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Tassa Riscossa - Taxe Perçue. TORINO CMP Anno XV n. 5/99 - Novembre 1999 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Torino - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium Loc Carbignano 36. 10020 Verrua Savoia TO - Tel.: 0161.83.93.35 - Fax: 0161.83.93.34 IN CASO DI MANCATA CONSEGNA SI PREGA DI RINVIARE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA PRESSO CMP TORINO NORD Trent’anni fa: luterani, anglicani, calvinisti e modernisti aboliscono la Messa N. 50

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Tassa Riscossa - Taxe Perçue. TORINO CMP

Anno XV n. 5/99 - Novembre 1999 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Torino - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium Loc Carbignano 36. 10020 Verrua Savoia TO - Tel.: 0161.83.93.35 - Fax: 0161.83.93.34

IN CASO DI MANCATA CONSEGNA SI PREGA DI RINVIARE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA PRESSO CMP TORINO NORD

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N. 50

EditorialeEditorialeTrent’anni. Sono passati trent’anni da

quella prima domenica d’Avvento del1969, quando, in quasi tutte le chiese

cattoliche del mondo, entrò in vigore il nuo-vo messale voluto da Paolo VI. I danni cau-sati alla Chiesa e alle anime dalla riforma li-turgica sono incalcolabili. Infatti, se pensia-mo che il Sacrificio della Messa è il più altoatto della virtù di religione, si può ben direche con la distruzione della Messa si distrug-ge nello stesso tempo la religione; e distruttala religione, si annienta anche la stessa so-cietà civile, che nella religione trova il suofondamento primo e il suo fine ultimo. Noipensiamo che il nuovo messale sia invalido.Questo significa che, ogni volta che la Messaviene celebrata col nuovo messale di PaoloVI, quale che sia il sacerdote celebrante, lasua fede o la sua virtù, Nostro Signore GesùCristo non è presente sugli altari, non si of-fre per noi al Padre e non viene sacramen-talmente in coloro che vorrebbero riceverlonella Santa Comunione. Si tratta, ovviamen-te, di una affermazione gravissima, che va

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oltre le stesse posizioni di Mons. Lefebvre.Ma è gravissimo, anche, che il messale dellaChiesa cattolica sia stato composto ex novonel 1969, facendo tabula rasa di quasi due-mila anni di tradizione liturgica, con la colla-borazione di numerosi pastori protestanti,per i quali, come per Lutero, la Messa catto-lica è una abominazione peggiore di tutti gliadulteri e le prostituzioni del mondo. La li-turgia della Chiesa è santa, e non può cheessere santa. Una liturgia inventata da“esperti” modernisti ed eretici protestantinon può essere santa. Quindi, non può esse-re, in alcun modo, la liturgia della Chiesa. I30 anni che sono passati dalla sua imposizio-ne non rendono legittimo ciò che era illegit-timo, né ortodosso ciò che era eterodosso,né valido ciò che era invalido. Infatti, solo iriti della Chiesa, garantiti e approvati da Es-sa, danno ai cristiani la garanzia della loroortodossia e validità. Il nuovo messale non èun rito della Chiesa: noi non abbiamo per-tanto, a priori, nessuna garanzia né della suaortodossia, né della sua validità. Il fatto cheuna generazione di battezzati sia cresciutasenza neppur conoscere il messale romanodi San Leone, di San Gregorio, di San Pio V,di don Bosco o di Padre Pio, non è una ga-

“Sodalitium” Periodico - n° 50, Anno XV n. 5/1999

Editore Centro Librario Sodalitium

Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA TOTel.: 0161.839335 Fax: 0161.839334

INTERNET: www.plion.it/sodaliemail: [email protected]

C/CP 24681108

Direttore Responsabile don Francesco RicossaAutorizz. Tribunale di Ivrea n. 116 del 24-2-84

Stampa: Ages - Torino

Ai sensi della Legge 675/96 sulla tutela dei dati personali, i dati forniti daisottoscrittori degli abbonamenti verranno trattati in forma cartacea ed auto-matizzata e saranno utilizzati esclusivamento per invio del giornale oggettodi abbonamento o di altre nostre testate come copie saggio e non verrannocomunicate a soggetti terzi. Il conferimento dei dati è facoltativo ed è possi-bile esercitare i diritti di cui all’articolo 13 facendone richiesta al responsabi-le trattamento dati: Centro Librario Sodalitium.

In copertina: gli osservatori non cattolici che hanno partecipa-to all’ultima riunione del “Consilium” della Liturgia, assieme aPaolo VI il 10/04/1970: il Dott. Georges, il can. Jasper, i Dott.Sephard, Konneth, Smith e fra’ Max Thurian, che rappresenta-vano rispettivamente il Consiglio ecumenico delle chiese, le co-munità anglicana e luterana e la comunità di Taizé.

✍ SommarioEditoriale pag. 2“Il vostro padre è il Diavolo” pag. 4“Costruiremo ancora cattedrali”: l’esoterismo cristiano… pag. 16L’Osservatore Romano pag. 35“Il Papa del Concilio” XXIII puntata pag. 44Charles Péguy: un profeta dei tempi moderni? pag. 54RECENSIONI: Padre Vallet e gli esercizi di S. Ignazio pag. 56

La Chiesa non è peccatrice pag. 60Altre segnalazioni pag. 63

Vita dell’Istituto pag. 64

ranzia della accettabilità di tale messale, masolo del danno spirituale che Paolo VI - cheanche solo per questo fatto non poteva go-dere dell’autorità pontificia - ha inferto algregge che avrebbe dovuto pascere.

Passato questo tempo, qual è il puntodella situazione? Gli umili eroi che conser-varono il messale della loro ordinazione inquell’Avvento del 1969, stanno lasciandoquesta terra per la ricompensa del Cielo;pensiamo a Padre Guérard des Lauriers e aPadre Vinson, ai quali deve tanto il nostroIstituto. Nonostante ciò, dopo 30 anni l’anti-co Missale Romanum è ancora celebrato nelmondo intero, anche se il più delle volte co-me nelle catacombe. La riforma di Paolo VI,autorizzandone la celebrazione solo ai sa-cerdoti anziani e senza assistenza del popo-lo, ne prevedeva la scomparsa per i nostritempi: non è stato così. Delle consacrazioniepiscopali, fin dal 1981, hanno assicurato lasopravvivenza provvidenziale del santo Sa-crificio: senza Messa e sacramenti non esistela Chiesa. Altri pensano più sicuro e più or-todosso affidarne la conservazione all’Indul-to concesso da Giovanni Paolo II. Quantoall’ortodossia di questa soluzione, basti pen-sare che essa implica il riconoscimento dellapiena legittimità e cattolicità del nuovo mes-sale. A che scopo, allora, conservare l’anti-co? E questo valga per la sicurezza di questasoluzione. I fatti hanno smentito le illusioni.L’abate del monastero benedettino del Bar-roux, Dom Gérard Calvet, ha infatti dovutoconcelebrare con Giovanni Paolo II seguen-do il nuovo rito (il 27 aprile 1995). Al Con-gresso romano di ottobre delle comunità le-gate alla Commissione Ecclesia Dei ha rico-nosciuto la validità e l’ortodossia del nuovomessale. Poco dopo, è stato raggiunto un ac-cordo tra il Barroux e i benedettini di Fran-cia, autorizzante la (con)celebrazione delnovus ordo nel monastero di Dom Gérard.Quello che costui ha fatto sponte et libenter,la Fraternità San Pietro dovrà farlo controvoglia. Una rivolta capeggiata da 16 sacer-doti di quella società (accusata di essere an-cora troppo lefebvrista) ha avuto come ef-fetto immediato, tra l’altro, una risposta uf-ficiale della Congregazione per il Culto Divi-no (3 luglio 1999, n. 1411/99) riguardante lediverse società religiose che, nel 1988, ave-vano accettato l’Indulto. Le tre risposte sta-biliscono: 1) che i sacerdoti di queste societàpossono celebrare con il nuovo messale, 2)

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che i loro superiori non possono proibirglie-lo, 3) che questi sacerdoti possono ancheconcelebrare. Gli “indultisti” speravano diottenere nuovi permessi per la liturgia pre-conciliare; hanno ottenuto l’esatto contrario.Questo decreto suona, annuncia l’agoniadella Fraternità San Pietro, dell’Istituto diCristo Re e Sommo Sacerdote di Griciglia-no, della Fraternità San Vincenzo Ferreriecc. e oggettivamente, benché involontaria-mente, porta acqua al mulino della Frater-nità san Pio X, proprio nel momento in cuialcuni suoi settori stavano studiando unapossibilità di resa condizionata. Ecône puòvantarsi - riprendendo le vesti dell’intransi-genza e additando l’esempio della triste finedei cattolici “Ecclesia Dei” - di aver fatto lascelta giusta con le consacrazioni del 1988.Ma Ecône non dovrebbe dimenticare che lacorresponsabilità della “trappola” dell’In-dulto ricade innanzitutto su di se stessa, chequesta trappola ha fortemente voluto: dallaLettera agli amici e benefattori n. 16 del 19marzo 1979 (con la quale Mons. Lefebvrerendeva pubblica la missiva da lui inviata aGiovanni Paolo II nella vigilia del Natale1978, chiedendo la coesistenza dei due ritinella Chiesa e nelle medesime chiese) finoal protocollo d’intesa del 5 maggio 1988, fir-mato da Mons. Lefebvre e mai rinnegato neisuoi princìpi (ma solo nella sua opportu-nità), fondamento della stessa Ecclesia Dei.

Il Decreto del 3 luglio 1999 conferma ciòche già si sapeva (o si sarebbe dovuto sape-re): è impossibile restare veramente cattolicie svolgere un ministero cattolico restando incomunione con Giovanni Paolo II. La solu-zione dell’attuale situazione della Chiesanon potrà venire da un compromesso prati-co, ma solo da un ritorno dottrinale all’orto-dossia. La conservazione della liturgia senzala difesa delle verità di fede negate dai neo-modernisti è una battaglia insufficiente e giàpersa in partenza.

A 30 anni dall’introduzione del Novus Or-do Missae, dunque, rinnoviamo il nostro pro-posito di fare quanto è in noi perché sia espul-so totalmente e definitivamente, con l’aiuto diDio, da tutte le chiese cattoliche del mondo.Ritorni a Wittemberg, da dove è venuto.

CONCLUSIONE DELL’INTRO-DUZIONE AL PROBLEMA EBRAICO:

“IL VOSTRO PADRE È ILDIAVOLO”

don Curzio Nitoglia

Pròlogo

Nel 1991 cominciai a trattare, su Sodali-tium, il “Problema giudaico” da un pun-

to di vista cattolico, rifacendomi a ciò cheavevano insegnato i Padri della Chiesa, iDottori, i Santi, i teologi qualificati, il Magi-stero pontificio e alcuni autori seri (1) suirapporti tra Giudaismo (sia quello vetero-testamentario che quello post-biblico) e Cri-stianesimo. Sono convinto, che tale “Proble-ma” rappresenti il cuore della nostra SantaReligione. Infatti non si può capire piena-mente il Vangelo, se non si è capito il rap-porto che intercorre tra Antico e Nuovo Te-stamento, tra la Sinagoga talmudica e laChiesa romana.

Ho affrontato il “Problema” che è so-prattutto una questione di Fede, ma che haanche delle conseguenze “politiche”, pernulla animato da sentimenti di razzismo bio-logico e materialista. Infatti i cattolici tendo-no a formare una Società cristiana, confor-memente al loro Credo e alla loro Morale,individuale e sociale; mentre il popolo ebrai-co, che si è ostinato nel rifiuto del MessiaGesù Cristo, tende a regnare sul mondo in-tero, conformemente allo spirito talmudicoe farisaico, che sogna un’èra messianica diprosperità materiale e temporale.

Monsignor Mattioli scrive: «Dal popoloebraico doveva nascere il Messia… Israeleaveva una missione storico-salvifica da com-piere. Ora con la nascita di Cristo questamissione si è adempiuta… A Israele, popolodelle promesse, è succeduta la Chiesa cri-stiana, popolo della realizzazione. Questaelezione divina c’è stata, ma sono terminati imotivi per esserci ancora. Non si può rivela-re un privilegio usque ad finem, quando era

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soltanto usque ad tempus… È in rapporto aquesta “predilezione” che nel passato il po-polo ebraico si è sentito “diverso” dagli al-tri… era il popolo di Javhè. Ancor oggi, nonaccettando che la missione storica sia esauri-ta, l’atteggiamento continua sulla stessa li-nea. Questo fatto in sé non avrebbe portatoconseguenze sul piano politico se non avessematurato nell’animo degli ebrei due atteg-giamenti: di superiorità di fronte agli altripopoli e di non confondersi, non identificar-si con le popolazioni limitrofe… Sono statiquesti due stili di vita che hanno impeditol’armonizzazione e fatto considerare gliebrei agli occhi delle popolazioni ospitanticome un “corpo estraneo”» (2).

Gli fa eco lo studioso ebreo Bernard La-zare che descrive perfettamente l’atteggia-mento costante degli ebrei nel corso dellastoria: «Gli ebrei emancipati penetravanonelle nazioni come degli stranieri… Forma-vano un popolo in seno ad altri popoli, unpopolo speciale che conservava le sue carat-teristiche mediante riti caratteristici e preci-si, e grazie ad una legislazione che lo mante-neva separato e serviva a perpetrarne il ca-rattere. Entrarono a far parte delle Societàmoderne non come ospiti ma come conqui-statori… s’impadronirono facilmente delcommercio e della finanza» (3).

Monsignor Mattioli aggiunge: «Tale com-portamento unito ad un certo stato d’animodi superiorità, di avidità di danaro spinto avolte fino allo strozzinaggio e al desiderio dinon “contaminarsi” con gli altri, spesso haesacerbato gli animi delle popolazioni ospi-tanti… De Vries… nel descrivere le causedell’antisemitismo coglie un iter costante, in-dipendente dalla religione e civiltà degli Statidove gli ebrei si trovavano a vivere.

L’autore evidenzia cinque fasi: dapprimavengono accolti dalla popolazione senzapregiudizi; poi ottengono un trattamento difavore che consolida la loro condizione; inun terzo momento la loro fortuna nella ric-chezza e il prestigio della cultura incominciaa destare un sentimento d’invidia e avversio-ne nei loro riguardi; segue un periodo d’op-posizione e lotta… con periodi di calma; in-fine il quinto stadio, il popolo esasperatorompe i freni e scoppia la rivalità aperta finoa chiederne l’espulsione» (4).

Il fatto che il “Problema ebraico” abbiaanche conseguenze politiche e sociali (oltreche ad essere una questione soprattutto teo-

La questione ebraica

logica e riguardante i fini ultimi) lo si con-stata studiando il rapporto tra Ebraismo,Supercapitalismo e Social-comunismo. Ilrabbino Baruch Lévy, in una lettera a KarlMarx, auspicava una Repubblica universale,in questi termini: «In questa nuova organiz-zazione dell’umanità, i figli d’Israele, sparsiper il mondo, diverranno ovunque, senza in-contrare opposizione alcuna, l’elemento di-rigente, specialmente se riusciranno ad im-porre alle masse operaie la direzione diqualche ebreo. In questo modo, con l’ausiliodella vittoria del proletariato, i governi dellenazioni che si integreranno nella RepubblicaUniversale, passeranno facilmente in manoisraelite. La proprietà privata potrà alloraessere soppressa da dirigenti di razza ebrai-ca, che amministreranno la ricchezza pubbli-ca sotto ogni altro aspetto. Così si adempi-ranno le promesse del Talmùd, che gli ebrei,venuti i tempi del Messia, avranno in manole ricchezze di tutti i popoli del mondo» (5).Il Socialismo perciò non è ordinato all’ele-vazione del proletariato e alla mitigazionedelle ingiustizie sociali, ma al dominio giu-daico in tutto il mondo.

La Civiltà Cattolica (6) spiega che due fat-ti apparentemente contraddittori, coincidonoin realtà nell’ebreo sparso nel mondo intero:il dominio sul danaro e la preponderanza nelSocial-comunismo. L’autorevole rivista deiGesuiti cita de Poncins: «Da una parte, i giu-dei sono stati tra i fondatori del capitalismoindustriale e finanziario e collaborano attiva-mente al massimo accentramento dei capita-li, che faciliterà la loro socializzazione;dall’altra parte essi sono stati tra i più arden-ti avversari del capitale. Al giudeo, rastrella-tore d’oro, … si oppone il giudeo rivoluzio-nario… Al Rothschild corrispondono ilMarx ed il Lassalle» (7). Circa il dominiodell’Ebraismo sulla finanza il De Poncins lodimostra con numerose citazioni di autoriebrei, come il Lazare che afferma: «A partiredall’emancipazione degli ebrei, con la Rivo-luzione francese in un solo secolo, essi sonodivenuti i padroni del danaro, e con il dena-ro… sono divenuti i padroni del mondo».

De Poncins dimostra autorevolmente an-che la preponderanza giudaica nel Social-co-munismo: i due “profeti rossi” Marx e Las-salle erano ambedue ebrei, come la maggiorparte dei capi del Bolscevismo russo, Trot-ski, Sverdloff, Zinovev, Kamenef, Uriski,Sokolnikoff e lo stesso Lenin, come si è ap-

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purato recentemente: «Il padre della Rivo-luzione bolscevica era ebreo per ascendenzamaterna… Qualcosa… era trapelato neglianni della perestrojka… ma l’autorizzazionea rivelarne la prova documentata è stataconcessa soltanto recentemente. (…) Glistudiosi… Aggiungono che Lenin era statoinformato dalla madre delle sue originiebraiche, ma insieme ai suoi familiari hasempre mantenuto il segreto» (8). In Germa-nia, i dirigenti dello spartachismo Liebkne-cht, Rosa Luxemburg, Kurth Eisener, Euge-nio Levine erano ebrei; così in Francia Leo-ne Blum, capo del Socialismo francese, e inSpagna il padrone assoluto di Madrid deva-stata dalla guerra civile era Heinz Neumann,ebreo di origine tedesca.

«Questo doppio aspetto, apparentementecontraddittorio, coesiste nel Giudaismo, ed èconsapevole e voluto», continua la CiviltàCattolica a pagina 38. Ma come spiegare que-sto legame tra alta Finanza e Rivoluzione?1°) La mentalità socialista e supercapitalistasi somigliano, poiché ambedue si fondano suuna concezione economico-materialistica delmondo, di origine giudeo-puritana. 2°) Oc-corre distinguere tra il proprietario (dellaterra o dell’industria) e il finanziere o l’affa-rista, che vive di speculazione. Il disordine

Rappresentazione del diavolo mentre benda gli occhi ad un ebreo.

(Breviari d’amor di Ermengaut de Béziers, XIV sec. S.Lorenzo de El Escorial, Biblioteca Laurentina)

sociale e la Rivoluzione, sono fatali ai primi,ma per i secondi sono occasione di profitto.3°) Il Socialismo non è il fine della Rivolu-zione, può essere talvolta un mezzo di distru-zione che favorisca la Finanza internaziona-le. La Civiltà Cattolica continua: «I giudei so-no ricchi, ma d’una ricchezza differente daquella degli altri uomini, la quale, anziché farloro temere il Comunismo, ne fa loro sperareil guadagno. Essi sono capitalisti nel sensomoderno della parola, cioè speculatori e traf-ficatori di danaro… Il loro prototipo è il ban-chiere. Tutta la sua proprietà si riduce, in-somma, ad un cassetto ed ad un portafoglio»(9). Il mezzo più rapido per arrivare al domi-nio del mondo da parte dell’Ebraismo è in,certi casi, il Socialcomunismo, che togliendola proprietà ai gojim ed accentrandola tuttanelle mani del Partito, diretto, in massimaparte, da pochi ebrei, avvera il progetto tal-mudico di rendere Israele il Re e il Sacerdo-te del mondo, tutto casa, borsa… Sinagoga eLoggia. Sempre la Civiltà Cattolica, in un al-tro fascicolo, corrobora la tesi su esposta, as-serendo: «I governi… passeranno… nellemani israelite, mediante la vittoria del prole-teriato. Allora la proprietà individuale potràvenir soppressa dai governanti di razza giu-daica, i quali amministreranno dappertuttola fortuna pubblica. Così si avvererà la pro-messa del Talmùd che… i giudei terrannosotto le loro chiavi i beni di tutti i popoli delmondo… Gli operai sono dunque lo stru-mento di cui devono servirsi i giudei per di-ventare i padroni del mondo… la Rivoluzio-ne socialista o comunista è la via più breve epiù sicura per l’intero accentramento dei ca-pitali nelle mani dei giudei, costituendo unaspecie di Supercapitalismo di Stato» (10).

In questa serie di articoli, che hanno vo-luto essere una sorta di introduzione al Pro-blema ebraico, di cui ho toccato i temi piùimportanti, sono arrivato finalmente a quel-la che mi sembra esserne la conclusione:donde viene e dove va il Giudaismo post-templare? Chi lo guida e chi lo ispira?

Naturalmente ho cercato la risposta nelVangelo e nella Tradizione, che sono la fon-te della Verità rivelata.

Il Vangelo

Nel quarto Vangelo leggiamo: «Gesù pre-se a dire ai Giudei che avevano creduto in Lui:“Se rimarrete nella mia parola, sarete vera-

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mente miei discepoli, conoscerete la verità e laverità vi farà liberi”. Gli replicarono: “Noi sia-mo della stirpe di Abramo e non fummo maischiavi di nessuno; come dunque dici: diverre-te liberi?”. Rispose Gesù: “…chi commette ilpeccato è schiavo del peccato. (…) Se dunqueil Figliuolo vi avrà liberati, sarete veramente li-beri. So che siete figli di Abramo; ma voi cer-cate di uccidermi, perché la mia parola nonpenetra in voi. Io dico quello che ho vedutopresso il Padre mio; e voi fate pure quello cheavete veduto presso il padre vostro”. Gli repli-carono:“Il nostro padre è Abramo”. Soggiun-se Gesù: “Se siete figli di Abramo, fate le operedi Abramo. Invece ora voi cercate di uccidereme, che vi ho detto la verità, che udii da Dio.Abramo non fece così. Voi fate le opere delpadre vostro”. Gli risposero: “Non siamo natida fornicazione! Abbiamo un solo Padre,Dio”. E Gesù a loro: “Se Dio fosse vostro Pa-dre, amereste anche me, perché Io procedetti evenni da Dio; non sono infatti venuto da me,ma Egli mi ha inviato. (…) VOI AVETEPER PADRE IL DIAVOLO, E VOLETESODDISFARE I DESIDERI DEL PADREVOSTRO. Egli era omicida fin da principio, enon perseverò nella verità, perché la verità nonè in lui. Quando dice la menzogna, parla delsuo, perché è bugiardo e padre di quella. (…)Chi è da Dio ascolta le parole di Dio, eccoperché voi non le ascoltate: perché non siete daDio”» (11).

Questo è quello che ci ha rivelato Gesù,ma quale è il significato esatto delle paroledivine? Ebbene, il senso del Vangelo lo dob-

Raffigurazione della Chiesa e della Sinagoga (a destra),cieca e condotta per mano dal Diavolo.

(Messale dell’abbazia di S. Pietro di Gand. XIII sec.)

biamo cercare nell’interpretazione che ce nedanno i Padri della Chiesa.

S. Giovanni Crisostomo

Nella quarantaquattresima Omelia sulVangelo di S. Giovanni, il Crisostomo scrive:«Da cosa la verità li renderà liberi? dai loropeccati. E cosa risposero questi insolenti?“Noi siamo la razza di Abramo e non siamostati schiavi di nessuno”. (…) Non si danno pe-na di aver perso la Verità e la grazia di Dio;l’unica cosa che li toccava e li affliggeva era laperdita dei beni materiali. (…) Cosa? Tu haichiamato schiavi quelli che sono della RAZ-ZA (si noti che sono loro che parlano diRAZZA, non noi. N.d.r.) di Abramo… Tale èl’orgoglio e la vanità degli Ebrei: “Noi siamodella RAZZA d’Abramo, noi siamo Israeliti”.Non parlano mai delle loro azioni (…)» (12).

Ma perché Gesù non li riprende, dal mo-mento che erano stati schiavi degli Egiziani,dei Babilonesi, e di molti altri? Gesù cerca-va di far loro capire che erano schiavi delpeccato, più che degli uomini! Poiché laschiavitù vera è quella del peccato, dallaquale solo Dio può liberarci, in quanto soloLui ha il potere di perdonare i peccati. MaGesù vuole che gli Ebrei lo riconoscano e loconfessino, prima di liberarli da tale odiosaschiavitù, accordando loro il suo perdono.

Poi il Salvatore continua: “Io so che sietefigli d’Abramo, ma voi cercate di darmi lamorte”. Il Crisostomo commenta: «Dolce-mente e quasi insensibilmente li esclude dal-la famiglia di Abramo. (…) Siccome sono leopere che rendono l’uomo libero o schiavo,sono sempre esse che formano una vera pa-rentela. Non ha detto loro immediatamente:Voi non siete figli d’Abramo, uomo giusto,mentre voi siete omicidi; accorda loro unacerta filiazione e dice: “Io so che siete figlid’Abramo, ma voi volete uccidermi, poiché lamia parola non entra in voi”. Ma allora comemai ha loro detto più su che hanno credutoin Lui? Sì hanno creduto, ma non hanno per-severato: ed ecco perché li rimprovera. Se viglorificate di tale filiazione, bisogna che lavostra vita corrisponda ad essa.

“Quanto a Me, Io dico ciò che ho vistopresso il Padre mio; e voi fate quello che ave-te visto presso il padre vostro”. Vale a dire:Come Io faccio conoscere mio Padre, e me-diante le mie parole e mediante le mie ope-re; così voi, mediante le vostre opere mo-

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strate chi è il vostro. Infatti “Voi cercate diuccidermi”. Gesù mostra loro che si sonoesclusi dalla filiazione di Abramo [Altro che“Fratelli maggiori nella Fede di Abramo”] eche non debbono contare su un’alleanza car-nale per potersi salvare, ma su di un’allean-za spirituale, prodotta dalla buona volontà edalle buone opere. Era proprio ciò ad impe-dire loro di restare uniti a Gesù: s’immagi-navano che la parentela carnale, il sangue ela razza, bastassero a salvarli!» (13).

Siccome Gesù li aveva spogliati della fi-liazione da Abramo, allora essi presumonodi salire ancora più in alto e si arrogano ladignità di figli di Dio, ma Gesù li degradaancora una volta dicendo: “Se Dio fosse vo-stro Padre, voi mi amereste… MA VOI SIE-TE I FIGLI DEL DIAVOLO, e volete com-piere i desideri del padre vostro”.

Il Crisostomo commenta: «Non lasciaquesta accusa senza prova; al contrario la di-mostra: uccidere, dice loro, è un’azione dimalizia diabolica… mostra che i Giudei co-me il diavolo, sono portati all’omicidio, perinvidia. Poiché il diavolo ha ucciso spiritual-mente Adamo, unicamente per soddisfare lasua invidia… Mentre Abramo non ha fattoil male; anzi le sue opere sono state la dol-cezza, la moderazione, l’obbedienza: voi alcontrario siete disumani e crudeli» (14).

S. Agostino

Il Santo Vescovo d’Ippona, nel Discorsoquarantaduesimo sul Vangelo di Giovanni,afferma: «Gesù promise libertà a coloro checredevano in Lui. Ma i Giudei, orgogliosidella loro pretesa libertà, disdegnarono di es-sere liberati, pur essendo schiavi del peccato.Essi proclamarono di essere già liberi, inquanto erano discendenti di Abramo» (15).

Il Salvatore rispose: “So che siete figli diAbramo ma voi cercate di uccidermi”. S.Agostino commenta: «“Riconosco la vostraorigine carnale, ma non trovo in voi la fededel cuore. Siete figli d’Abramo, ma secondola carne”. (…) I Giudei pur essendo figli diAbramo… erano uomini ingiusti. Traevanola loro origine dalla carne, ma erano dege-nerati, avendo cessato di imitare la fede dicolui di cui erano figli. (…) Ma dove hannovisto costoro il male che fanno, e che il Si-gnore rimprovera e condanna? Lo hanno vi-sto presso il loro padre. Quando vedremochi è il loro genitore, allora capiremo cosa

essi videro presso un tale padre: ancora peròEgli non lo chiama col suo nome. (…) Orainfatti dirà chi è quel loro padre, che non liha generati né fatti uomini; ma essi tuttaviaerano figli di un tal padre in quanto malvagi,non in quanto uomini, ma in quanto ne ave-vano imitato la condotta e non in quantoerano stati da lui creati» (16).

Anzi Abramo è lodato da Gesù ed essisono condannati; Abramo non era un omici-da ed invece loro vogliono uccidere Gesù edè perciò che non possono essere figli spiri-tuali di Abramo. La carne discendeva daAbramo, non certo la loro vita.

«È la stirpe dei Giudei che trae originedalla sua carne, non la stirpe dei cristiani:noi discendiamo da altre genti e tuttaviaimitando la sua virtù, siamo divenuti figli diAbramo. (…) Noi siamo dunque fatti di-scendenti di Abramo per grazia di Dio. DIONON FECE SUOI EREDI I DISCEN-

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DENTI CARNALI DI ABRAMO. ANZIQUESTI LI HA DISEREDATI, per adot-tare quegli altri…» (17).

Quando i Giudei andarono da GiovanniBattista a chiedere il battesimo, li chiamò:“razza di vipere” (Mt. III, 9). Essi si vanta-vano della nobiltà delle loro origini, ed eglili accusò di essere una razza di vipere, per ilveleno che portavano in corpo. Li invitòperciò a fare penitenza per i loro peccati, di-cendo loro che era inutile vantarsi di avereAbramo come padre carnale, poiché Diopoteva far sorgere dalle pietre i figli spiritua-li di Abramo, coloro che ne avrebbero imi-tato la fede e le opere. Le pietre simboleg-giano i pagani, che adoravano gli idoli dipietra, dai quali Dio ha tratto i Cristiani.

Gli Ebrei, prosegue S. Agostino, «già nonconsideravano più Abramo. Non potevanoinvocare più Abramo, e non poteva essere di-versamente, dato che parlava loro la Veritàstessa ed essi pur vantandosi di discendere daAbramo, non ne imitavano la vita. Ricorseroquindi ad un’altra risposta… Noi, pensavano,non siamo capaci di imitare quell’uomo giu-sto, diciamo allora che Dio è il nostro Padre evediamo cosa ci risponderà (…).

Gesù disse loro: “Se Dio fosse vostro Pa-dre, amereste anche Me; perché… Lui mi hamandato”. Vale a dire, se dite che Dio è vo-stro Padre, riconoscetemi come fratello, in-viato da Dio» (18).

“Ma voi non comprendete il mio linguag-gio, perché non potete sentire le mie parole”,continuò Gesù. Il Vescovo d’Ippona com-menta: «Non potevano comprendere perchénon potevano udire. E non potevano udire,perché NON VOLEVANO CORREGGE-RE LA LORO VITA con la fede. Perchénon volevano correggersi? “VOI AVETEPER PADRE IL DIAVOLO”. (…) E per-ché dunque i Giudei erano figli del diavolo?Per imitazione, non per nascita. (…) “E VO-LETE COMPIERE I DESIDERI DELPADRE VOSTRO”. Ecco perché siete suoifigli, perché desiderate ciò che lui desidera,non perché siete nati da lui.

Quali sono questi desideri? “Fin dal prin-cipio egli è stato omicida”. (…) Vedete orafratelli, quale è il genere di questo omicidio.Il diavolo è chiamato omicida, non perchéfosse stato cinto dalla spada e rivestito di ar-mi: egli avvicinò l’uomo, gli mise nel cuoremalvagi pensieri e così lo uccise. (…) Era giàomicida nei riguardi del primo uomo» (19).

Il Demonio prende l’anima di Giuda che si è impiccato. (Giovanni Canavesio, N. D. des Fontaines, XV sec.)

S. Tommaso d’Aquino

L’Angelico nel suo Commento al Vange-lo di S. Giovanni spiega: «La presunzione deiGiudei sfocia in una vanagloriosa domanda:“Noi siamo razza di Abramo, e non siamomai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu di-re: Diventeremo liberi?”. Affermano di esse-re discendenti di Abramo, e in ciò si rivela laloro vanagloria; poiché si GLORIANODELLA SOLA ORIGINE CARNALE.(…) La stessa cosa fanno quanti cercano difarsi grandi per la loro nobiltà carnale: “Tut-ta la loro gloria viene da una nascita, da unventre, da un concepimento” (Os. IX, 11).

Negano poi la loro schiavitù, e in ciò di-mostrano di essere ottusi e bugiardi. Ottusi,perché mentre il Signore parla di libertà spi-rituale, essi intendono quella corporale (…).Bugiardi, se intendono la schiavitù carnale,o si riferiscono a tutta la razza giudaica, o ase stessi in particolare. Se la frase ha unaportata universale, è evidentemente falsa.Poiché i loro padri furono schiavi in Egit-to… Se poi parlano di se stessi, non si posso-no scusare di mendacio: essi infatti in queltempo pagavano il tributo ai Romani» (20).

Quanto alla frase che segue: “So che sieterazza di Abramo”, Gesù comincia a trattaredella loro origine. «Inizia col riconoscere laloro origine carnale; ma subito dopo trattadella loro origine spirituale: “Intanto peròcercate di uccidermi”… Afferma quindi chel’origine della loro carne è Abramo… Masolo per l’origine carnale, non per somi-glianza di fede… Il Signore mostra, che essispiritualmente provengono da una radiceperversa; quindi li rimprovera apertamentedi peccato. Lasciando da parte tutte le altrecolpe in cui i Giudei erano caduti, rammentaloro soltanto quello che avevano semprenella mente, cioè il peccato di omicidio; poi-ché essi volevano ucciderlo… E il Signoreprecisa che causa di tale omicidio non erauna colpa da parte sua, né il loro senso digiustizia, ma la loro incredulità: “Perché lamia parola non viene capita da voi”» (21).

Il Signore arriva così a concludere quale siala loro origine spirituale: “VOI AVETE PERPADRE IL DIAVOLO”, di cui erano figlinon in quanto uomini ma in quanto malvagi.

«Cristo sopra ha affermato che essi sonofigli di Abramo secondo la carne; qui invecenega che lo siano per l’imitazione delle ope-re, e specialmente della fede. Cosicché la lo-

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ro carne deriva da Abramo, ma non ne deri-va la vita» (22).

Le opere dei Giudei erano dissimili daquelle di Abramo: esse infatti erano cattivee perverse, poiché essi erano omicidi: “Voicercate di uccidermi”. «Però questo omicidioera un peccato SMISURATO, CONTROLA PERSONA DIVINA DEL FIGLIO DIDIO» (23). Essi anzi volevano ucciderlo pro-prio perché insegnava che era consustanzia-le al Padre. Abramo invece aveva desidera-to vedere il Suo giorno, “lo vide e ne tripu-diò”. E proprio per il fatto che non compio-no le opere di Abramo, significa che hannoun altro padre, di cui fanno le opere!

Spiritualmente parlando, il Signore di-mostra che non hanno origine neppure daDio. Infatti quando i Giudei affermano:“Noi non siamo nati da prostituzione”, in-tendono dire: «Se in passato la nostra ma-dre, la Sinagoga, allontanatasi da Dio si pro-stituì agli idoli, noi però non ci siamo allon-tanati da Lui e non ci siamo macchiati d’ido-latria» (24). Infatti Dio è spiritualmente losposo delle anime. Ora come la sposa si pro-stituisce quando, oltre il suo sposo ama unaltro uomo, così un’anima o un popolo sonoaccusati di prostituzione, quando abbando-nato il vero Dio, si volgono alle creature inuna specie d’idolatria.

Ed eccoci arrivati al passo chiave: il Si-gnore, dopo aver mostrato che i Giudei ave-vano una loro origine spirituale ed averescluso quella divina, che loro presumevano,finalmente qui dimostra quella vera, asse-gnando loro la paternità del diavolo. Eccol’affermazione di Gesù: “VOI FATE LEOPERE DEL DIAVOLO, AVETE PERPADRE IL DIAVOLO”, vale a dire gli ap-partenete per imitazione! Infatti Gesù pro-segue: “Volete compiere i desideri del padrevostro”, vale a dire : voi siete figli del diavo-lo non perché procreati da lui, ma perchéIMITANDOLO “VOLETE COMPIERNEI DESIDERI”. E l’Angelico commenta:«Come il diavolo ebbe invidia del primo uo-mo e lo uccise spiritualmente, così voi nu-trendo invidia contro di me, “Cercate di uc-cidere Me che vi ho detto la verità”» (25).

Vi è un altro passo del Vangelo di S. Gio-vanni che merita di essere studiato. Gesù di-ce ai suoi Apostoli: “Se hanno perseguitatoMe perseguiteranno anche voi… Se non fossivenuto e non avessi parlato loro, non avreb-bero alcun peccato; ma ora non hanno scusa

per il loro peccato. Chi odia Me, odia anche ilPadre mio… Vi cacceranno dalle sinagoghe,…chiunque vi ucciderà crederà di rendereculto a Dio. E faranno ciò, perché non hannoconosciuto né il Padre né Me” (26).

San Tommaso commenta: «Nei discepoli[i Giudei] perseguitavano Cristo… Ma poi-ché l’ignoranza di suo non scusa la colpa,qui Egli dimostra che essi sono inescusabi-li… 1°) per la verità del suo insegnamento,2°) per l’evidenza dei suoi miracoli… “Maora non hanno nessuna scusa per il loro pec-cato”; 3°) indica da quale radice nasca la lo-ro persecuzione: “Chi odia Me, odia anche ilPadre mio”. Afferma dunque: “Tutto questovi faranno a causa del mio nome”; ma ne po-trebbero essere scusati, “se non fossi venutoe non avessi parlato loro”; cioè se non mifossi presentato loro personalmente e nonavessi loro insegnato direttamente, “nonavrebbero alcun peccato”. (…) Il Signoreparla qui… del peccato d’incredulità, per cuiessi non credono in Cristo. (…) Perciò seCristo non fosse venuto, i Giudei non sareb-bero caduti nel peccato d’incredulità… Ma aloro mancano tali scuse, poiché Cristo si eramostrato e aveva loro parlato personalmen-te. Perciò Egli dichiara: “Ma ora”, per il fat-to che sono venuto ed ho parlato, esclusal’ignoranza, “non hanno scusa del loro pec-cato”. Vedi Rom. 1, 20s: “Essi sono inescu-sabili, perché avendo conosciuto Dio, nonl’hanno glorificato come Dio”. Ora che iGiudei abbiano conosciuto Cristo, risulta daquella parabola… (Mt. 12, 7): “Questi èl’erede: venite, uccidiamolo” (…).

Quindi essi non erano scusati dall’igno-ranza: perché ciò fecero [il Deicidio] non perignoranza, bensì per un altro motivo, ossiaper odio e per vera malizia. Ecco perché Cri-sto aggiunge subito: “Chi odia Me, odia an-che il Padre mio”; come per dire: è loro im-putato a colpa non l’ignoranza, ma l’odio chehanno contro Me, e che ridonda in odio con-tro il Padre. Infatti, essendo il Padre e il Fi-glio una sola cosa nell’essenza, …chiunqueama il Figlio ama anche il Padre; e chiunqueconosce l’uno conosce anche l’altro; e chiodia il Figlio odia anche il Padre. Però nessu-no può odiare ciò che non conosce. Ora iGiudei ignoravano il Padre: “Non conosconoColui che mi ha mandato”. Quindi non sem-bra esser vero quanto qui dice: “…odia an-che il Padre mio”. Tuttavia si risponde, conAgostino, che uno può amare o odiare un es-

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sere che non ha mai veduto, anche soltantoper la fama buona o cattiva che lo riguarda.(…) Ora i Giudei odiavano Cristo e la veritàstessa che Egli predicava. Perciò siccome laverità che Cristo predicava rientrava nellavolontà del Padre, e così pure le opere checompiva, essi come odiavano Cristo, odiava-no anche il Padre, sebbene ignorassero chetali cose rientravano nella volontà del Padre.(…) Mostra poi, per quale causa profondaessi siano caduti nel peccato d’incredulità: amotivo dell’odio… Perciò il loro peccato nonproviene da fragilità, o da ignoranza, ma sol-tanto da una deliberazione» (27).

Il Magistero della Chiesa dal 1244 al 1937

Numerose sono le Costituzioni dei Papisu questo Problema; ne citerò alcune. Dopoaver ascoltato i Padri della Chiesa, interro-ghiamo il Magistero Pontificio. Anch’esso cimostra come la Chiesa, fedele al Vangelo,non ha mai nascosto l’opposizione tra Gesù ela Sinagoga, che dai tempi del Vangelo ad og-gi, non è scemata.

IMPIA JUDEORUM PERFIDIA, dipapa Innocenzo IV (1244) : «L’empia perfi-dia dei Giudei… commette enormi misfat-ti… I Giudei, infatti, ingrati verso Gesù Cri-sto… trascurando e disprezzando la Leggemosaica e i Profeti, seguono certe tradizionidei loro antenati… che in lingua ebraica so-no dette Talmùd, che per i Giudei è il som-mo libro. Questo Talmùd si allontana enor-memente dal testo della Bibbia e vi si trova-no espresse bestemmie verso Dio, Cristo ela Beata Vergine…».

DUDUM FELICIS, di papa GiovanniXXII (1320): «Dopo aver esaminato alcuniloro libri… che sono detti Talmùd e dopoaver trovato che contenevano innumerevolierrori, abusi, oltraggi e bestemmie… Abbia-mo riflettuto che non si deve sottovalutarequesto morbo tanto pestilenziale e tanto peri-coloso… ma che piuttosto occorre intervenirecon azione sollecita per recider alla radice isuoi viticci mortali perché non si espanda-no… Inoltre dai Giudei… fatevi consegnareintegralmente il libro che chiamano Tal-mùd… Riducete poi in cenere col fuoco ilsuddetto Talmùd… [cita poi Clemente IV,[15 luglio 1267. N.d.r.]: “La esecrabile perfi-dia dei Giudei, condannata a causa dell’ingra-titudine e consegnato alla Sinagoga il libellodel ripudio, per aver ignorato il tempo della

visitazione del Signore, quel popolo cieco… èdiventato errante… per tutta la terra, come ilfratricida Caino… Invero, quel popolo… nonsolo negò iniquamente che Nostro SignorGesù Cristo, Figlio del Padre eterno… eravenuto a chiamarli per farli compartecipidell’eredità eterna… dicendo con disprezzo:Non è Dio; ma addirittura lo uccisero… invo-cando… il suo sangue sopra di sé e sopra i lo-ro discendenti… Pensiamo che tutte le ese-crabili bestemmie contenute nel Talmùd, sia-no la causa principale per cui il predetto po-polo… persiste ostinato nella sua perfidia”».

CUM NIMIS ABSURDUM, di papaPaolo IV (1555) : «È estremamente assur-do… che i Giudei… siano tanto ingrati ai Cri-stiani da rispondere coll’offesa al favore e alposto della servitù dovuta, cerchino di domi-nare. (…) La Chiesa romana li tollera in testi-monianza della vera fede cristiana e al soloscopo che… riconoscano finalmente i loro er-rori e pervengano al vero lume della Fedecattolica. Fino a che persistono nei loro erro-ri, riconoscano che per effetto del loro opera-to sono servi, mentre i Cristiani sono stati fat-ti liberi da Gesù Cristo Nostro Signore…».

DUDUM A FELICIS, di papa Pio IV(1566): «La S. Madre Chiesa… tollera gliebrei in memoria della Passione del Signore,affinché… riconoscano il loro errore e siconvertano alla vera Luce, che è Cristo».

HEBRAEORUM GENS, di S. Pio V(1569): «Il popolo ebreo, il solo UN TEM-PO ELETTO DA DIO… tanto prima su-però tutti gli altri in grazia e santità, quantopoi ABBANDONATO PER LA SUA IN-CREDULITÀ, meritò di essere RIPRO-VATO, perché venuta la pienezza del tem-po, quel popolo perfido e ingrato ha conempietà respinto il suo Redentore e LO HAUCCISO con morte vergognosa… Tuttaviala loro empietà, ammaestrata da tutte lepeggiori astuzie, è giunta ad un punto taleoramai che, per la nostra comune salvezza,occorre respingere la forza di tanto male,con pronto rimedio. (…) Ciò che reca piùdanno è il fatto che, essendo dediti ai sorti-legi, agli incantesimi, alle superstizioni dellamagia e ai malefici, INDUCONO AGLI IN-GANNI DI SATANA MOLTISSIMEPERSONE INCAUTE E DEBOLI. Infinesiamo informati… con quali inganni insidinoalla vita dei cristiani».

ANTIQUA JUDEORUM, di papa Gre-gorio XIII (1581): «L’antica iniquità dei

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Giudei, a causa della quale essi sempre op-posero resistenza alla bontà divina, è tantopiù esecrabile nei figli in quanto, per colma-re la misura dei padri, peccarono ancora piùgravemente ripudiando il Figlio di Dio eCOMPLOTTANDO PER UCCIDERLOin modo scellerato. Per questa ragione dive-nuti peggiori dei loro padri… per nulla am-mansiti… a nulla rinunziando del loro passa-to delitto, si accaniscono ancora adesso nellesinagoghe ed ovunque contro N. S. GesùCristo… ed estremamente ostili ai Cristianiosano ancora compiere… orrendi criminicontro la religione cristiana».

CAECA ET OBTURATA, di papa Cle-mente VIII (1593): «La cieca e sorda perfi-dia dei Giudei non soltanto è ingrata versoGesù Cristo… ma non riconosce neanche lagrande misericordia nei loro confronti dellaS. Madre Chiesa che pazientemente attendela loro conversione».

A QUO PRIMUM, di papa BenedettoXIV (1751): «Ogni traffico di merci utili… ègestito dagli stessi ebrei… inoltre essi possie-dono osterie, poderi, villaggi, beni per cui, di-ventati padroni, non solo fanno lavorare sen-za posa, esercitando un dominio crudele e di-sumano, i miseri uomini cristiani addetti ai la-vori agricoli e li costringono al trasporto dipesi immani; ma anche infliggono pene: colo-ro che sono sottoposti alle staffilate ne ripor-tano il corpo piagato… Inoltre gli stessi giu-dei, essendo dediti specialmente all’eserciziodel commercio, dopo aver in tal modo accu-mulato una grande somma di denaro, con lasmodata pratica dell’usura prosciugano le ric-chezze e i patrimoni dei cristiani».

MIT BRENNENDER SORGE, di PapaPio XI (1937): «Il Verbo di Dio dovevaprendere carne… da un popolo che loavrebbe poi confitto in croce».

Infine, dopo aver citato queste Bolle piùantiche e poco conosciute vorrei trattare ilproblema dell’“Enciclica nascosta”, come èstata chiamata dagli storici.

Nel giugno del 1938, Pio XI chiese a tregiovani gesuiti una bozza per un’Enciclicacontro l’Antisemitismo biologico (HUMANIGENERIS UNITAS). Tale bozza fu conse-gnata al Vaticano alla fine di settembre del1938. Pio XI morì il 10 febbraio 1939, il do-cumento non divenne mai Enciclica e non faparte del Magistero ecclesiastico; mantienetuttavia una notevole importanza storica, edè in quest’ottica che mi permetto di citarlo.

«La vera natura, la base autentica dellaseparazione sociale degli ebrei dal restodell’umanità, ha un carattere propriamentereligioso [e non razziale o biologico n.d.r.].La questione ebraica, nella sua essenza, non èné una questione di razza, né di nazione… Èuna questione di religione e, DOPO LA VE-NUTA DI CRISTO, UNA QUESTIONEDI CRISTIANESIMO. (…) Un solo popoloè stato favorito, in senso stretto, di una voca-zione, è il popolo ebraico, scelto da Dio, perPREPARARE LE VIE ALL’INCARNA-ZIONE del suo Figlio unico in questo mon-do… Il Salvatore che il Padre… inviò al po-polo scelto, FU RIGETTATO DA QUE-STO POPOLO, ripudiato con violenza e con-dannato come un criminale dai più alti tribu-nali della nazione… IL POPOLO EBREOHA MESSO A MORTE IL SUO SALVA-TORE… Inoltre questo popolo sventurato,s’è gettato da se stesso nella rovina, i suoi ca-pi accecati hanno invocato sulle loro teste lamaledizione divina… Constatiamo in questopopolo una INIMICIZIA COSTANTE ri-spetto al Cristianesimo. Ne risulta una tensio-ne perpetua tra Ebrei e Cristiani mai sopita.(…) Il desiderio ardente della Chiesa di vede-re la conversione di tale popolo, non l’accecatuttavia sui pericoli spirituali ai quali il con-tatto con gli Ebrei può esporre le anime. (…)Fino a che persiste l’incredulità del popoloebreo… la Chiesa deve… prevenire i pericoliche questa incredulità… potrebbe creare perla fede e i costumi dei fedeli» (28).

I MOTIVI DELL’INCREDULITÀ GIUDAICA

L’incredulità in generale

Per S. Tommaso l’incredulità “è un pec-cato che include tutti i peccati. Perciò l’in-credulità è il più grave di tutti i peccati” (29).Essa è il peccato finale cui si è condotti daaltri peccati (30). I teologi concludono perciòche: “La perdita della fede è… condizionatasempre da un peccato: molto spesso è tuttauna serie di colpe e di graduali transazioniche prepara l’apostasia” (31).

L’incredulità colpevole dei Giudei

S. Tommaso si domanda se l’incredulitàdei Pagani sia la più grave, e risponde che: “IPagani non hanno conosciuta la via della giu-stizia, mentre gli eretici e gli Ebrei, avendola

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in parte conosciuta, l’abbandonarono. Dun-que il peccato di costoro è più grave” (32).

