n. 29 anno xiv - cai.pordenone

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N. 29 ANNO XIV N. 2 - AUTUNNO 2006 PERIODICO DELLA SEZIONE DI PORDENONE DEL CLUB ALPINO ITALIANO - Fondata nel 1925 Spedizione in abb. postale - L. 662/96 art. 2 co. 20 lett. C Filiale di Pordenone

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SOMMARIO

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Alpinismo e Cultura

Notizie dalla Sezione

.............. News del Presidente di Gabriele Remondi

.............. In Montagna con Silvano Zucchiatti di Enzo Migotto

.............. Alcuni (seri) problemi per le montagne di casa nostra di Bruno Asquini

.............. Over Ice 2006 di Michele Pontrandolfo

...............Un capitolo della storia del Campanile e dell’alpinismo pordeonesedi Tullio Trevisan

............... I terremoti del Friuli a trent’anni dall’evento del 1976 di Tito Pasqualis

............... Una settimana ad Andreis di Sara Nespoli con i bambinidell’Alpinismo Giovanile

............... Escursionismo di Franco Jereb

.

............... Attività Alpinistica di Roberto Bianchini

............... Convegno nazionale del G.I.S.M.a Cimolais di Gianni Furlanetto

............... Giornata Culturale al Rifugio Pordenone di Gabriele Remondi

............... Dipinti di “Itinerari Montani” di Tonko Maroevic

............... Incontri d’Autunno

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Periodico della Sezione di Pordenone del C.A.I.

Redazione:Piazzetta del Cristo - C.P. 11233170 Pordenone - Tel. 0434 522823

Direttore Responsabile:Paolo Roncoletta

Comitato di Redazione:Roberto Bianchini, Piero Della Putta,Enrico Furlanetto, Fiorenza Pastorino,Franco Protani

Aut.Trib.di PN, Reg.Per.N.380 del 29/5/93

Stampa:La Tipografica - Pordenone

Hanno collaborato a questo numero:Bruno Asquini, Roberto Bianchini, Gian-ni Furlanetto, i bambini dell’AlpinismoGiovanile, Franco Jereb, Tonko Mareo-vic, Ezio Migotto, Sara Nespoli, TitoPasqualis, Michele Pontrandolfo, FrancoProtani, Gabriele Remondi, Tullio Tre-visan.

Le foto salvo diversa indicazione si ritenga-no dell’Autore dell’articolo.

Prima e quarta di copertina: Michele Pontrandolfo sulla banchisa polare.

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ALPINISMOE CULTURA

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Due commissioni si sono rinnovate nell’or-ganizzazione della nostra Sezione: la reda-zione de “Il Notiziario” e quella che gesti-sce le attività culturali. Silvano Zucchiatti,come lo abbiamo ricordato nel precedentenumero, ci ha lasciato prematuramente.Negli ultimi anni aveva la responsabilità diorganizzare le serate culturali e anche laredazione del nostro giornalino. Prenden-do atto della situazione, ho voluto “allarga-re” i gruppi di lavoro che si occupano diqueste due importanti attività, con l’obietti-vo che l’impostazione non rimanesse “uni-direzionale”.

Fanno parte del gruppo di lavoro de “Il No-tiziario” i nostri soci Paolo Roncoletta,Franco Protani, Roberto Bianchini, EnricoFurlanetto, Piero Della Putta e Fiorenza Pa-storino. Il gruppo di lavoro per le attivitàculturali è composto da Franco Protani,Renzo Netto, Luciano Zanuttini e RobertoBarato. Ai soci appena nominati va tutto ilmio riconoscimento per il contributo chesapranno dare ed un augurio affinché, daqueste attività, possano trarre le giustesoddisfazioni. Buon lavoro! Vi segnalo altre novità che riguardano i no-stri Soci Alleris Pizzut, Sara Nespoli e Gior-gio Fornasier. Alleris è stato nominato Di-rettore della Scuola Interregionale Veneto eFriuli per l’Alpinismo Giovanile, Sara è statanominata componente della CommissioneNazionale di Alpinismo Giovanile e Giorgioè stato nominato componente della Com-missione Nazionale per la Speleologia.Ad tutti e tre le mie congratulazioni e l’au-gurio di buon lavoro.Dopo queste notizie positive, purtroppouna di negativa. Il Direttore della nostraScuola Moreno Todaro, già da anni compo-nente della Commissione Nazionale di Al-

NEWS DEL PRESIDENTE

pinismo, Sci-alpinismo e arrampicata libe-ra, non è stato riconfermato dal ComitatoCentrale di indirizzo e controllo, nonostan-te il Congresso Nazionale degli Istruttori diLecco, abbia espresso il massimo dei con-sensi a suo favore. Il fatto più deplorevole èche non sono stati rispettati, con adeguatemotivazioni, i regolamenti che fissano i cri-teri per la designazione dei rappresentantidegli organi tecnici. Esprimo a Moreno lamia totale solidarietà e l’augurio che conti-nui il suo notevole contributo nella ScuolaCentrale di Alpinismo.

Gabriele Remondi

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Una mattina d’ottobre del 2005 incontroSilvano in Via Molinari, frenata brusca,scendo dalla bicicletta,facciamo un po’ di stra-da assieme. Mi dice su-bito: ho bisogno di inter-vistarti per un articolosui soci cinquantennalida pubblicare sul noti-ziario sezionale; mi vie-ne da ridere, un’intervi-sta, socio cinquantenna-le, per fortuna mio ziomi ha iscritto al CAI asei anni; ci diamo ap-puntamento per la serain sede. È stata l’occa-sione per ricordare leavventure vissute assie-me. Oggi Silvano non èpiù con noi, ma restano le esperienze rea-lizzate, sono parte della mia storia e credodi quanti con lui hanno viaggiato o salitomontagne.

Prima iinvernale ddella CCroda CCimoliana1970 (Silvano Zucchiatti, Dino Agnolin,Gianni Martin, Ezio Migotto). Con l’entusiasmo dei ventenni raggiungia-mo, Gianni e chi scrive, il bivacco Peruginiper salire d’inverno la Croda Cimoliana. Cisembra un’impresa quasi mitica, è per noiuna prova importante; ci distendiamo sultetto rosso del bivacco a guardare i giochidelle nuvole, a scaldarci al sole invernale, acontemplare le montagne. A notte fonda sen-tiamo bussare alla porta del bivacco: compa-re la figura slanciata di Silvano, seguito daDino. La loro presenza, dopo un momento disorpresa, ci dà tranquillità, sentiamo che lasalita potrà svolgersi con maggior sicurezzagrazie alla loro esperienza. Così è stato, la neve e il ghiaccio sono ele-menti naturali che Silvano amava partico-

IN MONTAGNA CON SILVANO ZUCCHIATTI

larmente sia nelle escursioni scialpinisti-che sia nelle salite invernali

Lazistan 11972; spedi-zione sui monti delKackar (Armenia tur-ca) (Silvano Zucchiatti,Enzo Laconca, GianniMartin, Sisto Degan,Ezio Migotto). Abbiamo salito 32 cimefra i 3.000 ed i 4.000metri, 18 delle quali inprima assoluta. Per noigiovani della spedizio-ne è stato il sogno rea-lizzato, l’avventura chesi ricorda per tutta lavita, compiuta con mez-zi modestissimi e per

questo ancor più significativa. In questa cir-costanza è emersa la figura del Silvano or-ganizzatore, capo responsabile, trascinato-re nei momenti difficili, conoscitore d’usi,costumi, tradizioni locali, ma sempre curio-so di scoprire aspetti nuovi delle genti edegli ambienti con cui entrava in contatto.

Terremoto iin FFriuli 11976; a Pert in Val d’Ar-zino con una squadra del soccorso alpino.Mattina del 7 maggio, caldo afoso, militari,volontari, ambulanze, distruzione, ricercaaffannosa di qualche sopravvissuto; anchein questo caso Silvano ci sprona e tenace-mente insiste nella ricerca finché riuscia-mo almeno a recuperare e ricomporre pie-tosamente le salme di una famiglia rimastasotto le macerie della propria casa. Rien-trando a Pordenone Silvano ricorda il dis-astro del Vaiont, quando intervenne fra iprimi da giovane sottotenente. La solidarie-tà ritengo sia un valore fondamentale a cuici educa il nostro andar per monti e Silvanolo ha testimoniato fattivamente.

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La ccampana oottobre 11976 (Silvano Zuc-chiatti, Ezio Migotto). Silvano si è sempreinteressato della vita sociale del CAI, si èimpegnato nei diversi ambiti di responsabi-lità nella Sezione di Pordenone e nel Tri-veneto. Ha scritto molto, in particolare dellemontagne pordenonesi. Per questi motivi miha chiesto di aiutarlo a riportare la campanariparata in vetta al Campanile di Val Mon-tanaia nella ricorrenza dei cinquanta annidalla sua prima collocazione. È stata una bel-lissima giornata autunnale, eravamo soli nel-l’ascensione, silenzio, tranquillità, ci ha per-vaso una calma interiore, ci sentivamo inarmonia con l’ambiente.

La bbandiera ddella PPace ssulla ccima ddeiPreti 11986 “anno internazionale della pa-ce” (Silvano Zucchiatti, Alberto Rossi, EzioMigotto). Silvano riusciva a coniugare la passione peri monti all’impegno civile e politico, e pro-prio nell’ambito dell’iniziativa “la Val Cellinaper la pace e lo sviluppo” s’inserì la nostrasalita alla cima dei Preti; è stato un piccolo,semplice e simbolico contributo per far ri-flettere su questo bene prezioso.

Torre ssud ddi CCima ddei PPecoli 11986 (Sil-vano Zucchiatti, Ezio Migotto).Cercare nuovi itinerari, approfondire con unattento studio bibliografico la conoscenza digruppi montuosi o di singole cime, trovareancora spazi da esplorare e descrivere nellemontagne della Val Cellina sono stati unacostante dell’alpinismo di Silvano. La salitadella Torre sud di cima dei Pecoli, toponimoda noi proposto, rientra in questo filone diricerca esplorativa che si collega alle radicidell’alpinismo. Conoscere un territorio por-ta a capirne le ricchezze ma anche le fragili-tà e Silvano si è impegnato concretamenteper l’ambiente, sia per la tutela ma ancheper la sua valorizzazione sostenibile.

Silvano, nel suo andar per monti, univa lapassione sportiva allo spirito del viaggiato-re esploratore colto e curioso, aveva la ca-pacità di descrivere chiaramente quantovisto e sapeva trasmetterlo ai giovani sianella sua professione d’insegnante che d’i-struttore di sci alpinismo.Grazie Silvano per quanto ci hai trasmessocon semplicità e coerenza!

Ezio Migotto

In apertura: Ezio eSilvano sul Campaniledi Val Montanaia.A lato: Ottobre 1976 sul Campanile di Val Montanaia.

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ALCUNI (SERI) PROBLEMI PER LE MONTAGNEDI CASA NOSTRALa tutela dell’ambiente montano è ormaiparte della cultura e dell’impegno istituzio-nale del CAI, anche se a seguito di un pro-cesso lungo e faticoso portato avanti neglianni da una parte senz’altro minoritariaall’interno dell’Associazione. Oggi esistonostrutture tecniche a livello centrale e peri-ferico che trattano questi problemi e nonmancano documenti e prese di posizioneufficiali degli organismi direttivi del CAI.Molto su questi argomenti si può trovarenelle pubblicazioni sociali e in rete. Nel sitoufficiale del CAI centrale si definisce lamontagna “un delicato ecosistema da tute-lare con forza” e si dichiara che questo è undovere che il CAI, riconosciuto anchecome Associazione Ambientalista dal com-petente Ministero, “ha nel cuore”.

