n. 2 febbraio 2018 sostieni anche tu le nostre missioni ... · ghetti al pomodoro, e forse non sa...

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COME AIUTARE LA CONgREgAzIONE E LE NOSTRE MISSIONI Con l’invio di offerte Intestate a: OPERA DON ORIONE Via Etruria, 6 - 00183 Roma Conto Corrente Postale n° 919019 Conto Corrente Bancario BANCA POPOLARE DI VICENZA - AG 5 Roma IBAN: IT27 F057 2803 2056 75 57 0774 043 Con legare per testamento Alla nostra Congregazione beni di ogni genere. In questo caso la formula da usare correttamente è la seguente: “Istituisco mio erede (oppure: lego a) la Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione con sede in Roma, Via Etruria, 6, per le proprie finalità istituzionali di assistenza, educazione ed istruzione… Data e firma”. SWIFT (per coloro che effettuano bonifici dall’estero) BPVIIT21675 Intestato a: OPERA DON ORIONE, Via Etruria 6 - 00183 Roma www.donorione.org RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA n. 2 Febbraio 2018 La Congregazione di San Luigi Orione è presente in molti Paesi in via di sviluppo con attività missionarie e di promozione umana per famiglie, bambini, disabili e anziani... Essa tiene “la porta aperta a qualunque specie di miseria morale o materiale”, come gli ha insegnato Don Orione. SOSTIENI ANCHE TU LE NOSTRE MISSIONI NEL MONDO! Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, CDM Bergamo - Anno CXIII ANNO DELLA CARITà 2018 Centenario Giubilare (1918-2018) del voto di Don Orione per la costruzione del Santuario Madonna Della Guardia in Tortona (AL).

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Page 1: n. 2 Febbraio 2018 SOSTIENI ANCHE TU LE NOSTRE MISSIONI ... · ghetti al pomodoro, e forse non sa che la pasta è stata inventata dai ci-nesi e che il pomodoro, sconosciuto in Europa

COME AIUTARE LACONgREgAzIONE E LE

NOSTRE MISSIONI

Con l’invio di offerteIntestate a: OPERA DON ORIONE

Via Etruria, 6 - 00183 Roma

• Conto Corrente Postale n° 919019

• Conto Corrente BancarioBANCA POPOLARE DI VICENZA - AG 5 Roma

IBAN: IT27 F057 2803 2056 75 57 0774 043

Con legare per testamentoAlla nostra Congregazione beni di ogni genere.

In questo caso la formula da usare correttamenteè la seguente: “Istituisco mio erede

(oppure: lego a) la Piccola Opera dellaDivina Provvidenza di Don Orione

con sede in Roma,Via Etruria, 6, per le proprie finalità

istituzionali di assistenza, educazioneed istruzione… Data e firma”.

SWIFT(per coloro che effettuano

bonifici dall’estero) BPVIIT21675 Intestato a:

OPERA DON ORIONE,Via Etruria 6 - 00183 Roma

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

n. 2 Febbraio 2018

La Congregazione di San Luigi Orione è presente in molti Paesi in via di sviluppocon attività missionarie e di promozione umana per famiglie, bambini,disabili e anziani... Essa tiene “la porta aperta a qualunque speciedi miseria morale o materiale”, come gli ha insegnatoDon Orione.

SOSTIENI ANCHE TULE NOSTRE MISSIONI NEL MONDO!

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ANNO DELLACARITà 2018

Centenario Giubilare (1918-2018) del voto di Don Orione per la costruzione

del Santuario Madonna Della Guardia in Tortona (AL).

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FLAVIO PELOSO

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EDITORIALE

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

Direzione e amministrazioneVia Etruria, 6 - 00183 RomaTel.: 06 7726781Fax: 06 772678279E-mail: [email protected]

Spedizione in abbonamentopostale BergamoRegistrata dal Tribunale di Roman° 13152 del 5/1/1970.

Nostro CCP è 919019 intestato a:OPERA DON ORIONEVia Etruria, 6 - 00183 Roma

Direttore responsabileFlavio Peloso

RedazioneGiampiero CongiuAngela CiaccariGianluca Scarnicci

Segreteria di redazioneEnza Falso

Progetto graficoAngela Ciaccari

Impianti stampaEditrice VELAR - Gorle (BG)www.velar.it

FotografieArchivio Opera Don Orione

Hanno collaborato:Flavio Peloso, Oreste FerrariAchille Morabito, Paolo ClericiGianluca Scarnicci, Matteo GuerriniAlessandro LemboVirgilio MerelliDanusca PalombaM. Marcela OjedaFabio MogniPierre Assamouan Kouassi

Spedito nel FEBBRAIO 2018

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

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3EDITORIALEFratelli, sostantivo. Migranti, aggettivo.

La rivista è inviata in omaggio a

benefattori, simpatizzanti e amici e a

quanti ne facciano richiesta, a nome

di tutti i nostri poveri e assistiti

6IN CAMMINO CON pApA FRANCESCOL’etica dell’economia per la costruzionedi un mondo più “umano”

12CON DON ORIONE OggI“Farsi prossimo” ai giovani

15DOSSIERMILLENIALS - Verso il loro futuro -

19ANgOLO gIOvANILasciami andare... ma tienimi stretto!

29MONDO ORIONINO2018, Anno della CaritàLa prima banca è la provvidenza

24pICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITàRischiare per seguire il Maestro

22pAgINA MISSIONARIA“Aprire le braccia e il cuore”

26IN bREvENotizie flash dal mondo orionino

Sommario

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21DIARIO DI UN ORIONINO AL pICCOLO COTTOLENgOIn cammino

5IL DIRETTORE RISpONDEEcumenismo oggi

Don Orione oggi

FRATELLI, sostantivo.MIgRANTI, aggettivo.

14“SpLENDERANNO COME STELLE”Colomanno Kisilak

8IL pRIMO DOpO L’UNICO: pAOLO DI TARSOPaolo e Francesco a Roma

10STUDI ORIONINISenatore Antonio Boggiano Pico

In copertina:Tempietto all’interno del Santuario Madonna della Guardia in Tortona (AL), preziosoper mosaici e marmi policromi. La sua configurazione fu indicata da Don Orione stesso.Foto: Massimiliano Migliavacca

Le migrazioni, oggi, non sono un fe-nomeno limitato ad alcune aree

del pianeta, ma toccano tutti i conti-nenti e vanno sempre più assumendole dimensioni di una drammatica que-stione mondiale. Personalmente, hoavuto modo di rendermi conto diquanto siano imponenti le migrazioniall’interno dell’America Latina e inAfrica. Il fenomeno è serio, com-plesso, da gestire, da regolare. Papa Francesco sta diventando “sco-modo” a molti perché continua a par-lare di migranti, di accoglienza, diintegrazione, di fraternità. Molti vi ve-dono una pericolosa ingenuità ideali-stica. Altri vi trovano l’incorag-giamento ad accettare un dono – gliimmigrati - per il rinnovamento del-l’Europa.

Con voi, cari Lettori, mi interessa sot-tolineare l’aspetto spirituale e civile im-plicato. Mentre si accetta la globaliz-zazione economica, si rifiuta la globa-lizzazione delle relazioni, la fraternitàaperta. Per i cristiani, è un’ovvia con-seguenza del “Padre nostro” conside-rare gli immigrati “fratelli nostri”.

La vita di Ambra

Ho trovato interessante ed emblema-tico un racconto presente nel libro diM. Mezzini e C. Rossi, “Gli specchi ru-bati”. Narra di una bambina, cheabita “in un paese né grande né pic-colo, da qualche parte in Italia”, eche si chiama Ambra, nome derivatodalla parola anbar che in arabo signi-fica preziosa.

Al mattino Ambra si alza presto e fa co-lazione con i corn-flakes, prodotti abase di cereali e di mais, originario delMessico. Poi si veste indossando unafelpa di cotone, pianta originaria del-l’India, introdotta in Europa dagli arabialla metà del IX secolo. L’etichettadella felpa dichiara: “made in Taiwan”.

Incontro ed esclusione, paura e speranza, ingenuità e lungimiranza.

Dossier statistico sull’immigra-zione del 2017: sono 5.047.028gli stranieri regolari residenti inItalia. Il 53,0% sono cristiani, deiquali circa 1.500.000 ortodossi;1.000.000 cattolici, 250.000protestanti. Sono 1.600.000 imussulmani (32,2%) e percen-tuali minori di altre religioni.

31NECROLOgIORicordiamoli insieme

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ECUMENISMO OggIQuali sono le divisionitra cristiani?Va detto, innanzitutto, che la Chiesacontinua ad essere una. Nel Credo noiproclamiamo: “Credo la Chiesa una,santa, cattolica, apostolica” e ab-biamo la fede che l’unità, «che Cristoha donato alla sua Chiesa fin dall’ini-zio, […] sussista, senza possibilità diessere perduta, nella Chiesa cattolicae speriamo che crescerà ogni giornodi più sino alla fine dei secoli» (Unita-tis redintegratio 4 e Lumen Gentium8). Di fatto, divisi sono i cristiani.Sappiamo che gli ortodossi si sono se-parati a partire dall’anno 1054. Mar-tin Lutero (1483-1546) e altri“riformatori” hanno portato alla sepa-razione di molte comunità cristiane.Ma c’è una fondamentale unità.Io penso ad un arcipelago di isole.Noi vediamo emergere le isole dalmare, Sono separate, ma, sotto,quelle isole sono tra loro collegatealla stessa roccia. Noi tutti poggiamosulla roccia di Cristo-Chiesa.Per questo, tra cristiani, dobbiamopregare, dialogare, collaborare, rinsal-darci sulla roccia che è Cristo.

Cosa si intendecon ecumenismo?Il termine ecumenismo indica la co-scienza dolorosa della divisione dei cri-stiani e il conseguente impegno perl’unità, per rispondere alla volontà ealla preghiera di Cristo “ut unum sint”(Gv 17). Sempre ci sono state tensionie divisioni nella Chiesa, dai tempi dellacomunità di Corinto fino ai nostrigiorni. Alcune si sono radicalizzate neltempo. Ma non dobbiamo accostu-marci alle divisioni con fatalismo.Quando, all’inizio del sec. XX, la Chiesaprese coscienza con dolore di questasituazione di divisione, per esprimereil “movimento di coscienze e di inizia-tive” per l’unità dei cristiani si scelseuna parola “non confessionale”,adatta per tutti, ekumène (“terra abi-tata”, Mt. 24, 14), da cui deriva ecu-menismo. Nella Chiesa cattolica iltermine “ecumenismo” divenne popo-lare solo con il Concilio Vaticano II. Tutti i Papi, da Giovanni XXIII fino all’at-tuale Francesco, si sono molto impe-gnati per la promozione dell’unità deicristiani, dichiarando irreversibile lascelta ecumenica.

Ecumenismo anchein Italia?Ecumenismo ovunque e di tutti.Il Dossier statistico sull’immigrazionedel 2017 ci informa che sono5.047.028 gli stranieri regolari resi-denti in Italia; di questi il 53,0% sonocristiani, dei quali 1.500.000 orto-dossi; seguiti dai cattolici (circa1.000.000) e dai protestanti (più di250.000); sono 1.600.000 i mussul-mani (32,2%) e percentuali minori dialtre religioni. Questo ci dice che,oggi, anche in Italia, il tema dell’ecu-menismo è un impegno pastorale epopolare. Ai tempi di Don Orione, quasi non esi-steva la parola e l’atteggiamento ecu-menico, eppure, il nostro Fondatorefu un antesignano. Visse la passione el’impegno per l’unità della Chiesa edei cristiani e lo manifestò già nelleCostituzioni del 1904.Ogni orionino dell’«Instaurare omniain Christo» e nel Papa, mediante la ca-rità, è necessariamente ecumenico.

Ambra va a scuola e risolve problemiutilizzando i numeri indiani, portati inEuropa dagli arabi. Durante la ricrea-zione mangia una banana cresciuta aitropici e fa una partita a scacchi,gioco di antichissima origine, proba-bilmente indiana. Racconta poi allasua amica Sara - che porta il nome diorigine ebraica, della santa protet-trice degli zingari - come ha trascorsola domenica. Utilizza parole qualicomputer, videogame, film, judo, chi-mono, rispettivamente prese a pre-stito dall’inglese e dal giapponese.Alla mensa scolastica mangia spa-ghetti al pomodoro, e forse non sache la pasta è stata inventata dai ci-nesi e che il pomodoro, sconosciutoin Europa fino al ‘500, fu importatodalle Americhe.Nel pomeriggio l’insegnante d’ingleseparla di Halloween, la festa più amatadai bambini americani e Ambra si ri-corda di aver sentito raccontare qual-cosa di molto simile dalla sua nonna,originaria della Calabria.Tornata a casa si concede un po’ ditempo davanti alla TV. Mentre guardai suoi cartoni animati giapponesi e undocumentario sui Masai del Kenya,sgranocchia una barretta di ciocco-lato, ottenuta dalla lavorazione delcacao, coltivato esclusivamente nellezone tropicali.Per sfuggire la presenza di sua sorellache si sta impasticciando i capelli conl’henné, polvere naturale coloranteusata tradizionalmente dalle donnedel Medio Oriente e del Maghreb,Ambra si rifugia nell’angolo preferitodella sua stanza, su un tappeto paki-stano, probabilmente fabbricato daun suo coetaneo.Fantastica di praterie, cavalli e tepee,

indiani, masticando una caramellabalsamica all’eucalipto, pianta origi-naria australiana.Nel frattempo anche papà è tornato.A tavola, Ambra ascolta confusa unsuo commento alle notizie del tele-giornale: «Tutti questi stranieri minac-ciano la nostra tradizione e nonhanno proprio niente da insegnarci».

Il progresso vienedall’incontro,non dall’esclusione

Questa ricostruzione di una giornata diAmbra mette in luce come la vita diuna bambina qualunque, in un paesequalunque, beneficia di beni prove-nienti da tutto il mondo. La storia inse-gna che il progresso è avvenutodall’incontro e non dall’esclusionedegli altri. Questo dovrebbe farci so-spettare e desiderare frutti inaspettati– insieme a difficoltà e tensioni – anchedall’incontro con persone e popoli chearrivano in Europa spinti dalla povertà,dalla fame, dalla voglia di vivere? La globalizzazione mette insieme ibeni. L’universalismo cristiano, o anchesemplicemente umano, mette insiemele persone, tende alla fraternità e al-l’unione dei popoli, come risultato delrispetto e del dono delle diverse iden-tità, sia personali che sociali.

