

0 0 0

0 6 −2

0 0 0

= 0 0 0

0 0 0

Esercizio (II.12)verificare il teorema H. C. S. per A e B dell’esercizio (II.11).

Osservazione:il teorema HCS puo essere utilizzato per semplificare i conti nel calcolo delle potenze di A: dovendo essereinfatti PA(A) = 0 ed essendo PA(λ) un polinomio di grado n avremo

An =q(A)cn

dove q(A) e un polinomio di grado n− 1 e cn e il coefficiente di An in PA(A).

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38 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Esercizio (II.13)Calcolare A2 per la matrice

A =

2 1

1 1

utilizzando direttamente il teorema HCS.

P (λ) =

2− λ 1

1 1− λ

= (2− λ)(1− λ)− 1 = 2− 2λ− λ + λ2 − 1 = λ2 − 3λ + 1

QuindiP (A) = A2 − 3A + 2 = 0

da cui si desume che:

A2 = 3A− I = 3

2 1

1 1

1 0

0 1

=

5 3

3 2

Volendo poi procedere direttamente, se ne deduce che

A2 =

(4 + 1 2 + 12 + 1 1 + 1

)=

(5 33 2

)

IV.1 Trasformazioni di similitudini

Ogni matrice invertibile R genera quella che si chiama una em trasformazione di similitudine. Due matriciA e B sono simili se esiste una trasformazione di similitudine tra di esse, ovvero se esiste una matriceinvertibile R tale che:

A = RBR−1 (2.18)

Osservazione 1:E evidente che, qualora A sia simile a B, risulta anche che B e simile ad A.Infatti se vale la relazione (2.18), deve necessariamente risultare anche B = R−1AR, da cui l’asserto.

Osservazione 2:Se

A′= RAR−1 eB

′= RAR−1

risulta anche

A′+ B

′= R(A + B)R−1, αA

′= R(αA)R−1, A

′B′= R(AB)R−1.

Teorema (II.3)L’equazione caratteristica di A e invariante per trasformazioni di similitudine.

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IV. EQUAZIONE CARATTERISTICA ED AUTOVALORI 39

Dim: Se A ed A′ sono simili allora sappiamo che esiste una matrice invertibile R per cui risultaA′ = RAR−1. Abbiamo quandi

PA′(λ) = det[A′ − λ11] = det[R(A′ − λ11)R−1] = det(R) det(A− λ11) det(R−1) = det(A− λ11)

Esercizio (II.14)Verificare il precedente teorema per

A =

2 1

2 4

R

2 1

0 1

e per

A =

1 2 3

4 5 4

3 2 1

R =

1 0 0

0 1 5

0 3 3

Una banale conseguenza del teorema precedente e il seguenteCorollario (II.4):

Gli autovalori di due matrici simili sono uguali.

La dimostrazione di questo Corollario e immediata, perche, coincidendo i polinomi delle due matricisimili, coincideranno anche le relative radici.

Una situazione particolarmente interessante e quella in cui si riesce a mostrare che la matrice A esimile ad una matrice B diagonale. In altri termini: esiste una qualche tecnica che ci consenta di stabilirea priori se una data matrice A, n × n, e simile ad una matrice n × n B diagonale? E come si trova lamatrice non singolare R che lega A e B? Abbiamo una interpretazione geometrica di questa procedura?Torniamo intanto al concetto di autovalore. Un autovalore λ di A e uno zero del polinomio caratteristicoP (λ) = det(A−λI). Cio implica che la matrice A−λI e singolare e quindi non invertibile. Quindi esisteun vettore ~v non nullo tale che:

(A− λ11)~v = ~0 ovvero tale che A~v = λ~v (2.19)

Tale vettore e detto autovettore di A relativo all’autovalore λ.

Nota:Qualora risulti invece det(A − λ11) 6= 0 se ne potrebbe dedurre che la matrice (A − λ11)−1 esiste, il cheimplicherebbe a sua volta che la (2.19) possa valere se e solo se ~v = ~0.

Per affrontare meglio i quesiti sopra elencati e opportuno introdurre a monte alcuni concetti che cirisulteranno utili nel seguito.

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40 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

V Operatori lineari

Si chiama operatore lineare una legge a che associa ad ogni vettore ~v ∈ V un altro vettore di V, indicatocon a~v la legge a : V → V deve soddisfare le seguenti proprieta:

a(~v + ~w) = a(~v) + a(~w) ∀~v ~w ∈ V (2.20)

a(α~v) = αa(~v) ∀~v ∈ V, ∀α ∈ RR (2.21)

che implicano, ad esempio, che risulti altresı la

a(α~v + β ~w) = a(α~v) + a(β ~w) ∀~v, ~w ∈ V, ∀αβ ∈ RR (2.22)

Esempio 1: l’operatore nullo 00 e l’operatore che associa ad ogni vettore ~v il vettore ~0:

0~v = ~0 ∀~v ∈ V

Ovviamente le (2.20) e (2.21) sono soddisfatte.

Esempio 2: l’operatore identia: i

i e l’operatore che ad ogni vettore ~v ∈ V associa il vettore ~v medesimo.

i~v = ~v ∀~v ∈ V

Nuovamente le (2.20) e (2.21) sono ovviamente soddisfatte.

Esempio 3: l’operatore omotopia di rapporto α: iα

Esso e definito dalla equazioneiα~v = α~v ∀~v ∈ V

ed e quindi l’operatore di moltiplicazione per lo scalare α.

Esempio 4: l’operatore assiale associato al vettore ~u

Dato un vettore ~u fissato in RR3 si chiama operatore assiale associato a ~u l’operatore ~u∧ che ad ogni ~v ∈ Vassocia il vettore

~u ∧ ~v (2.23)

ortogonale tanto a ~u che a ~v. Le (2.20)(2.21) possono essere verificate sfruttando le proprieta del prodottovettoriale.

Esempio 5: l’operatore diade associato ai vettori ~A e ~B

Data un coppia ordinata di vettori ( ~A, ~B), l’operatore diade e definito dalla

( ~A, ~B)~v = ( ~A · ~v) ~B ∀~v ∈ V (2.24)

che e quindi un operatore di proiezione lungo la direzione determinata da ~B

Esercizio (II.16)

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V. OPERATORI LINEARI 41

Si dimostri che l’operatore diade e lineare.

Definizione:un operatore lineare e detto degenere se trasforma vettori non complanari in vettori complanari. E dettonon degenere se questo non avviene.

Esercizio (II.17)Quali tra gli operatori fino ad ora introdotti sono degeneri?

Sono degeneri l’operatore nullo (0), l’operatore assiale (~u∧), l’operatore diade (( ~A, ~B)) nonche l’ope-ratore omotetia di rapporto α = 0. Gli altri operatori definiti in precedenza sono non degeneri.

Osservazione:Due casi particolari di iα si ottengono per α = 0 ed α = 1: iα=0 = 0, l’operatore nullo, e iα=1 = i,l’operatore identita.

Esempio 6:In RR2 si definisce l’operatore manovella j come:

j~v = j(vx, vy) = (−vy, vx).

