nomadismo e sedentarietà

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NOMADISMO E SEDENTARIETÀ luoghi, corpi, movimento Monica Ruffato

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Page 1: Nomadismo e Sedentarietà

NOMADISMO E SEDENTARIETÀ

luoghi, corpi, movimento

Monica Ruffato

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NOMADISMO una prospettiva antropologica

In base alla modalità con cui si sono utilizzate le risorse ambientali, gli antropologi distinguono 3 tipi di società:

1. CACCIA E RACCOLTA

- uomini e donne si limitano a prelevare quanto a disposizione in natura secondo le proprie necessità;

- gruppo di piccole dimensioni (acefalo);

- territorio libero senza proprietà privata.

Inuit (USA)San (Africa)Aborigeni

Australiani

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NOMADISMO una prospettiva antropologica

2. PASTORALI- ampio territorio non considerato proprietà degli uomini ma

degli animali da allevamento attorno ai quali ruota la vita sociale del gruppo (patriarcale e gerarchica): gli spostamenti sono dettati dalla ricerca di cibo per gli animali.

Tuareg, Fulani, Masai (Africa)

Popolazioni Incaiche (Ande)

Lapponi (Europa Nord)

Asia e Medio-Oriente

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NOMADISMO una prospettiva antropologica

3. AGRICOLEdistinte in - piccola orticoltura: la terra è di proprietà di un

gruppo di parentela, utilizzo tecniche semplici (slash & burn), la popolazione è sedentaria.

- coltivazione intensiva: l’apporto del lavoro diventa massiccio e la produttività aumenta spesso creando un surplus agricolo, la terra è divisa

in proprietà private, la popolazione è sedentaria.

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NOMADISMO una prospettiva antropologica

La divisione sociale del lavoro può essere di 2 tipi:1. minimo specializzazione: tutti sanno fare tutto;2. massimo specializzazione: pochi sanno produrre tutto.

La distribuzione delle risorse può essere fondata su 2 logiche diverse (Polany):

1. reciprocità: baratto e dono, logica del dare-ricevere-contraccambiare (M. Mauss), es. kula di Malinowski in Melanesia;

2. redistribuzione: logica della centralità (i beni vengono messi in comune e poi suddivisi in un certo numero di parti), es. potlatch di Boas nei Kwakiutl.

Il mercato può essere inteso come luogo fisico di scambi e come sistema di distribuzione di beni. Richiede l’esistenza di un bene generalizzato di scambio come la moneta: il valore dei beni è definito in termini monetari a seconda della domanda e dell’offerta. In teoria la circolazione dei beni sono svincolati da fattori sociali legati al prestigio e alla parentela come avviene nei sistemi di reciprocità e di redistribuzione (società fondate sulla libera circolazione).

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NOMADISMO una prospettiva antropologica

L’organizzazione politica può essere di 3 tipi:

1. governo minimo: è rappresentato dalla banda, gruppo di ridotte dimensioni (20-50) formata da famiglie nucleari. Il riferimento al territorio non è fisso, e l’economia spesso è basata sulla caccia e raccolta. L’attività economica e le difficoltà ambientali contribuiscono a una stretta collaborazione e a una forte coesione interna. Non esiste un capo e un’autorità stabile, ma l’abilità nella caccia e l’anzianità forniscono il prestigio.

2. governo diffuso: mancano di un’autorità centrale, per cui sono chiamate anche società acefale o società segmentarie. Gli affari pubblici sono gestiti da uomini che appartengono a vari segmenti della popolazioni, uniti dalla parentela (clan o lignaggi). In genere la pastorizia è l’attività principale. Il riferimento al territorio è definito, anche se la residenza può non essere stabile.

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NOMADISMO una prospettiva antropologica

3. Il governo statale è caratterizzato da un potere centralizzato che dispone del monopolio dell’uso della forza. L’organizzazione politica è affidata ad un’amministrazione centrale e periferica di tipo burocratico che applica leggi definite, in alcuni casi scritte, e possiede una forza militare. Le società statali sono di dimensioni maggiori di quelle dei tipi precedenti, sono stratificate e hanno un’economia stabile, generalmente basata sull’agricoltura.