Se manca l’anima

Papa Francesco nel suo discorso all’As-semblea dell’ONU, due anni fa, ha ri-cordato che “La casa comune di tuttigli uomini deve continuare a sorgeresu una retta comprensione della fra-ternità universale e sul rispetto dellasacralità di ciascuna vita umana, di

ciascun uomo e di ciascuna donna;dei poveri, degli anziani, dei bambini,degli ammalati, dei non nati, dei di-soccupati, degli abbandonati, di quelliche vengono giudicati scartabili per-ché li si considera nient’altro che nu-meri di questa o quella program-mazione”. Già il beato Paolo VI aveva affermatodavanti all’assemblea dell’ONU, nel1965, che «l’edificio della modernaciviltà deve reggersi su principii spiri-tuali, capaci non solo di sostenerlo,ma altresì di illuminarlo e di animarlo».Invece, con l’emarginazione dei prin-cipi spirituali, sta avvenendo che“il mondo contemporaneo apparen-temente connesso, sperimenta unacrescente e consistente e continuaframmentazione sociale che pone inpericolo «ogni fondamento della vitasociale» e pertanto «finisce col met-terci l’uno contro l’altro per difenderei propri interessi» (Laudato sì, 229)”.È quanto succede anche nei nostriquartieri e città con i nostri fratelli (so-stantivo) immigrati (aggettivo, qualifi-cativo di una situazione contingente):siamo messi l’uno contro l’altro per di-fendere i propri interessi.

È ovvio che la Chiesa vede con simpa-tia, incoraggia e aiuta ogni movi-mento di idee, di relazioni, diiniziative che, a livello culturale, so-ciale o religioso, tenda ad unire i po-poli affinché questo nostro mondoabbia pace e possa un poco di più as-somigliare al progetto iniziale (e fi-nale) di Dio: “che tutti siano uno,come tu o Padre sei in me e io in te”(Gv 17). E concludo con una cita-zione di Don Orione. “Per dare pacegiusta e duratura ai popoli e alle na-zioni non bastano i giornali, né i di-plomatici, né i Congressi dell’Aia oaltri, né i soli cannoni, né gli esercitisoli bastano: ci vuole, sovra tutto, l’in-tervento del più alto principio: civuole Dio!” (Scritti 61, 104).DO

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FLAVIO PELOSO

La globalizzazione metteinsieme i beni. L’universalismocristiano, o anche semplice-mente umano, mette insiemele persone, tende alla fraternitàe all’unione dei popoli…

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Come insegna la dottrina sociale dellaChiesa, economia e finanza sono alservizio del bene comune dellafamiglia umana e di ogni singolouomo. L’uomo è “l’autore, il centro eil fine di tutta la vita economico–sociale”, ci ricorda il ConcilioVaticano II. E, più recentemente,Benedetto XVI riafferma che ognidecisione economica ha sempre unrisvolto di carattere morale e, quindi,va considerata e valutata nelle sueconseguenze umane e sociali, oltreche nel suo aspetto puramentetecnico e pratico.Secondo Papa Francesco, la dignità diogni persona e il bene comune sonoquestioni che devono strutturare tuttala politica economica e non essereconsiderate come mere appendici.Rivolgendosi ai membri del Consigliodei capi esecutivi per il coordi-namento delle Nazioni Unite, PapaFrancesco, citando l’episodiodell’incontro di Gesù con Zaccheo, haricordato che “la promozione diun’apertura generosa, efficace econcreta alle necessità degli altrideve essere sempre al di sopra deisistemi e delle teorie economiche esociali”… Gesù, dice il Papa, non

chiede a Zaccheo dicambiare il proprio

lavoro, né di denun-ciare la propriaattività commer-ciale; lo induce solo

a porre tutto,

liberamente, immediatamente esenza discussione, al servizio degliuomini. Tutto ciò – conclude ilPontefice – permette di affermare che“il progresso economico e socialeequo si può ottenere solo congiun-gendo le capacità scientifiche etecniche a un impegno di solidarietàcostante, accompagnato da unagratuità generosa e disinteressata atutti i livelli”.

La proposta progettualedi papa FrancescoCome già detto, Papa Francescocondanna apertamente un’economiasuccube della “cultura dello scarto”,che con la sua logica finisce pertenere fuori dalla società numerosicittadini, specialmente i giovani, ledonne, le fasce più deboli. Il Ponteficesi oppone con forza a questa culturache, in definitiva, produce soggetticonsiderati dei “rifiuti”, “avanzi”.Nel pensiero del Papa, occorre rea-gire e non accontentarsi di soluzioniinsufficienti, centrate sulla caritàassistenziale. Vanno anche affrontatee risolte le cause strutturali dellapovertà per creare un’economianuova e inclusiva. Non bastano, perquanto siano lodevoli e imprescin-dibili, i piani assistenziali, i progetti disviluppo, l’opera di tante istituzionicristiane, ecc.

Di fatto, non si tratta solo di dareda mangiare, ma di mettere la

gente in condizione diportare il pane a casa, di

guadagnarlo e di viverecon dignità: «Non è

sufficiente sperare chei poveri raccolgano le

briciole che cadonodalla tavola dei

ricchi.

Sono necessarie azioni dirette afavore dei più svantaggiati,l’attenzione per i quali, come quellaper i più piccoli all’interno di unafamiglia, dovrebbe essere prioritariaper i governanti».Papa Francesco afferma chiaramenteche dobbiamo formare una nuovamentalità politica e economica apartire dall’apertura alla Trascendenza,che aiuta a superare la dicotomia traeconomia e bene comune sociale.Nell’Esortazione apostolica Evangeliigaudium e nell’Enciclica Laudato si’, ilPapa offre alcuni orientamenti in vistadi uno sviluppo integrale, sostenibile einclusivo:

a) Il recupero del primato dellapolitica sull’economia e sullafinanza. La politica è la coscienzadel bene comune e non lasottomissione alla speculazionesenza regole.

b) Occorre una riforma finanziaria distampo etico, tale da incarnareun’etica economica e finanziariafavorevoli all’essere umano.Francesco ribadisce che è neces-saria una nuova coscienza sociale eambientale, una economia eticache parta dall’uomo e pongal’uomo al suo centro.

c) La realizzazione di una economia“ecologica”, intesa come cessa-zione di un consumismo avido afavore di una crescita sana, specieper coloro che non riescono avivere in conformità alla lorodignità. Il Pontefice propone, inparticolare, che l’economia tengaconto e affronti coraggiosamente iproblemi dei nuovi poveri.

Per Papa Francesco è fondamentaleper il futuro dell’umanità, oltreall’inclusione economica e sociale deipoveri, il rispetto della dignità umanae la pace sociale, che comporta unagiustizia più alta tra gli uomini: essere,sentirsi e farsi incessantementepopolo, sperimentando la culturadell’incontro sulla base del dina-mismo di una comune ricerca delvero, del bene, del bello e di Dio, checonfluisci nell’esperienza dellafraternità, della comunione e dellaprossimità.

Nel corso del suo insegnamentopontificio, in varie occasioni Papa

Francesco è intervenuto sul rapportotra economia, etica e solidarietà.I suoi pronunciamenti concernonoanzitutto gli aspetti religiosi, antropo-logici ed etici e non intendono pre-sentarsi come un “magistero econo-mico”, ossia come la proposta di unsistema economico alternativo.La preoccupazione di Papa Francescoè quella di portare il messaggio eticodel Vangelo nel cuore dell’economiacontemporanea, segnata da un inte-resse finanziario che prescinde dallepersone, dalle famiglie, dalle imprese,dalle amministrazioni e finalizzataesclusivamente dalla ricerca del pro-fitto. Attraverso il suo magistero, ilPapa critica anzitutto la separazionetra economia ed etica.

Egli si oppone in modo deciso a quellache definisce “un’economia dell’esclu-sione e dell’inequità, un’economia cheuccide”. Molte odierne strutture eco-nomiche e associative, come banche,fondazioni, cooperative, ecc., sonosempre più piegate dal mercato odalle istituzioni politiche verso unorientamento meramente efficientistae utilitarista.Questa visione economica – contrariaallo spirito evangelico – ha prodotto

fallimenti, diseguaglianze, ingiustizie enuove povertà.Nel corso di una intervista, PapaFrancesco ha affermato: “Quando alcentro del sistema non c’è piùl’uomo, ma il denaro, quando ildenaro diventa un idolo, gli uomini ele donne sono ridotti a semplicistrumenti di un sistema sociale edeconomico caratterizzato, anzidominato da profondi squilibri”. Allabase di questa distorta concezioneeconomica che reduce l’uomo a“cosa” o oggetto di mercificazione, viè – secondo Papa Francesco - unaprofonda crisi antropologica: èsoprattutto su questo piano chebisogna ristabilire un giusto ordinegerarchico, per evitare l’instaurarsi di“un’economia senza volto e senzauno scopo veramente umano”.

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ORESTE FERRARI IN CAMMINO CON pApA FRANCESCO

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IN CAMMINO CON pApA FRANCESCO

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L’ETICA DELL’ECONOMIApER LA COSTRUzIONE DIUN MONDO pIù “UMANO”

Nel pensiero del papa, occorrereagire e non accontentarsi disoluzioni insufficienti, centratesulla carità assistenziale.

Secondo papa Francescobisogna ristabilire un giustoordine gerarchico, per evitarel’instaurarsi di “un’economiasenza volto e senza uno scopoveramente umano”.

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“Ti sei appellato a Cesare, a Cesareandrai”. Così rispose Festo – suc-

cessore di Felice e procuratore neglianni 60-62 – a Paolo, nel tribunale diCesarea (At 25,12). “Erano trascorsi al-cuni giorni – leggiamo negli Atti –,quando arrivarono a Cesarea il reAgrippa e Berenice, per salutare Festo”

(25,13). Questi accenna al re il casodi Paolo e il re Agrippa manifesta ildesiderio di ascoltare Paolo. “AlloraPaolo, stesa la mano, si difese così…”(26,1). Terminato il discorso, il re“Agrippa disse a Festo: «Costui potevaessere rimesso in libertà, se non sifosse appellato a Cesare»” (26,32).

verso RomaNonostante le ammonizioni di Paolo –“vedo che la navigazione comincia aessere di gran rischio” (At 27,10) –,il viaggio continuò, ma dopo Cretasi scatenò un vento d’uragano e“la nave fu travolta nel turbine”(27,15) e andò alla deriva. Dopo ilnaufragio a Malta, passati tre mesi,Paolo salpa per Siracusa; da lì versoReggio, quindi a Pozzuoli. “Qui tro-vammo alcuni fratelli, i quali ci invita-rono a restare con loro una settimana.Partimmo quindi alla volta di Roma.I fratelli di là, avendo avuto notizie dinoi, ci vennero incontro fino al Forodi Appio e alle Tre Taverne. Paolo, alvederli, rese grazie a Dio e prese co-raggio. Arrivati a Roma, fu concesso aPaolo di abitare per suo conto con unsoldato di guardia” (At 28,14-16).Senza perdere tempo – dopo tregiorni – prende contatto con i Giudeipiù in vista di Roma ed espone la suatestimonianza, “cercando di convin-cerli riguardo a Gesù” (At 28,23).E, come succede anche oggi, alcuniaderiscono, altri non ne vogliono sa-

pere (cfr At 28,24). Gli Atti si chiu-dono con questa annotazione: “Paolotrascorse due anni interi nella casache aveva preso a pigione e acco-glieva tutti quelli che venivano a lui,annunziando il regno di Dio e inseg-nando le cose riguardanti il SignoreGesù Cristo, con tutta franchezza esenza impedimento” (28,30-31).

La comunità di RomaLa comunità di Roma, dunque, non èstata fondata da Paolo e non sap-piamo chi per primo abbia annun-ciato il Vangelo a Roma: alcunipensano a quei «prose liti» romani cheerano presenti a Ge rusalemme – forsein pellegrinaggio – il giorno della Pen-tecoste (cfr. At 2,10); altri pensano adalcuni giudei, che dopo aver accoltol’annuncio cristiano, si trasferirononella capitale, diffondendolo nel loroambiente. Fatto sta che Paolo nelcap. 16 della lettera ai Romani salutaben 37 persone (molti nomi eranogreci, alcuni latini, pochi ebraici).“È interessante notare che quattropersone sono presentate da Paolocon l’aggettivo «agapetós (amato,caro)» per indicare un particolare rap-porto di affetto che li unisce: Epeneto(16,5), Ampliato (16,8), Stachi (16,9)e Perside (16,12)” (Doglio).In questo lungo elenco ritroviamo dinuovo la coppia giudeo-cristiana diAquila e Priscilla, che conobberoPaolo a Corinto nell’anno 50 (vedi At18,2-3), e che qui vengono definiticome “collaboratori in Cristo Gesù” eche hanno rischiato la vita per Paolo(At 16,3). Vale la pena sottolineare,che in casa di questa coppia – comein altre quattro che vengono menzio-nate nel cap. 16 – si riunisce la «ec-clesía – chiesa». Le riunioni deicristiani, infatti, avvenivano nelle caseprivate e queste comunità venivanodette «ekklesíai» e chi ne faceva parteproveniva per lo più dal giudaismo eanche dal paganesimo.“Su una popolazione di circa un mi-lione di abitanti, di cui 20-30 milaebrei, al tempo di Paolo il numero dei

cristiani a Roma poteva essere di100-200 persone. A costoro è indiriz-zata la lettera che la signora Febe«ministro (diákonos)» della comunitàdi Cencre, porto di Corinto, è incari-cata di recapitare (16,1-2)” (Doglio).

paolo e FrancescoLa domanda che soggiace a tutto ilpercorso fin qui fatto – alla luce diPaolo e della Evangelii Gaudium diPapa Francesco – è: “Come annun-ciare il Vangelo nel mondo d’oggi?”.Quale linguaggio? Quali priorità,atteggiamenti, strategie? Ora, perconcludere, ci poniamo un’altra do-manda: cosa accomuna particolar-mente Paolo di Tarso e Jorge MarioBergoglio di Buenos Aires? In primo luogo, l’urgenza di tornareal primo annuncio! Ai Galati Paoloscrive: “Questa vita nella carne, io lavivo nella fede del Figlio di Dio, chemi ha amato e ha dato sé stesso perme” (Gal 2,20). E Papa Francescoesorta la Chiesa intera ad annunciareche “Gesù Cristo ti ama, ha dato lasua vita per salvarti, e adesso è vivo altuo fianco ogni giorno, per illuminarti,per rafforzarti, per liberarti” (EG,164). Nel capitolo primo della EG («Latrasformazione missionaria dellaChiesa») ci ricorda che “quando lapredicazione è fedele al Vangelo, simanifesta con chiarezza la centralitàdi alcune verità e risulta chiaro che lapredicazione morale cristiana non èun’etica stoica, è più che un’ascesi,non è una mera filosofia pratica né uncatalogo di peccati ed errori. Il Van-gelo invita prima di tutto a rispondereal Dio che ci ama e che ci salva, rico-noscendolo negli altri e uscendo da séstessi per cercare il bene di tutti.Quest’invito non va oscurato in nes-suna circostanza! Tutte le virtù sonoal servizio di questa risposta di amore.Se tale invito non risplende con forzae attrattiva, l’edificio morale dellaChiesa corre il rischio di diventare uncastello di carte, e questo è il nostropeggior pericolo. Poiché allora nonsarà propriamente il Vangelo ciò chesi annuncia, ma alcuni accenti dottri-nali o morali che procedono da deter-minate opzioni ideologiche.Il messaggio correrà il rischio di per-dere la sua freschezza e di non avere

più il profumo del Vangelo” (EG, 39).Occorre, pertanto, riproporre un an-nuncio che metta in primo pianol’amore di Dio nei confronti del-l’uomo, prima di fare un elenco di«cose da credere» o di comporta-menti da assumere.In fondo è quanto ricordiamo cele-brando il Battesimo di Gesù: entrandosulla scena, Egli riceve il battesimocome fosse uno dei tanti penitenti, simescola alla folla dei peccatori, ac-cetta la morte (questo è il significatopieno del suo battesimo) per i peccatidell’umanità. Fino a questo punto Dioama le proprie creature! Tornare alprimo annuncio vuol dire – soprat-tutto nelle omelie e nella catechesi –proclamare il «cuore» della fede cri-stiana, richiamando e valorizzandoquei testi, che troviamo, ad esempio,nella 1 Corinzi. Nella parte finale dellalettera, quando affronta il tema dellarisurrezione dei morti, Paolo afferma:“Vi ho trasmesso dunque, anzitutto,quello che anch’io ho ricevuto: checioè Cristo morì per i nostri peccati se-condo le Scritture, fu sepolto ed è ri-suscitato il terzo giorno secondo leScritture, e che apparve a Cefa equindi ai Dodici” (1 Cor 15,3-5).

