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UNIVERSITA’ CARLO CATTANEO – LIUC FACOLTA’ DI ECONOMIA AZIENDALE Master Universitario di 1° Livello per Funzioni di Coordinamento delle Professioni Sanitarie “MIGLIORARE LO STATUS INFERMIERISTICO SI PUÓIMPLEMENTAZIONE DEL PRIMARY NURSING NELL’UNITA’ OPERATIVA DI MEDICINA GENERALE DEL PRESIDIO OSPEDALIERO DI MEDE (PV) Relatore: Dott.ssa Anna Vanzago Elaborato scritto di: Paolo Guarnaschelli Matr. N.14502 Anno Accademico 2010 - 2011

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Page 1: “MIGLIORARE LO STATUS INFERMIERISTICO SI PUÓ · 6 - una responsabilità organizzativa: è l’obbligo di rispondere a un’autorità del proprio lavoro e dei propri risultati;

UNIVERSITA’ CARLO CATTANEO – LIUC

FACOLTA’ DI ECONOMIA AZIENDALE

Master Universitario di 1° Livello per Funzioni di

Coordinamento delle Professioni Sanitarie

“MIGLIORARE

LO STATUS INFERMIERISTICO SI PUÓ”

IMPLEMENTAZIONE DEL PRIMARY NURSING NELL’UNITA’

OPERATIVA DI MEDICINA GENERALE DEL PRESIDIO

OSPEDALIERO DI MEDE (PV)

Relatore: Dott.ssa Anna Vanzago

Elaborato scritto di:

Paolo Guarnaschelli

Matr.

N.14502

Anno Accademico 2010 - 2011

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Autorizzazione alla consultazione dell’elaborato scritto

Il sottoscritto Paolo Guarnaschelli n° matr. 14502

nato a Vigevano (PV) il 08 aprile 1968

autore dell’elaborato scritto dal titolo

“MIGLIORARE LO STATUS INFERMIERISTICO SI PUÓ”

IMPLEMENTAZIONE DEL PRIMARY NURSING NELL’UNITA’ OPERATIVA

DI MEDICINA GENERALE DEL PRESIDIO OSPEDALIERO DI MEDE (PV)

Autorizza

la consultazione dell’elaborato stesso, fatto divieto di riprodurre, in tutto o in parte,

quanto in esso contenuto.

Data Firma

Spazio riservato all’Ufficio Segreteria

Diplomato Master Universitario di 1° livello per le Funzioni di Coordinamento delle

Professioni Sanitarie

Il ................................................... con la votazione di ……………….……

progressivo verbale N° ....................................................................................

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INDICE

INTRODUZIONE pag. 4

CAP. 1 PRIMARY NURSING pag. 4

1.1. DEFINIZIONE DI PRIMARY NURSING E OBIETTIVO FONDAMENTALE pag. 5

1.2. LA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE pag. 5

1.3. UN PO’ DI STORIA pag. 7

1.4. I QUATTRO ASSIOMI DEL PRIMARY NURSING pag. 8

1.4.1. 1° ASSIOMA:

ATTRIBUZIONE DELLA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE

pag. 8

1.4.2. 2° ASSIOMA:

ATTRIBUZIONE DEI PAZIENTI AGLI INFERMIERI

pag. 9

1.4.3. 3° ASSIOMA:

LA COMUNICAZIONE DIRETTA

pag. 10

1.4.4. 4° ASSIOMA:

