n....crescita del sistema economico provinciale, ripartendo dalla centralità dell’impresa, dai...
TRANSCRIPT
-
n.4ott_dic 2010
Una città antica alla ricerca di una mobilità moderna
Forum
Quale futuro per il centro storico di Perugia?
Le associazioni del centro storico dicono la loro
Arte millenaria nell’acropoli perugina
-
La nostra impresa è sostenere la Tua impresaCamera di Commercio di Perugiaè servizi per le imprese
Contributi e incentiviper il sostegno di medie, piccole e micro impresesui mercati italiani ed esteri
Anagrafe delle imprese, visure, bilanci e protestile uniche informazioni ufficiali su imprese, soci e amministratori per operare in un mercato trasparente
Servizi di conciliazione e arbitratoper la risoluzione delle controversie attraverso un percorso veloce, efficace ed economico
Promozione e tutela delle eccellenzeper valorizzare tutte le risorse culturali, ambientalie produttive del nostro territorio
Centro Congressi e Centro Servizi Galeazzo Alessispazi prestigiosi e attrezzati per convegni, incontri d’affari e manifestazioni, al servizio del territorio
Sportello di informazione economicae centro documentazionel’intero patrimonio di studi della Camera, accessibile anche on-line, per una conoscenza approfondita della realtà economica
Impresa digitalegli strumenti informatici e telematici più innovativi per la gestione dell’impresa e l’accesso on-line ai servizi camerali con Carta Nazionale dei Servizie Business Key
Borse e prezzicontrattazioni per il mercato agricolo e immobiliare, quotazioni trasparenti delle merci e informazionisui mercati, a tutela degli interessi degli operatorie dei consumatori
Servizi per l’esteroa disposizione degli operatori per pratiche amministrative, rapporti commerciali e promozione sui mercati esteri
www.pg.camcom.gov.it
-
L’anno 2010 è trascorso senza che si sia consolidata
una ripresa forte, diffusa e omogenea in tutti i settori
produttivi. Questo è un dato di fatto, che tuttavia non
significa che non siano stati compiuti passi avanti verso
l’uscita da una crisi che è stata tra le peggiori di sempre.
I risultati dell’ultima indagine trimestrale Banca
d’Italia - Il Sole 24 sulle aspettative di inflazione e cre-
scita delle imprese mostrano come, nell’ultimo scorcio
del 2010, l’economia internazionale e anche l’attività
produttiva in Italia abbiano rallentato il ritmo di cre-
scita.
Certo gli effetti della recessione sulla nostra strut-
tura produttiva devono essere ancora valutati. Come ha
recentemente affermato il governatore della Banca d’Ita-
lia, “è possibile che la crisi abbia accelerato la ristrut-
turazione almeno di parti del sistema, accrescendone
efficienza e competitività; è possibile un semplice, lento
ritorno al passo ridotto degli anni pre-crisi; è anche pos-
sibile un percorso più negativo”.
Il punto di vista dell’osservatorio camerale, attesta-
to sull’orizzonte del territorio provinciale e regionale,
non si discosta in verità dal quadro nazionale e inter-
nazionale. Nonostante ciò il sistema produttivo umbro
si mostra tuttora complessivamente sano e fonda su un
desiderio di intraprendere e una determinazione che la
crisi per ora non è riuscita a sfibrare.
La crisi e la progressiva erosione delle risorse del-
le amministrazioni pubbliche impongono in modo non
rinviabile che si agisca con la massima concretezza per
il rilancio economico e sociale dei territori, per non di-
sperdere le energie vitali del nostro sistema d’impre-
sa. Per questo motivo le politiche di intervento della
Camera di Commercio di Perugia per l’anno 2011, cui
abbiamo dato spazio in questo numero della rivista,
tenderanno a sostenere in modo attivo e partecipato la
crescita del sistema economico provinciale, ripartendo
dalla centralità dell’impresa, dai temi della valorizza-
zione del territorio, del sostegno alle imprese e all’occu-
pazione, dell’innovazione.
L’ultimo Forum del 2010 è dedicato al futuro pre-
vedibile del centro storico della città di Perugia, un
tema che senza dubbio appassiona e divide l’opinione
pubblica: ne abbiamo chiamato a discutere Nilo Arcudi,
vicesindaco di Perugia, Paolo Belardi, professore asso-
ciato della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pe-
rugia, Michele Bilancia, architetto perugino che da oltre
trent’anni studia le cinte murarie della città di Perugia,
Nicola Minelli e Ivano Ruscelli, entrambi consulenti di
marketing urbano e territoriale, e Angelo Patrizio, archi-
tetto e autore di decine di progetti di riqualificazione
urbana.
Ne è emersa, fra i tanti interventi, i progetti auspi-
cati e il dibattito vivace col pubblico che ha fatto se-
guito, l’opportunità di seguire la strada della partecipa-
zione di tutti i differenti portatori di interesse per poter
affrontare efficacemente i problemi del centro storico,
tenendo conto che “la città è di tutti”.
Senza dimenticare che la grande industria di Peru-
gia è la sua storia millenaria, il suo giacimento cultu-
rale: una città con le “radici di pietra”, ovvero quindici
chilometri di mura medievali e tre di mura etrusche,
a fare da testimoni tangibili e irripetibili di un popo-
lo straordinario, queste ultime candidate a patrimonio
mondiale dell’umanità.
Siamo certi che gli spunti emersi durante il Forum
saranno di aiuto agli amministratori pubblici e a tutti
coloro che sono impegnati a rendere il centro storico
della città un’attrattiva per la cittadinanza e per gli
operatori economici.
Mario Pera
Editoriale
-
2
Direttore editorialeMario Pera
Direttore responsabileGiuseppe Occhioni
Comitato di RedazioneGiuseppe Occhioni, Federico Fioravanti, Paola Buonomo, Egidio Urbanella, Roberto Vitali, Massimo Duranti
Segreteria di RedazioneRoberto Vitali
RedazioneVia Cacciatori delle Alpi, 42 – 06121 Perugia Tel. 075/5748312 - Fax 5748205
Autorizzazione del Tribunale di Perugia N. 319 del 7 maggio 1963
ISSN 1824 - 887X
Abbonamento annuo (quattro numeri) Euro 25,00 con versamento su CCP. n. 134064 – Una copia Euro 7,00Spedizione in abb. post. 70% - Filiale di Perugia
04 Quale futuro per il centro storico di Perugia?
> Nilo Arcudi
> Paolo Belardi
> Michele Bilancia
> Giorgio Mencaroni
> Nicola Minelli
> Angelo Patrizio
> Ivano Ruscelli
22 Rocca Paolina crocevia di un rinascimento
> Urbano Barelli
24 La città di tutti > Renzo Massarelli
26 Una mobilità non vessatoria > Gerardo Gatti
30 L’Umbria dei ventidue gioielli > Laura Buco
32 Notizie dall’Europa > Lorenzo Robustelli
34 Le imprese sotto la lente > Pietro Aimetti
36 Parole d’ordine 2011: valorizzazione del territorio, innovazione e occupazione
Forum Economia&Territorio
Sommarioanno 120 n. 4 ottobre_dicembre 2010
-
3
Progetto grafico e impaginazioneArchi’s Comunicazione, Pg
FotografieArchivio Camera di Commercio di Perugia, Archivio Archi’s Comunicazione Lorenzo Sonaglia
StampaLitograf, Todi
Foto di copertina Archivio Archi’s Comunicazione
Le opinioni espresse impegnano soltanto gli autori. La riproduzione, anche parziale, dei testi è consentita solo citando la fonte. La collaborazione è per invito. I materiali non si restituiscono.
42 Alla ricerca dell’identità > Silvia Angelici
46 “Gimo ‘n zu” > Giuseppe Occhioni
50 Il pittore e la sua città > Anna Lia Sabelli Fioretti
54 Le sentinelle del Corso > Antonio Carlo Ponti
58 Perugia un centro storico di musei
> Massimo Duranti
Marchi&Brevetti63 > a cura di Michele Caforio
CameraNotizie65 > a cura della Redazione
Note di legislazione regionale69 > a cura di Massimo Duranti
Lo scaffale71 > a cura di Antonio Carlo Ponti
Punti di vista
Arte
n.4ott_dic 2010
Una città antica alla ricerca di una mobilità moderna
Forum
Quale futuro per il centro storico di Perugia?
Le associazioni del centro storico dicono la loro
Arte millenaria nell’acropoli perugina
rubriche
-
Forum
Quale futuro per il centro storico di Perugia?
Il rischio museificazione. Il rapporto con la
contemporaneità. La sicurezza. I progetti futuri.
Le polemiche. Ztl, telecamere e parcheggi. Le cifre
sui residenti. Il commercio che langue. Le idee per il
rilancio. E un nuovo, grande sogno: le mura etrusche
patrimonio mondiale dell’Unesco.
-
NILO ARCUDI. Vicesindaco di Perugia dal 2004, nella giunta guidata da Renato Locchi, ha mantenuto lo stesso incarico con il sindaco Vladimiro Boccali. Ha la delega al Centro storico, alla Protezione ci-vile, alle Relazioni internazionali ed alle Città gemellate. È stato di recente nominato vicepresidente dell’Anci Umbria. Nato a Cassano dello Ionio (Cosenza) nel 1973, è residente da molti anni a Perugia dove ha studiato. È laureato in Economia e commercio con specializzazione in Marketing alla Luiss di Roma. Nel 1998 ha lavorato a Parma per Banca Intesa nella direzione marketing.Dal 1999 lavora nella filiale di un istituto di credito perugino di cui dal 2003 è vice titolare.
I protagonisti al forum
PAOLO BELARDI. Professore associato nella Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Peru-gia, dove è coordinatore della Sezione Interdisciplinare di Disegno e Architettura del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale. Attualmente insegna “Rilievo dell’architettura” e “Architettura e com-posizione architettonica II” nell’ambito del corso di laurea magistrale a ciclo unico in Ingegneria Edile-Architettura. Ha insegnato anche nella Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e nella Facoltà di Architettura della Seconda Università degli Studi di Napoli. Ha ottenuto menzioni e riconoscimenti in importanti premi di architettura. È autore e curatore di volumi monografici tra cui: Camminare nella storia. Nuovi spazi pedonali per la Perugia del terzo millennio, Perugia 2009.