Da notare che queste espressioni,già fissate nella loro formulazione(e quindi sono «pre-paoline»!), entre-ranno poi nelle future professioni difede, nel cosiddetto «simbolo» o«credo». Ed ogniqualvolta si recita il«credo» è bene ricordare che “cre-dere significa allora io mi fido di te,io mi affido a te, forse persino: io mifondo su di te. Il tu, al quale io mi af-fido, mi dà una certezza che è diversama non meno solida della certezzaderivata dal calcolo e dall’esperi-mento… Ed è in questo senso che laparola è assunta nel contesto delCredo cristiano. La forma fondamen-tale della fede cristiana non suona iocredo qualche cosa, ma: io credo inTe” (Benedetto XVI).D

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IL pRIMO DOpO L’UNICO: pAOLO DI TARSOACHILLE mORABITO

pAOLOE FRANCESCOA ROMADopo aver visto l’ambiente religioso con cui paolo si è dovutoconfrontare nella sua predicazione – specie ad Atene –, vediamo ora ilrapporto dell’Apostolo con la comunità della capitale dell’Impero.paolo giunge a Roma, dopo un viaggio drammatico, in balia di unatempesta per quattordici giorni. “Una volta in salvo, venimmo a sapereche l’isola si chiamava Malta” (At 28,1).

Al tempo di paolo il numero deicristiani a Roma poteva esseredi 100-200 persone

Ogniqualvolta si recita il «credo»è bene ricordare che “crederesignifica allora io mi fido di te,io mi affido a te, forse persino:io mi fondo su di te.

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tante opere di bene, a favore dei piùumili e dei più miseri”. Don Orionegiunto in America latina nel secondoviaggio, una delle prime lettere eraper l’amico senatore: “Grazie, o caroOnorevole e Amico, del suo graditis-simo e fraterno saluto ed augurio…,mi ha fatto tanto bene! Grazie, do-mani è il quarantesimo anniversariodella mia prima messa, andrò a cele-brare al santuario di Lujan, il primosantuario mariano del Sud America.La porterò sull’altare con me, carosanto Amico, e con lei tutta la sua fa-miglia”.

I suoi interventi a favore della PiccolaOpera della Divina Provvidenza fu-rono tanti. Molte volte Don Orionesalì le scale dell’ufficio di BoggianoPico in via S. Lorenzo per confidarglile sue preoccupazioni, per avernelumi per la sua opera. Alcune inizia-tive furono di tale importanza da farlopoi definire “il terzo fondatore” dopoDon Orione e Don Sterpi. Merita es-sere ricordata la creazione della “So-cietà Immobiliare” quando allosviluppo della Piccola Opera dovevaseguire la struttura dell’amministra-zione per qualsiasi atto di acquisto ovendita e nel 1933 Don Orione lovolle Presidente. Difese con abilità ilnome di “Piccolo Cottolengo” controun Decreto della Congregazione deiReligiosi che negava l’utilizzo diquesta dizione per alcune istituzionicaritative della Congregazione, chie-dendo udienza a Pio XII.Il Senatore si considerava membrodell’Opera. Ne parlava con i Colleghidel Senato, con i Ministri, Alti funzio-nari, Uffici Pubblici ponendo in evi-denza le varie istituzioni, PiccoloCottolengo, Mutilatini, Poliomelitici,case di riposo ecc. i loro scopi e ne-cessità, sollecitando aiuti e favori.Il 31 agosto 1963 il senatore festeg-giava il traguardo dei 90 anni. Oltreai familiari e gli amici, gli erano vicinianche i superiori dell’Opera di Don

Orione per attestargli la stima e la gra-titudine.Don Terzi parlando di Boggiano Picoscrisse: “Di fatto egli, come pochi,comprese e quindi amò il programmaorionino. Un giorno parlando delle di-verse spiritualità degli Ordini religiosiconcluse: «Mai nessun Istituto nella

Chiesa commuove il mio cuore comel’Opera di Don Orione»”.Il fondatore tanto apprezzò AntonioBoggiano Pico da qualificarlo pubbli-camente come suo “fratello”, unicotitolo fra i tanti che ebbe, di cui e aragione provò e manifestò grandecompiacenza.

CHI ERA IL SENATORE ANTONIO bOggIANO pICO

Discepolo prediletto di Giuseppe Toniolo, avvocato, professore universitario, pre-sidente dell’Unione Popolare, Antonio Boggiano Pico fu tra i primi fondatori del

Partito Popolare Italiano, Onorevole e Senatore. Nasce a Savona il 31 agosto 1873da Nicolò e Virginia Corsi di antica famiglia piemontese. Contava tra gli antenati ilnome illustre del filosofo ed umanista Pico della Mirandola, nel 1917 ottenne condecreto luogotenenziale di aggiungere al cognome Boggiano quello di Pico.Giovanissimo si distinse nella sua città nella propaganda in favore del movimentocattolico fondando e presiedendo il Circolo “Pio VII”. Si laurea in giurisprudenzaalla Sapienza di Roma nel 1895, con una tesi su “Alcuni precedenti storici e talunicorrettivi dell’odierna crisi sociale” in perfetta linea con il pensiero sociale catto-lico. Allo scopo di perfezionare gli studi di economia, si recò nel 1896 a Pisa, oveinsegnava il Toniolo. Questi lo ebbe tra i più affezionati discepoli. Considerato daicattolici uno dei più preparati esponenti del loro gruppo intellettuale, fu chiamatoa presiedere o a fare da relatore alle prime “settimane sociali”.Per un breve periodo successe al Toniolo quale presidente dell’Unione popolaree nel 1915 fu dal Papa chiamato a far parte della Giunta direttiva dell’Azione Cat-tolica. Inizia la carriera politica a 32 anni nel 1905, si presenta al collegio di Voltri,diventa Assessore alla Pubblica Istruzione e membro del Consiglio provinciale diGenova; nel 1919 viene eletto Deputato nelle liste del Partito Popolare Italiano,nel 1921 dopo le dimissioni di Giolitti viene rieletto e allo stesso tempo avvicinatoda Mussolini per attirarlo nel suo Partito Nazionale Fascista, ma ebbe risposta ne-gativa dal Boggiano Pico. Nel 1924 insieme con i Deputati Cattolici si ritirasull’Aventino mettendo termine così alla sua vita parlamentare. Continua la suaattività di avvocato fino al 1948 quando è eletto Senatore per tre legislature,viene nominato presidente dell’Interno e della Commissione Affari esteri.Alcide De Gasperi lo vuole rappresentante dell’Italia al Consiglio d’Europa, pre-siedendo proprio lui la prima seduta. Il suo interesse politico mirava principal-mente alla difesa del lavoratore, della sua città e dei principi cattolici, presiedeanche la commissione senatoriale sulla prostituzione, istituita relativamente allaproposta di legge della senatrice Lina Merlin, che portò alla chiusura delle casedi tolleranza. Muore nella sua abitazione a Genova il 19 ottobre 1965.

Antonio Boggiano Pico fu da sem-pre vicino a Don Orione, con il

quale intrattenne fraterni rapporti cheandavano ben al di là di quella chepoteva essere considerata una sem-plice attività di consulenza e collabo-razione. Il senatore in quanto espertogiurista fu anche uno dei consulentiper la stesura degli statuti e delle re-gole della giovane Congregazione.Forse si incontrarono la prima voltanel 1897 quando a Broni (PV) si ten-nero i lavori della quarta adunanzadell’Opera Diocesana dei Congressi.Il Boggiano aveva 24 anni e DonOrione uno in più, ma già uniti dai co-muni ideali del nascente MovimentoCattolico. Torneranno ad incontrarsidi persona, quando Don Orione iniziaa Genova la sua attività caritativa, gra-zie ai ricordi che la baronessa WedelJarlsberg, suocera dell’avv. Boggianoconservava per averlo incontrato suisuoi passi a Roma.La figlia Guglielmina ricorda i legamicon la famiglia: “Trovo il primo ri-cordo di Don Orione nella mia fa-miglia in una vecchia letteradi mia nonna materna,scrittrice danese.

Non c’è data, né mi è possibile preci-sarla. Certo prima del 1920.La nonna manda alla mamma una im-magine di S. Giuseppe Cottolengocon queste parole: «Questa immagineè per te da Don Orione; sembra cheegli abbia molta simpatia per te e peri genovesi. Oggi sono stata con DonOrione, che ha dei grandi lavori in viaAppia, con una nuova grande chiesae un Istituto e un Circolo. Egli stessoè un santo»”.Nel 1931 i legami con la famiglia Bog-giano si strinsero per una circostanzatriste: stava morendo la figlia Virginia.La figlia Guglielmina scrive: “Ci volevaDon Orione e Don Orione venne.Allora non mi rendevo conto cosafosse la morte. Don Orione non tornòpiù. Aveva portato la sua benedizionee si sarebbe detto che aveva presen-tito che ormai non c’era più nulla dafare. Alla notizia della morte mandòun telegramma che non trovo più, ma

le cui parole sovente miopadre ripeteva: «Con-

sidero sua figliuolain Paradiso: tuttaviaho offerto per leicarissimi suffragi.

Ditele il ‘Gloria Patri». Nessun’altra es-pressione più adatta avrebbe potutorecare maggiore consolazione”.Nel 1934 cadeva il venticinquesimoanniversario delle nozze tra il sena-tore e la signora Carmen Wedel Jar-lsberg da cui nacquero sette figli, DonOrione fu lieto di recarsi a Genova ecelebrare nella chiesa di S. Matteo lamessa giubilare. A cerimonia ulti-mata, Don Orione visita la nuova casadi via Magenta: “Era - dirà il senatore– come se Gesù fosse presente allenozze di Cana”. Il 27 maggio 1934,in occasione del quarantesimo anni-versario di sacerdozio di Don Orione,prendeva vita a Tortona l’Associa-zione nazionale Ex Allievi.Presente a quel convegno importanteera anche Boggiano Pico, che fu no-minato Ex allievo ad honorem. Bog-giano pronunciò per l’occasione undiscorso che inneggiava alla grandecarità di Don Orione, “suscitatore di

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PAOLO CLERICI STUDI ORIONINI

SENATORE ANTONIObOggIANO pICO

Trovo il primo ricordo diDon Orione nella mia famiglia inuna vecchia lettera di mia nonnamaterna, scrittrice danese.

Molte volte Don Orione salì lescale dell’ufficio di boggianopico in via S. Lorenzo per confi-dargli le sue preoccupazioni,per averne lumi per la sua opera.

Il Senatore Boggiano Pico interviene alla festa della

Madonna della Guardia del 29 agosto 1943.

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potuto conoscerla attraverso espe-rienze comunitarie coinvolgenti. Nonche i giovani abbiano tutti un atteg-giamento ostile nei confronti dellaChiesa, ma per alcuni essa, in quantocome Chiesa, potrebbe fare più o faremeglio nella resoluzione di certi pro-blemi. La situazione di tanti giovani èdifficile, la crisi multiforme che vive ilmondo li costringe alla precarietà. Indiversi posti, infatti, la Chiesa cattolicarimane delle volte l’unica istituzionecredibile capace di resistere al poteredei potenti e difendere i poveri. Senon lo facesse non si giustificherebbela sua presenza. Ed è la stessa sorteche capita al prete, verso cui vi è unabenevola indifferenza; a meno chenon si sia incontrato nella propria vitaqualche sacerdote che ha esercitatoun fascino o un’influenza importantenel percorso personale uno che ha su-scitato in lui la speranza.

Suscitare la speranzaParlando con i giovani ci si rendeconto che hanno bisogno di spe-ranza. Vivendo nella precarità dovutaa questa crisi, sperano certi cambia-menti per una Chiesa che sia un rife-rimento costante dei valori. Nella miaesperienza personale e soprattuttoadesso visitando diverse comunità, hoincontrato dei confratelli i capaci diavvicinare ed accompagnare dei gio-vani a volte alle margine della Chiesae della società. Uno di loro mi dicevasempre “Non si deve mai scoraggiareun giovane”. Questi religiosi con laloro vita trasmettono ai giovani unmessaggio forte, come quello delPapa: “Cari giovani la speranza è au-dace, sa guardare oltre la comodità

personale, le piccole sicurezze ecompensazioni che restringono l’oriz-zonte, per aprirsi a grandi ideali cherendono la vita più bella e dignitosa.Non abbiate paura della speranza,non abbiate paura del futuro, perchéDio scommette su di voi, crede in voi,spera in voi.” (Papa Francesco ai gio-vani di Cuba)Nella vita e nell’agire di quelli chesono stati capaci di avvicinare i gio-vani ed di accompagnarli ci sonodelle caratteristiche costanti, che nonmancano mai. Ne cito tre.

