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trópoς profili monografie

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  • trópoς profili

    monografie

    http://store.aracneeditrice.com/it/collana.php?collana_sigla=tpp

  • Direttore

    Gaetano CUniversità di Torino

    Comitato scientifico

    Gianluca CUniversità degli Studi di Torino

    Nicholas DUniversity of Dundee

    Federico LUniversity of North Carolina at Chapel Hill

    Jeff MUniversity of Tasmania

    Roberto SUniversità di Torino

    Gianni VProfessore emerito Università di Torino

  • trópoς profili

    MONOGRAFIE

    Le collane “trópoς orizzonti” e “trópoς profili” estendono laproposta nata con la rivista «trópoς» attraverso la pubblicazionedi opere collettanee (nella sezione “orizzonti”) e monografiche(nella sezione “profili”) che riflettono su temi della tradizioneermeneutica, ma che si prestano altresì a interagire con altriambiti disciplinari, dall’estetica all’architettura, dalla politicaall’etica.

    http://store.aracneeditrice.com/it/collana.php?collana_sigla=tpp

  • Johann Michel

    Ricoeur e i suoi contemporanei

    Bourdieu, Derrida, Deleuze, Foucault e Castoriadis

    Traduzione diLuca Possati

  • « Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales – CEMS ».

    Copyright © MMXIVAracne editrice int.le S.r.l.

    [email protected]

    via Quarto Negroni, Ariccia (RM)

    ()

    ----

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

    con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

    Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

    I edizione: dicembre

    [email protected]

  • Pour Fabrice Joubard

  • Indice

    Introduzione

    Capitolo IL’habitus, il racconto e la promessa

    Capitolo IIIl senso della dismisura. Un hegelianesimo con riserva

    Capitolo IIIIl fuori–soggetto e il divenir–soggetto

    Capitolo IVLa cura di sé e la cura degli altri

    Capitolo VImmaginari e istituzioni

    Origine dei testi

  • Introduzione

    È diventato quasi un truismo oggi considerare Paul Ricœur un“filosofo del dialogo”. L’esigenza del dialogo non dipende inlui da una disposizione d’animo, bensì da un principio erme-neutico: al contrario della filosofia della tabula rasa, il pensieroprogredisce soltanto appropriandosi di un senso già dato; lariflessione porta i suoi frutti soltanto attraverso il dialogo, fosseanche in maniera conflittuale, con il “grande libro della filoso-fia”. Ricœur ha fatto di questo principio ermeneutico un’artedi filosofare e un’arte di scrivere: non c’è un problema conil quale si sia confrontato che non sia stato già trattato senzariferirsi a tradizioni interpretative. Questo non è il segno dellapigrizia di un pensiero che può riflettersi soltanto in quellodegli altri; non è questo il sintomo di un pensiero che si tran-quillizza potendo progredire soltanto grazie ai più grandi; nonè nemmeno soltanto la virtù dell’umiltà di un pensatore che sadi essere preceduto. Filosofare filosofando con gli altri, significaposizionarsi dapprima come “discepolo del senso”, prima diconquistarne il divenire.

    Accettare questo principio ermeneutico non significa afferma-re che le tradizioni filosofiche avrebbero già detto tutto e chebisognerebbe farne soltanto gli interpreti, o peggio gli incensatori.L’ermeneutica ricœuriana non si traduce mai in un sempliceelogio della tradizione, nella misura in cui si preoccupa del sen-so delle innovazioni intellettuali, sempre tesa verso la nascita dinuovi paradigmi filosofici o scientifici. Se essa non fosse altroche “antiquaria”, secondo le parole di Nietzsche, e storia dellafilosofia, l’opera di Paul Ricœur non si sarebbe mai presa la curadi confrontarsi con i pensieri emergenti del suo tempo, dalla fe-nomenologia e dall’esistenzialismo alle neuroscienze, passando

  • Introduzione

    attraverso la nouvelle histoire. Il discepolo di un senso già là è allostesso tempo alla ricerca di un senso nuovo.