Nel Vangelo leggiamo: “Quantunqueavesse fatto tanti miracoli in loro presenza,essi non credevano in Lui” (33). Il popolo giu-daico, nella sua massa non ha creduto. Nonhanno creduto i capi della nazione, non hacreduto la maggior parte della folla. E non èlecito dire che l’unica ed ultima causa dellacolpevolezza della folla sia stata soltantol’influsso dei capi, sebbene sia certo che leloro maligne insinuazioni, misero in cattivaluce la figura di Gesù presso il popolo. E co-sì dietro l’esempio dei capi, la folla non cor-rispose alle prime grazie.

La folla appare dapprima incerta e dub-biosa di fronte a Gesù, ma intervengono su-bito i capi per smorzare ogni eventuale entu-siasmo. Infatti se non fossero corsi subito airipari, forse tutti (o la maggior parte) avreb-bero creduto in Gesù. Così i capi “si assun-sero anticipatamente tutte le responsabilitàdell’apostasia della nazione eletta” (34).

Gesù condanna l’incredulità dei Giudei: illoro accecamento è volontario

L’incredulità dei Giudei è un peccatoformale. Più grave nei capi, ma volontaria equindi colpevole (anche se meno gravemen-te) nei fedeli (35). Gesù stesso ha detto: “Senon fossi venuto e non avessi parlato nonavrebbero colpa; MA ORA ESSI NONPOSSONO ADDURRE ALCUNA SCUSAAL LORO PECCATO… Se non avessi fattoin mezzo ad essi delle opere che nessuno hamai fatto, non avrebbero colpa; ma ora essihanno visto e, ciò nonostante, HANNOODIATO ME E IL PADRE MIO” (36).

“La condanna esplicita e ripetuta colpiscesia i capi che la folla. Tutto il popolo giudaicoappare, in genere, gravemente colpevole del-la sua incredulità. Risalta la colpevolezza deicapi… Essi sono in gran parte colpevolidell’incredulità della folla. Essi più degli altripotevano comprendere…” (37). La loro igno-ranza è determinata dall’invidia e gelosia ver-so il Salvatore. Sono accecati dall’odio, mal’accecamento è stato volontario, Gesù quin-di li condanna: “Se foste ciechi non avrestecolpa: ma voi dite di vedere e perciò il vostropeccato permane” (38). S. Pietro parlando agliIsraeliti, dopo aver loro mostrato di quale de-litto orrendo si siano macchiati, vuol trovare(spinto da misericordia) una specie di atte-

nuante al loro peccato: l’ignoranza: “Io sofratelli, che operaste per ignoranza, come purei vostri capi” (39). Ma la loro ignoranza fu vin-cibile e colpevole. I Giudei “Avevano chiusogli occhi della mente” (40). Chi vuol restarenelle tenebre anche quando gli si avvicina laluce, non ha nessuna scusa. Prescindendoperciò dai casi individuali, l’ignoranza fu ingenere colpevole nei capi e nella folla. Neicapi più colpevole che nella folla.

Secondo S. Tommaso, il Dottore comu-ne della Chiesa, i capi conoscevano esplici-tamente la messianicità e la divinità di Gesù:“I capi COME ANCHE I DEMONI conob-bero che Egli era il Cristo promesso nellaLegge” (41). Ma vollero ignorare per igno-ranza affettata e quindi maggiormente col-pevole. Ed ecco che ritorniamo all’analogiatra il diavolo e il popolo deicida, che ha imi-tato suo padre “omicida fin dall’inizio”.

La folla, che era ignorante non conobbepienamente ed esplicitamente né la messiani-cità né la divinità di Gesù. E sebbene alcuni diessa abbiano creduto, la massa tuttavia noncredette; per di più fu ingannata dai suoi capi.Perciò la massa dei fedeli “gravissimamentepeccò quanto al genere di peccato [crocifissoridi Dio]: ma il peccato aveva delle ATTE-NUANTI per la loro ignoranza” (42). Che purnon essendo affettata, come quella dei capi,era pur tuttavia vincibile e quindi colpevole.

Varie cause dell’incredulità giudaica: la volon-tà divina, l’azione di Satana, l’influsso dei capi

La folla dei Giudei (capi compresi) haavuto da Dio la grazia sufficiente per crede-re e se non ha creduto è stato per sua colpa.

Satana, come suo solito, ha diretto, orga-nizzato e mosso le forze di opposizione a Cri-sto. Infatti in tutto il Nuovo Testamento ap-pare come l’avversario, il nemico del Messia.

I capi hanno influito sul giudizio della fol-la, con le loro calunnie ed intrighi hanno alme-no maldisposto l’animo del popolo nei con-fronti di Gesù. La folla seguirà i capi (tranneuna piccola parte), pur avendo la grazia suffi-ciente e i motivi di credibilità per seguire Ge-sù; per cui chi ha resistito è colpevole.

La causa ultima dell’incredulità giudaica

Le difficoltà da parte della folla (chenormalmente ha il dovere di seguire i capi)nel credere a Gesù erano gravi ed oggettive.

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Però sappiamo che Dio quando si rivela, dàagli uomini, con la Rivelazione, anche lapossibilità di conoscerla come tale. Il popologiudaico fu perciò colpevole se attraverso leProfezie dell’Antico Testamento compiutesiin Gesù, i miracoli operati dal Salvatore, lagrazia sufficiente che Dio non nega a nessu-no, non riconobbe il vero Messia. Vi è quin-di una causa soggettiva che determinò l’in-credulità giudaica:

a) Le opere cattive:Il Vangelo ci rivela: “La luce è venuta nel

mondo e gli uomini hanno preferito le tene-bre alla luce PERCHÉ LE LORO OPEREERANO CATTIVE. Infatti chi fa il maleodia la luce e non viene alla luce per paurache le sue opere siano riconosciute come cat-tive” (43).

Questa incredulità verso Cristo è colpe-vole, perché il mondo poteva credere: “Laluce è venuta nel mondo… ed ha brillato trale tenebre”: agli uomini fu data la possibilitàe rivolto l’invito di uscire dalle tenebre e divenire alla luce. Ma alla luce perviene sol-

Due scene della leggenda di Teofilo; nella quale un ebreoagisce da intermediario tra il diavolo e l’arcidiacono che

vuole vendergli l’anima per riacquistare il prestigio perduto. (Lambeth Apocalypse, 1260, Londra

Lambeth Palace Library).

tanto chi lo vuole liberamente, e gli uominihanno preferito le tenebre alla luce.

Ma qual’è la ragione di questa scelta er-ronea? La vera ragione va ricercata nelleOPERE CATTIVE, nella VITA, nell’AT-TO DELLA VOLONTÀ che può anche es-sere soltanto interno (come l’orgoglio dellamente). Le opere cattive non sono soltantol’IMMORALITÀ GROSSOLANA: attac-camento ai piaceri dei sensi, ma anche l’IM-MORALITÀ SOTTILE: l’esaltazionedell’io, la ricerca della gloria umana edell’onor del mondo. Ebbene colui che fa ilmale fugge la luce interna della verità che lorimprovera, come il ladro fugge la luce delsole e cerca le tenebre per non essere visto.Costui non verrà alla luce, non s’accosteràad una dottrina (anche quando l’abbia cono-sciuta come vera) che condanna la sua vita.“È impossibile non pensare a coloro chepredicano l’osservanza della Legge… e lacui vita non corrisponde a questo ideale. Èproprio ciò che è avvenuto in Israele” (44). Ifarisei amano quindi le tenebre non per sestesse, ma perché giustificano la loro con-dotta esteriore, ed odiano la luce, perchésmaschererebbe la loro perversità interna enascosta! Gesù stesso ha affermato: Chi fa lavolontà di Dio, conoscerà se la dottrina cheIo insegno è divina o no (45). Vale a dire : ladottrina di Gesù apparirà divina ad ogni ani-ma leale, ad ogni anima che è da Dio e nondal diavolo, e che vuole ciò che Dio vuole enon ciò che vuole il diavolo: il peccato!

Ritorniamo dunque a S. Giovanni capi-tolo VIII. Gesù dice: “Chi è da Dio, ascoltale parole di Dio”, cioè: chiunque cerca la ve-rità con purezza d’intenzioni e s’ispira nellasua vita pratica a questa verità, sarà dispostoad ascoltare la parola di Dio. Se dunque iGiudei (nella maggior parte) non ascoltanola parola di Dio è perché non sono da Dio,ma IL LORO PADRE È IL DIAVOLO!

b) L’orgoglio dei capi:Il Salvatore «smaschera i suoi avversari,

mettendo inesorabilmente a nudo la passio-ne nascosta che li corrode. (…) Essi nonhanno l’amore di Dio: “Io vi conosco e soche non avete in voi l’amore di Dio” (Giov.,V, 42). La vera e più profonda ragione dellaloro incredulità è altrove: è in loro stessi,nella loro volontà: “Voi non volete venire ame” (Giov., V, 40)» (46). Quindi l’ambizioneli accecò e fu per loro grande ostacolo a cre-dere e a venire a Cristo. “Dunque è anzitut-

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to L’ORGOGLIO che ha tenuto la classedominante nell’incredulità… Non è questoun fatto che conferma essere la superbia lapassione che più tenacemente tiene lontanida Cristo gli uomini?” (47).

c) Speranze politiche e troppo terrene:La folla, nei miracoli di Gesù, vide la

realizzazione delle sue speranze messiani-che; speranze di una liberazione politica dalgiogo romano; speranze di un’èra felice diprosperità materiale.

In breve LE CATTIVE DISPOSIZIONIDELLA VOLONTÀ SONO LA CAUSAULTIMA CHE IMPEDISCE ALLA FOL-LA DI RICONOSCERE IL VERO MES-SIA IN GESÙ di Nazaret, in quanto essavuole un re terreno, realizzatore di aspira-zioni materiali. L’ultima ragione dell’incre-dulità non va ricercata nell’intelligenza, per-ché non è nel non aver potuto credere, permancanza di motivi oggettivi ed intelligibilidi credibilità, ma nel NON AVER VOLU-TO CREDERE, a causa di una cattiva vo-lontà moralmente indisposta. La loro incre-dulità è dunque volontaria e quindi colpevo-le. Si può perciò concludere che LA VITACATTIVA È LA CAUSA DI OGNI IN-CREDULITÀ.

Come il diavolo è un Angelo decadutoper cattiva volontà (ha preferito affermarese stesso, pur dannandosi, che sottomettersialla volontà di Dio), così i Giudei il cui pa-dre è il diavolo (in quanto ne hanno imitatala cattiva volontà) hanno preferito rifiutareil Salvatore e la salvezza, per poter soddisfa-re la propria perversa volontà.

Epìlogo

Come dicevo all’inizio dell’articolo, alladomanda: “Donde viene e dove va il Giudai-smo post-templare? Chi ne è il capo e chi loispira?”, si può rispondere che dietro le forzeocculte (Giudaismo, Massoneria, Esoteri-smo, Alta Finanza) che manovrano il mon-do, bisogna vedere l’azione del diavolo, loropadre e maestro: infatti un’esplosione tantovasta di malsane passioni, di idee perverse edi fatti incresciosi, non può essere spiegatasenza un intervento preternaturale e diaboli-co. Non si può dimenticare né sottovalutarela parte avuta dal diavolo nel cammino dellaCongiura anticristiana e della Rivoluzione, eneppure che lo strumento principale di cui ildiavolo si serve per sovvertire il mondo e

l’animo umano è il Giudaismo, deicida e ri-provato da Dio. Chi pertanto volesse com-battere la Rivoluzione senza combatternel’agente umano principale, il Giudaismo tal-mudico, fallirebbe e sarebbe soltanto un “se-mi-controrivoluzionario”.

Come scriveva acutamente già nel 1945,Padre Garrigou-Lagrange: “Gli errori peri-colosissimi, oggi più diffusi tendono alla scri-stianizzazione completa dei popoli. Il maleha avuto inizio con la Rinascenza pagana delsecolo XVI, che fu rinascita della Superbia edelle Sensualità pagane tra i cristiani. L’ac-centuò il Protestantesimo… Venne poi la Ri-voluzione francese… col suo Deismo e Natu-ralismo… Lo spirito poi della Rivoluzionecondusse al Liberalismo… Fallito il Liberali-smo [conservatore]… gli succede il Radicali-smo, per non dire più esattamente Anticri-stianesimo. Di qui hanno avuto origine iMassoni. Il Radicalismo a sua volta causò ilSocialismo e questo il Comunismo… Controtutte queste negazioni… la sola Chiesa catto-lica… può resistere efficacemente, perchésolo Essa possiede la Verità senza errori.Perciò il Nazionalismo non può efficacemen-te resistere [alla Rivoluzione]” (48). Tali ideefurono riprese circa quindici anni dopo (nel1959), da un pensatore brasiliano: PlinioCorrêa de Oliveira, in un libro intitolato Re-volucao e Contra-Revolucao (49).

La Rivoluzione è un’opera diabolica discristianizzazione ispirata da Lucifero e con-dotta in prima luogo dal Giudaismo anticri-stico ed anticristiano, che dirige vari altri ra-mi, quali la Massoneria, l’Esoterismo, l’AltaFinanza e il Comunismo. Combattere sol-tanto ed ossessivamente l’ultimo di essi sen-za spendere quasi neanche uno studio ap-profondito e vasto sul Problema giudaico èerrato e… puzza di… bruciato!

Che fare?

La divina Provvidenza ha voluto darci “unSegreto”, per riportare le anime al Cattolice-simo e per combattere i suoi nemici invisibili etenebrosi, esso è la Vera Devozione a MariaSantissima, specialmente come ci è stato inse-gnato da S. Luigi Grignion de Montfort, nel“Trattato della vera devozione alla VergineMaria”, che può essere definito l’uranio delCristianesimo, per sviluppare un’energia spiri-tuale paragonabile a quella atomica, soprat-tutto in questi tristi tempi di Apostasia gene-

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rale. La lotta contro il diavolo, il Giudaismo ele sue derivazioni segrete, è una lotta essen-zialmente religiosa, che ha bisogno dell’aiutodella grazia di Dio. Ora Maria è la MediatriceUniversale di ogni grazia, la tesoriera e la di-spensatrice di essa! La vera devozione, inqualità di schiavi di Maria, è assolutamentenecessaria per vincere la battaglia contro leforze del male. La Rivoluzione e il Giudaismotalmudico, essendo satanici nella loro essenza,possono essere combattuti e vinti solo da unareazione che sia soprannaturale nella sua es-senza. Lucifero, simbolo del Giudaismo ribel-le a Dio e decaduto dalla sua vocazione, saràvinto da Maria che gli schiaccerà il capo, co-me aveva promesso il Signore: “IPSA CON-TERET CAPUT TUUM” (50). In questa otti-ca la nostra vittoria contro il Giudaismo rivo-luzionario dipende da Maria e dalla nostraunione a Lei. S. Luigi Grignon de Montfort,aveva profetizzato questa vittoria nella “Pre-ghiera infuocata”, chiedendo al Signore deglieserciti un diluvio del fuoco del puro amoreche purificherà l’umanità e sarà: “così dolce eveemente che tutte le Nazioni, i Maomettani,gli idolatri e perfino i Giudei ne bruceranno esi convertiranno”.

Note

1) Autori quali: Augustin Barruel, Emmanuel Bar-bier, Umberto Benigni, Paul Boulin, Pierre de Cloriviè-re, Augustin Cochin, Paul Copin-Albancelli, JacquesCrétineau-Joly, Henri Coston, Henri Delassus, NicolasDeschamps, Vittorio De Bernardi, Andrea Dalle Donne,Paul Drach, Raymond Dulac, Bernard Fay, FloridoGiantulli, Réginald Garrigou-Lagrange, Roger Gouge-not des Mousseaux, Ernest Jouin, i fratelli Lémann,Léon Meurin, Julio Mienvielle, Albert Monniot, CharlesNicoullaud, Jean-Baptiste Pitra, Léon de Poncins, Anto-nino Romeo, Emanuel Ratier, Francesco Spadafora.

Chi volesse maggiori informazioni sulla vita e leopere di tali autori può consultare: M. F. JAMES, Esoté-risme, Occultisme, Franc-Maçonnerie et Christianismeaux XIX et XX siècles, NEL, Paris, 1981.

2) V. MATTIOLI, Gli Ebrei e la Chiesa, Mursia, Mila-no, 1997, pagg.11-16.

3) B. Lazare, L’antisémitisme, son histoire et ses cau-ses, Paris, 1934, vol II, pag. 45. Questo libro sarà prestopubblicato in italiano dal Centro Librario Sodalitiumnella collana “Il Mistero d’Israele”.

4) H. DE VRIES DE HEEKELINGEN, Israele, il suopassato, il suo avvenire, Ed. Tumminelli, Milano, 1937,pagg. 103-118. Citato in V. MATTIOLI, op. cit., pag. 17.

5) Cit. in J. TALLANDIER, Les origines secrètes duBolchévisme, Salluste, Paris, 1930, pag. 33.

6) La questione giudaica, vol. IV, 1936, pagg. 37-46. 7) L. DE PONCINS, La mystérieuse Internationale jui-

ve, Beauchesne, Paris, 1936, pag. 179. 8) La Repubblica, 1, aprile, 1997, pag. 38. 9) La Civiltà Cattolica, cit., pag. 39.

10) La Civiltà Cattolica, La questione giudaica e ilSionismo, vol. II, 1937, pag. 421.

11) Giov.VIII, 31-47. 12) S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Commento su Gio-

vanni, Omelia LIV, 1. 13) Ibid., 2. 14) Ibid., 3. 15) S. AGOSTINO, Commento su Giovanni, Discorso

XLII, 1.16) Ibid. , 1-2. 17) Ibid. 5. 18) Ibid. 7-8. 19) Ibid. 9-11. 20) S. TOMMASO, Commento a S. Giovanni, VIII,

Lectio IV, 1201. 21) Ibid. 1211-1215.22) Ibid. 1222. 23) Ibid. 1227. 24) Ibid., 1232. 25) Ibid., 1241. 26) Giov., XV, 20-XVI, 3. 27) S. TOMMASO, Commento a S. Giovanni XV, Lec-

tio IV-V, 2039-2067. 28) G. PASSELECQ-B. SUCHEKY, L’Encyclique cachée

de Pie XI, éd. La découverte, Paris, 1995, pagg. 283-293.Traduzione italiana: L’Enciclica nascosta di Pio XI, IlCorbaccio, Milano 1997.

29) S. T., II-II, q. 10, a. 3. 30) S. T., II-II, q. 162, a. 7, ad 3um. 31) F. ROBERTI-P. PALAZZINI, Dizionario di Teolo-

gia morale, Studium, Roma, 1968, Vol. I, pag. 802. 32) S. T., II-II, q. 10, a. 6, sed contra. 33) Giov. XII, 37. 34) A. CHARUE, L’incrédulité des Juifs dans le Nou-

veau Testament, Gembloux, Duculot, 1929, pag.246.Occorre precisare che se oggettivamente parlando ilpeccato della massa dei Giudei (considerato come og-getto di studio) fu grave, soggettivamente considerato(vale a dire in ogni singola persona) solo Dio “che scru-ta le reni e i cuori” sa se vi sia colpevolezza grave, lieveo nulla.

35) Cfr. Sodalitium, n° 28, pagg. 3-11. 36) Giov. XV, 22-24; XVI, 8-9. 37) A. DAL COVOLO, La psicologia dell’incredulo,

Vita e Pensiero, Milano, 1945, pagg. 21-22. 38) Giov. IX, 41. 39) Atti, III, 17. 40) AMMONIO ALESSANDRINO, Fragmenta in S.

Joann., P. G. LXXXV, 1478. 41) S. T., III, q. 47, a. 5. c.42) S. T. , III, q. 47, a. 6, ad. 343) Giov. III, 19-20. 44) A. DAL COVOLO, op. cit., pag. 37. 45) Cfr. Giov. VII, 17. 46) A. DAL COVOLO, op. cit., pag; 43. 47) Ibid., pag. 49. 48) R. GARRIGOU-LAGRANGE, Santificazione sacer-

dotale nel nostro tempo, Marietti, Torino, 1945, pagg.7-9.49) Campos, 1959.50) Gen., III, 15.

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Avviso della redazione

Dopo aver letto l’articolo di Padre Torquema-da, ci siamo chiesti se era opportuno che ve-

nisse pubblicato su ‘Sodalitium’. Abbiamo curatodi verificare, quanto possibile, le fonti, interro-gando anche non pochi protagonisti della avvin-cente storia del ‘tradizionalismo’ italiano, che congrande correttezza hanno accettato di collaborarecon noi alla stesura definitiva di questo articolo.Lo facciamo nostro, per seguire il consiglio di sanRemigio a Clodoveo, citato dall’articolista alla fi-ne della sua fatica. Vorremmo solo precisare chemolti autori menzionati in questo piccolo saggiosono passati, come pure noi stessi, attraverso ilmovimento ‘tradizionalista’, nella più perfettabuona fede, o già da tempo ci hanno precedutonella denuncia degli errori e dei pericoli insiti inquesta posizione. Non si tratta poi di rinnegarequanto di buono vi era o vi è in questa corrented’idee, cioè quanto di conforme vi è con l’insegna-mento della Chiesa cattolica: solo è necessarioevitare accuratamente, e denunciare pubblica-mente, ogni cedimento all’esoterismo pseudo-cri-stiano, da chiunque, in buona o cattiva fede, pocoimporta, esso sia proposto. Questa nostra attitudi-ne ci ha già sottratto amicizie e consensi: ma noinon cerchiamo consensi a scapito della verità. Sesolo un’anima aprirà gli occhi, evitando le retimassoniche, il nostro sforzo non sarà stato vano.

Sodalitium.

“Costruiremo ancora cattedra-li”: l’esoterismo cristiano daGiovanni Cantoni a Massimo

IntrovignePadre Torquemada.

Alleanza Cattolica, l’associazione fondatada Giovanni Cantoni “a metà degli anni

‘60” (1), gode oggi alla fine degli anni ‘90,dopo più di 30 anni di attività, se non di unacerta notorietà, almeno di una certa influen-za. Tra i suoi militanti, l’on. Michele Vietti(2) è membro del Consiglio Superiore dellaMagistratura (quota CCD), l’on. AlfredoMantovano è stato coordinatore di AlleanzaNazionale e ne è il responsabile per la giusti-zia, Massimo Introvigne (la cui notorietà havalicato i confini nazionali) (3) è forse il piùnoto esperto di “sette” e “nuovi movimentireligiosi”, nonché fondatore del CESNUR.

Il mensile Percorsi, vicino ad Alleanza Na-zionale, è quasi appaltato ad Alleanza Catto-lica (4). Molti suoi dirigenti, infine, sono sti-mati docenti universitari. Alleanza Cattolicaè stata ed è ancora influente anche nel (pic-colo) mondo del tradizionalismo cattolico.In Italia rappresenta, col Centro CulturaleLepanto del prof. Roberto De Mattei ed al-tri movimenti similari, il pensiero e l’azionedella brasiliana Società per la difesa dellaTradizione, della Famiglia e della Proprietà(TFP) del prof. Corrêa de Oliveira, che tan-to peso ha avuto in questo ambiente, nonsolo in America Latina, prima, durante edopo il Concilio Vaticano II. Dopo aver ap-poggiato il movimento di Mons. Lefebvre,Alleanza Cattolica se ne separò a partire dal1981. Da allora le posizioni di Alleanza Cat-tolica si sono senza dubbio modificate sumolte questioni, prima fra tutte la libertà re-ligiosa, fino al punto che gli eredi (in tutti isensi) del padre gesuita Florido Giantulli (5)(uno dei più preparati e determinati avver-sari della massoneria) non disdegnano, co-me abbiam visto più volte nel caso di Massi-mo Introvigne, i contatti con la Setta (6), finoa difendere - come vedremo - la possibilitàdi un esoterismo cristiano. Tuttavia, si deveparlare di deviazione di Alleanza Cattolicadal suo spirito originale, come molti pensa-no, oppure di un ritorno alle origini (che infondo non erano mai state rinnegate)? Ilpresente articolo vuole rispondere, tra l’al-tro, a questa domanda.

Alle origini di Alleanza Cattolica: GiovanniCantoni e l’esoterismo

Giovanni Cantoni stesso ha scritto, perLo Stato di Marcello Veneziani, il seguentecurriculum della sua vita, che trascrivo finoal 1973: “Nasce a Piacenza nel 1938. Dal1950 al 1960 milita con qualche discontinuitànel Msi. Nel 1960 raccoglie - con altri - artico-li del gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio in unvolume dal titolo ‘La libertà tirannia’. ‘Saggisul liberalismo risorgimentale’ si impone co-me un manifesto contro la ‘rivoluzione italia-na’. Nel 1962 è cofondatore delle Edizionidell’Albero, con cui pubblica scritti di Tho-mas Molnar, Francisco Elìas de Tejada e Pli-nio Corrêa de Oliveira. Dal 1967 al 1969 curatesti di Jean Servier, Mircea Eliade e ‘La Cer-ca del Graal’. Nel 1973 fonda e dirige la rivi-sta ‘Cristianità’” (1). Con Cristianità, Alleanza

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Cattolica esce dalle ‘catacombe’ dove vivevada qualche anno: da allora, per conoscere ilpensiero del movimento, ormai ancorato aquello della T.F.P., basta consultare le vec-chie annate del mensile. Ma quali sono leorigini del movimento cattolico piacentino?

Già la breve autopresentazione cantonia-na ci svela - pur nelle sue significative reticen-ze - delle quali parlerò - un’unione di filoniapparentemente eterogenei: dopo la militan-za missina, che è una eredità paterna (7), sinota che, a un cattolicesimo anti-risorgimen-tale e contro-rivoluzionario [influenzato peròdal conservatore massone Burke (8) e dal tra-dizionalista massone De Maistre], si affiancala discussa personalità del Prof. de Oliveira(9), ed infine si trova l’indiscutibile presenzadell’esoterismo, rappresentata da autori co-me Servier o Eliade, e da temi come quellodel Graal. Cerchiamo di approfondire.

Sempre nella sua autobiografia, Cantonisi pone nel campo del “conservatorismo tra-dizionalista e controrivoluzionario...”. Ora,senza risalire ad Adamo ed Eva, l’attualetradizionalismo italiano, che formò anche ilgiovane Cantoni, sorse negli ambienti delnascente Movimento Sociale Italiano del-l’immediato dopoguerra. I giovani che nonsi limitavano alla nostalgia o al reducismo, eche non erano assorbiti dalla vita partitica, sirivolsero sostanzialmente a due maestri:René Guénon e, soprattutto, Julius Evola(10), il quale, ancora vivo e vegeto in queglianni, fu “maestro” non solo attraverso i suoilibri ma anche, spesso, attraverso la cono-scenza personale, “da bocca a orecchio”.I dirigenti di Alleanza Cattolica (Sanfratello, De Mattei,

Cantoni) in piazza S. Pietro con Giovanni Paolo II (foto Cristianità)

Dall’esperienza evoliana provengono quasitutti i futuri capofila del “tradizionalismocattolico”: Primo Siena e Silvio Vitale, Fau-sto Belfiori e Fausto Gianfranceschi, Rober-to De Mattei (discepolo di Zolla) e Riccar-do Pedrizzi, Piero Vassallo (ex Figlio del So-le) e Pino Tosca, Franco Cardini (allievo diMordini) e Maurizio Blondet, Carlo Fabri-zio Carli e Gabriele Fergola ecc. ecc.

Ma con Evola e Guénon ci troviamo inun tradizionalismo che - malgrado (?) le ra-dici maistriane - non può essere certo defini-to cattolico, ma piuttosto esoterico; anzi,sotto molti aspetti, anticattolico, se non mas-sonico (11). Chi fece, allora, da ponte tra iltradizionalismo esoterico acattolico ed il tra-dizionalismo (esoterico) cattolico? SergioSotgiu, in un articolo pubblicato sul Giorna-le del 21 maggio 1998, attribuisce ad AttilioMordini (12) e Silvano Panunzio (13) quel pro-cesso “di conversione al cattolicesimo di ele-menti di formazione tradizionale che aveva-no in precedenza mostrato poca o punta sim-patia per la religione cristiana”.

Non è certo questo il luogo per fare unastoria del tradizionalismo italiano (14). Perrestare nel nostro tema, quello cioè di Al-leanza Cattolica, basti accennare a quellache è più che una curiosità: la fondazione, il29 settembre 1956, festa di San Michele Ar-cangelo, dell’Alleanza Cattolica Tradiziona-lista (15). La scelta di San Michele è simboli-ca: “Castel Sant’Angelo [è] simbolo insonnedella ‘terza Roma dello Spirito Santo’ che sierge vigile tra la ‘Roma dei Cesari’ riassuntadal Colosseo, e la ‘Roma dei Papi’ simboleg-giata dalla vaticana Basilica di San Pietro”(Primo Siena) (16). La prima Alleanza Catto-lica fu promossa dalla rivista veronese Ca-rattere, fondata nel dicembre del 1954 daPrimo Siena, che il giovane Cantoni chiama-va “l’ultima voce [profetica] sulla crisi” delmondo moderno (17). “Il cattolicesimo di‘Carattere’ aveva i suoi punti di riferimentoin Papini, ispiratore di Adolfo Oxilia e dellarivista l’Ultima (18), in Attilio Mordini, in Do-menico Giuliotti e in Silvano Panunzio; eraun cattolicesimo che si disse, perciò, ‘ghibelli-no’ e, proprio in quanto tale, sempre prestòun’adeguata attenzione critica all’opera diJulius Evola...” (19). Su L’Ultima scrivevanoPanunzio e Mordini, e furono Panunzio (eMordini) gli “ostetrici” che fecero nascere auna seconda vita (quella della “via cavallere-sca di un cristianesimo aristocratico e ghibel-

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lino”) (11) Primo Siena e tanti altri... Maqual’era la “Tradizione” di Panunzio e diCarattere? Essa è “via sacra che conduce en-tro il cuore della Realtà ovvero del Tempio(iniziazione=in-ire)”. Una Tradizione “chenon sia anonima, non sia generica, non siaopinabile, non sia immaginaria, non sia volu-bile, non sia inesistente, ma porti chiaramenteimpresso uno dei nomi seguenti: Cristianesi-mo, Giudaismo, Islamismo, Buddismo, Con-fucianesimo, Taoismo, Parsismo”. “Tuttequeste famiglie possono, più o meno, ricon-dursi alla Tradizione originaria, o Tradizio-ne adamitica” (20). Il Cristianesimo è quindi“uno dei nomi” della Tradizione, seppur ilpiù perfetto, e di qual ‘Cristianesimo’ si trat-ti, si può immaginare... O meglio, ce lo spie-ga Mordini quando identifica ‘l’Uomo uni-versale’,“unica e valida misura di ogni gerar-chia”, cioè ‘l’Adam Qadmon’ della Cábala,con l’Homo Christus Jesus! (21).

È questo “tradizionalismo”, che possiamochiamare “esoterismo cristiano”, che formò ilgiovane Cantoni. Riprendiamo il filo dellasua autobiografia. Il primo lavoro (con CarloEmanuele Manfredi) fu la riedizione, sotto iltitolo La libertà tirannia, dei Saggi sul liberali-smo risorgimentale che Padre Taparellid’Azeglio aveva pubblicato sulla Civiltà Cat-tolica il secolo scorso. Nel clima del centena-rio dell’Unità d’Italia, infatti, alcuni giovanimissini tradizionalisti coglievano a ragionenel Risorgimento l’inizio di una perniciosa“Rivoluzione italiana” succeduta a quellafrancese. Nello stesso anno, Silvio Vitaleinaugurava a Napoli, sulla scia di Alianello,L’Alfiere (“pubblicazione napoletana tradi-zionalista”). Un inizio perfettamente cattoli-co e anti-liberale, quindi, quello di Cantoni eVitale. L’accento posto sui pensatori cattolicicontro-rivoluzionari del XVIII-XIX secoloconteneva però, in nuce, un pericolo: de Bo-

Un discepolo di Mordini:il prof. Franco Cardini

nald, de Maistre, Donoso Cortes, “i tre padrilaici della Chiesa di Roma” secondo i tradi-zionalisti (22), inoculavano tutti l’errore filoso-fico, condannato dalla Chiesa (23), del “tradi-zionalismo” e, tramite esso, una buona dosedi ‘esoterismo cristiano’. “Nel 1962 - scriveCantoni di se stesso - è cofondatore (24) delleEdizioni dell’Albero”, detto anche CentroEditoriale Torinese. Cantoni ricorda, ora, treautori resi noti in Italia da quelle edizioni:Molnar (25), de Tejada, Plinio Corrêa de Oli-veira (quest’ultimo diverrà il suo maître àpenser). La lista non è esaustiva, naturalmen-te (26). Il secondo libro fatto stampare da Can-toni per la Dell’Albero, infatti, fu Il Tempiodel Cristianesimo di Attilio Mordini (1963).Stupisce l’omissione che Cantoni fa del nomedi Mordini, che pure tanto peso ebbe nellasua formazione e nelle sue idee, anche attua-li. Eppure, quando il 26 e 27 maggio 1962 sitenne a Napoli il primo convegno tradiziona-lista (con la partecipazione dei guénonianidella neonata Rivista di Studi Tradizionali,versione italiana di Études traditionnelles), irelatori furono solo 4: Mordini, Vitale, Rutae, appunto, Cantoni (27). Il pensiero di Canto-ni su Mordini è espresso in due suoi articoli,pubblicati su L’Alfiere: Considerazioni sulTempio del Cristianesimo e Mordini, nel no-stro tempo, contro il nostro tempo (28). PerCantoni, Mordini fu “profeta della crisi (...)ma anche testimone, cioè martire, per il suosuperamento”; Il Tempio del Cristianesimo èuna “opera fondamentale”. Di questi articolidi Cantoni, scritti dopo il 1963-64 quando eglifece pubblicare la “Bibbia” di Alleanza Cat-tolica, Rivoluzione e Controrivoluzione per itipi della Dell’Albero (nonché l’ottimo Pro-blemi dell’apostolato moderno di Mons. deCastro Mayer, allora legatissimo alla TFP),scritti quindi da un Cantoni già cattolico-con-trorivoluzionario, vorrei sottolineare alcuniaspetti. Innanzitutto, il suo giudizio, strabi-liante, su René Guénon. Dopo aver citato,tra “i profeti della crisi del mondo moderno”anche Julius Evola, Cantoni aggiunge: “solouno, a nostro avviso, ha detto quanto anda-va detto ed era possibile dire: René Gué-non”. E, citando il futuro card. Danielou (29),scrive: “‘egli ha toccato i problemi più essen-ziali di oggi, quello della civiltà tecnica e dellaminaccia che essa comporta, quello dell’orga-nizzazione della società economica e politica’.La sua opera ‘si costruisce così completamen-te al di fuori della mentalità moderna, ne urta

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così violentemente le abitudini più inveterate,da rappresentare una specie di corpo estraneonel mondo intellettuale di oggi. Ma questa ap-punto è la saggezza di Guénon, d’essersi sapu-to completamente liberare da tutti i pregiudizidel giorno e di avere elaborato la sua operacon un inflessibile rigore’ (Danielou)”. Comenon definire allora “guénoniano”, il Cantoniche pure aveva già pubblicato Rivoluzione eControrivoluzione del de Oliveira? Lo stessolibro del Mordini, definito da Vitale “di largaispirazione evoliana” (30), riporta in bibliogra-fia, con de Oliveira, un solo libro di Evola eben quattro di Guénon (31). Evidente è poil’influenza di Panunzio su Mordini e su Can-toni, che, entrambi, si rifanno al panunziano“cattolico sveglio” (32). Abbiamo visto chePanunzio preconizza una “terza Roma delloSpirito santo” che succeda a quella dei Papi,un Cristianesimo giovannèo (mistico), la ve-nuta del Regno. Millenarismo? Certo. Loscrive pure Cantoni: attendendo “qualcheevento di portata più che individuale”, eglirinvia a Panunzio “per distinguere il millena-rismo materialistico da quello spiritualistico,l’attesa del regno da quella del Regno” (33).Esplicitamente millenarista è Mordini: “Co-me Renan, l’intero popolo ebraico rifiutò dicredere al Cristo perché lo vide nudo sullacroce e non vide l’intero universo mutare voltoper la presenza di Dio incarnato. L’ebreo Er-nesto Renan voleva un Cristo non tocco damorte, un Cristo passato da vita terrena allagloria; ebbene, l’Apocalisse ci parla appuntodi questa seconda venuta del Salvatore nellasua carne gloriosa per non più morire. Ce lodescrive a cavallo, regnante con verga di ferrosul mondo; e sulla coscia sta scritto ‘rex regumet Dominus Dominantium’. Allora, anche ilpopolo ebraico, finalmente pago nel suomessianismo, si convertirà a Lui. Ecco dun-que nell’Apocalisse di Giovanni, come del re-sto in tutta la Rivelazione Cristiana, il messia-nismo giudaico da un lato e il grande ritornocosmico della Tradizione ariana dall’altro, siincontrano in un unico adempimento per ilmistero dell’Incarnazione e per la manifesta-zione gloriosa del millennio di regno che pre-cederà la fine del mondo” (34). Dopo aver ri-gettato l’interpretazione agostiniana del mil-lennio (identificato con “l’era cristiana attua-le”) (35), appoggiandosi abusivamente sulMontfort (36), Mordini scrive ancora ne IlTempio del Cristianesimo: “è chiaro che l’An-ticristo, secondo l’Apocalisse, regnerà prima

della venuta di Gesù a cavallo delle nubi cheaprirà il millennio. Alla vigilia della fine delmondo, prima della chiusura dei mille anni,l’anticristo verrà ancora disciolto per brevissi-mo tempo; non per regnare, ma solo per tenta-re l’ultimo attacco al Regno di Cristo. (...)Concludendo, perciò, è evidentissimo che, se-condo san Luigi de Montfort, la fine del mon-do che egli dice molto vicina e preannunciatadall’illuminismo (...) sta ad indicare la fine diquesto mondo, di questo ciclo storico iniziato-si con l’Incarnazione e che ha da chiudersiprima del regno dell’Anticristo. Dopodiché siaprirà il Millennio; indi l’ultimo attaccodell’Anticristo e la definitiva fine del mondocon il trionfo della Gerusalemme Celeste(...)”. Questo “Millennio”, per Mordini, nonpuò coincidere con l’èra attuale del Cristiane-simo (quella della Chiesa) giacché “il Cristodell’èra attuale non si è ancora manifestato co-me Imperatore (tale è il significato del termineebraico di Messia) e come gli Ebrei lo atten-devano e lo vedranno, nella seconda venuta,ad operare anche la conversione di Israele!”(37). Mi sono dilungato con questa citazionemordiniana poiché chi conosce le tesi di Pli-

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nio Corrêa de Oliveira sul prossimo Regnodello Spirito Santo e Regno di Maria non puònon vedervi una impressionante similitudine(38). Ora, secondo Mordini, tale regno noncoincide con l’èra della Chiesa e dell’attualeCristo e Cristianesimo, inaugurata con l’In-carnazione e la Sua prima venuta, ma con unRegno del Messia tale quale i Giudei lo at-tendevano! Ed ecco scoperta l’occulta codagiudaica (39) di ogni millenarismo!

Sempre su Il Tempio del Cristianesimo,Mordini affronta il tema della massoneria.Come Guénon ed Evola, egli rifiuta la masso-neria “deviata” dalla sua originaria fonte pri-mitiva, che era ‘tradizionale’. Il cap. V de IlTempio del cristianesimo (La tradizionedell’arte e il precipitare del progresso), se rap-presenta una critica serrata alla massoneriamoderna (in quanto moderna) (40) è anche unvero inno alla massoneria tradizionale e, po-trebbe dirsi, una carta fondamentale per una“massoneria cattolica” al seguito “dell’ultimogrande massone cattolico, il conte Giuseppede Maistre” (p. 142) e del “vero ed autenticoMaestro d’arte” Gesù Cristo (p. 134). Lo stes-so concetto si ritrova in Panunzio, come nonmanca di sottolineare compiaciuta la NuovaEnciclopedia Massonica (41). Per concluderequesta breve e forzatamente incompleta ras-segna del pensiero mordiniano, segnalo la suaambigua posizione sulla gnosi (42) rimandan-do il lettore alla fonte.

Riprendendo il filo dell’autobiografia can-toniana, ci accorgiamo che l’ispirazione esote-rica invece di scomparire si fa più evidente.“Dal 1967 al 1969 - continua infatti Cantoni -cura testi di Jean Servier, Mircea Eliade e LaCerca del Graal”. Esaurita infatti l’esperienzadelle edizioni Dell’Albero, Cantoni espletòun’importante influenza culturale tramite leedizioni Borla. Borla apparteneva a un editoreprogressista (Gribaudi) e pubblicava gli autoridi quella tendenza (ad esempio Maritain,Guitton, de Lubac, Chenu, Von Balthasar,Küng, Casel, Zarri...). Quale il contatto coi no-stri “tradizionalisti”? Anche le edizioni Borla,come le edizioni dell’Albero, avevano sede aTorino, ed in entrambe occupava un posto diresponsabilità Alfredo Cattabiani, futuro col-laboratore della Rivista Massonica e compa-gno di viaggio, ancora per lungo tempo, diCantoni. Altri due torinesi dirigevano la colla-na Documenti di cultura moderna, AugustoDel Noce (43) ed Elémire Zolla (44), un nome,quest’ultimo, che è tutto un programma. Non

Un tema esoterico per eccellenza: il Graal

stupiamoci allora di constatare la presenza, nelcatalogo Borla, di un autore come TitusBurckhardt, uno dei principali discepoli diGuénon (anch’egli fattosi musulmano).Burckhardt scriveva già su Kairos, la rivistadei Benedettini di Salisburgo sostenuti dalcard. Koenig, assieme a Matthias Vereno,Mircea Eliade, don Raymund Pannikar,Frithjof Schuon, Silvano Panunzio e... l’im-mancabile Attilio Mordini, il quale, all’estero,collaborava anche a Antaios, “la celebre rivistadiretta da Mircea Eliade e Ernst Jüger” (45).Tout se tient, l’ambiente è quello! E all’am-biente Cantoni diede un valido contributo cu-rando almeno quattro libri, uno dei quali è sta-to dimenticato per strada, forse perché piùcompromettente. Faccio allusione a un altrodiscepolo di Guénon, Frithjof Schuon (46), au-tore del famoso“L’unità trascendente delle reli-gioni”. Di Schuon, Cantoni traduce e cural’edizione per Borla di L’uomo e la certezza(1967). Più ‘rispettabili’ in quanto etnologi, so-ciologi o storici delle religioni, e per questoforse ricordati da Cantoni, Mircea Eliade(1906-1986), grande amico del capofila moder-nista Buonaiuti (47) e Jean Servier. Del primocura Mito e realtà (1966) e Il Mito dell’eternoritorno (1968), del secondo, con Agostino San-fratello, traduce e pubblica L’uomo e l’Invisi-bile (1967), poi riedito sempre a loro cura daRusconi nel 1973, quando il grande editoremilanese darà spazio ai soliti Cattabiani e Zol-la. Nella sua prefazione a Mito e realtà, Canto-ni valuta positivamente l’opera degli studiosidella storia delle religioni e della fenomenolo-gia del sacro, per aver combattuto i pregiudizineo-illuministi sul sacro: essi “hanno inaugura-to una valutazione della vita religiosa e del mitoche, in netto contrasto con l’età precedente, èorientata verso il riconoscimento di profondemotivazioni esistenziali del ‘sacro’, del ‘mitico’,

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del ‘simbolico’”. Contro il razionalismo el’ateismo sarebbe necessaria, secondo Canto-ni, una “apologetica prima” sul sacro e sullareligione in genere, al seguito di Eliade appun-to, di Jung o di Kerényi, per poi passare all’ap-plicazione cristiana di questa difesa del sacro,come hanno fatto Odo Casel, Matthias Vere-no, Divo Barsotti e, soprattutto, Attilio Mor-dini, la cui opera “dal mito al materialismo” èla “vera conseguenza cristiana, secondo il me-todo indicato, di questo ‘Mito e realtà’” di Elia-de (pp. 16-19). Stessi accenti leggiamo perònella penna del libero muratore Michele Mo-ramarco, nei capitoli della sua Nuova Enciclo-pedia Massonica dedicati a La Massoneria e lostudio del sacro e La Massoneria e il sacro.“Che singoli Liberi Muratori siano stati tra iprimi e più entusiasti artefici della storia dellereligioni e della fenomenologia del sacro, è da-to indisputabile. Incontriamo nei piedilista diLoggia, infatti, pionieri di queste discipline(pensiamo per l’Italia, all’islamista Amari o alsinologo Castellani, o per il Belgio E. Gobletd’Alviella), e la circostanza stupisce ben pocose si tiene conto del fatto che la Massoneria, at-teggiandosi a depositaria di una Tradizioneuniversale, non poteva non attrarre i cultori delsacro; simmetricamente, la cultura massonica èstata attratta dalle (e attenta alle) acquisizionidelle discipline in questione...”. Moramarco se-gnala tre esempi di questo dato di fatto: ilGruppo di Eranos, Guénon e la scuola guéno-niana (particolarmente... Schuon!), e l’Univer-sità san Giovanni di Gerusalemme. “Al grup-po di Eranos hanno appartenuto alcuni tra ipiù noti storici delle religioni e fenomenologidel sacro; tra costoro ricordiamo: Mircea Elia-de, Carl Gustav Jung, Karoly Kerényi, HenriCorbin, Gilbert Durand ecc.; già questo som-mario ma oltremodo rappresentativo elenco cioffre elementi significativi per la comprensionedell’intimo rapporto esistente tra la comunitàscientifica in parola e le istanze liberomurato-rie”. Massoni, infatti, erano Kerényi (1897-1973), Corbin (1903-1978), Durand, Dumézil(1898-1986), di famiglia massonica Jung (cheperò critica la Massoneria per la sua decaden-za moderna) (48). Quanto a Eliade (1906-1986),se non fu massone, scrisse della Massoneria:“l’unico movimento segreto che mostri una cer-ta consistenza ideologica, che abbia già unastoria, che goda di prestigio sociale e politico, èla Libera Muratoria”. Ma c’è di più: “Nel 1979Eliade pronunciò per la Loggia francese di ri-cerca [guénoniana] Villard de Honnecourt (...)

Schuon, Burckhardt e Cuttat a Basilea negli anni 30’

un’orazione a soggetto iniziatico; in occasionedella sua morte F. Tristan scrisse un necrologionon di circostanza sui Travaux, l’organo/attidella Loggia, in cui definiva l’Eliade ‘un uomoessenziale’” (per Cantoni le opere di Eliadesono solo ‘di importanza unica’) (49). E da Elia-de passiamo a Servier: “Nel 1970 H. Corbin(50) (...) fondò l’Université Saint-Jean de Jérusa-lem (...). Essa seguì in larga misura il modellodei colloqui di Eranos e come quelli fu patroci-nata in larga misura da Liberi Muratori o dastudiosi comunque orbitanti intorno a circolimassonici (Antoine Faivre, lo studioso cattolicodel cristianesimo esoterico, membro della Log-gia Quatuor Coronati di Bayeruth, Gilbert Du-rand, Jean Servier, Ernst Benz (51) ecc.”. Il pro-gramma fu “steso dal fratello Corbin (e propo-sto da M. Eliade...)”, ed includeva esplicita-mente l’esoterismo e la “cavalleria spirituale”(52). Cantoni e Sanfratello, quindi, ancora nel1973 con la riedizione a cura dell’editore Ru-sconi, propinavano agli ingenui militanti di Al-leanza Cattolica la lettura di un autore, comeServier, libero muratore o comunque orbitan-te attorno a circoli massonici...

Cantoni rivendica infine l’edizione de LaCerca del Graal, che curò nal 1969, sempreper le edizioni Borla, assieme ad Anna Cat-tabiani (a quei tempi Alleanza Cattolica esi-steva già certamente). Non c’è neppure bi-sogno di dimostrare che quello del “Graal”è un argomento esoterico per eccellenza; mase ci fosse il dubbio che Cantoni si sia occu-pato, in questa occasione, di letteratura me-dioevale e non di esoterismo, basta leggerequanto il Cantoni stesso scrive. Dove indi-rizza infatti i suoi lettori “desiderosi di ap-profondire il tema del Graal”? “Sullo stessotema, generalmente considerato, - soggiunge- danno suggestive aperture: J. Evola, ‘Il mi-stero del Graal e l’idea imperiale ghibellina’...che ne accentua la componente nordico-cel-tica; Pierre Ponsoye, ‘L’Islam et le Graal’,...particolarmente dedicato alle ‘consonanze’islamiche; e, tra gli altri, gli studi di RenéGuénon, ‘Le Sacré-Coeur et la legende duSaint Graal’ e ‘Le Saint Graal’ raccolti nelvolume ‘Symboles fondamentaux de la scien-ce sacrée’...” (p. 14). Nella sua presentazio-ne, Cantoni propone il mito del Graal comecomune a varie religioni: “il tema del SantoGraal percorre un lungo tratto della storiaculturale dell’Occidente - dalla coppa profeti-ca dei Celti [pagani] all’opera di Wagner,passando attraverso la letteratura volgare

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medioevale; né mancano sorprendenti analo-gie presso altre aree religiose e culturali, checonoscono motivi similari relativi a realtà di-vine presenti sulla terra, alla cui ricerca l’uo-mo si dedica e dalla cui scoperta esce letteral-mente trasformato” (p. 5). La cerca delGraal è quindi un percorso iniziatico, cheCantoni legge alla luce del massone Dumé-zil, dell’indù guénoniano Coomaraswamy(p. 7) e di Mircea Eliade (p. 9). Cantoni citaanche (p. 9) il monaco certosino Pollien (53),che sarebbe stato stupito vedersi paragona-re, assieme ai cistercensi, e ai “monaci del-l’antico monachesimo celtico”, agli “antichidruidi” (p. 13). Schuon è suo maestro, quan-do Cantoni scrive (p. 11): “molti assistonoalla celebrazione del mistero tremendo, lanotte del sabato santo, sacra alla iniziazionecattolica: molti vedono con gli occhi dellacarne; pochi eletti, dietro i veli, con l’occhiodel cuore”. “La Cerca del Graal - scrive an-cora il ‘ghibellino’ Cantoni - è un evangeliumapocriphum ad usum militis” (p. 6),“è il mitodella positiva santificazione del laicato, il mi-to imperiale” (p. 12) in quanto l’imperatoreè “il cavaliere perfetto” (p. 11) (54). Da quan-do il ‘cattolico’ cavaliere de Ramsey intro-dusse il mito templare (55) nella Massoneria,nessuno ignora la mania “cavalleresca” co-mune ai liberi muratori e ai tradizionalisti,giustamente combattuta e persino ridicoliz-zata su Adveniat Regnum (56) da BarbielliniAmidei. “Cavalieri erranti” della Tavola ro-tonda (della “cavalleria celeste” simboleggia-ta da Parsifal e Galaad) si definivano quellidell’A.T.M.A. (Alleanza trascendente - o tra-dizionale - Michele Arcangelo) riuniti attor-no a Siena, Panunzio e Mordini, il quale,“fedele alla sua vocazione cavalleresca” as-sunse in essa “la dignità di Priore” (57); e damonaci-cavalieri alla Templare sono trave-stiti i brasiliani della TFP... Tuttò ciò, l’ab-biamo visto, non a caso...