1) STARE CON LOROLa capacità di stare con i giovani.Stare fisicamente con loro, esserepresente ai loro momenti di gioco,di festa, di gioia, di sofferenza nonnascondersi mai. I giovani hanno bi-sogno di sapere, di capire, e soprat-tutto di vedere che la Chiesa, gliuomini e le donne della Chiesastanno con loro nella loro lotta pera una vita migliore. Si avvicinano igiovani, e sono presente pren-dendo parte ai loro momenti divita. “È bene condividere la vitadella gente e imparare a scoprirequali sono i suoi interessi e le sue ri-cerche, quali sono i suoi aneliti e lesue ferite più profonde; e di checosa ha bisogno da noi. Ciò è fon-damentale per non cadere nellasterilità di dare risposte a domandeche nessuno si fa”. (27 aprile 2017,discorso al Congresso del Forum in-ternazionale dell’Azione Cattolica)

2) UNA vITA SEMpLICELa semplicità di vita: quelli che sonovicini ai giovani dimostrano una

grande libertà nei confronti dei benimateriali e del potere. “La bramadel potere e dell’avere non conoscelimiti. In questo sistema, che tendea fagocitare tutto al fine di accre-scere i benefici, qualunque cosache sia fragile, come l’ambiente, ri-mane indifesa rispetto agli interessidel mercato divinizzato, trasformatiin regola assoluta”.(G.S. 56)

3) DARE TESTIMONIANzA

Si capisce che è con pazienza e de-licatezza che si riesce a suscitare lasperanza nei cuori dei giovani, coin-volgendoli nella risoluzione dei loroproblemi a diversi livelli. In questomodo si annuncia Gesù Cristo conla testimonianza della vita. Questatestimonianza che consiste nel vi-vere la vita di tutti gli uomini in unmodo che ‘incuriosisce’, in unmodo così significativo da indurregli altri a chiedersi perché lo si fa.La maggioranza dei giovani si trovain uno stato di incertezza, di ri-cerca, di precarietà. Così diventadifficile avvicinarli, interessarli allecose de Dio. Anche se non così reli-giosi, molti di essi hanno una certaspiritualità e non sono privi di valori.Tocca alla Chiesa, esperta in uma-nità, mettersi in cammino con que-sti «pellegrini» con il linguaggioadatto, e dando una testimonianzacredibile. Se molti giovani affer-mano di non avere certezze, que-sto viene spesso dal fatto di nonricevere stimoli.

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“FARSI pROSSIMO”AI gIOvANI

A ottobre di questo anno 2018 ci sarà il Sinodo dei vescovi sui giovani con il tema:“i giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. “La Chiesa ha deciso di interrogarsisu come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore ealla vita in pienezza” (Documento di preparazione al Sinodo).

per questo Sinodo si faranno tantilavori, gli esperti faranno delle

analisi e delle diagnosi pertinenti sullasituazione dei giovani oggi. Capitaspesso che nei grandi incontri si parladei giovani senza parlare coi giovani,o lasciare parlare i giovani.Non pochi tra loro desiderano essereparte attiva dei processi di cambia-mento del presente. È questo il pen-siero del Papa: “Nel Sinodo, la Chiesa,tutta, vuole ascoltare i giovani: cosapensano, cosa sentono, cosa vo-gliono, cosa criticano e di quali cosesi pentono. Tutto. La Chiesa ha biso-gno di più primavera ancora, e la pri-mavera è la stagione dei giovani” (8aprile 2017, Discorso alla Veglia dipreparazione alla GMG).Abbiamo un’opportunità per riflettere

come Famiglia religiosa e/o come sin-goli persone, sulla nostra capacità diavvicinare ed accompagnare i gio-vani. Essendo la nostra una Congrega-zione fondata da un giovane chierico,che iniziò proprio con attività per ra-gazzi e giovani, ci chiediamo comemai “abbiamo perso i giovani ?” Nellacolletta della solennità di San Luigileggiamo: “O Dio, che hai concesso asan Luigi Orione, sacerdote, di amareil Cristo tuo Figlio nella persona deipoveri e di formarlo nel cuore dei gio-vani...” Il nostro santo Fondatorecome tanti altri ha voluto formare Cri-sto nel cuore dei giovani, “Avvicinareil cuore dei giovani per renderne cri-stiana la vita”. Come viviamo questoaspetto del nostro carisma, come av-viciniamo i giovani?

I giovani sono ‘difficili’Spesso, negli incontri di pastorale gio-vanile quando esce fuori questa do-manda: “Che cosa fare per avvicinarei giovani alla Chiesa? Le risposte sonosempre: “È molto difficile; io ci provoma….; è inutile abbiamo provatotutto”. Si percepice chiaramente ladifficoltà di tanti uomini e donnedella Chiesa ad avvicinare ed accom-pagnare quella generazione dei fe-deli. Di fatti non è sempre agevoledialogare o stare con i giovani. Le lororichieste, le loro domande, il lorolinguagio, le loro esigenze, l’indiffe-renza, l’arroganza, spiazzano, met-tono in crisi. Così anche la Chiesa nonè compresa da alcuni giovani,soprattutto da quelli che non hanno

Il nostro Don Orione invitava a “farsi prossimo” ai giovani

“per fare del bene ci vuole dell’ardimento, oggi. Nessuna parola sia senza pen-siero: nessun pen siero senza anima: fate che nessuna anima di giovane sia

senza Dio. Tutte le buone aspirazioni dei giovani vi trovino pronti ad intenderle, esiano confortate e ria nimate dallo splendore della nostra fede immortale.Così si fa del bene, così si cammina vivi e moderni e giovani sempre, indirizzandointelligenze e cuori verso Dio e i grandi beni della vita. Date ai giovani la visio nedella verità e l’amore a Gesù Cristo e alla sua Chiesa e alla Patria. Che le lettere, lascienza, la virtù, insieme pure con l ’educazione dello sport, sanamente fatto e cri-stianamente inteso, tornino ad essere quelle indissolubili sorelle che troppi si ado-prano stoltamen te a separare ” (Scritti 26, 164).

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“Ero anch’io a Tortona in queigiorni – scrive Don Giuseppe

Zambarbieri -, proprio accanto al no-stro Padre ed ho visto il conforto cheprovava nel vedere il suo primo sacer-dote jugoslavo salire all’altare. Cheonore per voi, e che motivo di con-forto, oggi”. Don Colomanno Kisilak fu ordinato sa-cerdote il 9 marzo 1940, il giorno se-guente alla famosa “buona notte” diDon Orione prima di partireper Sanremo, ove sarebbemorto il 12 marzo. Ecco cosa disse Don Orionequella sera: “Sono venuto asalutarvi, spiacente di nonpoter assistere dopo domanialla prima messa del vostrofratello che viene ordinatodomani. Però, se non saròpresente con il corpo, certa-mente sarò presente in unmodo più alto, con tutto ilmio spirito. E domani sarà ilprimo che porterò sull’altare,insieme a quell’altro vostroconfratello che sarà ordinatodomani a Roma. È il primo ju-goslavo: Kisilak, a cui oggi ho

scritto e che si prepara a partire fra20 giorni per le missioni… Bella cosasalire l’altare, prendere la benedi-zione del Papa, andare di corsa a sa-lutare i suoi e poi, se il passaportosarà pronto, andare, partire per lemissioni!”. Questo ricordo affettuoso e ammiratodi Don Orione accompagnò tutta lavita di Don Kisilak, nato a Kobilje, inSlovenia, il 15 gennaio 1913, emorto il 13 maggio 1993 a Claypole,in Argentina, dove sempre visse conla sola interruzione di qualche tempoin Uruguay. Fu indirizzato a Don Orione, nel 1930,dai salesiani, che lo avevano avuto neiloro istituti per sei anni, in Jugoslavia,e poi a Foglizzo Torinese. Venne ac-colto per il noviziato a Villa Moffa, nel1930, da Don Cremaschi. Al terminedel noviziato, per ragioni politichenon poté professare subito i Voti reli-giosi ma soltanto il 15 agosto 1935,dopo avere completato il liceo al Se-minario maggiore di Roma (1931-34).Studiò Teologia alla Gregoriana e con-seguì la licenza (1934-40). Prima di giungere al sacerdozio,aveva fatto la domanda di essere in-viato nelle missioni in Sudamerica. Per

questo, la sua partenza fu program-mata subito dopo l’ordinazione sacer-dotale, il 13 aprile 1940. Data la sua preparazione negli studi,venne subito addetto all’insegna-mento, a Claypole e alla Floresta inUruguay (1946-1948). Le tante e di-verse tappe del suo curriculum vitaedicono più di ogni altro elogio la suadisponibilità e la capacità di adatta-mento nei diversi campi di apostolatocui la Provvidenza lo chiamava.Esercitò il ministero pastorale parroc-chiale a Villa Lugano (1956-1959,1972-1980) e al santuario di Itatì(1959-62); fu direttore dei giovanioperai a Gerli (1969-72), maestro deinovizi a Claypole (1962-65), rettoredei teologi a San Miguel (1965-68);dal 1985 fu custode delle memorie diDon Orione nella storica casa di CalleCarlos Pellegrini 1441. Nel 1991passò a Claypole, cappellano dellesuore e conferenziere.È ricordato come religioso pio, fedeleal dovere, diligente pastore d’anime,cultore appassionato della liturgiadella musica liturgica, buon direttoredi cori, preciso, sempre premurosonel servire al meglio la comunità e lacongregazione.

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18“SpLENDERANNO COME STELLE”

FLAVIO PELOSO

Il missionario caro a Don Orione.

2DALLA PARTE

DEIGIOVANI

Comprendere il contesto sociale in cui oggi i giovani agi-

scono è molto importante se si vogliono dare risposte

concrete alle tante problematiche e alle tante domande di

una generazione in costante e precario equilibrio tra rischi da

cui difendersi e opportunità a cui tendere.

Il punto di incontro ideale andrebbe trovato probabilmente a

metà strada, con i giovani disposti nuovamente a mettersi

in gioco e con la società che deve tornare a considerarli non

problema, bensì una risorsa.

Anime e Anime!Tortona, 8 marzo 1940

Caro Don Kisilak, il Signore sia sempre con noi!

Ricevo la gradita tua lettera, che mi ha fatto molto piacere.

Sarò presente in ispirito alla tua sacra ordinazione.

Nella S. Messa di domattina sarai il primo pel quale pregherò, e sul tuo

sacerdozio invoco e invocherò tutte le più ampie e consolanti benedizioni di Dio

e di Maria SS., domani e sempre!

Ti ringrazio che tu abbia accettato di andare in Argentina: non sarai in un posto

caldo, ma in campagna, tra molte piante, dove c’è sempre un bel venticello e

dove stanno i nostri novizi e chierici: ti troverai contento e in buona compagnia.

Ti abbraccio e benedico in osculo sancto. Prega per me e per tutti - domani e

sempre. Tutti si raccomandano che li porti con te sull’altare.

Tuo aff.mo, D. Orione d. D. Pr.

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Chi sono i giovani d’oggi? una generazione che nutre una sfiducia verso lapolitica, che vive nell’incertezza economica. In definitiva se dovesse tratteg-giare un identikit dei giovani d’oggi, come li descriverebbe?

Parlando in base alla mia esperienza come presidente del Forum delle Famiglie,perché parliamo di una realtà complicata e magmatica, i giovani oggi sono

persone costrette a vivere situazioni molto più problematiche rispettoai propri genitori, intanto perché vivono una precarizzazione di

tutto ciò che li circonda che di certo non li facilita, e poi per-ché devono vivere con un giudizio sommario e spesso ba-

nalizzante dei loro genitori che semplifica alcunedinamiche.Io non sono più giovane ormai, ma posso dire di avervissuto una vita estremamente più complessa rispetto aquella dei miei genitori. Loro avevano un lavoro fisso atempo indeterminato, lavoravano le ore che dove-vano e poi avevano del tempo libero da dedicare allafamiglia e alla loro vita.Quindi io credo che sia uno scenario molto più com-plesso rispetto al passato, e non solo dal punto divista culturale, ma proprio nella concretezza dellavita.

Oggi si assiste a un’estensione dei percorsi for-mativi e a una permanenza prolungata nei nu-clei familiari di origine da parte dei giovani. Ilrisultato è che i passaggi fondamentali per se-gnare la transizione verso l’età adulta subi-scono un forte slittamento temporale. È unfenomeno temporaneo legato al momento di

crisi o dobbiamo considerarlo come un cambia-mento antropologico?

Intanto questo è un cambiamento tutto italiano,siamo quelli che rimangono per più tempo a casa.

Quindi più che temporale direi che si tratta di un feno-meno locale.Ma perché qui avviene questo? Perché da una parte la

famiglia supplisce alle carenze dello Stato, quindi non es-sendoci lavoro (siamo al 40% di disoccupazione giovanile)

la famiglia fa da ammortizzatore sociale, e in questo caso è un bene che i gio-vani rimangano a casa altrimenti sarebbero problemi. Dall’altra parte, però, la

famiglia può finire per supplire troppo, e questo produce dei danni, come adesempio il fenomeno dei neet, giovani che non studiano e non lavorano. Penso

che bisogna veramente fare un salto di qualità e pensare che i giovani sono ilbene comune e che bisogna metterli in condizione di realizzare i propri sogni,

che poi alla fine sono quelli di fare una famiglia e avere dei figli. C’è un inte-ressantissimo dato dell’Istituto Toniolo che dice che il 94% dei giovani vo-gliono una famiglia e più dell’80% vuole due o più figli.

I cambiamenti subiti in questi annidalle famiglie di origine – semprepiù sotto stress - che non sono piùnuclei consolidati, ma passibili ditrasformazioni per le separazionidei coniugi come hanno influenzatoi giovani di oggi?

Sicuramente la precarietà passa nonsoltanto da situazioni economiche esociali, ma anche da situazioni di vitavissuta. Se io ho visto nella mia fami-glia che il “per sempre” è impossibile,perché quando arriva un problemal’unica soluzione che ho visto attuareconcretamente è smettere di vivereall’interno di quello che io reputo unproblema e quindi separarsi, è chiaroche questo influisce su di loro, sullaloro mentalità.E poi anche qui agisce quella preca-rietà di cui parlavamo prima, nellaquale è difficile ricreare il “per sem-pre” all’interno di un matrimonio,anche se poi è la cosa più bella, per-ché io non credo che esistano giovaniche desiderano essere amati o amarea tempo determinato.

Come si possono aiutare quindi i gio-vani a superare queste difficoltà?In che misura devono impegnarsiloro e in che misura è fondamentaleun intervento esterno?