MICHELE BILANCIA. Michele Bilancia è un architetto perugino che da a oltre trenta anni studia la cinta muraria della sua città. Perugia vanta tre chilometri di mura etrusche e quindici chilometri di mura medievali. Bilancia ha scritto il libro “Il muro etrusco di Perugia. La Cupa”. E ha fondato con il docente universitario Franco Ivan Nucciarelli ed altri professionisti perugini “Radici di pietra”, una associazione che vuole conservare e valorizzare l’identità storica della città. La loro battaglia è far riconoscere la cinta muraria di Perugia come “patrimonio dell’umanità” da parte dell’Unesco.
NICOLA MINELLI. Coordinatore di Iscom Group, si è laureato in Economia Aziendale con una tesi sul venture capital. Dal 2001 al 2005 ha lavorato nel settore delle ricerche e valutazioni economiche e finanziarie. Ha seguito la predisposizione di diversi piani di marketing urbano e territoriale a Brescia, Perugia, Pordenone, Città di Castello, Terni e La Spezia. È associato all’IPM (Institute of Place Manage-ment) di Londra, istituto di ricerca internazionale per la riqualificazione e gestione degli ambiti urbani nato nel 2006 con il supporto della Manchester Metropolitan University e della Associazione dei Town Centre Manager inglesi). Ha scritto, con altri autori, “Gli interventi di rivitalizzazione commerciale dei centro storici e delle aree urbane” (Maggioli editore) e “Il project finance in Italia” (edizioni il Mulino).
ANGELO PATRIZIO. Architetto e urbanista, Iscritto all’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano. Dirige dal 2009 il Settore Urbanistica e Progettazione Urbana della Confcommercio. Intensa attività saggistica e didattica. Ha diretto dal 1992 al 2008 la Direzione Servizi Urbanistici dell’Unione del Commercio del turismo dei Servizi e delle Professioni delle Provincia di Milano. Intensa attività sag-gistica e didattica. Ha firmato molti ed importanti progetti. Fra i tanti il progetto per L’Aquila dopo il terremoto del 2009 e il progetto partecipato di riqualificazione urbana e rivitalizzazione economica per Mantova. Decine di progetti di riqualificazione urbanistica e architettonica e di rivitalizzazione commerciale. Numerosi piani urbani per il commercio in varie città italiane.
IVANO RUSCELLI. Town centre manager della città di Parma dal 2009. Dal 1991 è stato incaricato della direzione dell’Istituto per lo sviluppo del Commercio e del Turismo dell’Emilia Romagna dove ha svolto anche la funzione di direttore consulenze e ricerche fino al 2001. Dal 2001 è stato direttore di Iscom Group, società specializzata nella consulenza e ricerca nei settori commercio, turismo e servizi fino al 2005, a partire da quando ha mantenuto una collaborazione permanente con Iscom Group come re-sponsabile dello sviluppo e come responsabile tecnico scientifico, attivando inoltre una propria società “Ruscelli sviluppo impresa & territorio”. Ha sviluppato numerosi piani di marketing urbano per città di medie dimensioni.
-
6
Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?
BELARDI. Prima di tutto voglio ringraziare gli organizzatori per avermi invitato a partecipare a questo forum. Il che mi
ha gratificato moltissimo, visto il prestigio dell’iniziativa,
ma ad onor del vero mi ha anche un po’ preoccupato. Que-
sto per tre ragioni. Prima di tutto perché non sono né un
futurologo né un veggente. Poi perché sono consapevole di
poter facilmente andare fuori tema, in quanto ho sempre
creduto e credo tuttora che non ha senso parlare del futuro
del centro storico di Perugia in particolare (ma ha senso
parlare del futuro dei centri storici italiani in generale, visto
che si tratta di un caso del tutto singolare; e meno ancora
ha senso parlare del centro storico di Perugia senza con-
siderare l’intera città). Infine perché il centro storico è un
tema talmente vasto che gran parte dei dibattiti ad esso
dedicati rimangono ineffettuali ovvero finiscono in una
bolla di sapone, producendo un elenco di slogan retorici
(tipo: “riportiamo i residenti nel centro storico” piuttosto
che “restituiamo il centro storico ai pedoni”).
Al massimo, infatti, i dibattiti sul centro storico ispirano
qualche suggestione metaforica, come ad esempio quelle
tratteggiate recentemente da Mario Botta (“il centro stori-
co è un albero dalle radici antiche”) e da Renzo Piano (“chi
vive nel centro storico è un nano portato a spalla da un
gigante”). Ma io non ho né la sensibilità di Mario Botta né
la saggezza di Renzo Piano.
Di conseguenza, temendo di non avere nulla d’interessan-
te da dire sul futuro del centro storico della nostra città,
ero un po’ preoccupato. Poi però, navigando in internet,
mi sono imbattuto in un illuminante aforisma di Alan Kay
(uno dei pionieri dell’informatica statunitense) secondo
cui “il modo migliore di predire il futuro è inventarlo”.
E allora mi sono sentito più a mio agio, perché la mia
missione di docente è proprio quella di formare cittadini
del mondo capaci d’inventare il futuro. Rimaneva un’ulti-
ma perplessità: la vastità del tema. Ora sono molto meno
preoccupato, perchè, come mossiere, posso orientare la
discussione.
In tal senso, ho pensato di sollevare il dibattito su tre temi
precisi: il rapporto del centro storico con la contempora-
neità; il rischio di museificazione del centro storico; il ruo-
lo della ricerca nel rilancio del centro storico. Ma andiamo
per ordine.
Il rapporto dei centri storici con la contempora-neità alimenta polemiche continue.
BELARDI. Parto da un esempio concreto. Quando, qual-che anno fa, il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, decretò
l’abbattimento delle famigerate “Gocce”, realizzate nella
piazza centrale del capoluogo emiliano da Mario Cucinella,
ricevette un plauso generale. La gran parte dei bolognesi
(di destra, di centro e di sinistra) non tollerava che proprio
nel cuore della città potessero sorgere due strutture high-
tech di forma e materiali schiettamente contemporanei. E
ai pochi che sottolineavano che l’intervento di Cucinella
era di dimensioni modeste, rimovibile e tale da risolve-
re brillantemente la penosa storia di un sottopasso ab-
bandonato, si rispondeva che mai nessuno aveva osato
accostare forme tanto stridenti alla piazza simbolo della
storia della città e sede del palazzo di Re Enzo. Dimen-
ticando, ovviamente, che questo edificio apparentemen-
te medievale è in realtà il frutto di successivi rifacimenti,
peraltro molto fantasiosi, condotti nel Settecento da Gio-
vanni Giacomo Dotti e nel Novecento da Alfonso Rubbia-
ni. L’episodio è emblematico. Perché, al giorno d’oggi,
l’intolleranza per l’architettura contemporanea è l’unico
argomento capace di coalizzare una maggioranza trasver-
sale. Maggioranza che crede ancora al mito del Belpaese,
che gode nell’acquistare un sorbetto della “Antica Gela-
teria del Corso” e il cui sogno proibito è abitare nella casa
del “Mulino Bianco”. E che suggella con orgoglio l’insegna
della propria attività commerciale “dal 1898”, dal “1956”
o addirittura “dal 1988”: come se il tempo passato fosse
di per sé sinonimo di qualità. Il risultato di questa insi-
curezza (se non addirittura di questa paura della contem-
poraneità) è sotto gli occhi di tutti: il nostro paese si sta
proponendo come un luogo vecchio e ammuffito. Lo testi-
monia la recente proliferazione di campagne pubblicitarie
che vantano i centri storici italiani come luoghi in cui il
tempo si è fermato. Penso in particolare a quella promossa
recentemente dalla città di Ferrara, dove si mostra la foto
di una strada del centro storico senza persone e senza vei-
coli. Proprio per questo quindi, sarebbe utile ripensare la
comunicazione dei nostri centri storici umbri (a cominciare
da quello di Perugia), rinnovandone l’identità pur senza
sradicare le radici tradizionali. Così come è avvenuto con
le scale mobili, ma come forse non è ancora avvenuto con
il minimetrò.
-
7
E il rischio di museificazione del centro storico?
BELARDI. Dico subito con chiarezza che questa prospetti-va, che dai più viene considerata “tombale”, non mi spa-
venta. Tuttaltro. Quando ero bambino (correvano i mitici
anni Sessanta), mio padre Mario, che peraltro cinquant’an-
ni fa è stato uno dei firmatari della “Carta di Gubbio”, mi
ha spesso portato con sé in occasione dei tanti convegni
in cui si dibatteva in modo sistematico su questo tema. E
ricordo distintamente le violente battaglie volte a riven-
dicare la necessità di mantenere la vita nel centro storico.
Cosa che peraltro ho vissuto in prima persona, perché i
miei nonni materni abitavano a Gubbio nel quartiere di
San Martino, che come noto è stato teatro di uno dei pochi
interventi di recupero edilizio in cui nei primi anni Settan-
ta (con finanziamento Gescal) si è anteposta la tutela della
popolazione alla tutela dei reperti. Peraltro con successo:
perché se è vero che molte delle arcate gotiche sono state
occluse in nome dell’adeguamento tipologico e tecnolo-
gico (con grande scandalo dei nostalgici antiquari), è al-
trettanto vero che oggi il quartiere di San Martino è ancora
abitato dai sanmartinari. Tuttavia, dopo cinquant’anni di
battaglie feroci, nonostante questo precedente felice, mi
sento di poter dire che è inutile continuare a battersi con-
tro i mulini a vento. La guerra è persa e, di fatto, i centri
storici hanno ormai intrapreso la via della museificazione.
Soprattutto perché, come risponde il Marco Polo di Italo
Calvino al Kublai Kahn: “Di una città non godi le sette o
le settantasette meraviglie, ma godi le risposte che dà alle
tue domande”. E il centro storico, con la sua intagibilità,
non può dare risposte soddisfacenti a chi intende viverci
con le stesse comodità garantite dalla villetta individuale.
In tal senso, invece di disperarsi e perdere tempo, occorre
adoperarsi per orientarli verso le forme museali più inte-
ressanti e utili. In fondo, nel resto dell’Europa (ma anche
e soprattutto negli Stati Uniti) i musei sono tra i luoghi più
vivaci e più frequentati delle città. Questa, in ogni caso,
è una tendenza mondiale. Pochi giorni fa sono stato alla
conferenza conclusiva della Biennale di Venezia. Laddove
la curatrice Kazuyo Sejima ha presentato un progetto che
sta realizzando in Giappone e che è volto a rivitalizzare il
villaggio dell’isola di Inujima, che negli ultimi trent’anni
è passato da 3000 abitanti a 52 abitanti. E, guarda caso, il
progetto prevede la trasformazione del villaggio in un mu-
seo diffuso, in cui cioè il museo non è ricavato nel palazzo
più bello e più nobile del villaggio, ma nella rete di molti
piccoli edifici minori (per lo più case di pescatori) ricom-
posti in nuove forme dalla mano della Sejima. Secondo
me non poteva esserci conclusione migliore per una Bien-
nale intitolata People meet in architecture. Forse, anche
nei nostri centri storici, è necessario che si torni a credere
nella capacità dell’architettura di far incontrare la gente.