    Tra questi paradigmi innovatori, lo strutturalismo occupa unposto di primo piano nell’itinerario del nostro autore a cavallodegli anni –, nel momento in cui la linguistica struttura-le acquista un ruolo dominante nelle scienze umane e sociali inFrancia. Formato inizialmente alla scuola della fenomenologia,sulla quale si è sforzato di “innestare” la tradizione ermeneu-tica, Ricœur non ha in alcun modo rifiutato i prerequisiti e irisultati di questa “scienza” innovatrice. Nulla sarebbe più falsoche vedere in Ricœur uno dei più virulenti dispregiatori dellostrutturalismo francese. Come dimostra il suo rapporto con lapsicanalisi freudiana, egli ha considerato il suo confronto conlo strutturalismo una sfida; una sfida contro quel che in questoparadigma si presenta come un’anti–fenomenologia: la messatra parentesi, anzi l’estirpazione della coscienza sovrana comedonatrice di senso. Ci si può rappresentare lo strutturalismocome una fenomenologia rovesciata. Non è più il “mondo” cheviene messo tra parentesi in favore delle “riduzioni” operate daun soggetto trascendentale. È invece il soggetto trascendentalestesso che è messo fuori gioco a vantaggio di un’attenzione ai“sistemi di segni”.

    Certo, Ricœur è sempre stato molto critico rispetto allo strut-turalismo come pensiero inglobante e totalizzante, scettico sulpassaggio da una “scienza strutturale” a una “filosofia struttura-le”. Troviamo, in una parte sostanziale della sua posizione giànell’Essai sur Freud, un gesto epistemologico molto kantianoche consiste nel mostrare la giustificazione e i limiti di una teo-ria dalle ambizioni scientifiche ch’essa avanza. Questo gesto loconduce per esempio a mostrare che l’antropologia strutturaledi Lévi–Strauss è molto ben attrezzata per analizzare le areeculturali “totemiche”, dominate dalle “società senza storia”, manon riesce a rendere conto, da sola, della configurazione di

    . P. R, De l’interprétation. Essai sur Freud, Paris, Seuil, ; trad. it. di E.Renzi, Milano, Il Saggiatore, (I ed. ).

  • Introduzione

    quelle società “kerigmatiche” che si sono costituite a partiredalla tradizione interpretativa del testamento giudeo–cristiano.In quest’ultima figura, l’ermeneutica, come tecnica d’interpre-tazione dei testi, supplisce alle mancanze di un’antropologiaculturale per la quale la sincronia vince sulla diacronia, l’eventoè neutralizzato dal sistema.

    Denunciare le pretese abusive dello strutturalismo non vuoldire privarsi dell’apporto prezioso delle analisi strutturali, an-che per rendere conto della dimensione sincronica dei sistemisociali e testuali delle nostre aree culturali. L’ermeneutica e lostrutturalismo sono così chiamati, malgrado le loro rispettiveposizioni epistemologiche, a scambiare le proprie prospettive,come se queste fossero altrettanti “profili” irriducibili di unostesso oggetto:

    Niente analisi strutturale senza intelligenza ermeneutica del trasfe-rimento di senso (senza “metafora”, senza translatio) senza questadonazione indiretta di senso che istituisce il campo semantico, a par-tire dal quale possono essere identificate delle omologie strutturali.[. . . ] All’inverso, però, non c’è neppure intelligenza ermeneuticasenza il riferimento a un’economia, a un ordine, in cui la simbolicasignifica.

    Anche se non è possibile nessun passaggio tra la svolta idea-lista della fenomenologia di marca husserliana e i principi dellostrutturalismo, la prospettiva di un innesto dell’ermeneuticasulla fenomenologia, che Ricœur include tra i suoi obietti-vi, apre opportunità inedite di accostamento tra queste duetradizioni. La questione non si pone soltanto sul piano episte-mologico ma affetta direttamente anche la costituzione delsoggetto. Sul piano epistemologico, le analisi strutturali, nelcorso della seconda ermeneutica di Ricœur centrata sul testo,rappresentano un momento cruciale nella dialettica dello spie-gare e del comprendere: il testo come configurazione interna

    . P. R, « Structure et herméneutique », in P. R, Le conflit des inter-prétations, Paris, Seuil, , p. (trad. it. di R. Balzarotti, F. Botturi, G. Colombo,Milano, Jaca Book, ).