Non sempre però questo impegno è onora-to veramente e riesce a tradursi in azioniconcrete e puntuali. Certo la situazione concui si ha oggi a che fare è decisamente com-plessa: la realtà sociale e ambientale dellamontagna è molto cambiata, molti sono gliorganismi che se ne occupano e le iniziativeche la riguardano, e non è sempre facile de-finire una posizione saggia ed equilibratarispetto ai problemi grandi e piccoli che sipresentano.

Esistono però dei casi, e mi rivolgo a realtàa noi vicine, in cui la presenza critica delCAI non può mancare, proprio perché ri-guardano direttamente le parti della mon-tagna cui l’Associazione dedica il suo impe-gno (e che i soci conoscono e frequentano)e perché producono pesanti effetti in ter-mini di impatto ambientale.Voglio riferirmi nello specifico alla evolu-zione delle stazioni sciistiche nella nostraregione e alla realizzazione di nuove stradeforestali o di servizio, evidenziando alcunicasi concreti che tutti possono direttamen-te verificare e valutare.

Per quanto riguarda lo sci, la nostra Re-gione ha messo in cantiere un rinnovo eampliamento di tutti i comprensori sciistici:sono in corso o programmati rifacimenti diimpianti e piste, nuovi impianti con amplia-mento del demanio sciabile e anche alcunicollegamenti ambiziosi (come quelli trans-frontalieri del Canin e di Pramollo e quellotra Piancavallo e Cansiglio).

Molto ci sarebbe da dire anche in terminigenerali sul senso di tali operazioni rispet-to alle prospettive del mercato turistico le-gato allo sci di pista, al rapporto costi-bene-fici di tali interventi, all’entità delle risorsepubbliche impegnate. Voglio solo ricordareche la posizione ufficiale del CAI (e dellealtre sette associazioni alpinistiche dellevarie nazioni dell’arco alpino) è di “ragio-nata e ferma contrarietà alla costruzione dinuovi comprensori sciistici e all’amplia-mento di quelli esistenti”, rispetto ai qualivengono proposti modelli di sviluppo diver-si, coerenti con la vera vocazione delle Alpinell’attuale contesto europeo.

In questa sede mi pare però importanteporre l’attenzione sugli effetti fisici chequesti interventi producono, rifacendomial caso del comprensorio di Piancavallo.Qui da tempo si sta lavorando a nuovi im-pianti, nuove piste e al rinnovo e rifacimen-to dell’esistente. Quest’anno è la volta delTremol 2 e della relativa pista, la NazionaleAlta, con modalità simili a quanto già fattopiù in basso: una specie di autostrada verti-cale che ignora del tutto la morfologia ori-ginale dei luoghi e inventa a colpi di ruspecurve, rettifili, pendenze. È proprio questomodo di “rimodellare” le piste, come conun eufemismo si scrive ufficialmente, checostituisce l’aspetto più incomprensibile eoffensivo (per la montagna e per chi la fre-quenta) della faccenda. In nome di sceltetecniche incomprensibili e con una specie

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di accanimento terapeutico che dura neltempo si sente il bisogno che neanche unmetro di terreno sciabile rimanga quellooriginario. Si scava, si sposta, si riporta per-ché nessuna gobba, avvallamento, contro-pendenza disturbino le eleganti, ma certa-mente sempre più monotone, discese deituristi-sciatori. Con quale effetto sui luoghinon occorre immaginare: basta andare avedere, dal Cornier, dalla alta traversata deiRondoi, ma anche alzando lo sguardo dallapianura. E tutto questo a ridosso delle cimedel Cavallo, eliminando sentieri CAI, sep-pellendo cavità di interesse speleologico,cambiando la geografia di una montagnacara a tutti noi.

In questa situazione suona veramente mi-nacciosa l’affermazione del Presidentedella Regione fatta all’inizio dell’anno scor-so in Piancavallo: “...andrà pure perseguito,nonostante le resistenze del mondo am-bientalista, il collegamento con il Cansiglio,la cui realizzazione può avvenire nel pienorispetto della natura”. Su questo punto ènecessario essere chiari: nessun collega-mento sciistico con il Cansiglio è pensabilese non stravolgendo irrimediabilmenteun’area, quella intorno a Casera Palantina,in cui la foresta si alza a toccare la base del-le alte dorsali erbose e rocciose della mon-tagna, creando un ambiente il cui assolutovalore non è in alcun modo negoziabile mava preservato totalmente così com’è.

Sul futuro di Piancavallo, per quanto hocercato di illustrare, credo sia giunto il mo-mento di una presa di posizione ferma econvinta del CAI, coerente tra l’altro conuna lunga storia di cui la nostra Sezione èstata parte importante: lo sviluppo dellastazione non deve prevedere il collegamen-to sciistico con il Cansiglio e neppure inter-venti di ampliamento o trasformazione deldemanio sciabile come quelli in corso, de-

dicando invece energie e risorse a una ri-cerca di qualità, di cui la corretta valorizza-zione delle risorse ambientali di tutta l’areacostituisce una parte fondamentale.

Per quanto riguarda l’altro tema che volevoaffrontare con queste note, e cioè la realiz-zazione di nuova viabilità in montagna,qualche considerazione generale è neces-saria.

Non si può che guardare con favore allaripresa di attività economiche in montagna,come l’utilizzo del bosco o il riuso di pasco-li abbandonati. E bisogna riconoscere chequeste attività per essere produttive possa-no aver bisogno in alcuni casi di ulterioritratti di viabilità di servizio oltre a quella,già abbastanza sviluppata, esistente. Dal-l’altra parte uno dei valori fondamentali dimolta parte della nostra montagna, e quin-di una risorsa da tutelare con attenzione, èproprio quello della sua “selvaticità”, deigrandi spazi percorribili solo con i propripassi, lungo sentieri nati dalla fatica di tan-te generazioni e curati oggi con l’impegnodi molti. In questa realtà l’inserimento diuna strada è sempre traumatico, sempreuna perdita di valore.

Anche qui però voglio riferirmi ad un casospecifico a noi vicino: la nuova strada delMonte Fara. Credo che molti di noi cono-scano bene i percorsi di salita di questamontagna, che costituisce una meta apprez-zata e frequentata per la vicinanza alla pia-nura, il grandioso belvedere della cima,l’ambiente vario tra bosco, creste erbose eripidi prati. Adesso è stata realizzata unastrada che, attraversando in tutta la sua lun-ghezza il versante settentrionale della mon-tagna, arriva fin poco sotto la cima. E passaa ridosso dei bei sentieri che vi salgonodalla Forcella della Croce o dalla Molassa.Quale che sia la sua giustificazione, è evi-

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Pista Nazionale Alta vista dal Col Cornier nel luglio 2006

dente il danno che ne risulta in termini dibanalizzazione di una meta significativa, diun ambiente importante e dell’esperienzache ne deriva.E allora è giusto che il CAI, custode di que-sti valori più autentici della montagna, chie-da con forza una preventiva diversa atten-zione su queste opere, con una valutazioneattenta della loro opportunità, degli impattiche ne derivano e dei casi, come quello cheho citato, che costituiscono un danno co-munque inaccettabile.

Nel chiudere queste note sento il dovere diricordare l’impegno appassionato che suitemi che ho esposto hanno espresso neltempo due nostri amici che non ci sono più:Sergio Fradeloni e Silvano Zucchiatti, pro-fondi conoscitori e attivi difensori della no-stra montagna.

Bruno Asquini

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Per molte persone l’armonia tra Natura eindividuo è fondata sulla familiarità, sullasicurezza di un paesaggio addomesticato o,almeno, non ostile. Per altri la naturale au-sterità di alcune regioni del mondo sono unagrande ricchezza: il rigore, la semplicità, ladesolazione di questi luoghi ai confini delmondo rappresenta proprio il loro fascinopiù profondo. La banchisa artica è uno diquesti luoghi; non è mai né ferma né stabile,sospinta dai venti e dalle correnti si rompe esi rinnova in un ciclo senza fine. È difficileda comprendere per molte persone, ma c’èchi si sente vivo e in pace proprio qui, quan-do il sole riflesso sul ghiaccio acceca gli occhie quando l’aria secca e gelata irrita le nari-ci, quando la temperatura è al di sotto perfi-no del significato stesso della parola freddo. Michele Pontrandolfo, è una di queste perso-ne, un esploratore, che appena rientrato giàpensa a quando potrà ripartire. Ecco il dia-rio della sua ultima avventura Over Ice2006 alla conquista del Polo Nord geoma-gnetico.

23 febbraio 2006 ore 06.00: dopo mesi diduro allenamento, sono finalmente sull’ae-reo che mi porterà prima in Canada, a To-ronto, poi nella regione artica, a ResoluteBay, un piccolo villaggio di circa 200 abi-tanti, in prevalenza eschimesi, situato nelNunavut, da dove partono tutte le spedizio-ni artiche dirette verso il Polo Nord geo-grafico, magnetico e geomagnetico. A To-ronto incontro i componenti di altre spedi-zioni; immediatamente si instaura unasorta di fratellanza, ognuno racconta le sueesperienze elargendo consigli utili ai piùgiovani, ma non per questo meno esperti.Negli occhi di ognuno brilla un luccichio:per tutti noi la spedizione al Polo Nord è laspedizione per eccellenza, oserei dire, laspedizione di tutta una vita. Anche al gior-no d’oggi, sono poche le persone che rag-giungono il Polo Nord in pura etica esplo-

rativa. Le spedizioni polari, che senza sup-porti esterni hanno completato la traversa-ta di uno dei tre poli, sono, infatti, vera-mente poche.

All’arrivo al piccolo aeroporto di ResoluteBay, il cielo è stupendo; da blu intensosfuma verso l’orizzonte, in rosso fuoco peril sole che sta tramontando, piano pianoingoiato dal ghiaccio della banchisa polare.La temperatura è di circa 35° sotto zero,una leggera brezza ghiaccia l’emozioneche provo nel trovarmi in questo postosperduto, ma pieno di storia, che per tresecoli ha visto uomini di varie nazioni lotta-re contro le avversità dell’artico, chi peresplorarlo, chi per conquistarlo, chi pertracciare nuove vie da un continente ad unaltro.

Una jeep mi porta al South Camp Inn, unhotel frequentato prevalentemente da e-sploratori di tutto il mondo, gestito da Aziz,Ozi per gli amici. I giorni passano e la slit-ta spedita dall’Italia non arriva. Sono in ri-tardo con la tabella di marcia, però duranteil periodo di attesa faccio la conoscenza diun grande esploratore polare, RichardWeber, il primo uomo al mondo ad avereffettuato la traversata andata e ritorno

OVER ICE 2006

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senza supporti esterni da Ward Hunt I-sland, estremo nord canadese, fino al PoloNord geografico: una leggenda vivente!Utilizzo i giorni di attesa forzata per accli-matarmi ai rigori dell’Artico effettuandoalcune uscite di allenamento. Il cielo è vela-to, soffia un leggero vento da nord, guardol’isola di fronte a me dove nel 1847 finì tra-gicamente la “Spedizione di Franklin” par-tita alla ricerca del mitico “Passaggio aNord-Ovest”, mi sembra di attraversare lastoria. Sulla strada del rientro verso Re-solute Bay una violenta bufera mi bloccaper 4 giorni; le raffiche di vento sono vio-lentissime, il termometro segna 53° sottozero, la tendina si scuote violentemente e laslitta è completamente ingoiata dal ghiac-cio depositato dal vento. Temperature oltrei meno 50° e vento a 90 km/h sono uncocktail micidiale: il rischio di ipotermia inquesti casi è altissimo e il minimo errorepuò costare anche la vita.

Finalmente arriva la mia attrezzatura e ini-zio immediatamente a preparare la slitta,sistemando tutti i viveri in sacchi da 10giorni l’uno, solo questi pesano circa 84 kge corrispondono al mio fabbisogno giorna-liero per ben 60 giorni, senza contare altrecinque confezioni per eventuali emergen-ze. Ogni razione giornaliera ha un apportocalorico di 5400 kcal, tutto studiato nei mi-nimi dettagli dal Prof. Lucio Lucchin, die-tologo primario dell’ospedale di Bolzano.Sistemo anche 36 litri di benzina, e, per ul-timo, stivo tutto quello che mi occorre du-rante la traversata: totale 155 kg.