Perché, citando un celebre scritto di Aldo Rossi (Che fare
delle vecchie città?) “non credo che il problema sia come
rendere abitabile Venezia. Anzi credo che il problema vero
sia come abbandonarla e ridurla a una città monumento.
Al pari dell’Alcazaba a Granada e del Cremlino a Mosca. Il
problema è costruire nuovi monumenti, capaci di assurge-
re a punti fissi della città nuova”.
C’è un problema estetico della città...
BELARDI. Nel caso di Perugia, penso che architetture di qualità come la biblioteca di Italo Rota a San Sisto siano
fondamentali. Non a caso, negli ultimi anni, l’ecceziona-
lità figurativa dell’astronave rosa è assurta a protagonista
delle locandine con cui viene propagandata la “Sagra del-
le sagre” ovvero è stata eletta a vero e proprio landmark di
San Sisto. In altre parole, ciò che oggi più dovrebbe pre-
occuparci non è lo spopolamento di corso Vannucci, ma è
lo squallore estetico dei luoghi più frequentati dai giova-
ni: penso a Collestrada e al Gherlinda. Difficile coltivare il
senso del bello in luoghi tanto mediocri dal punto di vista
figurativo.
Belardi: “La centralità dei nostri centri storici dipenderà dalla nostra
capacità di amplificarne l’attrattività. Ovvero, come vado dicendo da
tempo, dipenderà dalla nostra capacità di mettere da parte la gomma, evitando di cancellare parti importanti della città di cui magari non
abbiamo ancora compreso appieno l’importanza, per riprendere in mano la penna e la matita. Ovvero per tornare a studiare e a progettare”.
-
8
Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?
Per quanto riguarda, infine, il ruolo della ricerca nel rilancio
del centro storico, credo che questo sia un tema centra-
le, perché gran parte dei problemi che affliggono i nostri
centri storici derivano dalla nostra inadeguatezza culturale.
Sia come cittadini che come progettisti. Come cittadini per-
ché, a differenza degli stranieri che si trasferiscono nelle
nostre città, la maggior parte degli italiani non sono pronti
ad accettare le scomodità del centro storico a fronte del-
la piacevolezza di vivere sotto una volta affrescata. Come
progettisti perché, come ha vaticinato tanti anni fa Mario
Ridolfi, “a forza di progettare in periferia siamo diventati
degli architetti cafoni”. Nel senso che, invece di esportare in
periferia la bellezza del centro storico, abbiamo importato
nel centro storico la “deregulation” della periferia. E allora,
possiamo fare qualcosa per rimediare? Secondo me mol-
to. Sia con l’attività conoscitiva che con l’attività ideativa.
Soprattutto possiamo smontare con i fatti il convincimen-
to (a mio avviso opinabile) secondo cui il
centro storico è un bene finito e limitato.
Con l’attività conoscitiva, infatti, possia-
mo ampliare il centro storico dal punto
di vista immateriale, annettendovi a pie-
no titolo nuove componenti: ad esempio
quelle realizzate nel Novecento. Penso,
nel caso di Perugia, all’acropoli moderna
realizzata da architetti del calibro di An-
nibale Vitellozzi, Dino Lilli e Mario Ciarlini
a Piazza dei Partigiani (che meriterebbe
maggiore attenzione oltre che un’adeguata valorizzazione).
D’altra parte non si può rimanere con le mani in mano,
perché la competizione tra le città turistiche è spietata: chi
mai avrebbe pensato, trent’anni fa, di trascorrere un fine
settimana in città-fabbrica come Torino, Bilbao o Glasgow?
Eppure oggi questo avviene ed è stata proprio la realizzazio-
ne di nuove architetture all’interno della città consolidata
ad attrarre fiumi di turisti. Così come: chi potrebbe pensare
che la tutela del patrimonio storico-artistico è più avanzata
nell’Azerbaijan che in Italia? Eppure, mentre la mia équipe
non riesce ad ottenere neppure il finanziamento per il ri-
lievo digitale di uno dei tanti monumenti del centro storico
di Perugia, all’università di Baku è stato commissionato il
rilievo digitale della città murata. Ma non è tutto. Con l’at-
tività ideativa, infatti, possiamo ampliare il centro storico
anche dal punto di vista materiale: possiamo ad esempio
svuotare il sottosuolo delle piazze, ricavando spazi pubblici
ipogei capaci di mettere in luce le vestigia archeologiche, e
possiamo coprire le vie, riparandole con strutture leggere
capaci di creare nuovi luoghi per la socializzazione, magari
contribuendo alla produzione di energia. E qui il cerchio
del mio discorso si chiude. Perché, tornando nuovamen-
te a Perugia (e, in particolare, venendo dalle parti di via
Mazzini), questo è proprio quanto abbiamo proposto con il
progetto di ricerca Camminare nella storia, allorquando la
mia équipe (insieme allo studio viennese “Coop Himmelb(l)
au), grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio
di Perugia (oltre che della società Nova Oberdan e della Ca-
mera di Commercio di Perugia), ha ipotizzato di svuotare la
piazza del Sopramuro, ricavando una galleria archeologica
ipogea, e di coprire via Mazzini, introducendo una galleria
energetica vetrata. Sapete tutti come è andata: il resto del
mondo ha guardato con interesse e ammirazione all’ini-
ziativa, mentre in città è stato addirittura creato un blog
(talora anche offensivo) contro il sogno trasparente di Wolf
Prix. Il che è abbastanza deprimente, ancorpiù se si pensa
che nessuno ha mai alzato la voce contro la devastazione
ambientale prodotta a Magione dalla lottizzazione intitola-
ta pomposamente “Collina del sole”. Così come nessuno ha
mai detto niente contro le tante case bifamiliari disegnate
con un improbabile stile neopalladiano.
Per concludere: io non so quale sarà il futuro dei nostri
centri storici. Ho premesso che non sono né un futuro-
logo né un veggente. Tuttavia, volendovi lasciare con un
messaggio, penso che, nei prossimi anni, la centralità
dei nostri centri storici dipenderà dalla nostra capacità di
amplificarne l’attrattività. Ovvero, come vado dicendo da
tempo, dipenderà dalla nostra capacità di mettere da par-
te la gomma, evitando di cancellare parti importanti della
città di cui magari non abbiamo ancora compreso appieno
l’importanza, per riprendere in mano la penna e la mati-
ta. Ovvero per tornare a studiare e a progettare.
Angelo Patrizio, architetto, urbanista, è respon-sabile del settore Urbanistica e progettazione urbana della Confcommercio. Ha un’intensa saggistica didattica. A L’Aquila ha firmato un grande progetto per il dopo terremoto. E si è oc-cupato della rivitalizzazione dei centri storici di
Patrizio: “Per affrontare e risolvere i problemi
dei centri storici c’è solo la strada della
partecipazione. Le città non vivono solo di commercio e non vivono solo di residenti. Bisogna lavorare insieme”.
-
9
molte città italiane, tra le quali Mantova: una città d’arte, come Perugia, ma dalla struttura urbanistica completamente diversa.
PATRIZIO. Intanto sottoscrivo in pieno l’intervento dell’ingegner Belardi, per rimarcare che è tempo di spo-
salizio tra discipline diverse. Diciamo subito che un tema
così interessante non è un tema solo perugino. E mi pre-
occupa chi, su questo argomento, ha un metodo da calare
in ogni situazione, a Palermo come a Rotterdam. Quindi,
passo qui oggi non per dire come dovete fare, ma per dire
come si è fatto in altre realtà, seppure diverse da Perugia.
Mi occupo di questi temi, per conto di Confcommercio da
oltre venti anni. I commercianti, la mia gente, sono spesso
identificati come i “signori del no”. Si fa il piano regola-
tore? No. E iI piano urbano del traffico? No. Poi, quando si
arriva al litigio a mezzo stampa, si ricordano di avere un
architetto in casa e mi scaraventano sulla pubblica piazza.
E quasi si aspettano- mi perdonino le signore- che io arri-
vi per dire “pirla” al sindaco di turno. Non può essere così.
Non è così. La Confcommercio, nell’ambito della Commis-
sione politica aree urbane, ha elaborato sui temi relativi
ai centri storici posizioni che non sono solo del commercio
ma che caratterizzano la vita di tutta la città.
Quando Guttuso, pittore ormai ricco e famoso, pensa ad un
omaggio da fare alla sua città, non trova nulla che pos-
sa raccontare meglio Palermo della “Vucciria”, un grande,
profumato e colorato mercato. Un posto dove si vive, ci si
vede, che ci rappresenta. Come i caffè dei nostri centri sto-
rici: luoghi di scambio e di incontro di culture diverse. È
questo il senso e il ruolo di un pubblico esercizio. Non solo
nel centro storico, ma nella città. La città dei mercati, dei
bar, dei caffè. La città che forse stiamo perdendo. Una città
fatta di relazioni tra le persone. È questa relazione che ci
porta al centro storico. È l’insula, è l’unità edilizia minima
di costruzione della città romana. Millenni di storia hanno
costruito la città così. Botteghe artigiane, commerciali, ser-
vizi. E i piani superiori destinati alla residenza. Me ne sono
andato in giro per Perugia, a guardare i vicoli, le strade e
i palazzi. Splendida, ma con qualche punta di scricchiolio.
Allora dobbiamo affrontare quello che accade alla quota
superiore al primo piano, nel luogo della residenza.
Con che tipo di interventi da un punto di vista urbanistico?