  • Introduzione

    diventa autonomo rispetto alle intenzioni del suo autore e delsuo contesto originario di produzione. Le analisi strutturalioffrono un metodo prezioso per spiegare, in un senso non cau-sale, le strutture interne di un testo. Possiamo arrivare a direche che il momento “esplicativo” s’identifica, in Ricœur, con laspiegazione strutturale. Inoltre, l’incorporazione della spiega-zione strutturale nel modello epistemologico ricœuriano offreallo stesso tempo l’occasione di rifiutare la variante “psicologiz-zante” e “romantica” dell’ermeneutica nella quale l’interpretepretende di coincidere con il “genio” del creatore. A questoproposito, Ricœur condivide con i suoi contemporanei strut-turalisti, come Barthes, il principio canonizzato della “mortedell’autore” secondo cui « leggere un testo significa considerareil suo autore come già morto e il libro come postumo ». Grazieal rigore delle analisi dei più eminenti strutturalisti, facendocorrelativamente “morire” l’autore di un testo, l’interpretazio-ne dei testi riceve chiaramente un sostegno scientifico senzadovere, inoltre, prendere in prestito i suoi principi fondatoridalle “scienze della natura”. Grazie alla spiegazione, nella suavariante strutturale, una fine dialettica soppianta la dicotomiagiudicata “rovinosa” tra spiegare e comprendere che Ricœurimputa a Dilthey.

    La spiegazione di tipo strutturale rappresenta soltanto un“momento”, tanto necessario quanto insufficiente, nella misura

    . P. R, « Qu’est–ce qu’un texte? », in P. R, Du texte à l’action, Paris,Seuil, , p. (trad. it. di G. Grampa, Milano, Jaca Book, ).

    . L’operazione d’innesto delle analisi strutturali sull’ermeneutica non potreb-be tuttavia lasciare indenne lo strutturalismo stesso e soddisfare i suoi più illustrirappresentanti. Come sottolinea Betty Rojtman, è al prezzo di certe “mutilazioni”dello strutturalismo che Ricœur incorpora il momento strutturale nel processodell’ermeneutica: « Evidentemente, la considerazione esclusiva dell’immanenzadel testo, propria della semiotica, non potrebbe ridursi a un problema di metodo.Dietro questa scelta c’è tutta una filosofia dell’uomo e della rappresentazione, tuttauna contestazione ideologica che vengono a profilarsi [. . . ]. l’effetto di riflessionedel linguaggio, che Ricœur vorrebbe restringere allo stretto campo poetico, restacosì per la generazione degli anni un postulato fondatore, caratteristico dellascrittura come tale » (B. Rojtman, “Paul Ricœur et les signes”, Cités, n. , , p.).

  • Introduzione

    in cui rifiuta per principio la fuoriuscita del testo dal mondo.La ragione di essere dello strutturalismo — la costituzione diuna scienza autonoma del linguaggio, del testo e dell’azione— è al tempo stesso la sua debolezza: la perdita del referen-te e del mondo. La chiusura linguistica (i segni non rinvia-no gli uni agli altri secondo giochi differenziali) diventa una“chiusura ontologica”. Spetta allora all’ermeneutica, in unamovenza post–heideggeriana, prendere il posto delle analisistrutturali: poiché un testo è destinato a essere letto, poichéun testo è un invito a riconfigurare il mondo, la comprensionee l’interpretazione si spostano dall’autore al lettore. Laddovelo strutturalismo si chiude sulle relazioni di dipendenza reci-proca in un sistema dato, l’ermeneutica si apre al mondo eall’essere. L’oggetto dell’interpretazione non sono le presunteintenzioni dell’autore, bensì le molteplici ricezioni di un testo,così de–reificato, in contesti differenziati. Da quasi–cosa il te-sto diventa un laboratorio di sperimentazione dove si gioca ilconfronto tra il mondo del testo e il mondo del lettore. Cosìsi giustifica pienamente una dialettica che si traduce in adagiosotto la penna di Ricœur: spiegare di più per comprendere me-glio. Con questa dialettica, Ricœur lotta su due fronti: da unaparte, se la prende con l’ermeneutica psicologica e rifiuta « unirrazionalismo della comprensione immediata, concepita comeun’estensione al dominio del testo dell’intropatia attraverso laquale un soggetto si trasporta in una coscienza straniera nellasituazione del faccia–a–faccia intimo ». Dall’altra, egli critical’iper–formalismo strutturalista che « genera l’illusione positivi-sta di un’oggettività testuale chiusa su se stessa e indipendenteda ogni soggettività dell’autore e del lettore ».