L’operatore manovella e un operatore lineare, come si verifica semplicemente, che ruota di π2 in senso

antiorario il vettore ~v su cui agisce.Esempio 7:Lo spazio delle funzioni derivabili infinite volte e un esempio di spazio vettoriale lineare, C∞, rispetto allasomma

(f + g)(x) = f(x) + g(x)

ed al prodotto per scalari(αf)(x) = αf(x)

La derivata e l’integrale indefinito sono esempi di operatori lineari su C∞:{

f(x) → (Df)(x) = f ′(x)f(x) → ∫

f(x)dx

Un’importante risultato sugli operatori lineari e che esiste una corrispondenza biunivoca tra operatorilineari e matrici. In altre parole ad ogni operatore lineare su RR3 e associata, fissata che sia una base (o.n)di RR3, una matrice 3× 3. Viceversa ogni matrice 3× 3 rappresenta un operatore lineare su RR3.

Vediamo ora come nasce questa corrispondenza e quale sia il ruolo della base o.n. considerata.Sia a un operatore lineare su RR3 e sia (c1, c2, c3) una base ortonormale destra di RR3. Ogni vettore

~v ∈ RR3 puo essere espresso in modo unico come combinazione lineare degli vk.

~v = v1c1 + v2c2 + v3c3

e quindi

~w = a~v = a

3∑

k=1

(vk ck) =3∑

k=1

vk(ack) (2.25)

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42 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

L’ultimo membro di questa catena di uguaglianze e conseguenza della linearita dell’operatore a.

La (2.25) mostra come l’azione di a su RR3 sia nota quando sia nota la sua azione sui tre vettori dellabase. Poniamo:

~ak := ack, K = 1, 2, 3 (2.26)

La (2.25) diventa:

~w =3∑

k=1

vk ~ak =3∑

k=1

wk ck (2.27)

avendo anche espanso ~w nella base originale {ck}.

Osservando adesso che ciascun ~ak e un vettore di RR3, e ricordando che {~ck} e una base ortonormalein RR3, possiamo espandere ogni ~ak in termini di tale base:

~a1 = a11c1 + a21c2 + a31c3

~a2 = a12c1 + a22c2 + a32c3

~a3 = a13c1 + a23c2 + a33c3,

ovvero, in forma compatta,

~ak =3∑

l=1

alk cl k = 1, 2, 3 (2.28)

In virtu della ortonormalita di ~ck si ha:

alk = cl · ~ak = cl · (ack) (2.29)

Sostituendo la (2.28) nella (2.27) si ottiene allora

3∑

l=1

wlcl =3∑

k=1

vk

3∑

l=1

alk cl

da cui, in virtu dell’indipendenza lineare dei vettori cl, segue che

wl =3∑

k=1

alkvk l = 1, 2, 3 (2.30)

ovvero, in forma matriciale,

w1

w2

w3

a11 a12 a13

= a21 a22 a23

a31 a32 a33

v1

v2

v3

(2.31)

ed ancora:~w = A~v (2.32)

Ricordando quindi,(vedi (2.25) che a e l’operatore lineare che mappa ~v in ~w (e che ~v e ~w sono vettoriarbitrari!) e che A e la matrice che mappa ~v in ~w, ne segue l’equivalenza tra l’operatore a e la matrice A

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V. OPERATORI LINEARI 43

che, diremo, rappresenta a nella base o.n. {ck}.

Osservazione:In virtu di questo isomorfismo, che, come si vede, e legato alla base {ck}, tutto cio che e stato detto perle matrici puo essere tranquillamente ripetuto per gli operatori lineari: ad esempio un operatore e (non)singolare se e solo se la sua matrice in una base o.n. arbitraria e (non) singolare!

Vediamo ora, quali sono le matrici corrispondenti agli operatori introdotti precedentemente, usando la(2.29) per gli elementi di matrice:

Esempio 1′:L’operatore nullo 0 ha come elementi

0ij = ci · (0cj) = ci ·~0 = 0 ∀i, j

quindi la matrice che lo rappresenta e:

0 0 0

0 = 0 0 0

0 0 0

Esempio 2′:Gli elementi di matrice dell’operatore identita sono:

iij = ci · (icj) = ci · cj = δij ∀i, j,

per cui la matrice che rappresenta suddetto operatore e ovviamente

1 0 0

I = 0 1 0

0 0 1

Esempio 3′:L’operatore omotetia di rapporto α ha elementi:

(iα)ij = ci · (iαcj) = αci · cj = αδij ∀i, j,

da cui si ricava che la matrice di detto operatore e:

I =

α 0 00 α 00 0 α

= D3(α)

Esempio 4′:La matrice associata all’operatore assiale a = (~u∧) ha elementi:

(~u∧)ij = ci · (~u ∧ cj) = ~u · (cj ∧ ci)

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44 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

da cui(~u∧)ij = −(~u∧)ji e (~u∧)ii = 0

(~u∧)12 = ~u · (c2 ∧ c1) = −~u · c3

(~u∧)13 = ~u · (c3 ∧ c1) = ~u · c2

(~u∧)23 = ~u · (c3 ∧ c2) = −~u · c1

e quindi:

0 −~u · c3 ~u · c2

(~u∧) = ~u · c3 0 −~u · c1

−~u · c2 ~u · c1 0

che e una matrice antisimmetrica.

Esempio 5′:L’operatore diade ha una matrice che ha per elementi:

( ~A, ~B)ij = ci · [( ~A, ~B)cj ] = ci · [ ~A · cj) ~B] = ( ~Acj)( ~Bci) = ajbi =

quindi

a1b1 a2b1 a3b1

( ~A, ~B) = a1b2 a2b2 a3b2

a1b3 a2b3 a3b3

Da quanto detto si puo osservare, in particolare, che l’operatore diade ( ~A, ~A) corrisponde ad una matricesimmetrica.

Osservazione:Abbiamo visto che l’operatore diade ( ~A, ~A) corrisponde ad una matrice simmetrica. Tuttavia non tuttele matrici simmetriche rappresentano operatori diadi del tipo ( ~A, ~A), come e evidente in quanto una simi-le diade dipende solo da tre parametri, mentre una matrice simmetrica generica dipende da sei parametri.

Definiamo ora un operatore di dilatazione d, come quel tipo di operatore che soddisfa la:

(d~v) · ~u = (d~u) · ~v ∀~v, ~u ∈ V (2.33)

Ogni dilatazione e rappresentata da una matrice simmetrica. Infatti, dalla definizione di dilatazione segueche

dij = ci · (dcj) = cj · (dci) = dji (2.34)

e da osservare che quanto detto segue dalla (2.33)

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V. OPERATORI LINEARI 45

Ovviamente ad ogni matrice simmetrica corrisponde una dilatazione. Abbiamo poi visto che ad unoperatore assiale corrisponde una matrice antisimmetrica. Vale anche il viceversa.

~u∧ ←→ M : MT = −M

d ←→ N : NT = N

Da questi fatti segue il seguente teorema.Teorema (II.5)Ogni operatore a e scomponibile in modo unico nella somma di un operatore assiale (~u∧) e di unadilatazione d:

a = ~u ∧+d (2.35)

Dim.:Il risultato segue dall’isomorfismo tra a e la sua matrice A (univocamente determinata fissata che sia labase o.n.) e dalla scomposizione, anch’essa univocamente determinata, di A in una matrice simmetricaed una antisimmetrica.