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NOMADISMO una prospettiva antropologica

Elementi del nomadismo:- rapporto con il territorio di tipo mobile, fatto di spostamenti e di non

considerazione come proprietà privata;- gruppo di piccole dimensioni (gruppo di parentela, clan);- massima specializzazione nella divisione sociale del lavoro;- spesso vale la logica della reciprocità nella distribuzione delle risorse

(baratto, dono);- due tipi di nomadismo: quello dei cacciatori-raccoglitori e quello dei

pastori. Quello dei Rom conserva qualche particolarità nel rapporto con la società sedentaria dominante (separazione nell’immersione).

Tutti i gruppi furono nomadi fino al Neolitico, quando, con lo sviluppo delle tecniche agricole, iniziò un diffuso processo di sedentarizzazione.

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NOMADISMO una prospettiva antropologica

• I pastori nomadi, caratterizzati da un’identità culturale molto forte, tendono a svalutare la vita sedentaria e a contrastare le politiche di sedentarizzazione con le quali si trovano progressivamente, e ormai quasi ovunque, a confrontarsi. Più fragile è invece l'identità culturale dei cacciatori-raccoglitori, come testimoniano le mitologie dei gruppi san e alcuni miti rom, in cui la vita errante è presentata come una condanna da espiare o una scelta (voluta o forzata).

• I modi di vita della maggior parte di questi gruppi sono minacciati dall’incremento demografico e dall’uso intensivo del territorio. La loro relativa esiguità numerica e l’esclusione dai centri di potere li rende inermi nella difesa dei propri diritti consuetudinari sulle terre e nell’opposizione ai tentativi di assimilazione da parte delle culture dominanti. Negli ultimi anni alcuni governi, ad esempio in Canada e in Australia, hanno preso importanti provvedimenti a favore di popolazioni autoctone nomadi.

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NOMADISMO una prospettiva evoluzionistica

In una prospettiva evoluzionistica unidirezionale (che vede lo sviluppo delle culture su un’unica scala di sviluppo che va dalla più “arretrata” alla più “evoluta”), il nomadismo sembra collocarsi nel posto più basso.

Ma è così? Vi sono tanti modelli di sviluppo quante sono le culture umane: e allora si parla di evoluzionismo differenziale, o meglio, di coevoluzione di sistemi che stanno in rapporto tra di loro e che cercano di mantenere la propria identità.

Anche se bisogna dire che nessuna cultura a contatto con le altre (e in particolare con quella “occidentale”) riesce a rimanere intatta.

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NOMADISMO ROMMa vediamo in particolare come il nomadismo dei cosiddetti “zingari” si

sia rapportato con il sedentarismo della cultura “dominante”.

Chi sono gli zingari, zigani, gitani, singani (dal greco: intoccabili)? Sono termini generici e dispregiativi usati per indicare un insieme di diversi gruppi culturali (Sinti, Rom, Camminanti, Kalé, etc.) originariamente ritenute nomadi, anche se attualmente il nomadismo interessa una minoranza di questi. La maggior parte di essi sono stanziali e hanno cittadinanza nel paese in cui vivono.

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ADATTAMENTO GIROVAGO ALLA SOCIETÀ DEL LAVORO

Caratteristiche “comunità girovaghe” (L. Piasere):- mobilità spaziale;- economia basata sulla compravendita di beni e servizi;- endogamia.

Le comunità zingare spesso hanno queste caratteristiche. Per ricavare il necessario alla sopravvivenza, queste comunità si rapportano alla società circostante. Mentre alcuni gruppi nomadi attuano un adattamento ecologico più legato all’ecosistema naturale, gli zingari ed altri gruppi girovaghi attuano forme di adattamento connesse in maniera quasi totale ai contesti sociali. Qualcuno li chiama “nomadi non produttori di cibo”, “nomadi di servizio” e “nomadi di commercio” (Bernard e Salo) in funzione al fatto che questi gruppi, diversamente dagli altri nomadi, ottengono le materie prime, le merci e gli animali dalla popolazione sedentaria e offrono in cambio alcuni servizi e il commercio delle merci stesse.