    Allo stesso tempo, la posta in gioco epistemologica dellacostituzione di una “scienza del testo” — che deve essa stes-

    . J. D, « Clôture des signes et véhémence du dire. À propos de la critiquedu structuralisme de Paul Ricœur », in M. R D’A, F. A (dir.), PaulRicœur, “Cahiers L’Herne”, Paris, L’Herne, , p. .

    . P. R, « De l’interprétation », in P. R, Du texte à l’action, cit., p.–.

  • Introduzione

    sa produrre come conseguenza una “scienza dell’azione” pertransfert metodologico — approda a una nuova espressio-ne della sua antropologia filosofica. All’illusione o alle falsepretese, al modo di una appercezione trascendentale, di unacomprensione o di una conoscenza immediata di sé, Ricœurpreferisce affidarsi alle virtù della lunga via dell’interpretazionedelle “mediazioni” nelle quali la vita umana si oggettiva co-me opera, linguaggio, istituzioni. Appartiene precisamente alleanalisi strutturali la preoccupazione di oggettivare l’insieme diqueste mediazioni. Al modello della comprensione immediatadi sé Ricœur sostituisce il modello della spiegazione delle og-gettivazioni del sé, senza sposare tuttavia un certo positivismosecondo il quale le “scienze dello spirito” ignorerebbero la de-stinazione finale della spiegazione: la comprensione mediata disé (il sé che include non soltanto l’io, ma l’insieme delle declina-zioni pronominali: tu, voi, noi. . . ). Anche spiegare di più devepotere equivalere al comprendersi meglio. Per questa ragionel’ermeneutica del sé, che designa al meglio l’antropologia filo-sofica di Paul Ricœur, deve contribuire al togliere la parentesidel “soggetto” messo fuori gioco in uno strutturalismo di stret-ta obbedienza. Non per tornare in maniera subdola la principiofondatore del subjectum, ma per sviluppare l’ermeneutica di unsoggetto sempre in cerca del senso, degli altri e del mondo. Inquesto spirito Ricœur ricostruisce un’ermeneutica secondo ilformalismo strutturalista, a rischio di snaturare l’ambizione deisuoi fondatori, ma con il vantaggio di costituire un’ermeneuti-ca interamente rinnovata. È quel che emerge chiaramente dallungo dibattito con l’antropologia di Lévi Strauss che non puòespellere, secondo Ricœur, la questione del senso e delle postein gioco fondamentali dell’esistenza:

    Nel retroterra del mito vi è una questione estremamente significati-va, una questione sulla vita e sulla morte: “Nasciamo da uno solo oda due?”. Anche se formalizzata nella figura “lo stesso nasce dallo

    . Questa è l’ambizione del secondo saggio di ermeneutica di Ricœur, dal titoloevocativo: Du texte à l’action.

  • Introduzione

    stesso o dall’altro” si tratta della questione dell’angoscia riguardoall’origine [. . . ]. Il mito non è un operatore logico di proposizioniqualsiasi, ma di proposizioni che puntano verso situazioni limite,l’origine e la fine, la morte, la sofferenza, la sessualità.

    I precedenti sviluppi ci inducono a pensare che il rappor-to di Ricœur con lo strutturalismo non si lascia riassumerenell’alternativa binaria dell’adesione a–critica e del rifiuto siste-matico. Certamente, il nostro autore non può essere qualificatocome un pensatore strutturalista. La sua famiglia di pensie-ro resta quella legata alla tradizione ermeneutica. Ma — ed èuna delle singolarità innegabili della sua filosofia nel panoramaermeneutico contemporaneo — il paradigma ermeneutico èincorporato non come un supplemento, bensì come una neces-sità epistemologica e antropologica nel processo di una teoriagenerale dell’interpretazione. Non sarà dunque sbagliato qua-lificare, in tal senso, la sua ermeneutica come strutturale (enon come strutturalista in quanto filosofia inglobante) per quelche è in gioco dello statuto delle “scienze dello spirito”, sulpiano epistemologico, e dello statuto del soggetto, sul pianoantropologico.