Definiamo ora le operazioni sugli operatori lineari.

(a + b)~v = a~v + b~v ∀~v ∈ V (2.36)

(αa)~v = α(a~v) ∀~v ∈ V (2.37)

(a · b)~v = a(b~v) ∀~v ∈ V (2.38)

Esercizio (II.19)Dimostrare che le matrici corrispondenti agli operatori definiti sopra sono:

(a + b)ij = aij + bij (αa)ij = αaij (a · b)ij = aikbkj

Infatti:(a + b)ij = ~ci · [(a + b)~cj ] = ~ci · {a~cj + b~cj} = ~ci · a~cj + ~ci · b~cj = aij + bij

(αa)ij = ~ci · ((αa)~cj) = α~ci · a~cj = αaij

(a · b)ij = ~ci[(a · b)~cj ] = ~ci[a(b~cj)] = ~cia[((b~cj) · ~ck)~ck] = ~ci · a[bkj ~ck] = bkj ~ci · (a~ck) = bkjajk = ajkbkj

Definizione 1:Ogni operatore non degenere mappa, per definizione, vettori non complanari in vettori non complanari2.Quindi la matrice corrispondente, A, ammette inversa, A−1. Ad A−1 corrisponde un operatore a−1 chesi chiama l’inverso dell’operatore a. Per un operatore invertibile ed il suo inverso vale la:

a ◦ a−1 = a−1 ◦ a = i

Definizione 2:Un operatore a si dice ortogonale se a−1 = aT cioe se:

a ◦ aT = aT ◦ a = i

2Allora in particolare mappa una base ortonormale di RR3 in una base ortonormale di RR3

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46 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Osservazione:la matrice corrispondente ad un operatore ortogonale e ortogonale (ed ha quindi determinante = ±1)

Gli operatori ortogonali sono particolarmente interessanti perche non alterano la lunghezza dei vetto-ri sui quali agiscono, cosı come non alterano gli angoli tra due vettori. Di conseguenza essi non alteranonemmeno il prodotto scalare:

Teorema (II.7)Per ogni coppia di vettori ~v, ~w ∈ RR3 e per ogni operatore ortogonale r valgono le:

(a) (r~v) · (r ~w) = ~v · ~w

(b) ‖r~v‖ = ‖~v‖(c) ( ˆr~v)(r ~w) = ~v ~w

Dim.:In virtu dell’isomorfismo tra r e la sua matrice R, ed usando la seguente proprieta del prodotto matriciale:∀~v ~w ∈ V risulta R~v · ~q = ~v · (RT ~q), avremo ovviamente:

(r~v) · (r ~w) = R~v ·R~w = ~v · [RT (R~w)] = ~v · [(RT R)~w] = ~v · ~w

(b) La (b) segue dalla (a) per ~w = ~v

(c) Dalla (a) e dalla (b) si ricava che:

(R~v) · (R~w) = ‖R~v‖‖R~w‖ cos( ˆr~vr ~w) = ‖~v‖‖~w‖ cos( ˆr~vr ~w)

~v · ~w = ‖~v‖‖~w‖ cos(~v ~w)

Ma poiche ~v · ~w = (R~v) · (R~w) se ne deduce che

cos( ˆr~vr ~w) = cos(~v ~w)

e quindi l’asserto.

Osservazione:se det R = +1 la matrice R rappresenta una trasformazione ortogonale destra. Se det R = −1 invece R

appresenta una trasformazione ortogonale sinistra.

Esercizio II.20Dimostrare la R~v · ~q = ~v · (RT ~q), ∀~v ~w ∈ V nel caso di dimensionalita dello spazio pari a 2.

Abbiamo:

R =

R11 R12

R21 R22

RT =

R11 R21

R12 R22

~v =

v1

v2

~q =

q1

q2

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VI. CAMBIO DI BASE PER TRASFORMAZIONI ORTOGONALI 47

quindi

~q ·R~v = (q1q2)

R11v1 R12v2

R21v1 R22v2

= R11q1v1 + R12q1v2 + R21q2v1 + R22q2v2

~v ·RT ~q = (v1v2)

R11v1 R21v2

R12v1 R22v2

= v1(R11q1 + R21q2) + v2(R12q1 + R22q2)

che coincide col risultato precedente, come volevasi dimostrare.Osservazione:la matrice corrispondente ad un operatore ortogonale soddisfa la seguente relazione:

RijRik = δjk (2.39)

Esercizio (II.21)Mostrare che la matrice

cos θ 0 − sin θ

0 1 0

sin θ 0 cos θ

rappresenta un operatore ortogonale.Esercizio (II.22)

Dimostrare che l’operatore r definito da:

ri = j rj = k rk = i

e un operatore ortogonale.

E facile verificare, in particolare, che la matrice associata all’operatore r nella base canonica e

0 0 1

R = 1 0 0

0 1 0

VI Cambio di base per trasformazioni ortogonali

Abbiamo gia visto come si trasformano le componenti di un vettore quando una base σ viene trasformatain un’altra base σ′

~w′ = X ~w

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48 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

dove X e una matrice le cui componenti sono i coseni direttori di una base σ in termini dell’altra (vediparagrafo 2.III) .Vediamo cosa succede se la trasformazione in gioco e ortogonale. Sia r un’operatore ortogonale, {c1, c2, c3}una base ortonormale e {c1

′, c2′, c3

′} una tripletta ottenuta dalla prima tramite l’azione di r:

ck′ = rck ∀k = 1, 2, 3 (2.40)

Sappiamo dal teorema II.7 che i vettori ck′ soddisfano le

~ck′ · ~cl

′ = ~ck~cl = δkl

per cui {~c1′, ~c2

′, ~c3′} e anch’essa una base ortonormale. Passiamo ora ad analizzare come si trasformano

gli operatori in seguito ad un cambio di base o.n. o, cio che e lo stesso, in seguito ad una trasformazioneortogonale.

Sia a un operatore lineare. Sia:

aij = ci · (acj) a′kl = c′k · (acl) (2.41)

akl = c′k · (ac′l) = (rck) · (arcl) = (Rck) · (aRcl) = ck ·RT aRcl = ck · (a′cl)

avendo introdotto un nuovo operatore:a′ = rT ar (2.42)

Quindi gli elementi di matrice dell’operatore a nella base trasformata ck′ possono essere ottenuti calco-

lando gli elementi di matrice dell’operatore a′ = RT aR nella vecchia base ck.Ricordiamo, per inciso, che RT = R−1, essendo R una trasformazione ortogonale.

Osservazione 1:Poiche una trasformazione ortogonale r e legata ad una matrice ortogonale R, e poiche det(R) = ±1,l’operatore r e ovviamente non degenere.

Osservazione 2:Un operatore lineare a ammette autovalori ed autovettori quando la sua matrice, espressa in una qualsiasibase o.n., ammette autovalori ed autovettori.