È il 4 aprile 2006, si parte. Un piccolo aereomi porta da Resolute Bay ad Eureka So-und, in una zona dove il ghiaccio è un po’più stabile a circa 200 km dal Polo Nord, dalì inizierà la vera e propria marcia verso ilPolo Nord geomagnetico.

Il viaggio è lungo e sotto le piccole ali del-

l’aereo, si intravedono paesaggi meraviglio-si; la banchisa polare da quassù assomigliaad un tappeto di velluto bianco. Sorvoliamol’isola di Ellesmere i cui ghiacciai scendonodall’altopiano fermandosi all’inizio dell’O-ceano Artico e dopo quasi quattro ore emezza di volo, arriviamo all’sola di Bache.Primo tentativo di atterraggio fallito: ilghiaccio è irregolare e impedisce l’atter-raggio, l’aereo riprende quota, vira e fa unnuovo tentativo, tocca il ghiaccio per alcu-ne centinaia di metri, poi risale di nuovomolto bruscamente. Non è semplice atter-rare sul ghiaccio, ma al terzo tentativo; condei forti tremori della carlinga, l’aereotocca la banchisa e frena la sua corsa alzan-do un polverone di neve che nasconde ilsole. Il pilota mi apre il portellone, comin-cia il viaggio. L’aria è gelida, ma il posto èincantevole; almeno una volta vorrei esserecapace di far provare alle persone quelloche un esploratore prova durante questetraversate, purtroppo è molto difficile.

Mentre mi preparo la cena all’interno dellatendina, il sole sta scomparendo dietro ilPasso di Sverdrap colorando le rocce dellemontagne di arancione ed il ghiaccio di unrosa intenso. Dopo aver cenato mi infiloall’interno del sacco letto, procedura moltolunga ed impegnativa dato che devo infilar-mi prima in una busta di nylon e poi nelsacco a pelo. Una volta dentro, chiudo tuttolasciando solo un’apertura larga quantouna mela per respirare, ma durante la nottequesto buco viene chiuso quasi totalmentedal ghiaccio. Il vero trauma è il risveglioalla mattina perché ogni piccola mossabasta per far entrare all’interno del saccoun buon quantitativo di ghiaccio che con-gela tutte le buone intenzioni per affronta-re una giornata. Sono le sei del mattino, ac-cendo il fornello e preparo il tè da beredurante la giornata, il sole è già alto, ma latemperatura esterna è di -38°, questa notte

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ho avuto freddo, entrava dell’aria all’inter-no del sacco letto e ho faticato a prenderesonno. In più, sentire la banchisa rompersie sapere di essere a casa dell’orso bianco,senza invito ufficiale, sono tutte cose chenon aiutano un sonno tranquillo e ristora-tore.

Dopo aver smontato il campo, inizio la mar-cia. Da lontano vedo un muro di ghiaccio,provocato dallo spostarsi della banchisacontro la terra ferma, che sbarra l’entratadell’Isola di Bache. Sudo tanto per lo sforzodi trainare la slitta e dopo qualche istante ilsudore si trasforma in ghiaccio, dopo circaun’ora mi ritrovo completamente ricopertoda uno strato bianco su quasi tutto il corpo,questo non va bene, devo rallentare. Confatica oltrepasso il muro di ghiaccio chesbarra la via. Qualche ora prima deve esse-re passata una volpe artica, le sue impron-te segnavano, quasi per aiutarmi, la tracciache sto percorrendo.

Le ore passano e attraversare l’Isola di Ba-che è molto impegnativo, la rampa da risa-lire è ripida, intorno ai 45° di pendenza,con una slitta da 135 kg e senza un paran-co, è un’impresa. Alle 17.30 mi trovo solo ametà del pendio; fa molto freddo, il solenon si vede più, ogni tanto qualche rafficadi vento mi sveglia spronandomi ad esserepiù veloce. Finalmente raggiungo l’altopia-no: una meraviglia. Mi fermo vicino ad unlago ghiacciato, circondato dalle montagnedell’isola e rimango incantato: sono solo ioe la Natura, quella con la N maiuscola; pro-vo delle sensazioni stupende dentro il cuo-re, ma veramente difficili da descrivere:tutto l’ambiente genera emozioni tali dapoterle godere soltanto lì. Mi trovo in sim-biosi con la natura che mi circonda.

Sono trascorsi quattro giorni e ho percorsosolamente pochi chilometri. Devo assoluta-mente migliorare; per arrivare al Polo

Nord geomagnetico mancano ancora 160km, più i 290 km dal Polo alla Groenlandia.La slitta, dopo l’impervio sali scendi del-l’Isola di Bache, si è rovinata a causa deisassi che sbucavano come lame dalla neve,ma una volta attraversata l’isola sono nuo-vamente sulla banchisa polare. Anche quile condizioni sono purtroppo difficili: la slit-ta sprofonda nella neve ad ogni passo in piùil terreno è costellato di blocchi di ghiacciosimili a grossi sassi.

La temperatura e di -42° e l’ombra dellamontagna, che ho alla mia destra, la abbas-sa ulteriormente. Ho le ciglia piene dighiaccio e ogni tanto si attaccano alle pal-pebre, le mani sono dure come il marmo enon sento più i piedi, inizio ad avere anchequalche problema al tallone del piede sini-stro. Devo continuare a muovermi staseranella tendina mi concederò un massaggio.Per recuperare i chilometri che non hofatto nei primi giorni di traversata l’unicacosa da fare è anticipare la partenza alle 5del mattino. Davanti al fornelletto percorromentalmente i chilometri che mancano emi domando in che condizioni sarà lo Stret-to di Nares più avanti. Ora io sono all’iniziodi questo canale che, con la Baia di Baffin,separa il Canada dalla Groenlandia. Chissàse ci saranno le condizioni per attraversar-lo una volta giunto al Polo Nord geoma-gnetico. All’entrata della Dobbin Bay, devoassolutamente effettuare una perlustrazio-ne per verificare le condizioni del ghiaccioal suo interno. Ora mi trovo circondato dal-le montagne dell’Isola di Ellesmere, sonomolto simili alle Dolomiti italiane.

Dopo una settimana di marcia comincio adaccusare i primi dolori alla schiena, questopotrebbe nel tempo rivelarsi un problema.Il terreno oltretutto peggiora giorno dopogiorno.

Sto entrando nel Pack all’interno dell’Oce-

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ano Artico e le correnti marine spaccano labanchisa polare formando canali d’acquamolto pericolosi. Inoltre le zone di rubblesono sempre più vaste e frequenti.

Sono circondato dalla White-Out, la nebbia.A fatica cerco di tracciare una via il più pos-sibile diritta, ma la visibilità è talmente ri-dotta che sembra quasi tutto piano. Il ter-reno, apparentemente liscio, è in realtà ac-cidentato. Non vedo le buche e cado piùvolte a causa di alcuni pezzi di banchisa,grandi come un tavolo, che sono inclinati. Irubble aumentano ad ogni metro finchènon mi trovo in una zona dove non si vedealtro a perdita d’occhio. Queste creste, alteaddirittura svariati metri, sembrano deiveri e propri muri, non ho mai visto paretidi ghiaccio tanto alte e tanto ripide in vitamia. Le altre spedizioni artiche che ho ef-fettuato erano completamente diverse. Al-zo la slitta per oltrepassare un blocco dighiaccio che mi ostacola e mi cade addos-so, la tiro, la spingo, si rovescia, la rigiro, sirovescia spingendomi a terra e mi riempiodi ghiaccio. Qui la sopportazione fisica e

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psicologica è messa costantemente a duraprova. La temperatura è di 36° sotto zero;tolgo i guanti e rimango a mani nude per-chè devo sciogliere le corde dai moschet-toni, le dita si attaccano al ferro e si scotta-no, ora mi ritrovo con le falangi intorpiditee senza sensibilità. Soffia ancora un ventogelido dalla Groenlandia che mi congela laparte destra del viso, il naso è completa-mente bianco. Alla sera cerco di massag-giare tutte le parti che hanno un principiodi congelamento, i risultati però sono delu-denti, tolgo il ghiaccio che si è formatotutto intorno al naso, fa male e si lacera lapelle, ma almeno ritorna rosso, sebbenecon la circolazione ha risvegliato anche ildolore: sembra di avere mille aghi cheentrano nella carne. I giorni si susseguonocon queste difficoltà, fino all’arrivo nellatanto agognata Darling Peninsula: è lì, difronte a me.

Inizio l’ultimo tratto della Dobbin Bay ed èbeffardamente durissimo; una serie di ice-berg ostacolano la marcia e naturalmentele creste di ghiaccio sono sempre presenti,

ormai me le sogno perfino dinotte. Non credevo avrei tro-vato tante difficoltà, l’iniziodella valle dista da me appros-simativamente 8 km, ma sonoesausto e pianto la mia tendi-na per la notte. Durante lanotte sento dei boati violentis-simi è la banchisa che si

Michele al Campo Flager Bay

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rompe e si muove; dopo quasi un mese dipermanenza ci si fa l’abitudine, ma certonon immaginavo che fosse l’inizio di ungrosso problema: la mattina dopo, infatti,scopro che lo Stretto di Nares è impratica-bile. Le temperature molto alte rispetto allamedia stagionale hanno aperto molte spac-cature con zone di acque aperte che nonposso attraversare munito solo delladrysuit, la muta che serve per passare dauna sponda all’altra del pack, entrando tem-poraneamente dentro l’acqua gelida del-l’Oceano Artico. Wayne, il gestore dellastazione meteo di Resolute Bay, alla par-tenza mi aveva consigliato di stare moltoattendo proprio all’interno dello stretto per-chè quest’anno non è in buone condizioni equindi molto pericoloso.

È il 23 aprile e circa 24 chilometri mi divi-dono da quel punto che solo il GPS mi puòprecisamente indicare come il Polo Nordgeomagnetico. Mi preparo al rush finale:con queste difficoltà stimo quattro giorni dicammino, la slitta e la tendina rimangonosulla banchisa polare, porto con me sola-mente uno shelter da usare come bivacconotturno. Lo zaino pesa 30 kg e per indos-sarlo devo aiutarmi appoggiandolo alla slit-ta. Sono le 5 del mattino del 24 aprile, cam-mino per ore ed ore, le spalle mi fanno male. Le rocce che sbucano dalla neve graffia-no e rovinano gli sci e più di una volta mifanno cadere. Riuscire a rialzarmi con lozaino diventa un’impresa di per sé. Soffiaun vento molto forte, ogni tanto devo fer-marmi e appoggiarmi ai bastoncini per ri-posare qualche istante, ma nonostante lafatica, la valle è incantevole. Alcune im-pronte di lupo bianco (sull’Isola di Elle-smere ne vive una colonia protetta) e di vol-pe artica mi fanno capire di non essere dasolo. Proseguo con fatica, ma alle 5 di sera,dopo dodici ore di cammino, mancano die-ci chilometri alla meta. Decido di non bi-

vaccare, ma di raggiungere il Polo Nordgeomagnetico e rientrare il giorno dopo:stringerò i denti, e farò questi 46 km inun’unica tappa.

Passo dopo passo i chilometri diminuisco-no, ma la stanchezza aumenta; il sole èscomparso dietro le montagne e fa moltopiù freddo, ormai vado avanti per inerzia. IlGPS mi segnala che manca 1 km; un chilo-metro, un solo chilometro per arrivare alpunto che ho inseguito per due anni e final-mente il 24 aprile 2006, alle 22.37 ho con-quistato il Polo Nord geomagnetico al 79°51’ NE e 71° 49’ W, da solo!