    Potremmo arrivare a designare la sua ermeneutica comepost–strutturalista (o meglio post–strutturale) nel senso stret-to delle correnti che attraversano le varianti dello strutturali-smo e smuovono delle risorse per cercare di superare il suoiper–formalismo e il suo assioma di chiusura interna. Esitiamotuttavia ad assumere questa espressione per qualificare l’impre-sa filosofica del nostro autore, poiché Ricœur non l’ha mai fattasua, poiché raramente rientra nel novero di quei pensatori chenella letteratura francofona sono raggruppati sotto il qualifica-tivo generico di “post–strutturalisti”. Tale ricezione contrasta

    . P. R, « Qu’est–ce qu’un texte? », cit., p. –.. Jean Grondin è il primo, ci sembra, ad aver sottolineato la singolarità di

    quel che egli chiama “l’ermeneutica positiva” di Paul Ricœur. Cfr. soprattutto J.G, « L’herméneutique positive de Paul Ricœur. Du Temps au récit », in C.B, R. R (dir.), Temps et récit en débat, Paris, Cerf, , p.–.

  • Introduzione

    con i numerosi studi nord–americani che cercano di aprireuna strada specifica verso il post–strutturalismo di Ricœur.Questa denominazione non ha tuttavia nulla di evidente in sestessa, dal momento che non esistono, propriamente parlando,scuole o correnti post–strutturaliste chiaramente identificate,e dal momento che solo pochi pensatori si autodefiniscono inquesto modo. Un tale qualificativo si presenta di più come unaricostruzione retrospettiva, che deriva dalla storia delle idee,nell’obiettivo di identificare una generazione di pensatori chehanno segnato la storia intellettuale francese, principalmentedalla fine degli anni fino all’inizio degli anni . Que-sti pensatori, generalmente filosofi o di formazione filosofica,hanno conosciuto in seguito un riconoscimento internazionaleraramente eguagliato da altri autori francesi contemporanei. Ilproblema derivante dallo slittamento concettuale della denomi-nazione generica di “post–strutturalismo”, è che non esiste unvero consenso per determinare chi si debba includere in questagalassia intellettuale. Se i nomi di Derrida, Foucault, Deleuzee spesso Bourdieu ritornano frequentemente per designare

    . Tra i primi studi che qualificano chiaramente l’ermeneutica di Ricœurcome post–strutturalista, citiamo S.H. C, Paul R, London, Routledge,, p. –; G.B. M, « Ricœur and the Hermeneutics of the Subject », inL.E. Hahn (dir.), The Philosophy of Paul Ricœur, Chicago, Open Court, . Vede-re anche l’importante contributo di Mario Valdes (« Introduction: Paul Ricœur’sPost–structuralist Hermeneutics », in M. V (dir.), A Ricœur Reader: Reflectionand Imagination, Toronto, Toronto University Press, , p. –) che oppone allachiusura semiologica strutturalista una semantica del discorso ermeneutico. Per unadiscussione serrata della tesi di Valdes, si veda l’articolo di Banzelão Julio Teixeira(« Situating Ricœur within the Hermeneutic Tradition », Divyadaan, vol. , n. , ,p. –) che s’interroga sulla difficoltà di classificare l’ermeneutica di Ricœur tra isuoi contemporanei strutturalisti.

    . Non c’è in realtà una definizione precisa e veramente consensuale del po-st–strutturalismo nella letteratura esistente, a fortiori francese. The Gale Encyclopediaof US History definisce questa corrente come « una reazione di fronte all’ambizionedello strutturalismo di esplorare in maniera completa e oggettiva l’insieme deifenomeni culturali tale contro–movimento nega l’oggettività dei codici linguistici eculturali, le categorie di concettualizzazione e insiste sull’instabilità dei significati,delle categorie, sulla impossibilità di ogni sistema universale di regole per rendereconto della realtà ».