L’occultamento dell’“occultismo”

Mentre Giovanni Cantoni si divagava colmito del Graal, il Foedus catholicum (Al-leanza cattolica), come abbiamo visto, eragià nato. Era però privo di rivista e di casaeditrice. Ancora nel 1970, l’opera di PlinioCorrêa de Oliveira Trasbordo ideologicoinevvertito e dialogo (ed. brasiliana del 1965),venne tradotta e pubblicata da Vitale e Can-toni presso le edizioni dell’Alfiere. Dal 1971

(Manifesto di Monteombraro) Alleanza Cat-tolica influenza il Fronte Monarchico Giova-nile, la cui rivista Monarchia (1972-1974)sarà la palestra dei futuri militanti di Cantoni(incluso Introvigne). Ma ben presto AlleanzaCattolica esce allo scoperto e si dota di un bi-mestrale (1973) (che diverrà mensile) e diuna casa editrice (1972) entrambi denomina-ti Cristianità. Il lettore di quei primi numeridella rivista piacentina, al corrente dei tra-scorsi di Cantoni, non può non essere stupitodalla scomparsa totale di ogni accennoall’esoterismo cattolico e a personaggi comeMordini. Cristianità, diretta da Cantoni e DeMattei, si presenta piuttosto come un’eredefedele dell’Azione Cattolica, e pubblica so-prattutto comunicati anti-comunisti e anti-di-vorzisti dell’episcopato italiano, nonché tuttoil pubblicabile dell’associazione cattolicabrasiliana TFP, per giungere, poco più tardi,ad appoggiare non solo il “tradizionalismocattolico” di Mons. Lefebvre (58), ma anche,timidamente, l’integrismo cattolico del prin-cipio del secolo. Non mancano poi, proprio acura di Massimo Introvigne, ottimi articolicontro la “nouvelle droite” e il neopaganesi-

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mo, nonché una serie di scritti di De Matteicontro l’alta finanza.

Lo storico si pone quindi - ineluttabil-mente - una domanda: si tratta di una feliceconversione, punto d’approdo di una positi-va evoluzione, o di un abile mascheramento?Lo scrivente non può certo scrutare i reni e icuori... Mi dovrò attenere ad alcuni fatti og-gettivi. Apparentemente, dunque, ogni trac-cia del passato è eliminata. Restano sola-mente i “padri laici della controrivoluzione”e del tradizionalismo; la “selezione libraria diAlleanza Cattolica” consiglia ai militanti Leserate di Pietroburgo e il Saggio sul principiogeneratore delle costituzioni politiche e dellealtre istituzioni umane di Joseph de Maistre,nonché il Saggio sul cattolicesimo, il liberali-smo e il socialismo di Juan Donoso Cortés(59). Ma nel caso di de Maistre e DonosoCortés, lodati e raccomandati da generazionidi autori cattolici, è facile non (far) vederegli aspetti eterodossi del pensiero... Autorimeno facilmente difendibili non appaiononella “selezione libraria”... Ma non per que-sto sono rinnegati: Maestrelli, come abbiamovisto, cura l’edizione di un libro di Mordininel 1977 e Cantoni e Sanfratello la riedizionedi Servier, presso Rusconi, nel 1973. Quindi,l’omissione di una chiara e precisa abiuradelle precedenti posizioni - omissione già diper sé grave e significativa - non è dovuta auna ‘dimenticanza’, giacché queste posizioni,questi autori, vengono riproposti extramuros, fuori da Cristianità, in maniera moltopiù discreta ma ancora convinta.

Pretendere di conoscere Alleanza Catto-lica dalle vecchie annate di Cristianità èquindi un po’ come credere di conoscere laT.F.P. da quelle di Catolicismo. Mons. An-tonio de Castro Mayer, allora vescovo dio-cesano di Campos, collaborò per più di 30anni con Plinio Corrêa di Oliveira prima diaccorgersi che dietro la T.F.P. si nasconde-vano società, dottrine e pratiche segrete! (60).Sorge un’altra domanda: ne erano al corren-te, invece, dirigenti di Alleanza Cattolica, ese sì, fino a che punto? (61).

Il ritorno (?) alle origini.

Come un fiume carsico, l’esoterismo cri-stiano della preistoria di Alleanza Cattolicariemerge dall’ombra e scorre, ormai alla lucedel sole, sotto il felice regno del ‘Pontefice’tradizionalista per eccellenza, Giovanni Pao-

La prima edizione italiana (1964) di R.C.R.curata da G. Cantoni

lo II (62). Dal 1993 ad oggi sono apparsi su So-dalitium una serie di miei articoli, ai quali ri-mando, sui contatti di Massimo Introvignecol mondo dell’esoterismo. Apparentemente,tali contatti si svolgono per motivi pretta-mente scientifici nel quadro dell’attività delCESNUR. Introvigne, lo abbiamo visto, sipresenta come un ‘sociologo’, un distaccatostudioso dei ‘nuovi movimenti religiosi’(NMR, ex sette). Se, all’inizio di questi suoistudi, la posizione di Introvigne verso questimovimenti era critica, in seguito essa è dive-nuta, per principio metodologico, “asettica elaica” (63). L’aconfessionalità è infatti un prin-cipio del CESNUR (64), che pure, come ho di-mostrato in un precedente articolo (65), è con-siderato da Alleanza Cattolica come una suacreatura. Lo studio ‘asettico’ dei NMR nonimpedisce però a Introvigne ed ai suoi colla-boratori di rinunciare alla loro olimpica indif-ferenza quando si tratta di difendere la li-bertà religiosa dei suddetti (cf Introvigne eCantoni, Libertà religiosa, ‘sette’ e ‘diritto dipersecuzione’, ed. Cristianità, Piacenza, 1996),additati come ‘sette’ dai diversi governi, finoa sostenere iniziative di legge ancora più libe-rali di quelle esistenti in Italia (66). Chi cono-sce le passate posizioni di Alleanza Cattolica,nettamente contrarie al diritto alla libertà re-ligiosa, si chiede quale sia il motivo di uncambiamento così radicale, che va persino ol-tre, nel suo zelo, a quanto strettamente ri-chiesto dal Vaticano II (al quale AlleanzaCattolica ha aderito senza riserve a partiredal 1981). Alcuni (67) hanno sostenuto che lasvolta risalga al 1984-5, quando la TFP fu at-taccata come una ‘setta’ dal governo vene-zuelano e dall’episcopato brasiliano; la difesadella TFP dai movimenti ‘anti-sette’ avrebbeportato Alleanza Cattolica alla necessità didifendere tutte le ‘sette’. Senza negare l’in-fluenza di questi fattori (adesione al Concilionel 1981, difendersi dall’accusa di essere unasetta dal 1984) ritengo che la strenua difesadella ‘libertà religiosa’ dei NMR sia una logi-ca conseguenza del retroterra culturale esote-rico di Giovanni Cantoni, al quale Alleanza

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cattolica è ritornata. Nell’ambito di questo ‘ri-torno’, si sono sviluppati tutti i contatti con laMassoneria e gli esoteristi che ho denunciatoe che ancora denuncerò (68).

A parte i contatti episodici con questo oquel personaggio del mondo dell’occultismo,bisogna infatti nuovamente sottolineare lacollaborazione abituale (69) ed amichevole diIntrovigne e dei suoi col massone e martini-sta Robert Amadou (del quale alla nota 6) econ Antoine Faivre, membro del CESNUR-France. Nella vita profana, Antoine Faivre èDirettore degli Sudi alla prestigiosa ÈcolePratique des Hautes Ètudes, Section desSciences Religieuse della Sorbona, ove è an-che titolare della cattedra di “Storia dellecorrenti esoteriche e mistiche nell’Europacontemporanea”; nessun dubbio sulla suacompetenza scientifica, della quale don Ni-toglia si è anche valso su Sodalitium per di-mostrare l’esoterismo di J. de Maistre. Maecco come Introvigne in persona presentaAntoine Faivre: “ non è casuale né parados-sale che il maggiore storico vivente dell’esote-rismo occidentale sia un cattolico come An-toine Faivre” (70). Ora, “tra tanti esoteristi chehanno incontrato in qualche modo il cristia-nesimo, l’autore [Faivre] non nasconde le suepreferenze per l’opera di Valentin Tomberg,l’esoterista estone nato a San Pietroburgo emorto in Inghilterra che dopo essere stato undirigente della Società Antroposofica si con-vertì, all’indomani della seconda guerramondiale, al cattolicesimo. (...) Faivre vede inTomberg il punto più alto di un possibile dia-logo fra esoterismo e cattolicesimo...”. Dun-que, Faivre è cattolico, e anche Tomberg ècattolico. Come lo è “un altro ammiratorecattolico di Tomberg, il teologo svizzero(creato cardinale da Giovanni Paolo II qual-che giorno prima della morte) Hans Urs vonBalthasar, prefatore dell’edizione francese(ancora anonima) dell’opera maggiore diTomberg (Méditations sur les 22 arcanesmajeurs du Tarot, Aubier Montaigne, Paris,1980)” (p. 10). Dunque, Faivre è cattolico(lo dice il cattolico Introvigne), Faivre hadiffuso Tomberg che è cattolico (lo ammiravon Balthasar), e Balthasar è insospettabile(lo ha fatto cardinale Giovanni Paolo II).Certo, Faivre e Balthasar, buoni cattolici,hanno qualche riserva su Tomberg, e Intro-vigne non è d’accordo con tutto quanto scri-ve Faivre... Al punto che per Introvigne(non per il cattolico Faivre) “la questione

Il Logo del Cesnur

stessa di un genuino ‘esoterismo cristiano’ re-sta per me insieme aperta e ambigua” (p. 10).Così il nostro Introvigne getta la pietra e na-sconde la mano: una questione da semprechiusa e chiara (l’esoterismo è nemico nu-mero uno del cristianesimo) diventa aperta eambigua. Ambigua almeno quanto il “catto-lico” Faivre, col quale Introvigne ha avuto,“negli ultimi anni”, “un fecondo scambio didiscussioni e di idee”. Perché Introvigne nonpuò ignorare che colui che nella vita profanaè un ‘cattolico’ professore della Sorbonanonché dirigente del CESNUR, nella vitainiziatica è un noto fratello massone: mem-bro della loggia dei Quattro Coronati diBayerhut (vedi sopra), membro della masso-nica Università San Giovanni di Gerusalem-me, membro della Loggia francese di ricercaVillard de Honnecourt (71), una loggia... gué-noniana! (72). Ammiri il nostro lettore lacommedia del duo Faivre-Introvigne! Comeil massone Faivre, travestito da cattolico,faccia delle riserve sugli “aspetti inaccettabi-li, certamente legati alle sue esperienze esote-riche precedenti, ancora evidenti negli scrittidi Tomberg successivi alla conversione”!Una bella pagliacciata davvero, questa di unmassone guénoniano che ti raccomandaTomberg (1901-1973) con riserva del suoesoterismo ancora non del tutto cattolico!Ed una bella pagliacciata quella di Introvi-gne, che chiama cattolico il suo degno amico(e sodale nel CESNUR) massone guénonia-no! Ma a chi la date a bere?

Prendendo le mosse da questa prefazio-ne di Introvigne (p. 39), il suo vice, Pier Lui-gi Zoccatelli (73), abborda con maestrìa ilproblema dell’esoterismo cristiano nel suosaggio introduttivo (con Stefano Salzani) alBestiario di Cristo di Louis Charbonneau-Lassay (74). È possibile, è lecito, è auspicabi-le un ‘esoterismo cristiano’? Al lettore rife-risco innanzitutto la strabiliante conclusio-ne: “per diventare cristiani bisogna talvoltaessere almeno buoni pagani” (p. 46) (75), an-zi, “l’esoterismo cristiano, visto alla luce delladottrina cattolica, ‘viene a coincidere, (...) indefinitiva con la santità’” (p. 45, citazione diMons. Casale, sponsor del CESNUR).

A questa conclusione, Salzani e Zocca-telli giungono dopo mille ‘esitazioni’, secon-do il metodo dei due passi avanti e un passoindietro. Il primo passo per condurre il let-tore cattolico all’esoterismo massonico èl’esaltazione di Louis Charbonneau (che,

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probabilmente per manie nobiliari, si facevachiamare anche “Lassay”). Cattolico, mo-narchico, persino ex seminarista, collabora-tore di Regnabit, Revue universelle du Sacré-Coeur del Padre Anizan... Come dubitare dilui? Eppure Charbonneau fu intimo amicodi René Guénon, gli aprì le porte di Regna-bit nel 1925 e, quando le manovre “di alcuneriviste anti-sette” (76) fecero escludere Gué-non da Regnabit, Charbonneu fondò con lui,Padre Anizan ed altri, la Société du Rayon-nement Intellectuel du Sacré-Coeur e la rivi-sta Le Rayonnement Intellectuel. Neppure losvelamento dell’apostasia di Guénon, ritira-tosi al Cairo, ruppe la collaborazione tra idue. Charbonneau, dunque eterodosso?Tutto è possibile, risponde Zoccatelli, ma“allo stato degli atti, Louis Charbonneau-Lassay dev’essere considerato un cattolicopienamente ortodosso tanto nella sua vitapubblica quanto in quella privata” (p. 26).Poiché Charbonneau era cattolico perfetta-mente ortodosso, come oggi lo è AntoineFaivre, il lettore prenderà per buona anchel’affermazione dello stesso Charbonneausulla “più stretta ortodossia” di un gruppoermetico medioevale “assolutamente segre-to” i cui membri sono “totalmente inavvici-nabili”, l’Estoile Internelle (p. 30) e la Frater-nité des Chevaliers du Divin Paraclet (p. 32).Charbonneau avrebbe ricevuto l’iniziazionedall’ultimo gran maestro (il Maggiore), il ca-nonico Théophile Barbot, ne avrebbe poi

Louis Charbonneau nel suo laboratorio

assunto il comando, per avere infine comesuccessore l’amico ‘Tamos’ o ‘Argos’ (Geor-ges Thomas, guénoniano ‘cristiano’). Natu-ralmente, la confraternita iniziatica delCharbonneau si rifaceva al Graal (pp. 33-34). Se poi si aggiunge che pare si praticassein questa confraternita l’“alchimia spiritua-le”, ovvero “l’uso delle energie sessualidell’uomo e della donna a fini magici” (p.35) c’è da chiedersi come Charbonneau pos-sa considerare questo gruppo, di cui era ilcapo, “assolutamente cattolico ortodosso” (p.30). Zoccatelli risponde che, visto che igruppi esoterici sono segreti e pertanto pocosi conosce di essi, dobbiamo fidarci, in fon-do, del cattolico Charbonneau, il quale “mo-stra la sua passione per l’ortodossia cattolica,che non può essere messa in dubbio sulla ba-se di semplici voci o congetture” (p. 36). Ap-purato (!!) quindi che Charbonneau era cri-stiano, pur essendo un esoterista, vienespontaneo chiedersi se sia possibile un ‘eso-terismo cristiano’ (cap. V: per una discussio-ne su ‘esoterismo’ e ‘gnosi’ cristiana). Laquestione, lo abbiamo visto, è “aperta e am-bigua”, ma Zoccatelli la abborda alla lucedella Scrittura, della Tradizione e del Magi-stero: come essere più cattolici di così? Edecco che Zoccatelli ci parla della “tradizioneesoterica dei rabbini” per l’Antico Testa-mento (pp. 40-42), dell’esoterismo nel Nuo-vo Testamento (alla luce di Eliade, Davy,Danielou, Jeremias, del gruppo di Eranos)(pp. 42-44), esoterismo indiscutibile che sa-rebbe stato abbandonato dalla Chiesa soloper gli abusi che ne fecero alcuni autori gno-stici. Eccoci dunque al “Magistero” (natu-ralmente strettamente post-conciliare) diMons. Ratzinger e Mons. Casale (p. 45): essiconcordano con Eliade e Cantoni: per l’uo-mo moderno, come commenta Introvigne,“una fede del puro logos, una fede che elimi-na completamente il mythos, sostanzialmentenon interessa più gli uomini” (p. 46). Quindi,“l’opera straordinariamente attuale di Char-bonneau-Lassay”, state tranquilli, è “un me-raviglioso alimento per la vita spirituale” (p.47). Come non credere a tante autorità, allaScrittura, alla Tradizione, al Magistero?

Senonché, stavo sfogliando distrattamen-te la Nuova Enciclopedia Massonica quandomi sono imbattuto (vol. III, pp. 199-201) inun testo che ha subito attirato la mia atten-zione: quello della conferenza su Iniziazionee mondo moderno tenuta da Mircea Eliade

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“durante la Tornata del 29 settembre 1979 del-la R.L. di ricerca Villard de Honnecourt n. 81(Gran Loggia Nazionale di Francia) e pubbli-cata nei Travaux de Villard de Honnecourt n.1, seconda serie”. Sono rimasto folgorato: glistessi argomenti di Scrittura e di Tradizioneavanzati da Zoccatelli per dimostrare l’esi-stenza dell’esoterismo nell’Antico e nel Nuo-vo Testamento, esoterismo che sarebbe statoabbandonato solo in seguito alle “stravagantipretese di certi autori gnostici (lo sottolineo:‘certi’ autori gnostici)” (Eliade), ebbene, que-sti argomenti li ho ritrovati pari pari nelle pa-role che Eliade rivolse, or sono vent’anni, aifratelli massoni guénoniani della Loggia Vil-lard de Honnecourt, la Loggia di AntoineFaivre! Chi non ci crede, legga i due testi(Zoccatelli ed Eliade) e li metta a confronto;la mia impressione non teme smentita.

Conclusione nella quale Padre Torquemadalancia un appello a tutti gli (ex) tradizionalisti

Cari amici redattori di Sodalitium, nonavete certo dimenticato gli anni generosi del-la vostra adolescenza, quando, militanti con-vinti di Alleanza Cattolica, con lo scudo fre-giato dal “Cuore crociato e dall’Aquila impe-riale” sul petto, cantavate: Costruiremo anco-ra cattedrali (77). Ahimè! Dopo quanto hoscritto, l’aquila imperiale si dimostra ghibelli-na, il cuore crociato è la coppa del Graal can-tata da Charbonneau e da Guénon (78), e lecattedrali sembra si debbano costruire conuna squadra e una cazzuola che Villard deHonnecourt, architetto del XIII secolo, nonavrebbe probabilmente immaginato...

Quanti altri, come voi, furono ingannati?Quanti hanno visto in Alleanza Cattolica oin gruppi similari solo una solida formazionespirituale (gli esercizi spirituali, il S. Rosario,la S. Messa...) e intellettuale, sulla scorta delmagistero della Chiesa, per il Regno socialedi Gesù Cristo?

Nel corso del mio articolo mi sono chie-sto più volte se il cattolicesimo - per giuntatradizionale - fieramente professato dai pro-tagonisti della nostra storia fosse sincero ono. Non è mio compito rispondere a questadomanda. Certamente, esistono le “infiltra-zioni nemiche nella Chiesa”: alcuni hannocercato e cercano ancora di diffondere tra dinoi il veleno massonico. Altri invece, nell’at-tuale confusione, hanno avidamente cercatola verità, partendo forse da posizioni errate,

per avvicinarsi alla fede cattolica integral-mente professata. In alcuni questo percorsoè giunto fino al suo termine, in altri è statoparziale, in altri ancora si è “tornati al vomi-to”. In ogni conversione, quindi anche nelleconversioni ‘intellettuali’, è necessario se-guire il precetto che il vescovo di Reims S.Remigio diede, nel solenne momento delbattesimo, al Re Clodoveo: di bruciare, cioè,quanto fino allora aveva adorato, e di adora-re quanto aveva bruciato. Ancor oggi, èquesto il criterio per distinguere le vere dal-le false conversioni, o dalle conversioni ametà, tanto dannose per la Chiesa.

APPENDICE.

I. Giudizio di Introvigne sul Pentecosta-lismo (da confrontare con Verso la ‘tribaliz-zazione’ della Chiesa? Il pentecostalismo“cattolico” di P. Costa, in Cristianità, n. 25,maggio 1977, pp. 3-7. Il Pentecostalismo sa-rebbe demoniaco...).

Intervista a Introvigne: egli “vede la rina-scita” “nel ‘Rinnovamento carismatico’ chein Italia si definisce ‘Rinnovamento delloSpirito’. Anche se non piace a tutti, è statopienamente accolto dalla Chiesa”. Ne sonocaratteristiche “una preghiera molto caloro-sa, il ricorso al canto e alla danza, con unaattenzione ai fenomeni miracolosi. Nel mon-do annovera 60 milioni di seguaci tra i catto-

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lici e 400 milioni tra i protestanti” (La Stam-pa, 10/9/98, p. 15).

II. I pericoli dell’antisemitismo.Testo della Conferenza Stampa del CE-

SNUR tenuta a Washington presso il Natio-nal Press Club, il 1 dicembre 1997, tradottoda Respinti e pubblicato da Percorsi (n. 4,marzo 1998, pp. 38-45).

Introvigne denuncia la “persecuzione cheavanza” nell’Europa Occidentale contro le“minoranze religiose”. Es.: “le misure estre-me invocate in Germania contro la Chiesa diScientology”, i rapporti parlamentari sullesette pubblicati in Belgio e in Francia, equello del Cantone di Ginevra.

Difende The Family (gli ex Bambini diDio) lodando il giudice spagnolo AdolfoFernando Oubina, il quale “nella sentenzadel 22 maggio 1992 si è spinto tanto in là daparagonare le azioni contro The Familyall’‘Inquisizione’ e ai ‘campi di concentra-mento’” (p. 40). Quanto al rapporto belga,“gli studiosi hanno espresso forti preoccupa-zioni fra l’altro in merito all’accusa secondocui gli ebrei satmar (una comunità hassidicala cui base si trova a New York e che il rap-porto considera una ‘setta’) ‘rapiscono ibambini e li nascondono nelle trame della re-te internazionale del movimento’. Ciò sem-bra fondarsi sul caso Patsy Heymans, in cuiuna donna cattolica belga, avendo ottenutol’affidamento dei suoi tre figli, ha dovuto sot-trarli all’ex marito satmar che li teneva ille-galmente con sé negli Stati Uniti. Il documen-to parlamentare però non menziona lo speci-fico caso Heymans; si limita ad affermare chepresso questo gruppo di ebrei hassidici il ra-pimento di bambini ‘non sembra affatto esse-re semplicemente occasionale’. L’inclusionedi queste notazioni generali in un documentoparlamentare può facilmente alimentare ilfuoco dell’antisemitismo, la cui presenza per-sistente desta preoccupazione in diversi paesieuropei” (p. 42).

Difesa dei Pentecostali. Difesa degli Au-misti, condannati in Francia. Ammette che“Bourdin è un capo religioso impopolare cosìcome l’aumismo è una minoranza impopola-re” ma “questa circostanza rende l’aumismoun caso eccellente per verificare la libertà reli-giosa in Francia. Quando un gruppo è protettodalla propria stessa popolarità non vi è biso-gno di garanzie costituzionali o internaziona-li” (p. 44). Condanna la Grecia perché adottala formula dello Stato confessionale (p. 38).

Attilio Mordini “aveva un’ammirazione sconfinata perla cultura qabbalistica ebraica” (Cardini, op. cit. p. 9)

Note

1) Lo Stato delle idee, 17 febbraio 1999, p. 12 (Cipresentiamo... Noi impresentabili. Autobiografie). Unarticolo di A. Sanfratello, co-fondatore di Alleanza Cat-tolica, pubblicato su Adveniat Regnum (anno V, nn. 1-2,primavera-autunno 1967, pp. 91-98) sembra indicareche, a quei tempi, A.C. non era stata ancora fondata.Sanfratello, infatti, presenta ai lettori il G.U.M. (Grup-po Universitario Missionario) operante tra gli studentidell’Università Cattolica di Milano. Il G.U.M. ha giàtutte le caratteristiche della futura Alleanza Cattolica,la cui data di fondazione è fissata (da fonte orale al-leantina) al 1968. I punti di riferimento del Sanfratelloerano Cantoni (nella sua prefazione a Eliade), Serviere, soprattutto, Mordini (vedi infra). Significativo l’ap-poggio a due temi conciliari: la rivalutazione del ruolodei laici (Ad gentes, Lumen gentium, Apostolicam ac-tuositatem) e, soprattutto la positiva valutazione dellereligioni non-cristiane espressa in Nostra Aetate. (I piùinformati sulla data di fondazione di Alleanza Cattolicasono i brasiliani della Tradizione, Famiglia e Proprietà,che indicano senza esitazioni la data 1968 nel loro libro‘Tradicion, Familia, Propriedad. Un ideal, un lema, unagesta’, Artpress, San Paolo in Brasile, 1990, p. 86).

2) “Capocroce” della Valle di Lanzo per AlleanzaCattolica. Si dice che non appartenga più all’associazio-ne (forse per poter più facilmente svolgere la sua car-riera politica nel CCD); in ogni caso mantiene con essasolidi legami e stretta amicizia.

3) Recentemente un suo articolo è stato tradotto infrancese e pubblicato dalla Documentation Catholique,n. 2209, pp. 732, ss.

4) Andrea Morigi e Marco Respinti in redazione,Marco Tangheroni nel “comitato di indirizzo”...

5) Vedi la nota 53.6) A quanto già pubblicato nelle precedenti puntate, e

a quanto dirò nella presente, vorrei aggiungere le relazio-ni di Massimo Introvigne coi Martinisti. Massimo Introvi-gne, infatti, fa anche parte, con Robert Amadou, RémiBoyer (redattore capo e nostra vecchia conoscenza) eSerge Caillet, del comitato di redazione della rivistaL’Esprit des choses, pubblicazione generale delC.I.R.E.M., Centre International de Recherches et d’Etu-des Martinistes. Oggetto di studio della rivista: “La Teo-sofia di Saint-Martin. L’opera e l’influenza di Saint-Mar-tin. Martinez de Pasqually e gli Eletti Cohen. Willermoz e iC.B.C.S. (Chevaliers Bienfaisants de la Cité Sainte). Lamassoneria del R.E.R. (Rite Ecossais Réctifié). Storia degliOrdini martinisti. Cristianesimo esoterico. Massoneria egi-ziana”. “Il CIREM è indipendente da ogni obbedienzamassonica o martinista”, ma il suo presidente, Amadou,ha scritto tra l’altro un libro dal titolo significativo: “Adeux amis de Dieu, Papus et Philippe Encausse, hommagede réparation offert par Robert Amadou” (da un volanti-no del CIREM che un lettore ha gentilmente inviato allaredazione di Sodalitium). Ora, Papus altri non era che ilpadre di Philippe Encausse, ovvero il dott. Gérard En-causse (1865-1916), fondatore dell’Ordine Martinista, alquale succedette il figlio Philippe (su Claude de Saint-Martin, cf Sodalitium, n. 49 p. 14 ss., M. Introvigne, Il cap-pello del mago, Sugarco, 1990, pp. 216-232 e bibliografiaalle pp. 454-455) e anche PIETRO TURCHETTI, Il filosofoincognito, Louis Claude de Saint-Martin. Storia del Marti-nismo e degli Ordini Martinisti, Arktos, Carmagnola,1995. Turchetti critica severamente la Massoneria... mo-derna, fondata da Anderson & Co. tra il 1717 e il 1725,

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appoggiandosi anche a Gianfranco Ersoch - pp. 40-42 -del Centro di Studi Mordiniani. (Un mezzo infallibile persapere se qualcuno è massone è appurare che egli criticala Massoneria... ‘deviata’). Il Martinismo, per il suo spiri-tualismo cristianeggiante, è particolarmente adatto perinfiltrare i cattolici, come dimostra il caso di J. de Maistre.Basti pensare che una rivista molto seria quale Instaurarepropagandò a suo tempo (nn. 1-2, genn.-apr. 1977, p. 5) laLettera sulla Rivoluzione Francese del Saint-Martin, pub-blicata a cura di G. Giurovich nel 1976.

P.S.: Anche Robert Amadou è affiliato alla Masso-neria, cf M. Moramarco, Nuova Enciclopedia Massoni-ca, Bastogi, Foggia, vol. II, p. 277, e Massimo Introvi-gne, che ne fa un continuo punto di riferimento per isuoi studi, non ignora che “autori importanti (anche nel-la loro veste di storici) dell’esoterismo contemporaneocome Robert Amadou si inseriscono precisamente inquella linea [dell’esoterismo cristiano], anche se allaChiesa cattolica d’Occidente preferiscono spesso la tradi-zione - che sarebbe rimasta più vicina a una autenticagnosi cristiana - delle chiese orientali” (Il cappello delmago, op. cit., p. 322).

7) Il padre di G. Cantoni, malgrado la lontana origi-ne ebraica, ha infatti militato nella Repubblica SocialeItaliana. Si favoleggia su di una ‘sbandata’ giovanile asinistra di G. Cantoni, favorita dalla presenza nel loconatìo dei famosi Quaderni piacentini. Di certo, colla-borò ai Quaderni il co-fondatore di Alleanza Cattolica,Agostino Sanfratello.

8) Sull’influsso del pensiero di Burke in AlleanzaCattolica, vedi Sodalitium, n. 46 p. 69-71. Particolar-mente incisivo sui rapporti tra Rivoluzione americana eRivoluzione Francese è B. FAY, La Massoneria e la ri-voluzione intellettuale del Settecento, 1935, ed. it. Ar,Padova, 1999 (su Burke, cf p. 216). In tre pagine (pp.242-244), Fay sbriga alla perfezione anche la ‘pratica’de Maistre, descrivendolo per quel che era.

9) Al proposito si possono consultare gli scritti diimportanti esponenti della T.F.P. che hanno lasciatol’associazione: sia quelli di ex-militanti della T.F.P.francese (Tradition-Famille-Propriété. Secte ou pas sec-te? 1979, ed. italiana: Tradizione Famiglia Proprietà,Associazione cattolica o setta millenarista? con una pre-fazione di P. Parenzo, sine loco vel data [ma 1996?]),della T.F.P. argentina (Avv. Cosme Beccar Varela -fondatore della TFP argentina - Si un ciego guia a otrociego. Analisis de la Familia de Almas de la TFP desdeel punto de vista del Derecho Canonico, Buenos Aires,1993; di prossima pubblicazione in una edizione italia-na), della T.F.P. brasiliana stessa (ORLANDO FEDELI,Por tras de estandarte. Sempre-viva, a seita secreta daTFP, ed il suo estratto: Descriçao de um Delirio: o cultoque a TFP presta a seu lider; nonché la “DichiarazioneAblas” registrata presso i pubblici archivi il 24 agosto1984 e pubblicata il 14 marzo 1985 dalla Folha daManha, Campos, Brasile, tradotta in italiano e pubbli-cata da La Tradizione Cattolica, n. 38, 1998, pp. 15-18 ).La T.F.P. è stata condannata dall’Episcopato brasilianocome una società a “carattere esoterico” (OsservatoreRomano, del 7/7/85, p. 12, ed. in lingua spagnola).

10) Per una nostra critica delle loro posizioni, cfr So-dalitium, n. 42, pp. 46 ss e n. 47, pp. 52 ss.

11) Guénon, che scrisse sulla France anti-maçonnique(!), fu iniziato alla massoneria. Anche Evola, più di Gué-non, si è opposto alla Massoneria al seguito di Malinski,de Poncins ecc., eppure nessuno ignora quanto egli deb-ba al massone Reghini (malgrado successivi dissensi), al

massone ebreo Servadio (di cui fu sempre amico), allacasa editrice massonica Atanòr ecc. ecc. Risalendo allaradice dell’errore dell’ambiguo antimassonismo di certiesoteristi, P.V. Barbiellini Amidei (che pure di Evola fufrequentatore e ammiratore) scrisse: “la verità sta quindi,a mio parere, all’opposto di come presenta le cose lo stes-so Guénon e, per inciso, di come le presenta J. Evola (cfImperialismo pagano, Atanòr, Todi, 1928, pp. 129-133 eIntroduzione alla magia quale scienza dell’Io, a cura delGruppo di Ur diretto da J. Evola, art. di EA, Sui limitidella regolarità iniziatica, Bocca, Torino, 1955, III, pp.174-190): l’inversione della massoneria non è dovuta allaperdita, da parte della maggior parte dei massoni, del verosignificato di una iniziazione che avrebbe dato o, comun-que, darebbe ancora la possibilità di una ‘conoscenza’ ef-fettiva, ma dall’estrapolazione, per eccesso, del sacramen-to della benedizione (col quale il muratore medioevale eraricevuto nella corporazione e insieme alla quale si tra-smettevano i naturali segreti del mestiere) in un’influenzaspirituale al di sopra e al di là della grazia ritualmenteconferita dai sette sacramenti della Chiesa: donde non piùla conoscenza (naturale) di segreti di mestiere, ma la luci-ferica pretesa gnosticistica di ascesa a Dio mediante l’ini-ziazione e la conoscenza (esoterica) come forma intellet-tuale superiore, o indipendente, dalla fede cattolica. Si sof-fermi quindi il lettore; l’inversione massonica ha proprioavuto origine da una estrapolazione di un sacramentale inun sacramento, l’estrapolazione di una semplice benedi-zione (come l’‘adoubement’ liturgico dell’antica cavalle-ria) in un rito che avrebbe conferito una grazia speciale,ossia il conferimento rituale di un’influenza spirituale nonprevisto dalla dottrina dei sacramenti del Concilio diTrento” (in Adveniat Regnum, anno XII, nn. 1-2, p. 82).

12) Attilio Mordini di Selva (1923-1966), fiorentino.(Cf. la presentazione di F. CARDINI a Mordini, France-sco e Maria, Cantagalli Siena, 1986). Di lui parlerò ab-bondantemente nel corso dell’articolo. Sul ruolo diMordini testimonia anche P. Tosca nel suo Il camminodella Tradizione (p. 77): “anche l’estensore di queste no-te - scrive Tosca - deve confessare che Mordini rappre-sentò il ‘ponte’ intellettuale per transitare dalle precedentiinfatuazioni evoliane e guénoniane alla terra ferma dellaverità cristiana”. Purtroppo i ponti (e non alludo qui aPino Tosca) si possono attraversare nei due sensi.

13) Silvano Panunzio, nato a Ferrara e ancora viven-te. Figlio di Sergio, esponente del sindacalismo fascistae fondatore di Pagine Libere. Su di lui: Gianfranceschi,Legittimo, Siena, D’Aloe, Gordini, Un testimonedell’assoluto, Cantagalli, Siena, 1998. Sua attuale ‘pale-stra’ è la rivista Metapolitica.

14) Ben poco esiste al proposito. Si possono citare:GIORGIO TASSANI, La cultura politica della destra catto-lica, Roma, 1976; PINO TOSCA, Il cammino della tradi-zione. Il tradizionalismo italiano (1920-1990), Terra de-gli Avi, Bari, 1992, II ed. Il Cerchio, Rimini, 1995; Sil-vio Vitale, Contributo per la storia del tradizionalismo,pubblicato sulla rivista napoletana L’Alfiere (1965: nn.17-18, n. 19; 1966: nn. 20, 21, 22-23; 1967: nn. 25, 26).

15) Essa si trasformò il 25 ottobre 1959, festa di Cri-sto Re, in Alleanza Tradizionale [o Trascendente] Mi-chele Arcangelo (ATMA). “Appello Sacro” e “Interniprincìpi” dell’ATMA sono stati ripubblicati su Metapo-litica, n. 1, gennaio-marzo 1999, p. 2-4.

16) P. SIENA, Testimone dell’assoluto, op. cit.; in Me-tapolitica, n. 1/1999, p. 17. Alla ‘terza Roma’ di Mazzinie Mussolini, dunque, viene sostituita quella di Gioachi-no da Fiore.

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17) GIOVANNI CANTONI, Considerazioni sul ‘Tempiodel Cristianesimo’, in L’Alfiere, n. 21, aprile 1966, p. 5.

18) Giovanni Papini (1881-1956), scrittore fiorentino,Accademico d’Italia. Protagonista con Prezzolini dellavita culturale italiana della prima metà del novecento.Scettico, fu vicino anche al modernismo. Si convertì ver-so il 1921 (Storia di Cristo). Seguì, con Giuliotti, il Di-zionario dell’omo salvatico (1923), Il Sacco dell’orco(1933). Fece scalpore la sua apologia di Lucifero con IlDiavolo (1953): riprendendo l’apocatastasi di Origene,sostenne che Dio avrebbe perdonato tutti i dannati, in-cluso il diavolo (cf MARIO ACQUA, Quo vadis Papini?Rigois, Torino, 1955; MONS. LÉON CRISTIANI, Présencede Satan dans le monde moderne, France-Empire, Paris,1959, pp. 297-303). Il suo amico don De Luca, su do-manda del card. Ottaviani, scrisse il duro articolo di con-danna delle tesi papiniane pubblicato dall’OsservatoreRomano (25-26 gennaio 1954). Papini non si corresse,anzi, fu recidivo con La felicità dell’infelice (1956). Datempo Papini si interessava ai falsi mistici ed esoterici(cf Francesca Petrocchi, Il ‘Leonardo’ e il modernismo(seconda parte), p. 46 [79]) e considerava il massone Ar-turo Reghini, uno dei maestri di Evola, “l’unico mago ri-spettabile ch’io abbia mai incontrato” (M. INTROVIGNE,Il cappello del mago, op. cit., p. 180). L’Ultima fu, in ef-fetti, l’ultima delle prestigiose riviste alle quali Papinicollaborò. Essa ospitò “tradizionalisti” come Mordini ePanunzio e modernisti come Balducci, Gozzini, Zarri,Scoppola...: ciò non deve stupire vista l’affinità di fondodelle due correnti apparentemente antitetiche. L’artico-lo del Conte Neri Capponi, discepolo di Mordini, avvo-cato rotale e già dirigente di Una voce, sul Misterodell’Inferno (Controrivoluzione, nn. 47-49, p. 37) è unaconferma dell’influenza papiniana e del convergere tramodernismo e tradizionalismo (in questa lettera al diret-tore il Conte fiorentino identifica il “fuoco” dell’infernocon “Dio stesso che consuma colui che lo rifiuta” - an-nullando così la pena del senso nella pena del danno - esostiene la possibilità che nell’inferno nessuno sia dan-nato all’infuori dei démoni, - appoggiandosi indebita-mente su S. Agostino che sostiene solo la possibilità diconversione dei cattivi finché sono in vita...).

19) “Tra il dicembre del ‘54 e l’agosto del ‘63 si pub-blicò ‘Carattere. Rivista di fatti e di idee’. Ne erano statipromotori Gerardo D’Ambrosio, Gaetano Rasi e PrimoSiena. (...). ’Carattere’ venne editata dalle edizioni Can-tiere, titolo di una omonima pubblicazione nata anch’es-sa a Verona per iniziativa di Primo Siena, tra il settembredel ‘50 e il gennaio del ‘53. A ‘Carattere’ collaboraronofirme illustri: Guido Manacorda, Carlo Costamagna,Balbino Giuliano, Armando Carlini, Ardengo Soffici,Roberto Paribeni, Fausto Belfiori, Attilio Mordini, Alfre-do Cattabiani, Fausto Gianfranceschi, Ezio M. Gray, Sil-vano Panunzio, Vittorio Vettori, Gianni M. Pozzo, Giu-seppe Spadaro, Raimondo Meloni, Piero Vassallo, JuliusEvola” (G. Perez, Carattere, n. 1, 1996, p. 2).

20) Articolo di Panunzio pubblicato su Carattere, ri-prodotto su L’Alfiere, n. gennaio 1966, pp. 7-8.

21) Questa idea ritorna spesso in Mordini. Ad esem-pio: “unica e valida misura di ogni gerarchia è l’Uomouniversale, su cui ogni antica religione tradizionale ordi-na ogni suo mito (si pensi a Prometeo, a Krishna, alBuddha Maitreya e, persino, all’Adam Qadmon per laQabbala ebraica!), e che per l’Incarnazione si rivelaquale Homo Christus Jesus” (in Adveniat Regnum, n. 1,nov.-dic. 1963, p. 8); “l’unità del genere umano è l’uomouniversale che i cristiani chiamano Homo Christus Je-

sus, gli ebrei seguaci della Qabbala Adam Kadmon, imusulmani el-Insanul-Kâmil” (Il Ghibellino, 1961, n. 6,ripreso in A. Mordini, Il cattolico ghibellino (a cura diC.F. Carli, Settimo Sigillo, Roma, 1989, p. 85).

22) “Con il suo solo Saggio il Marchese di Valdega-mas [Donoso Cortes] s’è collocato fra il Conte de Mai-stre e il visconte de Bonald, che potremmo quasi chiama-re i padri laici della Chiesa di Roma” (J. Barbey d’Aure-villy, cit. da G. Allegra nella sua introduzione a J. Dono-so Cortes, Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il so-cialismo, [1851], ed. Rusconi, Milano, 1972, p. 7)

23) Denzinger, D. 1622-1627, 1649-1652, nonché lostesso Vaticano I. Molti moderni ‘tradizionalisti’, pur ri-facendosi ai suddetti “padri laici”, negano (ahimé, inva-no) ogni coinvolgimento col tradizionalismo condannatodalla Chiesa il secolo scorso (così anche Mordini, ferma-mente, in Adveniat Regnum, anno II, nn. 3-4 , e Siena,ibidem, anno IV, nn. 1-2, p. 29) ma quando P.V. Barbiel-lini Amidei paragonò a ragione il tradizionalismo al ghi-bellinismo, al giansenismo e al modernismo (AdveniatRegnum, anno VII, nn. 3-4, p. 59) la rivista L’Alfiere (n.32/1970, p. 3) reagì in difesa del tradizionalismo.

24) “In questa stessa direzione si sviluppa a Torino,nella prima metà dei Sessanta, il tentativo di una neo casaeditrice di riportare in auge una cultura cattolica di tipotradizionalista o ‘controrivoluzionaria’. Nascono così,per merito di Alfredo Cattabiani, Piero Femore e PieroCapello le Edizioni dell’Albero...”. “Piero Capello, re-dattore del Borghese, membro della Fondazione Volpe,direttore del mensile Il Conciliatore, apprezzato conver-satore nei migliori salotti torinesi, era un laico ‘integrale’,un agnostico dicharato in materia religiosa, un fascista‘anticlericale’. Eppure la diffusione della cultura tradizio-nalista gli deve molto...” (P. Tosca, op. cit., pp. 85-86).

25) T. Molnar, pur riaffermando il suo cattolicesimo,ha appoggiato a lungo il movimento neo-pagano GRE-CE (cf GASTON NOSSI, G.R.E.C.E., faux dieux et authen-tiques demons, Ste Jeanne d’Arc, Villegenon, 1981, pp.26-27) fino a pubblicare un libro in collaborazione conAlain de Benoist, L’eclisse del sacro (La Table Ronde,1986; Edizioni Settecolori, 1992). Pur non aderendo allacorrente esoterica ed invitando alla prudenza nei suoiconfronti, Molnar stima che, per un cattolico, “la letturadell’opera di René Guénon può fornire una conoscenzasalubre, utile” (ERIC VATRÉ, La droite du Père, Tréda-niel, 1994, pp. 237-238]. Egli porta lo stesso giudizio sul-le opere di Eliade, Jung e T. Burckhardt.

26) Il primo autore pubblicato nella collana Saggi,diretta da Cantoni, fu Gianni Baget Bozzo, col quale ilgiovane Cantoni collaborò. Seguirono Mordini, Gian-franeschi, Calmel, Accame, Corrêa de Oliveira, deTejada, Molnar, Siena ecc.

27) Mordini tenne una relazione intitolata: La Tradi-zione e la genesi del tradizionalismo attuale. A lungo dif-fusa da L’Alfiere, è stata riportata in: A. MORDINI, Il cat-tolico ghibellino, op. cit., pp. 17-40. Mordini collaboravasia alla rivista di Vitale (L’Alfiere) che a quella di Ruta(Il ghibellino). Sulla questione, cf VITALE, Contributo perla storia del tradizionalismo, op. cit., VI puntata.

28) L’Alfiere, n. 21, aprile 1966, pp. 4-6, e n. 24, mar-zo 1967, pp. 5-6.

29) Jean Danielou, nato nel 1905, figlio di un depu-tato radicale, è morto nel 1974 nelle note, scabrose cir-costanze. Suo fratello Alain fu un noto ed esplicito eso-terista. Influenzato dal Maritain, collabora poi coi con-fratelli gesuiti de Lubac e von Balthasar, iscrivendosinella corrente teologica della “nouvelle théologie”, con-

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dannata dall’enciclica Humani generis. Rivaluta Orige-ne (1948), rilancia il concetto di ‘giudeo-cristianesimo”,apre il dialogo con le religioni non cristiane (Cercle stJean Baptiste). Collabora con il gruppo di Eranos e, co-me abbiamo visto, non è insensibile a R. Guénon. Lesue posizioni trionfano al Concilio, mentre è critico ri-spetto al post-concilio. Paolo VI lo elevò al cardinalatoe all’episcopato nel 1969 (cf MARIE-FRANCE JAMES,Esoterisme, occultisme, franc-maçonnerie et christiani-sme aux XIXe et XXe siècles, Nouvelles éditions latines,Paris, 1981, p.87-89). Le edizioni Arkeios, non a caso,ne stanno ristampando le opere.

30) L’Alfiere, n. 28, dicembre 1968, p. 16.31) Interessante e significativa la bibliografia de Il

Tempio del Cristianesimo. Vi troviamo, ad esempio, iprofeti della nouvelle théologie e del Vaticano II (Ro-mano Guardini, Urs von Balthasar, Jean Danielou),Guénon, Schuon e Evola, Gustave Thibon (che tantainfluenza avrà su Cantoni e Sanfratello), e, soprattutto,Silvano Panunzio (quattro riferimenti). Dove Mordini èpiù evoliano che guénoniano è sulla questione dell’au-torità temporale rispetto a quella spirituale, del ruolodel cavaliere rispetto a quello del sacerdote...

32) L’espressione si rifà a un articolo pubblicato daS. Panunzio su L’Ultima (anno 7°, quaderno 68-69, p.112 sg., Firenze, 1953). Nel 1977, essa è ripresa da Fran-co Maestrelli nella sua prefazione ad A. MORDINI, Ilmistero dello Yeti, Il falco, Milano, 1977, p. 10. AncheMaestrelli ha militato in Alleanza Cattolica.

33) G. CANTONI, Considerazioni sul ‘Tempio del Cri-stianesimo’, op. cit., p. 4 e p. 6 nota 1.

34) A. MORDINI, Tradizione e rivelazione, ne Il ghi-bellino, 1961, N. 6, riportato in Il cattolico ghibellino,op. cit., p. 64.

35) F. RICOSSA, nel suo L’Apocalisse secondo Corsi-ni (Sodalitium, n. 49) difende l’opinione di EugenioCorsini, secondo la quale il ‘regno millenario’ non indi-cherebbe quello della Chiesa (S. Agostino) e tanto me-no un regno temporale di Cristo prima della fine delmondo (millenarismo) quanto il periodo veterotesta-mentario (pp. 61-62).

36) Sulla questione del Montfort, cf C. NITOGLIA,Joseph de Maistre esoterico?, in Sodalitium, n. 49 pp. 25-27. Anche Mordini, come la T.F.P., segnala le profeziedi Marie des Vallées (cf A. MORDINI, Il tempio del cri-stianesimo, pp. 127-128, ove egli paragona anche - nellesimilitudini e nelle differenze - il ‘culto del Graal’ equello del Sacro Cuore; temi carissimi all’esoterismoguénoniano di Charbonneu-Lassay, di cui infra).