Esercizio (II.23)Sia a l’operatore lineare su RR2 definito da:

ai = i + j aj = i− 2j

e sia r l’operatore di rotazione di θ = π4 in senso antiorario intorno all’asse z definito tramite le:

{ri = cos θi + sin θj = 1√

2(i + j)

rj = − sin θi + cos θj = 1√2(−i + j)

Trovare le matrici A ed R corrispondenti agli operatori a ed r, nonche la matrice A′ corrispondente ada′ = rT ar

Abbiamo:a11 = i · (ai) = i · (i + j) = 1 a12 = i · (aj) = 1

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VI. CAMBIO DI BASE PER TRASFORMAZIONI ORTOGONALI 49

a21 = j · (ai) = 1 a22 = j · (aj) = −2

Quindi:

A =

1 1

1 −2

Abbiamo poi

r11 = i · (ri) =1√2

r12 = i · (rj) =−1√

2

r21 = j · (ri) =1√2

r22 = j · (rj) =1√2

per cui

R =1√2

1 −1

1 1

RT =

1√2

1 1

−1 1

Risulta quindi:

A′ = RT AR =12

1 1

−1 1

1 1

1 −2

1 −1

1 1

=

12

1 1

−1 1

2 0

−1 −3

=

12

1 −3

−3 −3

e si verifica facilmente che RT R = RRT = 11

Verificare che (ri, rj) dell’esercizio precedente sono ancora una base orto normale di RR2.Infatti:

ri · rj =12(i + j) · (j − i) =

12(−1 + 1) = 0

ri · ri =12(i + j) · (i + j) =

12(1 + 1)

rj · rj = 1

da quanto detto si deduce che i due vettori ri, rj sono nuovamente ortonormali e, poiche essi sono duevettori ortonormali in uno spazio a dimensione due (RR2), essi risultano essere una base di RR2 .Infine e facile verificare che PA(λ) = PA′(λ), infatti

PA(λ) = det(A−λI) = det

1− λ 1

1 −2− λ

= (1−λ)(−2−λ)− 1 = λ2 +2λ−λ− 2− 1 = λ2 + λ− 3

PA′(λ) = det(A′−λI) = det

12 − λ −3

2

− 32 − 3

2 − λ

= (λ− 1

2)(

32

+λ)− 94

=32λ+λ2− 3

4− 1

2λ− 9

4= λ2+λ−3

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50 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

VII Ancora diagonalizzazione

Abbiamo gia visto cosa vuol dire che una matrice ammette autovalori ed autovettori. In virtu dell’i-somorfismo tra le matrici e gli operatori diventa chiaro il significato di autovalore ed autovettore di unoperatore lineare:un numero λ e un autovalore dell’operatore a corrispondente all’autovettore ~v se vale la

a~v = λ~v (2.43)

Come abbiamo gia visto, una simile equazione puo essere soddisfatta per ~v 6= 0 se e solo se det(A −λI) = 0, A essendo la matrice corrispondente all’operatore a, indipendentemente dalla base utilizzata perrappresentare a (abbiamo visto in precedenza che il polinomio caratteristico e invariante per cambio dibase o.n.).Vale il seguenteTeorema (II.8)Se un operatore a definito su RR3 ammette tre autovettori ui mutualmente o.n.,

ui · uj = δij i, j = 1, 2, 3

la matrice che rappresenta a in questa base e diagonale:

λ1 0 0

A = 0 λ2 0

0 0 λ3

con λi autovalore di a relativo ad ui

Dim.:Infatti gli elementi di matrice di a in questa base sono

A → aij = ui · (auj) = λj ui · uj = λjδij

In generale non e detto che un operatore sia necessariamentediagolanizzabile: puo accadere che glizeri del polinomio caratteristico (che certamente esistono nel campo complesso C) siano uno reale e duecomplessi coniugati. In questo caso ovviamente l’operatore (e la sua matrice associata) non e diagonaliz-zabile nel campo reale. Vale tuttavia il seguente teorema:

Teorema (II.9)Sia δ un operatore di dilatazione:(a) se λ e un autovalore di δ allora λ ∈ RR;(b) se λ1 6= λ2 sono autovalori di δ corrispondenti rispettivamente a ~v1 e ~v2 allora ~v1 · ~v2 = 0(c) la matrice di δ, ∆, e simile ad una matrice diagonale.

Dim.:(a) Sia ~u l’autovettore di δ relativo all’autovalore λ

δ~u = λ~u con (~u 6= ~0)

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VII. ANCORA DIAGONALIZZAZIONE 51

Moltiplicando scalarmente questa uguaglianza per il vettore ~u∗ = (u∗1, u∗2, u

∗3), che ovviamente coincide

con ~u qualora ~u abbia tutte le componenti reali (come abbiamo sempre supposto in queste note)3, avremo:

(δ~u) · ~u∗ = λ~u · ~u∗ (2.44)

Osserviamo che ~u∗ · ~u =∑3

i=1 | ui |2= ‖~u‖ ∈ RR+

Poiche δ e una matrice reale ed e una dilatazione e facile verificare poi che δ ~u∗ · ~u e reale. Infatti

(δ~u · ~u∗)∗ = (δ~u)∗ · ~u = δ~u∗ · ~u = ~u∗ · δ~u

Quindi nella (2.44) tanto δ ~u∗ · ~u che ~u∗ · ~u sono reali, e reale sara necessariamente il loro rapporto λ.(b) Siano

δ ~u1 = λ1 ~u1 δ ~u2 = λ2 ~u2

Si haδ ~u1 · ~u2 = λ1 ~u1 · ~u2 δ ~u2 · ~u1 = λ2 ~u2 · ~u1

Ma δ e una dilatazione quindi δ ~u1 · ~u2 = ~u2 · δ ~u1. Sottraendo membro a membro si ha che:

0 = (λ1 − λ2) ~u1 · ~u2

e poiche, per ipotesi, λ1 6= λ2 ne segue che ~u1 · ~u2 = 0.(c) Supponiamo che il polinomio caratteristico di δ, PA(λ), ammetta tre radici distinte: queste sononecessariamente reali in virtu di quanto mostrato nel punto (a).In corrispondenza di questi tre autovalori esistono, naturalmente, tre autovettori, vedi (2.43). Dal punto(b) segue che, qualora i tre autovalori siano distinti, i tre autovettori risultano automaticamente mutual-mente ortogonali. Possono poi essere normalizzati senza modificare la direzione dei vettori, ottenendo cosıtre versori mutualmente ortogonali. il teorema (II.8) mi assicura quindi, che nella base degli autovettoriδ e rappresentato da una matrice diagonale.Riassumendo, in una base ortonormale generica {ck} risulta:

δ11 δ12 δ13

∆ = δ12 δ22 δ23

δ13 δ22 δ33

= ∆T

mentre nella base degli autovettori di δ, u1, u2, u3, δ e rappresentato dalla matrice

λ1 0 0

∆′ = 0 λ2 0

0 0 λ3

= ∆′T

Poiche tanto {ck} che {uk} sono basi ortonormali di RR3, sappiamo poi esiste una matrice ortogonale R

che trasforma l’una nell’altra:uk = Rck (2.45)

3a questo punto, e solo a questo punto, e importante fare questa generalizzazione, ovvero supporre che ~u possa avere

componenti complesse, perche mostreremo che, comunque, l’autovalore λ risulta reale anche se l’autovettore sia complesso

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52 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Dalla (2.43) ed e chiaro infine che∆′ = RT ∆R (2.46)

Osservazione:Nella dimostrazione precedente abbiamo supposto che Pδ(λ) = 0 abbia tre radici distinte. Alla stessaconclusione si puo comunque arrivare anche se due o tre delle radici coincidono, diagonalizzando l’o-peratore nel sottospazio di dimensione k > 1 corrispondente all’autovalore di molteplicita k. Vedremoesplicitamente in un esempio come procedere in questa condizione.