PATRIZIO. Si tende a occuparsi sempre di grandi progetti, grandi infrastrutture, perché è interessante, per mille mo-
tivi. Vorrei fare un ragionamento all’insegna di una cosa
che amo definire “l’urbanistica degli ultimi cinquecento
metri”, l’ultimo miglio, quella che mi porta in relazione
diretta con la gente in carne e ossa, e non solo i commer-
cianti. Penso ad un progetto innovativo di partecipazione
a Desio, con l’idea di una nursery da realizzare nel piano
di riqualificazione della via principale della città. Oppu-
re, a proposito dei “signori del No”, l’esempio di Binasco,
un piccolissimo borgo, 7 mila abitanti a sud di Milano. Il
presidente dell’associazione dei commercianti e il sindaco
erano già alle male parole a mezzo stampa per la chiusura
al traffico della via commerciale della città, ridotta a ca-
mera a gas e intasata dalle doppie file per il carico/scarico
merci. L’idea proposta è stata quella di affidare il carico
e scarico delle merci a piccoli mezzi elettrici, non ingom-
branti e non inquinanti, che partivano a 300 metri dalla
via congestionata, da una “piattaforma merci di vicinato”.
La strada, faticosa, è quindi quella di costruire percorsi
condivisi tra amministrazione e mondo del commercio. Ho
vissuto situazioni simili anche a Cinisello Balsamo dove
sono stato anche chiamato a fare l’assessore alla “Riqua-
lificazione urbana”.
In sostanza, lei propone i commercianti in cabi-na di regia...
PATRIZIO. Per affrontare e risolvere i problemi dei centri storici c’è solo la strada della partecipazione. Le città non
vivono solo di commercio e non vivono solo di residenti.
9
presidente dell’associazione dei commercianti e il sindaco
erano già alle male parole a mezzo stampa per la chiusura
al traffico della via commerciale della città, ridotta a ca-
mera a gas e intasata dalle doppie file per il carico/scarico
merci. L’idea proposta è stata quella di affidare il carico
e scarico delle merci a piccoli mezzi elettrici, non ingom-
branti e non inquinanti, che partivano a 300 metri dalla
via congestionata, da una “piattaforma merci di vicinato”.
La strada, faticosa, è quindi quella di costruire percorsi
condivisi tra amministrazione e mondo del commercio. Ho
vissuto situazioni simili anche a Cinisello Balsamo dove
sono stato anche chiamato a fare l’assessore alla “Riqua-
lificazione urbana”.
In sostanza, lei propone i commercianti in cabi-na di regia...
PATRIZIO. Per affrontare e risolvere i problemi dei centri storici c’è solo la strada della partecipazione. Le città non
vivono solo di commercio e non vivono solo di residenti.
-
10
Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?
Bisogna lavorare insieme. È la sfida che stiamo affrontan-
do a L’Aquila, per cercare di far rinascere il commercio e
l’artigianato in una zona terremotata e ancora “militariz-
zata”. È quello che si è riusciti a fare a Venezia, una città
che ha, in itinere, una serie infinita di progetti. E dove
l’ex sindaco Cacciari e Sangalli, presidente Confcommercio,
hanno firmato insieme l’idea di un laboratorio di proget-
tazione partecipata per il futuro della città.
A Mantova sul tema della accessibilità e della sosta del-
le automobili in centro, l’associazione dei commercianti
e la municipalità erano di fatto allo scontro frontale. La
sintesi è stata questa: Comune di Mantova, Associazione
dei commercianti di Mantova, Confcommercio nazionale e
Università di Mantova si mettono insieme per predisporre
un laboratorio di progettazione partecipata, che non vo-
glio né in casa del comune né in casa dei commercianti ma
all’università per lavorare insieme. È questo l’elemento di
novità: portare in cabina di regia un gruppo di coproget-
tazione composto da artigiani e commercianti, con i quali
confrontarci lungo il percorso.
Non esiste quindi la città dei commercianti e la città dei
cittadini, esiste la città. Per progettare il futuro serve una
unica cabina di regia: dalla panchina alla fioriera, dalla
piazza alle grandi cose, la città si può cambiare insieme, in
un percorso faticoso ma concreto. So poco di Perugia e del
suo centro storico. Ma penso ad una citazione pasoliniana:
“C’è differenza tra il punto di vista del letterato ed il punto
di vista del regista”. Cosa voglio dire? Che il letterato da un
paesaggio, da una sala, dalla descrizione di un ambiente
può decidere di escludere quello che vuole, selezionando
con la sua sensibilità e la sua fantasia. Un regista non può
farlo. Un architetto, un urbanista, nel fare progettazione
urbana, nell’affrontare il tema del centro storico, deve
porre attenzione a tutte le cose che sono presenti. Non
può scartare nessun particolare. Ecco perchè le nostre cit-
tà hanno la necessità di porre l’attenzione all’urbanistica
degli ultimi cinquecento metri. Pennac, con la sensibili-
tà dello scrittore diceva che “all’interno di una comuni-
tà dove il piccolo commerciante non esiste più si spegne
la comunicazione, c’è la desertificazione dell’umanità”.
Vale anche per Perugia: qualunque disegno urbanistico,
richiede la consapevolezza che il mediatore tra la mente e
la mano debba essere il cuore.
Due temi: la necessità, l’obbligo della parteci-pazione, della massima condivisione possibile, intorno al tavolo di progettazione. E il ruolo, centrale dell’università, territorio neutro, valo-re della città e, per questo luogo comune, casa
di tutti. Ivano Ruscelli, è town manager di Par-ma. Una splendida città d’arte, molto diversa da Perugia...
RUSCELLI. Vengo dall’esperienza del consulente, di chi lavora per dare spunti, idee e suggestioni a chi ha il com-
pito di scegliere ed amministrare. Il problema è poi ren-
dere concreti i progetti e passare alla fase dell’attuazione.
Un percorso che non è semplice. Ho provato ad affrontarlo
passando dall’altra parte del tavolo, come “town mana-
ger” della città di Parma. E adesso, nella stessa città, sono
il direttore del Settore sviluppo economico della città, e il
project manager di una serie di progetti di trasformazione.
Nella mia esperienza, quando ho iniziato a marcare il
cartellino dentro un’amministrazione comunale, la prima
cosa di cui mi sono preoccupato è stata quella di non es-
sere incardinato nella funzione di un solo ufficio, come
quello del commercio. Volevo guardare le cose in modo
più ampio e avere il potere di intervenire per cambiare le
cose. Sono gli strumenti a disposizione quelli che permet-
tono di trasformare la città. Faccio un discorso più che di
progettazione di marketing: abbiamo bisogno che in una
città ci sia effervescenza, che il prodotto sia in sintonia con
le esigenze del consumatore, e le esigenze del consuma-
tore posano essere misurate. Il prodotto città deve essere
fruibile. Occorre quindi studiare il comportamento delle
persone e in base a questo comportamento, creare delle
dinamiche che adeguino il prodotto.
Ma per lei la città è un prodotto da vendere come una merce qualsiasi?
RUSCELLI. Capisco che l’approccio può far discutere. Ma
Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?
Bisogna lavorare insieme. È la sfida che stiamo affrontan-
do a L’Aquila, per cercare di far rinascere il commercio e
l’artigianato in una zona terremotata e ancora “militariz-
zata”. È quello che si è riusciti a fare a Venezia, una città
che ha, in itinere, una serie infinita di progetti. E dove
l’ex sindaco Cacciari e Sangalli, presidente Confcommercio,
hanno firmato insieme l’idea di un laboratorio di proget-
tazione partecipata per il futuro della città.
A Mantova sul tema della accessibilità e della sosta del-
le automobili in centro, l’associazione dei commercianti
e la municipalità erano di fatto allo scontro frontale. La
sintesi è stata questa: Comune di Mantova, Associazione
dei commercianti di Mantova, Confcommercio nazionale e
Università di Mantova si mettono insieme per predisporre
-
11
il “prodotto città” che proponiamo al cittadino deve es-
sere efficiente, rapido nella fruizione. Perché i paradigmi
di valore riconosciuti dal consumatore, dal cittadino non
sono solo quelli economici. C’è il problema del tempo: se
un prodotto non è facile da fruire rimango fedele ad un
altro. È questa la sfida di marketing che abbiamo davanti
per capire su quali leve agire. Tenendo presente il breve,
il medio ed il lungo termine. Mescolando suggestioni del
passato ed eventi del presente. Quando parliamo di futuro
sappiamo che ci sono cose che hanno un futuro a prescin-
dere da noi. La via Emilia, ad esempio, funziona da due-
mila anni e la mobilità non può prescindere da quell’asse
viario.
Per lasciare il segno, incidere, ce lo insegna la Storia, ser-
vono potere, risorse ed una continuità di tempo. I faraoni,
gli imperatori hanno potuto trasformare la realtà perché
disponevano di risorse e di una catena di comando molto
rapida. Ma il nostro vivaddio, non è più il tempo dei fa-
raoni...
Le risorse sono molto limitate per tutte le pub-bliche amministrazioni...
RUSCELLI. Ecco, è questo il punto: non abbiamo un bec-co di quattrino. E nel nostro Paese viviamo spesso, una
discontinuità politica che impedisce di pensare a progetti
di grande respiro. Siamo costretti a lavorare sul breve ter-
mine. Se non abbiamo risorse sufficienti, siamo costretti a
ricorrere a forme nuove di finanziamento. Siamo costretti
dalla situazione a rendere reali i meccanismi partecipati-
vi. Il problema non è quindi raccontare come si fa, come
spiegava l’intellettuale organico di una volta. Ma crescere
nella capacità di ascolto di pezzi della società. E scegliere,
fra le tante idee, quella che si può costruire insieme. Tro-
vare quindi disegni condivisi e realistici.
A Parma, per valorizzare un asse stradale che aveva come
perno principale una piazza molto degradata, abbiamo
realizzato un intervento insieme a chi lavora in quel luo-
go: abbiamo deciso la dimensione dei marciapiedi da re-
alizzare insieme ai baristi che lavorano in quell’area. E ab-
biamo recuperato quello spazio pubblico degradato, dove
la gente andava ad ubriacarsi, costruendo una struttura
nuova, in vetro: metà pubblico esercizio, metà luogo di
ritrovo culturale. Così quell’area, per gli abitanti di Parma,
è diventato, la sera, un luogo di ritrovo...
Per noi il problema è un po’ più complicato. Anche nella nostra bellissima piazza IV No-vembre qualcuno la sera va ad ubriacarsi. Un
salotto che la notte sembra abbandonato dai cittadini...