37) A. MORDINI, Il Tempio del Cristianesimo, op.cit., p. 55, n. 1. Un discepolo di Mordini, il già citatoConte Neri Capponi, illustra un altro aspetto del mille-narismo giudaico del suo maestro. Nell’opera inedita diMordini sulla regalità di Cristo, intitolata INRI, lo scrit-tore fiorentino “analizzava ciò che sarebbe potuto acca-dere se, ad esempio, Caifas avesse accettato Gesù comeMessia, anzi, come Dio in persona (...) Attilio diceva chese Caifas avesse accettato Gesù come Dio si sarebbe ve-rificata la conversione del mondo attraverso la sua con-quista da parte del popolo d’Israele guidato da Gesù; sisarebbe instaurato il regno messianico predetto da Isaiaed in pratica si sarebbe avuta la fine dei tempi...”. Invecedella “conversione per sottomissione” si è verificata la“conversione per innesto, in cui ciascuna cultura, accet-tando il Cristo, si innesta sul tronco reciso di Israele,mantenendo perciò ciascuna di esse la propria indivi-dualità” (In margine all’intervento sull’islamomania, let-

tera al direttore di Neri Capponi su Controrivoluzione,nn. 43-46, p. 22). Mordini, pertanto, interpretava le pro-fezie veterotestamentarie sul regno messianico esatta-mente come i giudei: un regno terreno, in virga ferrea,di dominio sul mondo (che corrisponde alla tentazionesatanica fatta a Cristo nel deserto!). Siccome questoquadro del Messia trionfante (il Messia ben David) èstato sostituito da quello del Messia sofferente (il Mes-sia ben Joseph), Mordini afferma che verrà ripropostotale quale nel regno millenario che precederebbe la finedei tempi; peccato che questo regno assomigli più aquello dell’anticristo che a quello di Cristo!

38) Molti altri temi accomunano Mordini a de Oli-veira: il medioevalismo, l’aristocratismo, il ghibellini-smo ecc. Quanto all’aristocratismo, Mordini nutriva un“sogno di restaurazione partendo dall’aristocrazia delsangue” (C.F. Carli, nota introduttiva ad: A. Mordini, Ilcattolico ghibellino, p. 12). L’ultima fatica di CORREA

DE OLIVEIRA, è Nobiltà ed élites tradizionali analoghe,nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltàromana, Marzorati, 1993 (da cui una grande ammirazio-ne per i Lords inglesi...). Quanto al ‘ghibellinismo’ dellaT.F.P. (quello di Mordini è esplicito), ricordo quantogià fatto osservare da PIETRO PARENZO in Tradizione,famiglia, Proprietà , Associazione cattolica o setta mille-narista?, op. cit., p. 10, ove egli citava il Curso BasicoTradiçao, Familia e Propriedade: A Historia e seusgrandes peronagens, ove si sostiene che “è evidente cheil Papa non ha il potere di deporre né costituire un Impe-ratore”. Alle osservazioni in materia del Parenzo, ha ri-sposto la T.F.P. con l’opuscolo La mano che estingue, lavoce che addormenta (Ufficio T.F.P., Roma, 1996, p.27), argomentando che la citazione sarebbe una falsifi-cazione del Parenzo. Io non ho letto il testo del Cursobasico, per cui non posso pronunciarmi in materia, maho sotto gli occhi la sua traduzione italiana a cura diDavide Botti, di Alleanza Cattolica, ove la frase incri-minata si trova effettivamente alla p. 3 del cap. XIV!Delle due l’una, quindi: o il “falsificatore” è DavideBotti, o il mentitore è l’Ufficio italiano della T.F.P., enon certo l’incolpevole Parenzo.

39) Che dire quando si sa che Mordini “dopo l’ottosettembre s’arruolò dapprima nella IV divisione Panzer-Pionier, poi aderì alla Repubblica Sociale Italiana, in-quadrato nella Guardia Nazionale Repubblicana”? Maè questo solo uno dei paradossi di colui che fu anche,tra le altre cose, segretario del celebre padre Tondi-seppure per cause di forza maggiore - (cf i cenni biogra-fici nell’opera Il cattolico ghibellino). Sul pensiero mor-diniano a proposito del nazional-socialismo e del-l’ebraismo, cf Il tempio del cristianesimo, op. cit., pp.176-202. Verso il Nazional-socialismo e l’EbraismoMordini ha - potremmo dire - una ammirazione critica:ammirazione per l’aspetto ‘tradizionale’, ‘critica’ perquello moderno delle due vie. Dell’ebraismo, egli criti-ca la degenerazione razionalista: “...Siamo perciòtutt’altro che propensi a considerare gli Ebrei come gen-te... maledetta! Anzi, come è noto, lo stesso difensore diEichmann, avvocato Servatius, era un ebreo; anche Mar-tin Buber, il più grande pensatore ebraico del nostrotempo - e quindi persona eminentemente rappresentativa- si è dichiarato apertamente contrario alla condanna dimorte inflitta al colonnello Eichmann. E come la Fran-cia sembra stia ritrovando proprio in questi giorni, afianco della Germania, la via tradizionale del Re SanLuigi (al suo tempo fedele al Sacro Romano Impero),così auspichiamo che il popolo d’Israele, in Palestina,

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possa presto ritrovare la strada della Tradizione autenti-ca dell’Ebraismo, lasciando per sempre la poco chiaraposizione socialisteggiante che sembra mantenere a tut-toggi” (p. 202). Un israeliano di destra non avrebbe nul-la a che ridire, specialmente sulle ultime righe... Ancheperché Mordini “frequentava l’Alleanza ebraico-cristia-na” (F. CARDINI, op.cit. p. 8).

40) “A ben considerare - scrive Mordini - le sagge sco-muniche della Chiesa alla massoneria risulta evidente co-me siano dovute proprio ai primi sintomi del prevaleredella speculazione razionalista sull’opera e sulla specula-zione veramente spirituale” (p. 140). Non stupisce allorache dei massoni spiritualisti siano passati al cattolicesimomordiniano, come Giuseppe Passalacqua, fondatore nel1972 del Centro di studi mordiniani (cf P. Tosca, op. cit.,p. 77). Sulle deviazioni della rivista mordiniana Excali-bur, spinta da Placido Procesi, medico di Evola, verso la“spiritualità graalica” e la magia sessuale di Kremmerz,cf P. Tosca, op. cit., pp. 84-85, che sottolinea anche l’in-fluenza del cabalista cattolico ‘Paolo Virio’, le cui operesono edite dalla massonica casa editrice Bastogi.

41) Cf MICHELE MORAMARCO, Nuova EnciclopediaMassonica, Bastogi, Foggia, 1998, vol. III, p. 28 [‘Mas-soneria e cattolicesimo: c) la posizione dei micaeliti]. Èinteressante notare come l’autore (massone) rivolga ipropri ringraziamenti per la collaborazione, tra gli altri,a Silvano Panunzio e a Massimo Introvigne...

42) A. MORDINI, Le Eresie pre-moderne, in AdveniatRegnum, anno II, n. 2, aprile-maggio 1964. “Si deve di-stinguere lo Gnosticismo dalla Gnosi e, parimenti, gliGnosticisti dagli Gnostici”. “L’autore del Nuovo Testa-mento che lo gnostico predilige è Giovanni Evangelista(...) che sul cuore di Gesù ha riposato (...) Lo gnostico,definito da Clemente alessandrino come l’amico predi-letto di Dio, fa del suo verbo umano uno strumento delVerbo di Dio; laddove il mistico che non sia propria-mente gnostico può solo tacere (...) E quanti oggi son di-sposti a vedere soltanto eresia là dove si parli di gnosi -forse nell’intento di essere veramente prudenti - porgo-no, in realtà, il fianco all’insidia del maligno”. La veragnosi sarebbe “scaturita dalla scuola di Giovanni evan-gelista (...) simbolo vivente dell’intuito mistico, sempregiovanile e sempre più rapido della stessa Cattedra diPietro nel pervenire alla Verità” (pp. 10-12; nella p. 13Mordini ricorda come già espresse questi concetti alVII Convegno di scrittori Cattolici del 2-6 gennaio1962). Mordini parlava spesso di una Chiesa di Pietro,sacerdotale, e una di Giovanni, mistica ed equestre [cfP. Siena, La via regale del cristianesimo (in ricordo diAttilio Mordini), in Adveniat Regnum, anno X, nn. 2-3,apr.-ott. 1972, pp. 17-18], con evidenti riminiscenzegioachimite (per Gioachino da Fiore la prima età, quel-la del Padre, è dei coniugati, la seconda, del Figlio, deichierici, la terza, dello Spirito, dei monaci e dei mistici).

43) “In occasione della pubblicazione de ‘Il Mito pri-mordiale del Cristianesimo quale fonte perenne di meta-fisica’ (Scheiwiller, Milano, 1976) ben due volte le terzepagine dei quotidiani hanno intessuto lodi dell’autore[cioè Attilio Mordini]. Prima, il sempre autorevole Os-servatore Romano (13/2/1977), successivamente ‘Il Tem-po’ (5/6/1977) con tre colonne dovute alla valida pennadel pensatore cattolico Augusto Del Noce” (F. MAE-STRELLI, prefazione a A. Mordini, Il mistero dello Yeti,Il Falco, Milano, 1977, p. 11).

44) “Elémire Zolla è nato a Torino nel 1926”. “Non-na alsaziana, mamma inglese, il padre figlio di italianima nato e cresciuto a Londra, Zolla ha un nome unghe-

rese francesizzato in Elémire e nulla di piemontese”. Egliè “tra i massimi esperti mondiali di filosofie orientali e diesoterismo” (D. BELLONI, Zolla: ‘L’Occidente non cono-sce la vera fede’, in Giornale, 26/8/99, p. 27)[Il titolo nonè corretto. Nell’articolo, si legge: “Poi, spezzato l’incan-tesimo, afferma di non credere a nulla. ‘Ecco perché stobene in Oriente. È una malattia occidentale, la fede’”].

45) Il cattolico ghibellino, op. cit., p. 105. Adveniat Re-gnum (anno II, n. 2, aprile-maggio 1964, pp. 81-84), re-censendo Kairos, elogia, ad esempio, Titus Burckhardt,“valente studioso svizzero”, come l’articolo Alla com-prensione dell’Islam dell’“ormai famosissimo FrithjofSchuon”, come se i due non fossero guénoniani di primaclasse! Per correttezza però si deve dire che proprio Ad-veniat Regnum - nata per sostituire Carattere che avevacessato le pubblicazioni - fu la prima rivista ‘cattolica tra-dizionalista’ ad attaccare il tradizionalismo esoterico nonsolo di Guénon e Zolla (come farà la scuola vassalliana)ma anche di Evola. Rendo quindi un doveroso omaggioai miei precursori (su quest’opera di “ripulisti”, cf Tosca,op. cit., pp. 87-88) estendendo la critica - come credo nonsia ancora stato fatto - a Mordini (senza giudizi sullabuona fede di un uomo per tanti versi ammirabile).

46) F. Schuon (1907-1998). Pur avendo aderitoall’islamismo esoterico, Schuon si distacca da Guénon(del quale fu discepolo e collaboratore) proprio sullapossibilità attuale di un esoterismo cristiano. Nel Dos-sier H (1984), Schuon rivaluta il buddismo, la tradizionegiapponese e il cristianesimo, sostenendo che certi sa-cramenti sono tuttora un rito iniziatico. Sui rapporti tral’autorità temporale e quella spirituale, Schuon segue laposizione di Dante, e non qualla di Guénon (cf SociétéA. BARRUEL, L’Ècole moderne de l’ésotersme chrétien,n. 22/23, Lyon, pp. 134-137). Secondo la rivista guéno-niana La Place Royale, in un articolo di Dominique De-vie pieno di pettegolezzi sul mondo guénoniano,Schuon avrebbe subìto negli U.S.A. un processso per

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molestie sessuali (cf n. 38/1998, pp. 44-53). La stessa ri-vista attribuisce a questo fatto la separazione del prof.Borella dal suo maestro Schuon.

47) “Dell’Italia, Eliade assimilò lingua e cultura e ita-liani furono pure i suoi massimi ispiratori. Primo fra tut-ti il Giovanni Papini dell’’Uomo finito’ (proprio per po-terlo incontrare apprese velocemente il nostro idioma),seguito dal filosofo cristiano, tempestoso e drammatico,Ernesto Buonaiuti. A queste due eminenti figure di pen-satori problematici ma combattivi, Eliade dovette moltis-simo” (A. LA FATA, Confronto con Mircea Eliade, inMetapolitica, nn. 3-4/1998, pp. 29-31). “Eliade - aggiun-ge La Fata, in un resoconto su di un convegno a lui de-dicato cui parteciparono Faivre e Cardini - non fu uncristiano confessionle, istituzionale. Aborrì ogni formadi esclusivismo o di fanatismo religioso...”, ma ricevettei sacramenti cristiani: il matrimonio nei due riti (cattoli-co e ortodosso) e l’estrema unzione in quello anglicano.

48) Al gruppo di Eranos appartenne anche G. Scho-lem, “il massimo studioso della mistica ebraica e in par-ticolare l’esploratore più coraggioso della kabbala luria-na...” (M. MORAMARCO, op. cit., vol. I, p. 543).

49) Giovanni Cantoni sarà lieto di trovarsi - anche aproposito di Mircea Eliade - in perfetta consonanza conGiovanni Paolo II (cf, Giovanni Paolo II, Varcare la so-glia della speranza, Mondadori, Milano, 1994, p. 37).

50) Su Corbin, cf Moramarco, op. cit., vol. I, pp. 543-547. Nel suo itinerario spirituale troviamo Barth, Massi-gnon, Boehme (e quindi il Cabalismo), Swedenborg,Willermoz, Husserl, fenomenologia, islamismo, templa-rismo ecc.

51) Uno dei massimi esperti su Swedenborg.52) M. MORAMARCO, op. cit., vol. I, p. 469-472 e vol.

III, pp. 21-22.53) “Di quanto ha fatto - scrive di sé stesso Cantoni

nella autobiografia già citata - è debitore alla moglie, alcertosino François de Sales Pollien e al gesuita FloridoGiantulli”. Su Padre Giantulli (1906-1974), vedi il ricordopubblicato su Cristianità, n. 8, nov.-dic. 1974, p. 12, maanche quanto scritto da Pucci Cipriani su Controrivolu-zione (n. 22, nov.-dic. 1992, p. 13: “Credenti con l’elmettoe reggenti con il cappuccio”) ove l’editore di P. Giantulli(F. GIANTULLI, L’essenza della massoneria italiana: il na-turalismo, P. Cipriani, Firenze, 1973) accusa AlleanzaCattolica di aver volatilizzato (e per lo meno inutilizzato)l’imponente archivio ‘massonico’ del padre gesuita.

54) Il pensiero di Mordini, Cantoni, Capponi ecc. sullaicato è particolarmente importante ed andrebbe svi-luppato. Di Mordini, Cantoni scrisse: “fu laico e non sa-cerdote, e di questa laicità, partecipazione al laos, al po-polo di Dio, fu strenuo difensore” (Mordini, nel nostrrotempo, contro il nostro tempo, cit. p. 6). Per questi auto-ri il ‘popolo di Dio’ si articola gerarchicamente, avendoalla sua sommità l’Imperatore consacrato: “l’Imperatoreè Re - scrive Mordini - ma appunto perché regalità su-prema da cui ogni altra autorità civile procede sulla ter-ra, ha da essere anche sacerdote. Se ciò non fosse, la suapersona non sarebbe sacra (...) deve pertanto ordinareprincipi e cavalieri, e deve perciò trasmettere certi cari-smi del potere con l’imposizione delle mani” (MORDINI,Il tempio del cristianesimo, p. 89, cfr con De Mattei, in-troduzione a J. DE MAISTRE, Saggio sul principio... pp.9-10). Ne consegue il sostegno (seppur condizionato, inMordini) della posizione dantesca espressa nel De Mo-narchia (il libro è all’Indice). Una conseguenza attuale:la “dottrina sociale della Chiesa” , discenderebbe dallasua “potestas directiva in temporalibus” [tesi gallicana] e

Un monaco-cavaliere della T.F.P.

si eserciterebbe in nome della “patria potestas vicariache la vedova esercita sui figli, parlando loro in nomedel padre scomparso” (G. CANTONI, Considerazioni sul‘Tempio del Cristianesimo’, cit., p. 6). La dottrina socia-le della Chiesa come supplenza e surrogato della voceimperiale, sola autorizzata a insegnare in materia, è ve-ramente una enormità per chi definisce Alleanza Catto-lica una asssociazione fondata per “la diffusione delladottrina sociale della Chiesa” (autobiografia cantonianapubblicata su Lo Stato!) Cantoni sembra misconoscerel’oggetto indiretto del magistero.

55) Cf C. NITOGLIA, Joseph de Maistre esoterico?, inSodalitium, n. 49 pp. 13-14. Il richiamo ai Templari ècostante in Mordini. Limitandomi al Tempio del Cri-stianesimo, egli vede echi templari in S. Francesco (pp.81 ss.), in S. Ignazio (p. 192, parlando anche del Graal),nelle Schutzen Staffeln, più note come S.S. (p. 181, n. 1).La rovina della cristianità ha come data la condanna deiTemplari (p. 158), mentre nel Regno millenario di Cri-sto sulla terra vedrà “il trionfo degli eletti, dalla vestebianca e dalla rossa croce di sangue; bianchi crociati dirosso come i Templari. (...) Sono i seguaci di Giovannievangelista [sul mito massonico di s. Giovanni cf Ricos-sa, Karol, Adam, Jacob, in Sodalitium, n. 49, p. 40, n.19]: i mistici e i militi che, passato il regno dell’Anticri-sto, oltre il crollo finale di questa pseudo-civiltà, rico-struiranno l’ordine nuovo col Cristo imperante” (p. 206)[per la T.F.P., nel ‘regno di Maria’, domineranno i ‘pro-feti’ e i ‘cavalieri’].

56) PIER VITTORIO BARBIELLINI AMIDEI, Nota sultradizionalismo cavalleresco, in Adveniat regnum, nn. 1-2, anno XII, gennaio-giugno 1974, pp. 71-82.

57) Metapolitica, n. 1, Gennaio-marzo 1999, pp. 2-3,16-17; PRIMO SIENA, Attilio Mordini, in L’Alfiere, mar-zo 1967, p. 4. Mordini stesso fondò degli ordini cavalle-reschi: Maria Janua Coeli (cf L’Alfiere, ivi, p. 8) e l’Or-do pacis (cf A. MORDINI, Il cattolico ghibellino, op.cit.,p. 12). Nell’articolo Maria janua coeli pubblicato su Ad-veniat regnum (anno II, n. 1, genn.-febb. 1964, pp. 27-34) Mordini parla di un gruppo di amici fiorentini che siriuniscono “nei locali della cappella di san Tommasinoin via della Pergola”, “sede della Confraternita della di-sciplina dei nobili”. “È superfluo dire che le riunioni delgruppo sono del tutto riservate, con quella discrezioneche, sola, esprime la dignità dell’uomo e al tempo stessola garantisce. Nel suo concepire il laicato come milizia,come guardia al deposito della tradizione civile per unaformazione veramente cristiana dell’uomo naturale, lai-co, ma assolutamente antilaicista, il gruppo si nomina‘san Bernardo di Chiaravalle’ (...) il santo abate cister-cense così caro a Dante Alighieri, autore del ‘De LaudeNovae Militiae [ scritto per la fondazione, appunto, deiTemplari]”. I membri del gruppo ‘San Bernardo’, chedovevano imitare l’Homo Christus Jesus [alias AdamKadmon], pregavano per la canonizzazione di Carlod’Asburgo (come si farà in Alleanza Cattolica). La Ja-nua Coeli doveva nascere dal gruppo ‘San Bernardo’(ri-cordo che per Guénon sia San Bernardo - absit - siaDante erano degli iniziati).

58) Dal n. 9 (gennaio-febbraio 1975), iniziò la pub-blicazione degli articoli sul magistero di Vidigal da Sil-veira (TFP) sulla possibilità dell’errore nei documentidel magistero e sulla resistenza all’autorità del Papa (ar-ticoli che tanto male hanno fatto ai ‘tradizionalisti’ cat-tolici). Col n. 19-20 (settembre-dicembre 1976), Cristia-nità prese finalmente posizione in favore di Mons. Le-febvre (ma erano i tempi della ostpolitik vaticana...),

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mentre nel numero seguente (gennaio 1977) si attacca-va, per la prima volta, Paolo VI (Presenza di Lutero nel-la ‘Chiesa Conciliare’). Nel 1977, Cristianità ristampòl’ottimo Il problema dell’ora presente di Mons. Delassus.

59) Le Serate di de Maistre e il Saggio di Donoso fu-rono stampate dalle edizioni Rusconi, a quei tempi (an-ni ‘70), centro di diffusione dell’esoterismo di ‘destra’,sotto l’influsso di Alfredo Cattabiani, curatore delle Se-rate di Pietroburgo. Il Saggio sul principio generatore...,invece, fu edito da Scheiwiller, uno degli editori di Evo-la. L’introduzione è di Roberto De Mattei (allora diret-tore responsabile di Cristianità), la traduzione del librodello stesso e di Sanfratello (co-fondatore di Alleanza),il volume è a cura di Sanfratello e di Giacomo d’Orsi(che si occuperà in seguito delle edizioni Il Falco).Nell’introduzione, De Mattei critica l’”arbitraria lettura‘martinista’ di de Maistre”, incoraggiata “dagli studi diEmile Dermenghem (...) Auguste Viatte (...) e RobertTriomphe (...)” nonché “l’introduzione alla pur pregevo-le traduzione italiana delle Serate di Pietroburgo” (pp.13-14, n. 9) dell’(ex) amico Cattabiani. Ritorna la do-manda: conversione o mascheramento? De Mattei parladi “breve esperienza massonica” di de Maistre per osti-lità alla massoneria o per salvare de Maistre? Deus scit.

60) Cf la nota 9.61) È probabile, a mio avviso, che ignorassero quasi

tutto di questo aspetto occulto della T.F.P. Oggi comeoggi, però, questo aspetto non può più essere ignorato,poiché è stato reso di pubblico dominio.

62) Dopo la morte di Paolo VI e l’elezione di Gio-vanni Paolo II (1978) la posizione della T.F.P. e di Al-leanza Cattolica fu attendista: Plinio Corrêa de Oliveiratemeva che Woytjla seguisse la politica flessibile con ilcomunismo dell’episcopato polacco degli anni ‘50. Con iln. 50-51 (giugno-luglio 1979), il nome di Mons. Lefebvre

Massimo Introvigne tra l’abbé du Chalard de Taveau eMons. Lefebvre a palazzo Pallavicini. A destra, dietro a

Mons. Lefebvre, il prof. De Mattei

scomparve dalla selezione libraria, e la foto di GiovanniPaolo II apparve in prima pagina. Dal n. 56, la foto diGiovanni Paolo II è sistematicamente appaiata allo sten-dardo di Alleanza. Giovanni Paolo II ha appena lanciatolo slogan del Concilio alla luce della Tradizione, e Gio-vanni Cantoni si chiede, al seguito di Madiran, se sia “fi-nito il postconcilio” (n. 56, dic. 1979, pp. 10-12). Erano itempi del referendum sull’aborto in Italia, Massimo In-trovigne, che ancora non si occupava di magia sessuale,scriveva di già contro la ‘rivoluzione sessuale’ e le esigen-ze della guerra fredda (?) imponevano di schierarsi con-tro i musulmani in Medio Oriente e per i musulmani inAfghanistan... Quando, finalmente!, Giovanni Paolo II siaccorse dell’Aquila Crociata.... Il 26 aprile 1980 Giovan-ni Paolo II si intrattenne con Cantoni, Sanfratello e DeMattei (n. 61, p. 2); seguì più tardi un’udienza privata,una ‘messa’ (nuova) ed un pranzo presso di ‘Lui’... Can-toni giunse così a ‘rimangiarsi’ la sua opposizione al ‘re-ferendum’ del Movimento per la vita (che lasciava in... vi-ta - parzialmente - l’istituto dell’aborto) (nn. 72 e 73-74,aprile, maggio e giugno 1981). Si consumò così la spacca-tura di Alleanza Cattolica secondo le tre correnti già esi-stenti: quella di Sanfratello, quella di De Mattei e quella(che sola continua Alleanza Cattolica) di Cantoni (ma siaCantoni che De Mattei resteranno sotto la benedizionedella T.F.P.). Subito dopo, è rottura anche con la Frater-nità san Pio X (estate 1981), anche se di ciò non si trovatraccia sui numeri di Cristianità di quei tempi.

63) Riprendo i termini utilizzati dal quotidiano tori-nese La Stampa nel suo resoconto di una conferenza te-nuta da Introvigne all’Università di Torino (ex Offida-ni) per presentare il libro di Gordon Melton Sciento-logy: “dice anche altro, Introvigne: che gli aspetti giuridi-ci o teologici non gli interessano mentre trova correttospiegare, in sede autorevole e pubblica, cosa Scientologysia. Aggiunge: ‘Nostro compito è aprire la scatola e guar-dare cosa c’è dentro. Decidano poi gli altri cosa voglio-no fare del contenuto’. Spiegazione laica, asettica, inec-cepibile, e risposta indiretta al tono polemico con il qua-le ieri il quotidiano delle Cei, Avvenire, ha commentatol’iniziativa” (S., 2/12/98, p. 21).

64) “Il CESNUR è indipendente da qualunque Chie-sa, denominazione, organizzazione o movimento religio-so. Le affiliazioni religiose individuali degli amministra-tori del CESNUR sono diverse fra loro, e non coinvolgo-no il CESNUR in quanto associazione” (dal catalogo peril 12° convegno internazionale del CESNUR, tenutosi aTorino dal 10 al 12 settembre 1998. Alla fine del Con-gresso, al quale ha partecipato anche A.A. Mola, dell’as-sociazione per la difesa della Massoneria, i congressistihanno visitato il Tempio sotterraneo di Damanhur, comeprevisto dal programma: “Il Tempio sotterraneo non ègeneralmente aperto al grande pubblico, ma darà il suobenvenuto ai partecipanti al convegno CESNUR 98. Ipartecipanti iscritti a questa visita saranno divisi in gruppiper la visita al Tempio Sotterraneo. Visiteranno pure ilTempio Aperto e la comunità (...) La cena sarà servita nelnoto ristorante gastronomico di Damanhur”.

65) Vedi il mio Alleanza... Massonica? su Soda-litium, n. 46 p. 61.

66) Cf gli interventi degli onn. Maselli e Caccavaleal 12° Convegno internazionale del CESNUR:“a direche lo Stato, il nostro, già indicato come uno dei più tol-leranti, deve ancor meglio tagliare lacci e lacciuoli, è ve-nuto ieri sera l’on. Domenico Maselli relatore di un dise-gno di legge che modifica la normativa vigente. Il testo siintitola: ‘Norme sulla libertà religiosa ed abrogazione

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della legislazione sui culti ammessi’, significa in praticaridurre se non annullare qualsiasi interferenza dello Sta-to e delle Chiese riconosciute nelle questioni di libertà re-ligiosa: spazio quindi all’individuo, la libertà di coscien-za, di religione e di culto vanno tutelati come diritti fon-damentali” (La Stampa., 12/9/98, p. 35). Introvigne ap-prova queste posizioni ultra-liberali: in una intervistaalla Stampa del 10 settembre 1998 (p. 15) egli auspica“un testo unico che cancelli le pastoie della legge del‘29...” e si rallegra del fatto “che forse già entro l’anno sifirmeranno le intese con buddhisti e testimoni di Geova.Sarà un evento storico”.

67) Mi riferisco particolarmente ad alcuni articoliapparsi su Orion, cf Sodalitium, n. 46, pp. 69-70, n. 5. Iostesso ho sposato questa interpretazione, ibidem, pp. 62ss., che non esclude ma completa quella che qui espon-go. Infatti è innegabile che fino al 1985 gli articoli diMassimo Introvigne sono fermamente contro le sette, ene chiedono la repressione legale da parte dello Stato.

68) In una replica all’agenzia di Stampa Adista, nellaquale Massimo Introvigne mette pesantemente in causala rivista Sodalitium lo stesso ammette ora però di esse-re stato uno dei fondatori del Gruppo di Tebe [sullaquestione, cf Sodalitium, nn. 38 (Introvigne: dalle messenere alla Gran Loggia) e 39 (La ‘smentita’ di MassimoIntrovigne)].

69) Al 12° Congresso del CESNUR (Le minoranzereligiose e spirituali alle soglie del duemila), Faivre haparlato su Le correnti esoteriche occidentali in questa fi-ne di secolo: continuità e nuove prospettive (CentroCongressi dell’Unione Industriale di Torino, 10 settem-bre 1998). Il 7 maggio 1999 Faivre ha partecipato (conIntrovigne, Zoccatelli, Santucci e Berzano) alla giorna-ta di studi organizzata dal CESNUR a Torino su Ledottrine segrete: Esoterismo, Teosofia, New Age. Lagiornata di studi è servita anche per presentare il librodi Faivre, Esoterismo e tradizione, edito dalla Elle Di Ci(salesiani) per la collana Religioni e movimenti direttada Massimo Introvigne (durante il convegno è stato let-to un comunicato di Antonio Girardi, della SocietàTeosofica Italiana!). Introvigne e Faivre hanno scrittoassieme il libro Pour en finir avec les sectes.

70) M. Introvigne, prefazione ad A. Faivre, L’esote-rismo, Sugarco, 1992, p. 9 (ed. fr.: P.U.F., 1992).

71) E. RATIER, Faits & Documents, (n. 27, 15 mag-gio 1997, p. 5).

72) M. MORAMARCO, op. cit., III, p. 472.73) Con Massimo Introvigne, Zoccatelli ha in comu-

ne la militanza in Alleanza Cattolica, l’appartenenza alCESNUR ed il fatto di essere un ex-seminarista (primadella Fraternità san Pio X, poi dei domenicani tradizio-nalisti di Avrillé, infine dell’istituto di don Cantoni. Ungiorno - così mi han detto - bussò persino alla porta del‘seminario’ dell’Istituto Mater Boni Consilii: ma fu unavisita senza seguito...). Prima della conversione, Zocca-telli frequentò ambienti esoterici (come il gruppo rockcrowleyano Temple of Psychick, cf M. Martinez, StoriaSegreta di un Apologeta dei Culti. M. Introvigne, il CE-SNUR, e l’organizzazione di destra brasiliana ‘Tradizio-ne, Famiglia e Proprietà’. Il testo del Martinez, che sitrovava in rete Internet, è stato oscurato dal providersotto pressioni del CESNUR) ed attualmente è diven-tato uno specialista su Crowley... (cf. Crowley un Magoa Cefalù, a cura di PL. Zoccatelli, ed. Mediterranee,Roma 1998). Sul “Tempio della gioventù psichica”(T.O.P.Y.) cf M. INTROVIGNE, Il cappello del mago, op.cit., pp. 287, 291-293 (lettura vietata ai minorenni!).

74) L. CHARBONNEAU-LASSAY, Il bestiario di Cristo,Arkeios, Roma, 1994. All’opera ha collaborato ancheIntrovigne (cf i ringraziamenti dell’editore). Delle edi-zioni Arkeios ho già parlato su Sodalitium, n. 43 pp. 65-66. La proprietaria (nonché traduttrice del Bestiario) èSilvestra Palamidessi, e pubblica - tra l’altro - le operedi Tommaso Palamidessi, “archeosofo”: “è stato sottol’influsso non solo di V. Soloviev, ma anche di Florensijche Tommaso Palamidessi (1913-1983) ha fondato a To-rino nel 1948 l’Ordine iniziatico ‘Loto+Croce’, divenutonel 1968 Associazione Archeosofica” (Faivre, op. cit., p.136).Palamidessi ha scritto molto sul Tantrismo, che,scrive, “non è una tecnica amatoria, come ingiustamenteviene spesso considerato, ma un sistema filosofico edascetico per sublimare la sessualità e raggiungere l’uni-versalizzazione della coscienza”. C’è di che interessareil Massimo studioso della Rivoluzione sessuale e dellaMagia sessuale, Introvigne.

75) Questa affermazione è da confrontare con quan-to scriveva G. Cantoni nel 1966, nella sua prefazione aMito e realtà di Eliade: “il fine primo (...) di questa apo-logetica deve essere la difesa della religione sic et simpli-citer e della naturalità del sacro nella vita dell’uomo enell’uomo stesso (...) un discorso ‘de vera religione’ di-pende e si innesta solo su di una positiva affermazione‘de religione’, senza la quale è vox clamantis in deserto(...)” (p. 13). Secondo Cantoni, cioè, una apologeticacattolica nel XX secolo deve prima iniziare l’uomo mo-derno, ateo e materialista, al “riconoscimento di profon-de motivazioni esistenziali del ‘sacro’, del ‘mitico’, del‘simbolico’” (p. 16) [in questo senso si deve essere ‘buo-ni pagani’], per poi passare a quel sacro particolare chesarebbe quello cattolico, badando a che questo cattoli-cesimo includa sempre “il mythos (l’elemento simbolicoe misterico)” e non sia assorbito dall’elemento “discorsi-vo e teologico” (M. INTROVIGNE, Il ritorno dello gnostici-smo, Carnago, 1993, p. 230, cit. da Zoccatelli a p. 46). Inpratica, occorrerebbe iniziare l’uomo moderno a Eliade[“la sua produzione è una costante perorazione per il sa-cro (...) si pone quindi come uno strumento insostituibilenella difesa della religione e nella persecuzione dell’atei-smo”, Cantoni, p. 17], Guénon ecc., e poi farlo passareagli autori cattolici, a condizione però che sviluppinoquesta medesima prospettiva. Come si vede, dagli anni‘60 ad ora, la posizione è la stessa: quella dell’‘esoteri-smo detto cristiano’ (in realtà: massonico).

76) Zoccatelli accenna qui, soprattutto, alla R.I.S.S.(Revue Internationale des Sociétées Secretes) fondata daMons. Jouin ed approvata dalla Santa Sede. Nella pennadi Zoccatelli il termine “riviste anti-sette” è altamentespregiativo - vista la campagna sua e di Introvigne anti-anti-sette - per cui il lettore è spinto a credere ad una in-giusta persecuzione degli ‘anti-sette’ contro Guénon.

77) Alludo a due canti di Alleanza Cattolica rispetti-vamente di Fabio Di Tullio e Agostino Sanfratello,pubblicati alle pp. 1 e 23 del Canzoniere (1976).

78) Ricordo come entrambi collaborassero ad unarivista dedicata al Sacro Cuore. Il primo articolo diCharbonneau (del 1922) collegava il S. Cuore ai Tem-plari, il primo di Guénon (del 1925) s’intitolava Il SacroCuore e la leggenda del Santo Graal [cf M.-F. James,Èsotérisme et christianisme autur de René Guénon,N.E.L., Paris, 1981, specialmente: Autour de ‘Regnabit’(pp. 235-299) col preambolo: Il ‘Sacro Cuore’, soggettodi predilezione cattolico ed esoterico].

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Abbreviazioni:O.R. - L’Osservatore Romano, edizione

italiana.D.C. - La Documentation Catholique.

I NOVISSIMI SECONDO GIOVANNI PAOLO II

“In omnibus operibus tuis, memorare no-vissima tua, et in aeternum non pecca-

bis” (Eccli, 7, 40): in tutte le opere tue ricor-dati della tua fine - delle cose ultime - e nonpeccherai in eterno. Se il Catechismo Mag-giore di san Pio X elenca i quattro novissimi(Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso) - alquale possiamo aggiungere il Purgatorio -tra le “verità principali della fede cristiana”,tutta la tradizione cattolica ha sempre postola meditazione dei “novissimi”, anche sullascorta della citazione scritturale summenzio-nata, al posto principale della via purgativanell’ascetica cristiana. Il dilagare del peccatonei nostri tempi e la conseguente dannazio-ne di innumerevoli anime, sono certamenteattribuibili - anche - alla pratica scomparsadella predicazione dei novissimi dovutaall’“ottimismo” del Concilio Vaticano II (cfad esempio R. Amerio, Iota unum, Ricciar-di, Milano- Napoli, 1985, pp. 581-590, per ilcaso dell’inferno).

Ha fatto scalpore, pertanto, questa esta-te, la predicazione di Giovanni Paolo II suquesti temi, predicazione preceduta da unarticolo della Civiltà Cattolica sull’Inferno.Ritorno alla dottrina e alla ascetica tradizio-nale? Purtroppo la risposta, come vedremo,è negativa. Questa nostra conclusione si ba-sa su di un attento esame dei tre discorsi te-nuti da Giovanni Paolo II nel contesto dellasua catechesi del mercoledì, durante l’udien-za generale: quello sul Paradiso (O.R.,22/7/99, p. 4, che designeremo con “I”),quello sull’Inferno (O.R., 29/7/99, p. 4, chedesigneremo con “II”) e quello sul Purgato-rio (O.R., 5/8/99, p. 4, che designeremo con“III”). Quanto ai commenti della stampa,rinviamo alla Rassegna Stampa di Sodali-tium. Poiché la nostra è una analisi critica(legittimata solo dal fatto che Giovanni Pao-lo II non è - formalmente - Papa), ci limite-remo ai punti che creano difficoltà, seppure

LL’’OOSSSSEERRVVAATTOORREE RROOMMAANNOO

in maniera non uniforme, alla fede delcattolico.

Terminologia e nuove definizioni. Un aldilàpersonalistico...

Come in ogni buon trattato, iniziamodalle definizioni (nominali e reali). I terminiclassici e ormai consacrati da un lungo usoda parte del Magistero (se non della SacraScrittura) sono visti con diffidenza ed accet-tati solo tra virgolette: così, Giovanni PaoloII parla di “Cielo” e “beatitudine” (e mai diParadiso), e di “purgatorio”. Solo l’inferno,con la minuscola, non è virgolettato, ma èaccostato al termine dannazione come a unsuo sinonimo. Tutto ciò, come vedremo, nona caso. Se passiamo dal termine utilizzato al-le definizioni, notiamo subito un cambia-mento di prospettiva rispetto al concettocorrente di Paradiso, Inferno e Purgatorio.

Il “Cielo” sarebbe, in effetti, “pienezza dicomunione con Dio” (I, 1). Dettagliando, ecitando il Catechismo della Chiesa Cattolica,“questa vita perfetta, questa comunione di vitae di amore con la santissima Trinità, con laVergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chia-mata ‘il cielo’. Il cielo è il fine ultimo dell’uo-mo e la realizzazione delle sue aspirazioni piùprofonde, lo stato di felicità suprema e defini-tiva (n. 204)” (I, 1). In questa definizione sinota non solo l’assenza del concetto di Cielocome luogo (come vedremo appresso), maanche e soprattutto il fatto che viene trascu-rato quello che è invece l’elemento essenzialedella vita eterna, ovvero la visione beatificadi Dio. Di essa, d’altra parte, non si fa cennoin tutto il discorso di Giovanni Paolo II sulParadiso, che viene, di volta in volta, descrit-to come “partecipazione alla piena intimitàcon il Padre”, “rapporto vivo e personale conla Trinità santa”, “incontro con il Padre”,“pieno possesso dei frutti della Redenzione”,“beata comunità di tutti coloro che sono per-fettamente incorporati in Lui (Cristo)”,“gioia” e “pace” (I, 4-5). Eppure, sia la Rive-lazione (1 Cor, 13, 12; 1 Jo, 3, 2; Jo, 17, 3), siala teologia (S. Tommaso, I-II, q. 3, a. 4), sia ilcatechismo (Catechismo ad parochos delConcilio di Trento, I, cap. XIII, 7) (1), fannoconsistere essenzialmente la Beatitudine nel-la visione faccia a faccia di Dio.

Questa omissione non è casuale. ComeGiovanni Paolo II stesso sottolinea, il nuovoconcetto del Paradiso viene dalla “sua” filo-

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sofia, che è il personalismo: “oggi il linguag-gio personalistico riesce a dire meno impro-priamente la situazione di felicità e di pace incui ci stabilirà la comunione definitiva conDio” (I, 4). Nella tesi di laurea in teologiasostenuta presso l’Angelicum di Roma (Lafede secondo san Giovanni della Croce) sipuò cogliere di già l’influenza di questo pen-siero personalista e fenomenologico pressoil giovane Wojtyla, influenza criticata dalsuo professore di allora, il Padre domenica-no Garrigou-Lagrange. Wojtyla - come spie-ga il filosofo Rocco Buttiglione - rifiuta divedere in Dio un oggetto di conoscenza:“Dio stesso non è oggettivabile”. “Dio nonva pensato come un oggetto, ma come unapersona, che può essere conosciuta solo inuna reciproca relazione di dono”. “In realtà,è evidente nella tesi [di Wojtyla] la tendenzaa non risolvere il linguaggio esperienziale,che parte dal soggetto, di San Giovanni dellaCroce [inteso alla maniera dei fenomenolo-gi] e dall’oggetto”. Infatti, “non si dà nessunaconoscenza di Dio come oggetto da partedell’uomo” (2). Il “paradiso” di Karol Wojty-la non è più dunque quello della tradizioneteologica cattolica sistematizzata da SanTommaso, ma quella di Emmanuel Lévinase Martin Buber (3).

Anche il nuovo concetto di inferno epurgatorio saranno pertanto espressione delpersonalismo e della fenomenologia. L’in-ferno è sottrarsi “alla comunione gioiosa conDio” (II, 1), “auto-esclusione dalla comunio-ne con Dio e con i beati” (II, 3; Catechismodella Chiesa cattolica, n. 1033) e non la pri-vazione della visione di Dio; e il purgatoriosarebbe una comunione imperfetta (cometra le “chiese” cristiane nel post-concilio!)con Dio, per coloro che si trovano in unacondizione di apertura a Dio, ma in un modoimperfetto” (III, 1) e non ancora la privazio-ne - seppur temporanea - della vista di Dio.

Da questo concetto personalista e sog-gettivista dell’aldilà, vengono immediata-mente alcune conseguenze.

Dove sono il Paradiso, l’Inferno e il Purga-torio? Da nessuna parte.

Paradiso, Inferno e Purgatorio esprimo-no, anche etimologicamente, l’idea di unluogo, e solo di conseguenza l’idea dellacondizione e dello stato di chi si trova inquesti luoghi. In effetti, solo ciò che non esi-

ste non è in un luogo. Dove c’è un corpo, c’èanche un luogo; e pure gli spiriti, come l’ani-ma separata, gli angeli e Dio stesso, sono nelluogo dove agiscono (per cui Dio è “in cielo,in terra e in ogni luogo”). Siccome in Paradi-so si trovano Nostro Signore Gesù Cristo ela SS.ma Vergine con il loro corpo (seppurglorificato), e siccome dopo la risurrezionedella carne tutti risorgeremo con il propriocorpo, è impossibile negare che il Paradiso el’Inferno (e analogicamente pure il Purgato-rio, col modo di essere in un luogo degli spi-riti) siano un luogo, senza negare, seppurimplicitamente, l’esistenza di beati e di dan-nati, inclusi Cristo e la Madonna (4).

Ora, è quello che fa Giovanni Paolo II.Per quanto riguarda il paradiso: “...il ‘cielo’o la ‘beatitudine’ nella quale ci troveremonon è una astrazione, [ma] neppure un luogofisico tra le nubi...” (I, 4). Per quanto riguar-da l’Inferno: “l’inferno sta ad indicare piùche un luogo, la situazione in cui viene a tro-varsi chi liberamente e definitivamente si al-lontana da Dio, sorgente di vita e di gioia”(II, 3). Per quanto riguarda il Purgatorio:“questo termine non indica un luogo, ma unacondizione di vita” (III, 5). Evidentemente iBeati non si trovano tra le nubi del Paradisodella Lavazza, o a portata dell’astronave diGagarin, né i dannati si trovano nell’infernodi Renzo Arbore... Neppure si possono im-porre come verità di fede le ipotesi degliscolastici, incluso San Tommaso sul luogodel Paradiso e dell’Inferno. Ma ignorare concertezza la localizzazione non vuol dire ne-garla! Se ignoro dove si trova una persona,non posso certo dedurne che non si trova inalcun luogo... a meno di negare l’esistenza diquesta persona, trasformata in un grumo disensazioni e di esperienze di comunione onon-comunione con un Dio non-oggetto-di-conoscenza!

Eppure, sia la Sacra Scrittura, sia le defi-nizioni della Chiesa, sia la dottrina dei teolo-gi, parlano chiaramente di “luogo” a propo-sito del nostro soggetto. Giuda suicida è an-dato “al luogo suo” (Atti, 1, 25), i demonipregarono Gesù “che non comandasse lorod’andare nell’abisso” (Lc, 8, 31) dove Dio liaveva precipitati dopo il primo peccato (2Pt, 2, 4), il ricco epulone “sepolto nell’infer-no” si trova in un “luogo di tormento” (Lc,16, 22-28), al nome di Gesù si piegano le gi-nocchia “degli esseri celesti e dei terrestri e diquei sotto terra” (Phil, 2, 10), Per la Chiesa,

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è un luogo l’inferno (“le anime invece di co-loro che muoiono in peccato mortale o con ilsolo peccato originale, discendono subitoall’inferno, per essere tuttavia punite con di-verse pene e in diversi luoghi” GiovanniXXIII, D.B. 493a, DS 926), è un luogo ilpurgatorio (Innocenzo IV parla del “luogodi ...purificazione” D.B. 456, D.S. 838, eTrento parla a proposito del purgatorio di“anime ivi trattenute”, D.B. 983, D.S. 1820,termine ripreso nella professione di fede tri-dentina) ed il Canone della Messa definisceil Cielo “luogo di refrigerio, di luce e di pa-ce” [il termine stesso di “paradiso” (Lc, 23,43) indica un luogo]. Per Suarez, la localiz-zazione dell’inferno è addirittura una dottri-na di fede cattolica (D.T.C., voce Enfer, col.101). L’errore di Giovanni Paolo II è oppo-sto a quello del luterano Brentz: per lui l’in-ferno è dappertutto, per Karol Wojtyla nonè da nessuna parte (cf D.T.C., cit., col. 90).

L’inferno è una pena?

Sembrerebbe ozioso porsi questa doman-da, ma commentando Giovanni Paolo II nonlo è. Il proprio della pena, insegna S. Tomma-so, è di essere “afflittiva, contraria alla volontàe inflitta per una colpa” (I-II, q. 46, a 6 ad 2).

Ora, Giovanni Paolo II scrive, a proposi-to dell’inferno: “non si tratta di un castigo diDio, inflitto dall’esterno...” (II, 1); “è questo

L’Inferno in un affresco tardo medioevale

stato di definitiva auto-esclusione dalla co-munione con Dio e con i beati che viene desi-gnata con la parola ‘inferno’ (N. 1033, delCatechismo della Chiesa cattolica)” (II, 3);“la ‘dannazione’ non va perciò attribuitaall’iniziativa di Dio, poiché nel suo amoremisericordioso non può volere che la salvez-za degli esseri da lui creati. La ‘dannazione’consiste proprio nella definitiva lontananzada Dio liberamente scelta dall’uomo e con-fermata con la morte che sigilla per semprequell’opzione. La sentenza di Dio ratificaquesto stato” (II, 3).

Certo, non esiste una calviniana prede-stinazione alla dannazione prima della pre-visione dei meriti. Certo, Dio, giusto giudi-ce, condanna solo chi lo merita per i propripeccati. Certo, colui che muore nel peccatomortale è incapace di godere della visione diDio poiché privo della grazia santificante(argomento che Giovanni Paolo II passa in-teramente sotto silenzio), né può amare Diopoiché il peccato lo fa suo nemico. Tuttavia,Dio (e Cristo) non è più giudice qual’è, senon pronuncia una condanna e se non laesegue con un castigo che venga dall’ester-no, come d’altra parte afferma chiaramenteGesù nel Vangelo: “andate via da me, male-detti, nel fuoco eterno, che è preparato per ildiavolo e i suoi angeli” (Mt, 25, 41). Non siauto-esclude l’uomo entrato nella sala delbanchetto senza veste nuziale, ma viene cac-ciato fuori dal Re: “legategli le mani e i piedie gettatelo fuori nel buio, ivi sarà il pianto elo stridor di denti” (Mt, 22, 13), come il ser-vo inutile della parabola dei talenti (Mt, 25,30). Non si auto-escludono le vergini stolte,anzi, bussano alla porta dicendo: “Signore,Signore, aprici!”, ma lo Sposo risponderà:“non vi conosco” (Mt, 25, 12). Non si auto-squarta il servo infedele: è il padrone chetorna all’improvviso che “lo farà squartare egli assegnerà la sorte degli ipocriti; ivi saràpianto e stridor di denti” (Mt, 24, 51). Dio,che secondo Giovanni Paolo II non castiga,secondo Gesù deve essere temuto, poiché“dopo aver ucciso, ha il potere di gettarvinella Geenna” (Lc, 12, 4). A che serve conti-nuare, tanto è evidente quanto vogliamo di-mostrare? Anche nella giustizia umana, ilcriminale si condanna in un certo senso dasé stesso col commettere il crimine, che lorende degno di punizione; ma a questa puni-zione vorrebbe sfuggire se lo potesse (tran-ne il caso di vero pentimento, da escludersi

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nei dannati), e la pena gli è giustamente in-flitta dal giudice, e non auto-inflitta.

Per i motivi esposti sopra, però, si potreb-be a rigore intendere rettamente quanto so-stenuto da Giovanni Paolo II se non esistesseche una pena del danno: la perdita di Dio,poiché questa perdita nel dannato è in effetti“l’ultima conseguenza dello stesso peccato,che si ritorce contro chi lo ha commesso” (II,1). Ma questa posizione è indifendibile perquel che riguarda la pena del senso...

La pena del senso.

Ma per Giovanni Paolo II esiste in infer-no la pena del senso, ovvero una pena chevenga dal di fuori del dannato e provocatada una causa sensibile per volere positivo diDio (cf S. Tommaso, 2, d. 37, q. 3, a. 1)? Intutto il discorso di Giovanni Paolo II non vene è il minimo accenno, anzi, se ne può tro-vare l’implicita negazione: “non si tratta di uncastigo di Dio inflitto dall’esterno” (II, 1)...Tutta la pena del dannato (pardon: la “com-pleta frustrazione e vacuità”, di cui in II, 3)gli viene dall’interno di sé stesso, dalla suainsoddisfazione e infelicità per essersi chiusoall’amore (cf II, 3). Eppure l’esistenza di unapena del senso distinta dalla pena del danno(o dannazione) è da credersi di fede divina(Cardinal Gasparri, Catechismo cattolico peradulti, questioni dibattute, VII) e anche difede cattolica esplicitamente definita dallaChiesa (Sacrae Theologiae Summae, de no-vissimis, n. 149, B.A.C., Madrid, 1951); ne-garne l’esistenza sarebbe una eresia vera epropria (cf Benedetto XII, D.B. 531, D.S.1002; Conc. Lione II, D.B. 464, D.S. 858).