Esercizio (II.24)Trovare gli autovalori, gli autovettori e la matrice R per l’operatore a la cui matrice, nella base canonica,e:

A =

1

√6

√6 2

A e una matrice simmetrica, quindi certamente, il problema ammette soluzione essendo a una dilatazione.

PA(λ) =

1− λ

√6

√6 2− λ

= (1− λ)(2− λ)− 6 = λ2 − 3λ− 4 = 0

λ =3±√9 + 16

2=

3± 52

⇒ λ1 = −1 λ2 = 4

Procediamo quindi al calcolo del primo autovettore, quello corrispondente a λ1. Dalla definizione diautovalore ed autovettore ne segue che debba valere la A ~u1 = λ1 ~u1 cioe la

1

√6

√6 2

α

β

= −1

α

β

da cui si ricava il seguente sistema di 2 equazioni nelle 2 incognite α e β:{

α +√

6β = −α√6α + 2β = −β

In realta e chiaro che le due equazioni non possono essere indipendenti, perche, essendo λ1 un autovaloredi A, la matrice A−λ111 non e invertibile, il che implica che le righe della matrice (o le sue colonne), vistecome vettori sono linearmente dipendenti. Considerando quindi solo la prima equazione deduciamo cheα = −

√32β, per cui

u1 = (α, β) = β(−√

32, 1)

β viene fissato, a meno di un segno, dalla richiesta di normalizzazione di ~u1:

1 = β2(32

+ 1) = β2 52

quindi β = ±√

25⇒ u1

± = ±√

25(−

√32, 1),

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VII. ANCORA DIAGONALIZZAZIONE 53

che sono due autovettori distinti unicamente dal verso, che fisseremo in un secondo momento. Per quantoriguarda il secondo autovettore il punto di partenza e la A~u2 = λ2~u2, che diventa

1

√6

√6 2

γ

δ

= 4

γ

δ

e che fornisce un’unica equazione indipendente: γ +√

6δ = 4γ, cioe δ =√

32γ da cui ancora

~u2 = γ(1,

√32).

Imponendo poi la normalizzazione di ~u2 otteniamo

1 = ‖~u2‖2 = γ2(1 +32) = γ2 5

2

da cui γ = ±√

25 e, di conseguenza,

u±2 = ±√

25(1,

√32)

Osserviamo che, indipendentemente da come siano presi i segni ±, risulta comunque u1± · u±2 = 0. Se

ora vogliamo che u1 u2 formino una base destra, ad esempio che sia ottenuta con una rotazione orariadai versori c1 = i e c2 = j senza alcuna riflessione, dpossiamo scegliere ad esempio:

u1 = −√

25(−

√32, 1) u2 =

√25(1,−

√32)

Nella nuova base l’operatore a e espresso dalla matrice

−1 0

0 4

Vediamo adesso qual’e la matrice di trasformazione R. La matrice e definita come quella che genera lanuova base a partire da quella vecchia (che generalmente si assume essere i, j, k(∈ RR3))

uk = Rck, dove c1 = i, c2 = j, c3 = k.

Nell’esempio che stiamo considerando siamo in RR2 ed abbiamo c1 = i, c2 = j e u1 ed u2 sono quelliottenuti in precedenza. E facile ottenere R e mostrare che essa e ortogonale. Abbiamo

R = −√

25

√32 −1

1 −√

32

che e la matrice che ha come colonne gli autostati di A.Infatti risulta:

Rc1 = Ri = −√

25(−

√32, 1) = u1, Rc2 = Ri =

√25(1,

√32) = u2

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54 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Mostriamo intanto che R e ortogonale, cioe che RT = R−1.Abbiamo:

RT = −√

25

√32 1

−1 −√

32

ed in effetti si vede immediatamente che: RRT = RT R = 11 Rimane da verificare la (2.45). Si ha

RT AR = −√

25RT

(1

√6√

6 2

) −

√32 −1

1 −√

32

=

√25RT

(−

√32 +

√6 −1− 3

−3 + 2 −√6−√6

)=

=25

√32 1

−1 −√

32

√32 +

√6 −4

−1 −√

32

=

25

32 − 3− 1 −

√32 − 2

√6√

32 −

√6√

32 4 + 2

√6 +

√32

=

=25

(− 5

2 00 10

)= A′

Esercizio II.25Trovare autovalori, autostati e matrice di trasformazione dell’operatore a corrispondente alla matrice

1 3

3 1

Esercizio (II.26)Trovare autovalori, autostati e matrice di trasformazione dell’operatore a rappresentato nella base cano-nica alla matrice

A =

4 0 00 5 −√30 −√3 7

Osserviamo intanto che

PA(λ) = det(A− λ11) = (4− λ)[(5− λ)(7− λ)− 3] = (4− λ)(λ2 − 12λ + 32) = 0

quindi si ottiene λ1 = λ2 = 4 e λ3 = 8. Come si vede, l’autovalore λ = 4 ha molteplicita due. Sia quindi~v ∈ RR3 l’autovettore corrispondente: A~v = λ1~v. Abbiamo quindi:

4 0 0

0 5 −√3

0 −√3 7

vx

vy

vz

=

vx

4 vy

vz

da cui:

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VII. ANCORA DIAGONALIZZAZIONE 55

4vx = 4vx

5vy −√

3vz = 4vy

−√3vy + 7vz = 4vz

Come si vede la prima equazione e un’identita, per cui e sempre soddisfatta. Delle restanti due equazionisolo una e indipendente, e cio e in accordo con la seguente semplice regola generale: se A e una matricen×n e λ e un suo autovalore con molteplicita m ≤ n allora il numero di equazioni linearmente indipendentiottenibili con la procedura sopra descritta e n−m (lo studente verifichi questo risultato in questo esempioed in quello precedente). L’unica equazione, in questo caso, e la vy =

√3vz. Quindi ogni vettore della

forma ~v = (vx,√

3vz, vz) e un autostato di A corrispondente all’autovalore due volte degenere λ = 4.Poiche ~v dipende da due parametri esso genera, al variare di vx e vy, un sottospazio bidimensionale diRR3, V2. Una base o.n. di tale sottospazio puo ottenersi banalmente scegliendo valori particolari di vx evy. Ad esempio chiamiamo ~u1 = (vx, 0, 0), cioe il vettore ottenuto scegliendo vz = 0, e ~u2 = (0,

√3vz, vz),

quello ottenuto scegliendo vx = 0. Con queste scelte e automatico che ~u1 · ~u2 = 0, per cui tali vettorisono una base di V2 mutualmente ortogonali ma non ancora normalizzati. Normalizzandoli otteniamo, alsolito, una arbitrarieta sul verso dei vettori. Piu esplicitamente otteniamo

u±1 = ±(1, 0, 0), u±2 = ±12(0,√

3, 1).