  • Introduzione

    questa corrente di pensiero, ciò è anche dovuto all’influenzadella ricezione di questi autori oltre–Atlantico, secondo un’altradenominazione: French–Theory. Le due denominazioni generi-che, per quanto siano fluttuanti, non si ricoprono esattamente,nella misura in cui ci sono alcuni pensatori che associamo vo-lentieri alla French–Theory, ma che difficilmente potremmoqualificare come post–strutturalisti. D’altronde, a volte sonoinseriti nel panorama della French–Theory autori come Lacano Barthes che generalmente si collocano nella categoria de-gli strutturalisti, sebbene essi siano anche spesso consideratidei post–strutturalisti. Tutto ciò non facilita punti di riferi-mento e identificazioni chiare. La French–Theory è una deno-minazione (come quella spesso connessa di “post–moderno”che ha fatto furore dopo la sua popolarizzazione da parte diJean–François Lyotard) più elastica e più inglobante di quelladi “post–strutturalismo”. Il problema si complica dal momen-to che gli autori etichettati come post–strutturalisti condividonoin larga misura una critica del soggetto moderno che ritrovia-mo nei fondatori dello strutturalismo di lingua francese (Saus-sure, Lévi–Strauss, Lacan, Althusser. . . ). Da questo punto divista, non è del tutto chiara la frontiera tra le due correnti, tanto

    . J. A, « Qu’est–ce que le poststructuralisme français? À proposde la notion de discours d’un pays à l’autre », Langage et société, /, n. . Que-sto contributo si focalizza soprattutto sulla riappropriazione dei post–strutturalistifrancesi da parte delle scienze sociali tedesche.

    . L’articolo « Poststructuralism » dell’Encyclopædia Britannica. EncyclopædiaBritannica Online, inserisce Barthes e Lacan nel panorama dei post–strutturalisti.

    . J.–F. L, La condition post–moderne, Paris, Minuit, . Per una messa inprospettiva di questa corrente (« la critica della critica ») vedi: J. H, Le discoursphilosophique de la modernité, tr. fr. par C. B et R. R, Paris,Gallimard, ; G. H, De la Reinassance à la post–modernité. Une histoire de laphilosophie moderne et contemporaine, Bruxelles, De Boeck Université, . La criticapoststrutturalista del soggetto raggiunge la critica postmoderna della Modernitàrazionalista e universalista ereditata dai Lumi.

    . Come ha mostrato François Cusset in un’opera di riferimento (French Theory.Foucault, Derrida, Deleuze et les mutations de la vie intellectuelle aux États–Unis, Paris,La Découverte, ), la French Theory comprende autori che hanno in comunesoprattutto una critica del soggetto indirizzata verso una rilettura dei maestri delsospetto (Nietzsche, Freud, Marx).

  • Introduzione

    più che certi autori classificati come post–strutturalisti usanoconcetti centrali che mostrano un radicamento chiaramentestrutturalista (ad esempio la nozione di champ in Bourdieu, ilconcetto di différance in Derrida).

    In ogni caso, è notevole il fatto che Ricœur sia raramenteincluso in questi appellativi generici (ad eccezione della deno-minazione post–strutturalista negli studi anglofoni), a dispettodel suo lungo percorso americano (soprattutto all’università diChicago), a dispetto del dinamismo della comunità ricœuriananord–americana, a dispetto della sua critica del soggetto fon-datore e della sua rilettura di Freud e Marx, a dispetto della suatraversata dello strutturalismo e del suo tentativo di superarlo.Le condizioni politiche, in una veine gauchisante, della ricezione,in certe università americane, di autori come Deleuze, Derridao Foucault, escludono Ricœur da questa appartenenza. Se siesita, come abbiamo detto, a definire l’ermeneutica ricœuria-na come post–strutturalista (o post–strutturale), tuttavia puòvalere la pena di confrontare quest’opera con quella di certi

    . Patricia L. M colloca Ricœur (con Derrida, Foucault, Lacan) nel-la corrente post–strutturalista (Nursing Research. A Qualitative Perspective, Sudbary,Jones and Bartlett Publishers, , p. –). L’articolo di Kim Atkins su Ri-cœur nell’Internet Encyclopedia of Philosophy parla ugualmente di Ricœur come diun « filosofo ermeneuta poststrutturalista che usa il modello del testo come quadrogenerale per analizzare il pensiero ed estenderlo in seguito allo studio della scrittura,dei discorsi, delle azioni e dell’arte ».