RUSCELLI. Anche noi avevamo una situazione simile in pieno centro storico. Il problema è rendere vivace e vi-
vibile la piazza per i cittadini. A Parma abbiamo gestito
cinque gare per la ripavimentazione. C’erano antiestetici
cassonetti per l’immondizia che abbiamo eliminato grazie
ad un compattatore. Abbiamo creato una animazione cul-
turale continua dentro questa nuova struttura in vetro. Il
Comune ha messo i soldi per il piano urbanistico, le pavi-
mentazioni e la struttura grezza. Il resto del finanziamento
è arrivato da un privato, che ha completato l’intervento
su un nostro disegno e recupererà nell’arco di trenta anni
l’investimento fatto.
Ma così si potrebbe dire, che avete venduto una piazza...
RUSCELLI. Vendiamo una piazza che prima era un luogo assolutamente insicuro. Quando la sera si andava a man-
giare Oltretorrente c’era un continuo viavai di volanti della
polizia. Adesso quel luogo è restituito ai cittadini di Par-
ma, ai giovani, alle diverse provenienze culturali ed et-
niche che arricchiscono la città. È diventato un luogo di
socialità, che è stato recuperato in meno di due anni.
È chiaro che bisogna osare. E sfruttare le verticalità. Se noi
pensiamo di poter intervenire anche commercialmente sul
centro storico facendo la riserva indiana dei piccoli, sce-
gliamo una strada di declino. Le medie strutture non spa-
riscono dal mondo, vanno a concentrarsi attorno ai cen-
tri commerciali. A Parma abbiamo permesso l’apertura di
Zara, dalla quale abbiamo monetizzato 250mila euro gra-
zie ai quali finanziamo le politiche di sviluppo dei centri
commerciali naturali. Io ho potuto realizzare tutto il piano
di attività di quest’anno, dell’anno prossimo, dell’anima-
zione del Consorzio di gestione centro città. Attività che
siamo riusciti a finanziare nonostante le ristrettezze di bi-
lancio che angustiano tutte le amministrazioni pubbliche.
In questo modo l’area si valorizza due volte: c’è una at-
tività commerciale attrattiva che se non fosse venuta nel
centro storico avrebbe rafforzato i flussi degli spostamenti
dei cittadini nella periferia della città. E i commercianti del
centro storico di Parma vedono rafforzato il polo del com-
mercio in un’area che si era indebolita. Abbiamo corso il
rischio che Coin lasciasse il centro. Erano tutti preoccupati.
È stata creata una unità di crisi per vedere come risolvere
il problema perché avevamo bisogno della attrattività di
quel marchio.
-
12
ruscelli: “È chiaro che bisogna osare. E sfruttare le
verticalità. Se noi pensiamo di poter intervenire anche
commercialmente sul centro storico facendo la riserva
indiana dei piccoli, scegliamo una strada di declino.
Le medie strutture non spariscono dal mondo, vanno a concentrarsi attorno ai centri commerciali”.
Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?
-
13
Il centro urbano di una città suscita passioni che qual-
che volta sconfinano negli isterismi. Spesso non si riesce
a sommare i progetti, le idee, le diverse visioni. È molto
difficile. Mi sono occupato molto di questo problema. La
prima cosa che ho fatto per far partire un processo con-
diviso è stata quella di definire un documento di accor-
do nel quale elencare le criticità da affrontare e le linee
di sviluppo da intraprendere. Su un documento firmato
un anno e mezzo fa stiamo cercando la convergenza dei
progetti operativi. Tenendo presente che il ritorno su un
progetto così articolato non è certo immediato. Quando
si cerca un posizionamento su delle scelte strategiche bi-
sogna perseguire il disegno per tre, quattro anni almeno,
con tenacia e determinazione. Altrimenti succede come
per Bologna: uno spot, una bella mostra. Poi, per alcu-
ni anni, più niente. E l’investimento sul quale sono state
puntate energie e risorse si perde per strada.
Nicola Minelli ha redatto un piano per il centro storico di Perugia. Qui la situazione è diversa: latitano gli investimenti privati e le casse co-munali sono prosciugate. Si tratta di fare uno sforzo di fantasia.
MINELLI. Lo dico ai perugini: a Perugia si sta muovendo qualcosa. Valorizzare un territorio vuol dire soprattutto ca-
pire che il pubblico ed il privato devono lavorare insieme.
Una partnership sulla quale, come “sistema Paese” dob-
biamo ancora fare grandi passi in avanti. Ho davanti agli
occhi molti esempi sbagliati che hanno portato all’inges-
samento e non alla liberazione delle risorse. Capita ancora
oggi: per spostare un cestino di cinque metri lungo una
strada bisogna mettere d’accordo cinquanta persone. E
interpretare cinquantamila regolamenti... Dobbiamo re-
cuperare responsabilità: lavorare bene, aprirci agli altri
per evitare di ingessare la vita delle città. La ricchezza di
un territorio è, prima di tutto, quella rappresentata dalle
persone. Il compito di chi arriva da fuori per dare consigli
è quello di aiutarle a farle lavorare in squadra. Quindi è
sulle persone che va fatto il primo investimento. Penso a
Barcellona, al progetto “Barcellona Activa”, un programma
nato per attirare investimenti ed imprese nella città cata-
lana. Ma per attrarre investimenti ed imprese, bisogna,
prima di tutto, attrarre persone. Persone vuol dire servizi.
Si chiama un’impresa? L’impresa è fatta di persone. Per
trasferirmi a lavorare devo trovare servizi per la mia fami-
glia, aiuti per trovare una casa, opportunità di vita nel-
la città. Servizi, innanzitutto. E spesso se ne parla troppo
poco. Dopodiché, a proposito di centro storico, sono mol-
tissime le tematiche sulle quali confrontarsi. Alcune inso-
lite e, in apparenza, anche provocatorie. Una delle idee
di città è quella di lavorare sugli odori. Noi abbiamo una
concezione degli odori associata ai rifiuti, al degrado, alla
pulizia. Trasformiamo gli odori in opportunità. Rivaloriz-
ziamo il gusto dell’olfatto, che è tra l’altro uno dei sensi
meno utilizzati. Ci sono città che promuovono i loro odori,
che rendono quell’esperienza del visitatore unica. Penso
MiNelli: “Oggi il Comune sta lavorando sul tema della sicurezza, il progetto del marchio e la qualità urbana”. “Abbiamo avviato una sperimentazione, la prima in Italia, insieme
al Collegio Arti e Mestieri e al Comune di Perugia: è un sistema
di monitoraggio, di rilevazione dei flussi pedonali. Per 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, sappiamo quante persone passano e in quali orari, in un determinato punto della città. Abbiamo così un dato scientifico, oggettivo, sul quale confrontarci”.
-
14
Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?
a Grasse, in Francia. Penso a Dancaster che ha realizzato
un “percorso degli odori”: dal mercato all’area ristorati-
va, agli odori etnici. Lo dico come provocazione, come un
ragionamento: magari un punto di debolezza può essere
trasformato in un’opportunità. Oggi, purtroppo, molti pa-
nettieri producono il pane da un’altra parte. Io da bambi-
no, quando passavo di fianco al panettiere, sentivo il pro-
fumo del pane. Come a casa. E il centro è la casa di tutti...
Ma al di là delle provocazioni, c’è un metodo condiviso di lavoro?
MINELLI. Sul centro storico di Perugia non si parte da zero. C’è un seme che è stato piantato. Con il Comune di
Perugia, con le associazioni di categoria, con i commer-
cianti e insieme ai residenti, abbiamo sviluppato il pro-
getto integrato del PUC 2. L’intento era quello di mettere
insieme tutto. E il progetto ha messo tutto insieme: opere
pubbliche, edilizia residenziale, attività culturale, sviluppo
economico, ecc.ecc. Il piano di marketing urbano è il col-
lante di tutti questi interventi. Sono arrivate anche risorse
dalla Regione: circa 400 mila euro, per la realizzazione del
piano di marketing urbano. Come vanno usate queste ri-
sorse? La sfida è svolgere una funzione da volano, rendere
operative azioni di partnership tra pubblico e privato per
moltiplicare le risorse e realizzare progetti che rimangano
nel tempo. In una logica di sistema. C’è tutto il tema delle
attività economiche. C’è il tema della comunicazione degli
eventi. C’è il tema dei servizi ai city user, l’accessibilità, la
sicurezza e la qualità urbana, con dei progetti individuati.
Anche questi con l’attuazione di momenti partecipativi.
Ma chiariamoci: una volta l’anno ci si può trovare tutti
insieme, come “città ampia” a discutere di linee generali.
Poi c’è un altro livello di partecipazione, sui progetti con-
creti. Ma non possiamo passare la vita a discutere su tutto.
Abbiamo discusso molto nella prima fase del marketing
urbano. Cosa è nato da questo piano di marketing? Prima
di tutto una struttura, un ufficio, che all’interno dell’am-
ministrazione si occupa con continuità del centro storico.
C’è un tavolo di coordinamento che si riunisce in modo
periodico per fare la sintesi, ora del Puc 2 e in futuro, mi
auguro, di altri interventi. A questo tavolo, dove si ragiona
dei progetti e in cui nascono poi gruppi di lavoro su temi
specifici, siedono la parte politica, i tecnici del Comune, le
associazioni di categoria, il rappresentante della Camera di
Commercio, dell’Università di Perugia e, su invito, in base
alle tematiche, altri soggetti vitali per la vita cittadina.
Oggi il Comune sta lavorando sul tema della sicurezza, il
progetto del marchio e la qualità urbana. Faccio solo un
esempio. Quello di una prova sperimentale che abbiamo
avviato insieme al Collegio Arti e Mestieri e al Comune di
Perugia:è un sistema di monitoraggio, di rilevazione dei
flussi pedonali. Per 365 giorni all’anno, 24 ore su 24,
sappiamo quante persone passano e in quali orari, in
un determinato punto della città. Abbiamo così un dato
scientifico, oggettivo, sul quale confrontarci.
È una sperimentazione, la prima in Italia, che abbiamo
sviluppato in partnership con Springboard, una società
britannica che lavora per i “town centre manager” inglesi
in tutto il mondo. Questo sistema di rilevazione ci darà
dati oggettivi e preziosi per fare delle scelte di politica ur-
bana.
Sono fiducioso. Sul centro storico di Perugia si è messo in
moto un meccanismo virtuoso che può migliorare con il
tempo. Pubblico e privato devono sviluppare la partner-
ship e lavorare meglio insieme. Evitando casi di clamorosa
incomunicabilità, come è successo di recente, in un centro
nei pressi di Bologna, dove un vigile ha multato un nego-
ziante colpevole di aver messo un albero di Natale davanti
il proprio negozio.