Il tema è sempre non univoco. Non cisono la società cattiva e i giovanibuoni, o viceversa. C’è una comparte-cipazione, cioè ci sono le responsabi-lità di tutti. Da una parte c’è unsistema che non mette i giovani incondizione di realizzare i propri sogni,non a caso molto vanno all’estero afarlo, e questo è un grande peccatoper il nostro Paese perché si perdonoforze intelligenti, fresche, su cui ab-biamo investito tante risorse, conside-rando che un bambino da 0 a 18 anniper una famiglia costa di media171.000€. Dall’altra parte c’è da direche in molte situazioni i giovani si ada-giano, perché ci sono situazioni dipersone a cui è stato offerto un lavoroe se questo non è come vogliono osperano assumono un atteggiamentoun po’ supponente.Andrebbe fatto un lavoro culturale perfar capire che non ci sono lavori di

serie A e lavori di serie B, che ogni la-voro è degno, che tutto concorre albene comune e che la realizzazionenon dev’essere necessariamente nellavoro, ma che il lavoro è un servizioche poi può permetterti di realizzarealtri sogni in altre situazioni.

Com’è cambiato il concetto di par-tecipazione dei giovani? Oggi appa-iono slegati da quello che accadeloro intorno, e a causa di questofioccano definizioni come “genera-zione del quotidiano”, “genera-zione degli sprecati”, addirittura“bamboccioni”. Serve un riavvicina-mento fra le parti, fra i giovani e lasocietà. Qual è la sua opinione?

C’è una frase di uno scrittore francese,Christian Bobin, che io apprezzomolto e dice: “Ciò che sappiamo diqualcuno ci impedisce di conoscerlo”. La mia sensazione è che sappiamotroppe cose dei giovani per conoscerlirealmente e quindi andiamo avanticon la sociologia, le indagini, che perònon danno la cifra reale di ciò chesono i giovani, vale a dire una realtàmagmatica, che cambia veloce-mente, di anno in anno.Il Papa ha detto parole bellissime suigiovani, invitandoli a non vivere lapropria vita sul divano, ma a viverla al100%; questo discorso però vale pertutti, perché tutti ci stiamo rasse-gnando a una “partecipazione indi-

gnata”, cioè crediamo che parteci-pare si raccogliere firme su internet elike su Facebook invece di scendere instrada e sporcarsi le mani per risolverei problemi.

Come può la Chiesa e il messaggioche trasmette essere d’aiuto ai gio-vani in questo contesto?

Io credo che la radicalità del Vangelosia un invito sempre e comunque auscire, a non banalizzare la nostravita, a spendersi, ad aiutare gli altri. Glistimoli ci sono e sono numerosi.Certo ci sono anche le difficoltà, manon bisogna considerarle un alibi.Ogni tempo ha le sue, i nostri nonnihanno avuto la guerra, oggi ci sonoaltri problemi. L’importante è averedentro l’energia, il desiderio di - comediceva Giovanni Paolo II - trasformarela nostra vita in un capolavoro, nonaccontentarsi. La mia sensazione èche la vera paura che i giovani do-vrebbero avere è di vivere una vitamediocre. Quando un giovane si ac-contenta, allora lì c’è un problema.E accontentarsi non vuol dire accet-tare un lavoro che non era quello de-siderato, vuol dire avere sogni bassi epensare di essere meno di quello chesi è e credere di avere desideri me-schini. Io penso che i desideri nonsono mai meschini, perché tutti vo-gliamo lasciare un’impronta impor-tante nella nostra vita.

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TRASFORMARE

LA VITA IN UN

CAPOLAVORO

A colloquio con Gigi De Palo, presidente del Forum delle Famiglie realtàche a livello nazionale raccoglie il sostegno delle associazioni, dei

movimenti e delle organizzazioni che operano in Italia a favore ed asostegno della famiglia. Con lui abbiamo cercato di capire chi

sono i giovani oggi.

di GIANLuCA SCARNICCI

GIGI De Palo

Presidente del Forum

delle Famiglie

DALLA PARTE DEI GIOVANIDALLA PARTE DEI GIOVANI

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ABorgonovo, in provincia di Piacenza, la cooperativasociale Le Nuvole in collaborazione con l’Opera DonOrione gestisce due strutture residenziali che lavo-

rano molto con i giovani fragili, che vivono o hanno vissutosituazioni difficili, facendo in modo di sostenerli e “riabili-tarli”. La prima struttura è una Comunità ad alta autono-mia, che si rivolge a minori stranieri non accompagnati, intutela ai servizi sociali o anche con problematiche legateal carcere o con vincoli giuridici. La seconda è invece unastruttura di housing sociale, un progetto partito nel 2015che accoglie persone dai 18 ai 65 anni con problematichedi tipo psichiatrico, di abuso di sostanze o ancora di natura

sociale, come chi ha perso la casa o il lavoro.“Fra i giovani che gestiamo in entrambe le

strutture – racconta Matteo Bolzoni, re-sponsabile della cooperativa so-

ciale Le Nuvole che gestisce lecase di Borgonovo – le criti-cità maggiori che riscon-triamo sono quelle legatealle devianze.Al momento nella casa adalta autonomia ospitiamo 9minori che sono arrivati inItalia senza famiglia e dacontesti traumatizzanti.Noi seguiamo ognuno diquesti ragazzi insieme a unassistente sociale di rife-rimento e collaboriamomolto anche con la

scuola, perché offriamoa ognuno un percorsodi alfabetizzazione diitaliano, un percorsodi scuola professio-

nale, per diventaremeccanico, elettricista,

grafico, e così via.Questo perché intendiamofare in modo che al compi-mento dei 18 anni escano

da qui con un diploma e pos-sano avere la possibilità di tro-

vare un lavoro e una casa”.“Nell’altra struttura invece –

spiega ancora Bolzoni – le proble-matiche sono maggiori, sono ragazzi e ragazze con

traumi importanti o che hanno addirittura patologiepsichiatriche in corso o dipendenza da sostanze. Perloro attiviamo tirocini, borse lavoro, cercando così diriattivarli nell’autonomia dal punto di vista lavorativo.

Con i servizi sociali teniamo conto delle loro diffi-coltà, ma anche e soprattutto delle loro risorse e

capacità. L’obiettivo finale è fare in modo che rie-scano a trovarsi un lavoro, una casa e possano

andare a vivere da soli in maniera autonoma. Il nostro im-pegno in questo senso è massimo”.Per fare in modo che l’intervento su questi giovani ottengai risultati migliori, è molto importante ovviamente il con-testo sociale in cui i ragazzi andranno a muoversi. Più que-sto risulta coeso e collaborante più si riescono a fareprogetti che hanno un senso e che funzionano.“I dati – conferma Bolzoni – ci mostrano proprio questo.Se la cittadinanza è presente e riesce a creare una rete ilreinserimento sociale di questi giovani avviene in manieramolto più naturale. Vanno superate le resistenze a livellosociale, dovute principalmente allo stigma dello straniero,del diverso, del disabile, della persona con difficoltà”.Il progetto di Borgonovo ha una qualità in più che è quelladi svolgere questa missione senza perdere mai di vista lamatrice cristiana, e in particolar modo quella orionina.E non sono soltanto i ragazzi a essere formati nel carismadi Don Orione, ma anche gli operatori che seguono uncorso in questo senso così da trasmetterlo poi anche agliospiti. “Di base noi siamo un servizio laico – spiega Bolzoni – e gliobiettivi che dobbiamo raggiungere sono tecnici, però allabase di tutto c’è sempre presente una cornice orionina diaccoglienza e amore. I ragazzi a questo reagiscono moltobene, con i minori abbiamo vissuto momenti emozionanti,come delle celebrazioni con ragazzi musulmani che hannoservito la Messa. Loro sanno che qui non c’è nessun giudizioe per questo si sentono accolti, anche nella differenza reli-giosa. Dove si vedono rispettati la testimonianza che por-tano è molto bella”. Tutto senza allontanarsi mai dallamatrice orionina che alla base di questo percorso e cherappresenta la marcia in più che permette a tanti giovanidi ritrovare la strada smarrita.

2 DALLA PARTE DEI GIOVANI

A Borgonovo (PC), grazieal lavoro pionieristico diuna cooperativa socialenata alla luce del carismaorionino, due realtàmoderne e “sulla strada”offrono ai giovani instato di disagioun’alternativa e unsostegno per guardareal futuro con speranza.

di Matteo GuerrInI

LA

SPERANZA

TRA

”LE NUVOLE”

proprio nei giorni in cui pensavo aquesto articolo, un ragazzo di di-

ciassette anni, che accompagno neltentativo di aiutarlo a rilanciare il per-corso evolutivo rallentato da alcunesituazioni vissute, mi descriveva unoschizzo che aveva disegnato a scuola,durante un’ora di lezione particolar-mente noiosa: due figure umanestilizzate, con il capo un po’ spropor-zionato rispetto al corpo, più piccoloe meno definito. Le due figure sonouna di fronte all’altra e le due testesono protese una verso l’altra, mentrei corpi restano indietro.Spiegava la scena più o meno con que-ste parole:«due persone che voglionobaciarsi, perché è bello, naturale...

hanno il collo in avanti, come se qual-cosa le spingesse, mentre il corpo ètrattenuto indietro...la testa vuole e ilcorpo no!».Mentre lo ascoltavo pensavo comel’immagine, e la spiegazione che nedava, descrivessero perfettamente lafase della crescita che sta attraver-sando. Slancio e frenata.

Ricerca di incontro e chiusure. Colloproteso e assenza di parola. Tecnicamente si parla dell’adole-scenza come di una seconda indivi-duazione. Seconda perché segue laprima e, per certi versi, più decisivaindividuazione che avviene nel pe-riodo che va dal terzo mese al terzoanno di vita. Come soprattutto Winni-cott ha illustrato, nei primi mesi di vitadel bambino, nella coppia madre-bambino si crea una sorta di simbiosi,nella quale il bambino non è in gradodi distinguere dove finisce lui e doveinizia la mamma.Sperimenta piuttosto uno stato di fu-sione, in cui è solo la presenza dellamamma ad assicurargli l’indispensabile

ALESSANDRO LEmBO

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Slancio e frenata. Collo protesoe assenza di parola:le turbolenze del tempo del-l’adolescenza più che la pretesadi azzerare le regole velano lanostalgia profonda di rispettoda parte di adulti significativi.

LASCIAMI ANDARE...MA TIENIMI STRETTO!

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DIARIO DI UN ORIONINO AL pICCOLO COTTOLENgO

"oggi andiamo a passeggio!”.

Durante i mesi estivi trascorsi a Vacciago di ameno, più volte alla settimana, armato di fischietto e

d'ingenuità, raggruppavo un nutrito gruppo di camminatori, che spontaneamente si mettevano

in fila per due, dandosi la mano.

erano i tempi in cui la televisione trasmetteva "Guerra e Pace". L‘andatura dei miei ragazzi

assomigliava un poco a quella dei soldati di napoleone, reduci dalla campagna in russia,

con alcune varianti "doc". Qualche volta mi capitò di scorgere una calzatura, dopo che tutto

il gruppo era andato oltre.

“alt! Chi ha messo in libertà un piede? Qui c'è una scarpa disoccupata!". Facevo un rapido

controllo di tutte le estremità inferiori fino a quando, com'era naturale, saltava fuori l'interessato.

Sistemata la scarpa vicina alla compagna, riprendevamo la marcia.

Mettere un po' di strada sotto i piedi aiutava a scoprire paesaggi nuovi, ad apprezzare le effusioni

del sole estivo e a godere delle carezze del venticello sussurrante confidenze lontane. tappa

d'obbligo era una fontana, quivi giunti, si faceva ressa per ammirare gli stupendi occhi sorridenti

della ninfa che, sospendendo il soliloquio, s'accostava a ciascuno per un bacio dissetante.

Le conversazioni, cammin facendo, erano familiari e allo stesso tempo amichevoli, ma poco

speculative; si parlava di argomenti vicini alle realtà quotidiane: "Cosa ci sarà da mangiare, oggi?

Buona la pastasciutta! a me mi piace il salamino!".

nei luoghi dove passavamo, restava indietro una scia di contentezza fatta di niente e di tutto.

Il niente era costituito dalle cose che interessavano i marciatori, il tutto erano loro.

In più occasioni, incrociando altri passeggeri ne ho osservato l'espressione del viso mentre ci

guardavano; sul volto ho letto turbamento e rispetto.

Il portatore di handicap è, suo malgrado, una biro rossa che tira uno sfregio sul tuo programma,

stabilito con la bilancia dei grammi, perché ti costringe a verificare, come il sacco della giornata

non trattenga più i ritagli dei passatempi inutili e mentre ti sforzi di rammendarlo, ti trovi in mano

un cuore sperso: "Domenica verranno a trovarmi?".

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esperienza di esserecontenuto. In questosenso, l’accoglienza e il

contenimento sono le ca-ratteristiche della funzione

materna.Successivamente il bambino

comincia piccole prove di differenzia-zione e separazione dalla mamma.Esplora il mondo intorno a sé e in que-sto modo comincia a scoprirsi comesoggetto distinto dalla mamma.È una fase delicata in cui acquista unaparticolare importanza il padre, chia-mato a concretizzare la specificitàdella cosiddetta funzione paterna.Ci si riferisce con questa espressioneal fatto che il padre deve, in un certosenso, imprimere una ferita nel bam-bino, strappandolo dalla relazione to-talizzante che inevitabilmente si èstabilita con la madre.Una ferita salutare perché il dolore as-sociato allo ‘strappo’ che la provocaè il prezzo da pagare per cominciarea sviluppare la capacità di autonomiae un’adeguata stima di sé.Il padre, o chi ne svolege questa fun-zione, introduce l’elemento di realtànella coppia madre/bambino.Altrettanto importante è la capacitàdella madre di assecondare questomovimento. Soprattutto sarà decisivala sua libertà di non colpevolizzare ilbambino quando mette in atto i suoiprimi esperimenti di allontanamentoe, nello stesso tempo, la sua disponi-bilità a farsi trovare presente quandolui tornerà a cercarla perché biso-gnoso di rassicurazione.Un banalissimo esempio permetterà dicapire la concretezza di queste affer-mazioni, che potrebbero suonaretroppo teoriche. Quando il bambinocomincia ad avventurarsi da solo acercare un giocattolo, ad andare inun’altra stanza, se la mamma, coltada un’eccessiva ansia, si mostrasse su-bito rabbuiata in volto, il bambino ri-

ceverebbe il messaggio che ilmondo è pericoloso e che l’es-

sere indipendente offende lapersona a cui vuole più bene.In adolescenza questo tipo didinamica si ripresenta in un

contesto completamentemutato.Il bambino è diventato unragazzo, probabilmentepiù alto della suamamma e forse anchedel suo papà... leesplorazioni non sa-

ranno più nella stanzaaccanto, ma saranno le uscite serali,le frequentazioni di locali che potreb-bero presentare insidie, l’immanca-bile motorino, le vacanze, la pretesadi esssere lasciato libero di sperimen-tare lì dove sperimentare, a volte, si-gnifica spingersi in esperienzedavvero a rischio.