    . Nel corso dei suoi numerosi anni d’insegnamento negli Stati Uniti, Ricœurha formato intere generazioni di studenti e di discepoli che sono oggi raccolti nellainfluente Society for Ricœur Studies fondata da G. Taylor (The Society for Ricœur Studiesè l’equivalente nordamericano del Fonds Ricœur di Parigi). La vitalità degli studiricœuriani oltre–Atlantico (ugualmente in America latina, e questo da alcuni anni inquesto campo conosce una vera effervescenza, soprattutto in Brasile, Argentina e Ci-le) ha portato alla creazione di una rivista internazionale, Études ricœuriennes/RicœurStudies, pubblicata dall’università di Pittsburgh.

    . A causa di questa traversata dei “maestri del sospetto” Andy Lock e TomStrong (Social Constructionism: Sources and Stirrings in Theory and Practice, Cambridge,Cambridge University Press, , p. –) qualificano l’ermeneutica ricœurianacome poststrutturalista. Sul rapporto di Ricœur con i “maestri del sospetto”, cfr.l’opera di riferimento di A. S–B, Ricœur and the Hermeneutics of Suspicion.Continuum Studies in Continental Philosophy, London, Continuum, .

  • Introduzione

    pensatori che includiamo nel post–strutturalismo. Tale l’am-bizione del nostro libro; un’ambizione che immediatamentericonosce i propri limiti.

    Da una parte, non abbiamo intenzione di trattare in ma-niera esaustiva l’insieme degli autori che appartengono al po-st–strutturalismo (meno ancora quelli associati alla French Theo-ry o alla posizione detta post–moderna), siano essi di linguafrancese o no. Il dialogo che intraprendiamo si limita a Bour-dieu, Derrida, Deleuze e Foucault. Fatto notevole, aggiungiamoCastoriadis, autore che non è frequentemente associato al po-st–strutturalismo, anche se la sua proteiforme filosofia è stataprofondamente segnata soprattutto dalla psicoanalisi lacaniana.

    Dall’altra, anche se ci riconosciamo specialisti dell’opera diPaul Ricœur, per averla commentata fin dai tempi della nostraricerca di dottorato, non abbiamo però la pretesa di essere spe-cialisti delle opere di Bourdieu, Derrida, Deleuze, Foucault oCastoriadis. Anche se frequentiamo queste opere da molti anni,non abbiamo l’ambizione di apportare qualcosa di nuovo allagigantesca letteratura secondaria, che si è lentamente accumu-lata attorno ad esse. Il nostro obiettivo è quello di capire meglioil pensiero di Ricœur, riflettendolo in quello delle principalifigure della filosofia contemporanea di lingua francese.

    Sarebbe infine certamente vano e fuori dalla nostra portatail voler aprire un dialogo sull’insieme delle sfaccettature dellerispettive opere dei nostri autori: il confronto si restringe essen-zialmente allo statuto antropologico del soggetto correlato auna domanda di natura etico–politica. Attorno a un tale nodoproblematico i post–strutturalismo hanno senza dubbio rivelatole loro migliori armi intellettuali; attorno a questo stesso nodoproblematico si è dispiegata una parte sostanziale dell’operadi Paul Ricœur. Per questo ci sono ragioni per farle risuonareinsieme. Per il fatto che la denominazione post–strutturalistaconserva un certo slittamento concettuale, per il fatto ch’essa èmeno una parola d’ordine di riconoscimento che il frutto di unaricostruzione storica, per il fatto che tra i pensatori etichettaticome tali vi sono tante differenze quanti sono i mondi comuni

  • Introduzione

    che li raccolgono, non abbiamo scelto la strada di un confrontosistematico tra Ricœur e il “post–strutturalismo”. Abbiamo in-vece privilegiato i confronti diadici che contengono altrettantecoppie tensionali.