LA RESPONSABILITA’ DELL’ASSISTENZA 24 ORE SU 24

pag. 13

1.5. L’INFERMIERE E IL RUOLO NEL PRIMARY NURSING pag. 14

L’infermiere Referente o di Riferimento pag. 14

L’Infermiere Associato pag. 15

1.6. LA RESPONSABILITA’ DELL’INFERMIERE COORDINATORE pag. 16

1.7. IL COORDINATORE INFERMIERISTICO NEL PRIMARY NURSING pag. 17

CAP. 2 PROGETTO “PRIMARY NURSING IN SAN MARTINO” pag. 19

2.1. NASCITA DEL PROGETTO E SUOI OBIETTIVI pag. 19

2.1.1. L’UNITÀ OPERATIVA DI MEDICINA GENERALE pag. 19

2.1.2. DEFINIZIONE DI PROGETTO pag. 21

2.1.3. INDIVIDUAZIONE DEL “GRUPPO PROGETTO pag. 22

2.1.4. PRESENTAZIONE DEL PROGETTO ALLA DIRIGENZA INFERMIERISTICA ED

AL PERSONALE INFERMIERISTICO DELL’UNITÀ OPERATIVA

pag. 23

2.2. BENCHMARKING ALL’ISTITUTO EUROPEO DI ONCOLOGIA (I.E.O.) pag. 23

2.2.1 DEFINIZIONI DI BENCHMARKING pag. 23

2.2.2. L’ISTITUTO EUROPEO DI ONCOLOGIA (I.E.O.) pag. 25

2.2.3. SPUNTI ORGANIZZATIVI DALLA VISITA ALL’ ALL’ISTITUTO EUROPEO DI

ONCOLOGIA

pag. 26

2.3. SPERIMENTAZIONE pag. 28

2.3.1. L’INDIVIDUAZIONE DEL GRUPPO OPERATIVO pag. 28

2.3.2. FORMAZIONE DEL GRUPPO OPERATIVO pag. 28

2.4. IMPLEMENTAZIONE DEL PRIMARY NURSING IN UNITÀ OPERATIVA pag. 29

2.4.1 STRUMENTI PER L’IMPLEMENTAZIONE DEL P.N. pag. 30

La Brochure Informativa pag. 31

Il Tabellone pag. 33

Il Modulo Pianificazione Giornaliera pag. 34

Procedura di compilazione e utilizzo pag. 35

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CAP. 3 VERIFICA pag. 37

3.1. LA CUSTOMER SATISFACTION pag. 38

3.1.1. COMPARAZIONE

MODELLO PRIMARY NURSING VS MODELLO FUNZIONALE

pag. 41

3.2. LA SWOT ANALYSIS pag. 45

3.2.1. LA SWOT ANALYSIS SUL PROGETTO DI IMPLEMENTAZIONE DI UN

MODELLO INFERMIERISTICO COME IL PRIMARY NURSING

pag. 46

TABELLA RIASSUNTIVA - S.W.O.T. ANALYSIS pag. 50

3.3 CONCLUSIONI pag. 51

BIBLIOGRAFIA pag. 55

ALLEGATI

A LA CUSTOMER SATISFACTION pag. 57

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INTRODUZIONE

Lo scopo di questo lavoro è quello di dimostrare come la professione infermieristica,

affrancata ormai da tempo dalla sua condizione esclusivamente subordinata alla figura

centrale del medico, rivesta in vece oggi un ruolo importante nel rapporto con il paziente

e i suoi bisogni e quali sono ancora gli ostacoli da superare per esplicitare al meglio le

molte potenzialità inside in questo ruolo, con benefici per l’utenza, l’azienda e le altre

figure professionali.

Analizzando e spiegando l’implementazione, a livello sperimentale, di un diverso

modello organizzativo assistenziale in un’unità operativa del Presidio Ospedaliero di

Mede (PV), si cercherà di fare luce sulle problematiche che ancora oggi affliggono gli

infermieri.

Per concludere si procederà ad analizzare i dati ottenuti dalla somministrazione di un

questionario di Customer Satisfaction per svilupparne successivamente i punti di forza e

debolezza, le minacce e le opportunità incontrati al fine di capire la percezione della

qualità assistenziale espressa dalle persone ricoverate.

CAP. 1

PRIMARY NURSING

“Sono convinta che il caos che stiamo vivendo nel settore sanitario troverà la soluzione

quando davvero ci focalizzeremo sul paziente”.

“Introduzione - La pratica del Primary Nursing” - M. Manthey. Ed. Il Pensiero Scientifico

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1.1. DEFINIZIONE DI PRIMARY NURSING E OBIETTIVO FONDAMENTALE

Il Primary Nursing è un modello organizzativo per l’erogazione di assistenza

infermieristica. Si basa sulla relazione infermiere-paziente e, di conseguenza, mira

all’erogazione di un’assistenza di alta qualità.

Secondo il Primary Nursing, l’obiettivo fondamentale è che, all’infermiere che accetta

questa responsabilità, essa venga riconosciuta dal paziente, dai suoi familiari e dal

resto dell’équipe sanitaria.

Quindi, l’assunzione di responsabilità è vista come “controllo” delle conseguenze di una

decisione e delle azioni conseguenti: la responsabilità viene giustamente vista come

sinonimo di potere.

L’assunzione di responsabilità da parte dell’Infermiere “Primario” è la vera differenza tra

questo e gli altri modelli di organizzazione assistenziale, dove la responsabilità viene

ripartita in egual misura tra gli infermieri.

1.2. LA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE

Definizione

Attitudine a rispondere del proprio operato professionale, in caso di errore od omissione,

davanti ad un giudicante.(1;1a;1b;)

Con tale affermazione, si pone l’attenzione sulla valutazione a posteriori da parte di un

soggetto esterno.