“Nel fuoco eterno...”. Giovanni Paolo II po-trebbe essere assolto in confessionale?

Ecco un’altra domanda stravagante, senon provocatoria, dirà il lettore! Eppure,non senza fondamento. In effetti, il 30 aprile1890, la Santa Sede (Poiché la S. Penitenze-ria è un organo della Santa Sede), interroga-ta se: “si dovesse dare l’assoluzione ai peni-tenti che ammettono in Inferno solo un fuocometaforico, e non un fuoco reale”?, rispose:“bisogna istruire con cura questi penitenti e,se si ostinano, non assolverli” (5). Ora, Gio-vanni Paolo II insegna per l’appunto chequesto fuoco, di cui parla incessantemente laSacra Scrittura - e particolarmente il Vange-

lo - deve essere inteso simbolicamente. “Perdescrivere questa realtà [dell’inferno] la Sa-cra Scrittura si avvale di un linguaggio sim-bolico (...). Ricorrendo ad immagini, il Nuo-vo Testamento presenta il luogo destinatoagli operatori di iniquità come una fornaceardente, dove è ‘pianto e stridore di denti’(Mt 13, 42; cfr 25, 30.41), oppure come laGeenna ‘dal fuoco inestinguibile’ (Mc, 9, 43)(...). Le immagini con cui la Sacra Scritturaci presenta l’inferno devono essere rettamenteinterpretate” (II, 2-3). E quale ne è l’inter-pretazione ‘autentica’? “Esse indicano lacompleta frustrazione e vacuità di una vitasenza Dio” (ivi). Quindi, per Giovanni Pao-lo II il fuoco infernale (che è la principalepena del senso indicata dalla Sacra Scrittu-ra) è solo un’immagine e un simbolo dellapena del ‘danno’, il che equivale - ancorauna volta - a negare di fatto ogni distinzionetra le due pene. Anzi: più che alla pena deldanno (privazione della visione di Dio), quiGiovanni Paolo II sembra parlare solo di unfallimento esistenziale da cura psicanalitica(“completa frustrazione e vacuità di una vitasenza Dio”), il che è senza dubbio un bel-l’esempio di linguaggio personalistico (mapoco teologico) (6).

Il Dictionnaire de Théologie Catholique(voce: Feu de l’Enfer) espone ampiamente laquestione della realtà del fuoco dell’infernonella Scrittura, nei Padri e nei teologi. La suaconclusione (coll. 217-219) è che la dottrinadella realtà del fuoco dell’inferno è insegnatadal magistero ordinario universale in tal mo-do che non si tratta più di una questione libe-ra. Negare questa realtà (trovandosi in com-pagnia di Origene e di Calvino) comporta al-meno un peccato mortale di temerarietà (inquanto negazione della dottrina comune).Spingendosi oltre, il D.T.C. afferma che que-sta dottrina è teologicamente certa, anziprossima della fede nonché definibile (cf an-che Gasparri, Hugon, Lépicier, Billot, ecc.).

Ci sono dei dannati in Inferno?

Ma - e questa non è una novità nel pen-siero di Karol Wojtyla - egli si spinge oltre, egiunge a ipotizzare la possibilità che in defi-nitiva nessun uomo sia dannato. “La danna-zione rimane una reale possibilità, ma non ciè dato di conoscere, senza speciale rivelazionedivina, se e quali esseri umani vi siano effetti-vamente coinvolti” (II, 4). Sarebbe inutile

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cercare nei manuali di teologia pre-conciliarila refutazione di questo errore o eresia chedir si voglia, poiché nessuno era così folle daemettere una ipotesi simile. La questione di-battuta era infatti quella sul relativamentepiccolo o grande numero degli eletti rispettoa quello dei reprobi, ma nessuno, neppure gliautori più benigni e ottimisti, ipotizzava lasoluzione estrema: la salvezza effettiva ditutti gli uomini. Una cosa, infatti, è dire chenon possiamo sapere concretamente chi si èdannato senza una rivelazione speciale, co-me nel caso di Giuda (Atti, 1, 25; Jo 17, 12;Mt 26, 24; D.T.C., Enfer, col. 99), altra cosa èsostenere che (forse) nessuno si dannerà. InVarcare la soglia della speranza (p. 201-202),Wojtyla spiega più diffusamente il suo pen-siero: “In Cristo, Dio ha rivelato al mondo divolere (7) che ‘tutti gli uomini siano salvati earrivino alla conoscenza della verità’ (I Tim,2, 4). Questa frase della Prima Lettera a Ti-moteo ha un’importanza fondamentale [dasola?] per la visione e l’annuncio delle coseultime. Se Dio desidera così, se Dio per que-sta causa dona suo Figlio (..) può l’uomo es-sere dannato, può essere respinto da Dio?”.Già l’impostazione della domanda adombrala risposta negativa... Infatti: “da sempre ilproblema dell’inferno ha turbato i grandipensatori della Chiesa, a partire dagli inizi, daOrigene, sino ai nostri tempi, a Michail Bul-gakov e Hans Urs von Balthasar”. Ma Bul-gakov non è un eretico gnostico? Balthasarun esponente della “nuova teologia” con-dannata da Pio XII che sperava nella salvez-za universale a causa delle ‘visioni’ di unadonna per la quale lasciò la Compagnia diGesù? E Origene non fu condannato lui stes-so? “In verità - deve ammettere Wojtyla - gliantichi concili avevano respinto la teoria dellacosiddetta apocatàstasi finale, secondo la qua-le il mondo sarà rigenerato dopo la distruzio-ne e ogni creatura sarà salva; una teoria cheindirettamente aboliva l’inferno”. La Chiesaha dunque parlato: Origene è condannato, isuoi turbamenti e quelli dei suoi epigoni so-no eterodossi, la questione è chiusa! E inve-ce “il problema è rimasto. Può Dio, il qualeha tanto amato l’uomo, permettere che costuilo rifiuti così da dover essere condannato aperenni tormenti?” Chiediamolo a Dio stes-so! In effetti, ammette Giovanni Paolo II, “leparole di Cristo sono univoche. In MatteoEgli parla chiaramente di coloro che andran-no al supplizio eterno (cfr 25, 46)”. Quindi

Giovanni Paolo II dovrebbe ora esplicita-mente dire che qualcuno si danna! Invececonfonde nuovamente le carte: “Chi sarannocostoro? La Chiesa non si è pronunciata inmerito. Questo è un mistero, veramente in-scrutabile, tra la santità di Dio e la coscienzadell’uomo. Il silenzio della Chiesa è, dunque,l’unica posizione opportuna del cristiano.Anche quando Gesù dice di Giuda, il tradito-re, ‘sarebbe meglio per quell’uomo che nonfosse mai nato!’ (Mt 26, 24), la dichiarazionenon può essere intesa con sicurezza nel sensodell’eterna dannazione”, per cui i lettori con-cluderanno che se Giuda, il ‘figlio della per-dizione’, non si è perduto, tanto meno ci per-deremo noi. Eppure, il Concilio di Quiercyha definito: “Dio onnipotente ‘vuole che tuttigli uomini’ senza eccezione ‘siano salvati’ (1Tim 2, 4); tuttavia non tutti vengono sal-vati” (D.S. 623; D.B. 318). Questa speranzadi salvezza universale va contro al senso ov-vio di tutto il Vangelo (“le parole di Cristosono univoche”, ammette Giovanni Paolo IIstesso), non tiene conto di quanti muoionocol solo peccato originale (8), va contro ildogma secondo il quale “fuori dalla Chiesanon c’è salvezza” (9), va contro, infine l’evi-denza dell’esperienza quotidiana per gli stes-si cattolici, che vivono comunemente in pec-cato mortale.

E alla domanda degli apostoli “sono molticoloro che si salvano” Gesù non rispose loroche forse tutti si salvano, ma disse al contra-rio: “ entrate nella porta stretta, perché larga èla porta e spaziosa la via che conduce alla per-dizione, e molti sono quelli che entrano per es-sa; quanto stretta invece è la porta e angusta lavia che conduce alla Vita, e quanti pochi sonoquelli che la trovano” (Mt, 7, 13-14).

Chi va in Cielo, in Inferno, in Purgatorio?

Abbiamo visto che forse - per KarolWojtyla - tutti vanno in Paradiso e nessunoin Inferno. Ma qui vogliamo parlare del cri-terio di giudizio. Nella sua catechesi sul Cie-lo, ad esempio, Giovanni Paolo II non famai menzione della grazia e della necessitàdi morire in grazia di Dio. Le sue espressio-ni sono, ancora una volta, vaghe e “persona-listiche”: “coloro che hanno accolto Dio nel-la loro vita e si sono sinceramente aperti alsuo amore almeno al momento della morte,potranno godere di quella pienezza di comu-nione con Dio, che costituisce il traguardo

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dell’esistenza umana” (I, 1). Similmente peril Purgatorio, nessun accenno al peccato ve-niale o al peccato mortale perdonato manon sufficientemente espiato; vanno in Pur-gatorio “quanti si trovano in condizione diapertura a Dio, ma in un modo imperfetto”(III, 1). In Inferno ci si va per un solo pecca-to mortale; Giovanni Paolo II menziona ilpeccato mortale solo in una citazione delCatechismo, ma visibilmente preferisce spie-gare che può dannarsi colui che “respinge lamisericordia del Padre anche nell’ultimoistante della sua vita” (I, 1). Ciò è senza dub-bio vero, ma gli ascoltatori di Giovanni Pao-lo II - gli uomini moderni - avevano certa-mente bisogno di farsi spiegare cosa signifi-ca esattamente respingere la misericordiadel Padre o ostinarsi a “non aprisi al Vange-lo” (I, 2). Chi dice di amar Dio ma muore inpeccato, ha respinto la misericordia del Pa-dre? Sarebbe opportuno precisare.

La Resurrezione dei morti ed il Giudizio in un affresco tardo medioevale

I Novissimi e la Sacra Scrittura

Esaminiamo ora brevemente l’interpre-tazione della Scrittura che dà Giovanni Pao-lo II. Abbiamo già visto come egli riduca asimbolo e immagine quanto Gesù dice delCielo e dell’Inferno. Segnaliamo altri errori.Egli esclude che la Rivelazione abbia chiara-mente parlato dell’Inferno nell’Antico Te-stamento (cf II, 2). Se questo è vero per ilPentateuco, non è però esatto per i Profeti:Isaia, Ezechiele, Daniele (cf D.T.C., voceenfer, coll. 35-36). Quanto alla dottrina delPurgatorio, essa non sarebbe “enunciata inmodo formale” nella Scrittura (III, 2) men-tre il Concilio di Trento sostiene che “laChiesa cattolica (...) in conformità alle Scrit-ture (...) ha insegnato che il purgatorio esiste”(D.S. 1820) ed è stato condannato Luteroper aver sostenuto che “il Purgatorio nonpuò essere provato mediante la sacra Scrittu-ra che si trova nel canone” (Leone X, D.S.1487, D.B. 777). Ma dei luoghi invocati dallaChiesa in favore della dottrina del Purgato-rio non viene citato né Mt 12, 32, né il librodei Maccabei, ma solo 1 Cor, 3, 14-15. Ladottrina del Purgatorio nel discorso checommentiamo è daltronde ridotta all’osso.Non c’è traccia delle pene del Purgatorio, nédi anime del Purgatorio. Nel Purgatorio ci sitrova anzi “in cammino verso la piena beati-tudine” (III, 1). Il Purgatorio sarebbe quindiuna beatitudine semi-piena, più che un “in-ferno” transitorio.

Nequaquam moriemini (non morirete affatto)

Sono le parole del serpente tentatore perindurre Eva - che esitava a causa del timoredel castigo divino - al peccato: “no davveroche non ne morirete”! (Gn 3, 4). Da allora, ildemonio e i mondani si comportano così,rassicurando il peccatore (cf S. Ignazio,Esercizi spirituali, n. 314). “I mondani... perincoraggiarsi a perseverare nella loro maliziasenza scrupolo, gridano ogni giorno: ‘Vita,vita! Pace, pace! Gioia, gioia! ... Dio è buo-no. Dio non ci ha creato per dannarci; Dionon proibisce di divertirsi; non saremo dan-nati per quello; via gli scrupoli! Non morie-mini [non morirete], ecc.” (S. Luigi MariaGrignon de Montfort, Lettera circolare agliamici della croce, n. 10). Pio XII insegna che“la predicazione delle prime verità della fedee dei novissimi non solo non ha perso nulla

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della sua opportunità anche ai nostri giornima è diventata persino più che mai necessariae urgente. Anche la predicazione sull’inferno.Senza dubbio, bisogna trattare questo sogget-to con dignità e saggezza. Ma quanto alla so-stanza di questa verità, la Chiesa ha, davantia Dio e davanti agli uomini, il sacro doveredi annunciarla, di insegnarla senza alcunaattenuazione, quale Cristo l’ha rivelata, enon c’è alcuna circostanza di tempo che pos-sa diminuire il rigore di questo obbligo. Essoobbliga in coscienza ogni sacerdote al quale,nel ministero ordinario o straordinario, è sta-ta affidata la cura di istruire, avvertire e gui-dare il fedeli. È vero che il desiderio del Cieloè un motivo in se stesso più perfetto del timo-re delle pene eterne; ma non ne segue che pertutti gli uomini sia anche il più efficace pertrattenerli lontano dal peccato e per conver-tirli a Dio” (10). Giovanni Paolo II ha predi-cato i fini ultimi e l’inferno “senza alcuna at-tenuazione”? Giovanni Paolo II coltiva lasperanza che tutti effettivamente si salvino,e che persino Giuda si sia salvato. Al contra-rio, Sant’Alfonso de’ Liguori, dottore dellaChiesa, predicava al popolo: “Tutti vanno inParadiso? Oh, quanti pochi ci vanno!” (11).

Il Vaticano II si è presentato come unConcilio pastorale, particolarmente attento,cioè, ai bisogni concreti delle anime. KarolWojtyla stesso ha ammesso, con VittorioMessori, l’efficacia pastorale della ‘vecchia’predicazione dei novissimi: “quante personefurono indotte alla conversione e alla confes-sione da queste prediche e riflessioni sulle co-se ultime! (...) Si può dire che tali prediche,perfettamente corrispondenti al contenutodella Rivelazione nell’Antico e nel NuovoTestamento, penetravano profondamente nelmondo intimo dell’uomo. Scuotevano la suacoscienza, lo gettavano in ginocchio, lo con-ducevano alla grata del confessionale, aveva-no una loro profonda azione salvifica” (Var-care le soglie della speranza, pp. 197-198). Sitratta di un elogio, certo, ma di un elogio fu-nebre: il Concilio ha inaugurato un “muta-mento della prospettiva escatologica” (p. 200,cf pp. 198-200).

Si tratta non solo di un mutamento dot-trinalmente errato - lo abbiamo visto - maanche pastoralmente dannoso. La nuovapredicazione dei fini ultimi svapora il Para-diso, rende il Purgatorio un Paradiso incom-pleto (e nel suo discorso Giovanni Paolo IInon ha invitato a suffragare le anime pur-

ganti, se non vaghissimamente al n. 6) e l’In-ferno uno stato d’animo di tristezza senzaalcun uomo che lo sperimenti. Il neo-orige-nismo di Karol Wojtyla si inserisce nel solcodi quegli eretici del passato, auto-denomina-tisi “misericordiosi”, che volevano indiretta-mente abolire l’inferno e le sue sofferenze.Ma quale “misericordia” più crudele e ingiu-sta di quella che lascia i peccatori dormiresonni tranquilli, senza avvertirli dell’immi-nente castigo di Dio? Poiché “ormai la scureè già posta alla radice degli alberi; ogni albe-ro dunque che non dà buon frutto sarà ta-gliato e gettato nel fuoco” (Mt, 4, 10).

BREVI SEGNALAZIONI

Non potendo, per motivi di spazio e ditempo, commentare altri documenti, segna-liamo ai lettori alcuni punti meritevoli di ap-profondimento.

* Divorziati risposati. A proposito dellapastorale dei divorziati risposati. La LibreriaEditrice Vaticana ha pubblicato in un volu-me i documenti del “magistero” su questaquestione, con una introduzione del card.Ratzinger (testo francese in D.C., n. 2201, 4aprile 1999, pp. 316-325). Il cardinale nonaccetta le nuove teorie che ammetterebberola possibilità di accordare il matrimonio o isacramenti ai divorziati risposati, ma mostraanche l’evoluzione avvenuta con il Concilio(cf cap. I: visione personalista, soppressionedei cann. 2356 e 855 § 1, ecc.). In particolare,Ratzinger propone due scappatoie, una giàin atto, e una da studiare. Quella in atto è lapossibilità, espressa dal nuovo codice (cann.1536 § 2 e 1679) di dichiarare la nullità delmatrimonio fondandosi solo sulle dichiara-zioni degli sposi! (II, 7; III, 3 b). Quella futu-ribile è la possibilità di non considerare piùil matrimonio tra due battezzati un sacra-mento, se essi, all’atto del matrimonio, nonsono credenti (cf III, 4). In ogni caso, i “di-vorziati risposati” sono passati dallo stato dipeccatori pubblici (I, 2) a quello di testimo-ni, a certe condizioni e “a modo loro, dell’in-dissolubilità del matrimonio e della loro fe-deltà alla Chiesa” (II, 4).

* I “peccati” della Chiesa. Il discorso diGiovanni Paolo II durante l’udienza generaledel 1 settembre 1999 (D.C. 2211, pp. 834-835,O.R. 2 sett. p. 4) riprende i temi di Tertio Mil-lennio Adveniente, preparando la grande abiuraprevista per il mercoledì delle Ceneri del 2000.

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* Accordo con i luterani sulla giustifica-zione (D.C., n. 2209, pp. 720-722). Verrà fir-mato il 31 ottobre a Augsburg (città della fa-mosa professione di fede protestante) “in oc-casione della festa della Riforma” (il 31 otto-bre è la data della rivolta di Lutero) un docu-mento comune cattolico-luterano sulla giu-stificazione. Si tratta di un annesso alla Di-chiarazione comune cattolica e luterana sulladottrina della giustificazione”, a suo tempodichiarato in parte contrario alla fede cattoli-ca, dai suoi stessi autori! (cf Sodalitium, n. 48pp. 48-50). “La Chiesa cattolica e la Federa-zione luterana mondiale hanno iniziato il dia-logo e l’hanno proseguito come partner dotatidi pari diritti (‘par cum pari’)”. La dichiara-zione comune tace quasi totalmente i puntiin cui la dottrina cattolica e quella protestan-te sulla giustificazione si contraddicono e dàcosì un senso luterano ai punti in cui, a rigo-re, le due dottrine sarebbero conciliabili.

* Sacerdozio femminile. Cacciato dallaporta, tornerà dalla finestra? Paolo VI (Interinsigniores) e Giovanni Paolo II (Ordinatiosacerdotalis) hanno chiuso la porta al sacer-dozio femminile (seppur tacendo gli argo-menti intrinseci e decisivi), ma l’hanno la-sciata aperta al diaconato. Un articolo di P.Piersandro Vanzan pubblicato sulla CiviltàCattolica (n. 3562, 6 marzo 1999; D.C. n2203, pp. 440-446) - e gli articoli della CC so-no approvati in alto loco - ammette la possi-bilità del diaconato femminile. Poiché il dia-conato fa parte del sacramento dell’Ordine,cadrebbe l’incompatibilità tra Ordine e ses-so femminile. E quindi si riaprirebbe il di-scorso sul sacerdozio...

* Salvezza universale? “Il mistero del ‘ri-torno-a-casa’ [del figliol prodigo] esprime mi-rabilmente l’incontro tra il Padre e l’umanità,(...) in un circolo d’amore che non riguardòsolo il figlio perduto, ma si estende a tutti”(Udienza generale, O.R. 9 sett. 1999, p. 4).

* Ebraismo. “Nel pomeriggio di venerdì11 giugno, Papa Giovanni Paolo II si è rac-colto davanti al monumento delle vittimedell’Olocausto, edificato nel 1988 (...). Il Pa-pa, circondato dai membri della comunitàebraica, è stato a lungo in silenzio prima dipronunciare una preghiera al ‘Dio di Abra-mo, Dio dei Profeti...’. Su iniziativa di StevenGoldstein, il Papa ha scritto una preghierache è stata stampata su di una immagine dif-fusa in Polonia in un milione di esemplari.Essa riproduce la foto dell’incontro del Papa

e del rabbino capo Elio Toaff, a Roma, il 13aprile 1986. Il Papa ha letto questa preghieraa alta voce in questo luogo del ghetto di Var-savia. Eccone il testo integrale:

‘Dio di Abramo, Dio dei Profeti, Dio diGesù Cristo, in te tutto è contenuto; verso di tetutto si dirige; tu sei il termine di tutto. Esau-disci la nostra preghiera per il popolo ebrai-co, che a motivo dei suoi Padri Tu prediligiancor oggi. Suscita in esso il desiderio semprepiù vivo di penetrare profondamente la tuaverità e il tuo amore. Assistilo, affinché, neisuoi sforzi per la pace e la giustizia, sia soste-nuto nella sua grande missione di rivelazioneal mondo della tua benedizione. Che esso tro-vi rispetto e amore presso coloro che non ca-piscono ancora le sue sofferenze, come purepresso coloro che compatiscono alle profon-de ferite che gli sono state inflitte, con un sen-timento di mutuo rispetto, gli uni verso gli al-tri. Ricordati delle nuove generazioni, dei gio-vani e dei bambini: che perseverino nella fe-deltà verso di te, in ciò che costituisce l’ecce-zionale mistero della loro vocazione. Ispirali,affinché l’umanità comprenda che tutti i po-poli hanno una sola origine e un solo fine:Dio, il cui piano di Salvezza si estende a tuttigli uomini. Amen’”. (Testo francese in D.C.,n. 2208, p. 678. L’O.R. del 13 giugno, p. 4narra il fatto ma non trascrive la preghiera).

Note

1) Il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica men-ziona la visione beatifica (nn. 954 e 1028). GiovanniPaolo II omette la citazione di questi riferimenti tradi-zionali, facendo suoi solo quei passaggi che esprimonoinvece una visione personalista del Paradiso. In genere,i tre discorsi di Giovanni Paolo II peggiorano sistemati-camente gli errori o le ambiguità del Catechismo che,scritto a più mani, esprime punti di vista diversi sulla fe-de cattolica.

2) R. BUTTIGLIONE, Il pensiero di Karol Wojtyla,Jaca Book, Milano, 1982, pp. 60-69; ed. francese: Lapensée de Karol Wojtyla, Fayard, 1984, pp. 70-82.

3) “A questa esperienza (antropologica) hanno con-tribuito moltissimo i filosofi del dialogo, come Martin Bu-ber o il già citato Emmanuel Lévinas. E ci troviamo or-mai molto vicini a san Tommaso, ma la strada passa nontanto attraverso l’essere e l’esistenza, quanto attraverso lepersone e il loro incontro: attraverso l’ ‘io’ e il ‘tu’. (...) Dadove hanno imparato ciò i filosofi del dialogo? Lo hannoappreso prima di tutto dall’esperienza della Bibbia” (na-turalmente interpretata alla luce della ‘tradizione’ di Lé-vinas e Buber! N.d.r.) (Giovanni Paolo II, Varcare la so-glia della speranza, Mondadori, Milano, 1994, p. 37).

4) È la stessa difficoltà che abbiamo sottoposto -invano - a Mons. Caffarra e a Padre Grelot a propositodelle loro teorie sull’Ascensione del Signore e dell’As-sunzione della Madonna: se i loro corpi non sono in

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Cielo (ove che sia questo Cielo) dove si trovano attual-mente? (cf Rassegna Stampa, n. 5 p. 1-3). La stessa con-cezione è presente nel pensiero di Joseph Ratzinger. “Ildiscorso che ci parla dell’ascensione al cielo, unitamentea quello vertente sulla discesa agli inferi, riporta dinanziagli occhi della nostra generazione, disincantata critica-mente dal Bultman, l’espressione di quella triplice strati-ficazione del mondo che noi chiamiamo mitica, e consi-deriamo ormai definitivamente superata. (...) In sostanzanon si può ormai più parlare di ‘sopra’ e di ‘sotto’ (...) ilcosmo non presenta più direzioni fisse. Una disposizio-ne del mondo localmente pianificata su tre scaglioni nonesiste davvero più”. Quindi Gesù non è davvero ‘disce-so’ agli inferi, né ‘salito’ al cielo, anche se gli Apostolilo hanno visto salire tra le nubi. Per Ratzinger l’infernosignifica “il voler-essere-solo-sé-stessi; cosa che avvienepuntualmente allorché l’uomo si barrica nel suo ‘io’. Vi-ceversa, l’essenza di quel ‘sopra’ da noi denominato cie-lo ha la caratteristica di poter solo essere ricevuto, cosìcome l’inferno si può infliggerselo solo da sé. (...) Il cie-lo, in quanto amore perfetto, può sempre e soltanto veniraccordato all’uomo; il suo inferno invece è la solitudinein cui precipita chi non vuol ricevere, chi ricusa la condi-zione di mendicante rinchiudendosi in sé stesso. (...) [IlCielo] non va inteso come un luogo eterno, ultramonda-no (...). Dobbiamo anzi ribadire che le realtà ‘cielo’ e‘ascensione di Cristo al cielo’ sono inscindibilmente con-nesse (...) il cielo non è un luogo che prima dell’ascensio-ne di Cristo sia stato sbarrato da un positivistico decretodi Dio (...) il cielo va definito come la presa di contattotra la natura e la natura di Dio; ora, tale stretta fusionetra Dio e l’uomo si è definitivamente attuata in Cristo,col superamento dello stato biologico da lui operato pas-sando attraverso la morte per giungere alla nuova vita”(Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia,1986 - ottava edizione - pp. 254-256). Con la sua ‘disce-sa agli inferi’ Cristo avrebbe pertanto sperimentato lasolitudine della morte, con la sua resurrezione si mani-festerebbe la vittoria dell’amore sulla morte, conl’ascensione al cielo l’unirsi con Dio. Tutto molto bello.Ma anche a Ratzinger, molto grossolanamente, chiedia-mo: dov’è, adesso, il corpo di Cristo? Se il ‘cielo’ nonesiste e Cristo non c’è mai salito fisicamente, cosa han-no visto, quel giorno, gli Apostoli? Dove un novelloTommaso potrebbe porre il suo dito e la sua mano?

5) Cf. D.T.C. voce “Feu de l’Enfer” coll. 2218-2219.6) La “naturalizzazione” dell’inferno è accennata

anche in queste parole: “La stessa dimensione di infeli-cità che questa oscura condizione porta con sé può esse-re in qualche modo intuita alla luce di alcune nostre ter-ribili esperienze, che rendono la vita, come si suol dire,un ‘inferno’” (II, 1). L’enfer c’est les autres?

7) Siccome la volontà di Dio si compie sempre, tut-ti gli uomini dovrebbero effettivamente essere salvati.È l’obiezione che San Tommaso si pone nella SommaTeologica (I, q. 19, a. 6: la volontà di Dio si compie sem-pre?): “l’Apostolo dice che ‘Dio vuole che tutti gli uomi-ni si salvino e pervengano al riconoscimento della ve-rità’. Ma questo non avviene. Dunque la volontà di Dionon sempre si compie”. A questa obiezione, il Dottorecomune risponde: “(...) [la parola di san Paolo] si riferi-sce alla volontà antecedente, non alla volontà conse-guente. (...) Per comprendere ciò è necessario considera-re che ogni cosa è voluta da Dio in quanto è buona. Mauna cosa che, a primo aspetto e considerata assoluta-mente, è buona o cattiva, se si considera legata a unaspeciale circostanza, che poi è una considerazione con-

seguente, può essere tutto l’opposto. Per esempio, consi-derando le cose in modo assoluto, è bene che un uomoviva ed è male che un uomo sia ucciso: ma se vi si ag-giunge questa circostanza, che un tal uomo è un omicidae se rimane in vita è pericoloso alla società, è un beneche sia ucciso, e un male che viva. Quindi si potrà direche un giudice giusto vuole, antecedentemente [a taleconsiderazione], che ogni uomo viva; ma conseguente-mente [a tale considerazione] vuole che l’omicida sia im-piccato. Così Dio, di volontà antecedente, vuole che ogniuomo si salvi; ma di volontà conseguente vuole che alcu-ni siano dannati secondo che esige la sua giustizia”. SanTommaso precisa che pertanto la volontà di salvare tut-ti gli uomini da parte di Dio è sincera e vera, ma solosecundum quid: “il giusto giudice vuole senz’altro (sim-pliciter) che l’omicida sia impiccato; ma sotto un certoaspetto (secundum quid) vorrebbe che esso vivesse, cioèin quanto uomo. Ma questa può dirsi piuttosto velleitàche volontà assoluta”. Ed ecco, in modo chiaro e strin-gato, come san Tommaso azzera tutte le insinuazioni ele ambiguità di Giovanni Paolo II.

8) La Chiesa ha definito: “la pena del peccato origi-nale è la mancanza della visione di Dio [pena del dan-no], mentre la pena del peccato attuale è il tormentodell’inferno eterno [pena del danno e pena del senso]”(D.S. 780); “le anime poi di coloro che muoiono in pec-cato mortale, o con il solo peccato originale, subito di-scendono all’inferno, anche se punite con pene differen-ti” (D.S. 858, cf 1306), e ha condannato “la dottrina cherigetta come una favola pelagiana quel luogo degli inferi(che i fedeli ovunque chiamano limbo dei bambini) nelquale le anime di coloro che sono morti col solo peccatooriginale sono punite con la pena del danno senza la pe-na del fuoco” (D.S. 2626). Dunque, i bambini chemuoiono senza battesimo, col solo peccato originale,non sono salvi, ma sono puniti con la pena del danno(privazione della visione di Dio) ma non con la penadel senso (fuoco dell’inferno). Questa dottrina è oggiabitualmente negata o, come nel Catechismo dellaChiesa cattolica, totalmente omessa.

9) La Chiesa ha condannato, tra l’altro, le seguentidottrine: “gli uomini, nel culto di qualsiasi religione,possono trovare la via della salvezza eterna, e conseguirel’eterna salvezza” (D.S. 2916), “per lo meno si deve bensperare per quanto riguarda l’eterna salvezza di tuttiquelli che non si trovano in alcun modo nella vera Chie-sa di Cristo” (D.S. 2917). Ad hominem, aggiungo chequesta dottrina si trova ancora sostanzialmente persinonel Vaticano II (LG 14).

10) Allocuzione ai parroci e quaresimalisti di Ro-ma, 23 marzo 1949. Nostra traduzione dal francese.

11) S. ALFONSO, Discorsi sacri morali..., Remondini,Bassano, 1829, p. 136. Sermone XLIV per la domenicaXV dopo la Pentecoste, della morte pratica, punto III.

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XXIII PUNTATA: “LA LOTTA PER IL CONCI-LIO DURANTE LA PREPARAZIONE”: LA RIFOR-MA LITURGICA IN VISTA

don Francesco Ricossa

Nella scorsa puntata (Sodalitium, n. 47)avevo riferito il giudizio dello storico

Komonchak sulle Commissioni preparatoriedel Concilio Vaticano II: “solo la commissio-ne liturgica e il segretariato per l’unità dei cri-stiani sembrano essere state realmente all’al-tezza della visione del papa” GiovanniXXIII, ovverosia, profondamente innovatrici(p. 37). Del segretariato del card. Bea, ho ab-bondantemente parlato: creazione di Gio-vanni XXIII per realizzare l’ecumenismo, es-so si scontrava, istituzionalmente, con le fina-lità del Sant’Uffizio. Ci resta da capire, pri-ma di ripercorrere il ruolo della commissioneliturgica nella preparazione del Concilio, ilperché di quest’altra anomalia di una com-missione ‘rivoluzionaria’, nel quadro di unapreparazione conciliare ancora sostanzial-mente tradizionale. L’origine di questa ano-malia va ricercata in un’altra commissione, lacommissione per la riforma liturgica, istituitada Pio XII fin dal lontano 28 maggio 1948, alato della sacra Congregazione dei Riti, cheistituzionalmente avrebbe dovuto occuparsidi liturgia. A far da collegamento tra le duecommissioni, quella del 1948 e quella del1960, il nome del Segretario di entrambe: ilPadre Annibale Bugnini, tristemente famosocome “padre” del nuovo messale del 1969(30 anni fa!). Ed allora, per capire come maiPadre Bugnini dirigesse la riforma liturgicafin dal 1948, occorre spendere qualche paro-la sul cosiddetto “movimento liturgico”... Unlungo preambolo, è vero, indispensabile peròper capire quanto accadde durante il Conci-lio ed il post-Concilio.

Il movimento liturgico e le sue deviazioni

Del movimento liturgico ho già parlatoin un articolo pubblicato a suo tempo su So-dalitium, al quale - ritenendolo sostanzial-mente ancor valido - rinvio il lettore (1). Sul-le orme del Gamber (2) e del Bonneterre (3),

“Il Papa del Concilio”

ne illustravo la storia e le deviazioni. NelXVIII secolo, Illuminismo e Giansenismoebbero la loro nefasta influenza anche incampo liturgico. Dopo la Rivoluzione,l’Abate di Solesmes, Dom Prosper Guéran-ger (1805-1875), restauratore dell’ordine be-nedettino in Francia, fu anche il restaurato-re in quel paese della liturgia romana, e puòessere considerato - secondo l’espressione diPaolo VI stesso - il precursore del Movi-mento liturgico (4). Le due opere più famosedel Guéranger riassumono perfettamente lasua opera. Con i quattro volumi delle Insti-tutions liturgiques (1840), egli intendeva ri-portare il clero francese alla conoscenza eall’amore della liturgia romana, attaccandonel contempo i princìpi liturgici dei gallicanie dei giansenisti. Con l’Année liturgique, ini-ziato l’anno seguente, egli faceva conoscereai fedeli i tesori della liturgia, per permette-re loro di seguirla con maggiore partecipa-zione. Partito dalla Francia, questo movi-mento di riscoperta della liturgia diede isuoi migliori frutti durante il Pontificato diSan Pio X (1903-1914), del quale ricordiamoil motu proprio Tra le sollecitudini, sulla re-staurazione del canto liturgico ‘gregoriano’(1903), l’invito alla comunione frequente(decreto Sacra Tridentina Synodus del 1905)e la comunione dei bambini fin dall’età dellaragione (decreto Quam singulari del 1910),ed infine la riforma del Breviario (bolla Di-vino afflatu del 1911) (5). L’Institutio genera-lis del nuovo messale di Paolo VI pretendeche la riforma del Vaticano II ha portato acompimento l’opera iniziata da San Pio X.Un breve esame delle riforme liturgicheconciliari dimostra invece inconfutabilmenteche esse sono piuttosto debitrici dei princìpiliturgici dell’Illuminismo e del Giansenismo,di Pasquier Quesnel (condannato da Inno-cenzo XI) e di Scipione de’ Ricci (condan-nato da Pio VI). Nel suo sviluppo storico,pertanto, il ‘movimento liturgico’ ha deviatodal suo originale percorso, per raggiungere,paradossamente, il campo nemico. Questedeviazioni iniziarono già negli anni ‘20, percrescere nei venti anni successivi, quandoprima l’arcivescovo di Friburgo in Brisgau,Conrad Gröber nel 1943, e poi Pio XII stes-so nell’enciclica Mediator Dei del 1947, do-vettero condannare e denunciare le devia-zioni del movimento liturgico. Queste devia-zioni - ben numerose - possono riassumersia tre: prevalenza dell’aspetto pastorale e di-

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dattico della liturgia (volto quindi verso ilpopolo) rispetto a quello dell’adorazione edel sacrifico rivolto a Dio, con una insisten-za all’attenzione da porre ai bisogni dell’uo-mo moderno; archeologismo, consistente inuno pseudo-ritorno alle fonti antiche, chepermetteva di eliminare gli apporti medioe-vali e controriformistici alla liturgia, per ‘ri-tornare’ a una presunta liturgia primitiva;istanza ecumenica, per cui, già con DomLambert Beauduin, (pur colpito nel 1929dall’enciclica Mortalium animos di Pio XI) sitendeva a adattare la liturgia cattolica aiprincìpi degli scismatici orientali e, ancorpiù, dei protestanti.

La sovversione liturgica, che crebbe cosìtra le due guerre specialmente all’estero,cercò nel secondo dopoguerra di ottenerepiena vittoria. Condizione di questa vittoria,all’inizio, fu necessariamente la falsità, lascaltrezza e l’ipocrisia. I riformatori doveva-no fingere obbedienza alle condanne di PioXII, per continuare nella pratica come sequeste condanne non esistessero e, d’altraparte, ottenere delle piccole riforme in sé le-gittime, che aprivano però le porte alla rifor-ma generale della liturgia da loro vagheggia-ta. Per ottenere questo risultato, occorrevapresentare le riforme come un adattamentodisciplinare ormai ineluttabile per avvicinarealla Chiesa le masse che si stavano allonta-nando, e come un completamento delleriforme avviate da san Pio X. Vicinissimi aPio XII, due uomini approfittavano della fi-ducia che il Papa prestava loro per spingerele cose in quel senso: Mons. Montini e PadreBea; dietro di loro, Padre Bugnini.

La Commissione per la Riforma liturgica (1948)

“Quando il 12 agosto 1950 Bea fu nomi-nato consigliere” della Sacra Congregazionedei Riti, “non pochi si chiesero cosa avesseda fare un esegeta in tale campo. Se ne cercòuna spiegazione collegando la nomina conl’opera di Bea per il nuovo Salterio latino (6),ma non sembrava convincente. In effetti c’erauna ragione molto più profonda: Bea era or-mai da tre anni membro della ‘Commissionedegli otto’ per la riforma liturgica che avevaincominciato il suo lavoro ‘in catacomba’,come si esprimeva l’allora segretario di taleCommissione, mons. Annibale Bugnini. Po-sto questo, resta ancora il quesito: come maiBea fu incluso in tale tipo di lavoro?”. A

questo proposito Padre Schmidt, segretariodi Bea, parla di un segreto che egli pensa dipoter oggi rivelare: “Era stato infatti Bea apresentare al Papa un proprio esposto in cuispiegava che dopo gli studi scientifici fatti ne-gli ultimi decenni, esistevano i presuppostiper iniziare una riforma della sacra liturgia.Al Papa l’esposto era sembrato convincente ecosì egli lo aveva trasmesso all’allora prefettodella Congregazione dei Riti, card. ClementeMicara. Ciò aveva indotto il Cardinale a re-carsi personalmente al Pontificio Istituto Bi-blico per discutere con P. Bea circa il da far-si. Sicché Bea, pur non essendo liturgista diprofessione, di fatto è all’origine dell’odiernariforma liturgica” (7). Si costituì così quellache P. Schmidt chiama, dal numero origina-rio dei suoi membri, la Commissione degliotto (8), ovvero, più ufficialmente, la Com-missione per la riforma liturgica. PerSchmidt i lavori iniziarono nel 1947, ma lanomina ufficiale data dal 28 maggio 1948.Essa durò fino all’8 luglio 1960, sostituitadalla Commissione preparatoria al ConcilioVaticano II, istituita il 6 giugno precedente(9). In questa ristretta commissione, l’appor-to di Padre Bea fu, secondo la testimonianzadi Bugnini, “notevolissimo” (Schmidt, p.149). E sappiamo anche in quale direzionelavorasse, seppur con grande abilità e pru-denza, fin da quando, nel marzo 1945, eglidivenne confessore di Papa Pacelli, guada-gnandone la fiducia (10). Questo fattore ebbela sua enorme importanza: “la commissione- scrive ancora Bugnini (p. 22) - godeva dellapiena fiducia del Papa, tenuto al corrente daMons. Montini e, più ancora, settimanalmen-te, dal P. Bea, confessore di Pio XII. Graziea questo tramite si poté giungere a risultatinotevoli anche nei periodi nei quali la malat-tia del Papa impediva a chiunque di avvici-narlo”. “Si deve onestamente riconoscere cheil lavoro svolto fu enorme - scrive Bugnini(p. 22) - “praticamente, tutti i libri liturgicifurono revisionati”. L’enorme lavoro, i “ri-sultati notevoli”, sono così riassunti e com-mentati dallo Schmidt (p. 150): “Negli anni1947-50 la Commissione aveva elaborato‘tutto il piano della riforma del Calendario,del Messale, Breviario, Pontificale, Rituale eMartirologio’ [Bugnini]. Ne era uscita passopasso, nel 1951, come facoltativa, la rinnova-ta liturgia della Veglia Pasquale (11) poi nel1955 la riforma dell’intera Settimana Santa(12) e finalmente un ‘decreto generale’ sulla

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semplificazione delle rubriche (13). D’altraparte, con la Costituzione Christus DominusPio XII, oltre a riformare il digiuno eucaristi-co aveva fatto alla Chiesa il grande dono del-la messa vespertina (14)”. Morto Pio XII,Giovanni XXIII promulgò un nuovo codicedelle rubriche nel 1960, al quale accennerònel prossimo numero di Sodalitium. “Oggi -commenta Schmidt - ovviamente, ci siamoabituati, e dopo le grandi riforme che il Con-cilio Vaticano II ha portato in materia di li-turgia, non ci rendiamo più conto di cosa ab-bia significato questo passo nella concreta si-tuazione del tempo. Bisogna mettersi perònella situazione di allora”. Mi dilunghereitroppo, col rischio da appensantire lo scrittoe divagare, se commentassi ampiamentequeste riforme della Commissione, promul-gate sotto Pio XII e Giovanni XXIII, per cuimi limito a rinviare a quanto ho già scritto alproposito su Sodalitium (15) e alle abbondan-ti note di questo articolo. Mi atterrò inveceal mio tema, chiedendomi quali fossero leintenzioni dei membri della Commissione, equale il suo significato.

Bugnini stesso spiega chiaramente (p. 22e nota 10) che nella pur ristrettissima e se-greta (16) Commissione i membri avevanoconcetti ben diversi delle sue funzioni e deisuoi scopi: “non tutti compresero il valoredella posta in gioco (...) dei membri dellacommissione solo i tre ‘addetti ai lavori’ [Bu-gnini, Löw, Bea?] avevano un vero desideriodella riforma (...) gli altri partecipavano alleadunanze più per dovere che per convinzio-ne (...)”. Tra questi ultimi bisogna porre ilpresidente stesso della commissione: “il car-dinale presidente pensava che [il lavoro] po-tesse durare qualche mese, o un anno al mas-simo. La delusione cominciò quando il P.Bea, esprimendo in merito il suo parere, disseche (...) sarebbero occorsi almeno cinque an-ni (...) sfumata l’idea di una riforma-lampoalcuni perdettero ogni interesse”. Da questacitazione appare evidente che alcuni (Bea,Bugnini) volevano una radicale rivoluzioneliturgica, che avrebbe richiesto anni di lavo-ro; altri, invece, pensavano solo ad una rapi-da riforma di dettaglio che portasse a termi-ne quella iniziata da San Pio X. L’avventuradella commissione per la riforma liturgicaappare così in parte simile e in parte dissimi-le a quella del Segretariato per l’unità deicristiani. In entrambi i casi, furono creati co-me dei “doppioni” delle corrispondenti con-

gregazioni romane: la Commissione si occu-pa di liturgia come la Congegazione dei Riti,il Segretariato si occuperà di dottrina comeil S. Uffizio. Commissione e Segretariato de-vono riformare, rispettivamente, la liturgia ela dottrina. Formalmente però, la Commis-sione dipende dalla Congregazione dei Riti(il cui prefetto è presidente della Commis-sione), mentre il Segretariato di Bea sarà in-dipendente dal card. Ottaviani. Tuttavia, èevidente che i presidenti delle varie commis-sioni liturgiche (cardinali Micara, Cicognani,Larraona), ignorano prima, e non condivi-deranno poi la vulcanica attività del segreta-rio Bugnini; è lui l’anima delle riforme, “tan-to che la pubblicazione dell’‘Ordo Sabbatisancti instaurati’ ai primi di marzo 1951, col-se di sorpresa gli stessi officiali della Congre-gazione dei Riti” (Bugnini, p. 22). Questospiega come, quando verrà indetto il Conci-lio, le due sole Commissioni preparatorienovatrici saranno quella liturgica e il Segre-tariato... Ma sotto Pio XII il Concilio era dilà da venire e i novatori dovevano esseremolto più prudenti, cercando di evitare cheil Papa si accorgesse dei loro veri scopi...

Il Congresso di Assisi (1956)

I novatori erano spinti da due esigenzeche potevano entrare in contrasto tra di lo-ro: non svegliare i sospetti del Papa e dellaCuria, come abbiamo detto, da un lato; pre-parare mentalità e terreno dall’altro... PadreBea riuscì - come vedremo - a conciliare ledue esigenze.

La preparazione del terreno e delle men-talità si compì mediante una efficace propa-ganda. Bugnini (p. 23) cita la serie di articoliapparsi sulla rivista romana Ephemerides li-turgicæ fin dal 1948, creando artificialmente ilproblema di una “riforma liturgica generale”.Il tema era ormai luogo comune all’estero,ma occorreva ‘farlo passare’ a Roma, profit-tando del fatto che la rivista era “ritenuta vo-ce ufficiosa degli ambienti liturgici romani”. Sicredette quindi che l’iniziativa “inaudita” ve-nisse “dall’alto”, mentre invece si trattò diuna “audace” e “rischiosa iniziativa del giova-ne direttore del periodico” (che credo fosseBugnini stesso!). “Era inaudito... in quei tem-pi, anche solo toccare una rubrica [esagerato!]o parlare di ‘riforma’”. Non più così erano lecose nel 1956, quando si svolse il Congressodi Assisi: tutte le riforme pacelliane avevano

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avuto già luogo. Ma sarebbero state un puntodi arrivo o un punto di partenza? Diamol’onere della risposta alla penna di Bugnini(pp. 24-25), che al ricordo diventa poetica:“ad Assisi maturò il secondo coefficiente perl’avvio determinante della riforma liturgica.Esso fu (...) l’aurora che annuncia il giornosplendente, che non conoscerà tramonto. Chiavrebbe detto che dopo tre anni sarebbe statoannunciato il più grande avvenimento eccle-siale del secolo, il Concilio Vaticano II, nelquale le istanze di Assisi, e per mezzo deglistessi uomini di Assisi, avrebbero trovatopiena realizzazione? Il primo Congresso in-ternazionale di Pastorale liturgica si svolse nel-la città di S. Francesco dal 18 al 21 settembre1956, concludendosi a Roma con una udienzapontificia, il 22 settembre”. Sotto la presiden-za del card. Cicognani (S.C. dei Riti), assistet-tero 5 cardinali, 80 tra vescovi e abati e 1400sacerdoti. Il tema stesso del congresso orien-tava la liturgia verso l’aspetto pastorale...“Fondamentali furono, a questo scopo, dueconferenze: quella del P. Andrea Jungmann,‘La pastorale, chiave della storia liturgica’ equella del P. Agostino Bea, ‘Il valore pastoraledella parola di Dio nella liturgia’. I princìpiesposti si ritroveranno poi nella Costituzioneliturgica” del Vaticano II, Sacrosantum Con-cilium. Tuttavia, oltre a un tema palese, ven’era, se crediamo a Komonchak, uno occul-to: “il tema previsto per il congresso era la pa-storale liturgica, ma quello occulto, che diressela sua preparazione e il contenuto di molte re-lazioni, fu l’introduzione del volgare” (17) nellaliturgia, contravvenendo - come vedremo -all’ultima enciclica al riguardo di Pio XII, cheera solo dell’anno precedente! La Santa Sedene era ben conscia: “consapevole che tali mo-vimenti [contrari al latino] erano dappertutto,il cardinal Cicognani [che era, ricordiamolo,Prefetto della S.C. dei Riti, presidente dellaCommissione per la riforma e presidente delCongresso d’Assisi], nella conferenza di aper-tura del congresso, provò a limitare gli argo-menti alla realizzazione delle direttive papaligià date sulla liturgia. In una pagina, apparen-temente aggiunta all’ultimo momento, ricordòai partecipanti che nella ‘Mediator Dei’ PioXII aveva parlato dell’uso del latino come di‘un chiaro e nobile segno di unità e un’effettivasalvaguardia contro la corruzione della veradottrina’” (17). Con la motivazione (o la scusa)che la pagina sulla difesa del latino del card.Cicognani fu preparata all’ultimo momento, i

traduttori “restarono in silenzio” (Bugnini, p.25) e, al secondo giorno del congresso, ina-spettatamente, il cardinale lasciò Assisi senzasalutare, lasciando la presidenza al card. Ler-caro. Quale che sia la spiegazione della “fu-ga” del cardinale (18), è certo che i congressistinon furono d’accordo né con lui, né col Papa,e lo fecero sapere: “a proposito del congresso- scrive Schmidt a p. 150 - Joseph Jungmannriferisce un particolare significativo. A un cer-to momento si era creata tensione tra il cardi-nale prefetto della Congregazione dei Riti,Ecc.mo Gaetano Cicognani, strenuo difensoredel latino nella liturgia, e i susseguenti oratori,tanto che l’assemblea sottolineò fortementecon applausi i passi che parlavano di possibiliriforme in materia. Ebbene, Jungmann dice diaver saputo da Johannes Wagner [liturgista te-desco amico di Bea] che Bea all’ultimo mo-mento aveva omesso tutti i passi della propriaconferenza che avrebbero potuto provocareapplausi e acuire ulteriormente tale tensione.Personalmente, mi ricordo che Bea mi avevaparlato dei relativi passi, per es. nella confe-renza di P. Jungmann, e che non ne era con-tento. Egli sapeva troppo bene per esperienzache in tali circostanze la tensione nuoce allacausa e che ostacoli del genere possono esseresuperati solamente con tranquilla e gradualeopera di persuasione”. Il passo appena citatoè altamente significativo: Bea identificava lapropria “causa” con quella degli altri nemicidel latino (e pertanto nemici anche del magi-stero della Chiesa in materia, incluse due en-cicliche dello stesso Papa allora regnante, PioXII), ma era più prudente di loro: le provoca-zioni dei liturgisti progressisti avrebbero nuo-ciuto alla “causa”, mettendo in luce a Roma illoro scopo “occulto”, il loro settarismo, la lo-ro disubbidienza. Occorreva invece persuade-re poco a poco... Era questo il ruolo di Bea:fu egli - secondo Martimort - che “aveva ela-borato il progetto di tale congresso”, e fu egliche ottenne per esso il privilegio dell’udienzapontificia e del discorso conclusivo di un PioXII malato, discorso che Bea conosceva inanticipo come soddisfacente per i riformatori:“ne sarete contenti”, anticipò il cardinale... (19).“Pio XII - scrive Bugnini (p. 25) - tenne unbellissimo discorso, che a causa della malattialesse solo in parte, e nel quale esordì con lastorica frase: ‘il movimento liturgico è apparsocome un segno delle disposizioni provviden-ziali di Dio riguardo al tempo presente, comeun passaggio dello Spirito Santo nella sua

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Chiesa’”. Forti di questo elogio, i riformatoricontinuarono il loro lavoro rivoluzionario. Inrealtà, la lettura del testo completo del discor-so in questione (20), ci dà una immagine bendiversa dell’idea che Papa Pacelli aveva delmovimento liturgico. Infatti, dopo l’elogio delmovimento liturgico che riferisce Bugnini,tutto il resto del discorso è dedicato alla con-danna degli errori e delle deviazioni del me-desimo movimento! Elenchiamo questi erro-ri: disprezzo delle devozioni non liturgiche(21), “indirizzare l’insegnamento religioso e lapastorale in un senso esclusivamente liturgi-co” (22), “l’errore sull’equivalenza tra la cele-brazione di cento messe da parte di cento sa-cerdoti e quella di una messa alla quale centosacerdoti assistono devotamente” (23), errorisulla Presenza Reale (24) che si concretizzava-no anche nell’esclusione del tabernacolodall’altare (25) e in genere “in una minor stimaper la presenza e l’azione di Cristo nel taber-nacolo” (26), messa in sordina della divinità diCristo (27)... Come si vede, non si tratta di cosedi poco conto. Quanto alla questione dellalingua liturgica, “i partecipanti ricevetteroun’ammonizione che non incoraggiava i di-fensori della lingua volgare: ‘(...) Non sarà tut-tavia superfluo ricordare ancora una volta chela Chiesa ha gravi motivi per mantenere fer-mamente nel rito latino l’obbligo incondizio-nato per il prete celebrante di utilizzare la lin-gua latina (...)’ (28). Ancora una volta i difenso-ri del latino pensarono che ora avevano un al-tro testo del papa che sistemava definitivamen-te i punti in discussione”. “Se su certi puntidella legislazione ecclesiastica - scriveva adesempio il Noirot - si può ammettere che unacondanna non sia necessariamente definitiva,in questo caso gli aggettivi e gli avverbi utiliz-zati dal Santo Padre, e che un canonista aveval’obbligo di sottolineare ex professo, mostranonettamente che la Santa Sede, in piena cono-scenza di causa in vista del bene della Chiesa,non può fare concessioni su questo punto”.Eppure, “a dispetto di questi interventi roma-ni, la discussione non ebbe termine” (29).