Si è detto che non va dimenticato che una cit-tà e fatta, prima di tutto di persone. Perugia ha tremila anni di storia e un incredibile gia-cimento culturale. L’architetto Michele Bilancia si aggira da oltre trent’anni tra questi tesori. È tra i fondatori dell’associazione “Le radici di pietra”. Queste radici sono le mura di Perugia: 3 chilometri di mura etrusche e 15 chilometri di mura medievali. Un “unicum” che per quanto riguarda le mura etrusche si vuole valorizzare con la grande iniziativa della richiesta di ri-conoscimento delle mura etrusche di Perugia come patrimonio mondiale dell’Unesco.
BILANCIA. Se parliamo di strategie e suggerimenti per il centro storico di Perugia, dobbiamo partire da questo. Per
vivificare il centro di Perugia, non c’è bisogno di un salto
eccezionale di “invenzione”. L’eccezionalità di Perugia è
nella sua vita quotidiana, spendibile per 365 giorni l’anno.
Il problema allora è la strategia attraverso la quale mettere
in moto riflessioni e ricette come quelle che sono state fin
qui proposte. Prima di tutto, direi che ogni città deve guar-
dare dentro se stessa, per capire cosa possiede. Mi verrebbe
da dire: guardiamo in soffitta, facciamo una ricognizione
nei luoghi dimenticati della nostra casa comune.
Ma ancora prima di arrivare alla soffitta, che è obiettivo fi-
nale della riscoperta di un luogo, io sostengo che bisogna
-
15
guardare all’identità di una città. Allora dico che Perugia
deve cercare le radici della propria identità. E mettere in
piedi un processo virtuoso di conoscenza, fatto di due mo-
menti importanti. Il primo è quello dell’orgoglio: una città
motivata, abitata da cittadini orgogliosi, nel nostro caso,
della peruginità, ha una grande forza e può fare molto di
più di qualunque tipo di strategia aziendale. Lo abbiamo
visto quando questa nostra città ha messo in piedi il di-
battito alto e colto sul destino dell’area di Monteluce: un
salto nel futuro davanti al quale non ci si può nascondere
dietro ad affermazioni come “Non so cosa fare, cosa posso
toccare”. No, è una sfida della città nella quale bisogna
sporcarsi le mani con il più alto profilo professionale pos-
sibile. Lo dico da tempo: Perugia ha una
sola grande industria, che è quella della
cultura. Perugia ha l’Università, la grande
istituzione che da 700 anni traina la cit-
tà. Perugia ha le mura etrusche figlie di
una civiltà sulle quali, insieme a Roma, è
nata e cresciuta l’identità di tutto il mon-
do occidentale. Questa è la realtà. Quin-
di una città capace di recuperare dentro
se stessa i valori da mettere in gioco per
poterne fare il capitale del futuro. Ci rie-
scono in Finlandia con una nave vichin-
ga, perchè non possiamo riuscirci noi con
le mura etrusche? Abbiamo il dovere di
andare a guardare dentro il nostro por-
tafoglio per studiare e riscoprire la nostra
identità, la ricchezza che ci accompagna
da secoli. La città è fatta per la gente. Le
mura di questa città, come di qualunque
altra città murata, sono come la pelle di
una mano, capace di contenere tutta l’anima l’identità ab
origine, ma anche di toccare il nuovo, la Perugia vecchia,
la Perugia nuova, l’Umbria, l’Italia, il mondo... Come va-
lorizzare queste nostre mura? Lo stiamo facendo, con l’ini-
ziativa lanciata l’11 dicembre con il forum che si è tenuto
al teatro Pavone sulla valorizzazione dei siti archeologici
urbani, condotto da Philippe Daverio e al quale hanno
partecipato molti eccellenti studiosi e tanti cittadini. Ab-
biamo candidato le mura di Perugia a sito Unesco come
Patrimonio dell’Umanità.
Le mura etrusche di Perugia rappresentano le ultime vesti-
gia tangibili e vive dell’arte costruttiva di un popolo stra-
ordinario. Sono la presenza ancora viva e fruibile di un
mondo conosciuto soprattutto per le sue necropoli. Qui,
da noi, a Perugia, rappresentano invece un monumento
ancora perfettamente spendibile nella quotidianità della
vita sociale e culturale. Viviamo ancora, tutti i giorni, a
contatto con queste mura. Sono sopravvissute all’insulto
del tempo, alla frammentazione, alla marginalizzazione,
alla delocalizzazione. Non sono ruderi inanimati. Vivono.
Oltre l’oblio che ha invece ammantato tutte le altre undici
città storiche della Dodecapoli etrusca. In una parola, le
mura etrusche di Perugia sono testimoni uniche ed irripe-
tibili di un mondo che altrove non esiste più. Per questo
devono essere candidate dall’Unesco a Patrimonio mon-
diale dell’Umanità. È una battaglia culturale, di identità
collettiva, per la quale insieme a “Radici di pietra”, l’as-
sociazione che abbiamo fondato, deve lottare, in modo
convinto tutta la città. Perché possiamo trasmettere al
BilaNcia: “Non c’è bisogno di eventi
eccezionali. Perugia ha una sola grande
industria, che è quella della cultura”.
“Le mura etrusche di Perugia sono testimoni uniche ed irripetibili di un mondo che altrove non esiste più. Per questo devono essere candidate dall’Unesco
a Patrimonio mondiale dell’Umanità. È una battaglia culturale, di identità collettiva, per la quale insieme a “Radici di pietra”, l’associazione che abbiamo fondato, deve lottare, in modo convinto tutta la città”...
15
da noi, a Perugia, rappresentano invece un monumento
ancora perfettamente spendibile nella quotidianità della
vita sociale e culturale. Viviamo ancora, tutti i giorni, a
contatto con queste mura. Sono sopravvissute all’insulto
del tempo, alla frammentazione, alla marginalizzazione,
alla delocalizzazione. Non sono ruderi inanimati. Vivono.
Oltre l’oblio che ha invece ammantato tutte le altre undici
città storiche della Dodecapoli etrusca. In una parola, le
mura etrusche di Perugia sono testimoni uniche ed irripe-
tibili di un mondo che altrove non esiste più. Per questo
devono essere candidate dall’Unesco a Patrimonio mon-
diale dell’Umanità. È una battaglia culturale, di identità
collettiva, per la quale insieme a “Radici di pietra”, l’as-
sociazione che abbiamo fondato, deve lottare, in modo
convinto tutta la città. Perché possiamo trasmettere al
-
16
Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?
mondo una immagine di Perugia di alto profilo, quella di
una storia straordinaria, sedimentata nei secoli. Una cit-
tà privilegiata, orgogliosa della sua vera grande industria,
quella della cultura. Che può diventare leva di ricchezza
nella gestione di flussi turistici legati non solo ad eventi
clou ma gestiti nella quotidianità. Le mura possono iden-
tificare la città e darle una visibilità straordinaria in tutto
il mondo. Ripeto: la cultura è la leva del nostro sviluppo.
Spesso rifletto su quanto Shakespeare con il balcone di
Giulietta a Verona abbia reso florida la città di Verona. Le
mura di Perugia sono un monumento unico che è vissuto
ancora ogni giorno dai cittadini in modo spesso incon-
sapevole. Dobbiamo prendere coscienza di questo fatto e
raccontarlo al mondo. Allora, se la città fosse capace di
attrarre l’interesse di tutto il mondo, grazie ad un monu-
mento vivo e secolare, anche i segni di interventi moderni
e innovativi, come il minimetrò diventerebbero una for-
midabile attrazione da valorizzare.
Il Comune di Perugia ha deciso di istituire un apposito ufficio per affrontare i problemi del centro storico. È un segnale politico forte, di interesse per una tematica che segnerà il futu-ro della città. Da circa un mese è anche opera-tivo un Tavolo per il Centro Storico, promosso dall’amministrazione comunale, del quale fan-no parte, insieme alle parti sociali, associazioni di residenti, associazioni di categoria e cultu-rali. Il vicesindaco Nilo Arcudi ha la delega al centro storico. Quali sono le strategie per il pros-simo futuro?
ARCUDI. Le riflessioni di urbanisti, architetti e ingegneri di così elevata qualità ci consentono di costruire una vi-
sione, un percorso di programmazione e di pianificazione
anche strategico. Il dibattito sul centro storico è assolu-
tamente centrale in questa fase, non solo nel nostro Pa-
ese ma in tutto il mondo occidentale. Alcune dinamiche
sono comuni. Ma il centro storico di Perugia ha particolari
caratteristiche dalle quali non possiamo prescindere. Ne
cito due, su tutte. Il centro storico ha un’orografia stra-
ordinaria perché ci consente di avere dei panorami uni-
ci. Ma questa orografia caratterizza l’identità stessa della
città ed è collegata al tema della accessibilità nel centro
storico. Io invidio molto i miei amici sindaci di Parma, di
Lucca. Sono capitato di recente a Ferrara e a Padova. Cit-
tà con una bellissima pianura che consente ai cittadini di
arrivare in centro a piedi o in bicicletta, magari solo per
comprare pane e salame. Perugia è diversa. Per arriva-
re in centro bisogna arrivare a Pian di Massiano per poi
prendere il minimetro. Oppure utilizzare l’auto e raggiun-
gere i parcheggi. A piedi e in bici, è molto difficile. I vicoli
che salgono verso l’acropoli di Perugia sono un patrimo-
nio straordinario, i panorami che abbiamo sono unici, ma
dobbiamo sempre considerare questa difficoltà di accesso,
che non è naturale.
Secondo punto: Perugia è una città universitaria, che
ha nel centro storico il fulcro della vita di circa 40 mila
studenti dell’Università italiana e 6-7-8.000 studenti
dell’Università per Stranieri. Qualunque analisi e qualun-
que scelta da fare devono partire da questo stato di cose.
Con un problema in più: quello del potere e delle risorse
a disposizione. In Italia, il potere politico è sfilacciato. E
le autonomie locali non sono nelle condizioni di gestire
grandi risorse. Abbiamo quindi il dovere di utilizzare bene
i pochi denari disponibili. In questi anni, la discussione
sul centro storico ha assunto troppo spesso un carattere
ideologico e, in qualche modo, è stata poco approfon-
dita rispetto alle reali dinamiche della città. Faccio due
esempi. Per anni, si è ripetuto che “il centro storico si è
spopolato”. È falso. Nel Duemila avevamo 9700 residenti.