Ciò che più cercano i ragazzi in que-sta fase non è un’assoluta libertà, seb-bene nei proclami spesso la rivendi-chino, quanto, piuttosto, un profondorispetto.Il rispetto si può pensare come l’asseportante di una relazione al con-tempo solida ed emotivamente signi-ficativa. Il rispetto, da parte dell’edu-catore, si traduce in questa fase nellasapiente capacità di trovare il giustoequilibrio tra gli eccessi dell’autorita-rismo e del permissivismo.Potrà aiutare ricordare che, parados-salmente, un atteggiamento eccessi-vamente austero, restrittivo e total-mente improntato alla disciplina e unatteggiamento troppo comprensivo eprossimo, che può tradursi o in unaresa totale alle richieste del ragazzo oin un’ansiosa ricerca di iper-proteg-gerlo dai pericoli della vita, hanno lostesso effetto: trasmettono un mes-saggio profondamente svalutativo.Nel primo caso, l’autoritarismo, è im-mediato intuire come l’adolescente sisentirà mortificato perché controllato

e vincolato in tutti i suoi movimenti,che sentirà ingabbiati in una fitta retedi punizioni corrispondenti ad ognisgarro (provvedimenti che mi fannotanto venire in mente le seicentotre-dici prescrizioni che i dottori dellalegge con cui polemizza Gesù tene-vano ben in mostra nei loro filatteri).Nel secondo caso, il messaggio svalu-tativo è più nascosto e, forse, proprioper questo più insidioso.Nella sua prima variante, il permissivi-smo, il ragazzo non trovando nessunaopposizione alle sue richieste, finisceper sentirsi irrilevante: mentre este-riormente si rallegra del soddisfaci-mento delle sue voglie, sotto sotto siconvince di non essere importanteproprio per le persone più significa-tive della sua vita.Nella seconda variante del secondocaso, l’iperprotezione, è facile intuirecome le raccomandazioni assillanti egli inviti ad eccessivie precauzioni tra-smettano al ‘giovane esploratore’ laconvinzione di non essere all’altezzadi far fronte alle sfide che il suo viag-gio presenta. In genere chi cresce inun clima troppo autoritario, tende anascondere in profondità i sentimentidi insicurezza ed è più facile che sipresenti all’esterno come piuttosto si-curo di sé ed aggressivo; a sua voltaabusante nelle relazioni, incapace divero rispetto.Per colui che è cresciuto in una libertàpoco strutturata è più probabile chela sua insicurezza si manifesti nellacronica fuga da ogni tipo di responsa-bilità.Il rispetto, invece, facendosi caricodella fatica di limitare e arginare, malasciando aperti i percorsi della li-bertà, tende a generare adulti maturi,e capaci di vero amore.Per fortuna, poi, la vita è molto piùcomplessa e la verità delle nostre sto-rie non si colloca mai rigidamente inqueste casistiche. Una grande varietàdi sfumature sono possibili e le molte-plici possibilità di combinazione deidiversi fattori che intervengono neipercorsi di crescita interagiscono conl’originalità creativa di ogni ragazzo,che può trovare la sua personalissimastrada verso la maturità anche neicontesti più svantaggiati. Sebbenenon senza fatica e dolore.

paradossalmente, autoritarismoe liberalismo, nell’ambitoeducativo, approdano almedesimo esito: generanoinsicurezza!

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più tangibile e vicina possibile a noi,al nostro essere laici, al nostro esserevolontari, pronti a partire con la vo-glia di dare ma anche ricevere “comeviaggiatori assetati ad una sorgente diVerità e Vita”.

L’arrivo a Tampelen (Burkina Faso),presso la comunità Orionina di cuiP. Richard Moumini Sawadogo siprende cura con amore, da qualcheanno è la conferma di un lavoro cheviene svolto con impegno, anche at-traverso volontari e sostenitori delCentro Don Orione di Ercolanoche si adoperano affinchétutti possano ricevere cura eformazione. Gli occhi ci bril-lano, il cuore ci batte,come in un specchio è ri-flessa l’immagine di Dio. Ma c’è un altro mo-mento che ci aspetta aTampelen un progetto cheha visto impegnato il cuore di tantibambini di Torre del Greco (NA) e diMaria, compagna instancabile diquesto viaggio innamorata di DonOrione e del suo carisma e che a suonome, ha reso possibile la ristruttura-zione di una scuola elementare cheha permesso a 180 bambini di stu-diare in un ambiente dignitoso ed at-trezzato didatticamente.

L’incontro con la comunità Mussul-mana, la gratitudine con cui siamostate accolte ci hanno riportato inevi-tabilmente alle meravigliose parole diDon Orione: “Per aprire le braccia e ilcuore a sani ed ammalati di ogni età,di ogni nazionalità , di ogni religione,col credo e senza credo…”.La pacifica convivenza, la gioia nelvolto dei bambini e negli occhi delMaestro riempivano di una gioia pro-fonda il nostro cuore. “Un Cuore senzaconfini”… perché è cosi, grandenell’amore di Cristo, l’opera missiona-ria orionina la tocchi, la vedi, la sentiattraverso il cuore dei missionari in-contrati durante il nostro viaggio, l’ar-rivo in Togo alla comunità Orionina diBombouaka (Togo) ne è l ennesimaconferma. Ad accoglierci P. Alain Kini

ed i Bambini del Piccolo Cot-tolengo con un momento

toccante ed emozionanteche ci riporta alla volontà, alla possibilità di supe-rare barriere ed ostacoli,all’ amore per il prossimo,alla persona al centro diogni agire. I bambini siaiutano, i bambini bal-lano, i bambini si pren-

dono cura di se stessi e dell’altrononostante le difficoltà motorie che licaratterizzano.

Anche qui si riconferma l’aiuto deisostenitori di Ercolano per gli Angelidel Cottolengo “qualità della vita e fe-licità attraverso il Vangelo” qui si ma-nifestano in tutto il suo splendore.Il nostro viaggio, breve ma intenso, siconclude poi in Costa D’Avorio doveun ringraziamento speciale va allaProvincia Notre Dame d’Afrique ed alProvinciale P. Basile Aka e tutta la Co-munità di Bonoua per l’indimentica-bile ospitalità ed accoglienza.Il Centro di Bonoua cattura la nostraattenzione, così come le porte sem-pre aperte, come le braccia di DonOrione e dei suoi Missionari. Lasciamo la Meravigliosa terra d’Africadopo aver incontrato le Suore PSMCdella comunità di Anyama verso lequali va la nostra più profonda stimaed ammirazione per quanto è statorealizzato e per quanto ancora si rea-lizzerà, fiduciosi di una collabora-zione con Ercolano per la Maternità diTampelen.GRAZIE GRAZIE GRAZIE porteremocon noi ogni singolo momento vis-suto come profonda crescita Spiri-tuale ed Umana.

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Appunti di viaggioin burkina Faso, Togo,Costa d’Avorio.

Temperatura di 38°, il vento caldoti avvolge, ti entra negli occhi, nel

naso , sulla pelle, tra i capelli, nellagola. Piedi consumati, mani rugose,volti segnati dalla stanchezza, dal do-lore, dal tempo. Sei in una parte dimondo che non puoi riconoscere senon lasci che il vento, come in un ab-braccio ,ti riporti in un luogo dovetutto comincia. E allora trovi la luna afarti da bussola e le stelle ad indicartiil cammino.Non c’è una spiegazione ma procedi.Hai ben chiara la meta ma non puoiprevederne la durata. Incontri per-sone, ascolti storie, e poi colori, pro-fumi, tradizioni. Stringi mani cheforse, anzi sicuramente, non rivedraieppure, inevitabilmente, farannoparte della tua vita per sempre.

Provo a racchiudere in semplici parolele emozioni di un viaggio speciale cherinnova ogni volta Fede e Speranza, eche ti richiama e che ti riporta al SuoVolto, al Suo Nome. L’accoglienza diP. Riccardo Zagaria e di tutta la comu-nità orionina di Ouagadougou (Bur-kina Faso) apre la strada ad un nuovoviaggio che comincia ogni volta conuna Messa sentita, partecipata, vis-suta dagli ammalati dell’ospedale eda chi con pazienza si porta anche lasedia per poterla ascoltare, in un giar-dino che non distrae ma che con at-tenzione ascolta e contempla laParola di Dio. E poi sorrisi, segno dellapace e la benedizione che accom-pagnerà con fiducia ogni nostropasso, ogni nostro incontro.La gioia, il coraggio e la determina-zione di P. Riccardo, nostra guidaumana e spirituale, rendono la missio-narietà che caratterizza gli orionini il

“ApRIRE LEbRACCIA E ILCUORE”

La comunità orionina diTampelen è la conferma diun lavoro che viene svolto conimpegno, anche attraversovolontari e sostenitori delCentro Don Orione diErcolano.

I bambini si aiutano, i bambiniballano, i bambini si prendonocura di se stessi e dell’altrononostante le difficoltàmotorie che li caratterizzano.

pAgINA MISSIONARIA pAgINA MISSIONARIADANuSCA PALOmBA

Il Centro di bonoua cattura lanostra attenzione, così comele porte sempre aperte, comele braccia di Don Orione e deisuoi Missionari.

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del proprio tempo… donarsi agli altrigratuitamente. “Abbiamo ricevutogratuitamente da Dio, cioè senza me-rito, impariamo a dare gratuitamenteagli altri”. Il giovane che si lascia toccare, inter-pellare dalla tenerezza di Dio e segueil Maestro diventa discepolo missiona-rio, evangelizzatore audace e crea-tivo, in grado di trascendere periferiegeografiche ed esistenziali per condi-videre semplicemente la vita, la vitaabbondante che Gesù ci ha portato,essendo benedizione per gli altri.Come ha detto Papa Francesco: “Nonabbiate paura di ascoltare lo Spiritoche vi suggerisce scelte audaci, nonindugiate quando la coscienza vichiede di rischiare per seguire il Mae-stro” (Papa Francesco). Don Orione haincarnato la pedagogia del Maestro eoggi penso sia un invito per tutti noiche accompagniamo i giovani...

4Gesù “esce” per diventare un com-pagno di cammino, ma non sotto-mette né costringe l’intimità dinessuno.

4Gesù sa ascoltare in profondità, eguardare oltre le apparenze perscoprire la persona nella sua realtàpiù vera: ferite, ricerche, ecc.

Gesù provoca, interroga, sorprende,proclama, invita e accoglie, moltopiù di quanto insegna, argomenta odia risposte standardizzate.

4Gesù restituisce la responsabilità aciascuno, senza sostituirlo o risol-vere i suoi problemi con formule si-cure.

4Gesù si lascia intenerire, accostare ointerpellare dagli altri in qualsiasimomento, adattando il suo linguag-gio a quello dei suoi interlocutori.

4Gesù trasmette la convinzione, atutti coloro che lo incontrano, che,per Dio, essi hanno un valore infinitoe che hanno delle qualità che de-vono sviluppare e condividere a be-neficio dell’intera comunità umana.

4Gesù parla con grande autorevo-lezza, ma non è autoritario né ditta-toriale. I suoi gesti e la coerenzadella sua vita accompagnano sem-pre le sue parole, motivano, gui-dano.

4Gesù lascia andare ognuno se-condo le proprie scelte, senza trat-tenere nessuno generandodipendenze, o presentando ilconto per il lavoro svolto.

4Gesù cerca e guarisce i peccatori,gli emarginati.

4Gesù dà testimonianza della suacontinua filiazione con il Padre,nella preghiera e nell’azione.

4Gesù ci affida, nella figura di Gio-vanni, sua “Madre”.

4Gesù ama tutti senza escludere nes-suno ...

4Gesù crea comunità ...

4Gesù insegna e invia ... “andate eannunciate”.

Ogni Piccola Suora Missionaria dellaCarità è chiamata ad incarnare questiatteggiamenti e dare concrete possi-bilità di spazi di servizio, di missione,di comunità aperte all’accoglienza deigiovani, dove loro siano i protagonisti,con la certezza che l’amore, la tene-rezza, le buone maniere, i gesti digentilezza e d’ascolto profondo, tra-sformano tutto, e che l’investimentodel tempo con ogni giovane è scom-mettere su un futuro di speranza; èdare strumenti affinché egli, nel suoprocesso di crescita, possa discernere,scoprendo il progetto di Dio per la suavita, con la convinzione che “la gioiaperfetta non può esistere che nellaperfetta dedizione di sé stessi a Dio e

agli uomini, a tutti gli uomini”.Un esempio concreto di quanto siaimportante tutto ciò è l’esperienza vis-suta insieme al gruppo missionarioDon Orione, ad alcuni volontari delcentro diurno per i bambini di Rafaela,una famiglia e un piccolo gruppo disuore orionine, nella missione popo-lare che abbiamo realizzato a MaríaJuana, provincia di Santa Fe (Argen-tina), nel quartiere 17 ottobre.Per la maggior parte di noi, questa èstata la prima esperienza di missionee nonostante ci fossimo preparati pertutto l’anno, sia a livello personale chedi gruppo, eravamo molto nervosi enon vedevamo il momento di esserelì. Per i giovani che hanno partecipatoè stata un’esperienza unica, che moltidi loro desiderano già ripetere…

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San Luigi Orione aveva la convin-zione e la certezza che non si se-

mina mai invano nella vita deigiovani, lasciandoci così la meravi-gliosa sfida di avvicinarci al cuore diogni giovane, di abbracciare la sua re-altà, accompagnare il suo processo dicrescita, il suo sviluppo globale con loscopo di rendere più umana e cri-stiana la sua vita.Ma, come raggiungere il cuore deigiovani in un mondo ferito, in cui laviolenza, l’esclusione, la mancanza dirispetto per la propria vita e per quelladell’altro, l’assenza di significato,l’egoismo, la solitudine, la passività, siimpadroniscono della persona? DonOrione ha saputo stare a fianco deigiovani nelle loro diverse situazioni

con concreti gesti paterni, con un at-teggiamento misericordioso, con lagioia caratteristica di coloro cheamano e servono Gesù.Dietro gli atteggiamenti d’indiffe-renza, passività e aggressività, molte

volte si celano reali carenze di affetto,di comunicazione, di riferimenti, di li-miti, ecc.Pertanto, è importante per primacosa dare l’opportunità al giovane disperimentare l’amore di Dio, eviden-ziare la sua presenza nelle persone,negli eventi quotidiani, nell’incontrocon il fratello, in particolare con il piùabbandonato ed emarginato. Perchéquando ci lasciamo amare, trasfor-mare da Gesù, la vita ci cambia, ilcuore si allarga e possiamo scoprire inogni fratello, come direbbe DonOrione, l’immagine di Gesù.È fondamentale permettere al gio-vane di sperimentare e concretizzarecammini di solidarietà, di dialogo,d’ascolto, di servizio, di donazione

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RISCHIARE pER SEgUIREIL MAESTRO

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pICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITà pICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITà

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m. mARCELA OjEDA

“Non ci sono parole perdescrivere tutte le cosemeravigliose che gesù ci hafatto vivere, semplicementegrazie a tutti quelli che l'hannoreso possibile, perché non sonomancati ostacoli, ma comeabbiamo detto alla fine dellamissione: “quando le cose sonodi Dio, le cose accadono”.