Il latino in questione (30)

I disobbedienti, infatti, alle leggi dellaChiesa, i ribelli al Suo magistero ordinario,non erano i difensori del latino nella liturgiadi rito latino, ma i propugnatori della linguavolgare. La Chiesa si era, infatti, ripetuta-mente e solennemente pronunciata: nel 1562

con il Concilio di Trento (Denz.-Sch. 1749,1759) contro i Protestanti, nel 1713 con Cle-mente XI (DS 2486) e nel 1794 con Pio VI(DS 2633 e 2666) contro i Giansenisti; nel1833 con Gregorio XVI (IP 136), nel 1903con San Pio X (IP 229), il “padre” del movi-mento liturgico. Lo stesso Pio XII era inter-venuto più volte. Lo aveva fatto solenne-mente nel 1947 nell’enciclica Mediator Dei(31), che era la magna charta del movimentoliturgico. “Come i sostenitori dell’introduzio-ne del volgare moltiplicarono i loro sforzi,iniziò ciò che è stato chiamato ‘un vero sbar-ramento che la Chiesa intende opporre aogni velleità di liturgia solenne in lingua vol-gare’ [J. Claire]”. Il 29 aprile 1955, il S. Uffi-zio promulgò un decreto restrittivo, che ri-chiamava le eccezioni della legge generalesul latino nella liturgia. Alla fine dello stessoanno l’enciclica Musicæ sacræ [IP 764-766]confermava il principio del latino come lin-gua liturgica (...). Si riteneva con questadihiarazione di aver risolto il problema. Inrealtà la discussione non si concluse...” (32), eabbiamo visto quel che accadde ad Assisi ecome l’ennesima messa in guardia di PioXII, in quella occasione, non ottenne alcuneffetto. Nove anni dopo, il 7 marzo 1965,Paolo VI celebrava la messa in volgare, chediveniva la regola generale.

Il libro di P. Schmid racconta nei dettaglile apprensioni e le manovre di Bea in favoredel volgare nella liturgia (come delle altreriforme), dal suo posto privilegiato di con-fessore del Papa.

“Ora che siamo abituati alla liturgia rin-novata dopo il Vaticano II - spiega Schmidt -non è facile rendersi conto di quella che eraallora la situazione nel rito romano, riguardoalla lingua liturgica. Tanto più difficile è lacosa per coloro che non hanno conosciutoaltro che l’attuale liturgia rinnovata. Esisteva-no, è vero, delle concessioni. Per es., quelladi fare delle letture in volgare, magari dopoche esse erano state recitate in latino. Vi era-no anche delle concessioni riguardo all’usodei canti popolari, ma per il resto la messa sicelebrava tutta in latino, dall’inizio alla fine”.Nel 1949, un vescovo francese “pioniere”,ottenne per l’appunto il permesso, per la suadiocesi, di far leggere le letture in francesedopo la lettura in latino; ma, mentre il S. Uf-fizio (dov’era Bea) diede il permesso senzacondizioni, la S.C. dei Riti lo limitò a tre an-ni. “In seguito, a poco a poco, tutti i vescovi

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francesi ottennero la stessa facoltà, cosicchési decise di pubblicare per tutta la Francia unlezionario bilingue. Per ottenere per via sicu-ra l’approvazione, Martimort raccomandò alvescovo di Rouen, di non rivolgersi alla Con-gregazione dei Riti ma al Sant’Uffizio, usan-do allo scopo i ‘buoni uffici di Bea’. Questaera la situazione...” (p. 235).

Si doveva procedere, quindi, “con estremacautela”. Bea scelse pertanto di lavorare lad-dove le cose erano più facili: la Germania (ovevi era un indulto) e i paesi di missione (33).

Quanto alla Germania, esistevano variabusi: la Gemeinschaftmesse (messa detta inlatino a voce bassa dal prete, e letta a voce al-ta da un lettore in tedesco), la Betsingmesse(canti popolari in tedesco durante la messa),la Deutsches Hochamt (Gloria, Credo, Sanc-tus e Agnus Dei cantati - parafrasati - in tede-sco e non in latino) e il Deutsche Gregorianik(gregoriano in tedesco). L’origine di questepratiche è ammessa senza imbarazzo dalloSchmidt: “è da tener presente che proprio inGermania il luteranesimo aveva favorito mol-to la liturgia e i canti popolari in lingua volga-re” (p. 237). Ma le direttive di san Pio X inproposito erano chiare, proibivano tali prati-che: alcuni, perciò, “in Germania sostenevanoche questo era un abuso da rimuovere” (34). IlCard. Beltram ricorse a Roma, ed ottenne un“indulto” (24/12/1943) dal cardinale segreta-rio di Stato, Maglione, che autorizzava i ve-scovi a concedere i due primi tipi di messa, edichiarava “tollerato” il terzo (35). La maggio-ranza dei vescovi tedeschi si lanciò attraversola breccia che era stata aperta, per allargarlasempre più (cf il Direttorio per la messa can-tata tedesca - del 1950 - della ConferenzaEpiscopale), ma non mancarono le reazioni,

Monsignor Annibale Bugnini

sulla scorta degli “abusi temerari” condannatidalla “Mediator Dei” (1947). Infatti, spiegaSchmidt, “vi erano certi circoli di liturgisti (...)che consideravano questi usi contrari all’au-tentico spirito della Chiesa e della liturgia.Queste persone si ritenevano obbligate a soste-nere con zelo l’esclusivo uso della lingua lati-na e del canto gregoriano. Non contenti di ciò,si adoperavano affinché la Santa Sede abolissetale indulto e diffondevano voci secondo lequali un provvedimento del genere era in pre-parazione”. “Una abolizione dell’indulto (...)avrebbe gravemente danneggiato l’autorità deiVescovi” e avrebbe causato danno al movi-mento liturgico (p. 237). Tali tendenze aboli-zioniste si manifestarono specialmente alcongresso di Musica Sacra tenuto a Viennanell’ottobre del 1954 (Ellard, p. 194).

“Dietro i due modi di vedere il problemadella lingua e del canto - spiega Schmidt (p.237) - c’erano, poi, due diverse concezioni del-la liturgia. Per i ‘professionisti’ della musica sa-cra, essa era un culto di Dio a sé stante; gli al-tri, invece, parlavano di ‘pastorale liturgica’ evedevano la liturgia in funzione della pastoralee della cura d’anime” (36). “Il Congresso d’As-sisi - prosegue Schmidt - era, appunto, espres-sione di questa seconda concezione. È evidenteda ciò che i liturgisti tedeschi non fossero i solia sentirsi minacciati dai ‘musicisti’: nella stessasituazione si trovavano anche i responsabili del‘Centro di pastorale liturgica [CPL] di Parigi”.Ora, proprio a Parigi si doveva tenere, nel1957, il nuovo Congresso di musica sacra. “Sitemeva che sorgessero inconvenienti analoghia quelli verificatisi nel precedente Congressotenutosi a Vienna e che si strumentalizzasse ilCongresso contro il movimento di liturgia pa-storale. Bea veniva sempre tenuto al corrente, egli si chiedeva consiglio e aiuto. Egli era delparere che il pericolo non era da escludersi einsisteva quindi che l’episcopato francese fa-cesse valere la propria autorità. Suggerì ripetu-tamente che l’incaricato dell’episcopato per laliturgia venisse a Roma a trattare il problemacon i responsabili del Sant’Uffizio e della Con-gregazione dei Riti. Martimort ci fa sapere chein effetti il pericolo fu scongiurato. Gli orga-nizzatori del Congresso avevano ottenuto pre-cise direttive al riguardo, e una lettera della Se-greteria di Stato - secondo l’opinione di Marti-mort ottenuta per l’interessamento di Bea - am-moniva che al Congresso si dovevano evitarediscussioni dannose al movimento liturgico”(pp. 237-238).

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Tuttavia, i ‘cattivissimi’ ‘musicisti’ nondiffondevano ad arte false voci di un inter-vento di Roma a proposito della lingua litur-gica e dell’Indulto del 1943. I documenti fu-rono tre, uno più severo dell’altro: una Co-municazione del Sant’Uffizio e della Con-gregazione dei Riti ai Vescovi tedeschi del29 aprile 1955 proibiva l’applicazione del-l’Indulto al Pontificale, alla Messa solenne ealle messe conventuali e capitolari (37), l’en-ciclica sulla musica sacra del 25 dicembre1955 metteva dei limiti alla concessione (38)ed infine l’istruzione della S.C. dei Riti del 1ottobre 1958 aboliva esplicitamente una par-te dell’Indulto del 1943. Non è un caso, pro-babilmente, che in quel periodo Bea fossegravemente ammalato (Sch., p. 240), incapa-ce pertanto di intervenire. Pochi giorni dopol’Istruzione in questione, Pio XII morì. Chela questione fosse considerata importante eche l’Istruzione bruciasse particolarmente aiprogressisti, è testimoniato dal fatto che sene parlò durante il conclave che elesse Gio-vanni XXIII. I cardinali tedeschi Frings eWendel ne discussero col cardinale Ottavia-ni, e poi ne riferirono a padre Bea. Ottavianisi mostrava disponibile, e Bea aveva già tro-vato lo stratagemma per seppellire l’Istru-zione: “la regola stabilita nell’Istruzione ri-guarda casi ideali, ma in questo mondo gliideali non si realizzano”! (p. 240).

La Chiesa a un bivio: la decisione, a Giovan-ni XXIII...

Abbiamo visto come nel 1958 la reazioneverso il progressismo - anche verso quello li-turgico - incominciò a farsi sentire. Non perquesto i novatori volevano piegarsi: il loroscopo era di proseguire nella riforma liturgi-ca fino alla demolizione del Rito romano.Tutto dipenderà quindi dal successore di PioXII. “Un giorno prima dell’elezione di PapaGiovanni XXIII, Bea scriveva: ‘ora non sipuò dire nulla sulla riforma. La prima que-stione è quale atteggiamento assumerà inproposito il nuovo Papa. Infatti, non tutti icardinali erano d’accordo che la riforma sifacesse’” (Schmidt, p. 231). Pochi giorni pri-ma, al momento della morte di Pio XII,Dom Lambert Beauduin, il capofila del mo-vimento liturgico ed ecumenico condannatoa suo tempo da Pio XI con l’enciclica Morta-lium animos, confidava a Padre Bouyernell’abbazia di Chevetogne: “Se eleggessero

Roncalli tutto sarebbe salvo: sarebbe capacedi convocare un Concilio e di consacrarel’ecumenismo... Sono fiducioso, abbiamo lanostra chance; i cardinali, in maggioranza,non sanno quel che devono fare. Sono capacidi votare per lui”.

Nessuno (tranne pochi iniziati) lo sapevaancora, ma con quella votazione si decise lacondanna a morte della liturgia romana (39).

Note

1) L’eresia antiliturgica dai giansenisti a GiovanniXXIII (1668-1960): i tre secoli di gestazione delle riformeconciliari, in Sodalitium, n. 11, giugno 1986, pp. 8-16.

2) MONS. KLAUS GAMBER, Die Reform der Römi-scher Liturgie. Vorgeschichte und Problematik

3) ABBÉ DIDIER BONNETERRE, Le Mouvement litur-gique, Fideliter, 1980.

4) Cf Lettera di Paolo VI all’Abate di Solesmes, del20 gennaio 1975: “Je constate la solidité et le rayonne-ment de l’œuvre de Dom Guéranger, en qui le ‘Mouve-ment liturgique’ contemporain salue son précurseur” (ci-tato da Bonneterre, p. 15).

5) Queste riforme non furono piccola cosa, ed ebbe-ro un grande impatto nella vita quotidiana del clero edei fedeli. Nella riforma del Breviario, San Pio X miròa restaurare l’ufficio del tempo senza sacrificare quellodei santi; a questo fine si dovette purtroppo rinunciareall’antica ripartizione del salterio per permettere l’inte-gra recitazione settimanale dei salmi.

6) Cf In cotidianis precibus, del 24 marzo 1945, A.A.S.37 (1945) 65-67. La nuova versione del Salterio fu un fal-limento, perché mutava il testo di preghiere che tutti co-noscevano a memoria, e poneva difficoltà per la recitazio-ne corale ed il canto dell’Ufficio (per il quale i gesuiti so-no poco ferrati, giacché si usa dire, in latino maccheroni-co, che “non cantant, non rubricant”). Abbiamo già vistoche Mons. Roncalli, allora Nunzio a Parigi, non apprezzòla riforma, che infatti seppellì appena divenuto GiovanniXXIII. Malgrado ciò, Annibale Bugnini scrisse: “La Me-diator Dei era stata preceduta di soli due anni da un altroavvenimento di notevole importanza per la riforma liturgi-ca: la nuova versione latina dei salmi, compiuta per ordinedi Pio XII dal Pontificio Istituto Biblico nel 1945. Da quellavoro, portato a termine con tenace volontà dal rettore P.Agostino Bea, poi cardinale, maturò nella mente del Papal’idea della riforma di tutta la liturgia, di cui il salterio nondoveva costituire che la prima pietra” [ANNIBALE

BUGNINI, La riforma liturgica (1948-1975), CLV EdizioniLiturgiche-Roma, 1983, p. 19].

7) STJEPAN SCHMIDT, Agostino Bea, il cardinale del-l’unità, Città Nuova, Roma, 1987, pp. 147-148. Schmidtnon esclude che altri abbiano ispirato la creazione dellaCommissione per la riforma liturgica; Schmidt stesso citaP. Antonelli OFM, e Bugnini (op. cit., p. 20) fa i nomi diP. Alfonzo OSB e di P. Löw, redentorista.

8) Gli otto membri della Commissione furono... set-te: il Card. Micara (presidente), p. Bugnini CM (segre-tario), mons. Carinci, P. Antonelli OFM, P. Löw CSSR,P. Albareda OSB e P. Bea SJ. L’ottavo fu mons. Dante,poi cardinale, che entrò a farne parte nel 1951. Nel1953, il card. G. Cicognani sostituì il card. Micara, siaalla testa della Congregazione dei Riti che alla presi-denza della Commissione per la riforma. Nel 1960 si ag-

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giunsero mons. Frutaz, don Rovigatti, mons. D’AmatoOSB e P. Braga CM, intimo collaboratore di Bugnini:parteciparono a sole quattro adunanze, giacché l’annostesso la Commissione “piana” lasciò il posto alla Com-missione preparatoria al Concilio.

9) Vi è una continuità istituzionale e, in parte, dottri-nale, tra le varie “commissioni” che elaborarono lariforma liturgica dal 1948 al 1975 (benché l’ultima rifor-ma della ‘vecchia’ liturgia sia quella del rito degli esorci-smi compiuta quest’anno, 1999). La Commissione “pia-na” durò dal 1948 al 1960; fu sostituita dalla Commissio-ne preparatoria al Concilio, in funzione dal 1960 fino al1962; questa si trasformò, durante il Concilio, nellaCommissione Conciliare per la liturgia; dopo il Concilio,Paolo VI creò il Consilium ad exequendam Constitutio-nem de sacra Liturgia che, applicando lo spirito e tra-dendo spesso la lettera della Costituzione SacrosantumConcilium, operò la riforma post-conciliare. L’8 maggio1969 fu creata la Sacra Congragazione per il Culto divi-no, che sostituì la Congregazione dei Riti. Legame co-stante tra tutti questi organismi, la presenza di AnnibaleBugnini come Segretario, con la sola eccezione dellaCommissione conciliare per la Liturgia, quando, comevedremo nella prossima puntata, il presidente, card.Laaraona riuscì temporaneamente a escluderlo, sosti-tuendolo con P. Antonelli. Purtroppo, invano...

10) Sulle circostanze della scelta di Bea a confessoredi Pio XII, cf SCHMIDT, pp. 166-167. Sul ruolo discretodi Bea nel movimento ecumenico fino alla morte di PioXII, cf Sodalitium, n. 37 (XV puntata), pp. 6-10.

11) Decreto del 9 febbraio 1951 Dominicæ Resurrec-tionis, A.A.S. 43 (1951) p. 128 ss, che introduce ad expe-rimentum la nuova Veglia pasquale. “Il primo frutto del-la Commissione - scrive Bugnini a p. 22 - fu la restaura-zione della veglia pasquale (1951), (...) che fu il segnaleche, finalmente, la liturgia imboccava decisamente la viadella pastorale”. Mons. Schmidt aggiunge (p. 248): “ilnoto liturgista tedesco J. Wagner scrive: ‘Posso certamen-te supporre che due grandi favori e quindi meriti (del P.Bea) per il rinnovamento liturgico siano noti al grandepubblico: la sua posizione di guida nella preparazionedella nuova traduzione latina del Salterio, che mise inmoto la discussione della riforma del Breviario, e lasua collaborazione alla riforma della Veglia Pasquale,che diventò il battistrada della riforma liturgica gene-rale’”. La riforma della Veglia pasquale era consideratapersino da Bea “un passo piuttosto audace” (p. 225), maformava l’oggetto dei voti di tutti i modernisti, come te-stimoniò P. Chenu (citato in Sodalitium, n. 11, p. 12).

12) Decreto generale Maxima redemptionis del 16novembre 1955 in A.A.S., 47 (1955), pp. 838-847. “Il rin-novamento - ha solennemente dichiarato Paolo VI nella‘promulgazione’ del nuovo messale del 1969 - è stato ini-ziato dallo stesso Pio XII con la restaurazione della vegliapasquale e dell’Ordo della Settimana Santa, che costituì laprima tappa dell’adattazione del messale romano alla no-stra epoca”. La cosa era prevista, dagli ‘iniziati’, fino daquei tempi: la riforma della Settimana Santa doveva pre-cedere “la riforma definitiva del messale romano” (Bea,cit. da Schmidt a p. 226). In effetti, si venne a creare, conla riforma della Settimana santa del 1951-1955, una situa-zione assai strana, per cui le rubriche della Settimanasanta, già riformata, contrastavano con quella del restodel Messale: “nel rito annesso al decreto ad experimen-tum [del 1951] - scriveva Ellard nel 1956 - vi era una for-ma di Messa differente da quella del Messale Romano,per alcune novità significative. Un semplice sguardo a tali

innovazioni ci mette in grado di accorgerci che Roma stameditando delle modifiche alla Messa (...)” (Gerard El-lard s.j., La messa in trasformazione, 1956, ed. it. Pont.Istituto Pastorale ed Romane-Mame 1960, p. 39). Ellard- e P. Löw, membro della commissione degli otto - nota-no come la nuova Settimana santa sopprime il salmo Ju-dica me all’inizio e l’ultimo vangelo alla fine della Messa(pp. 35 e 45) e come, col rinnovamento dei voti battesi-mali, “l’uso del volgare è stato introdotto pacificamentesin dall’inizio di questa restaurazione liturgica e, pacifica-mente, benché ancora con qualche restrizione, è stato este-so o autorizzato a estendersi” (p. 45). Due principi guida-no questo “rivoluzionario decreto” (l’allusione, a p. 39, èa quello del 1951): “a) aver cura che ‘il popolo possa se-guir meglio le cerimonie’ e b) che il celebrante non ripetaciò che fanno i ministri inferiori” (pp. 43-44). Bugnini eBeauduin sottolinearono nel 1951 questi punti. “Il popo-lo, l’intera assemblea, plebs tua sancta, una specie di ‘ter-zo stato’, per così dire, si unisce al celebrante e al coro pertutto il tempo, attivamente. (...) Il celebrante non ripete ciòche fanno i ministri inferiori. Quando il lettore legge, il ce-lebrante siede ed ascolta; quando il coro canta, il cele-brante siede ed ascolta” (p. 45). Ad alcuni vescovi nonbastava, e criticavano la lunghezza delle cerimonie el’uso del latino. Ad essi Bea rispondeva: “sarà molto utilese Sua Eccellenza esporrà le cose dettagliatamente e, perquanto riguarda il tempo da assegnare alla Veglia, formu-lerà una precisa richiesta... È altresì importante segnalarele difficoltà, anche quelle che vengono dall’uso della lin-gua latina... Sarà utile ribadire che è bene che Roma fac-cia delle concessioni, altrimenti, sotto le pressioni delle cir-costanze, il clero procederà da sé ad abbreviazioni eall’uso della lingua volgare” (Schmidt, p. 226). Solita tat-tica di Bea (pressioni su Roma da vescovi che lui imbec-cava) con l’aggiunta del ricatto!

13) Decreto della S.C.R. Cum hac nostra ætate sacer-dotes del 23 marzo 1955 (in vigore dal 1 gennaio 1956).“Secondo la testimonianza di Annibale Bugnini, segreta-rio della Commissione incaricata della riforma liturgica,tale organismo, fin dai suoi primi anni 1947-50 aveva de-lineato tutto il piano della riforma, ivi incluso il Brevia-rio”, ma, secondo una testimonianza di Bea risalente al1950, complessivamente “la riforma sarebbe durata 20anni” (Schmidt, pp. 230-231). Le nuove rubriche del1955 erano dunque un frutto della Commissione, ma unfrutto transitorio: “siamo in un periodo di transizione”,scriveva Bea nel 1957 (Schmidt, p. 231). Il decreto stesso(che attribuiva la riforma alla “Commissione specialeche si occupa della riforma liturgica generale”) stabilivache le nuove edizioni del Breviario non dovessero esse-re mutate, evidentemente perché la riforma doveva, inbreve, essere a sua volta riformata. Il Segretario dellaS.C. dei Riti, Mons. Carinci, spiegò infatti “che la rifor-ma definitiva del Messale e del Breviario (da tanto tempoaspettata e desiderata) non era imminente e avrebbe ri-chiesto parecchi anni prima che fosse completata; per cuile edizioni esistenti o future di quei libri dovevano restareinalterate” (O.R., 4 maggio 1955). I motivi della riformaespressi dal decreto sono assai tristi: l’attivismo del pre-te moderno: “ai nostri giorni i sacerdoti, specialmentequelli in cura d’anime, sono sempre più onerati di varie enuove forme di apostolato, sicché a mala pena possonoattendere con la dovuta tranquillità d’animo alla recitadel Divino Ufficio”. Pius Parsch e B. Capelle (entrambinel 1947) invocarono la riforma del breviario, indicandocome ostacoli la sua lunghezza e l’uso della lingua latina(Ellard, p. 25). La riforma del Breviario e della Messa

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del 1955 era il primo passo in questa direzione, quella“dell’autodemolizione [sic] della liturgia romana” (Bon-neterre, p. 111). Infatti, nel Congresso d’Assisi del 1956,del quale parlo più sotto in questo stesso articolo, ilcard. Lercaro, padre - con Bugnini - del nuovo messale,tenne una “applauditissima conferenza: la semplificazio-ne delle rubriche e la riforma del Breviario” ove, a dettadi Bugnini stesso, si anticipavano già le scelte che porta-rono alla liturgia delle ore di Paolo VI (Bugnini, p. 25).

14) Il Catechismo detto del concilio di Trento (III, c.IV de eucharistiæ sacramento, n. 6) afferma che il di-giuno naturale prima della comunione è stato istituito“salutaliter” dagli Apostoli (già Tertulliano attesta que-sto uso: A mia moglie, 2, 5). San Tommaso spiega l’altaconvenienza di questa consuetudine (III, q. 80, a. 8). Lacelebrazione della Messa alla mattina è naturalmentelegata alla legge del digiuno eucaristico dalla mezzanot-te. Durante l’ultima guerra, furono accordati degli in-dulti per celebrare il pomeriggio essendo a digiuno da 4ore, indulti che caddero nel dopoguerra. “In questa si-tuazione interviene un laico cattolico tedesco, WernerMaurenbrecher (...) il quale inizia una campagna in fa-vore della messa vespertina. (...) La sua campagna davaquasi fastidio a diverse curie diocesane. (...) Maurenbre-cher ha avuto in Bea ‘il più importante ed efficace inter-locutore’. Fin dal 1954, Maurenbrecher ringrazia Beaper l’aiuto che ‘per anni’ con i suoi consigli, questi gliaveva dato per il suo lavoro a favore della messa vesper-tina (...). Nel 1948 M. era riuscito a convincere eminentipersonalità della vita cattolica in Germania a indirizzarea Pio XII una supplica a favore della messa vespertina.In essa si spiegava come la situazione, per altri versi, eraancora simile a quella del periodo della guerra (...) eparlava (...) delle difficoltà del moderno ‘uomo della se-ra’. Di conseguenza si chiedeva il permesso generale dicelebrare la messa di sera. In data 17 agosto 1948, laCongregazione del sant’Uffizio rispondeva in modo deltutto negativo. Poco dopo Bea, che al tempo della rispo-sta negativa non era ancora consigliere del sant’Uffizio,interveniva in materia” invitando M. a perseverare fa-cendosi appoggiare dai vescovi: “ho sempre sottolineatoche l’iniziativa in questione dev’essere promossa dagliepiscopati”. “In effetti, una decisione positiva non si feceattendere troppo: il 6 gennaio 1953, Pio XII pubblicavala Costituzione Christus Dominus [A.A.S., 45 (1953),pp. 15-32] con la quale veniva consentita la celebrazionedelle messe vespertine nelle domeniche, nelle feste infra-settimanali, nei primi venerdì del mese e una volta la set-timana. Per quanto riguardava l’obbligo del digiuno eu-caristico, si stabiliva che l’acqua non ‘rompe’ il digiuno.Per il resto, bisognava astenersi da cibo e bevande treore prima della messa e della comunione” (Schmidt, pp.227-229). Pio XII ricordava però che “la legge del digiu-no eucaristico dalla mezzanotte rimane in vigore per tuttiquelli che non si trovano in particolari condizioni”(A.A.S., cit., p. 22) ed il digiuno limitato a tre ore vale-va solo per le messe pomeridiane. Infatti, disse Bea, “sitrattava del capovolgimento di una tradizione antica diun millennio e mezzo, se non di più. Vent’anni prima,tale concessione sarebbe stata impensabile”. Due istru-zioni del S. Uffizio, nel 1953 e nel 1955 [AAS, 47(1955), p. 218] ricordavano gli stretti limiti della conces-sione. Bea invita alla pazienza: “la cosa principale è chela macchina si sia messa in moto. Tutto il resto è questio-ne di tempo (...)”. “Non erano passati sei mesi daquest’ultima lettera che Pio XII pubblicava il 19 marzo1957 il Motu Proprio Sacram Communionem [AAS, 49

(1957), pp. 117 ss] con il quale autorizzava i vescovi apermettere la celebrazione della messa vespertina tutti igiorni, qualora un notevole numero di fedeli lo deside-rasse. Per il digiuno eucaristico stabiliva la regola diastenersi per tre ore dai cibi solidi e per un’ora da quelliliquidi”, anche se esortava “vivamente i Sacerdoti e i fe-deli, che sono in grado di farlo, di osservare, avanti laMessa o la santa Comunione, la vetusta e veneranda for-ma del digiuno eucaristico”, mentre chi usufruiva dellenuove concessioni avrebbe dovuto “compensare il bene-ficio ricevuto con fulgidi esempi di vita cristiana e princi-palmente con opere di penitenza e di carità”! Non man-carono “notizie di difficoltà e anche di resistenze da par-te di alcuni vescovi” ma Bea rispondeva: “La volontàdel Santo Padre adesso è chiara. (...) Bisogna lasciarpassare il tempo necessario perché la gente si abitui e lecose si sviluppino” (Schmidt, pp. 229-230). Sviluppo av-venuto con Paolo VI (21 novembre 1964) su richiestadei Padri Conciliari (A.A.S., 1965, p. 186) che ridusse iltempo di digiuno a un’ora (anzi, al famoso quartod’ora). Fine di una tradizione apostolica...

15) F. RICOSSA, L’eresia antiliturgica dai Giansenistia Giovanni XXIII (1668-1960): i tre secoli di gestazionedelle riforma conciliari, in Sodalitium, n. 11 (giugno1986), pp. 8-16.

16) “In dodici anni di vita... la Commissione tenne 82adunanze e lavorò nel più assoluto segreto” Bugnini, op.cit., p. 22.

17) J. KOMONCHAK, La lotta per il concilio durante lapreparazione, in Storia del Concilio Vaticano II, direttada Giuseppe Alberigo, Peeters-Il Mulino, Lovanio-Bo-logna, 1995, vol. 1, pp. 228-229.

18) Bugnini spiega che “si diffuse la voce che il card.Cicognani fosse stato poco contento della accoglienzadel suo intervento sul latino, e che fosse andato a riferireal Papa per indurlo a un severo richiamo nel discorsoche avrebbe tenuto ai congressisti il 22 settembre” men-tre invece il cardinale sarebbe stato cacciato dalle pulcidella camera cardinalizia dell’episcopio di Assisi. Certa-mente, Bugnini ha riso sotto i baffi...

19) S. SCHMIDT, op. cit., pp. 233-234.20) Pio XII, discorso Vous nous avez demandé del

22 settembre 1956, A.A.S. 48 (1956), pp. 725; Insegna-menti Pontifici, La Liturgia, nn. 793-824.

21) “Questa forma di culto [privato] la Chiesa nonsoltanto la tollera, ma la riconosce pienamente e la rac-comanda, senza tuttavia recar alcun pregiudizio alla pre-minenza del culto liturgico” (IP, 799).

22) “La nostra enciclica Mediator Dei aveva già retti-ficato certe affermazioni erronee, che miravano sia ad in-dirizzare l’insegnamento religioso e la pastorale in sensoesclusivamente liturgico, sia a suscitare inciampi al movi-mento liturgico, rimasto a taluni incompreso” (IP, 801).

23) Cf IP, 804. L’errore, già condannato nell’allocu-zione del 2 novembre 1954, presuppone che il popoloconcelebra col sacerdote, e si concretizzava proprio neicongressi liturgici, durante i quali i sacerdoti presentinon celebravano le messe private, sostenendo che ba-stava loro unirsi alla intenzione del celebrante per con-sacrare con lui (cf IP 808).

24) “A loro avviso il contenuto essenziale attuale dellespecie del pane e del vino è ‘il Signore in cielo’, col qualele specie hanno una relazione cosiddetta reale ed essen-ziale di contenenza e di presenza” (IP, 813). Nella prassi,questa teoria portava e porta alla svalutazione della pre-senza reale del Signore e all’irrisione di tutta la pietà eu-caristica post-tridentina, facendo “per così dire, uscire il

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Cristo dall’Eucarestia” e lasciando “nel tabernacolo solole specie eucaristiche...” (IP, 815). Nel 1985 la questioneè tornata di attualità in una polemica tra i cosiddetti“tradizionalisti”, con Dom Gérard che riprendeva la po-sizione criticata da Pio XII, e l’abbé de Nantes che sischierava all’estremo opposto. Per una corretta posizio-ne tra i due eccessi, cf MGR. M.-L. GUÉRARD DES LAU-RIERS, La présence réelle du Verbe Incarné dans lesEspèces consacrées, Editions Sainte Jeanne d’Arc, Ville-genon, 1987 (sul discorso di Pio XII, pp. 89 ss; sulla po-lemica Dom Gérard-abbé de Nantes, pp. 122 ss).

25) “Tuttavia, più importante che la coscienza di talediversità [tra l’atto del sacrificio (‘l’altare’) e il culto diadorazione (‘il tabernacolo’)] è quella dell’unità: è unsolo e medesimo Signore, che è immolato sull’altare eche è onorato nel tabernacolo, donde spande le sue be-nedizioni. Se si fosse ben convinti di ciò, si eviterebberomolte difficoltà, ci si guarderebbe bene dall’esagerare ilsignificato dell’uno a detrimento dell’altro e dall’opporsialle decisioni della Santa Sede” (IP, 816). “Chi aderiscedi cuore a questa dottrina [del Concilio di Trento] nonpensa ad avanzare obiezioni contro la presenza del ta-bernacolo sull’altare” (IP, 816). Con la riforma del Vati-cano II, il tabernacolo (ed il Signore) sono stati sloggia-ti dalla tavola (ex-altare), come era nei voti del ‘movi-mento liturgico’ deviato.

26) IP, 817. Pio XII invita il movimento liturgiconon solo a “lasciar venire i fedeli verso il Signore nel ta-bernacolo” smettendola di osteggiare la visita al santis-simo sacramento, le quarant’ore, l’adorazione perpe-tua, l’ora santa, le processioni del SS.mo Sacramento, iltrasporto solenne della comunione agli infermi, ma an-che di sforzarsi di “attrarveli sempre di più” (IP, 818).

27) “L’umanità di Cristo ha anch’essa il diritto al cul-to di latria a motivo della sua unione ipostatica col Ver-bo, ma la sua divinità è la ragione e la sorgente di questoculto. Pertanto la divinità di Cristo non può restare in al-cun modo alla periferia del pensiero liturgico. È regolareche si vada ‘ad Patrem per Christum’, poiché Cristo è ilMediatore tra Dio e gli uomini. Egli, però, non è soloMediatore; è altresì, in seno alla Trinità, eguale al Padree allo Spirito Santo” (IP, 819).

28) Cf IP, 821.29) J. KOMONCHAK, op. cit., p. 229 e nota 190.30) Sul latino nella liturgia, cf F. RICOSSA, Perché di-

ciamo la messa in latino in Sodalitium, n. 30 (giugno-lu-glio 1992) pp. 3-13.

31) “Così, non senza grande dolore, sappiamo cheaccade non soltanto in cose di poca, ma anche di gravis-sima importanza: non manca, difatti, chi usa la linguavolgare nella celebrazione del Sacrificio Eucaristico (...).L’uso della lingua latina come vige nella gran parte dellaChiesa, è un chiaro e nobile segno di unità e un efficaceantidoto ad ogni corruttela della pura dottrina” (enc.Mediator Dei, IP 547).

32) KOMONCHAK, op. cit., p. 228.33) Grande fu lo sconforto dei progressisti nei paesi

di missione dopo l’Istruzione del 1 ottobre 1958 sul lati-no. “In Germania - scrive un corrispondente di Bea -possono almeno appellarsi a un indulto. Nelle missioni,invece, non ne abbiamo, per cui la rigida regola del lati-no ci pesa doppiamente. Inoltre in Germania vivono giàda 30 anni il movimento liturgico (...). La cosa è aggra-vata dal fatto che i nostri pastori d’anime sono abituati acomportarsi semplicemente secondo il detto, Roma locu-ta, causa finita, con grave danno delle anime, con la con-seguenza cioè che i fedeli assistano alla messa in modo

CHARLES PÉGUY: UNPROFETA DEI TEMPI

MODERNI?

Rioplatense

In ricordo del venerato Padre Georges Vinson,Sodalitium pubblica queste righe chiare e sem-

plici sullo scrittore e poeta Charles Peguy, estrat-te da Valor (n. 48, pp. 8-9, aprile 1954) la rivistaargentina dei Cooperatori Parrocchiali di CristoRe, diretta allora da P. Vinson (quasi certamente“Rioplatense” era uno degli pseudonimi del Pa-dre). In Italia, gli scritti di Péguy hanno una no-tevole influenza su Comunione e Liberazione(“la morale fa male”); in Francia, su molti espo-nenti del movimento “tradizionalista” (basti pen-sare ai pellegrinaggi di Chartres sulle orme di Pé-guy). Sodalitium non approva questo entusiasmo,e l’articoletto presente ne spiega il perché.

Sodalitium

Tra i modelli proposti alla gioventù cat-tolica moderna, Charles Péguy occupa unposto d’onore: non c’è libro o articolo chetratti della rinascita francese contemporaneache non citi Péguy come uno dei suoi più il-lustri rappresentanti.

Si pensa a Péguy, si cita Péguy (persinoin libri di spiritualità, come se fosse stato un

meccanico (...). Ora, se non ci viene nemmeno lasciata lapossibilità di introdurre alla piena conoscenza della mes-sa attraverso una partecipazione intelligente alla messabassa, siamo perduti”. Uno schema di messa dialogatastava per essere pubblicato in India, e la cosa fu blocca-ta dall’Istruzione! “Non mi meraviglio dei suoi lamenti -rispose Bea - e non sono gli unici che ho sentito. È cosaovvia che i fedeli, soprattutto nei paesi di missione, ac-compagnino la messa bassa con preghiere in lingua vol-gare...” (Schmidt, p. 240). I progressisti, che ci rimpro-verano di disobbedire, sono stati per primi - come si ve-de - i campioni delle disobbedienza!

34) G. ELLARD, op. cit., p. 190.35) Testo in Eph. Lit. 62 (1948), 285-290, e in Ellard,

p. 191.36) Schmidt, naturalmente, espone le cose dal suo

punto di vista. I suoi avversari non vedevano nella litur-gia solo il culto di Dio, (negando del tutto il suo ruolodidattico), ma soprattutto il culto di Dio. I progressisti,invece, si servivano della pastorale per mettere sotto ilmoggio l’aspetto latreutico e sacrificale della liturgia, ri-dotta a una luterana assemblea dei fedeli. Per una det-tagliata esposizione delle idee di Bea in campo liturgi-co, cf Schmidt, op. cit., pp. 243-249.

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37) cf ELLARD, op. cit., p 194.38) “Sappiamo bene che dalla stessa Sede Apostolica

sono state concesse al riguardo per gravi motivi alcuneben determinate eccezioni, le quali per altro vogliamo chenon siano estese ed applicate ad altri casi senza la debitalicenza della stessa Santa Sede. Anzi, anche là dove ci sipuò avvalere di siffatte concessioni, curino attentamentegli Ordinari e gli altri sacri pastori, che i fedeli sin dall’in-fanzia imparino almeno le melodie gregoriane più facili epiù in uso e se ne sappiano valere nei sacri riti liturgici, dimodo che in ciò sempre di più risplenda l’unità e l’uni-versalità della Chiesa. Dove tuttavia una consuetudine se-colare od immemoriale permette che nel solenne Sacrifi-cio Eucaristico, dopo le parole liturgiche cantate in lati-no, si inseriscano alcuni canti popolari in lingua volgare,gli Ordinari permetteranno ciò ‘qualora giudichino cheper le circostanze di luogo e di persone tale (consuetudi-ne) non possa prudentemente venir rimossa’ (Codex iuriscanonici, can. 5), ferma restando la norma che non sicantino in lingua volgare le parole stesse della liturgia,come già sopra è stato detto” (cf Ellard, p. 195, e IP 766).

39) L. BOUYER, Dom Lambert Beauduin, un Hom-me d’Eglise, Castermann, 1964, pp. 180-181, citato daBonneterre, p. 112.

teologo o un santo), si imita Péguy... Nei cir-coli di Azione Cattolica, nelle riviste cattoli-che, persino dal pulpito, si parla di CharlesPéguy.

Nel 1912, Péguy scrisse al suo amico Lotte:“Ho una missione, ho immense responsabilità.In fondo, è un rinascimento cattolico che si stacompiendo tramite me”. (Citato da Daniel Ha-levy nel suo libro su Péguy a p. 178).

Nonostante l’orgogliosa e ridicola prete-sa di questa frase, Péguy, finché visse, ebbesolo un piccolo gruppo di lettori (ibidem, p.179), e non potè esercitare quella influenzaspirituale di cui fantasticava: la esercita solooggi, 30 o 40 anni dopo la morte.

L’ha meritata? Per la sua vita, la sua ope-ra, il suo carattere, i suoi sentimenti profon-di, Péguy è degno di essere un capo spiritua-le, un modello per la gioventù cattolica?

Discepolo dell’ebreo Bergson, difenderàfino alla fine - non senza attaccare perciò ilSommo Pontefice - l’opera di colui che chia-merà il suo ‘maestro’, i cui libri tuttavia sonomessi all’Indice. Come sottolinea Secretannel suo libro “Péguy, soldat de la verité”, isuoi amici sono soprattutto protestanti edebrei.

Colui che pretendeva di essere chiamatoa una missione e di iniziare la rinascita delcattolicesimo francese, non volle sposarsi inchiesa e non permise che i suoi figli fosserobattezzati.

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ri a una Madonna che si trovava tra le rovine diun convento, ma nel giorno stesso della suamorte, il mattino, fu l’unico ufficiale della suacompagnia che non volle assistere alla Messa ecomunicare. Pochi istanti più tardi, questo“gran cattolico” (?) cadde morto colpito infronte da una pallottola, proferendo un’ultimabestemmia (Secretan, p. 278, Halevy, p. 247).

Sono due scrittori amici personali e ammi-ratori di Péguy che ci descrivono la vita diquesto profeta dei tempi moderni. Halevy ri-corda come Péguy stesso dettò a un amico unarticolo-recensione del suo poema “Eva”. Leprime parole sono le seguenti: “EccettoPolyeucte (che Péguy ci ha insegnato a porreal primo posto, al di sopra di ogni cosa) tuttopermette di pensare che quest’opera, ‘Eva’, èl’opera più considerevole che sia stata prodottanella cattolicità dal secolo XIV a oggi (ovvero,dai tempi di Dante)”. Capiamo allora la testi-monianza di Mons. Battifol: “Péguy aveva unimmenso orgoglio”.

Non è il caso di chiedersi: perché, controogni verità, si presenta Péguy come un grancattolico? Cosa potrà mai ricavare, da un talmodello, la gioventù cattolica? Che cosapuò dare un tal profeta alla rinascita cattoli-ca contemporanea?

Halevy, nel libro succitato, si sforza discusare Péguy buttando la colpa sulla Chiesa.Però Secretan, nel suo libro, presenta le cosein modo più imparziale, e citando la testimo-nianza di Marcel Péguy, figlio di Charles, di-mostra che la colpa non era della Chiesa, nédella moglie di Péguy, ma di Péguy stesso.

Per portare un giudizio sul cattolicesimodi Péguy, bisogna ricordarsi che più volteegli contrappone il suo cattolicesimo perso-nale a quello della Chiesa (Secretan, p. 273);che più volte pretende di dare lezioni allaChiesa stessa, scrive invettive contro il cleroed il Papa (si leggano Halevy, Secretan...);secondo la testimonianza di questi autori,egli diffida dei sacerdoti e dice che finirà pernon poterne vedere neppure uno.

Non si comunicò mai; assistette alla Mes-sa qualche volta, ma come per caso; Halevydice di lui: “Péguy non ha mai creduto nelleformule, nelle ricette di verità che raccoman-dano in modo uniforme i funzionari deigruppi e delle sette: le pratiche religiose sonoper lui ricette di salvezza alle quali non eraaffezionato” (p. 171).

Discipolo di Bergson fino alla fine, mo-dernista, non crede in tutti i dogmi (comel’inferno), o li considera come un residuodello slancio vitale (élan vital).

Nell’aprile del 1914, le opere di Bergsonsono condannate e messe all’Indice. Fu inquesta occasione che Péguy si rivolse al Papacon ben poco rispetto, nella sua ‘Nota suBergson’.

Poco dopo un sacerdote avvisò Lotte, unamico di Péguy che era però cattolico prati-cante, di diffidare di Péguy in lotta controRoma; andandosene, questo sacerdote presecon sé le opere di Péguy che erano richiestedal Sant’Offizio e che molti suoi amici consi-deravano già come degne di condanna.Allora Péguy, intuendo tutto ciò, scrisse lasua ultima opera: una serie di invettive con-tro questo sacerdote, burlandosi della Con-gregazione dell’Indice...

Secretan, a proposito di questo libro chePéguy lasciò incompiuto perché già mobilita-to per la guerra (agosto 1914), scrive: “Péguycompara la proscrizione dell’Indice a quei car-telli che il pellegrino non consulta per conosce-re il cammino... La frase termina con la parola‘protestante’, nella quale vedo uno dei tratti piùcaratteristici del suo carattere” (p. 183).

La sera prima della sua morte, avvenuta sulcampo di battaglia il 5 agosto 1914, offrì dei fio-

Lo scrittore Charles Peguy

PADRE VALLET E GLIESERCIZI DI S. IGNAZIO

don Curzio Nitoglia

Introduzione

Èuscito ultimamente in Francia un libroche narra brevemente la vita del Padre

Vallet che fu “apostolo infuocato e volgariz-zatore fecondo degli Esercizi di S. Ignazio”(1). Cercherò di riassumerne la vita e porger-la al lettore nella speranza che questo grandeapostolo del XX secolo sia sempre meglioconosciuto e che il suo grande desiderio (chetutti potessero fare gli Esercizi di S. Ignazio)si realizzi, con l'aiuto della grazia di Dio.

I primi anni

Francesco da Paola Vallet, nacque nelpieno centro di Barcellona il 14 giugno 1883.Era il terzo figlio dei coniugi Vallet-Arnau.“Secondo una tradizione di famiglia, i Valletsarebbero d'origine francese. Di fatto, le ri-cerche genealogiche hanno permesso di risa-lire ad un Bernard Vallet nato nel 1650 aSarreal, vicino a Tarragona” (3).

Suo padre, di carattere dolce e tranquil-lo, era un impresario edile, e l'ultimo di die-ci figli. Nel 1887 aveva sposato Dolores Ar-nau, figlia unica, molto pia e assai autorita-ria. Ella mise al mondo dieci figli, di cui set-te sopravvissero, tutti di carattere assai vivo.Il Nostro fu battezzato il 22 giugno nellachiesa dedicata a S. Francesco da Paola, e fuchiamato: Francesco da Paola, Raffaele,Luigi Gonzaga.

Durante gli studi liceali Francesco, dettoPaco per gli amici, non si mostrava partico-larmente portato per la spiritualità. A tredicianni, mentre giocava sul bordo di un lagoscivolò in acqua e sarebbe certamente anne-gato, soffocato dalla melma che lo trascinavasempre più in basso, se all’improvviso nonavesse inteso come una voce che lo tranquil-lizzava e gli diceva: “Afferrati a questo ra-mo!”. Fu così che Paco si salvò e si convinsedi essere stato salvato dalla Madonna. A se-dici anni, Paco prese la licenza liceale e poté

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così entrare all’Università; ma qui a poco apoco perse la fede. Nel 1903 entrò alla Scuo-la Superiore d’Ingegneria; gli sarebbe piaciu-to diventare architetto e divenne amico diAntonio Gaudi, il geniale architetto de LaSagrada Familia di Barcellona. Durante que-gli anni s’impegnò anche in politica militan-do nel Movimento regionalista (non separa-tista) catalano; partecipò anche a degli scon-tri con i social-comunisti. Si fidanzò e pensa-va ormai al matrimonio, quando una “crisiesistenziale” gli fece reincontrare Dio.