E nel 2008 ne sono stati censiti 10.400. Quindi, in 8 anni
i residenti non sono diminuiti ma sono aumentati. Certo,
queste cifre vanno lette. E tutti siamo consapevoli che il
mutamento è stato straordinario: meno perugini, meno
nonni in centro a comprare le paste da Sandri e molti più
stranieri, tanti studenti in più. Uno scenario diverso del
quale bisogna tener conto: il centro di Perugia non si è
spopolato ma è cambiato in modo profondo. Stessa si-
tuazione per quanto riguarda il commercio: 671 operatori
commerciali nel 2000, 673 nel 2008. Ma dove prima c’era
la bottega, il fabbro o l’artigiano, ora insistono negozi di
medie dimensioni e grandi catene internazionali. Una si-
tuazione nuova, ma tipica di tutte le città del mondo occi-
dentale. Quindi, per fare delle scelte, dobbiamo partire da
-
17
questi dati. Certo, non siamo felici che i perugini vivano
meno di prima in centro e che tante botteghe artigiane
siano scomparse. Come amministrazione comunale abbia-
mo un compito, da affrontare con pragmatismo: definire
quegli assi che ci consentano di invertire una tendenza
che è quella del libero mercato degli affitti e del libero
mercato delle attività commerciali.
Quali sono le iniziative a breve termine?
Lavoriamo su quattro o cinque temi-chiave. Il primo è
quello della accessibilità. Abbiamo fatto una scelta, senza
guerre all’ultimo sangue con le associazioni di categoria,
che, anzi, hanno avuto grande sensibilità e hanno ma-
turato la consapevolezza di costruire insieme un centro
storico più moderno e più europeo: siamo riusciti, in-
sieme, a chiudere il centro storico al traffico, aprendo il
centro storico ai cittadini residenti attra-
verso la Ztl. Alcune cose vanno corrette.
Possiamo riaprire un tavolo di confronto
per migliorare l’accessibilità nel cen-
tro storico. Corso Vannucci e Piazza IV
Novembre, che sono dei posti tra i più
belli al mondo, non possono essere de-
gli spazi occupati, tutto il giorno, dal-
le auto. Chiuderemo a tutti. E nessuno,
dopo il carico e lo scarico delle merci per
i negozi, potrà più parcheggiare in Piazza
IV Novembre e Corso Vannucci. I veico-
li di pubblica utilità potranno transitare
ma non fermarsi. Via Baglioni e Piazza
Matteotti vivono una situazione inaccet-
tabile. Con le associazioni di categoria miglioreremo la
situazione in maniera armonica, graduale e condivisa. Il
carico e lo scarico delle merci parte troppo tardi e finisce
troppo tardi. Va ridotto in termini di orario: non più alle
10.30, ma alle 9.30. E le regole vanno rispettate. Non è
possibile che nel centro storico di Perugia si arrivi alle tre
del pomeriggio per scaricare le merci. Poi, il tema della
residenza. I residenti che vogliamo hanno una identità
precisa: famiglie e giovani coppie. Il Comune, nell’ambito
del PUC 2, nell’ambito del contratto di quartiere, e con
scelte fatte negli anni passati, metterà a disposizione –
intanto partiamo, sono poche – 10 nuovi alloggi in via
Fratti, recupereremo la Torre degli Sciri, 12 nuovi alloggi
per giovani coppie di Perugia, o cittadini, ovviamente,
di Perugia, non solo perugini, ma cittadini di Perugia;
perché tutti sono cittadini di Perugia, quando vivono a
Perugia, hanno residenza a Perugia.
Il rischio è che però comprino senza poi vivere nel centro storico...
ARCUDI. No, devono vivere a Perugia. Non si potrà né subaffittare né vendere. In via Oberdan, come sapete, c’è
un’asta in corso, altri 12 appartamenti. Saranno 100-150
le nuove coppie che nel giro di pochi mesi potranno venire
a vivere nel centro storico. Insieme alla Regione abbiamo
costruito un tavolo per riaprire il grande tema della resi-
denza. Partendo da tre elementi: noi abbiamo dei con-
tenitori straordinari, inutilizzati. È vero, il governo ci ha
tagliato i fondi ma almeno ci deve consentire di utilizzare
al meglio le strutture che abbiamo. Ci sono due ex caser-
me, due ex aree del demanio, dell’esercito, una in Corso
Garibaldi, una in Via dei Priori, straordinarie, bellissime, e
molto grandi, che ora non sono utilizzate. Riprendiamoci
questi contenitori per far rivivere il centro. La proprietà
rimarrà dell’Esercito. Il Comune è pienamente disponibi-
le a trovare un accordo. Lo abbiamo ripetuto più volte al
ministero del Tesoro, che ha bisogno di rivalorizzare gli
immobili e fare cassa. Per noi, per la città, è prioritario
riportare in centro residenze, servizi e commerci.
Il decoro e la sicurezza del centro storico sono nervi scoperti per tutti i cittadini.
ARCUDI. Non ci nascondiamo: abbiamo bisogno di ordi-ne ed attenzione per questi temi. A partire dalle piccole
cose come fioriere e marciapiedi. Per questo è nato l’ap-
posito ufficio al decoro urbano. Nelle frazioni di Perugia
c’è un grande presidio sociale da parte delle associazioni.
Il centro, invece, è di tutti e di nessuno. Dovremmo per
primi curare gli elementi di decoro. Per questo vogliamo
potenziare la raccolta differenziata porta a porta dei rifiu-
arcudi: “Qualunque scelta sul grande museo naturale rappresentato dal centro divide la città. Ma noi abbiamo il dovere di fare delle scelte. Cercando di non fare errori. Ma non scegliere vorrebbe dire arretrare. Forse non avremo la condivisione totale della
cittadinanza. Ma accettiamo una sfida che va affrontata nell’interesse di tutti”.
questi dati. Certo, non siamo felici che i perugini vivano
meno di prima in centro e che tante botteghe artigiane
siano scomparse. Come amministrazione comunale abbia-
mo un compito, da affrontare con pragmatismo: definire
quegli assi che ci consentano di invertire una tendenza
che è quella del libero mercato degli affitti e del libero
mercato delle attività commerciali.
Quali sono le iniziative a breve termine?
Lavoriamo su quattro o cinque temi-chiave. Il primo è
-
18
Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?
ti. Servirà a rendere il servizio più efficiente ma anche ad
eliminare antiestetici cassonetti in vie così belle. La sicu-
rezza è una priorità. L’acropoli è ricca di vicoli nei quali
è facile nascondersi per spacciare droga. Su questo tema
dobbiamo essere molto più decisi e molto più determina-
ti. Guardia di Finanza e Polizia hanno incrementato i con-
trolli. Ma è ovvio che il centro è più sicuro soprattutto se
è vivo e ricco di iniziative. Per questo, è molto importante
migliorare l’illuminazione. Su questo fronte abbiamo fatto
molto. In alcune aree del centro storico le luci prima erano
accese fino alle due: ora sono in funzione tutta la notte.
Ma penso a quanto già detto dall’architetto Bilancia: tutte
queste iniziative hanno senso se saremo capaci di recupe-
rare una identità, il senso delle radici, la storia millenaria
della città della quale dobbiamo avere tutti maggiore con-
sapevolezza. Perugia, con il suo straordinario centro stori-
co, si candida a capitale europea della Cultura. Per questo
ha l’obbligo di continuare ad offrire proposte culturali di
grandissimo livello. Abbiamo ospitato la mostra del Pe-
rugino, quella del Pinturicchio, la rassegna su Arnolfo di
Cambio. Ora la bellissima mostra su “Il teatro del sogno,
da Chagall a Fellini”. E poi l’Università, la Stranieri, il Con-
servatorio, l’Accademia delle Belle Arti. Grandi risorse di
cultura per il nostro centro storico. Come la candidatu-
ra delle mura etrusche di Perugia a patrimonio mondiale
dell’Unesco, un grande obiettivo per tutta la città, che ab-
biamo sposato con forza. Siamo consapevoli, come am-
ministrazione comunale, che le scelte da fare per il cen-
tro storico rischiano di essere impopolari e non portano
consenso elettorale. Qualunque scelta sul grande museo
naturale rappresentato dal centro divide la città. Ma noi
abbiamo il dovere di fare delle scelte. Cercando di non fare
errori. Ma non scegliere vorrebbe dire arretrare. Forse non
avremo la condivisione totale della cittadinanza. Ma ac-
cettiamo una sfida che va affrontata nell’interesse di tutti.
La parola al pubblico, per qualche rapido inter-vento.
ROBERTO BISELLI, residente centro storico, direttore ar-tistico del Teatro di Sacco.
Stiamo ragionando su temi enormi. E ho ascoltato con in-
teresse progetti innovativi per il futuro. Ma bisogna an-
che fare autocritica per capire i processi. Mi chiedo: chi ha
abbandonato il centro storico? Io? No, i perugini. Chi ha
lasciato le proprie case in centro a dieci, dodici studenti
senza controllo, senza igiene, speculando su questi ra-
gazzi? Io? No, i perugini. Partiamo allora da questo. Dalla
nostra grave responsabilità storica: quella di aver abban-
donato la nostra città a se stessa ed di aver poi chiesto alla
politica di risolvere tutti i problemi che abbiamo causato
anche noi. Quindi smettiamola di essere ipocriti! Smettia-
mo di non affrontare mai il problema che è fondamental-
mente il problema della “nostra città”.
La democrazia non funziona se non è partecipativa. In
questo chiamo in causa anche i commercianti. Il centro
storico di Perugia era il salotto della città, e di fatto era
anche il luogo dove tutti si incontravano. La Fiera dei Mor-
ti non a caso avveniva qui. Che è successo? Che i primi a
non avere consapevolezza del fatto che il centro storico è
il centro commerciale della città sono stati i commercianti
stessi. Non è stato colto il cambiamento in atto rappre-
sentato dai grandi centri commerciali. Per quanto mi ri-
guarda, molte volte, in discussioni come questa, ho pro-
posto di rilanciare il grande centro commerciale e culturale
rappresentato dal centro storico. Perugia ha una unicità
che nessun centro commerciale può offrire. Piuttosto che
vedere famiglie disperate che passano la domenica pome-
riggio in questi contenitori vuoti, allucinanti e deliranti,
il centro storico, con i commercianti in primis, dovrebbe
capire che la domenica pomeriggio è il giorno fondamen-
tale di apertura, gestione e rilancio di iniziative culturali
e spettacoli. Apriamo i negozi la domenica. La gente si
riporta in centro con una potente e coraggiosa operazio-
ne di marketing. Allora, dobbiamo dircelo: in questo, la
città ha completamente fallito. C’è un fatto, emerso nel
recente Think Tanks di Todi che mi ha molto colpito. Uno
degli oratori, esperto in Comunicazione, ha spiegato a me,
perugino, con tutti i pregiudizi di un perugino, che la cosa
italiana più visionata, all’Expo mondiale di Shangai 2010
è stata il minimetrò di Perugia. Ogni giorno 80 mila visita-
tori! I cinesi erano incuriositi da questo giocattolino vero,
che entrava in una vera città. Allora, al di là delle scelte,
qual è stato il problema? La mancanza di un marketing in-
torno al minimetrò, che non è stato fatto vivere in maniera
intelligente rispetto alla città. Tutti abbiamo pensato, so-
gnando: “Ah, la filovia... Ah, se potessi...”.