Pianto la bandiera italiana accanto al cap-pello degli alpini, facendo fatica a prenderecoscienza di cosa è successo. Mi infilo den-tro lo shelter e accendo il fornello per ri-scaldarmi un po’. La stanchezza, la fatica, ildolore e la gioia mi arrivano addosso con-temporaneamente come se il mio fisico e lamia coscienza avessero percepito che lameta è stata finalmente raggiunta. Riman-go all’interno del bivacco per circa due ore,preparo un veloce piatto di pasta e due litridi tè, un breve riposo, e via per coprire i 23km del rientro al campo base. 13 ore dopoarrivo nuovamente nella mia tendina, untotale di 34 ore di marcia quasi continuacon 30 kg di zaino sulle spalle per 46 km:sono un po’ stanchino, ma adesso ho tempoper riposare fino all’appuntamento con l’ae-reo, anche se la missione non si può direconclusa fino al mio rientro sano e salvo aResolute Bay. Infatti… il 28 aprile all’incir-ca alle 23.30 sento a un tratto delle fortiesplosioni, simili a dei fuochi d’artificio.Apro la tendina dalla parte posteriore, manon riesco a vedere nulla, a causa dellascarsa visibilità. Mi rimetto dentro il saccoletto, ma dopo circa 10 minuti, sento deglialtri boati e decido di andare fuori dalla ten-dina a dare un’occhiata più da vicino. Cielo!

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La banchisa si è rotta a poco più di 60 metridalla mia tendina e al suo posto si sta rapi-damente formando un lago, l’acqua avanzavelocemente. In 10 minuti smonto il cam-po, operazione che solitamente mi impe-gna per circa due ore. Tremo, si sentonoancora boati in lontananza, sono in perico-lo, la banchisa potrebbe rompersi ancora dipiù, devo spostarmi velocemente.

Procedo più veloce che posso, non sentoneanche il peso della slitta, mi giro e guar-do il nero dell’acqua che contrasta con ilbianco del ghiaccio. Che cosa è successo?

Perfino gli iceberg lungo il tragitto sonocontornati di acqua, all’andata la situazionenon era così. Brutto segno e il tempo ènuvoloso e il recupero con l’aereo potrebbeslittare di qualche giorno. Dopo tre ore dimarcia sono sfinito, sono circa le 03.00 delmattino, ho percorso circa 3 km, ho prati-camente volato! Questa dovrebbe essereuna zona più sicura, monto la tendina e miriposo. Non posso fare a meno di pensareche se avessi montato il campo pochi metripiù in là sarei potuto sprofondare nelle geli-de acque dell’ Oceano Artico. Quanta for-tuna ho avuto? Chi devo ringraziare per

questo? In simili occasioni tirendi conto che l’esperienzache hai accumulato nelle pre-cedenti spedizioni non contanulla se non hai anche tantafortuna: tre giorni prima homarciato alla conquista delPolo Nord, attraversando iltratto di banchisa che oggi èsprofondata. La Natura non èmai da sottovalutare. Maquesto non mi impedisce diamarla e già adesso, sulla viadel ritorno, fresco della con-quista di una meta difficilecome il Polo Nord geoma-gnetico, sono già qui chepenso alla prossima spedizio-ne che vorrei intraprendere!

Michele Pontrandolfo

Cappello Alpino.

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Nel 2004, nella collana storica “Pionieri del-l’alpinismo dolomitico” della FondazioneAntonio Berti, a cura della Nuovi SentieriEditore Belluno di Giuseppe Pellegrinon, èstato pubblicato il volume “Ardimenti e in-cantevoli ozi” di Melania Lunazzi.L’autrice udinese, valente scalatrice e datempo impegnata nello studio e nella risco-perta di personaggi e di episodi del nostropassato alpinistico, in questo suo libro haripreso le già note vicende della conquistadel Campanile di Val Montanaia, ma per laprima volta direttamente raccontate e illu-strate da Napoleone Cozzi, che fu uno deiprotagonisti di quella storia. Inoltre ha pun-tigliosamente raccolto notizie della fami-glia, documenti, fotografie sulla vita, le vi-cende umane, artistiche, sportive di quel-l’esuberante e fantasioso personaggio. Masoprattutto ha avuto il merito di recuperaree riproporci il prezioso taccuino di acque-relli di Cozzi, che illustra e impreziosisce ilracconto della sua spedizione sul Cridola,sul Campanile e sul Duranno, insieme al-l’amico Alberto Zanutti e, nella prima par-te, a Giuseppe Marcovich, nel settembredel 1902. È questa la prima volta che la fi-gura di N. Cozzi, le sue vicende umane e lesue attività sono così accuratamente rac-colte e presentate in un’opera particolareg-giata e compiuta.Inoltre, alla fine del volume, l’editore ha cu-rato anche la pubblicazione del primo “li-bro di vetta” del Campanile, con le firme ditutti gli scalatori che hanno raggiunto quel-la cima dal settembre 1902 all’agosto 1930.L’insperato ritrovamento di questo prezio-so cimelio è stato un vero colpo di fortuna,che ha premiato la grande passione, lacostanza di ricerca, il buon fiuto di BepiPellegrinon e ci ha offerto in visione un do-cumento eccezionale non solo per la rico-struzione delle vicende del Campanile, maanche per uno spaccato della storia dell’al-

pinismo di quell’epoca. Il Campanile infatticostituiva allora una delle salite classiche,fra le più impegnative e ambite per tutti gliscalatori dolomitici e le firme sul libro divetta possono fornire un quadro statisticoabbastanza attendibile e completo. Ad unaprima visione anche superficiale, si ponesubito in evidenza la lunga, totale assenzadi alpinisti nel periodo della Grande Guer-ra, assenza che iniziò già all’inizio dell’esta-te del ‘14 (l’attentato di Sarajevo è del 28giugno, l’inizio delle ostilità v. e p. esatta-mente un mese dopo) e che si protrassepoi per ben due anni nel dopoguerra (1919e 1920). Se vogliamo analizzare con mag-giore attenzione l’elenco dei salitori dal1902 al 1913, troviamo che le presenze suquella vetta furono 122; di questi 78 stra-nieri, in gran parte austriaci e germanici,28 italiani, 16 guide cortinesi o trentine (dietnia italiana, ma allora ancora sudditi del-l’Impero Austro-Ungarico).Alcune curiosità: Tita Piaz, la famosissimaguida fassana (quello che scrisse in un suolibro: “quando, ad una svolta del sentiero,ci apparve il Campanile in tutta la sua divi-na illogicità, sentii come poche altre voltein vita mia il bisogno di inginocchiarmi eadorare”) salì con clienti sul Campanile nel1905, 1906, 1907, 1908, 1910 e ancora nel1929.Nel 1910 toccarono la vetta insieme quattrodei cinque fratelli Fanton: Luisa, Augusto,Arturo, Umberto; mancava solo Paolo, chetuttavia compì quella salita più volte. Leprime donne che salirono il Campanile fu-rono, il 21 luglio 1903, Mary von Glanvell eTitty Angerer, futura sposa di von Saar, riaf-fermando così anche in campo femminile idiritti di una priorità di famiglia nella con-quista di quella cima. Seguirono KätheBröske e Marie Bernard (1908), la milane-se Maria Carugati (1909, prima italiana), lacadorina Luisa Fanton (due volte nel 1910);

UN CAPITOLO DELLA STORIA DEL CAMPANILEE DELL’ALPINISMO PORDENONESE

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nel 1911 l’inglese Beatrice Tomasson e lebaronessine ungheresi Rolanda e IlonaEötvos, tutte tre già ben note per le loroinnumerevoli imprese nelle Dolomiti; infi-ne l’inglese Costance Dechson (1912).Prendendo in esame l’elenco delle salitedel primo decennio post-bellico 1921-1930,si nota un notevole aumento delle presenzedi scalatori, dovuto ad una ripresa generale(condizioni di vita, trasporti, ecc) ma ancheal diffondersi dell’interesse per l’alpinismoe per un nuovo e diverso atteggiamento emodo di vedere verso la montagna. I salito-ri ora sono decine ogni anno e gli italianisuperano gli stranieri; predominano i trive-neti, ma numerosi provengono anche daaltre regioni d’Italia. Proporzionalmenteaumentano moltissimo i senza guida, se-gno questo di un progresso delle capacitàtecniche e dell’ardire degli scalatori.

Ma oltre queste considerazioni generali,storiche e statistiche, vorrei prendere in e-same anche un altro aspetto di questo lun-go elenco di salitori del Campanile, chepuò fornire preziose indicazioni anchesulla storia dell’alpinismo pordenonesedurante quel decennio.È un periodo in cui l’interesse per la mon-tagna cominciò ad affermarsi e diffondersianche nella nostra zona: sorse nel 1920 laprima associazione alpinistica nella nostracittà, “La famiglia alpina” di Pietro Tajariol,poi confluita nella neocostituita Sezione delC.A.I.; nel ‘25 fu costruito il Rif. Policreti inPian Cavallo, base storica dell’ alpinismopordenonese.Dopo i primi contatti con la montagna, an-che per i pordenonesi la salita del Campa-nile venne a rappresentare la grande aspira-zione, l’ambita prova, l’affermazione ufficia-le a consacrare l’appartenenza ad una ri-stretta elite che allora, e ancora fino ai pri-mi anni ‘50, valeva quale riconoscimento so-lenne: “ha fatto il Campanile!” e noi ci se-gnavamo a dito, con ammirazione e rispet-to, gli scalatori che ci avevano precedutonell’agognata impresa.Per questo dall’elenco dei salitori e dallastoria del Campanile possiamo ricavareun’interessante storia anche del nostro al-pinismo. Già nel 1921 il primo dei nostri asalire il Campanile non poteva essere cheVittorio Cesa De Marchi, allora 26enne,con precedenti esperienze dolomitiche giànegli anni anteguerra, valoroso e decoratoufficiale degli alpini, futuro fondatore dellaSezione di Pordenone e della Sottosezionedi Sacile, autore della prima guida del M.Cavallo in lingua italiana; trasferitosi a Udi-ne e poi a Torino, fu anche socio delC.A.A.I..Il 19 settembre 1926, nel gruppo degli alpi-nisti che portarono in vetta la campana,c’era anche il nostro Renzo Granzotto, sca-latore già affermato e, delle tre signore pre-

Il Campanile visto salendo af.lla Montanaia.(foto di FrancoProtani)

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senti, una era Maria Breveglieri Giordani,diventata bellunese per matrimonio, maclautana di nascita (della numerosa fami-glia di Giacomo Giordani). Ma fra i tanti per-sonaggi famosi c’erano anche due ragazzisconosciuti, aggregatisi quasi di nascostoalle altre cordate: erano i pordenonesi Fran-cesco Maddalena e Raffaele Carlesso, ri-spettivamente di 20 e 18 anni, che di lì inizia-rono la loro brillante carriera di scalatoriche doveva portarli dopo pochi anni alle glo-rie dell’Accademico. E furono proprio queidue ragazzi che ebbero poi un ruolo di spic-co nell’alpinismo pordenonese, furono loroad aprire il mondo della roccia ed a fare dacapocordata a tanti giovani compagni, inmodo particolare a far loro da padrini nelrito di suonare la mitica campana.Nel ‘27 Francesco Maddalena fu ancora suquella vetta, insieme a due pordenonesi(firme illeggibili); l’anno successivo tornòcon il cugino Carlo Alberto, nome impor-tante nella storia della nostra Sezione e an-cora con Carlesso e con Mario Boranga,che fu per decenni dirigente del nostro so-dalizio.Nel ‘27 Carlesso guidò in vetta Gino Mar-chi (già suo compagno di cordata sulle pa-reti Est di C. Manera e del C. dei Furlani):socio fondatore, sempre munifico sosteni-tore, per moltissimi anni Presidente effetti-vo e infine Presidente Onorario della no-stra Sezione. Ancora nel ‘27 Carlesso eMarchi salirono in vetta con il loro vecchiomaestro di montagna, l’anziano (allora a 60anni si era già anziani) ma ancor validoPietro Tajariol e suo figlio Arrigo.Il 2 settembre 1928 Carlesso, Arrigo Tal-lon, Cesa De Marchi, Granzotto, Gino e Ro-molo Marchi aprirono una variante salen-do al ballatoio direttamente sopra la fessu-ra Cozzi, senza traversare sulla pareteOvest (fu allora classificata molto difficile,6° gr.). Nel ‘28 Chechi Maddalena guidòsul Campanile Ruggero Boranga, che tor-

nò poi più volte (anche in solitaria) o ac-compagnando gli amici Bepi Busetto eBepi Pasini. Nel ‘29 C. A. Maddalena fu an-cora in vetta con Osvaldo D’Andrea e conAmilcare Endrigo, altra figura di spiccodella nostra associazione; pochi giornidopo Antonio Bo, torinese ma residente aPordenone e ben integrato fra noi, salì ilCampanile con due pordenonesi rimastisenza un nome. Ancora nel ‘29, in cordatacon alcuni bellunesi, Maria BreveglieriGiordani con il 18enne Paolo Gallo, futurosalitore dello spigolo Nord-Est del Col Nu-do e per moltissimi anni medico a Erto eLongarone (l’unico di questo lungo elencotuttora vivente). Nello stesso anno suona-rono la campana anche Cesare Vittorio Co-lussi, Alfonso Marchi, Argo Beltrame, GianMaria Cadel di Maniago, con Olinto Gallo