La responsabilità fa riferimento ai seguenti elementi:

- attività caratterizzate da processi difficili da analizzare e da ricondurre a standards;

- forti livelli di autonomia e di discrezionalità professionale;

- riferimento non a singole attività ma a un ciclo di prestazioni.

La responsabilità professionale comprende:

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- una responsabilità organizzativa: è l’obbligo di rispondere a un’autorità del proprio

lavoro e dei propri risultati;

- una responsabilità personale, intesa come l’affidabilità della persona nell’assumersi

gli obblighi legati al suo ruolo.

“Il Decreto Ministeriale 739/94”(1b), sulla determinazione del profilo professionale

dell’infermiere, rappresenta una pietra miliare nel processo di professionalizzazione

dell’attività infermieristica. Esso riconosce l’infermiere responsabile dell’assistenza

generale infermieristica, precisa la natura dei suoi interventi, gli ambiti operativi, la

metodologia del lavoro, le interrelazioni con gli altri operatori, gli ambiti professionali di

approfondimento culturale e operativo, le cinque aree della formazione specialistica

(sanità pubblica, area pediatrica, salute mentale/psichiatria, geriatria, area critica).

All’Articolo 1, comma 1 del summenzionato D. M.(1b):

- È individuata la figura professionale dell’infermiere con il seguente profilo:

l’infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario

abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale è responsabile dell’assistenza

generale infermieristica.

Il profilo disegnato dal decreto è quello di un professionista intellettuale, competente,

autonomo e responsabile.” (1a)

Per dare maggior peso alla suddetta affermazione, occorre ribadire le definizioni di:

- Professionalità: l’area entro cui il sanitario può e deve muoversi.

- Autonomia: è il potere di scegliere il mezzo migliore ed implica la possibilità di

muoversi liberamente all’interno delle regole.

- Responsabilità: è il dovere di garantire il risultato migliore.

“Gli operatori delle professioni sanitarie dell'area delle scienze infermieristiche

……..(omissis)…. svolgono con autonomia professionale……..(omissis)…. utilizzando

metodologie di pianificazione per obiettivi dell'assistenza.” (2)

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1.3. UN PO’ DI STORIA

Il termine “primary”, in materia di nursing, fu utilizzato per la prima volta da Barton nel

1959, che affida il suo programma per combattere la nevrosi istituzionale ad un “Primary

Therapist”, ma divenne importante quando fu applicato e teorizzato da Marie Manthey

nel 1970 nell’Ospedale Universitario del Minnesota.(3;4;5)

Il PRIMARY NURSING è l’evoluzione del team nursing e ha come scopo il

raggiungimento di un’alta qualità assistenziale che, secondo Manthey, si traduce in

assistenza individualizzata, erogata umanamente, con competenza, in modo olistico e in

maniera continua.

Secondo I.G. Mauksch, studioso americano delle scienze infermieristiche, il successo di

tale modello non sta nell’essere “solo” un modo per organizzare l’assistenza, ma

nell’essere un’opportunità per stimolare quei comportamenti necessari per affrontare

problemi annosi della professione, come il riconoscimento economico, la mancanza di

prestigio e potere, l’esclusione dai processi decisionali e la mancanza di controllo sulla

nursing practice.(5;6;7)

Alcuni autori parlano addirittura, oltre che di organizzazione, anche di filosofia

assistenziale. In particolare, Hegyvary (1982) enfatizza: <<il Primary Nursimg non è un

modo per assegnare pazienti all’infermiere, ma un modo per vedere l’assistenza come

pratica professionale incentrata sul paziente>>. E “traduce” i quattro assiomi di

Manthey, avanti descritti, nei concetti più astratti di: responsabilità, autonomia,

coordinamento e facoltà di comprendere.(8)

Altri, come Watts e O’Leary, hanno identificato addirittura dieci concetti essenziali:

- le cinque A: accountability, advocacy, assertiveness, authority, autonomy

(responsabilità, patrocinio, assertività, autorità e autonomia);

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- le cinque C: collaboration, continuity, communication, commitment, coordination

(collaborazione, continuità, comunicazione, affidamento e coordinamento).

Il successo del Primary Nursing avviene in quegli anni (gli anni ’70) in cui il processo e

le teorie del nursing crescono di importanza.(5)

1.4. I QUATTRO ASSIOMI DEL PRIMARY NURSING (3)

Definizione di assioma(9):

- Filosofica: Proposizione, posta a base di un ragionamento, che non ha bisogno di

dimostrazione perché evidente di per sé;

- Matematica: Una delle assunzioni che sono alla base di una teoria e dalle quali si

deduce ogni altra affermazione.