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Una lettura ancora molto presente vede il nomadismo come tratto culturale essenziale, determinato dai cosiddetti mestieri tradizionali che obbligavano gli zingari a spostarsi. Nell’epoca attuale, l’impossibilità di spostarsi a causa di un più rigoroso controllo dell’uso del suolo e la scarsa richiesta di tali mestieri tradizionali in funzione della modernizzazione del mercato avrebbero messo in crisi gli equilibri prima esistenti. Si tratta di un’interpretazione della diversità delle culture in termini di diverse posizioni in una stessa scala di sviluppo, che prevede l’adattamento come unica forma di integrazione.

In effetti, il nomadismo degli zingari viene disprezzato e combattuto già a partire dalla fine del Medioevo quando comincia una vera e propria lotta nei confronti delle “classi pericolose” (zingari, altri girovaghi e poveri in generale) per il loro inserimento nell’ordine sociale ritenuto non solo necessario, ma giusto, morale e legale, della nascente società industriale, ma anche per quanto riguarda la modalità di lavoro, usi e costumi (Geremek). Ordine a cui ovviamente gli zingari si sottraggono: si potrebbe dire che “la storia degli zingari è anche la storia del loro rifiuto alla proletarizzazione” e in particolare al lavoro salariato (Okely).

Di fatto le politiche di sedentarizzazione e di assimilazione hanno causato dei cambiamenti nelle comunità zingare, che hanno causato ad esempio in Spagna la perdita della lingua romanes, per non parlare della Romania dove fino al 1864 hanno vissuto in regime di schiavitù.

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RAPPORTO ZINGARI – GAGE’: “POPOLI RESISTENZA”

Gli zingari sono stati coinvolti in tutti i cambiamenti sociali che si sono verificati in Europa da quando viene registrata la loro presenza e questi cambiamenti hanno indotto significative modificazioni nel loro modo di vivere.

Vengono dagli antropologi chiamati “popoli resistenza”: sono produttori di una egemonia dall’interno che gli permette di sopravvivere. La coscienza storica di sé risiede nella capacità di formulare permanentemente ogni elemento di contatto tra sé e l’altro per elaborare una politica di sopravvivenza. Non è stato il nomadismo, né la lingua, né l’origine indiana che ha cementato l’identità che ha garantito la sopravvivenza del gruppo: “si trattava di essere ad ogni momento storico ciò che è stato possibile essere” (Piasere): grande capacità di ricrearsi sempre di nuovo diversi e distinti, quindi di mantenere il confine tra sé e loro pur adattandosi al contesto dominante rielaborando costantemente “a modo loro” i tratti culturali che arrivano dall’esterno (ambiente).

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RAPPORTO ZINGARI – GAGE’: “POPOLI RESISTENZA”

I Rom e Sinti vivono perciò una condizione di “separazione simbolica in situazione di immersione spaziale” con una grande capacità di mantenere forti le frontiere di distinzione tra “noi” o “loro” pur nella completa immersione nel contesto sociale dominante.

La considerazione di una posizione esterna nella percezione di se stessi (costruita in stretta articolazione con la società e la cultura in contatto con la quale si trovano a vivere) permette di superare la visione evoluzionistica pensando nei termini di coevoluzione di sistemi che cercano di mantenere una propria identità.

- Essi vivono in sistemi sociali acefali composti da famiglie allargate in cui la ricchezza non viene consumata ma immediatamente redistribuita (condivisione).- La trasmissione (inculturazione) è di tipo orale:difficile rapporto con la scrittura (sistema su cui sifondano le società in cui vivono).- Si parla di “adattamento girovago alla società del lavoro”: la tendenza è quella

di porsi come dei partners commerciali nei nostri confronti. Questa filosofia economica può anche sconfinare da un lato in attività illegali per noi, o, dall’altro, in attività che sono vissute come illegali da loro, ad esempio il lavoro salariato. Perché per molti di loro vendere la propria forza lavoro è considerato alla stregua di essere derubati dagli altri, dai non zingari (gagé).