La Val Montanaiacon al centro ilCampanile.(foto di Franco Protani)

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di Erto, fratello di Paolo e il clautano Se-condo Giordani, fratello di Maria Breve-glieri (una curiosità: il Giordani volle torna-re sul Campanile a 80 anni, insieme a un ni-pote).Nel luglio del ‘30 una pattuglia del Btg.Tolmezzo dell’8° Rgt. Alpini raggiunse lavetta con armi ed equipaggiamento com-pleto; l’impresa per quel tempo era consi-derata importante ed ebbe una certa riso-nanza: capocordata era il cap. magg. Raf-faele Carlesso, allora in servizio militare dileva. Con l’agosto 1930 finisce il libro di vet-ta e di conseguenza s’interrompe la nostradisamina. Contiamo di riuscire presto ad a-vere in visione l’elenco delle firme del de-cennio 1930-1940, per noi particolarmenteinteressante perché corrisponde al periododella massima attività di nostri scalatori

quali Walter Marini, Giovanni Brusadin,Arrigo Tallon, Enrico Santin, Laerte Zu-liani, Osvaldo D’Andrea, Emilio Gaggio,ecc.Nel 1930 un altro avvenimento importantevenne a rinsaldare il legame fra il Cam-panile e la nostra Sezione C.A.I.: la costru-zione del Rif. Pordenone in Val Montanaia,preziosa base per le salite ai Gruppi degliSpalti di Toro-Monfalconi, Pramaggiore, C.Preti-Duranno, e che rese molto più brevee agevole la via di accesso al Campanile.Da quanto abbiamo potuto vedere la storiaalpinistica del “più bel Campanile del mon-do” si intreccia strettamente con la storiadella nostra associazione e con la storia deiprimi alpinisti di Pordenone, che per quasimezzo secolo furono i protagonisti dellavita della nostra Sezione del C.A.I., i fonda-tori, i dirigenti, i trascinatori, cui spetta ilmerito di aver creato i presupposti, anchemateriali ed economici, ma soprattutto mo-rali ed educativi, che hanno avviato allamontagna generazioni di giovani.Quando gli odierni scalatori, carichi di tec-nologia e di attrezzature, raggiungerannoquella cima, ricordino questi nomi e, dopoche la campana avrà squillato a festa per iltrionfo dei vivi, serbino un pensiero e unrintocco mesto per quelli dei nostri che lihanno preceduti e che quella campana han-no suonato in un passato lontano.

Tullio Trevisan

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Il terremoto del 6 maggio 1976 con le fortirepliche di settembre è stato per il Friuli ilpiù tragico evento naturale del Novecento,ma in passato molti altri violenti sismi hannosquassato più volte questa regione. I terre-moti sono movimenti improvvisi e rapididella crosta terrestre che partono dall’inter-no della Terra e raggiungono la superficie inun’area detta “epicentro”. Nell’antichità sicredeva che essi fossero provocati dal miticogigante Atlante condannato a reggere la Ter-ra sulle spalle; però gli uomini antichi giàsapevano che questi fenomeni erano ripetiti-vi, più frequenti in alcune aree e meno in alt-re. Le prime notizie di un terremoto nell’AltaItalia risalgono al 238 d.C.; il primo docu-mentato terremoto del Friuli fu quello del 3gennaio 1117. Il più grande sisma friulanodel Medioevo avvenne il 25 gennaio 1348 edebbe un’intensità compresa tra il IX e il Xgrado della scala Mercalli (il grado più ele-vato è il XII).

Una volta però non esistevano le scale si-smiche e quindi la valutazione dell’intensi-tà dipendeva dalle sensazioni dei cronisti.Così si legge che a Pordenone le tre ripre-se del terremoto del 1348 furono avvertitecome “leggera”, la prima, “molto forte”, laseconda, e “orribilmente disastrosa” la ter-za. Un modo empirico per valutare l’inten-sità era dato dal suono delle campane: conle scosse del V grado tintinnavano le cam-panelle delle porte delle case; quelle delVII-VIII grado facevano suonare anche legrandi campane. Uno dei più violenti terre-moti del Friuli si verificò il 26 marzo 1511,lo stesso anno della sanguinosa rivolta deicontadini e di una grave epidemia di peste.A Udine crollarono parti del duomo e delcastello; a Pordenone il sisma lesionò ilcampanile di S. Marco; a Sacile fece crolla-re un’ala del palazzo comunale e il campa-nile di S. Nicolò e, singolare effetto, arrestòil corso della Livenza.

Nel luglio del 1776 le valli del Meduna e delColvera furono interessate da uno sciamesismico, che durò parecchi giorni; allascossa principale seguirono “fitte tenebre”.

Il 6 giugno 1794 la Val Tramontina e la Vald’Arzino furono colpite da un sisma “spa-ventevole” che provocò vittime e danni.Nell’epicentro, localizzato nel Canal di Cu-na, il terremoto ebbe un’intensità del IXgrado; a Tramonti di Mezzo distrusse lachiesa e più della metà delle case. Anche laCarnia fu spesso sconvolta da forti movi-menti tellurici come, ad esempio, quellodel 20 ottobre 1788 che ebbe l’epicentro aTolmezzo.

Il 19 febbraio 1853 violente scosse solleva-rono le nevi del M. Amariana, che ricadde-ro sul paese di Amaro come una nevicata aciel sereno. Nella notte del 28 agosto 1884gli abitanti di Tolmezzo furono svegliatinon tanto da una scossa, che fu abbastanzaleggera, quanto “dallo schiamazzare deipolli e dal muggire delle armente”, già irre-quiete nelle ore precedenti. Il 29 giugno1873 un sisma del X grado ebbe l’epicentroin Cansiglio. A Pordenone si manifestò conintensità dell’VII grado, a Porcia crollaronoparte delle torri del castello e il tetto dellachiesa della Madonna. Il 27 marzo 1928 unterremoto del X grado infierì sulla Vald’Arzino tra San Francesco e Verzegnis.

Il 18 ottobre 1936 il Cansiglio fu di nuovoepicentro di un sisma del IX grado che pro-vocò vittime e gravissimi danni a Caneva e,a Sacile, lesionò tra l’altro l’antica Torre deiMori, poi abbattuta; subirono danni anchela chiesa e il campanile di San Floriano aPolcenigo. Nell’area maggiormente colpi-ta, divisa dal Tagliamento tra Prealpi Car-niche e Prealpi Giulie, il sisma del 1976 halasciato vistose ferite anche sulle monta-gne dove ha travolto strade e sentieri. A di-

I TERREMOTI DEL FRIULI A TRENT’ANNIDALL’EVENTO DEL 1976

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stanza di 30 anni sono ancora evidenti lefrane provocate da quel sisma sui montiChiampon e Glemina, sopra Gemona, sulversante ovest del M. Plauris, sopra Ven-zone, sul M. Brancot a Braulins, sui montiSan Simeone e Festa e in molte località del-la Val Fella. Grandi quantità di detriti difrana si sono riversate su preesistenti depo-siti nei canaloni del M. Ledis e dell’Amaria-na. Una lunga fenditura si è aperta sul M.Cuarnan; nuovi crolli hanno alimentato lefrane di Anduins e di Pert nella Val d’Ar-zino; enormi massi sono precipitati nel tor-rente e la strada provinciale è rimasta inter-rotta per molti mesi. Sopra San Francescoè crollato un altro pezzo del M. Piombadae, a Piedigiaf, nel Canale di Cuna, si è am-pliata la vecchia frana.

I crolli hanno interessato anche rocce dallecaratteristiche meccaniche ottime, come icalcari e le dolomie, ma rese instabili dadiffuse fessurazioni. In merito alle cause

dei terremoti, fin dall’antichità si conosce-va la stretta connessione tra terremoti evulcanesimo, però in Friuli non c’erano vul-cani e quindi si pensava che i terremotifriulani trovassero origine nei Colli Euga-nei. Un’altra teoria ipotizzava che i sismidipendessero da crolli di caverne provocatidalla pressione di gas sotterranei; così, alprimo segno premonitore, si ordinava discoperchiare i pozzi dell’acqua per favorirela fuoriuscita degli ipotetici flussi gassosi.Ancora alla fine dell’Ottocento prevaleval’opinione che i movimenti tellurici fosserouna conseguenza dell’azione erosiva delleacque sotterranee; essi venivano quindicollegati alle piogge o, più in generale, allecondizioni climatiche.

Tra l’altro si riteneva che presagio di terre-moto fosse l’atmosfera afosa e statica dicerte sere estive, quando la Luna apparerossastra e la natura tace. La Luna è il cor-po celeste a noi più vicino, assieme al Sole

La conca di Barcis con i monti Raut e Jouf; sullosfondo, le frane della piùgrande faglia del Friuli,il “sovrascorrimentoperiadriatico”.

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suscita le maree e ha influssi sull’uomo, manon è certo che essa possa anche scatena-re i terremoti. Oggi si sa che l’elevata si-smicità della regione friulana è dovuta allasua complessa struttura derivata dalle de-formazioni dei corpi rocciosi che la com-pongono i quali sono compressi da grandiforze interne.

Per questo motivo il territorio si presentacon valli strette e rilievi montuosi che sor-gono quasi all’improvviso dalla pianuracreando ambienti naturali completamentediversi, anche se essi sono molto vicini traloro. Lo scrittore Ippolito Nievo (1832-1861) aveva colto questa caratteristica delFriuli che egli poeticamente definì “un pic-colo compendio dell’universo”. Ma questo

“compendio” è indice di una situazionegeologica complicata con faglie, sovrascor-rimenti e fratture di masse rocciose chesono all’origine dei terremoti. Contro que-sti fenomeni l’unica difesa è quella di limi-tarne i danni costruendo le case in modoadeguato. In questo campo il terremoto del1976 ha segnato una svolta sia nella pre-venzione antisismica, come nella gestionedell’emergenza, nell’ organizzazione dellaProtezione Civile e nello studio dei feno-meni sismici.

Tito Pasqualis

(Il tema di queste note è stato scelto con l’amico SilvanoZucchiatti pochi giorni prima della sua immaturascomparsa. N.d.A.)

Il mitico gigante Atlante condannato da Zeus a reggere la Terra(statua del III a.C.).