Il 22 giugno 1906, il suo amico EudaldSerra celebrò la sua prima Messa. Anche sePaco non pensava ancora alla vocazione, ve-dere il suo amico d’infanzia divenuto avvoca-to, abbandonare la toga per diventare sacer-dote, l’impressionò e lo fece riflettere. Rottoil fidanzamento, riprese a pregare e cominciòa pensare alla vocazione. Tuttavia continua-va ad offendere Dio, salvo poi pentirsene.Egli voleva sinceramente cambiare vita, manon ne trovava ancora la forza; fu allora chegli venne un’ispirazione: domandò al Signoredi mandargli una malattia che servisse a fer-marlo sulla china del peccato (3). Ed eccoloammalato: una specie di depressione, un di-sgusto di tutto che non gli impedisce tuttavia

Padre Francesco da Paola Vallet

Recensioni

di partire finalmente per Manresa, il 25 feb-braio 1907. Sotto la guida del Padre gesuitaMariano Esturì inizia gli Esercizi Spirituali diS. Ignazio. Ne esce trasformato radicitus (ra-dicalmente). Rientrò a casa “pazzo per gliEsercizi” e nel luglio successivo partì per ilnoviziato dei Gesuiti.

La formazione religiosa

Francesco aveva 24 anni, quando il 5 lu-glio 1907, arrivava nella città di Gandia; eral’inizio di una difficile formazione religiosache sarebbe durata 15 anni! Durante una let-tura in refettorio fu colpito dall’esempio diuno dei primi Gesuiti (il Padre Muñoz), checon l’aiuto di altri Padri s’era messo a predi-care gli Esercizi su grande scala in Colombia.Tutte le classi sociali erano state coinvolte,dai membri del governo fino agli operai e aicontadini. Questi esercizi riassunti in pochigiorni, in perfetto silenzio, avevano prodottoun profondo cambiamento nell’ordine socia-le di quel Paese. Questa lettura mise in ebol-lizione il giovane novizio di Gandia: avevavisto gli effetti degli Esercizi sulla sua perso-na, ed ora aveva capito che lo stesso risultatopoteva essere raggiunto su una grande quan-tità di uomini, in una sola volta! In effetti inEuropa questa forma di dare gli Esercizi incomune non era più praticata da tanto tem-po. Solo gli Esercizi avrebbero potuto salva-re le Nazioni dalla “peste dell’età moderna:il Laicismo”! D’ora in poi l’idea di far fare gliEsercizi al più gran numero possibile di uo-mini non lo lascerà più.

Il 6 luglio 1909, il noviziato di Fratel Val-let termina e durante la Messa egli pronun-cia i voti. Fratel Vallet comincia ad insisterepresso i superiori affinché si organizzino de-gli Esercizi su vasta scala come aveva fatto ilPadre Muñoz in Colombia. Padre Adroer,l’attuale Rettore, accetta e fratel Vallet saràl’anima dell’organizzazione. «Una serie diotto Esercizi cominciò nel febbraio 1910. E733 uomini faranno gli Esercizi, durantequattro giorni, nello spazio di tre mesi! Du-rante 7 anni continuò l’esperienza e circa18.000 uomini potettero fare gli Esercizi.L’azione sociale di fratel Vallet, secondoquanto aveva scritto Leone XIII in RerumNovarum, era fondata sullo spirito del Van-gelo: la Fede e la Carità soprannaturale. «Lamia azione sociale è innanzitutto un’azionecristianizzatrice», scriveva Fratel Vallet. I

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mezzi per arrivarvi sono gli Esercizi, la fon-dazione di grandi case di Esercizi, Eserciziambulanti, per “Instaurare tutto in Cristo”!Non si tratta di realizzare un’azione socialeper poi condurre le anime a Gesù Cristo, mabisogna innanzitutto predicare Gesù affin-ché l’azione sociale possa poi riuscire. FratelVallet constatava che la Spagna stava scri-stianizzandosi (come tutto il mondo) e che icristiani che avrebbero dovuto condurre atermine l’azione sociale non esistevano, per-ciò era necessario evangelizzare il Paese, esoltanto quando il Cristianesimo fosse dinuovo penetrato profondamente nelle ani-me, allora si sarebbe potuta iniziare una ve-ra azione sociale, contrariamente a quantoinsegna Maurras.

Il 26 luglio 1920, fratel Vallet è ordinatosacerdote, il 31, festa di S. Ignazio, celebra lasua prima Messa.

L’epopea: “Fare un po' di più”

Il Superiore provinciale, Padre Guim,pensa di nominare il giovane Padre Valletdirettore della casa di Esercizi spirituali diManresa e gli dice: “Vediamo se riesce a fa-re qualcosa come a Gandia”. E P. Vallet ri-sponde: “Sì Padre, un po’ di più”.

Il Padre non resta soltanto a Manresa, vain cerca di uomini dappertutto, ed inizia cosìle “Campagne di Esercizi Parrocchiali”. Gliuomini che partecipano agli Esercizi, trasfor-mati dalla grazia (di cui gli Esercizi ignazianisono un notevole strumento), diventano apo-stoli ardenti, che porteranno altre anime afare i cinque giorni. Dal 1922 al 1923 circa1.300 uomini faranno gli Esercizi a Manresa.Nel 1924 saranno 1.400 circa; 2.600 nel 1925 ,3.200 nel 1926. In quattro anni 8.500 uominihanno fatto i cinque giorni! Infatti PadreVallet è riuscito a condensare in cinque gior-ni l’essenza degli Esercizi ignaziani: termina-ti questi gli esercitanti vengono indirizzativerso le loro Parrocchie, donde il nome di“Opera degli Esercizi Parrocchiali”. Al ter-mine di ogni turno di Esercizi la consegna èla stessa: “Andate dal vostro parroco e met-tetevi ai suoi ordini, è il vostro pastore!”.

Fondatore

Nel 1927 P. Vallet predica gli Esercizipubblici nella più grande chiesa di Barcellona(dopo la cattedrale) S. Agostino. I parteci-

panti oscillano tra i 5.000 e gli 8.000. Inoltre leprediche di P. Vallet sono diffuse via radio,gli ascoltatori sono circa 600.000. Ma ben pre-sto giunge la prova: relazioni difficili con iconfratelli gesuiti ed anche qualche tensioneall’interno dell’“Opera degli Esercizi Parroc-chiali”. A Manresa P. Vallet veniva ostacola-to; alla fine dovette cambiare residenza. Il Pa-dre non aveva mai considerato l’“Opera degliEsercizi Parrocchiali” come dipendente dallaCompagnia di Gesù, ma piuttosto dai Parrocie dai Vescovi. Tutto ciò non fu né capito néaccettato da alcuni suoi confratelli gesuiti, cheparlavano di “paura del gesuitismo”. Inoltrela popolarità di P. Vallet oramai era immensain Catalogna, e ad alcuni dava fastidio. Il P.Villalonga, Provinciale dal 1926, ordinò al P.Vallet di andarsi a riposare a Veruela. Il 3giugno 1926, P. Vallet davanti al SS. Sacra-mento riceve l’ispirazione di fondare unaCongregazione destinata a servire l’“Operadegli Esercizi Parrocchiali”: i “CooperatoriParrocchiali di Cristo Re”. Il 28 luglio esponeal Provinciale il suo progetto di fondazione:non vuole lasciare la Compagnia di Gesù, masoltanto fondare i “Cooperatori”. Il Provin-ciale gli consiglia di scrivere al Generale. Il 23settembre, il P. Provinciale gli toglie la dire-zione dell’Opera degli Esercizi Parrocchiali, eil 23 ottobre gli si proibisce di predicare gliEsercizi. Il 24 febbraio il Nostro scrive al Ge-nerale, il quale lascia al Padre la scelta di ob-bedire al Provinciale o di lasciare la Compa-gnia di Gesù. Il P. Vallet opta per la secondavia, e il 3 maggio 1928 lascia la Compagniaper l’unica ragione di consacrarsi ad un’im-presa che credeva essergli domandata da Dio.Siccome non appartiene al clero di nessuna

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diocesi, è in situazione canonica di sospeso adivinis e non può pertanto celebrare Messa. Il5 giugno P. Vallet è incardinato dal Vescovodi Salto in Uraguay, che gli permette di resta-re in Europa e portare avanti il suo progetto.Ritornato a Barcellona, P. Vallet rende visitaal Vescovo del luogo che gli accorda la resi-denza nella sua diocesi ma senza il permessodi predicare pubblicamente. Già a partire dal-la fine di luglio arrivano tre vocazioni, ma ilPadre capisce di non essere bene accetto aiVescovi catalani. Infatti il 21 febbraio 1929, ilPadre apprende che l’Episcopato catalano hadeciso di obbligarlo a lasciare la Spagna. P.Vallet, conscio di non poter restare in Catalo-gna, spera tuttavia di poter restare in Spagna.Parte quindi per Madrid e Toledo per incon-trare il Nunzio apostolico e il Cardinal Segu-ra, primate di Spagna. Quest’ultimo è dispo-sto ad accoglierlo nella sua diocesi, ma vor-rebbe avere un via libera almeno ufficiosodalla S. Sede. P. Vallet si reca quindi a Romae rende visita al cardinal Lépicier neo-Prefet-to della Sacra Congregazione dei Religiosi;sembra ottenere l’accordo desiderato dal car-dinal Segura, tuttavia...

In Uruguay

Il 30 aprile 1929 il Vescovo di Barcellonalo convoca e gli legge la lettera del Nunzioapostolico a Madrid: «Il Segretario di Statom’incarica di scrivervi di ordinare al P. Val-let di raggiungere, al più presto, la diocesicui appartiene». P. Vallet obbedisce senzaesitare. Il 23 giugno arriva a Montevideo epoi si dirige a Salto (la seconda città del-l’Uruguay, con 30.000 abitanti) La Fonda-zione dei Cooperatori Parrocchiali di CristoRe debutta così in America latina!

«Lanciare l’O.E.P. in Uruguay, all’iniziodegli anni 30, sembrava impossibile. Il Paeseera sotto l’influsso malefico ed anticlericaledella Massoneria, le élites avevano accoltole nuove idee liberali venute dall’Europa»(4). Malgrado tutto ciò P. Vallet, in trentamesi d’attività (dal 1929 al 1932) fonda e re-dige una rivista, Vida Interior, al serviziodella perseveranza degli esercitanti. Potràfare numerose conferenze, Esercizi nelleParrocchie. Predicherà 57 Esercizi, con 1.340esercitanti. «Tuttavia P. Vallet non è un su-peruomo. Ben presto è completamenteesaurito e si trova sull'orlo di una depressio-ne nervosa» (5).

Padre Vallet a Sarria mentre arringa le folle

Alla ricerca della volontà di Dio

Coll’accordo di Monsignor Camacho,s’imbarca il 9 marzo 1932, accompagnato daJuan Terradas, e rientra in Europa. Arriva aBarcellona il 23 marzo perché in quella cittàun gruppo di esercitanti influenti s’è oppostoal nuovo Vescovo Mons. Irurita; il Padre nonappena giunto si sforza di ristabilire l’unitàtra esercitanti e Gerarchia. Purtroppo unagiovane donna, Magdalena Aulina esercitaun influsso molto potente sugli esercitantidel P. Vallet che si oppongono alla Gerar-chia, mentre altri esercitanti preferisconosaggiamente tenersi alla larga dalle preteseestasi e dai profumi “mistici” di Magdalena.Vedendo che dall’Uruguay, il P. Vallet non liappoggiava, ma anzi predicava la sottomis-sione alla Gerarchia, Magdalena e la madredi Terradas avrebbero voluto partire perl’Uruguay e ricondurre il Padre sul “retto”cammino! Ecco i presupposti che spinsero P.Vallet a ritornare a Barcellona. Tuttavia sela maggioranza degli esercitanti segue le in-dicazioni del Padre, una minoranza, social-mente ed economicamente importante, re-spinge la sua posizione e lo osteggia.

Quest’azione di P. Vallet non viene in-terpretata bene neanche dalla Gerarchia,che vede nel ritorno del Nostro a Barcellonauna provocazione nei confronti dei Gesuiti.Infine il 10 gennaio 1933, i Vescovi di Cata-logna respingono un’eventuale incardinazio-ne del P. Vallet nel loro territorio e Mons.Irurita lo minaccia: se non se ne va gli to-glierà il permesso di celebrare. P. Vallet siritrova solo e disorientato. Il 2 marzo scrivenel suo diario: «Debole, fragile, freddo, qua-si senza fiducia. Tentazioni di disperazione edi suicidio... Grande umiliazione e contrad-dizione, penso di essere stato vittima diun’illusione... La persecuzione da parte deibuoni è orribile». S’incontra per consigliarsicon dom Chautard, con P. Garrigou-Lagran-ge, i quali lo incoraggiano a continuare lasua opera. Si ritira nell’Abbazia di Aigue-belle, e ivi incontra il Vescovo di Valence(Francia) Mons. Camille Pic, che aveva sen-tito parlare dell’opera del P. Vallet e ne erarimasto colpito favorevolmente. Il 13 dicem-bre Mons. Pic offre al P. Vallet l’incardina-zione nella sua diocesi e l’affitto di una fab-brica a Chabeuil. P. Vallet accetta “Cha-beuil”; l’8 marzo 1934 la comunità vi s’in-stalla, il 14 Mons. Pic viene a visitarla, P.

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Vallet vorrebbe chiamarla S. Giuseppe, maMons. Pic opta per Nazaret.

In Francia

I primi Esercizi predicati a Chabeuil (2-8aprile 1934) ebbero come partecipanti 37 ca-talani. Poi P. Vallet si metteva in moto su egiù per la diocesi, che contava 220.000 catto-lici e 405 preti. Passa in rivista quasi tutti iparroci che lo accolgono bene ma rispondo-no quasi unanimemente alla proposte delNostro: «In Spagna, sì, è possibile; ma qui...No, gli uomini non si rinchiuderanno maiper cinque giorni a fare gli Esercizi!». Tutta-via i Cooperatori Parrocchiali che accompa-gnano il Padre non si scoraggiano, anzi rad-doppiano sforzi e preghiere.

Il primo turno di Esercizi per francesiebbe luogo a giugno, con 6 partecipanti sol-tanto. Il secondo turno, a luglio, ne ebbe 10.Il terzo: 17. E costoro escono infiammati da-gli Esercizi e fanno nuovi proseliti. Ed eccoche, se in tutto il 1934 136 uomini farannogli Esercizi, nel 1937 arriveranno a 925. Nel1940 saranno 4000 gli esercitanti che sonpassati a Chabeuil, nel 1945, 7380.

Nel maggio 1944 Jean Ousset fa per laprima volta gli Esercizi col P. Vallet. «Que-sto giovane di 30 anni, dal temperamentod’artista, dall’intelligenza forte e veemente...sarebbe diventato il fondatore de La Citécatholique che avrà un’enorme influenza ne-gli anni 50 su molti francesi» (6). Grazie al P.Vallet Jean Ousset «capisce ancor meglioche la vera aristocrazia, è la santità al servi-

Padre Vallet in partenza per Salto in Uruguay. Tiene lamano della madre venuta a salutarlo prima della sua

partenza

LA CHIESA NON ÈPECCATRICE

Una corrente di pensiero progressista, dadiversi anni sostiene che la Chiesa non

è santa, ma peccatrice, e per questo devepentirsi delle colpe commesse. Rappresen-tanti di questa corrente sono Von Balthasar(creato “cardinale” da Giovanni Paolo II),H. Küng (La Chiesa, Brescia 1969), e Giu-seppe Alberigo in Chiesa santa e peccatrice.Conversione della Chiesa?, Magnano 1997.Questa corrente ha influenzato anche il pen-siero di Giovanni Paolo II, espresso nellaLettera apostolica Tertio Millennio adve-niente, pubblicata il 10-11-1994, in cui eglidice: “La Chiesa si faccia carico con più vivaconsapevolezza del peccato dei suoi figli…È necessario farne ammenda, invocando conforza il perdono di Cristo” (nn. 33-34).

Contro questa corrente il Card. GiacomoBiffi, Arcivescovo di Bologna ha pubblicatouno studio, per mostrare che la Chiesa è santae non può avere nessuna macchia: si rattristae prega per quei suoi figli caduti nel peccato,ma essa stessa rimane immacolata. Lo studiodi Biffi è dunque di grande importanza, per-ché ribadisce con coraggio una verità implici-tamente negata anche da Giovanni Paolo II.

Un’espressione di S. Ambrogio

Lo studio porta su un’espressione di S.Ambrogio, oggi divenuta alla moda, che de-finisce la Chiesa “casta meretrix”. I cattolicisanno che è un dogma di fede che la Chiesaè santa. Gli avversari della Chiesa invececercano ad ogni costo di mostrare che è pec-catrice: in tal caso, essa non sarebbe preser-vata da errori e da colpe da Dio, sarebbeperciò una società umana come tante altre enon potrebbe più presentarsi come l’unicavera religione, in quanto sola ad essere statacreata da N. S. Gesù Cristo che è Dio. Eccoche quest’espressione di un Padre dellaChiesa (e nientedimeno, che di S. Ambro-gio) sembra dar ragione ai suoi avversari. Sipuò inoltre pensare che altri Padri l’abbianousata. “È consentito ai buoni fedeli di asso-ciarsi al coro dei maldicenti, magari per fa-vorire un dialogo aperto e costruttivo?”, sichiede il Card. Biffi (pagg. 5-6). Tutto il li-bro dà una risposta negativa.

zio di Cristo Re. Così lanciò la Cité catholi-que per gettare le fondamenta della Regalitàsociale di N. S. Gesù Cristo»

Nel 1942, 8 anni dopo l’istallazione di P.Vallet in Francia, vi sono già 6 preti con lui:4 francesi e due spagnoli. «Il Vescovo diMarsiglia ha autorizzato un parroco ed unvice-parroco della città a venire dai “Coope-ratori Parrocchiali di Cristo-Re”; sono i Pa-dri Ludovic-Marie Barrielle ed André Ro-magnan, che diverranno celebri predicatorid’Esercizi in tutta la Francia» (7).

Ritorno in Spagna

Finita la seconda guerra mondiale, P.Vallet essendo spagnolo era malvisto daipartigiani social-comunisti francesi, e correvail pericolo di essere ucciso; si ritenne perciòopportuno farlo rientrare in Spagna. Il 19maggio 1945 P. Vallet arrivò a Madrid. Mon-signor Eijo lo accolse a Madrid e gli dette ilpermesso di celebrare e di lavorare alla suaopera. Durante la Quaresima del 1946 pre-dicò a circa 900 uomini. A 15 chilometri daMadrid, a Pozuelo de Alarcòn, si trovò unacasa adatta alle esigenze dell’Opera.

Verso la fine

Nella primavera del 1947, P. Vallet pre-dice a degli amici che è vicino alla morte eche morirà di Angina pectoris. L’8 agosto ce-lebrando è colto da un malore; si confessa, ilmale persiste: l’attacco di cuore durerà quat-tro ore. Infine riceve l’Estrema Unzione.«Con serenità risponde alle preghiere delRituale. Invita il medico a fare gli Esercizi.Costui accetta: ultima conquista apostolicadel Padre su questa terra».

Alle 15 e 42 del 13 agosto 1944 P. Valletmuore cristianamente come era vissuto gra-zie agli Esercizi ignaziani; a noi, con l’aiutodi Dio, di ricalcarne le orme!

P. BARBIERLe Père Vallet en mission avec les Exerci-ces de Saint Ignace, Saint-Paul, Versailles, 1996. 191 Pagg., 59 F.

Note

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1) P. BARBIER op. cit.2) Ivi, pag. 23.3) Ivi, pag. 45.4) Ivi, pag. 112.

5) Ivi, pag. 114.6) Ivi, pag. 138.7) Ivi, pag. 152.

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equivoco che potesse nascere da un parago-ne innegabilmente audace, è evocato qui (eperfino oltrepassato) l’appassionato linguag-gio di Paolo quando esalta la Chiesa “chenon ha nessuna macchia né ruga o qualcosadel genere” (Efes. 5, 27)… La Chiesa è ple-beia [pubblica] nel suo amore; vale a dire,non c’è niente di aristocraticamente esclusi-vo nelle sue attenzioni, che sono rivolte atutti senza distinzione. O, se ci sono prefe-renze, sono casomai per i semplici, gli umili,i poveri… Nel suo significato originario,dunque, l’espressione “casta meretrix”, lun-gi dall’alludere a qualcosa di peccaminoso edi riprovevole, vuole indicare – non solonell’aggettivo ma anche nel sostantivo – lasantità della Chiesa; santità che consiste tan-to nell’adesione senza tentennamenti e sen-za incoerenze a Cristo suo sposo (“casta”)quanto nella volontà di raggiungere tutti perportare tutti a salvezza (“meretrix”)».

In breve: la Chiesa è casta perché è san-ta, senza macchia; si può chiamare allegori-camente “meretrix” solo nel senso che nonrifiuta nessuno che voglia venire a lei, perottenere la salvezza dell’anima.

Il pensiero di S. Ambrogio

Biffi riporta altre citazioni di S. Ambro-gio sul medesimo argomento per mostrarnein modo chiaro il pensiero (pag. 15). LaChiesa è senza macchia perché, essendosposa di N. Signore, è protetta da lui. Nelcommentare il Cantico dei Cantici scrive ilsanto: «“Sei un giardino cintato, sorella miasposa, un giardino cintato, un fonte sigilla-to”. Cristo dice queste parole alla Chiesa,che vuole sia vergine senza macchia e senzaruga… E nessuno può dubitare che la Chie-sa sia vergine» (Ep. Extra coll. 14, 36.37).“Molti tentano la Chiesa, ma nessun incan-tesimo d’arte magica le può mai nuocere.Non hanno alcuna efficacia gli incantatori làdove ogni giorno risuona il cantico di Cristo.Ella ha il suo incantatore: è il Signore Gesù,per opera del quale ha potuto rendere inef-ficaci gli incantesimi degli incantatori e i ve-leni dei serpenti” (Exameron IV, 33). Per S.Ambrogio la Chiesa è il corpo di Cristo (InPs. 118, 16), la letizia dell’universo (In Ps.118, 15, 11), il santuario della Trinità, dimo-ra della santità, santa (Exameron III, 5),porta per la salvezza (In Ps. 118, 22, 38), tor-chio della vita eterna (De S. Sancto, I, 1). È

Innanzitutto egli prova (pag. 7), graziealle “moderne tecnologie informatiche”, chesolo S. Ambrogio ha utilizzato questa esattaespressione o una equivalente. In seguito nemostra il suo significato analizzando il testo.

Il testo

Nel commento a S. Luca, S. Ambrogio sichiede perché l’evangelista, nell’elencare lagenealogia di Gesù, nomina tutti e due i figlidi Giuda, i gemelli Zara e Fares, quando nesarebbe bastato uno, come ha fatto S. Mat-teo. Per capirne il motivo, esorta i fedeli adelevarsi dal senso letterale a quello allegori-co, mostrando che i due gemelli figurano lavita di due popoli, l’una secondo la legge,l’altra secondo la fede. In questo contestoallegorico, S. Ambrogio tratta poi di Rahab,la donna di Gerico di cui parla il libro diGiosuè: “Rahab – che nel tipo era una me-retrice ma nel mistero è la Chiesa – indicònel suo sangue il segno futuro della salvezzauniversale in mezzo all’eccidio del mondo:essa non rifiuta l’unione con numerosi fug-giaschi, tanto più casta quanto più stretta-mente congiunta al maggior numero di essi;lei che è vergine immacolata, senza ruga, in-contaminata nel pudore, amante pubblica,meretrice casta, vedova sterile, vergine fe-conda: meretrice casta, perché molti amantila frequentano per l’attrattiva dell’affetto,ma senza la sconcezza del peccato (casta me-retrix, quia a pluribus amatoribus frequenta-tur cum dilectionis inlecebra et sine conluvio-ne delicti)” (In Lc, 3, 17-23). «Si vuol dire,commenta Biffi, che l’attività meretricia ap-partiene alla figura, non alla realtà figurata.Non si possono dunque fare frettolose tra-sposizioni dal “tipo” all’“antitipo”». In chesenso è il paragone? «La Chiesa può esseresimbolicamente ravvisata nella donna di Ge-rico, soltanto perché non si rifiuta ad unirsialla moltitudine dei “fuggiaschi”, cioè diquanti – dispersi e disorientati nella cittàmondana – cercano presso di lei riparo dallaperdizione… C’è però una differenza fonda-mentale. La condiscendenza con cui la Chie-sa dischiude la sua porta a tutti, come fannole donne di costumi troppo facili, non solonon comporta in lei niente di riprovevole,ma indica addirittura fedeltà alla propriamissione (e quindi al suo Sposo che gliel’haassegnata). Immaculata virgo, sine ruga, pu-dore integra (1). Quasi a prevenire qualsiasi

di S. Ambrogio l’espressione: “Ubi Petrusibi ecclesia; ubi ecclesia ibi nulla mors sed vi-ta æterna” (In Ps. 40, 30) (2). La Chiesa èmadre perché genera le nuove membra diCristo (In Lucam, III, 38); è feconda perchéè immacolata: “feconda per i suoi parti, èvergine per la sua castità benché madre per ifigli che genera. Noi siamo dunque partoritida una vergine, che ha concepito non peropera di uomo ma per opera dello SpiritoSanto… La nostra madre non ha marito, maha uno sposo, perché tanto la Chiesa nei po-poli quanto l’anima nei singoli… senza chevenga meno il pudore si sposano con il Ver-bo di Dio come uno sposo eterno” (De virgi-nibus I, 31).

La Chiesa e la presenza del male

Alcuni interrogativi possono sorgere suquesta santità della Chiesa: dato che “vivenel tempo e cammina per le strade polvero-se e insidiate del mondo, necessariamenteha a che fare con l’iniquità”. Biffi si pone tredomande (pag. 37), e riporta le risposte dateda S. Ambrogio.

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1) Che influenza ha sulla Chiesa il “maleesteriore”?

2) In che misura il peccato, che certo esi-ste entro la comunità cristiana, attinge il“mistero” della Chiesa?

3) Che significato teologico si può asse-gnare all’apparente infecondità e alla debo-lezza morale con cui la Chiesa si presentaagli occhi del mondo?

Alla prima domanda il santo risponde:“Come l’oro genuino, così la Chiesa dal fuo-co non è danneggiata; anzi si fa più splenden-te, fino a che Cristo non venga nel suo Re-gno a posare il suo capo nella fede dellaChiesa” (In Ps. 118, 3, 7). “La Chiesa è bat-tuta dai flutti degli affanni mondani, ma nonne è travolta; è colpita ma non cade; senzadifficoltà contiene e modera gli scuotimentidei flutti e gli assalti delle passioni corporee.Osserva i naufràgi degli altri, mentre lei ne èimmune ed è sottratta al pericolo; semprepronta ad essere illuminata da Cristo e, cosìilluminata, ad acquistarsi la gioia” (DeAbraham II, 11). “La Chiesa non vince le po-tenze avverse con le armi del mondo, ma conle armi spirituali che hanno la forza di Dio esono in grado di distruggere i baluardi poten-ti degli spiriti del male… Arma della Chiesaè la fede, arma della Chiesa è la preghierache vince l’avversario” (De viduis, 49).

Biffi attira l’attenzione anche sul rappor-to tra Chiesa e Sinagoga, scrivendo: “Am-brogio ha su quest’argomento una sensibilitàabbastanza diversa da quella oggi dominan-te, e appunto per questo può essere utileconfrontarci col suo magistero. C’è tra Sina-goga e Chiesa come una duplice attinenza:una di contrapposizione e una di continuità”(pag. 41). “La verità esiste anche nell’AnticoTestamento e in precedenza era del popolodei Giudei… Ma siccome successivamente lagenerazione dei Giudei traviò dalla condottadei padri, ecco che la verità si è ritirata daloro ed è passata alla Chiesa” (In Ps. 118,12, 19).

Alla seconda domanda S. Ambrogio di-stingue i cristiani da quelli che erano i Gen-tili, che vivevano nel peccato (pag. 45). Que-sti ultimi sono stati purificati dalla grazia diDio, e astenendosi dalla colpa, sono esentidal peccato. Perciò la Chiesa è ex maculatisimmaculata, composta da chi era prima pec-catore: “non è senza macchia fin dalle origi-ni, cosa impossibile alla natura umana, maavviene che essa appaia immacolata per la

Sant’Ambrogio, Vescovo di Milano

grazia di Dio e per il proprio stato di vita,perché non pecca più” (In Lucam, I, 17).

Per quanto riguarda invece i peccati deisuoi membri, la Chiesa ne è toccata da vici-no, spiega Biffi, «tanto che può avvertire insé stessa, come proprio disagio e come pro-pria ferita, ogni azione riprovevole dei suoimembri. Da queste ferite chiede di essere ri-sanata, come l’emorroissa del Vangelo…Piaghe di questo genere sono sue e non sonosue. Sono sue, perché sono dei suoi figli; nonsono sue perché il suo mistero di innocenzaè inviolabile: “Non in sé, o figlie, non in sé,ripeto, ma in noi la Chiesa è ferita. Faccia-mo dunque attenzione che la nostra cadutanon diventi ferita per la Chiesa” (De virgini-tate, 48)». La Chiesa, sull’esempio di Gesù,si accolla la responsabilità del peccatore:“Tutta la Chiesa prende su di sé il carico delpeccatore, e alla sua sofferenza deve parteci-pare col pianto, con la preghiera, col dolo-re” (De Pænit. I, 81). “Sia lei a piangere perte; sia lei a versare lacrime sui tuoi peccati ea piangere molto” (In Ps. 37,10). “Se disperidi ottenere il perdono per dei gravi peccati,serviti di intercessori, serviti della Chiesa,affinché essa preghi per te; guardando a lei,il Signore accorda quel perdono che a te po-trebbe rifiutare” (In Lucam, V, 11).

Alla terza domanda il santo paragona laChiesa alla luna (pag. 52), che può averedelle fasi: “Sembra venir meno come la lu-na, ma non è così. Può nascondersi, non puòvenir meno” (Exameron IV, 7). Inoltre il fi-ne della Chiesa non è il bene su questa terra,ma quello ultraterreno: “Appare sterile laChiesa in questo mondo, perché non generacose mondane né presenti, ma future; cioè,non quelle visibili, ma quelle invisibili” (DeAbraham, II, 72).

don Giuseppe Murro

GIACOMO BIFFI“Casta meretrix”. Saggio sull’ecclesiolo-gia di sant’AmbrogioPiemme, Casale 1996, pagg. 60, L. 8.000.

Note

1) “Vergine Immacolata, senza ruga, incontaminatanel pudore”.

2): “Dove c’è Pietro, là c’è la Chiesa; e dove c’è laChiesa, là non c’è morte ma la vita eterna”.

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SEGNALIAMO AI LETTORI ALCUNI LIBRI CHEABBIAMO RICEVUTO IN REDAZIONE:

È uscito l’ultimo libro di DON ENNIO INNO-CENTI, La Gnosi spuria, II volume: la Gno-si nel Cinquecento. Del medesimo autoresegnaliamo tra l’altro le seguenti opere:

*La gnosi spuria. I volume: dalle origini alCinquecento (seconda ed. integrata, 1993).

* Critica alla psicoanalisi (quarta ed., 1991).

Nonché le opere di Padre JULIO MEINVIELLE,da lui edite in italiano in edizione integrata:

* Influsso dello gnosticismo ebraico in am-biente cristiano, 1995 (titolo originale: Dela cabala al progressismo).

* Il cedimento dei cattolici al liberalismo,1991 (titolo originale: De Lamennais aMaritain).Tutte queste opere possono essere ri-

chieste all’autore/curatore, Don Ennio In-nocenti, via Capitan Bavastro 136, 00154Roma (tel.: 06.57.55.119).

* MARIO SPATARO, Dal caso Priebke alNazi-gold, ed. Settimo Sigillo Roma 1999,2 vol. L. 140.000

Per i lettori di lingua francese segnaliamo:

* MGR DELASSUS, La conjuration antichré-tienne (III tomes) (360 F).

* PERE DU PONT, Méditation sur les mystè-res de notre sainte foi avec la pratique del’oraison mentale (VI tomes) (660 F).

* MGR JOUIN, La R.I.S.S. Rose (le annate1928-1933 della celebre rivista contro la“giudeo-massoneria”) (700 F).

* ABBÉ J. MEINVIELLE, De la Cabale au Pro-gressisme (110 F).

* M. LE CHANOINE SAUVETRE, Vie de MgrJouin (80 F).

* MGR DE SÉGUR, L’Enfer (40 F).

Da richiedere alle edizioni Saint-RémiRééditions de livres anciens, B.P. 79, 33410Cadillac.

* R.P. BARBARA, Catéchisme de persévéren-ce sur l’Eglise (25 F).

* R.P. BARBARA, Petit essai sur la nature deDieu (12 F).Presso l’Autore, 16, rue des Oiseaux, 37000

Tours (tel.: 02.47.39.52.73. Fax: 02.47.38.90.57).

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pol, presso le Suore di Cristo Re. A causa diquesto impegno abbiamo dovuto spostare alpomeriggio la Messa che veniva abitualmen-te celebrata a Cannes la domenica mattina.L’Istituto esprime qui pubblicamente il pro-prio ringraziamento alle religiose di Serre-Nerpol per la fiducia che ci hanno accorda-to, al seguito di Padre Vinson.

Apostolato estivo. Anche quest’anno sisono svolte le consuete attività in favore del-la gioventù. Dall’otto al 21 luglio, nel castel-lo di Raveau, i bambini italiani (pochi), fran-cesi (molti) e belgi hanno partecipato allaCrociata Eucaristica: catechismo, giochi, tea-tro (N.D. de l’Osier, di P. Vinson), cammina-te, visite a chiese o castelli (la Cattedrale diBourges)... il tutto sotto la direzione paternadi don Giugni. Una novità, quest’anno, perle bambine. Don Murro ha deciso di unire lenostre forze a quelle delle Suore di CristoRe, per cui le bambine italiane hanno parte-cipato al campo organizzato dalle Suore nel-le montagne del Delfinato (a Chantelouve,per l’esattezza) all’inizio di luglio. Per la pri-ma volta il cappellano era don Murro poichéPadre Vinson, che fino ad allora aveva avu-to quella responsabilità, è deceduto proprioil giorno dell’inizio del campo. Un bel reso-conto di quelle giornate è stato pubblicatoda Simple lettre (n. 117, sett.-ott. 1999, pp. 3-4). Don Ercoli ha diretto invece un campoper adolescenti dal 2 all’11 agosto. Punto dipartenza: le magnifiche montagne provenza-li a Peira Cava; punto d’arrivo: le altrettantobelle montagne del Delfinato a Villard-Laté.Segnaliamo la ‘rimpatriata’ di qualche gior-no di Joseph Selwey, che è stato seminaristaa Verrua e che ora prosegue i suoi studi condon Sanborn, venuto apposta dagli StatiUniti, con un suo fratello, per aiutarci.

Esercizi spirituali. Una volta gli Esercizierano dati solo l’estate; adesso ne abbiamointensificato i turni. In Italia, abbiamo con-fermato il turno primaverile misto (quest’an-no si è svolto a Verrua dal 10 al 15 maggio),che si affianca quindi a quelli ‘tradizionali’del mese di agosto dati dai revv. Nitoglia eRicossa, in ritardo, quest’anno, di una setti-mana (dal 23 al 28 per gli uomini - 13 presen-ze - e dal 30 agosto al 4 settembre per le don-ne - con 8 presenze). Anche in Francia, lacollaborazione con Padre Vinson (e poi lanecessità di sostituirlo) ci ha permesso di da-re più sovente gli Esercizi. Don Ricossa haaiutato Padre Vinson nell’ultimo turno che

‘Seminario’ San Pietro Martire. Dopo un‘anno sabbatico’ durante il quale il “se-

minario” aveva chiuso i battenti, con l’annoaccademico 1999-2000 cinque seminaristi,tutti francesi, hanno iniziato i loro studipresso di noi a partire dal 15 settembre. Conloro vive anche un postulante (che deve an-cora passare l’esame di maturità) e un fami-glio. A tutti auguriamo la perseveranza nelleloro generose disposizioni.

Belgio. Don Geert Stuyver è venuto afarci visita a Verrua il 29 settembre, per se-guire poi con gli altri confratelli il ritiro sa-cerdotale predicato anche quest’anno dadon Schoonbrodt. I lavori per la nuova chie-sa (che sarà dedicata alla Madonna delBuon Consiglio) e la nuova canonica avan-zano ma non sono ancora terminati. Faccia-mo appello a tutti i lettori perché inviino al-tri aiuti a don Stuyver del quale ricordiamoil conto corrente postale:

CCP: 000-1719640-24intestato a: Anablepson VZWSint-Christianastraat 7B- 9200 Dendermonde.Dal Belgio, don Stuyver si reca una volta

al mese a Lille per assicurare la messa dome-nicale. Don Stuyver pubblica anche un bol-lettino in fiammingo per i suoi fedeli.

Francia. Lione: la domenica 25 aprile, vi-gilia della festa della Madonna del BuonConsiglio don Murro ha celebrato la S. Mes-sa nel nuovo locale. A partire dal mese dinovembre egli terrà inoltre una serie di con-ferenze. Ringraziamo tutti coloro che ci han-no aiutato a trovare e aprire questa cappelli-na nella capitale delle Gallie. Cambio dellaguardia a Tours. Don Thomas Cazalas, dopotre anni di ministero presso Padre Barbara èstato richiamato alla Casa madre. Lo sosti-tuisce per il momento don Ugolino Giugni.In seguito alla malattia e alla morte di PadreVinson, le Suore di Cristo Re (da lui fonda-te) ci hanno chiesto di assicurare la SantaMessa tutte le domeniche alla loro congre-gazione e alla scuola per ragazze della Mai-son Saint-Joseph. I nostri sacerdoti assicura-no anche la ‘predicazione’ degli esercizi spi-rituali di sant’Ignazio, sempre a Serre-Ner-

Vita dell’Istituto

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egli ha dato nella sua vita (dal 12 al 17 aprile)e lo ha sostituito dal 1 al 6 luglio, negli ultimigiorni della sua malattia mortale. Padre Vin-son ha certamente offerto le sue sofferenzeper la buona riuscita di questo turno di eser-cizi. A Raveau si sono svolti i consueti dueturni dati dai reverendi Giugni e Murro: dal 2al 7 agosto per le donne e dal 9 al 14 agostoper gli uomini. Don Giugni e don Cazalashanno poi dato gli esercizi per gli uomini aSerre-Nerpol dal 23 al 28 agosto, in contem-poranea al turno di Verrua. Come ogni anno,si è svolto anche il ritiro sacerdotale, predica-to da Don Schoonbroodt dal 4 al 9 ottobre aVerrua. I seminaristi (ed un giovane france-se) invece, hanno ricevuto gli esercizi da donNitoglia e don Murro dal 25 al 30 ottobre.Gli esercitanti di lingua francese hanno quin-di una abbondante scelta di date durante tut-to l’anno, mentre quelli di lingua italianapossono organizzarsi per ottenere dei turnisupplementari su richiesta. In Belgio, donStuyver e don Schoonbroodt hanno per oramantenuto la formula degli esercizi di soli tregiorni, dati in fiammingo a Steffeshausen du-rante il mese di agosto.

Conferenze. Don Nitoglia è il nostro con-ferenziere ufficiale! Sperando di non dimen-ticarne qualcuna, segnalo: il 28 maggio a Fa-briano (“Riflessioni sulla vera natura dellaNew Age”); il 31 maggio a Roma (PalazzoBarberini) con don Ennio Innocenti (“Gnosie Càbala in Raimondo Lullo”); il 10 giugno,a Como, presso l’Unione Industriali, (“Ri-flessioni sulla vera natura della New Age”); il25 giugno a Milano (Giudeo-Massoneria eVaticano II). Assieme all’autore, Mario Spa-taro (e, a volte, con altri conferenzieri), donNitoglia ha presentato il libro Dal casoPriebke al nazi-gold (Ed. Settimo Sigillo,Roma) in varie città d’Italia: il 13 settembrea Tivoli, l’8 ottobre a Como, il 15 ottobre aVarese; il 5 novembre a Milano. Un resocon-to della conferenza di Tivoli è stato pubblica-to sul numero del 5 ottobre di Linea.

Centro librario. Il CLS ha già edito initaliano, nel 1997, Storia ebraica e giudai-smo. Il peso di tre millenni, del prof. IsraelShahak. Complemento indispensabile a que-st’opera recente, il ‘classico’ di Bernard La-zare: L’antisémitisme, son histoire et ses cau-ses (1894), del quale abbiamo curato la pri-ma edizione italiana. Lazare (1865-1903) fu,come Shahak, un ebreo laico e di sinistra,che denunciò però con sincerità le cause

dell’antisemitismo, che sono da cercarsi so-prattutto nel giudaismo stesso, nella sua reli-gione e mentalità. Difensore, col suo intimoamico Charles Péguy, del capitano Dreyfus,adepto intransigente della causa sionista, an-cor oggi venerato dal B’nai B’rith che gli hadedicato alcune Logge, Bernard Lazare nonpuò certo essere classificato come un autoreanti-semita, e ancor meno come simpatiz-zante del cristianesimo del quale è un fieroavversario: proprio per questo le sue ammis-sioni sulle cause reali dell’anti-semitismo so-no di una importanza eccezionale, che il let-tore non sottovaluterà certamente.

Parlano di noi. Lectures Françaises (n.504, avril 1999), dedica la p. 36 a una inte-ressante recensione di Sodalitium (n.47dell’edizione francese) e del Buon Consigliosegnalando gli articoli di don Nitoglia sulKahal e su Guénon. La segnalazione di So-dalitium, essendo “religiosamente scorret-ta”, costringe gli amici di LF (che ringrazia-mo comunque sinceramente) a pubblicareanche una colonna contro il “sedevacanti-smo”... Pazienza. Opposta reazione, eviden-temente, negli ambienti guénoniani, chehanno dedicato il cap. XV del libro di P. Nu-trizio e altri autori, Réné Guénon e l’Occi-dente, a una replica contro l’articolo di donNitoglia “Un grande iniziato: Réné Gué-non”. Il n. 48 è stato invece recensito favore-volmente da Faits & Documents (n. 70, 1giugno 1999, p. 10) che ha anche segnalatoai suoi lettori l’edizione francese della Ras-segna Stampa di Sodalitium: “Sempre inte-ressante la Rassegna Stampa (vero supple-mento di Faits & Documents) edita in france-se dalla rivista italiana Sodalitium sui temidella massoneria e degli ebrei in Europa”(F&D, n; 73, p. 10). La nuova rivista La que-stione ebraica dedica il suo primo numero(agosto 1998) al libro di I. Shahak, Storiaebraica e giudaismo (edito dal nostro Centrolibrario) con interessanti approfondimentisul tema, tratti, in genere, da autori cattolici;il lettore attento scoverà da sé, però, tra lerighe e tra le note, il veleno neo-pagano in-stillato dai redattori della rivista. Parla piut-tosto male di noi Marco Dolcetta nel suo li-bro (poco serio e rigoroso) Politica occulta(Castelvecchi, Roma, 1999, p. 94). Ottimoesempio di “Chiesa giovannèa” (da Giovan-ni Evangelista, non da Giovanni XXIII) dicui parlammo nel numero scorso di Sodali-tium (articoli su/contro de Maistre e

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Mickiewicz), nell’articolo di “Giovanni Ser-vodio”, pubblicato da Inter multiplices unavox (marzo 1999, pp. 19-26). Poiché l’artico-lo su Adam Mickiewicz ha suscitato moltointeresse negli ambienti più disparati, segna-liamo ai lettori il saggio di Laura QuercioliMincer, La contesa sulle origini ebraiche diMickiewicz, pubblicato sul quadrimestraledella Unione delle comunità ebraicheitaliane, La Rassegna mensile di Israel (gen-naio-aprile 1999, n. 1, pp. 29-52), il qualecompleta e conferma quanto scritto da So-dalitium sul poeta polacco. Il mensile bre-sciano Chiesa viva ha pubblicato un ineditodi don Nitoglia (Lettera di Sergio Romano aun amico ebreo) sul n. 304 (marzo 1999) e,sul n. 310 (ottobre 1999) ha iniziato la pub-blicazione dell’articolo dello stesso Don Ni-toglia, Joseph de Maistre esoterico? assicu-rando così una maggiore diffusione alle do-verose riserve che bisogna portare sul pen-siero di questo scrittore. La rivista america-na The Reign of Mary (n. 97, pp. 4-5 e 26)pubblica un articolo di don Ricossa intitola-to The Candid admission of Bishop Tissierde Mallerais. Si tratta in realtà di un capito-letto di un articolo apparso su Sodalitium (n.48, pp. 50-51). Ci dispiace che il lettore nonsia stato avvertito del fatto che l’articolonon è stato integralmente pubblicato. Civi-tas Christiana (nn. 18-21, pp. 91-92) presentacome di consueto l’ultimo numero di Sodali-tium e recensisce il libro di E. Ratier, I guer-rieri di Israele. Rino Cammilleri scrive scher-zosamente che continuerà “a fare le pulci alclero” anche se “in Vaticano regnerà don Ri-cossa” e che troverà “qualcosa di ancoratroppo progressista nella messa detta in lati-no arcaico” (su Percorsi, n. 20, luglio 1999,p. 38). Caro Cammilleri, la pigliamo in paro-la! William Morgan, uno scrittore sedeva-cantista inglese, segnala Sodalitium e l’Isti-tuto ai lettori del suo opuscolo Sedeva-cantism. Some questions and objections an-swered (p. 13). Alla p. 5 critica la posizionedi P. Guérard, ma a p. 4 ammette che “Il ve-ro problema è d’avere più Vescovi con l’auto-rità gerarchica, in modo che essi possano riu-nire con urgenza un concilio per dichiarareformalmente la vacanza della Sede di Pietro, eper organizzare l’elezione del prossimo Papavalido”. E allora, se tutti i vescovi sono pub-blicamente compromessi - come i cardinali -“to the anti-catholic Counciliar Reform” (p.5), come poter avere dei perpetui successori

sulla Sede di Pietro, come vuole il VaticanoI e ricorda Morgan stesso a p. 4, senza am-mettere la sussistenza della gerarchia “mate-rialiter”? Segnaliamo infine un interessanteopuscolo di P. Tailhades (edito dal Bulletinde l’Occident Chrétien) su La FraternitéSaint Pie X et la Nouvelle Droite. L’autoresottolinea come, dopo un lungo silenzio sullaquestione, alcune riviste abbiano deciso didenunciare le infiltrazioni dell’esoterismo“cristiano” tra i cattolici “tradizionalisti” (ades. Le sel de la terre e De Rome et d’ailleurs).Nonostante ciò, alcuni ambienti della Fra-ternità San Pio X danno largo spazio, su rivi-ste come Fideliter o Pacte, ad autori dellacorrente esoterista e/o neo-pagana. Nel farciò, cita a sostegno della propria tesi la rivi-sta Sodalitium (pp. 7-9), non senza precisareil suo completo disaccordo con noi. Infatti,ogni numero del B.O.C. contiene i soliti vio-lenti e infondati attacchi contro ‘Verrua Sa-voia’, su quali non ritorniamo. L’opuscolo diTailhades è interessante, anche se il lettoredovrà discernere il grano dalla zizzania; ingenerale, bisogna fidarsi più delle citazioniche dei giudizi personali dell’autore. Siamoperò d’accordo con Teilhades nel riconosce-re che anche all’interno della Fraternità si fastrada una reazione salutare contro questicedimenti all’esoterismo, reazione che nonpossiamo che incoraggiare e sostenere, spe-rando che riesca a prevalere.

Risposta ad alcune obiezioni: I. Louis-Hubert Rémy. L’articolo di don Ricossa“L’apocalisse secondo Corsini” e la sua ap-pendice “su alcune profezie e rivelazioni pri-vate” (Sodalitium, n. 49, pp. 52-67) ha susci-tato la reazione negativa de Les Amis duChrist Roi de France (A.C.R.F., B.P. 2, F-44140 Aigrefeuille; maggio 1999) e del suoresponsabile, Louis-Hubert Remy. Citiamole critiche: “Siamo stati costernati nel leggereultimamente in una rivista rispettabile un vio-lento attacco contro il Segreto di La Salette.Credevamo l’autore più colto e al correntedelle polemiche sul segreto. La regina diFrancia non è venuta da noi, a casa sua, perparlarci solo di patate. Rileggete ‘I Segreti diLa Salette’ di Max Le Hidec, N.E.L., 1969,ove l’autore spiega le condanne che non sipronunciano sull’autenticità: ‘è possibile cheil sant’Uffizio abbia voluto unicamente rife-rirsi ai commenti del Segreto e questa inter-pretazione è tanto più verosimile che la primafase del decreto sembra fare allusione ai libri

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condannati dell’abbé Combe’. Gli elementidel segreto sono ben reali, poiché tutti realiz-zati o quasi e rinnovati dal messaggio di Fati-ma. Perché questo articolo? L’autore non sache tutti quelli che hanno attaccato La Salettesono finiti male? L’ultimo esempio è l’abbéde Nantes” (p. 4, n. 1). “Così parlava il Car-dinal Pie. Che coloro che seguono delle rive-lazioni private, serie, non condannate, messealla prova, siano rassicurati. Che coloro chele rifiutano sistematicamente, non imponga-no agli altri il loro settarismo. Questi ultimisono spesso degli pseudo-teologi, più attacca-ti a una formazione universitaria scettica, li-berale e naturalista, che cattolica” (p. 7). Sul-la “profezia di San Francesco”: “si ha l’im-pressione che dia fastidio. Ci si domandaperché. (...) Ci è stato obbiettato che essa do-vrebbe applicarsi al periodo del gran scismad’Occidente. E degli articoli, apparentementemolto colti, con ‘l’appoggio di una documen-tazione irrefutabile’ ci assicura (sic) che si ri-ferisce a Bonifacio VIII e Giovanni XXII.‘Essa sarebbe un testo sedevacantista, ma for-giato da dei sedevacantisti del XIV secolo,che, per di più, avevano torto!’ I nostri criticiiniziano col parlare di ipotesi e finiscono colparlare senza sfumature. Un comportamentobizzarro. In ogni caso, più la si medita, piùessa descrive la nostra epoca. E se ciò che èdescritto nelle prime 19 righe si è realizzato,le persecuzioni profetizzate nelle 8 ultime ri-ghe sono probabili” (p. 18). “Abbiamo lettoultimamente in una rivista rispettabile unaspaventosa recensione modernista che nononora il suo autore. Che legga la prefazioneintroduttiva dell’abbé Drach in ‘La sainte Bi-ble’ ed. Lethielleux, 1879, tomo 23, Apocalis-se di san Giovanni: ci sono tre sistemi d’inter-pretazione” (p. 19, n. 3).