Ma quando si fa una cosa bisogna anche saperla vendere.
E se i commercianti non sanno vendere i loro prodotti, non
funziona il meccanismo. Allora, qualche domanda dobbia-
mo farcela tutti. Sia chiaro: senza partecipazione, il centro
storico non lo rilanciamo. Senza nuove strategie operative,
senza la vivibilità, il centro chiuderà i battenti. Se i perugini
non dicono, per primi, a se stessi: l’abbiamo ammazzata
noi Perugia... Perché, scusate, vorrei anche sapere: chi ha
concesso la possibilità che in Piazza IV Novembre ci fossero
tre spacciatori di alcol uno vicino all’altro? Poi ci lamentia-
mo che ci sono 5 mila studenti in giro, che urinano dap-
donato la nostra città a se stessa ed di aver poi chiesto alla
politica di risolvere tutti i problemi che abbiamo causato
anche noi. Quindi smettiamola di essere ipocriti! Smettia-
mo di non affrontare mai il problema che è fondamental-
mente il problema della “nostra città”.
La democrazia non funziona se non è partecipativa. In
-
19
pertutto, senza che venga offerto loro neanche un luogo di
incontro! Scusate, ma chi ha gestito questo?
GIOVANNI CASO, Presidente Collegio Arti e Mestieri Pe-rugia.
Iniziative come questa, incontri nei quali discutere dei pro-
blemi della città, sono molto importanti. Ci sono due livelli
sui quali lavorare. Dobbiamo sì guardare molto avanti per
progettare il futuro ma dobbiamo anche osservare quello
che, giorno per giorno, accade in città. Guardare anche il
bidone: se cade a terra bisogna tirarlo sù. Non possiamo
permetterci che passino sei vigili e nessuno di loro pensi
di alzare il telefono e chiamare qualcuno. L’ho fatto io, per
una cosa del genere, ma dopo sei giorni: volevo veder con
i miei occhi se qualcuno si degnava di intervenire. La verità
è che i vigili sono stati spesso istruiti solo a fare le multe.
Ma devono anche fare altro, guardarsi in giro, occuparsi
della città. Dobbiamo curare tutti, di più, la nostra Perugia.
Quindi, va bene, compriamo un binocolo e guardiamo lon-
tano, progettiamo. Ma osserviamo anche quello che accade
ogni giorno. Se un turista viene da Hong Kong e spende
chissà che cifra, e trova attorno a sé un degrado diffuso,
tornerà a casa con un brutto ricordo di Perugia.
Come Collegio Arti e Mestieri, insieme al Comune, stiamo
portando avanti questo progetto del PUC, che è molto im-
portante: un’occasione unica per il centro storico. C’è bi-
sogno di dare una sveglia, di muoversi. Siamo in grosso
ritardo. Ogni giorno che passa soffriamo sempre di più. I
commercianti soffrono sempre di più. Va data assistenza a
chi viene in centro, non vanno creati altri problemi a chi
ha voglia di fare ed investire.
C’è un’altra cosa importante da dire: se in una zona della
città più del 50 per cento dei commercianti vuol creare un
consorzio, deve essere obbligatorio per tutti aderire e ver-
sare un tot al mese per la promozione del centro storico.
Come Collegio Arti e Mestieri non posso andare in giro a
chiedere l’elemosina: mi vuoi dare 50 euro per mettere
le luci di Natale e i Babbi Natale? La risposta è desolante:
“Ci devo pensare, passa domani, passate domani...”. Non
possiamo andare avanti in questo modo! Perdiamo tem-
po, perdiamo occasioni. E perdiamo i commercianti che
se ne vanno. Confcommercio e Camera di Commercio, su
questo, ci devono aiutare a risolvere il problema.
GIAN MARIO GUBBIOTTI, presidente della associazione “Assisi for Peace TV “.
Io mi chiedo perché la Sipa debba avere il monopolio di
tutti i parcheggi. Perché un perugino che abita fuori non
abbia la possibilità di accedere al centro. L’accesso deve
essere garantito a tutti. La possibilità di parcheggio non
va data solo agli impiegati ma anche alla gente che ama
il centro e a chi vuol salire sull’acropoli per viverla. Non è
giusto che solo i residenti abbiano il parcheggio riservato.
Non si può amministrare la città solo nell’interesse di al-
cuni gruppi, la città è di tutti!
ROSETTA ANSIDEI, residente nel centro storico.Ho quasi 80 anni e vivo nel centro storico. Ho partecipato
attivamente alla vita sociale della città, nelle varie istitu-
zioni, come consultant touring, come presidente di museo
storico, nella Sagra musicale, come consigliere comunale e
chi più ne ha più ne metta.
Volevo complimentarmi con Angelo Patrizio per quella
bellissima frase: “Mediatore fra la mente e la mano deve
essere il cuore”.
La cosa fondamentale è questa: Perugia deve essere amata
dai suoi abitanti, perché si ama e si rispetta quello, però,
che si conosce. Vedo con piacere che c’è finalmente, un
movimento concreto per il futuro del centro storico. In pas-
sato ho partecipato a decine di commissioni, di dibattiti...
Chi si ricorda della Saffa? E dell’altro grande problema
dell’ex carcere, che doveva essere una cerniera fra la parte
alta e quella più bassa della città? Mi ricordo di un bel-
lissimo progetto di un giardino, di un parco dove adesso
c’è il Santa Giuliana. Non se ne è parlato più. Poi il fa-
moso progetto della ferrovia che consentiva di realizzare
una specie di metropolitana in superficie per collegare
alcuni quartieri. Ne ho sentite tante... Si può fare tutto
ma ci vuole la volontà e soprattutto l’amore per la città.
E ricordarsi che la città è lo spazio dell’uomo, perché è
l’uomo che vive nella città. Non ci sono i problemi dei
vecchi o dei bambini. È l’uomo, nelle varie età, nelle varie
condizioni, nei vari momenti. C’è l’aspetto commerciale,
l’aspetto culturale e l’aspetto sanitario. Ma prima di tutto
il centro storico deve essere rapidamente collegato con il
resto della città. Ora mi sembra che si stia imboccando
una strada di concretezza. Facciamo presto. Ma mi racco-
mando: nel Tavolo sul centro storico va affrontato il tema
del parcheggio per i residenti. Perché la residenzialità ha
bisogno dell’automobile.
-
20
Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?
Il futuro del centro storico appassiona e divide l’opinione pubblica. Abbiamo ascoltato opinio-ni, progetti e notizie di iniziative concrete. La-sciamo le conclusioni a Giorgio Mencaroni, pre-sidente della Camera di Commercio di Perugia.
MENCARONI. Ci sono molti spunti sui quali riflettere. Ho sentito parlare della “città degli odori”: interessantissimo.
Poco tempo fa al “Think Tanks” di Todi, è stata proposta
anche la “città carbon free”, un centro urbano libero da
energie inquinanti. E indicato, come ideale, il modello um-
bro: una piccola città che promuova l’iniziativa e sviluppi il
progetto. Un’altra provocazione è quella della “città ener-
getica”. Quindi una sorta di pedana che sia nei punti di
accesso della città, o sulla testa del minimetrò, o della scala
mobile, o in qualunque altro passaggio cittadino, produca,
grazie alla pressione di chi passa, quantità di energia che
possano servire, ad esempio per l’illuminazione pubblica.
Tocco un attimo anche l’argomento del PUC 2. Tra l’altro ho
partecipato anche alla stesura del progetto. Interessantis-
simo. Come tutto il resto. Ma attenzione: dobbiamo essere
chiari. Il PUC 2 mi fa tornare alla mente un vecchio concor-
so di architettura pensato per l’ex Perugina, nell’area della
stazione. Era il 1971. Un bel progetto, che piacque a tutti.
Curiosi, indagammo sul vincitore del bando di concorso:
si scoprì che era l’architetto giapponese Kimura. Allora, la
frase che in quegli anni girava a Perugia era:“Kimura l’ab-
biamo trovato, ora dobbiamo trovare chi mette i soldi!”.
Il problema del PUC 2 è lo stesso: abbiamo trovato chi ha
fatto il progetto, adesso dobbiamo trovare i soldi. Questo
tenetelo sempre a mente. La storia, a distanza di anni, si
ripete. Allora non possiamo solo cullarci sul PUC 2. Sappia-
mo che in questo momento scarseggiano i finanziamenti.
Al di là delle analisi, c’è un problema, concreto, di interventi.
MENCARONI. Certo. Ho sentito buone proposte. Ma la domanda che pongo è: da dove cominciamo? E quando?
Perchè sappiamo tutti che questo famoso PUC 2 non è an-
cora pronto per partire perché non ci sono i fondi.
Da dove partire e quando cominciare: è una domanda alla
quale tutti dobbiamo dare una risposta, sia gli operatori
commerciali che la parte pubblica. Biselli ha ricordato che
una delle immagini più viste all’Expo di Shangai è stato
il minimetrò di Perugia. Ma il minimetro si è dotato di
un proprio folder, di un proprio pieghevole, solo recen-
temente. Stesso discorso per le scale mobili. Allora, qual
è il problema? È il solito: nel 99 per cento dei casi non
sappiamo comunicare quello che facciamo. Poi, spesso
non facciamo: presentiamo piani ma di frequente gli stu-
di rimangono nei cassetti. E se realizziamo un pezzetto di
progetto, la notizia rischia di rimanere tra noi. Ricordo, a
questo proposito, di aver visto a Berlino la prima espe-
rienza di una via coperta. Tornai a casa e dissi al sindaco:
“Dobbiamo studiare anche a Perugia qualcosa del genere,
perché uno dei punti di debolezza