Abbiamo poi:

A ~u3 = λ3 ~u3 ⇒

4 0 0

0 5 −√3

0 −√3 7

z1

z2

z3

= 8

z1

z2

z3

Quindi:

4z1 = 8z1

5z2 − 3√

3z3 = 8z2

−√3z2 + 7z3 = 8z3

Poiche stavolta la molteplicita dell’autovalore e 1, il numero di equazioni linearmente indipendenti sara3− 1 = 2. Abbiamo infatti

z1 = 0z3 = −√3z2

z3 = −√3z2

che, come si vede, e ridondante

Si ha quindi ~u3 = (0, z2,−√

3z2) = z2(0, 1,−√3), che, normalizzato, fornisce

u3± = ±1

2(0, 1,−

√3).

Si verifica quindi che, comunque siano scelti i segni dei versori sopra, essi risultano mutualmente ortogo-nali:

ui± · ui

± = δij

Per fissare i segni richiediamo ora che la nuova base wk sia una base destra, ovvero valgano le

w1 ∧ w2 = w3 hatw2 ∧ w3 = w1 w3 ∧ w1 = w2

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56 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Iniziamo col fissare, in modo del tutto naturale, w1 = i. La scelta degli altri versori risulta di conseguenzapraticamente automatica, se vogliamo valgano le condizioni sopra:

w2 = (0,

√3

2,12) u3 = (0,−1

2,

√3

2).

La nuova base e quindi ottenuta dalla base canonica tramite una rotazione in senso antiorario di π6

attorno all’asse x.La matrice della trasformazione e ottenuta, al solito, ponendo nelle colonne le componenti dei nuoviversori:

2 0 0

R = 12 0

√3 −1

0 1√

3

2 0 0

RT = 12 0

√3 1

0 −1√

3

Infatti

Ri = (1, 0, 0) = w1; Rj = (0,

√3

2,12) = w2; Ri = (0,−1

2,

√3

2) = w3

Si verifica quindi che RRT = RT R = I che implica che risulti RT = R−1, ovvero che R sia una matriceortogonale. Abbiamo infine che:

2 0 0

RT AR = 14 0

√3 −1

0 −1√

3

4 0 0

0 5 −√3

0 −√3 7

2 0 0

0√

3 1

0 1 −√3

=

2 0 0

= 14 0

√3 1

0 −1√

3

8 0 0

0 2√

3 −8

0 4 8√

3

2 0 0

= 0√

3 1

0 −1√

3

2 0 0

= 0√

3 −2

0 1 2√

3

4 0 0

= 0 4 0

0 0 8

= A′

Esercizio (II.27)Trovare autovalori, autovettori e la matrice di trasformazione dell’operatore corrispondente alla matriceA

4 −3 0

A = −1 4 0

0 0 8

VIII Elementi di Analisi Matriciale

Abbiamo gia visto cosa si intende per prodotto tra matrici e, come conseguenza, cosa si intenda perpotenza di una matrice.

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VIII. ELEMENTI DI ANALISI MATRICIALE 57

Sia f(x) una funzione che ammette sviluppo in serie di Taylor: f(x) = a0 + a1x + a2x2 + a3x

3 + ... il cuiraggio di convergenza sia ρ. Si definisce f(A), A essendo una matrice n× n, la seguente serie:

f(A) = 11 + a1A + a2A2 + a3A

3 + ...

Esempi

eA = 11 + A +A2

2!+

A3

3!+ ...

cosA = 11− A2

2!+

A4

4!+

A6

6!+ ...

sin A = A− A3

3!+

A5

5!+ ...

Osservazione:Usando il teorema (II.2) (Hamilton - Calley - Sylvester) queste somme di infiniti termini si riducono,almeno in linea di principio, a somme di finiti termini. Infatti, se A e una matrice n×n, poiche essa devesodisfare la sua equazione caratteristica, An potra essere scritta come combinazione lineare delle potenzeprecedenti, Ak con k = 0, 1, 2, ..., n−1. Ovviamente, poiche An+1 = AAn, anche An+1 potra essere scrittacome combinazione lineare di Ak con k = 0, 1, 2, ..., n. La procedura si estende ancora banalmente adAn+2, An+3, etc.. Ne segue quindi che se A e una matrice n×n allora puo scriversi, almeno formalmente,

f(A) =n−1∑

k=0

dkAk

Esercizio (II.28)

Verificare che se: A =

(ϕ 00 Ψ

)allora risulta eA =

(eϕ 00 eΨ

)

Per la definizione di funzione di matrice si ha che:

eA = 11 + A +A2

2!+

A3

3!+ ... =

(1 00 1

)+

(ϕ 00 Ψ

)+

12!

(ϕ2 00 Ψ2

)+

13!

(ϕ3 00 Ψ3

)+ .. =

= +12!

(1 + ϕ + 1

2!ϕ2 + 1

3!ϕ3 + ... 0

0 1 + Ψ + 12!Ψ

2 + 13!Ψ

3 + ...

)=

(eϕ 00 eΨ

)

Esercizio (II.29)Calcolare l’esponenziale della matrice:

A =

0 t

−t 0

Poiche

pA(λ) = det(A + λ11) = det

−λ t

−t −λ

= λ2 + t2

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58 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

Ne segue, per il teorema di Hamilton - Calley - Sylvester, che A2 + t211 = 0. Quindi:

A2 = −t211; A3 = A ·A2 = −t2A; A4 = t4I; A5 = A2A3 = t4A; A6 = −t6I; ...

eA = I + A +A2

2!+

A3

3!+

A4

4!+ ... = I + A− t2

2!I − t2

3!A +

t4

4!I +

t4

5!A +

t6

6!I + ... =

= I(1− t2

2!+

t4

4!− t6

6!+ ...) + A(I − t2

3!+

t4

5!− ...) = cos I + A

sin tt

e ancora

e

0 t

t 0

=

cos t sin t

− sin t cos t

Esercizio (II.30)Calcolare seno e coseno della matrice

A =

0 t

t 0

e verificare che cos A = cos t11 e sin A = sin tt 11.