    Ci si potrebbe stupire del fatto che Ricœur abbia discusso re-lativamente poco con i suoi contemporanei post–strutturalisti.Sarebbe tuttavia falso affermare che nessun dialogo abbia avutoluogo. Bisogna ancora una volta distinguere tra gli scambi auten-tici, che furono rari, ad eccezione del dibattito con Derrida sullametafora e sul perdono, e, dall’altra parte, quei testi di Ricœurin cui si discute tale o tal altra analisi di un post–strutturalista,senza che questo abbia dato luogo a un dibattito tra gli autori. Inquest’ultimo caso, bisogna inoltre distinguere tra quegli autoriche sono stati oggetto di un trattamento coerente (Foucault eDerrida), senza diventare tuttavia figure centrali e ricorrentinel pensiero di Ricœur, gli autori raramente citati (Bourdieue Deleuze) e quelli che non sono praticamente mai evoca-ti (Castoriadis). Siamo d’altronde sorpresi nel constatare che,quando la discussione ebbe luogo, essa raramente riguardò (adeccezione del souci de soi foucaultiano) la questione del sog-getto e dell’etico–politico, bensì maggiormente i campi dellateoria dei tropi (Derrida), della teoria letteraria (Deleuze), odell’epistemologia storica (Foucault e Bourdieu).

    Di qui il rischio del nostro libro: mettere in scena una discus-sione tra Ricœur e certi suoi contemporanei, laddove questanon ha veramente avuto luogo. Questo rischio esiste, da unaparte, nella misura in cui non si tratta di restituire qualcosa che

    . Cfr. la risposta di D (« Le retrait de la métaphore », Poésie, , , p.–) alle critiche che Ricœur gli rivolge in P. R, La métaphore vive, Paris, Seuil,, p. –.

    . Cfr. la riappropriazione della problematica sviluppata in Proust et les signes(Paris, Puf, ) che Ricœur svolge nel secondo tomo di Temps et récit (Paris, Seuil,, p. ).

    . Cfr. la discussione sull’Archéologie du savoir (Paris, Gallimard, ) nel terzotomo di Temps et récit (Paris, Seuil, , p. –).

    . Cfr. la discussione sul concetto di habitus in Elias e Bourdieu in La mémoire,l’histoire, l’oubli, Paris, Seuil, , p. –.

  • Introduzione

    ha già avuto luogo, ma di costruire qualcosa di interamentenuovo attraverso un lavoro di lettura e di interpretazione. Dal-l’altra, nella misura in cui potrebbe essere grande la tentazionedi dare sistematicamente il “ruolo importante” al nostra autore.Non c’è “filosofia senza punto di vista”, come Ricœur stessoscandisce; il nostro recupera l’eredità di una certa tradizioneermeneutica critica che l’autore del Conflit des interprétationsha contribuito a forgiare. Nella misura in cui, tuttavia, il no-stro ricœurismo non è mai stato senza riserve, nella misura incui non abbiamo mai nascosto certe nostre simpatie rispettoad autori detti post–strutturalisti, speriamo così di non essereingiusti nelle nostre interpretazioni.

    Se non cerchiamo di minimizzare i conflitti di interpretazio-ni tra Ricœur e i suoi contemporanei, tali conflitti non appa-riranno necessariamente dove ci si potrebbe attendere. Nullasarebbe più ridicolo che opporre in tal senso l’anti–umanismo

    dei cosiddetti post–strutturalisti e l’umanismo che l’antropo-logia politica e filosofica di Paul Ricœur è supposta contenere.Nulla sarebbe più falso e ridicolo, quand’anche Ricœur stessorifiuterebbe di definirsi anti–umanista, sebbene egli condividafino a un certo punto la critica e la decostruzione del soggettomoderno presente in Foucault, Bourdieu, Deleuze o Derrida.Tutta la nostra interpretazione si giocherà sullo statuto di que-sto “fino a un certo punto”, che fa giustamente di Ricœur un“post–strutturalista” (senza esserlo interamente), o meglio unacategoria specifica di post–strutturalista, come ci invita a pen-sare Lubomir Dolozel nella sua classificazione. Per questeragioni, l’oggetto della nostra ricerca e del nostro interroga-tivo concerne tanto “ Ricœur e i post–strutturalisti” quanto“Ricœur come post–strutturalista tra i post–strutturalisti”.

    . L. F, A. R, La Pensée , Paris, Gallimard, .. L. D (Poetics Today, vol. , n. , , p. –) classifica l’ermeneu-

    tica di Ricœur come una delle quattro branchie del poststrutturalismo, insieme alladecostruzione, le teorie empiriche della letteratura e l’interazionismo pragmatico.