(valentina 17 anni)

"Andare in missione conpersone tanto care è stataun'esperienza unica,un'esperienza che spero diripetere... Sono stati 4 giorni neiquali abbiamo potuto "allargare"la nostra fiducia a più compagnidel gruppo, conoscere unarealtà diversa, condividere lafede, la vita con gli altri.Mi è piaciuto tanto questamissione, perché abbiamopotuto aiutare”.

(Fernando, 16 anni)

"non vi affido le macchine, vi affido le anime dei giovani".

“Prendetevi cura del loro spirito, coltivate la loro mente, educate il loro cuore!".

(Don orione)

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SANREMO (MI)Il Vescovo di Ventimiglia-Sanremo al PiccoloCottolengo

Lo scorso dicembre Mons. Antonio Suetta,Vescovo di Ventimiglia – Sanremo, ha fattovisita due volte al Piccolo Cottolengo. Il 19dicembre dopo il pranzo vissuto insiemealla comunità religiosa e al consiglio di di-rezione, Mons. Antonio Suetta si è intratte-nuto con tutti i collaboratori - dipendentidella casa. Nella prima parte dell’incontroil vescovo ha introdotto il cammino di for-mazione ai dipendenti sulle “Opere di mi-sericordia corporale”.Le parole del pastore hanno fatto presanella mente dei dipendenti che lo hannoascoltato con vivo interesse apprez-zando gli esempi di vita pratica che hadescritto. Lo spirito delle opere di miseri-cordia ha ispirato tutti per un serviziosempre più fraterno ed evangelico. Nellaseconda visita, il 31 dicembre, festa dellaSanta Famiglia, Mons. Suetta ha program-mato nella nostra “grande famiglia”come l’ha definita, la celebrazione so-lenne della Santa Messa con gli ospiti, coidipendenti e coi volontari. Al terminedell’anno sociale, è stata una grande oc-casione di riconoscenza per ringraziareinsieme il Signore e discernere i segni diprovvidenza suscitati da Lui nel progettoorionino di carità. Al termine è stato sa-lutato da tutti con grande riconoscenzae invitato e a tornare per l’ascolto e il dia-logo su alcuni problemi di vita.

ROMAL’incontro dell’ISO

Il gruppo italiano dell’Istituto SecolareOrionino ha approfittato dei giorni liberitra il Natale e il Capodanno per fare unincontro per rafforzare le relazioni fra-terne e affrontare l’Anno Nuovo.A guidare la due giorni d’incontro si èstato P. Laureano De La Red Merino, ilconsigliere generale incaricato dell’ISO.P. Laureano ha spiegato che la principalesfida che pone davanti a noi il mondo dioggi è quella di formare una sola famiglia– la Famiglia Carismatica Orionina.

FILIppINEIncontro di fine anno con il mLO

“Natale con Gesù: Lui è il Regalo di Natale”. Con questo motto è stato realizzato loscorso dicembre, presso il Centro “San Luigi Orione” di Fairview a Quezon City, l’in-contro finale del 2017 con il Movimento Laicale Orionino. Hanno partecipato tutti ivolontari e anche altri laici che aiutano le Piccole Suore Missionarie della Carità nellevarie attività, come la Catechesi e la gestione e cura della Cappella.Erano presenti anche le Suore orionine con le postulanti e aspiranti. Don StanislaoAchi, dei Figli della Divina Provvidenza (FDP), ha esposto una riflessione sulla visionedell’Incarnazione di Gesù in Don Orione, espressa in parole e opere in tutta la suavita: “Vedere, sentire, servire nell’uomo il Figlio dell’Uomo, Gesù…” e ha invitato ipresenti a vivere il Natale nello spirito di carità orionino, cercando di trovare Gesù inogni persona bisognosa. Dopo un momento di riflessione personale in silenzio, è statacelebrata la Santa Messa.

bERgAMOLa reliquia di san Giovanni Paolo IIal Centro Don Orione

Dal 24 febbraio al 18 marzo 2018 il Centro Don Orionedi Bergamo avrà la gioia di accogliere la reliquia di sanGiovanni Polo II. “È un ‘occasione per ripercorrere il “sen-tiero per la santità” che ha portato Karol Wojtyla aglionori degli altari”, ha dichiarato Don Alessio Cappelli, Di-rettore del Centro. “Durante la sua vita terrena lo ab-biamo visto, ascoltato, ammirato; ora lo preghiamo affinché dal cielo ci sia guida “per non avere paura di spalancare le porte a Cristo, perché Lui sa cosa c’è nell’uomo”.

ARgENTINATempo di missione per i giovani orionini

Nei mesi estivi i ragazzi del Movimento Giovanile Orionino, provenienti da diverse lo-calità della Provincia religiosa argentina, partecipano alle “Missioni Giovanili” durantele quali, suddivisi in gruppi, svolgono diverse attività rivolte alla popolazione locale.Ai giovani non è richiesta una grande preparazione teorica o di studio cattolico.«Tutti siamo discepoli missionari» (EG 119-121) ci esorta Papa Francesco nella Evan-gelii Gaudium, ed è questo il messaggio che questi giovani seguono. Una grande mis-sione giovanile si è svolta a Córdoba con i ragazzi del MGO della zona Centro (7-14gennaio), mentre la comunità orionina di Barranqueras – Chaco, ha vissuto con alle-gria la sua 4° Missione Giovanile che ha avuto come titolo “Trasmettitori di fede e te-stimoni di carità”. Questa missione, si è svolta dal 6 al 10 dicembre, festeggiandocontemporaneamente la Festa dell’Immacolata Concezione di Maria, alla quale è de-dicato il Santuario di questa città.Ai giovani missionari della zona NEA (Barranqueras, Itatì e Saez Peña) si sono unitianche i ragazzi e le ragazze delle comunità orionine del Paraguay, di Tucumán, diClaypole, di Victoria, e di Vicaria. Insieme a loro c’erano anche Padre Claudio Muñóze vari postulanti dell’Opera Don Orione.

FILIppINEVisita canonica generale

Anche le 3 comunità orionine presenti nelleFilippine hanno ricevuto dal 15 al 22 gen-naio, la Visita canonica generale da partedel Vicario generale, nonché Direttore de-legato, Don Oreste Ferrari e dei due Consi-glieri generali Don Laureano De la Red ePadre Pierre Kouassi.Nelle Filippine gli orionini giunsero agli inizidegli anni ’90, e aprirono una parrocchia aPayatas, immensa baraccopoli della perife-ria nord di Manila. Oggi, oltre a quella di Pa-yatas, ci sono altre due comunità religiose:una a Montabal (dove ci sono un Seminario,il Noviziato ed il Piccolo Cottolengo) e l’al-tra a Lucena. I sacerdoti sono 8, 12 i chie-rici, 15 novizi. Un prete Filippino si trova aRoma per studio, un chierico sta facendo lateologia a Nairobi e 3 chierici il tirocinio inaltri paesi. Dal 2011 le Filippine sono diven-tate anche la sede del Noviziato (Montal-ban) per tutta la Delegazione. Molte leattività realizzate in poco più di 25 anni.A Payatas varie sono le opere sociali di tipoeducativo (schoolarship, 3 asili, 2 centri percomputer e biblioteca, lezioni di sostegno),per la salute (attenzione medica, 1 clinicagenerale e una per tubercolosi), 3 centri dialimentazione per bambini; per il lavoro(mezzi di sostentamento) e una banca per ipoveri. Attività simili vengono fatte anchea Lucena.

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MILANOBefana beneficaal Piccolo Cottolengo

Hanno sfidato il cattivo tempo e si sonopresentati in 1.500 al Piccolo Cotto-lengo. Sono i centauri che ogni anno il6 gennaio danno vita all’evento dellaBefana Benefica, ormai arrivata alla sua51° edizione.Organizzata dal Moto club Ticinese lamanifestazione ha lo scopo di portarequalche dono agli ospiti dei vari nucleie soprattutto dare un segno di amiciziae di presenza solidale. È uno spettacoloveder arrivare il corteo aperto dallemotociclette della Polizia e dei Carabi-nieri con i lampeggianti accesi e a si-rene spiegate. Dietro segue tutto ilflusso degli altri motociclisti.Non mancano donne e bambini in sellaalla moto guidata dai papà. D’altraparte il Cottolengo apre le sue porte al-l’accoglienza attraverso il lavoro dei di-pendenti e volontari che allestisconobanchetti di ristoro con dolci e salatini,bibite e vin brûlé. Ma a godere di piùdell’iniziativa sono gli ospiti che dagiorni sono in attesa della Befana.È bello vedere come il mondo esterno(definiamolo così) entra in contatto conil mondo del Piccolo Cottolengo. Quitrova quella semplicità e quella sponta-neità che spesso la società civile haperso. Intanto la voce dello speaker sialterna alla musica che invade il cortile:“solo la carità salverà il mondo”. Il pen-siero di Don Orione viene diffuso in bri-ciole, piccole ma nutrienti. Arrivederciall’anno prossimo.

gIORDANIAmessa nel rito siriacoper i rifugiati iracheni

Nel giorno in cui la Chiesa celebravala Giornata Mondiale della Pace, con iltema “Migranti e rifugiati: uomini edonne in cerca di pace”, la ComunitàOrionina di Zarqa in Giordania ha fe-steggiato il nuovo anno con i rifugiatiiracheni. La Comunità Orionina diZarqa ha organizzato una mattinata difesta e di preghiera per i profughi ira-cheni. Sono stati accolti dai religiosiorionini, che hanno condiviso con lorola colazione e poi, a mezzogiorno,hanno celebrato insieme la SantaMessa nel rito siriaco, presieduta DonHani Polus Yono Al-Jameel, sacerdoteorionino iracheno. Dopo la Messa èstato offerto a tutti i rifugiati il pranzo.Oltre ai membri della Comunità lo-cale, hanno partecipato alle cerimo-nie due Consiglieri generali inGiordania per svolgere la Visitata ca-nonica generale: Don Fulvio Ferrari eDon Laureano de La Red Merino.La Visita iniziata il 31 gennaio è prose-guita fino al 5.

CILENominato il Superiore e ilConsiglio della Vice-Provincia

Il superiore generale P. Tarcisio G.Vieira, con il suo Consiglio, seguendole procedure previste dalle Costitu-zioni e Norme della Piccola Operadella Divina Provvidenza, ha provve-duto alla nomina del Superiore vice-provinciale e Consiglio della Vice-Provincia “Nuestra Señora del Car-men” (con sede a Santiago del Cile)per il triennio 2018-2020. P. SergioFelipe Valenzuela Ramos è il Superiorevice-provinciale, per la sua nomina, es-sendo al 3° triennio consecutivo, èstata ottenuta l’autorizzazione dellaSanta Sede. Completano il Consiglioviceprovinciale P. Giacomo Valenza,Fr. Juan Alberto Daza Jara, P. Alvaro Ro-drigo Olivares Fernandez.

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bURKINA FASOOrdinazione sacerdotalea Ouagadougou

Domenica 7 gennaio, nella capientechiesa parrocchiale di Saint Guillaumedi Tanghin/Ouagadougou piena all’in-verosimile, si è svolta la cerimonia di or-dinazione di Padre Yves DieudonneGyengani.La presenza del Cardinale PhilippeOuedraogo, Arcivescovo dell’arcidio-cesi di Ouagadougou, del Provincialedella Provincia “Notre Dame d’Afrique”Padre Basile Aka e di numerosi confra-telli e sacerdoti concelebranti, hannoimposto il tono solenne e religioso allacelebrazione dell’ordinazione.L’animazione di tre corali differenti, isuoni dei tamburi, le danze tradizionali,le grida di gioia del popolo esultante ericonoscente a Dio del dono del sacer-dozio fatto a un loro figlio, i variegaticolori di tessuti e vestiti tribali e tradi-zionali hanno creato un’atmosfera ca-rica di gratitudine e di ringraziamento,accompagnando tutto il rito dellaSanta Messa , durata solo 4 ore.Un versetto giovanneo ha marcato iltempo della preparazione ed il rito del-l’ordinazione: «Vi chiamo miei amici…vi ho scelti e costituiti perché andiatee portiate frutto» (Gv 15,15).Padre Yves Dieudonne, che fa partedella comunità orionina di Ouagadou-gou, svolgerà la sua attività ministerialee sacerdotale come formatore dei no-stri seminaristi di filosofia ed animatorevocazionale.