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NOTIZIE DALLA SEZIONE

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CONSIGLIO DIRETTIVO IN CARICA PER IL BIENNIO 2005-2006

REMONDI Gabriele Presidente

PIZZUT Alleris Vice-Presidente

DALLA VILLA Liliana ConsigliereFORNASIER Giorgio ConsigliereJEREB Franco ConsigliereMANZON Andrea ConsigliereMORETTO Claudio ConsigliereNETTO Renzo ConsiglierePROTANI Franco ConsigliereSTIVELLA Diego ConsigliereZANUTTINI Luciano Consigliere

REVISORI DEI CONTI

BARATO Roberto Presidente Collegio dei RevisoriDE LUCA AlmaVENIER Alessio

DELEGATI SEZIONALI AI CONVEGNI

REMONDI GabrieleFURLANETTO GianniNETTO Renzo

SEGRETERIA SEZIONALE

BRUSADIN Eliana

SOTTOSEZIONE DI AVIANO

TESOLIN Walter

La segreteria della Sezione osserva il seguente orario:

Lunedì ChiusoMartedì 18.00-19.30Mercoledì 18.00-19.30Giovedì 21.00-22.30Venerdì 18.00-19.30

Tel. e Fax 0434 522823 CP 112 E-mail : [email protected] web: www.cai.pordenone.it

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Una settimana ad Andreis con:26 giovani aquilotti6 accompagnatori ed un’eccellente cuoca.

Un desiderio, un’idea che da un po’ di anni“frullava” nella testa di Alleris e Sara: orga-nizzare una settimana in montagna con iragazzi dell’Alpinismo Giovanile. Final-mente quest’anno si sono create le condi-zioni ideali per lo svolgimento di questocorso con ampio consenso di tutti. Am-bientazione ideale Andreis, vicino casa eadatta per una esperienza con molti piccolidi 7-8 e 9 anni. Settimana strutturata conescursioni, momenti ludici, ma anche in-tensi momenti di lavoro, studio e ricercache tutti hanno seguito con molta attenzio-ne… forse, anzi sicuramente, più che ascuola! Per concludere in bellezza questaesperienza è stata riassunta dai ragazzi inun “telegiornale-cronaca” presentato ai ge-nitori nell’ultima giornata. Hanno così rac-contato e mimato tutto ciò che avevano vis-suto. Abbiamo così deciso di copiare qui diseguito i loro scritti, così come sono… rac-contati dai quattro gruppi in cui erano divi-si: Scoiattoli, Gufi, Camosci e Aquile.

SABATO Aquile

Siamo arrivati ad Andreis con i genitori eabbiamo visitato lo Chalet.Dopo aver mangiato il pranzo al sacco deigenitori, Alleris e Sara hanno spiegato le at-tività ed il menù della settimana. Nel pome-riggio abbiamo sistemato i bagagli nelle ca-mere e ci siamo divisi in quattro gruppi dilavoro: Aquile Scoiattoli Camosci Gufi. Ver-so sera abbiamo giocato ad hokey, calcio e al-tri giochi.Stanchi ed affamati ci hanno chiamato perla cena. C’era risotto, sofficini ed insalata.Dopo cena la Sara ha letto delle simpatichefiabe di gnomi ed animali. … “ragazzi ora tutti a nanna!”… “no, nonsiamo stanchi, col cavolo!!”.

DOMENICA Scoiattoli

“Buon pomeriggio e benvenuti al TG CAI!”Siamo qui per riassumere la giornata di do-menica.In collegamento esterno i nostri inviati vipresenteranno le notizie più interessanti. In-cominciamo dando la linea ad Anna.”“La giornata è iniziata con l’arrivo dellaprofessoressa di scienze Sonia, mamma delnostro Mattia, che ci ha insegnato a classifi-care le piante. Successivamente, sempre ac-compagnati da Sonia, siamo andati a rac-coglierle. Al ritorno a casa il nostro bottino èstato classificato e pressato. “veramente ddi-vertente!”“Grazie ad Anna, ci colleghiamo ora con ilsecondo inviato. Riccardo a te la linea.”“La lezione di erbologia mattutina si conclu-de così felicemente e, per proseguire, gustan-do il favoloso pranzo di nonna Maria. Nelpomeriggio ci siamo preparati per andare aBarcis. Ecco che ci imbattiamo in un fango-so e melmoso sentiero che mette a dura pro-va le nostre capacità, ma non è tutto… arri-vati a Barcis un improvviso temporale ci

26 Agosto-2 Settembre 20061° Corso Di Avvicinamento Alla Montagna

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prende di sorpresa bagnandoci tutti! For-tunatamente il cielo si è poi aperto permet-tendoci di assistere ai balletti folkloristici al-l’aperto. Ma il bello è stato che abbiamo bal-lato pure noi! “Veramente ddivertente!”

“Grazie Riccardo! Il TG CAI finisce qui,grazie per l’attenzione. Arrivederci.”

LUNEDÌ Camosci

“Buona sera a tutti, telespettatori! Ora cicolleghiamo con la nostra inviata Carolina.A te la linea.”“Buona sera anche a voi dalla vostra invia-

ta Carolina. Mi trovo qui ora in un elicotte-ro del CAI e sto sorvolando Andreis. In questo momento ci troviamo sopra un’a-rea pic-nic nella quale una famiglia di ca-pre festeggia la vittoria dei mondiali! Ora cispostiamo sopra il paese omonimo. Comepotete vedere ci sono molte case rustiche,carine e con meravigliosi fiori! Con questaimmagine vi ridò la parola.”“Buona sera a tutti voi! Ora rimaniamosempre ad Andreis per la gioia di voi bam-bini con il Gabibbo Mirko che si trova pres-so l’ospedale dei volatili. A te la parola!”“Hei, hei, ciao amici!Sono stato chiamato qui dai ragazzi dell’al-pinismo giovanile per parlarvi di un graveproblema: rapaci feriti! Qui ogni anno arri-vano dei rapaci che hanno subito un inci-dente e che vengono curati da delle personestraordinarie. E con questo vi saluto be-sughi!”“Grazie e ciao Gabibbo! Ora voglio raccon-tarvi di una gara di pittura sassi svoltasi inuna meravigliosa località montana dove iragazzi hanno colorato i sassi precedente-mente raccolti sul torrente. Il pranzo è sta-topoi allietato da una meravigliosa pasta allacarbonara preparata da uno chef a livellomondiale… la nonna Maria! Con questo vi

saluto e … aalla pprossima ppuntata!”

MARTEDÌ Gufi

“Buon giorno a tutti voi dalla redazione deiGufi. La notizia del giorno è la gita del CAIdi Pordenone. Alla fine ci sarà lo speciale diMattia sulla lezione di meteorologia. Co-munque le gite sono state due, una per gliUnder (piccoli) l’altra per gli Over (gran-di). Ma... Passiamo al sodo, la linea a Mat-tia.”“Salve a tutti …dopo aver fatto un’ abbon-dante colazione i campioni Under del CAIsono partiti per il Monte Jouf.Durante l’inerpicato cammino hanno potutoosservare le meravigliose bellezze della natu-ra: le montagne dei dintorni, una stupendacasera, ecc. In lontananza potevano scorgereanche Maniago e Montereale.Proseguendo poterono udire con sorpresa ilboato di una mina brillata alla cava del ce-mentizillo. Hanno potuto anche apprendereda un boscaiolo la lavorazione del legno.Arrivati in cima al Monte Jouf i ragazzihanno firmato il libro di vetta. Ora la lineaallo studio.”“Grazie, ora dopo questo avvincente raccon-to passo la linea all’inviato degli Over Lu-ca”. “Gli Over sono partiti per un sentierotranquillo fino arrivare al palazzo Prescu-din dove hanno imparato a leggere le carti-ne topografiche. Si sono poi trovati davanti a un sentiero ri-pidissimo che hanno affrontato con faticama con tutto l’entusiasmo del CAI. Ad uncerto punto si sono trovati in un sentierodistrutto dalla caduta degli Alberi. I ragazzicoraggiosi hanno attraversato “alla Rambo”questo percorso impossibile e sono saliti suun cucuzzolo a guardare il paesaggio. Rag-giunta la Forca di Sass hanno mangiato esono ripatiti. Arrivati giù dopo la faticosacamminata sono arrivati in un bar doveStefano ha offerto il gelato ai ragazzi.”

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“Ben tornati, e ora è arrivato il momentoche tutti aspettavate: la lezione di meteorolo-gia. Arrivederci e grazie!”

MERCOLEDÌ Insieme Gufi e Camosci

“Buongiorno a tutti, di nuovo io, Mattia, perraccontarvi lo speciale sulla meteorologia.Mercoledì mattina è venuto Angelo Mar-gherita, un Accompagnatore del CAI di Me-stre, a fare una lezione ai ragazzi di Porde-none.I ragazzi molto interessati hanno assistitoalla lezione con il proiettore, guardando dia-positive ed esperimenti. Alla fine i ragazzi,divisi nei quattro gruppi, hanno costruito unbarometro, un pluviometro, un anemome-tro, un termometro e la scala dei venti”.“A voi Michele per la lezione di Pronto Soc-corso.”“Un’altra notizia molto importante riguar-da un convegno tenuto mercoledì pomeriggiodal dottor Carlo Fachin sul pronto soccorso.In questo convegno si è parlato dell’ipoter-mia, delle lesioni corporee, delle vipere e del-le zecche. Inoltre questo medico ha spiegatoanche cosa si deve mangiare in montagna e

come ci si deve vestire. Con questo vi salutoe …alla pprossima ppuntata!”

GIOVEDÌ Insieme Scoiattoli e AquileArrampicata in palestra di roccia adErto e visita diga Vajont - Casso e Erto

“Oggi miei cari spettatori vi vogliamo pre-sentare un documentario fatto dal famosogruppo degli scoiattoli su «La tragedia delVajont» e la gita di giovedì 31 agosto fattadal gruppo CAI giovanile di Pordenone.Vediamo i nostri prodi roditori ammirare ladiga ancora intatta e la frana del monte Toca forma di M, e poi in marcia, o meglio inmacchina, verso la vecchia Casso, la nuovaErto con il laboratorio di Mauro Corona, lavecchia Erto ed il Centro Visite del Parco aguardare il documentario sul Vajont.Luca, la nostra guida, sapeva proprio tutto!Ed ora tutti in macchina… si va a mangia-re!”“Dopo aver visitato Erto e Casso siamo an-dati alla palestra naturale di arrampicatadove, dopo aver parcheggiato le auto, ab-biamo messo imbracature e caschi. Racheleha fatto la via più semplice, invece Lara piùcoraggiosa ha fatto la più difficile. Micheleha fatto vedere a tutti come si scende. Nontutti hanno provato… ma tutti hanno guar-dato!”

VENERDÌ E SABATO

Non è stato redatto il telegiornale permotivi tecnici di tempo!

Nella giornata di venerdì ci sono state le pro-ve finali del telegiornale e, soprattutto abbia-mo tirato le somme di tutto ciò che era statofatto, completato i lavori rimasti in sospesoed, alla fine, è stato dato un punteggio ad

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ogni gruppo per premiare quello che si eracomportato meglio. Abbiamo poi avuto unameravigliosa cuoca che, con grande gioiadei genitori, è riuscita a far mangiare di tut-to ai nostri ragazzi, anche le cose “antipati-che” come frittata e minestrone!Conclusione finale molto gratificante per noiAccompagnatori e, per “mettersi alla pari”con i ragazzi, abbiamo svolto anche noi uncompitino: con l’aiuto di Fabiana abbiamoscritto una poesia riportata qui di seguito. Poi alla fine troverete anche una breve poe-sia recitata da nonno Ernesto (93 anni)nostro vicino di casa che ogni tanto veniva afarci visita e che noi ricambiavamo portan-dogli gli avanzi di cibo per i suoi coniglietti.Che dire … settimana positiva … da ripete-re sicuramente il prossimo anno!Alla pprossima ppuntata!