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Zingari in Europa

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CIFRE IN EUROPA

In Europa vive un gruppo di circa 10-12 milioni di zingari (36 milioni in tutto il mondo, 18.000 rimasti in India), ed in alcuni paesi del centro e dell'est europa (Romania, Bulgaria, Serbia, Turchia, Slovacchia) arrivano a rappresentare fino al 5% della popolazione.

In base alle stime del Consiglio d'Europa, la Romania è il paese con il maggior numero di cittadini zingari, nel 2002 ne sono stati censiti un numero compreso tra il milione e 200.000 ed i due milioni e mezzo.

Bulgaria, Spagna e Ungheria hanno ognuna una popolazione di circa 800 mila gitani, Serbia e Repubblica Slovacca circa 520 mila, Francia e Russia tra i 340 e 400 mila; ma secondo il rapporto Dominique Steinberger del 2000 in Francia vivrebbero almeno un milione di gitani. Nei restanti paesi le presenze maggiori si contano in Regno Unito (300 mila unità), Macedonia (260 mila unità), Repubblica ceca (300 mila), Grecia (350 mila).

In Italia la popolazione zingara è stata quantificata al 2007 in circa 200.000 persone di etnia Rom e Sinti.

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In Italia la popolazione zingara si divide in:Rom italiani (con cittadinanza): circa 90.000, di cui- 30.000 residenti nel Sud Italia- 7000 Rom harvati, giunti dalla Jugoslavia settentrionale dopo la II GM- 1000 Rom Iovari, si occupano principalmente di attività di fabbri e

allevamento di cavalli (la parola deriva dall’ungherese Io, che significa appunto cavallo)

- 70.000 Rom balcanici- Rom slavi, presenti principalmente in campi del Nord Italia: meno del

10% dei minori frequenta le scuole pubbliche e bassissimo è il tasso di impiego degli adulti. Sono i Khorakhané: “lettori del Corano”, di religione musulmana provenienti dal Kosovo e Bosnia Erzegovina a partire dal 1991 fino al 1993 in concomitanza con l’aggravarsi della guerra nella ex Jugoslavia. E i Dasikhané, di religione ortodossa, provenienti da Romania e Bulgaria.

Rom romeni: sono il gruppo in maggior crescita e hanno comunità in tutta Italia.

Sinti: sono circa 30.000, residenti principalmente in Nord e Centro Italia e occupati principalmente come giostrai, mestiere che sta scomparendo e che li costringe ultimamente a reinventarsi in nuovi mestieri, da rottamatori a venditori di bonsai.

A questi si aggiungono gli apolidi e i clandestini, il cui numero non è stabilito ufficialmente.

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STRANIERI “E” NOMADI”L. PIASERE, zingarologo

Ogni gruppo vive in un sistema xenologico, con al centro un “noi” che riconosce vari gradi di non-noi.

Così i cittadini non italiani della comunità europea sono senz’altro meno stranieri degli, appunto extra-comunitari (i primi hanno accesso a più diritti e servizi erogati dallo Stato italiano rispetto ai secondi), ma all’interno dei primi possono esserci vari gradi xenologici (i romeni sono entrati a pieno titolo nella comunità europea ma vengono considerati più stranieri dei francesi o dei tedeschi).

Fra gli extracomunitari, d’altra parte, ci possono essere gradi xenologici diversi a seconda che patti bilateriali abbiano stabilito accessi diversificati a servizi e diritti. Così ad esempio gli svizzeri sono certamente extra-comunitari, ma la vicinanza geografica tende ad annullare la lontananza formale.