INDIAVisita canonica generale

Il Direttore generale P. Tarcisio Vieira edil Consigliere generale Don FernandoFornerod dall’11 al 25 gennaio si sonorecati in India per la visita canonica ge-nerale. In India c’è una comunità orio-nina con 4 residenze: due a Bangalore(Karnataka), una a Kollam (Kerala, 700km sud di Bangalore) e una a Vangala-palli (Telangana, a 750 km nord di Ban-galore). I religiosi sono 13 di cui 8sacerdoti, 5 studenti di voti temporaneiin tirocinio. Ci sono, inoltre, 3 tirocinantiindiani in Italia, UK e Filippine, 3 studentidi Teologia a Roma, 3 in Kenya, 6 novizi,nelle Filippine, 80 seminaristi tra postu-lanti e aspiranti ai vari livelli. Varie le at-tività svolte dai missionari orionini.La formazione è sicuramente quella prin-cipale, considerando che ci sono un Se-minario di accoglienza a Maria Sadan(Bangalore), un Seminario maggiore diDevara Thayi (Bangalore) e a Vangala-palli, nella diocesi di Warangal (Telen-gana), c’è poi il seminario minore.A Bangalore, c’è il Don Orione Center cheal mattino è frequentato da mamme chesvolgono attività di taglio e cucito e ri-camo, mentre il pomeriggio accoglie peril doposcuola circa 100 bambini ai qualiviene offerto anche il pasto quotidiano.C’è poi il Daya Niketan, un Centro diurnoper disabili con servizi educativi e fisiote-rapici. A Gawribidanur, 90 Km da Banga-lore, c’è un terreno di circa 10 ettari ed èsede di un Centro diurno per disabili similea quello di Bangalore.

bRASILE NORDOrdinazione sacerdotaledi P. Fabiano De Oliveira

Il 13 gennaio 2018, nella città di Sabará(Minas Gerais) in Brasile, è stato ordinatosacerdote il Diacono Fabiano De Oliveira.A presiedere la celebrazione è stato S.E.Mons. Edson José Oriolo Dos Santos, ve-scovo di Belo Horizonte, il quale, pren-dendo spunto dal rito dell'ordinazione,ha parlato della “missione del sacerdoteche, chiamato dall'interno del popolo diDio, è invitato a diventare un alter Chri-stus”. “Nella sequela di Don Orione - haprecisato Mons. Oriolo Dos Santos - talemissione si riveste inevitabilmente daisentimenti di misericordia e compassioneverso gli ultimi della società”. La celebra-zione ha visto la partecipazione di unafolta presenza dei laici, provenienti dallecomunità di Belo Horizonte e OuroBranco, e anche di sacerdoti.

bRASILE SUDIngresso in Noviziato eprime professioni

La Provincia religiosa “Nossa Senhora daAnunciação” l’11 e 12 gennaio 2018,ha festeggiato due lieti eventi che hannovisto l’ingresso nella famiglia orionina di10 novizi e la prima professione di altri6 giovani brasiliani. Nella cappella delNoviziato di Barro Preto - São José dosPinhais (PR) con una suggestiva Celebra-zione Eucaristia presieduta dal Superioreprovinciale P. Rodinei Carlos Thomazella,a cui erano presenti vari sacerdoti, reli-giosi e laici orionini, sono stati accolti 10nuovi novizi per l’anno 2018. P. Paul Ser-gio, maestro dei novizi, e P. Gilmar Joa-quim Hermes, economo della comunità,hanno accolto con gioia i 10 giovani chesi stanno proponendo per un camminopiù saldo con la Congregazione orionina.Invece, nella Cappella “Santa Ana”,Barro Preto in São José dos Pinhais (PR),sei novizi hanno emesso i primi voti.

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18MONDO ORIONINO

Il 2018 è un anno specialeper il Santuario della Ma-

donna della Guardia di Tor-tona perché un secolo fa,era il 29 agosto del 1918,San Luigi Orione fece unvoto promettendo la costru-zione a Tortona di un grandeSantuario per la fine della IGuerra Mondiale e il ritorno deisoldati. La guerra terminò il 4 no-vembre. Il santo mantenne la parola eil 23 ottobre 1926 il Cardinale torto-nese Carlo Perosi benediceva la primapietra del nuovo Santuario, progettatodall'architetto della Santa Sede, Spirito

Maria Chiappetta. Il santuario venneinaugurato il 29 agosto del 1931.In occasione del centenario del votoche Don Orione fece per la costru-zione del Santuario, è stato indettol’Anno giubilare della Carità, solenne-mente aperto il 1 gennaio scorso dalrettore Don Renzo Vanoi. Infatti, pertutto il 2018, "Anno della Carità", labasilica santuario sarà luogo di miseri-cordia e grazia con la possibilità di lu-crare l'indulgenza plenaria a partiredall'11 marzo 2018 con la cerimoniapresieduta dall'Arcivescovo di Genova,il Cardinale Angelo Bagnasco alla pre-senza del Direttore generale del-l'Opera Don Orione, Padre TarcisioVieira. All'Arcivescovo di Milano, Mons.

Mario Enrico Delpini, invece, ilcompito di presiedere la

solenne celebrazione perla chiusura del periodogiubilare il prossimo29 agosto 2018, festadella Madonna dellaGuardia.Sarà poi Mons. Vittorio

Francesco Viola, ve-scovo di Tortona, a pre-

siedere il 16 maggio 2018. Il Solenne Pontificale in occa-

sione dell'anniversario della canoniz-zazione di San Luigi Orione.Sarà “Un anno di carità orionina, unanno con un cuore grande comequello di Don Orione che non ha avuto

confini, amando sino alla fine. Egli hacombattuto tante lotte su questa terra- ha affermato Don Vanoi - ma semprecon il comandamento nuovo sulle suelabbra e nel suo cuore quello del-l’amore al prossimo. Sia un anno di mi-sericordia e di grazia per tutti noi checonosciamo e frequentiamo questoSantuario”.Numerosi gli appuntamenti e le cele-brazioni in programma per questo“Anno della Carità”.

2018,ANNODELLACARITàAperto solennemente aTortona l’Anno giubilaredella Carità.

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IL vOTO pOpOLARE

Era una guerra che non accennava maia finire, quella del 1915-1918 ma

Don Orione aveva fede che la Madonnaavrebbe aiutato a por termine a quelconflitto.Ed è proprio il 29 agosto 1918 che “avoce di popolo, - come riferisce lo stessoDon Orione - si è fatto voto a Maria San-tissima che si sarebbe innalzato in S. Ber-nardino di Tortona un santuario degno, aonore e divozione della Madre di Dio,sotto il dolce titolo di celeste guardianadella Chiesa e d’Italia, se la Vergineavesse affrettato la fine della guerra conla vittoria delle bandiere italiane, dandopace al Paese e restituendo alle famigliesani, salvi e vincitori i nostri soldati”.Il 15 settembre risuona l’appello di DonOrione: ‘‘Nel nome di Dio e della celesteMadre del Signore, Maria Santissima: conla piena approvazione del nostro caro eveneratissimo Vescovo, Monsignor SimonPietro Grassi, vi chiamo, o fedeli, ad aiu-tarmi ad innalzare in Tortona, a S. Bernar-dino, un degno Santuario votivo allaMadonna della Guardia.La chiesetta attuale - dove la Madonnadella Guardia è in tanta venerazione -umida, poverissima, squallida e incu-neata in un vecchio fabbricato, era già af-fatto insufficiente per la popolazione delgrosso sobborgo di S. Bernardino e ap-pare ora tanto più angusta davanti alconcorso dei devoti pellegrini... E chi oranon vorrà aiutarmi?”.

FABIO mOGNI

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ROMADottorato in Teologia

Il religioso orionino P. Kodjo Alafia Hyacinthe Vieira Atoukou lo scorso 19 dicembreha conseguitoil Dottorato in Teologia presso la Facoltà di Teologia della PontificiaUniversità Gregoriana (Roma), difendendo pubblicamente la dissertazione intitolata“Jésus-Christ, fils du Pére dans l’Esprit. La christologie trinitarie de Yves Congar”.Moderatore è stato il Prof. Etienne Emmanuel Vetö, ICN. P. Hyacinthe ricopre attual-mente l’incarico di Vicario presso l’Istituto Teologico di Roma dell’Opera Don Orione.

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nità orionine. Non abbiamo perso-nale, ossia un’equipe specializzatache si occupa di raccolta fondi per laProvincia, ma ogni centro fa la suaparte in questo ambito.Purtroppo, i finanziamenti pubblici co-prono soltanto il 20% delle spese ne-cessarie per il nostro sostentamento.Alcune opere più piccole dipendonopiù dal governo, ma in questi ultimitempi hanno sempre più problemi disostentamento economico. Altri nostricentri hanno organizzato una serie diattività per incentivare la raccoltafondi: feste, telemarketing, mercatini,campagne speciali, vendite di pro-dotti, ecc. Inoltre, si cerca di promuo-vere l’ente attraverso la pubblicità susiti web, vari mass media e, così fa-cendo, ogni giorno si divulgano i la-vori fatti nelle opere di San LuigiOrione, in modo che le persone cono-scendole contribuiscano ad aiutarcinelle nostre attività. Grazie a Dio, inBrasile, c’è una buona conoscenzadella Opera di San Luigi Orione emolte persone collaborano con noigrazie alla nostra presenza qualificatasui mezzi di comunicazione”.Un’ attenzione quella alla ricerca dinuove risorse per sostenere le operedi carità della Congregazione che uni-

scono idealmente l’Argentina e il Bra-sile alla Polonia dove da 12 anni hapreso vita la fondazione “Don OrioneCzyńmy Dobro”.Don janusz Nowak è il presidente eracconta com’è nata l’idea: “Avevopartecipato a un incontro amministra-tivo ad Ariccia e dopo aver ascoltatodiversi confratelli e laici che riferivanosu diverse attività che stavano svol-gendo nelle rispettive Province, ab-biamo deciso di costituire unafondazione per il fundraising in Polo-nia. La nostra fondazione realizza pro-getti di aiuto alle nostre parrocchie edopere orionine anche in missione.Uno dei nostri progetti più sviluppatiè quello di sostegno, l’adozione e l’ac-quisto di animali che possono aiutaresoprattutto le missioni più povere.

Questa idea è nata grazie ad una let-tera che ci fu inviata da una suora checi chiedeva di aiutarla ad avere dellatte per la sua missione. Dovevamo ri-solvere il problema all’origine ed in-fatti comprammo delle mucche chefurono donate alla missione e che oragarantiscono il latte 365 giorni al-l’anno. In questa attività ci danno unamano fondamentale le raccolte difondi nelle scuole della Polonia. Nonci siamo limitati, però, alle mucche,ma abbiamo acquistato anche gallinee addirittura dei cammelli per rispon-dere alle tante esigenze che ci arri-vano soprattutto dall’Africa. Questaidea di adottare un animale per le mis-sioni credo che avrà un ulteriore svi-luppo nelle nostre prossime campa-gne di fundraisingn Polonia”.30

GIANLuCA SCARNICCI MONDO ORIONINO MONDO ORIONINO

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RICORDIAMOLI INSIEME

Deceduto il 28 dicembre 2017 nellaCasa della Sede provinciale di Varsavia(Polonia). Nato a Lubień Kujawski(Włocławek, Polonia) il 22 maggio 1932,aveva 85 anni di età, 65 di professionereligiosa e 57 di sacerdozio. Appartenevaalla Provincia “Madonna di Często-chowa” (Varsavia - Polonia).

DON mICHAEL ANTHONy mOSS

Deceduto il 7 gennaio 2018 nella Casareligiosa di Upholland (Regno Unito).Nato a Heathfield (Sussex, Regno Unito)il 12 dicembre 1948, aveva 69 anni dietà, 32 di professione religiosa e 27 di sa-cerdozio. Apparteneva Delegazione“Mother of the Church” (Roma).

SuOR mARIA LuIGINA

Deceduta il 7 gennaio 2018 all’Ospe-dale Civile di Tortona (AL). Nata a Vo-barno (BS) il 19 dicembre 1925,aveva 92 anni di età e 61 di Profes-sione Religiosa. Apparteneva alla Pro-vincia “Mater Dei” (Italia).

SuOR mARIA DEL CARmEN

Deceduta il 20 gennaio 2018 a San-tiago (Cile) nella Casa Provinciale SuorMaria del Carmen (Maria del CarmenBrun Silva). Nata a Paysandú (Uru-guay), il 31 luglio 1921, aveva 96anni di età e 73 di professione reli-giosa. Apparteneva alla Provincia“N.S. del Carmen” (Cile).

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“La Divina Provvidenza è unabanca che sui nostri piccoli de-

positi di opere buone centuplica gliinteressi in benedizioni e grazia.È l’icona del miracolo delle nozze diCana”. Con questo parole chiare esintetiche San luigi Orione offriva, giàagli inizi del 900, un’idea quanto maiattuale di quello che oggi viene defi-nito come fundraising: in sostanzatutte quelle attività che aiutano a tro-vare risorse per sostenere le opere ele attività della Congregazione intutto il mondo. Su questo esempiosono nate in Argentina, Brasile e

Polonia alcune esperienze innovativeche, ponendo al centro la persona so-prattutto se fragile, hanno saputo pro-porre un modello virtuoso di raccoltafondi che lega ad ogni finanziamentola realizzazione di un’opera o di un‘at-tività precisa.Don jorge Torti, che da questo meseassume l’incarico di presidente dellaFondazione Don Orione ci raccontacome è nata l’esperienza in Argen-tina: “Il fundraising nella Provincia re-ligiosa orionina dell’Argentina haavuto origine nel Piccolo Cottolengo“Don Orione” di Claypole. A causadella crisi economica del Paese i sov-venzionamenti pubblici, fondamen-tali per il sostentamento dell’ente,arrivavano con forti ritardi.Questa emergenza ci spinse a lavorareper trovare una soluzione alle varie ne-cessità del Cottolengo. Si iniziò così achiedere donazioni alle diverse im-prese presenti su territorio ed anchealle singole persone tramite carta dicredito. È stata un’esperienza molto

positiva, che ha visto una crescita pro-gressiva durante i primi anni e che èandata stabilizzandosi null’ultimo pe-riodo. Oggi il Piccolo Cottolengo diClaypole ha una media di circa nove-mila donatori che mensilmente lo so-stengono tramite carta di credito”. “Ma questa esperienza – prosegueDon Torti - è poi cresciuta ed oggil’attività di fundraising è gestita dal-l’ENRis (Équipe Nuove Risorse), edoltre ad occuparsi delle attività in Ar-gentina è stata estesa anche alle altrenazioni “orionine”: Messico, Paraguaye Uruguay”.Anche in Brasile non è mancata l’in-ventiva in questi anni per reperire ri-sorse a favore delle opere orionine.Don Rodinei Tomazella, direttoreprovinciale della Provincia religiosa“Nostra Signora dell’Annunciazione”– Brasile Sud ci spiega come “primain forma spontanea e poi organizzataè nato un vero e proprio sistema diracconta fondi: “nel Sud del miopaese siamo più o meno 16 comu-

DON ZyGmuNT CZESłAWSKONIECKI

LA pRIMA bANCAÈ LA pROvvIDENzAIn Argentina, brasilee polonia sono nate dellesignificative esperienze difundraising che si pongonocome obiettivo quello disostenere progetti e opereche sostengono i più fragili.

Da sinistra

Don alessio Cappelli

ed il neo Presidente

della Fondazione

Don orione onlus

Padre Jorge Torti.

le suore orionine della comunità di

laare in Kenya, grazie agli aiuti

della “Don orione Czyńmy Dobro”,

hanno potuto acquistare mucche e

cammelli, che garatiscono il latte

per tutto l'anno.