Accompagnatori:Pizzut Alleris, Nespoli Sara, Della RosaGiorgio, Chetti Marina, Mascarin Marc,Tomasini Fabiana, Del Pup Maria (la cuoca)

“La ccompagnia ddei DDaltz”antico popolo di Andreis

Con i rossi cappuccetti che sembravanofollettisu e giù per le montagnezaino in spalla e gambe stanchecon il naso all’insù ammiravan il cielo blu.Chi con grida chi risaterallegravan le vallatesulle rocce irte e dureappoggiavan mani sicure.Tante bocche da sfamarecose buone da mangiaretanti cuori sconsolatidai più grandi confortati.Tanta è stata la faticama alla fin gioia infinita.

Fabiana e gli Accompagnatori

Nevicava nevicavae un uccello pigolavae diceva “Per pietà un granello chi mi dà?Ho una fame che patire mi par quasi di morire.”“Oh - disse un bimbo vien domani ti daròtre quattro pani e un gran pranzo ti farò.”Ma lui moriva in quella serae l’indomani più non c’era.

Cavaliere del LavoroBucco Ernesto

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La stagione escursionistica 2006 ha vissutoin Friuli Venezia Giulia uno dei più impor-tanti appuntamenti a livello nazionale. In-fatti si è svolta dal 16 al 25 giugno la 9ª Set-timana Nazionale dell’Escursionismo” ospi-tata in Carnia.Trattasi di una iniziativa nata dopo il gran-de successo del “Cammina Italia” 1995 e1999, per valorizzare quei territori ancoranon troppo conosciuti e sfruttati e per in-centivare, in giusto equilibrio, la promozio-ne dell’escursionismo assieme ad un turi-smo sostenibile.

È un cammino escursionistico che parten-do dalle Alpi Occidentali ha percorso, annodopo anno, un tracciato ideale fino a spo-starsi verso quelle Orientali.

La parentesi in terra di Sicilia nel 2005 harappresentato una piacevole scoperta edun’ottima occasione per la promozione diquel territorio.

Le Sezioni Carniche del C.A.I. e le sue gen-ti hanno saputo manifestare un’ospitalitàcalda e generosa alle centinaia di ospitigiunti da tutta Italia, ed una organizzazioneestremamente precisa ed accurata che hapermesso il perfetto svolgimento delle ol-tre trenta escursioni programmate nell’ar-co della settimana.

Intenso il programma delle iniziative a co-rollario delle escursioni: visite guidate aimusei, incontri musicali, mostre, conferen-ze, incontri con alpinisti carnici.Da sottolineare in chiusura lo svolgimentodi due importanti convegni a coronamentodella settimana: “Sentieri ritrovati: il ritor-no dei grandi animali sulle Alpi Orientali” acura del Comitato Scientifico Centrale e l’“8° Meeting Nazionale sulla SentieristicaC.A.I.” a cura della Commissione Centraleper l’Escursionismo.

Un grande plauso vada quindi agli organiz-zatori carnici per la magnifica esperienzache hanno saputo farci vivere ed un arrive-derci per la 10ª Settimana dell’Escursioni-smo” che si terrà in Liguria dal 23 al 30 giu-gno 2007.

Franco Jereb

Escursionismo:9 Settimana Nazionale Escursionismoa

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Estate pazza, pazza estate. Anche stavolta iltempo, quello meteorologico, ha avuto unruolo determinante nei programmi alpini-stici di tutti noi. Quando parlo di tempo conun mio caro amico, egli ricorda sempre unvecchio proverbio in dialetto veneto che,tradotto in italiano e ingentilito nei vocabo-li significa che a una persona ricca, al fon-doschiena e al tempo non si può comanda-re perché fanno sempre quello che voglio-no. I proverbi non sbagliano e l’esperienzainsegna che è meglio accettare umilmentequello che viene e non sopravvalutare leproprie capacità sfidando stupidamente leforze della natura. È fuor di dubbio che, incerte situazioni, vale di più una rinunciache una cima a qualsiasi prezzo. Tanto lemontagne sono sempre là e non si muovo-no (almeno si spera) se non in piccolissimaparte e solo in verticale. A proposito di ver-ticale anche per quest’anno sono qui ad e-lencarVi che cosa hanno fatto alcuni nostrisoci, quelli che più degli altri hanno il palli-no di andare in quel senso. Molti altri sonosaliti per le “normali” su alcune cime delleDolomiti, delle Alpi Giulie (anche in gitasociale) e delle Carniche. Non sono statenemmeno dimenticate certe vette di valorestorico ed ambientale, salite anche da cor-date tutte al femminile. Evidente la confer-ma che nella nostra Sezione un considere-vole gruppo di persone continua a mante-nere un elevato livello di preparazione tec-nica e culturale. Ripetizioni ddi vvie cclassiche: nel gruppo delSassolungo e Sella Piz Ciavazes via Mi-cheluzzi+diedro Buhl: Matarazzo Biscon-tin, Bravin Tesolin. Piz Ciavazes via Shu-bert: Benedet (sez. consorella) Sablich. PizCiavazes spig. Abram: Sablich Mazzi. 1aTorre del Sella via Schober: Mazzi Sablich.Sass Pordoi spig. Piaz: Sablich Pezzullo. Sulle Pale di San Martino Pala del Rifu-gio via Esposito: Matarazzo Verlato, Padesi

Piccilli (sez.consorella) Callegarin (sez. con-sorella). Cima della Madonna Spigolo delVelo (var. Steger) Sablich Mazzi. Punta dellaDisperazione via Timellero: Fantin e C.

Sul Fànis Sass di Stria via Colbertaldo: Pa-desi S. Salvadego (sez.consorella) Barbare-sco. Torre Grande di Falzarego via Dibona:Sablich Pezzullo. Torre Piccola di Falza-rego via diretta Scoiattoli: Barato R. Bian-chini. Cima Bois via Ada: Matarazzo Bi-scontin. Via Alverà Menardi: Sablich Maz-zi. Piccolo Lagazuoi Via M. speciale: Pez-zullo Sablic. Via “dei proiettili”: SablichMazzi. Via “del buco”: Sablich Pezzullo.Via “Vonbank”: Sablich Mazzi. Cima Fànisdi Mezzo via Dall’Oglio+Barbier: MazziSablich. Cima Scotoni direttissima Lace-delli Ghedina Lorenzi: Mascarin Bidinost.

Sulle Tofane Tofana di Rozès via Triden-tina: Matarazzo Biscontin Marini. Pilastrovia Apollonio Costantini: Matarazzo Bi-scontin, Marini Buzzai.

Sulle Tre Cime di Lavaredo Cima Pic-colissima via Preuss: S. Rigo Benedet. SuiCadini di Misurina Punta Ellie via Maz-zorana: Sablich Pezzullo. Sul Pomaga-gnon Punta Fiàmes spigolo Jori: BenedetS.Rigo. Sul gruppo del Cristallo PopenaBasso via “fucsia”: Sablich Mazzi. SulleMarmarole Torre Pian dei Buoi via DelNegro: S. Bianchini Corazza (sez. conso-rella).

Sulla Croda da Lago-Cernera Lastoni diFormin Torrione Marcella via “Paolo Ame-deo”: S. Rigo Ulian, R. Bianchini Barato.Pilastro Sud Ovest “Via della rampa”: R.Bianchini Barato, Sablich Mazzi. IV° Ba-stione di Mondeval via Bernardi: SablichPezzullo. Sul Nuvolau Torre Anna via Dal-lago: Sablich Pezzullo. Nel gruppo Civetta-Moiazza Torre Venezia via Ratti Panzeri:Matarazzo Biscontin. Torre Venezia viaAndrich: Matarazzo Biscontin. Torre di Ba-

Attività Alpinistica 2006

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bele spigolo Soldà: Matarazzo Mucignat.Pala delle Masenade via Bonetti: Mataraz-zo Mucignat. Scalet delle Masenade viaDorotei Sommavilla: Matarazzo Biscontin,Bravin Livotti. Sugli Spiz di Mezzodì Spizdi Mezzo Via Gianeselli Sommavilla: Be-nedet P. Rigo, S. Rigo R. Bianchini. SulCridola via “Mirella”: Padesi Biscontin.Sugli Spalti di Toro e Monfalconi antic.Meluzzo diedro Soravito: S. Rigo Degan(sez. consorella).

Cima Stalla via “della fess. obliqua” (o deiclautani): Matarazzo Mucignat, CarratùBoz, Carratù Degan. Croda Cimoliana viaGherbaz: S. Rigo R. Bianchini. Sul gruppo

del Pramaggiore Cima Val di Guerra viaFoscato: Matarazzo Bravin. Costa Spalavier(Ponte di Gotte) diedro Corona Carratù:Padesi Todaro. Sulle Prealpi Giulie Mon-te I Musi-Viliki Rop “via Colavizza”: R.Bianchini Barato. Sulle Alpi Giulie JòfFuàrt Ago di Villacco spigolo Klug Stagl:Padesi Zin. Sulle Alpi Carniche Creta diTimau Pal Piccolo spigolo De Infanti: S.Bianchini Zin.

Ripetizioni ddi vvie mmoderne ee/o ssportive: aFinale Ligure sulla Rocca di Perti via Si-monetta: S. Bianchini S. Salvadego. SulleAlpi Retiche - Val di Mello Placche del-l’Oasi via Uomini e topi: Padesi Zin S. Sal-vadego. Sperone degli Gnomi Spigolo del-l’Okone: Padesi Zin S. Salvadego Barba-resco. Sperone degli Gnomi via Tunnel dia-gonale: Padesi Barbaresco. Sarcofago viaCunicolo acuto: Padesi Zin S. Salvadego.Sulle Cinque Torri d’Averau Torre Gran-de via Finlandia e via Farouk: Mascarini Bi-dinost. Sulle Tofane Castelletto via Dibona:Marini Buzzai.

Attività eextra eeuropea: il socio Enrico Fan-tini con alcuni amici zoldani è salito sullacima del Monte Kilimangiaro e del MonteKenia.

A conclusione non mi resta che fare a tuttiun sincero augurio di buona continuazione.

Roberto Bianchini

Lastoni di Formin: torrione Marcella

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smo: le polemiche”. Al saluto del Sindacodi Cimolais, e delle altre autorità presenti èseguito un attento dibattito dal quale èemersa la volontà di evitare di cadere nelsensazionalismo delle polemiche legate aitentativi di scoop a danno di alpinisti. In se-rata gli oltre cento partecipanti sono statiospiti del Comune di Claut con visita allamostra “Maria Giordani Breveglieri e l’alpi-nismo femminile dei pionieri” e alla “Ciasada fum” del XVI secolo. Nell’occasione lePoste Italiane hanno messo in funzioneuno specifico annullo postale.L’ultimo giorno è iniziato con la visita allamostra del pittore Luciano Gajo per prose-guire con la presentazione di opere lettera-rie tra le quali ci piace segnalare l’ultimafatica di Spiro Dalla Porta Xidias “Addio alCampanile” con la presentazione di MauroCorona. Si tratta del quarto libro che l’Au-tore rivolge al Campanile di Val Montanaiae troviamo scritto, con un velo di tristezza:“Questo penso sia quello definitivo. Anchese tornasse l’ispirazione, non ci sarebbepiù il tempo”. È il testamento morale di unnostro consocio che tanto ama quella gu-glia. Gli alpinisti lo sanno, tutti noi lo sap-piamo, e il volume ha avuto un successo divendita che per primo ha sorpreso l’Edi-tore.

Gianni Furlanetto

“L’ormai tradizionale appuntamento an-nuale degli scrittori di montagna soci delGISM, con l’Assemblea generale dell’Asso-ciazione e le altre manifestazioni collaterali,si è tenuto quest’anno nella località alpinadi CIMOLAIS in provincia di Pordenone, a652 m di altitudine, ospiti della locale Am-ministrazione comunale - con il Sindaco,Signora Rita Bressa, in prima persona - cheha inteso così festeggiare la cittadinanzaonoraria attribuita al nostro PresidenteSpiro Dalla Porta Xydias, in relazione allesue imprese alpinistiche realizzate sul Cam-panile di Val Montanaia.Il programma dettagliato delle 3 giornate diconvegno è leggibile on line sul sito www.-gruppogism.it.”