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STRANIERI “E” NOMADI”L. PIASERE, zingarologo

Fin dal XV secolo gli zingari entrarono in Europa col preciso progetto (inconscio probabilmente, ma non per questo meno sentito) di non entrare e non essere coinvolti nel meccanismo politico di dominanza/sottomissione in vigore fra gli europei. In secoli in cui si stavano costruendo gli Stati nazionali essi diventano non un grande, vista la loro esiguità numerica, ma certo un fastidioso problema da debellare.La loro disubbidienza diventa cronica e si consolida tanto più quanto più gli Stati tentano di eliminarli fisicamente o culturalmente (bandi, deportazioni, cacce genocide, sparuti tentativi di assimilazione, ecc.). È a

partire da questo periodo di strenua resistenza da parte degli zingari a non entrare nei sistemi

gerarchizzati degli europei che cominciano a darsi una struttura sociale a polvere e che si

forma una vera e propria tradizione giuridica antizingara.

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STRANIERI “E” NOMADIL. PIASERE, zingarologo

In tutta l’Europa medievale e moderna l’appartenenza ad una comunità sedentaria (e solo l’appartenenza ad essa) dà il diritto di accesso e di uso dei beni collettivi di quella comunità. Tutti coloro che non fanno parte di una data comunità sono dei forestieri per i membro di quella comunità. È lo stesso principio della cittadinanza (che non a caso si chiama così) che, una volta costruita da un organismo sovralocale (lo Stato) governato a partire da un centro (la capitale), costruisce lo “straniero” quale lo conosciamo oggi.

Ma i non-cittadini non sono solo gli stranieri, quelli che abitano al di là dei confini dello Stato, sono anche quei non-stranieri che non sono riconosciuti degni di avere accesso alle risorse materiali e giuridiche dei cittadini. Fra questi, ovviamente, vi sono i non-sedentari, quelli che si muovono da una comunità sedentaria all’altra. Erano i vagabondi. Ecco perché, giuridicamente, l’essere nomade (vagabondo) e l’essere straniero erano praticamente equiparati.

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STRANIERI “E” NOMADI”L. PIASERE, zingarologo

Ancora oggi le disposizioni contro il “vagabondaggio” sono rimaste negli attuali codici, equiparando il termine zingaro con quello di nomade ed essendo trattato alla stregua dello straniero.

Nel momento in cui la “statizzazione” del pianeta è pressoché completata, gli zingari rimangono gli “ultimi anarchici”: all’interno degli Stati restano fra i pochi che ne mettono in discussione i grandi principi su cui si reggono.

Nel nostro sistema xenologico i nomadi/zingari occupano una posizione limite, fra le più lontane dal “noi”, quasi fuori sistema. L’analogia nomade/zingaro=straniero rimane una costante nel nostro inconscio collettivo, tanto che le nostre disposizioni ufficiali continuano a confermare la stessa equiparazione: il nomade, come lo straniero, non deve godere (o non gode di fatto) di tutti i diritti di un cittadino.

Ma i sistemi xenologici sono delle costruzioni ideologiche e quindi non immutabili… possono, anzi devono, essere cambiati perché le stesse ingiustizie vengano cancellate.

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La cittadinanza mentre include contemporaneamente esclude.

Due forme di razzismo (esclusione dalla vita sociale e politica di un paese):

ETNOCENTRISMO - tutte le società sono etnocentriche (è alla base dell’autostima)

cioè considerano la propria cultura superiore alle altre;- il rischio è quello di volere che gli altri si adeguino a noi (vecchia

ma mai morta forma di razzismo);- fondato sull’evoluzionismo unidirezionale.

RELATIVISMO - considera che ci sono altri punti di vista (se fossi nata in Cina…);- il rischio è di considerarli incommensurabili e intraducibili (nuova forma di razzismo);- non necessariamente evoluzionistico, mai unidirezionale.

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ESTREMO DELLA PRIMA FORMA DI RAZZISMO (ETNOCENTRICO)

• Si stima di circa 500.000 zingari uccisi nei lager.• Perché? Portatori del gene “nomadismo”.

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ESTREMO (?) DELLA SECONDA FORMA DI RAZZISMO (RELATIVISTA)

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Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti e non dissi niente perchè non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare.

BERTOLT BRECHT