Abbiamo chiesto a don Ricossa, che èl’autore (non citato, ma ben riconoscibile)incriminato di modernismo, naturalismo, li-beralismo, scetticismo e settarismo, una ri-sposta al signor Remy. Eccola.

“La mia risposta sarà duplice: sui punticontroversi (necessariamente breve), ed ingenerale su Remy.

Quanto alla controversia, rispondo così:1) A proposito del Segreto di La Salette:a) l’attacco non era violento: ho solo ri-

portato le prese di posizione della Chiesa.b) Nel messaggio approvato dalla Chiesa,

la Madonna non parla solo di “patate”. Essaparla dei peccati degli uomini (profanazione

del digiuno, bestemmie, profanazione dellafesta), del castigo del peccato, del suo ruolodi mediatrice presso Gesù Cristo. È sconvol-gente constatare l’ironia e il disprezzo diRemy per quanto certamente la Madonna hadetto a La Salette.

c) Sono bene al corrente della pubblicisti-ca in difesa del segreto. Io stesso non mi sonopronunciato sulla autenticità dello stesso (pp.64-65, 67). Però, è il testo stesso del segreto,come è stato edito da Melania, che è stato “ri-provato e condannato” (nel decreto del 1923)e non sue interpolazioni (risposta del 1957) osolo dei suoi commenti. Quindi la tesi di LeHidec è insostenibile, perché cozza contro leinterpretazioni che la Santa Sede stessa hadato dei suoi decreti.

d) Il perché dell’articolo è chiaramenteespresso nell’editoriale (p. 3) e nell’articolostesso: p. 63, 66, 67. Difendere la verità conargomenti non probanti danneggia la veritàche si vuole difendere (un ottimo esempio diquesta attitudine sono gli articoli di Remy e ilibri di Delacroix).

e) Non mi risulta che Leone XIII, san PioX, Pio XI e Pio XII siano mal finiti. Se finiròmale (Dio non voglia) non sarà certo peraver creduto e obbedito alla Chiesa.

2) A proposito del Cardinal Pie, sulle ri-velazioni private. Il Cardinal Pie, citatodall’A.C.R.F., scrive testualmente: “La Chie-sa, quando ha formato la sua convinzione sulvalore della rivelazione, se dà il permesso dicredervi e di praticare gli atti di culto che visono collegati, non emette tuttavia dei co-mandamenti e non fa degli obblighi al propo-sito” (p. 7). Con questa citazione Remy si dàla zappa sui piedi, poiché se la Chiesa nonobbliga neppure a riguardo delle rivelazioniprivate da Lei saggiamente approvate, ancormeno si può pretendere fedeltà a ‘rivelazioni’da Lei esplicitamente riprovate (o non appro-vate). Quanto a me, credo e abbraccio tutte ledevozioni e rivelazioni approvate e racco-mandate dalla Chiesa.

3) A proposito della “profezia di SanFrancesco”.

a) Nessuno ha parlato del Grande Scisma(a meno che Remy creda che Bonifacio VIIIe Giovanni XXII abbiamo regnato in quelperiodo).

b) “Questa profezia è stupefacente per lasua chiarezza”, scrive Remy (p. 18). Ci dicaallora il sedevacantista Remy dov’è “il veroSommo Pontefice” al quale pochissimi cri-

stiani vorranno obbedire, di cui parla la“chiarissima” profezia.

4) A proposito dell’interpretazionedell’Apocalisse:

a) la Chiesa non ha imposto una esegesiparticolare (scrive Remy: “ci sono tre sistemid’interpretazione”).

b) non impongo a nessuno l’esegesi diCorsini.

c) Ma non vedo in che cosa questa esegesisarebbe modernista (né Remy ce lo spiega).Forse considera modernisti anche il Card.Billot e Mons. Spadafora?

d) Neppure Remy può imporre l’esegesidi Holzauser.

In quanto alle posizioni del Remy, misembra che si debba rilevare una pericolosaincoerenza. Egli impone un sistema morale edogmatico estremamente rigido (che si spingea p. 14 a dichiarare “non degno di un cattoli-co” quanto autorizzato da Pio XII), che atti-ra per questo delle anime ferventi. Ma questarigidità è spesso rigorismo, per giunta farisai-co (“essi mettono insieme pesanti fardelli dif-ficili da portare e li pongono sulle spalle deglialtri; ma essi non vogliono smuoverli nean-che con un dito” Mt 23, 4). Infatti, egli scrivea proposito della “chiesa conciliare”: “lachiesa conciliare è cattolica? Non può essereun ‘sì, ma...’ Non può essere un ‘no, ma...’.Dalla vostra risposta dipende un’attitudinecoerente. se è ‘sì’, dovete... Se è ‘no’, dovete...Per noi, la chiesa conciliare non ha più nien-te di cattolico (...). Noi che passiamo la no-stra vita a conformarci a un pensiero cattoli-co, a una vita cattolica, sappiamo, credendo efacendo ciò che è sempre stato creduto e fat-to, cos’è essere cattolici. E sappiamo che lachiesa conciliare non è cattolica. Punto e ba-sta” (p. 2). “Non si può, sotto pena di aposta-sia, accettare tale o tale parte dell’altra (chie-sa), per minima che sia. (...) Si deve rimpro-verargli TUTTO, bisogna rifiutare TUTTO.Rifiutare i suoi ‘papi’, la sua ‘gerarchia’, isuoi ‘dogmi’, il suo ‘insegnamento’, il suo‘catechismo’, i suoi ‘sacramenti’, i suoi ‘ritua-li’, ecc. ecc.” (p. 6).

Bisogna rifiutare TUTTO, anche la MI-NIMA parte, sotto pena di APOSTASIA...Tranne le messe celebrate in comunione conGiovanni Paolo II, alle quali Remy assistetranquillamente. E tranne le dichiarazioni dinullità matrimoniale pronunciate in nome diGiovanni Paolo II dalla Sacra Rota: perchéallora la “chiesa conciliare”, i suoi “papi”

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ecc. ritornano la Chiesa e il Papa, per per-mettere al Signor Remy un secondo matrimo-nio. Non solo bisogna rifiutare i sacramentialle donne in pantaloni (e non è certo belloper una donna che non sia Giovanna d’Arcoportare i pantaloni) ma i famigliari di queste“peccatrici pubbliche” non devono neppurericeverle a casa o a tavola (p. 25): è il SignorRemy, che ha due mogli, che dà lezioni ai“peccatori pubblici” e ai loro parenti.

A Louis-Hubert Remy dobbiamo ricono-scenza, poiché è tra quelli che ci hanno fattoconoscere Padre Guérard des Lauriers. Que-sto ricordo ci ferisce però particolarmente nelvederlo pubblicizzare e ispirare un libro, co-me quello di don Paladino, Petrus es tu?, checombatte la Tesi di padre Guérard. Ma chevolete: questa Tesi non rifiuta TUTTO (tran-ne le nullità di matrimonio e le messe dellaFraternità). La lunga crisi che stiamo attra-versando mette alla prova tante anime gene-rose e fedeli che, in tempi normali, sarebberostate ammirevoli, sotto la guida di buoni sa-cerdoti. Anche L.-H. Remy è tra queste. Tan-ti esempi di cadute sacerdotali gli hanno fattocredere che più che essere diretto da un sacer-dote, deve, di fatto, dirigere lui stesso (più omeno dietro le quinte) i sacerdoti. Capiamole sue difficoltà, ammiriamo, a volte, il suozelo. Ma ci vorrebbe, a mio parere, un po’più di prudenza, di umiltà, di capacità di re-stare al proprio posto...”.

II. Don Paladino. Il nostro confratello,don Francesco Paladino, ha pubblicato un li-bro in francese, intitolato Petrus es tu?, nelquale espone la sua tesi “sedevacantista”. Ilcapitolo V del libro è consacrato a un tentati-vo di refutazione della Tesi di Cassiciacum,facendo anche riferimento agli articoli di donSanborn al proposito pubblicati sulla nostrarivista. Una risposta di don Ricossa a donPaladino, in difesa della Tesi di Cassiciacumè stata recentemente pubblicata dalla nostracasa editrice. Richiedete in redazione DonPaladino e la Tesi di Cassiciacum!

Le sel de la terre e Mons. Guérard desLauriers. Precisazioni. Abbiamo già avutomodo di parlare della rivista Le sel de la ter-re, curata dai Padri domenicani di Avrillé.Questa rivista tomista è certamente la più in-teressante tra quelle che si situano “nella li-nea della lotta per la Tradizione iniziata daS.E. Mons. Lefebvre” e condividiamo unabuona parte delle sue posizioni. Dobbiamoperò - più che criticare - precisare e comple-

tare quanto essa afferma a proposito di Pa-dre Guérard des Lauriers nel suo numero 30(autunno 1999). Facciamo riferimento allarecensione di un libro delle edizioni (dellaFraternità) Clovis, intitolato La raison denostre combat: la messe catholique. A 30 annidal Novus ordo, la Fraternità san Pio X haraccolto in un solo volume vari scritti su que-sto soggetto, tra i quali il famoso Breve esa-me critico del Novus Ordo Missæ presentatoa Paolo VI dai cardinali Ottaviani e Bacci. Aquesto proposito, il recensore scrive: “il‘Breve esame critico’ fu redatto da un gruppodi teologi, tra i quali il più attivo e il più con-vinto fu Padre Guérard des Lauriers o.p.” (p.209). “Il ‘Breve esame critico’ fu redatto initaliano e pubblicato nell’ottobre del 1969. Latraduzione francese fu diffusa da ‘Itinéraires’dal marzo 1970. Nel numero 112 dell’anno1969, ‘La Pensée catholique’ aveva già pub-blicato un testo che sviluppava gli argomentidottrinali contenuti nel ‘Breve esame critico’,dal titolo: ‘L’Ordo missae, par un groupe dethéologiens’. Padre Guérard des Lauriers,nella sua ‘Dichiarazione’ di settembre-ottobre1970 (‘Itinéraires’ 146, p. 76), ha ammesso diaver apportato ‘una collaborazione decisa al-la redazione del ‘Breve esame critico’” e diessere l’autore dello studio pubblicato dalla‘Pensée catholique”, d’accordo con altri teo-logi. Aver scritto queste pagine onora PadreGuérard” (ivi, nota 28). Il riconoscimentodei meriti di Padre Guérard è dovuto certa-mente all’onestà del recensore, ma anche alfatto che i domenicani di Avrillé devonomolto a P. Guérard che, come diremo, si pre-se cura di loro all’inizio della fondazione.Poiché la rivista, però, si pone esplicitamentenella ‘linea di Mons. Lefebvre’, i nostri con-fratelli si sentono in dovere di precisare cheP. Guérard “sventuratamente, si separò daMons. Lefebvre dieci anni dopo, nel 1978-1979” (fine della nota 28). Poiché i nostriconfratelli amano la storia come noi, è utileprecisare brevemente alle nuove generazionidi lettori come andarono i fatti. Padre Gué-rard era professore nel seminario di Ecôneancora nel settembre 1977. Nell’estate erascoppiata la ‘rivolta’ dei professori moderatifomentata dall’abbé Gottlieb e sostenuta daldirettore stesso del seminario canonicoBerthod (ora sepolto nella chiesa di Ecône).Essa prevedeva l’espulsione degli elementiintransigenti e lo stesso accantonamento diMons. Lefebvre in un priorato. Mons. Lefeb-

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vre non apprezzò (specialmente la secondaproposta!) e numerosi professori e seminari-sti, incluso il direttore del seminario, lascia-rono la Fraternità. Fu chiamato allora a pre-dicare il ritiro di inizio dell’anno accademicoil punto di riferimento dell’ala intransigente,ovvero P. Guérard des Lauriers (settembre1977), proprio nel momento in cui, giornodopo giorno, si susseguivano gli abbandoni.La posizione del predicatore - che annuncia-va la futura Tesi di Cassiciacum - non fuperò gradita, per cui anche lui fu escluso, difatto anche se non ufficialmente, dall’inse-gnamento. Da allora data, in realtà, l’allonta-namento di Padre Guérard des Lauriers daEcône, che perdeva così - da ‘destra’ (conGuérard) e da ‘sinistra’ (con Berthod) - i do-centi più qualificati per l’insegnamento. Ri-tornato a Etiolles, Padre Guérard fu alloracontattato da un gruppo di giovanidell’M.J.C.F. che volevano vivere la vita do-menicana. Diede loro l’abito religioso (8-12-1977) e, con P. de Blignières, iniziò la forma-zione intellettuale di quei giovani. Poiché illavoro era superiore alle sue forze, PadreGuérard pensò di potersi appoggiare - nono-stante tutto - su Ecône, che infatti accettòquali studenti per l’anno 1978-79 (lettera diMons. Lefebvre a P. Guérard del 24 agosto1978) i quattro giovani domenicani senza cheappartenessero alla Fraternità. Nella letteracollettiva di auguri per gli 80 anni del Padre(24 ottobre), Mons. Lefebvre e i professoridi Ecône consideravano quella dei domeni-cani come una fondazione di Padre Guérarde aspettavano una sua visita in seminario.Nel novembre 1978 però, Frère Innocent-Marie Chassagne scriveva a P. Guérard che“Monsignore, pur amandovi e stimandovimolto, è inquieto e turbato di vedervi venirequi” (lettera di P. Guérard a Mons. Lefebvredel 14 novembre 1978). Tutto ciò avvenne inquesto contesto: Paolo VI era morto e Gio-vanni Paolo II doveva ricevere in udienzaMons. Lefebvre proprio il 18 novembre:Mons. Lefebvre dichiarò di accettare il Con-cilio alla luce della Tradizione (come Giova-ni Paolo II stesso aveva detto doversi fare).In seguito a ciò, Mons. Lefebvre, nella vigiliadi Natale del 1978, scrisse una lettera a Gio-vanni Paolo II chiedendo semplicemente lalibertà per la “messa tradizionale” a fiancodi quella moderna: “i Vescovi deciderebberoi luoghi, le ore, riservate a questa Tradizione.L’unità si ritroverebbe immediatamente a li-

vello di Vescovi locali”. Un anticipo, insom-ma, del “protocollo d’intesa” del 1988 edell’Indulto! In questo nuovo clima, Mons.Lefebvre scrisse a Padre Guérard: la sua po-sizione sul ‘Papa e la Messa’ “mette l’agita-zione e causa violente divisioni, cose che cer-co di evitare”; lui, Mons. Lefebvre, ha unacondotta che “tiene maggiormente conto del-le realtà, sia tradizionaliste che progressiste”.Era un invito a non presentarsi più a Ecône.Nella sua risposta del 7 febbraio 1979, PadreGuérard des Lauriers precisò la sua posizio-ne (che era già la Tesi): estratti delle due let-tere sono state pubblicate su Sodalitium, n.18, pp. 12-13. Il 19 marzo, Mons. Lefebvrepubblicava la lettera n. 16 agli amici e bene-fattori, contenente la missiva natalizia a Gio-vanni Paolo II. Padre Guérard des Lauriersreagì apertamente contro questa resa con undocumento intitolato: “Monsignore, non vo-gliamo questa pace”. La pubblicazione dellaTesi nei Cahiers de Cassiciacum, nel maggio1979 (subito violentemente attaccata da JeanMadiran), fu solo il suggello di una rotturagià consumata. A distanza di tanti anni, vor-remmo sapere dai confratelli de Le sel de laterre se essi sottoscriverebbero la lettera n.16 di Mons. Lefebvre oppure no (l’allora su-periore generale della Fraternità, Schmid-berger, rispondendo alle nostre perplessitànei confronti della sua iniziativa seguitaall’Indulto - la “petizione al Santo Padre” -ci disse che la sua posizione era più ferma diquella di Mons. Lefebvre nella lettera n. 16,che egli non avrebbe mai scritto). Questo,per la storia. Ma Le sel de la terre muoveun’altra obiezione al pur venerato PadreGuérard des Lauriers, a proposito della vali-dità del nuovo messale. Lo fa citando pro-prio il ‘Breve esame critico’ nella sua nota15: “le parole della Consacrazione, quali so-no inserite nel contesto del Novus Ordo, pos-sono essere valide in virtù dell’intenzione delministro. Possono non esserlo perché non losono più ‘ex vi verborum’ o più precisamentein virtù del ‘modus significandi’ che avevanofinora nella Messa. I sacerdoti che, in unprossimo avvenire, non avranno ricevuto laformazione tradizionale e che si affiderannoal Novus Ordo al fine di ‘fare ciò che fa laChiesa’ consacreranno validamente? È lecitodubitarne”. Da questo testo Le sel de la terrededuce che Mons. Lefebvre ha conservato ladottrina del Breve esame critico, mentre “alcontrario, Padre Guérard, nonostante abbia

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approvato e forse persino redatto personal-mente questa nota, affermò, a partire dal1979, che la nuova messa era in sé stessa inva-lida quale che sia l’intenzione del celebrante.Con ciò si spingeva ben oltre gli altri rappre-sentanti della resistenza, che qualificavanoquesta messa come cattiva, equivoca, ambi-gua, rivoluzionaria, favorevole all’eresia ecc.In pratica, queste ragioni sono d’altra partelargamente sufficienti per imporre il dovere dinon parteciparvi attivamente” (nota 33, p.210). Rispondiamo alle osservazioni dei no-stri confratelli... Innanzitutto, la nota delB.E.C. ci sembra contraddittoria. In effetti visi afferma che nel N.O.M. le parole dellaconsacrazione non hanno più in sé stesse ilmedesimo significato. Ora, le rubriche delmessale romano sono chiarissime al proposi-to: “se qualcuno diminuisse o mutasse qual-che cosa della forma della consacrazione delCorpo e del Sangue, e con questa mutazionedi parole, esse non significassero più la stessacosa, non confezionerebbe il Sacramento [laMessa sarebbe invalida]. Se invece aggiun-gesse qualche cosa, che non mutasse il signifi-cato, confezionerebbe effettivamente [il Sa-cramento], ma peccherebbe gravissimamen-te” (de defectibus in celebratione missarumoccurrentibus, cap. V: de defectibus formæ).Per la validità occorrono tre elementi: mate-ria, forma e ministro con l’intenzione di fareciò che fa la Chiesa; il B.E.C., unito alla ru-brica succitata, afferma l’invalidità dellaMessa per un difetto della forma; non si vedecome la presenza dell’intenzione nel (buon)sacerdote possa supplire a tale difetto. Tutta-via, Padre Guérard fonda la sua argomenta-zione sull’invalidità (almeno probabile) delN.O.M. proprio sull’intenzione del celebran-te che si manifesta nel rito che adotta (se-guendo l’insegnamento di Leone XIII inApostolicae curae), e ciò contro la dottrinaesposta dal B.E.C. a questo proposito nellasua nota 15. Non crediamo probabile che egliabbia smentito se stesso (anche se a tutti èlecito e doveroso cambiare opinione, se siera errato precedentemente). Se egli fu unimportante collaboratore del B.E.C., non fuil solo teologo che vi partecipò: vi lavoraronoad esempio Mons. Renato Pozzi, perito con-ciliare e membro della S.C. degli Studi eMons. Guerrino Milani, della medesimaCongregazione, e soprattutto fu attivo, se-condo la testimonianza di P. Guérard stesso(nell’edizione bilingue del B.E.C. del 1983

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edito a Villegenon dalle edizioni sainte Jean-ne d’Arc con una introduzione, per l’appun-to, di P. Guérard) “un liturgista estremamen-te distinto, coraggioso autore di articoli criticiche pubblicò in quel periodo sulla stampa ro-mana” e che crediamo poter identificare sen-za ombra di dubbio in Mons. Domenico Ce-lada. Infine, il testo italiano “a partire da no-te scritte in francese” da P. Guérard, “fu com-pletato e minuziosamente messo a punto (...)particolarmente per quanto riguarda la litur-gia” (cit., p. 6) da Vittoria Cristina Guerrini,nota nel campo letterario con lo pseudonimodi Cristina Campo [una persona che fecemolto, quindi, per la Messa, nell’ambitodell’associazione Una Voce, ottenendo tral’altro, con Emilia Pediconi, l’approvazionedel card. Ottaviani, ma che non è purtroppoesente da inquietanti contatti - ed è dir poco- con l’esoterista Elémire Zolla]. La teoriadell’intenzione espressa alla nota 15 delB.E.C. può essere quindi anche dei Mons.Pozzi, Milani, Landucci (?) ecc. e persino diCristina Campo... Quanto a P. Guérard, ilsuo pensiero sull’intenzione è espresso in unvolume inedito ma non ignoto di circa 400pagine. Il testo, intitolato Reflexions sur lenouvel Ordo Missæ è preceduto da una let-tera... di Mons. Lefebvre che qui riportiamo:“l’estensione e la profondità del cambiamentoapportato al Rito Romano del Santo Sacrifi-cio della Messa e la sua somiglianza con lemodifiche che ne fece Lutero obbligano i cat-tolici fedeli alla loro fede a porsi la domandariguardante la validità di questo nuovo rito.Chi meglio del reverendo Padre Guérarddes Lauriers può dare un contributo perti-nente alla soluzione di questo problema?Che tuttavia resta ancora allo stato di studio.Queste pagine, redatte con tanta scienza, ma-nifestano la gravità di questi cambiamenti chetoccano la Chiesa, i suoi sacerdoti e i suoi fe-deli in quanto essi hanno di più caro: l’effu-sione delle grazie redentrici del Cuore Euca-ristico di Gesù. Possano convincere molti sa-cerdoti a ritornare al Rito le cui preghiere ri-salgono ai tempi apostolici e canonizzato dalConcilio di Trento e san Pio V. Marcel Le-febvre, Ecône, 2 febbraio 1977”. Da questatestimonianza se ne deduce che P. Guérard,ben prima del 1979, aveva formulato ampia-mente la sua posizione sull’invalidità delN.O.M., e che - con Paolo VI ancora vivo el’udienza con Giovanni Paolo II ancora di làda venire - Mons. Lefebvre sosteneva che P.

Guérard era la persona più appropriata perrisolvere il problema della validità del nuovomessale. Quanto al fatto dell’assistenza allanuova “messa”, P. Guérard e P. Vinson pre-sero posizione (contraria) dal 1970; Mons.Lefebvre - opponendosi all’allora direttoredi Ecône, Bernard Tissier de Mallerais, cheseguiva la posizione di don Cantoni - preseposizione contro l’assistenza alla nuova mes-sa solo nell’estate del 1981, (dopo aver eglistesso assistito attivamente alla nuova messaancora il 30 giugno 1980). Ed in questo, co-me ci spiegarono allora a Ecône, e come eraevidente, Mons. Lefebvre cambiò certamen-te opinione (per fortuna, in meglio).

Battesimi. Sono nati alla vita della gra-zia: il 2 maggio Stefano Tamagnini, a Mila-no, battezzato da don Giugni. Il 16 maggioImelda Bontemps, prima figlia di Alexis eClaire Bontemps, battezzata a Entraigues dadon Cazalas; il 19 giugno, Elsa Ricossa, terzafiglia di Luca e Nadia Adami, battezzatanell’Oratorio del S. Cuore di Torino da donRicossa il 1 agosto; sempre il 1 agosto, Ca-mille Prevost, battezzata da don Murro aSerre-Nerpol. Il 7 agosto i gemelli Paolo eGiulia Durando, ottavo e nono figlio di Mar-co e Anna Durando, battezzati a Viotto dadon Nitoglia, che il 29 agosto ha battezzatoHugues Chioccanini, figlio di Jerôme e An-ne-Marie Chioccanini; l’11 settembre, Domi-tille Doyon, di Bernard e FrederiqueDoyon, battezzata da don Giugni nella chie-sa della Maison Saint-Joseph a Serre-Nerpol.

Prime Comunioni. Hanno ricevuto per laprima volta Gesù Joseph Langlet (il 13 mag-gio, dalla mani di don Murro, nella chiesadelle religiose di Crezan), Elisabetta e Fran-cesca Bichiri, Patrizia Chiodo e Teresa Fon-tan (nella nostra chiesa di Verrua); l’8 ago-sto a Raveau Emeline Mendoza.

Matrimoni. L’11 luglio, nella chiesa deiSS. Pietro e Paolo a Verrua Savoia, don Ri-cossa ha benedetto l’unione di Carlo Fran-gioni e Manuela D’Ambrosi. Entrambi, perprepararsi al matrimonio, avevano fatto gliesercizi a Verrua durante il mese di maggio.Un altro matrimonio è stato benedetto dadon Stuyver a Dendermonde il 9 luglio.

Defunti. Il 7 maggio: Antonino Di Fri-sco, padre della signora Giuseppina Bichiri.Don Nitoglia ne ha celebrato i funerali nellachiesa di Tetti Rolle il giorno 10, accompa-gnando poi il corpo del defunto al cimiterodi Nichelino. Il 27 giugno, Angelo Lanzetta,

padre della signora Rosa Giglio; tre giorniprima aveva ricevuto i santi sacramenti dadon Nitoglia. Lo stesso giorno, Gérard Gre-lou; don Cazalas ne ha celebrato le esequieil 30 giugno. Il 21 luglio, a Torino, RobertoRigoletti, da tanti anni sarto ecclesiastico ditutti noi. Il 3 settembre, Jean Comet, che inquesti ultimi anni di malattia riceveva rego-larmente i santi sacramenti a casa sua dainostri sacerdoti. Don Murro ha celebratouna Messa di requiem nella cappella di An-necy il 13 settembre. Il 26 settembre, la si-gnora Caterina Bonolis in Ploy. Il giornoprima don Nitoglia le aveva dato i santi sa-cramenti. Ne ha celebrato i funerali a Vare-se il 27 settembre. Raccomandiamo questidefunti, e tutte la anime del Purgatorio, allepreghiere dei nostri lettori, e presentiamoalle famiglie le nostre sincere condoglianze.

Dio ha richiamato a Sé l’abbé Petit e Pa-dre Vinson. Per loro è un “guadagno” (Phil.1, 21), ma per noi, che restiamo senza la gui-da di questi buoni pastori, è una dura perdita.

* Il 14 aprile è deceduto l’abbé HubertRaymond Petit. Nacque il 11-2-1909 a La-neuville au Rupt, in Lorena, da una famigliadi contadini, profondamente cattolici. Suamadre gli ispirò la devozione verso la Ma-donna, facendogli notare che era nato ilgiorno dell’apparizione di Lourdes. Sua zia

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era direttrice dei corsi di dottrina cristiana,amata ed elogiata da tutti. Fin da piccoloHubert mostrò la sua serietà, sia nell’aiutarei genitori nel lavoro dei campi che nello stu-dio, tanto che a volte, quando il tempo man-cava, leggeva i libri durante il pasto. Entrònella Comunità dei sacerdoti del S. Cuore,fondata da Padre Dehon e, dopo il serviziomilitare, andò ad Amiens nell’Istituto dellevocazioni tardive della medesima congrega-zione, dove era molto stimato. Seguì i corsialla facoltà di Lille, e lì ebbe come professo-re il P. Guérard des Lauriers; nello stessotempo aiutava un prete anziano che abitavanei dintorni. A causa del troppo lavoro, siammalò e dovette interrompere gli studi.Dopo la guerra, riprese gli studi; ma in se-guito ad una seconda malattia, decise di in-terromperli definitivamente, per divenirefratello presso i dehoniani. Quando iniziaro-no le nuove riforme ne risentì la nefasta in-fluenza, al punto che “non trovava più nellasua Comunità ciò che era venuto a cercarequando vi era entrato da novizio”, e così co-minciò a frequentare le riunioni delle Asso-ciazioni S. Pio V. Fu Padre Vinson che con-sigliò Mademoiselle Docq, responsabiledell’Associazione S. Pio V-S. Pio X dellaLorena, di accogliere fratel Petit. Dopo dueanni di riflessione, il 7 ottobre 1981 accettòl’invito di Mademoiselle Docq, che genero-samente gli mise a disposizione il piano terradella sua abitazione di Commercy. Ripreseallora i contatti con Mons. Guérard des Lau-riers, che l’ordinò sacerdote a Etiolles il 17-3-1984. Celebrò così la Santa Messa a Com-mercy e, grazie all’interessamento di M.Aloncle, anche a Bar le Duc, dove in seguitoinvitò Mons. Guérard a amministrare le cre-sime. Di carattere molto sensibile e moltodelicato, fu sempre fedele allo spirito reli-gioso: dovunque si recasse, fu sempre stima-to da tutti. Mantenne amicizie per moltissi-mi anni, anche con persone conosciute, co-me con il pittore di Creusot, Raymond Ro-chette. Gli ultimi anni furono un po’ soffertia causa della salute che declinava lentamen-te, finché entrato in ospedale a fine gennaio,vi decedeva il 14 aprile scorso. I funerali so-no stati celebrati da don Stuyver, che in pre-cedenza gli aveva dato tutti i Sacramenti, il17 aprile, nella cappella di Commercy dovel’abbé Petit celebrava la santa Messa. Che ilSignore accolga in Cielo la sua bella anima,di religioso e sacerdote fedele. Mademoisel-

L’abbé Hubert Petit con Mons. Guérard des Lauriers ilgiorno della sua ordinazione sacerdotale

le Docq si è occupata dell’abbé Petit contanta generosità e buon cuore, senza badareai sacrifici quand’era necessario, special-mente negli ultimi tempi in cui, pur essendolei stessa ricoverata in ospedale, non cessavamai di pensare e di fare quel che poteva perlui. A lei ed alla famiglia dell’abbé Petit siindirizzano le nostre condoglianze.

* L’otto luglio, verso le 3 del mattino, at-torniato dalle sue religiose di Cristo Re, èserenamente mancato nella sua MaisonSaint-Joseph, a Serre-Nerpol, Padre Geor-ges Vinson. Era nato a Valence nel 1915(parrocchia Saint-Jean). A dieci anni, nel1925, entrò nel seminario minore, nel 1931in quello maggiore. La sua vita cambia gra-zie all’arrivo provvidenziale in diocesi delgrande apostolo degli Esercizi Spirituali, Pa-dre Vallet, che aveva ricevuto dal vescovodiocesano Mons. Pic la casa di Chabeuil nel1934. Il futuro primo successore di PadreVallet, padre Terradas, faceva i suoi studinello stesso seminario dell’abbé Vinson, chefece per la prima volta gli Esercizi con PadreVallet nel 1935. Nel 1938, dopo il serviziomilitare, ottenne da Mons. Pic di lasciare ilclero diocesano per entrare nel noviziato deiC.P.C.R. (i Cooperatori Parrocchiali di Cri-sto Re, fondati da P. Vallet). Purtropposcoppiò la guerra: il Nostro passò così cin-que anni nel campo tedesco di Sagan, inBassa Slesia, dove ebbe come compagno diprigionia l’abbé Barbara, che sarebbe dive-nuto un giorno suo confratello a Chabeuil.Ritornò in Francia il 9 maggio 1945, pochigiorni prima della partenza definitiva di Pa-dre Vallet per la Spagna, occasionata dalleminacce dei partigiani. Tornò così al novi-ziato di St-Joseph des Mées, e fu ordinatosacerdote da Mons. Pic, nella cattedrale diValence, nel giorno di Pasqua del 1946 (21aprile). Era il primo sacerdote ordinatonell’opera dei C.P.C.R. Il 28 e 29 settembre1946, coi Padri Barrielle e Romagnan, parte-cipò alla riunione di Llivia con Padre Vallet,che voleva così lasciare ai Padri francesi lesue ultime direttive e i punti essenziali degliesercizi e della Congregazione. Padre Valletmorì il 13 agosto 1947; sull’immaginetta-ri-cordo furono scritte queste sue significativeparole: “Abbiamo un faro di verità, ed è Ro-ma! Dobbiamo essere degli appassionati diRoma. Teniamo per certo che colui che è di-saffezionato da Roma è già caduto in errore;e che non si può essere in un errore (fonda-

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mentale, serio) senza che ci sia disaffezioneper Roma. Chiediamo questo amore per laVerità e per la Chiesa”. Padre Vinson restòfedele, per tutta la vita, a questo program-ma. Lo stesso anno, nel mese di novembre,P. Vinson raggiunse la Spagna, dove lavoròcome superiore e maestro dei novizi, am-pliando la casa di Pozuelo de Alarcon. Nel1950 è nominato superiore in Uruguay, dovePadre Vallet aveva lavorato dal 1929 al1932; il Vescovo di Salto, Mons. Viola, re-clamava di nuovo la presenza dei C.P.C.R.Dalla Casa San Giuseppe di Salto si diffusecosì l’opera degli esercizi in America Latina,finché Padre Vinson, nel 1954, passò nellapiù grande e promettente Argentina. È luiche costruì la casa “Madonna di Fatima” aRosario: dal 1951 al 1959 furono dati 234turni di esercizi a 6715 esercitanti. Dalle pa-gine di Valor, la rivista dell’opera da lui di-retta e fondata nel 1954, P. Vinson spronavatutti alla vita spirituale fervente mediante lapratica degli Esercizi, difendeva la moralecristiana contro il lassismo incipiente, espo-neva la dottrina sociale cristiana per il Re-gno di Cristo Re combattendo particolar-mente il liberalismo, il laicismo, il comuni-smo, la Massoneria, il giudaismo e il neo-modernismo. Si distinse in particolar modonel criticare i “cattolici da letteratura”, e iloro numerosi errori nel campo della fedee/o della morale: ricordiamo gli attacchi aLéon Bloy, Charles Péguy, Maritain, Mar-cel, Guitton, Mauriac, Claudel, von Baltha-

Padre Vinson in Argentina negli anni ‘50 mentre scriveper la rivista “Valor”

sar, Cesbron, Ortega y Gasset, Unamuno,Papini, Milton, Byron, Lamennais, Lanzadel Vasto, Teilhard de Chardin... Conobbe etradusse in francese le opere di Padre JulioMeinvielle. Nel 1957 iniziarono anche gliesercizi in Brasile, nella diocesi di Mons. deCastro Mayer. Richiamato in Europa nelnovembre del 1959, venne nominato coadiu-tore del direttore dell’Opera degli eserciziper la Francia e il Belgio (che era allora P.Barrielle); contribuì alla fondazione di duealtre case: a Wissous, presso Parigi e aBieuzy-Lanvaux in Bretagna. Morto PioXII, i nemici dei C.P.C.R. si erano scatenati,specialmente in Francia, attaccando l’operadi P. Vallet (e la Cité Catholique di JeanOusset). Padre Vinson si difende e... con-trattacca. Ma il clima si fa pesante e difficile,sia per gli attacchi dall’esterno (la congrega-zione esita tra la fedeltà alla dottrina e il ri-spetto per l’episcopato) che per delle divi-sioni interne. Padre Vinson fu così “messo inquarantena” (aveva visto più in là degli altri)finché, nel 1963, lasciò la Congregazione.Mons. Lefebvre lo fece incardinare e glitrovò un alloggio al seminario delle missionia Bourg-la- Reine, da dove si spostava inogni angolo della Francia, del Belgio e dellaSvizzera per la predicazione degli Esercizi.Nel 1969 fu tra i primissimi ad opporsi alNovus Ordo Missae (“nuova messa”) coi

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fatti e con lo scritto, celebrando la Messaovunque, collaborando alle nascenti scuolecattoliche... Opporsi alla “nuova messa”, or-ganizzare la celebrazione della vera Messa,poneva il problema dell’assistenza alla“messa” riformata da Paolo VI. Fu PadreGuérard des Lauriers o.p., con l’articolo As-sister à la Messe, del 20 novembre 1971, cheper primo (almeno in Francia) dichiarò cheassistere alla “nuova messa” costituiva, diper sé, un peccato contro la Fede. PadreBarbara, su consiglio “di amici teologi, tra iquali un professore all’istituto Pontificio delLaterano” (cioè di Padre Guérard des Lau-riers) modificò in questo senso la sua posi-zione precedente e diede “fuoco alle polve-ri” pubblicando l’articolo di P. Guérard suForts dans la Foi (n. 24, pp. 337-362). Con-temporaneamente, Padre Vinson prendevaposizione anch’egli con l’opuscolo La nou-velle Messe et la conscience catholique (del28 novembre 1971), pubblicato con una pre-fazione di P. Guérard dell’otto dicembre,posizione difesa negli opuscoli successivi.Bisogna nuovamente ricordare in questa se-de, per rendersi conto del coraggio di questisacerdoti che abbiamo conosciuto e amato (iPP. Guérard, Vinson e - ancora vivo e vege-to - Barbara) che Mons. Lefebvre e il semi-nario di Ecône modificheranno la loro posi-zione solo nel 1981 con la crisi dovuta all’in-segnamento di don Cantoni, e che anche al-lora (ne fummo testimoni oculari) Mons.Lefebvre condannava la posizione “estremi-sta” di padre Vinson... senza accorgersi diaverla adottata in pieno... con 10 anni di ri-tardo! In questa seconda parte della vita diPadre Vinson (quella della resistenza alleriforme conciliari) dobbiamo accennare atre opere che gli sopravvivono: il bimestraleSimple Lettre - che con poche righe facili eargute segnalava ai lettori le vie da prenderee gli errori da evitare -, la fondazione conMadre Monique Delmotte nel 1980 a Serre-Nerpol della congregazione religiosa delleSuore di Cristo Re - e la scuola per ragazzetenuta dalle stesse Suore alla Maison Saint-Joseph, unita alle colonie estive per ragazzie ragazze. Proprio nel 1980, all’inizio dellafondazione religiosa, si temette per la sua vi-ta: potete leggere sul numero speciale diSimple Lettre (n. 116, agosto 1999; da essoabbiamo tratto quasi tutte le notizie che quipubblichiamo, dovute alla penna di MadreMarie-Monique e di Maurice Muel) dei bel-

Padre Vinson in una foto del 1998 a Serre-Nerpol

lissimi estratti del suo testamento risalente aquell’anno. Il Signore gli accordava inveceancora quasi vent’anni di vita per consolida-re le sue opere e dare ancora, a tante anime,la grazia degli Esercizi di Sant’Ignazio. L’etànon aveva per nulla diminuito la sua com-battività, al contrario. Negli ultimi anni, an-zi, ha rimesso sul tappeto la questionedell’autorità nella Chiesa (la questione cioèdell’illegittimità di Giovanni Paolo II) equella delle consacrazioni episcopali; la Fra-ternità san Pio X non glielo ha perdonato,ed è stata, per P. Vinson, una nuova occasio-ne di coraggio e di amore per la Verità. Poi-ché abbiamo accennato alle consacrazioni,non ci sembra fuori luogo, a distanza di tan-to tempo, fare una riflessione sugli avveni-menti che divisero, nel 1982, Padre Barbara,Padre Vinson e Padre Guérard des Lauriers.Come si sa, l’otto maggio 1981, Mons. Ngo-Dhin-Thuc, arcivescovo di Hué, conferì laconsacrazione episcopale a Padre Guérarddes Lauriers. L’otto gennaio seguente, Pa-dre Barbara denunciò questo atto (e la suc-cessiva consacrazione dei sacerdoti messica-ni Carmona e Zamora) come “follia scisma-tica”(secondo supplemento a Forts dans laFoi, n. 8). Pochi giorni dopo, il 13 gennaio,sei sacerdoti “legati a titoli diversi al R.P.Guérard des Lauriers” sottoscrivevano undocumento “a proposito della consacrazioneepiscopale del R.P. Guérard des Lauriers”,condannandola (pur senza considerarla sci-smatica). Il primo dei firmatari era proprioPadre Vinson che ebbe forse gli scontri piùviolenti con Padre Guérard poiché entrambicelebravano a Lione nella cappella del QuaiSaint-Vincent (dalla quale fu escluso P.Guérard). Questi sono i fatti dolorosi di al-lora. Oggi, sia P. Barbara, sia P. Vinson, sial’abbé Guepin hanno esplicitamente o impli-citamente dato ragione a Padre Guérard desLauriers, accettando le consacrazioni epi-scopali del 1981. Se Padre Guérard des Lau-riers ebbe ragione, i Padri Vinson e Barba-ra, però, non ebbero tutti i torti. In questianni, l’infiltrarsi di personaggi veramentescismatici e comunque indegni tra i ranghidei vescovi consacrati in stato di necessità,dimostra come a ragione si potesse temere eprevedere, da parte di alcuni, l’abuso di po-teri che lecitamente e doverosamente eranostati trasmessi. Sia in chi promosse le consa-crazioni, sia in alcuni di coloro che allora lecombatterono, insomma, al di là degli ecces-

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si che purtroppo vi furono, esistette a nostroparere una vera preoccupazione di provve-dere al bene della Chiesa: conservare il sa-cerdozio ed il sacrificio, per gli uni, evitarele infiltrazioni scismatiche per gli altri. Aquesta linea, felicemente riconciliata oggi,penso che ci dobbiamo attenere.

Fu proprio a proposito del problema del-le consacrazioni che don Ricossa e don Mur-ro incontrarono P. Vinson alla Maison St-Joseph, vari anni fa. Da allora le visite si in-tensificarono (è stato almeno due volte eglistesso a Verrua) fino a giungere alla strettacollaborazione di questi ultimi tempi.

Dio ha concesso a Padre Vinson di vive-re intensamente la sua vita sacerdotale eapostolica fino alla fine. Fino all’ultimo, hadato gli esercizi spirituali (l’ultimo turno,coadiuvato da don Ricossa, terminò il 17aprile, quattro giorni prima dell’emorragiacerebrale che gli fu fatale), morendo, comePadre Vallet, “sulla breccia”. Fino all’ulti-mo, egli fu nel cuore delle battaglie per ladifesa della Fede, scrivendo, pubblicando li-bri, restando per tutti, amici e nemici, unpunto di riferimento o un temibile avversa-rio. Fino all’ultimo fu presente alla vita dellasua congregazione, pensando al suo futuro,alla sua espansione, rallegrandosi delle nuo-ve vocazioni (proprio il 18 aprile vi furonovoti perpetui e vestizione). Certo, si prepa-rava alla morte (durante gli ultimi esercizivolle fare anch’egli la confessione generale aquesto scopo), ma nello stesso tempo lavo-rava con la lucidità e l’entusiasmo di un gio-vane. Come ha saputo vivere, ha saputo mo-rire, edificando tutti durante i quasi tre mesidi malattia. La notte stessa dell’emorragiacerebrale, don Giugni gli amministrò l’estre-ma unzione. Ha ricevuto più volte, in segui-to, il viatico. È morto l’otto luglio attorniatodalle sue religiose e da qualche allieva, nellasua casa ove, notte e giorno, si pregava in-cessantemente per lui.

Don Ricossa ne ha celebrato le esequienella chiesa della Maison St-Joseph e al ci-mitero di Serre-Nerpol. Erano presenti perl’Istituto don Murro e don Cazalas (donGiugni, molto legato a P. Vinson era impe-dito di venire poiché dirigeva il campo perbambini a Raveau), alcuni sacerdoti e reli-giose di Chabeuil, due sacerdoti della Fra-ternità san Pio X, e l’abbé Guépin, che hapredicato. Il nome di Padre Vinson resteràcerto in benedizione. Preghiamo per lui.

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Messa in guardia.

Nel n. 48 di Sodalitium segnalavamo il di-battito su Tradizione occidentale e New Agetenuto a Roma il 9 giugno 1998. Tra i parte-cipanti, oltre a don Nitoglia dell’Istituto Ma-ter Boni Consilii, e al senatore Pedrizzi, diAlleanza Nazionale, anche l’antropologa Ce-cilia Gatto Trocchi, dell’Università di Peru-gia (nonché membro del GRIS). Più recente-mente, la professoressa Cecilia Gatto Troc-chi era relatrice al 7° Convegno di Studi Cat-tolici (Rimini, 29-31 ottobre 1999), organiz-zato dalla Fraternità san Pio X e dalla rivistaLa Tradizione Cattolica. Solo adesso (otto-bre-novembre 1999) ci è giunta notizia cheCecilia Gatto Trocchi collabora alla rivistadel Grande Oriente d’Italia, Massoneria Og-gi, ed ha partecipato al Convegno “GiordanoBruno, Uomo Universale Martire del LiberoPensiero” (Roma, 18 marzo 1999), organiz-zato sempre dal Grande Oriente. In seguitoa ciò, abbiamo rotto ogni rapporto con Ceci-lia Gatto Trocchi, e mettiamo pubblicamentein guardia tutti i cattolici a suo riguardo.

La rivista “Massoneria oggi” nella quale figura il nome di Cecilia Gatto Trocchi

Il programma del convegno di Studi cattolici apparsosulla rivista La Tradizione Cattolica, nel quale Cecilia

Gatto Trocchi compare tra i conferenzieri

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Bernard Lazare

L’AntisemitismoLa sua storia e le sue cause

NOVITÀ

COLLANA “IL MISTERO D’ISRAELE”

Disponibilità: gennaio 2000

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L’Antisemitismo. La sua storia e le sue cause

“L’antisémitisme, son histoire et ses causes” di Bernard Lazare è un classico dellaletteratura sul/contro il giudaismo ma, per quanto ne sappiamo, non ha ancora

avuto una traduzione italiana. Il Centro librario Sodalitium ripara dunque con questaedizione una lunga omissione, completando così idealmente il libro di Israel Shahak:Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni (edizione italiana a cura del Centrolibrario Sodalitium, 1997).

Scrivendo nel 1894 l’opera che lo rese celebre, L’antisémitisme, appunto, BernardLazare, un ebreo secolarizzato, attratto dai movimenti anarchici e socialisti, sostenevache la causa dell’antisemitismo non doveva essere ricercata tanto negli antisemiti, quan-to piuttosto nella mentalità stessa degli ebrei, mentalità consistente appunto nei “tremillenni” di giudaismo di cui parla Israel Shahak. Sarebbe stata dunque la religione rab-binica a plasmare quel popolo ebraico, così diverso da tutti gli altri, con delle caratteri-stiche tali da provocare come reazione - ingiusta ma ineluttabile - l’antisemitismo.

Bernard Lazare era senza dubbio, nel suo laicismo, debitore del processo di assi-milazione che subiva il giudaismo proprio col successo della sua emancipazione, avve-nuta tra la fine del XVIII secolo e il principio del XIX. Ma egli non era assimilazioni-sta. Vide quindi nel nascente Sionismo di Theodor Herzl (partecipò infatti al SecondoCongresso Sionista del 1898) la possibilità di restare ebrei senza portare con sé il far-dello del passato del suo popolo e della mentalità rabbinica che lui stesso aveva de-nunciato. L’affare Dreyfus, infatti, lo aveva visto schierato - con il suo amico CharlesPeguy ed Emile Zola - a favore dell’innocenza del capitano cattolico di origine ebrai-ca condannato per spionaggio in favore della Germania. Fu il caso Dreyfus l’occasio-ne per la nascita del Sionismo, visto anche come soluzione all’impossibile convivenzatra Gentili ed Ebrei in una stessa patria.

Lazare, nato a Nîmes nel 1865 e morto dimenticato nel 1903, non vide realizzato ilsogno Sionista: il libro di Israel Shahak dimostra però il fallimento delle speranze diBernard Lazare: lo Stato di Israele, infatti, mantiene in sé stesso tutte quelle caratteri-stiche che Lazare a suo tempo denunciò come causa dell’antisemitismo...

Bernard Lazare - il cui nome riscuote ancor oggi venerazione nelle Logge delB’naï B’rith - non si avvicinò mai, quindi, al Cristianesimo, che anzi avversò nella suaqualità di ebreo e di socialista: anche il libro che qui pubblichiamo risente quindi for-temente di questa visione anticristiana che - come casa editrice cattolica - non possia-mo assolutammente condividere. Non giunse mai, pertanto, a capire che non nel So-cialismo o nel Sionismo, ma in Cristo, ‘in cui non vi è Giudeo né Greco’ (Gal. III, 28)gli Ebrei potranno finalmente riconciliarsi con la loro storia e con tutti gli altri popoli.Solo nel riconoscimento della messianicità e divinità di Gesù Cristo e nell’accettazio-ne sincera della Sua Chiesa il tormentato popolo giudaico, di cui Bernard Lazare fuinquieto e acuto rappresentante, troverà la sua pace, svestendo il suo tragico ruolo -iniziato duemila anni fa - di “nemico del genere umano” (I Tess. II, 15).

Bernard Lazare

L’AntisemitismoLa sua storia e le sue cause

(320 pagine f.to 15 x 21)L. 30.000 [15,49 ]

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Una miniera di informazioni su Massone-ria, mondialismo, sionismo, ecc., pubbli-cata ormai in un opuscoletto a parte, chepotete procurarvi scrivendo in redazioneoppure tramite versamento di L. 6.000(spese postali comprese) sul CCP.35310101, specificando il motivo nellacausale.

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Una risposta al libro apparso in francese“Petrus es Tu?” nel quale don Paladinoespone la sua tesi “sedevacantista”. DonRicossa scrive in difesa della Tesi di Cas-siciacum.

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Ferrara: Chiesa S. Luigi, Via Pacchenia 47 Alba-rea. S. Messa tutte le domeniche alle ore 17,30.Per informazioni rivolgersi a Verrua Savoia.

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