Il gruppo italiano scrittori di montagna(GISM), attivo dal 1929, raccoglie nel suoambito gli alpinisti particolarmente distinti-si nell’arte e nella cultura alpina. L’Assem-blea annuale dei Soci si tiene ogni anno inuna diversa località montana e nel 2006 si èsvolta tra il 16 e il 18 giugno in Valcellina.L’ubicazione è stata scelta su proposta delPresidente del GISM Spiro Dalla Porta Xi-dias, cittadino onorario di Cimolais, e deiSoci Corona e Visentini, che abitano nellavalle. Tra i Soci del Gruppo figura anche ilnostro ex-presidente Tullio Trevisan.Il primo giorno è stato dedicato alla zona diErto, con una visita al laboratorio di MauroCorona, alla mostra permanente sul com-mercio ambulante e alla diga del Vajont,con concerto corale.Il mattino successivo, nel corso di un’e-scursione in Val Cimoliana, un gruppo si èrecato ai piedi del Campanile e successiva-mente ha sostato al Rifugio Pordenone;l’Assemblea vera e propria si è svolta nelpomeriggio a Cimolais ed ha avuto cometema principale una tavola rotonda aperta atutti sul tema: “La brutta faccia dell’alpini-

Convegno Nazionale Del GISM a Cimolais16-18 Giugno

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Giornata Culturale al Rifugio Pordenone

Nell’ambito del programma culturale delClub Alpino Italiano che identifica le pro-prie strutture ricettive in quota quali“Presidi Culturali” nel territorio, la Com-missione Centrale rifugi e Opere Alpine delC.A.I. ha promosso e organizzato Sabato 22Luglio 2006 presso il nostro rifugio Por-denone una giornata culturale dal temaEtica dell’Alpinismo e Filosofia della Mon-tagna con il patrocinio della PresidenzaGenerale e con la collaborazione dellaCommissione Centrale per le Pubblicazio-ni, del Club Alpino Accademico (C.A.A.I.),del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna(G.I.S.M.) e della nostra Sezione. Possiamo essere orgogliosi che l’organiz-zazione centrale del nostro sodalizio abbiascelto il nostro rifugio per lo svolgimentodi questo importante incontro.Quando Vinicio Vatteroni, coordinatorecentrale per le attività culturali, mi ha con-tattato per chiedermi la disponibilità ad or-ganizzare l’incontro, non ho esitato un atti-mo nel dare il mio consenso. Ho pensatoche è molto più bello parlare e discuteredelle tematiche culturali della montagna, inun ambiente altrettanto bello e naturalecome quello del nostro rifugio, piuttostoche in una qualsiasi e anonima sala confe-renze della città.Negli ultimi anni i nostri rifugi sono oggettodi estenuanti discussioni e problematiche,in quanto strutturalmente devono risponde-re a determinati requisiti di sicurezza, abita-bilità e norme sanitarie imposte dalla legge,che stanno “ossessionando” i gestori e an-cor di più le Sezioni proprietarie.Anche per queste ragioni, all’AssembleaGenerale di Maggio a Varese è stato ap-provato il fondo di solidarietà dopo non po-che discussioni e accesi dibattiti. Questofondo verrà direttamente gestito dalla Sedecentrale con il contributo dei Soci e dellastessa Sede, in attesa di finanziamenti pub-blici e certi.

Per un giorno abbiamo dimenticato tuttiquesti problemi, parlando di cultura dellamontagna. In futuro dovremo creare anco-ra maggiormente queste opportunità di in-contro e di dialogo.Il rifugio alpino rappresenta il punto diincontro delle diverse culture della monta-gna: la cultura dell’escursionismo, la cultu-ra dell’alpinismo e la cultura del turista.Perché no, anche quest’ultimo ha diritto digodere delle bellezze naturali del nostroambiente, non ha però il diritto di preten-dere che le strutture dei rifugi debbanooffrire gli stessi servizi che si trovano nellestrutture delle località turistiche. Noi “uo-mini di montagna” dovremo fare cultura,invogliare il turista a prendere in mano unacarta della zona, spiegare dove si può anda-re, riconoscere le cime circostanti e maga-ri trasmettere anche un po’ di storia alpini-stica. Il rifugio è una risorsa che valorizza il ter-ritorio montano, lo rende più accessibile e,se ben gestito e frequentato, può essereanche luogo privilegiato di formazione dicultura ambientalistica e alpinistica.Io personalmente appartengo alla forma-zione culturale delle Scuole di alpinismo esci-alpinismo dove sono entrato nel 1982,come aiuto-istruttore, a far parte dellaScuola Nazionale di Alpinismo, sci-alpini-smo e arrampicata libera “Val Montanaia”della nostra Sezione, conseguendo prima iltitolo di Istruttore regionale di Alpinismo edopo quello di Istruttore Nazionale di sci-alpinismo. Fin dai primi passi nella Scuola,Giancarlo Del Zotto, che l’aveva fondata nel1963, mi insegnò che un buon Istruttorenon è tale solo perché capace tecnicamen-te, ma perché possiede delle solide basiculturali. Ciò significa che gli Istruttori nondevono solo mantenersi in “attività” comealpinisti, ma devono curare al tempo stessotutti quegli aspetti relativi alla didattica,cioè alle tecniche di insegnamento, a quei

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sistemi che consentono di trasmettere agliallievi ciò sanno e possono fare. Per rag-giungere questo obiettivo, è fondamentalecoltivare la passione per la montagna, lacapacità di sviluppare quella “sensibilità”per l’ambiente e conoscere le nostre radicistoriche.

Non appena riceverò gli atti del Convegno,sarà mia cura riassumere gli interventi deirelatori in un prossimo numero del No-tiziario. Al momento mi limito a descriverele caratteristiche e peculiarità dei relatori:

Annibale Salsa, Presidente Generale delC.A.I.;Spiro Dalla Porta Xidias, Presidente delGruppo Italiano Scrittori di Montagna; Dante Colli, Presidente della Commis-sione Centrale del CAI per le pubblicazioni,nonché Vicepresidente del Gruppo ItalianoScrittori di Montagna; Francesco Tomatis, autore del libro “Fi-losofia della montagna”;Giacomo Stefani, Presidente del Club Al-pino Accademico Italiano (C.A.A.I.). Il nostro Presidente Generale non ha certobisogno di presentazioni in quanto il suo“pensiero” spesso lo leggiamo negli edito-riali de “La Rivista” del C.A.I..

Di Spiro Dalla Porta possiamo cogliere lapersonalità di alpinista accademico e scrit-tore, da quanto emerge dai suoi innumere-voli scritti. Dai “Dialoghi con Spiro”, larecente rubrica apparsa su “Lo Scarpone” acura di Roberto Serafin dal titolo “Ma l’eti-ca dell’alpinismo è sempre uguale per tut-ti?”, appare chiaro il suo pensiero su questotema. Vi consiglio di andare a rileggerla!Spiro è stato anche definito “Cantore delCampanile Val Montanaia”, simbolo di ele-vazione e spiritualità.Francesco Tomatis, alpinista appassionato,è docente di Ermeneutica filosofica al-

l’Università di Salerno. È stato per un lun-go periodo ricercatore in Germania al-l’Università di Friburgo. Professore ordina-rio allo Studio Teologico di Fossano, ha col-laborato con le Università spagnole diCordoba, Mendoza e Madrid. Nel suo libro“Filosofia della montagna” uscito a fine e-state dello scorso anno, Tomatis sviluppatanti concetti. Tra i molti, ad esempio, ilsenso del pericolo che così esprime: “Sen-za il pericolo la montagna non è montagna,ma un gioco sterile”. Così come AlbertFredrik Mummery, il celebre alpinistainglese della seconda metà dell’Ottocento,descriveva nel suo tempo i rischi e il fasci-no del pericolo dell’andar per monti. “Nelpericolo c’è sempre un potere educativo equalificante, scriveva Mummery, potereche non si può riscontrare in nessuna altrascuola che non sia quella della montagna”.E Tomatis osserva ancora: “Il fascino dellemontagne è dato dal fatto che sono belle,grandi e pericolose”; sviluppa queste nota-zioni alpinistiche in riflessioni “alpi-misti-che” e osserva: “Non c’è ascesa senza asce-si, continuo esercizio, costante rinuncia,faticoso cammino, disciplinata via, fedeleamore, insonne preghiera di abbandono aciò che, a tutto superiore, attende”.Il lecchese Giacomo Stefani, già a 20 annientra a far parte della esclusiva Società al-pinistica “I Ragni di Lecco”. A 30 anni en-tra a far parte dell’Accademico. Alpinisti-camente assai preparato ha compiuto deci-ne di nuove vie nelle Alpi Occidentali eCentrali, alcune invernali importanti edalcune spedizioni extraeuropee: da segna-lare l’Annapurna I e il Gashenbrum IV (pa-rete ovest).Alla prossima puntata!

Gabriele Remondi

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I dipinti di Stanislav Gilic sono inseparabilidalla copertura esistenziale di vita e dal tem-peramento lirico dell’autore. Sono dipinti natiin occasioni del tutto concrete relazionati aben determinati luoghi delle regioni che confrequenza ha visitato. I suoi pluriennali pelle-grinaggi lo hanno portato verso le pareti e lecime dell’entroterra quarnerino, sul Carso,sulle Dolomiti, in Friuli. Da molte delle sueinnumerevoli escursioni alpinistiche, ritorna-va con schizzi, annotazioni o frammenti dellanatura ben impressi nella memoria, a guisa dielementi descrittivi di viaggio, scritti (o “dise-gnati”), da usare per un’eventuale futura ela-borazione. L’impronta del dettaglio e dell’infi-nito, dell’immensurabile, di ammirazione e diquiete, di luce e d’ombra, lo hanno con logici-tà guidato verso un procedimento (quasi)postimpressionistico di una sottile trasfigura-zione del veduto. I paesaggi di Gilic sono diregola “grandangolari”, colti integralmente,meri ritratti delle montagne qui esposte.

Dipinti Di Itinerari Montani

Ancorché, nella loro totalità visionale si acco-stino un po’ alle vedute d’un tempo, non com-portano nè narratività nè descrittività. I con-torni di base sono stati “presi” dal modello ori-ginale ma l’elaborazione della superficie è sog-gettiva ed ottimale, contrassegnata da un’at-mosfera particolare e caratterizzata dalla lucedell’ora del giorno e della stagione dell’anno.

Tonko Maroevic

La mostra “Itinerari Montani” verrà inaugu-rata presso la Sede del C.A.I. in Piazzetta delCristo giovedì 14 dicembre 2006 alle ore19.00. Le opere dell’Autore - venti dipinti e alcunidisegni a carboncino - rimarranno esposti alpubblico fino al 15 gennaio 2007. L’ingresso è gratuito.

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Giovedi 9 novembre 2006

OVER ICE 2006 di Michele PontrandolfoImmagini e commento della spedizione artica alla conquista delPolo Nord Geomagnetico in solitaria.

Giovedì 16 novembre 2006

“L’Abisso” di Francesco SauroFilmato sulla celebre cavità “Spluga della Preta” nei Monti Lessini.

Giovedì 23 novembre 2006

“Sci ed aria sottile” di Mariano Storti e Andrea SartoriSpedizione al Muztagh-Ata, 7545 m, il padre dei monti di ghiaccio,la scialpinistica più alta del mondo.

Giovedì 30 novembre 2006

“Escursionismo 2006”A cura della Commissione Escursionismo.

INCONTRI D’AUTUNNOa Pordenone presso l’Aula Magna del Centro Studi (Cinemazero)ore 21.00

INGRESSO LIBERO

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