Osservazione:L’esercizio (II.28) e un caso particolare di una situazione piu generale. Se A e diagonale:

a11 0 0

A = 0 a21 0

0 0 a33

si ha:

f(a11) 0 0

f(A) = 0 f(a21) 0

0 0 f(a33)

Questa semplice osservazione, ha una conseguenza interessante: Supponiamo di volere calcolare la funzio-ne f(A) di una matrice A piuttosto complessa, per cui risulti difficile ottenere una formula di ricorrenzaper le potenze di A. Se A puo essere diagonalizzata, cio‘e se esiste una matrice di trasformazione R tale che A′ = RART sia diagonale, ne segue anche che:A = RA′RT . Ricordando poi che R e una matrice ortogonale (RRT = RT R = I) ne segue ancora che

f(A) = a0 + a1A + a2A2 + a3A

3 + ... = a0 + a1RA′RT + a2(RA′RT )2 + a3(RA′RT )3 + ... =

= R(a0 + a1A′ + a2A

′2 + a3A′3 + ...)RT = Rf(A′)RT ,

avendo usato piu volte la RT R = I. Quindi:

f(A) = Rf(A′)RT (2.47)

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IX. MATRICI VARIABILI 59

IX Matrici variabili

Supponiamo che gli elementi della matrice A dipendano da una o piu variabili:

aij = aij(x1, x2, ..., xm) con m ≥ 1

In questo caso si dice che la matrice e funzione di (x1, x2, ..., xm) e si scrive:

A = A(x1, x2, ..., xm)

Sia ad esempio A = A(x). Se A e una matrice n ×m si chiama derivata di A la matrice che ha comeelementi le derivate degli elementi, ovvero:

(d

dxA(x))ij =

d

dx(a(x)ij)

Mentre per integrale indefinito della matrice A(x) si intende quella matrice che ha come elementi gliintegrali indefiniti degli elementi.

(∫

A(x)d(x))ij =∫

a(x)ijd(x)

Esempi :(a) Data la matrice A(x)

A(x) =

ex 0 0sin x 0 02x 0 e2x

,

risultano

dA(x)dx

=

ex 0 0cos x 0 0

2 0 2e2x

, nonche

∫A(x) dx =

ex 0 0− cos x 0 0

x2 0 e2x

2

Esercizio (II.31)Verificare che se la matrice A e costante risulta:

d

dtetA = AetA = etAA

Terminiamo il capitolo con un’ultima definizione:Una matrice simmetrica A, n× n e definita positiva se per ogni ~u ∈ RRn risulta

~u ·A~u ≥ 0 (ed in particolare risulta ~u ·A~u = 0 se e solo se ~u = ~0)

Una matrice B e definita negativa se la matrice −B e definita positiva.

Esempi:(a) La matrice

A =

2 0

0 1

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60 CAPITOLO 2. MATRICI ED OPERATORI

e definita positiva, infatti si ha:

~u ·A~u = (ux, uy)

2ux

uy

= 2u2

x + uy ≥ 0

In particolare risulta2u2

x + uy = 0

se e solo se ~u = ~0(b) La matrice

B =

1 0

0 −1

non ha parita definita, infatti risulta i ·Ai = 1 ed anche j ·Aj = −1.In alternativa alla definizione si dimostra che per stabilire se una matrice simmetrica A

a11 a12 a13 ... a1n

a12 a22 a23 ... a2n

A = a13 a23 a33 ... a3n

... ... ... ... ...

a1n ... ... ... ann

= AT

e necessario e sufficiente verificare le seguenti condizioni

det[a11] > 0, det

a11 a12

a12 a22

> 0, ..., detA > 0

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Capitolo 3

Piccolo formulario di matematica

I Derivate di funzioni semplici

Dk = 0;Dx = 1;Dxn = nxn−1;Dxx = xx · (1 + loge x);D√

x = 12√

x;

Dn√

xm = m

n√

xn−m ;D loga x = 1

x loga e;D loge x = 1

x ;Dax = ax loge a;Dex = ex;D sin x = cos x

D cos x = − sin x

D tan x = 1cos2 x = 1 + tan2 x;

D cot x = − 1sin2 x

;D arcsin x = 1√

1−x2 ;D arccos x = − 1√

1−x2 ;D arctan x = 1

1+x2 ;Darccotx = − 1

1+x2 ;

II Derivate di funzioni composte

Df [g(x)] = f ′[g(x)]g′(x)D[f(x)]n = n[f(x)]n−1 · f ′(x);D[

√f(x)] = 1

2√

[f(x)]f ′(x);

D[m√

f(x)n] = n

mn√

[f(x)]m−nf ′(x);

D log f(x) = g′(x) 1g(x)

61

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62 CAPITOLO 3. PICCOLO FORMULARIO DI MATEMATICA

Def(x) = f ′(x)ef(x)

D loga f(x) = f ′(x) 1f(x) log a

Daf(x) = af(x) log a · f ′(x)D sin[f(x)] = cos[f(x)]f ′(x)D cos[f(x)] = − sin[f(x)]f ′(x)D tan[f(x)] = f ′(x) 1

cos2[f(x)]

D cot[f(x)] = −f ′(x) 1− sin2[f(x)]

D arcsin[f(x)] = f ′(x) 1√1−f2(x)

D arccos[f(x)] = −f ′(x) 1√1−f2(x)

D arctan[f(x)] = f ′(x) 11−f2(x)

III Integrali indefiniti e delle regole d’integrazione

∫kf(x)dx = k

∫f(x)dx∫

[f(x) + g(x)]dx =∫

f(x)dx +∫

g(x)dx∫f(x)g′(x)dx = f(x)g(x)− ∫

f ′(x)g(x)dx Regola di integrazione per partisiaP(x)Q(x) = amxm+am−1x

m−1+am−2xm−2+...+a1x+a0

bmxm+bm−1xm−1+bm−2xm−2+...+b1x+b0m,n ∈ NN

il rapporto tra due polinomi. Se m ≤ n, cioe se il grado del numeratore e maggiore o uguale al gradodel denominatore, si puo eseguire la divisione di P (x) per Q(x). Detti S(x) e R(x) rispettivamente ilquoziente ed il resto di tale divisione si ha: P(x)

Q(x) = S(x) + R(x)Q(x) l’integrale indefinito di una tale funzione

e:∫ P(x)

Q(x)dx =∫

S(x)dx +∫ R(x)

Q(x)dx

∫kdx = kx + c∫xbdx = xb+1

b+1 + c con b 6= 1∫1xdx = log x + c∫exdx = ex + c∫axdx = ax

log a + c∫sin(x)dx = − cos(x) + c∫cos(x)dx = sin(x) + c∫

1cos2(x)dx = tan(x) + c∫

1sin2(x)

dx = − cot(x) + c∫1√

1−x2 dx = arcsin(x) + c∫1

1+x2 dx = arctan(x) + c

∫[f(x)]bf ′(x)dx = f(x)b+1

b+1 + c con b 6= 1∫ f′(x)f(x) dx = log[f(x)] + c∫ef(x)f ′(x)dx = ef(x) + c∫af(x)f ′(x)dx = af(x)

log(a)∫[sin f(x)]f ′(x)dx = − cos f(x) + c∫[cos f(x)]f ′(x)dx = sin f(x) + c∫ f′(x)cos2[f(x)]dx = tan[f(x)] + c

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IV. ELEMENTI DI TRIGONOMETRIA 63

∫ f′(x)sin2[f(x)]

dx = cot[f(x)] + c∫ f′(x)√

1−f2(x)dx = arcsin[f(x)] + c

∫ f′(x)1+f2(x)dx = arctan[f(x)] + c

IV Elementi di trigonometria

sin2(x) + cos2(x) = 1 (Relazione fondamentale della trigonometria)sin(x) = ±

√1− cos2(x)

cos(x) = ±√

1− sin2(x)

tan(x) = sin(x)cos(x) = 1

cot(x)

cot(x) = cos(x)sin(x) = 1

tan(x)

sec(x) = 1cos(x)

csc(x) = cosec(x) = 1sin(x)

IV.1 Archi associati

sin(180− x) = sin(x)cos(180− x) = − cos(x)tan(180− x) = − tan(x)cot(180− x = − cot(x)

sin(180 + x) = − sin(x)cos(180 + x) = − cos(x)tan(180 + x) = tan(x)cot(180 + x = cot(x)

sin(360− x) = − sin(x)cos(360− x) = cos(x)tan(360− x) = − tan(x)cot(360− x = − cot(x)

sin(−x) = − sin(x)cos(−x) = cos(x)tan(−x) = − tan(x)cot(−x = − cot(x)

sin(90− x) = cos(x)cos(90− x) = sin(x)tan(90− x) = cot(x)cot(90− x = tan(x)

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64 CAPITOLO 3. PICCOLO FORMULARIO DI MATEMATICA

sin(90 + x) = cos(x)cos(90 + x) = − sin(x)tan(90 + x) = − cot(x)cot(90 + x) = − tan(x)

sin(270 + x) = − cos(x)cos(270 + x) = sin(x)tan(270 + x) = − cot(x)cot(270 + x) = − tan(x)

IV.2 Formule di sottrazione, addizione, duplicazione, bisezione e di prosta-

feresi

cos(x− y) = cos(x) cos(y) + sin(x) sin(y)cos(x + y) = cos(x) cos(y)− sin(x) sin(y)sin(x + y) = sin(x) cos(y) + cos(x) sin(y)sin(x− y) = sin(x) cos(y)− cos(x) sin(y)tan(x + y) = tan(x)+tan(y)

1−tan(x) tan(y) valida purche x 6= 90 + k180; y 6= 90 + k180; x + y 6= 90 + k180

tan(x− y) = tan(x)−tan(y)1+tan(x) tan(y) valida purche x 6= 90 + k180; y 6= 90 + k180; x + y 6= 90 + k180

cot(x + y) = cot(x) cot(y)−1cot(y)+cot(x) valida purche x 6= k180; y 6= k180; x + y 6= k180

cot(x− y) = cot(x) cot(y)+1cot(y)−cot(x) valida purche x 6= k180; y 6= k180; x + y 6= k180

sin(2x) = sin(x + x) = 2 sin(x) cos(x)cos(2x) = cos(x + x) = cos2(x)− sin2(x)tan(2x) = 2 tan(x)

1−tan2(x)

sin(3x) = sin(2x + x) = 3 sin(x)− 4 sin3(x)cos(3x) = cos(3x + x) = 4 cos3(x)− 3 cos(x)

sin(x) = 2 sin(x2 ) cos(x

2 )cos(x) = cos2(x

2 )− sin2(x2 )

Formule di Prostaferesi.

sin(p) + sin(q) = 2 sin(p+q2 ) cos(p−q

2 )sin(p)− sin(q) = 2 sin(p−q

2 ) cos(p+q2 )

cos(p) + cos(q) = 2 cos(p+q2 ) cos(p−q

2 )cos(p)− cos(q) = −2 sin(p+q

2 ) sin(p−q2 )

Formule di Werner

sin(x) sin(y) = 12 [cos(x− y)− cos(x + y)]

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V. ELEMENTI DI GEOMETRIA 65

cos(x) cos(y) = 12 [cos(x + y) + cos(x− y)]

sin(x) cos(y) = 12 [sin(x + y) + sin(x− y)]

Valori di funzioni trigonometriche di archi notevoliarco 0=0sin = 0 cos = 1 tan = 0 cot = ∓∞arco 18= π

10

sin = 14 (√

5− 1) cos = 14 (

√10 + 2

√5) tan =

√1− 2

5

√5 cot =

√5 + 2

√5

arco 30=π6

sin = 12 cos =

√3

2 tan =√

33 cot =

√3

arco 45=π4

sin =√

22 cos =

√2

2 tan = 1 cot = 1arco 60=π

3

sin =√

32 cos = 1

2 tan =√

3 cot =√

33

arco 90=π2

sin = 1 cos = 0 tan = ±∞ cot = 0arco 180 =π

sin = 0 cos = −1 tan = 0 cot = ±∞arco 270= 3π

2

sin = −1 cos = 0 tan = ±∞ cot = 0arco 360=2π = 0sin = 0 cos = 1 tan = 0 cot = ±∞

V Elementi di geometria

Equazione della circonferenza

x2 + y2 + ax + by + c = 0

centro (− a2 ,−b

2 ) raggio r =√(

a2

)2 +(

b2

)2 − c

V.1 Equazione dell’ellisse

x2

a2 + y2

b2 = 1Intersecando l’ellisse con l’asse x e con l’asse y si ottengono quattro punti A1, A2, B1, B2 detti vertici.

{x2

a2 + y2

b2 = 1y = 0

quindi {x = ±a

y = 0{

x2

a2 + y2

b2 = 1x = 0

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66 CAPITOLO 3. PICCOLO FORMULARIO DI MATEMATICA

quindi {y = ±b

y = 0

A1 = (−a, 0) A2 = (a, 0) B1 = (0,−b) B2 = (0, b)a semiasse maggiore b semiasse minore.per a=b si ha x2 + y2 = a2 che e l’equazione della circonferenza con centro l’origine e di raggio a.

V.2 Equazione dell’iperbole

x2

a2 − y2

b2 = 1 Intersecando l’iperbole con l’asse delle x si ottengono due punti A1 = (−a, 0) e A2 = (a, 0)detti vertici. {

x2

a2 − y2

b2 = 1y = 0

quindi {x = ±a

y = 0

Le rette di equazione:y = b

ax e y = − bax si chiamano asintoti dell’iperbole. Se a = b l’iperbole si dice equilatera e gli asintoti

y = −x e y = x sono perpendicolari.Scambiando i termini della differenza si ottiene:y2

b2 − x2

a2 = 1che e un iperbole analoga ma ruotata di π

2 rispetto alla precedente.Se l’iperbole ha per asintoti gli assi cartesiani la sua equazione diviene: y = k

x con k ∈ RR. Se k > 0la curva e contenuta nel I e III quadrante. Se k < 0 la curva e contenuta nel II e IV quadrante.

Equazione generale della parabola

Con asse di simmetria parallelo all’asse delle ordinate.y = ax2 + bx + c con a 6= 0 il vertice ha coordinate:V = (− b

2a ,−∆2a ) il vertice rappresenta il punto di massimo o di minimo della funzione y(x), e di massimo

se la parabola rivolge la concavita verso il basso di minimo in caso contrario.E ancora una parabola un equazione del tipo: x = ay2 +by+c con a 6= 0, la differenza col caso precedentesta nel fatto che l’asse di simmetria della parabola e parallelo con l’asse delle x anzicche con quello delley, ed il vertice e:V = (− ∆

2a ,− b2a )