1.4.1. 1° assioma:

ATTRIBUZIONE DELLA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE

NELLA PIANIFICAZIONE DELLE CURE

È la vera differenza tra questo ed altri modelli assistenziali: l’assegnazione dichiarata ed

individualizzata di responsabilità nel prendere decisioni relative all’assistenza di quel

paziente.

È una responsabilità continuativa e unica. L’Infermiere Responsabile è l’unico a prendere

decisioni assistenziali su quel paziente e, ogni qualvolta sia possibile, erogherà

personalmente assistenza. Quindi l’Infermiere Referente pianifica e fornisce assistenza.

È fondamentale che questa accettazione di responsabilità sia visibile sia all’ambiente

esterno sia a quello interno all’ospedale: il paziente, i suoi amici e familiari, i medici, gli

infermieri e tutti gli altri elementi del team curante devono conoscere il nome dell’

Infermiere Referente.

L’ Infermiere Referente deve rendere disponibili tutte le informazioni necessarie per

un’efficace e continua assistenza al suo paziente in sua assenza: non solo dev’essere ben

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informato, ma selezionare le informazioni essenziali. Sulla base di quanto detto, l’

Infermiere Referente può anche decidere che non vi siano note cliniche rilevanti da

riportare.

In una fase interattiva l’ Infermiere Referente deve decidere come dovrebbe essere

erogata l’assistenza a quel paziente ed informare i colleghi con delle “istruzioni di

assistenza”.

La raccolta delle informazioni avviene sfruttando tutte le fonti disponibili: paziente,

familiari, medico, cartella clinica. Sulla base di tali dati l’Infermiere Referente sviluppa

un piano assistenziale preliminare.

La decisione su come erogare assistenza risulta di qualità superiore se presa in accordo

con il paziente e i care-givers.

Le istruzioni rilasciate dall’Infermiere Referente devono essere seguite, in sua assenza,

dai colleghi per garantire la continuità: eventuali variazioni possono avvenire solo in caso

di cambiamento delle condizioni del paziente.

In caso di disaccordo deve avvenire una discussione costruttiva, che porti ad una

soluzione condivisa.

Un’altra fase di grande responsabilità dell’ Infermiere Referente è la pianificazione della

dimissione: se il paziente andrà al domicilio, egli deve assicurarsi che i care-givers siano

preparati a svolgere le istruzioni in modo efficace e sicuro; deve fornire tutte le

informazioni necessarie ai colleghi se trasferito in altra struttura sanitaria, dando la

massima disponibilità.

1.4.2. 2° assioma:

ATTRIBUZIONE DEI PAZIENTI AGLI INFERMIERI

I due criteri per erogare assistenza sono:

- i bisogni specifici del singolo paziente;

- le capacità/competenze e i punti di forza dei professionisti.

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Gli infermieri ed i pazienti sono abbinati in funzione dei bisogni e delle abilità.

In questa fase è l’Infermiere Coordinatore che decide chi saranno gli attori: per fare ciò,

deve conoscere al meglio il proprio team con il motto, laddove applicabile, “giusto

professionista per il giusto paziente”.

Il ruolo del Coordinatore in questa fase consiste nel:

- assegnare giornalmente gli Infermieri Referenti ai nuovi pazienti ed attribuire a

tutti i pazienti gli Infermieri Associati;

- riassegnare i pazienti in base ai bisogni emergenti;

- analizzare le competenze del proprio team infermieristico;

- conoscere in modo approfondito i tipi di intervento/trattamento;

- elaborare, mantenere ed aggiornare la Matrice delle abilitazioni;

- valutare annualmente il percorso professionale e di sviluppo del proprio personale

(Job Family).

I pazienti vengono riassegnati ad un altro Infermiere Referente se:

- si verificano improvvise assenze del personale;

- vi sono ricoveri protratti nel tempo (oltre la media prevista);

- richiesto dal paziente o dagli operatori stessi.

1.4.3. 3° assioma:

LA COMUNICAZIONE DIRETTA

Vi è un cambiamento dell’assetto comunicativo (abbattimento della piramide

comunicativa).

Le informazioni non vengono più filtrate da intermediari (ad es. dal Coordinatore...): si

comunica direttamente.

L’Infermiere di Riferimento, con il colloquio iniziale, valuta ed individua insieme al

paziente i suoi problemi e bisogni.

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Egli, inoltre, soddisfa il bisogno di conoscenza del paziente, rispondendo direttamente

alle sue richieste e facendosi interprete delle sue istanze, rendendolo partecipe, in questo

modo, del proprio percorso di cure e facendogli acquistare, così, potere decisionale: quel

potere di cui l’Infermiere Referente ne diventa il garante.

La comunicazione diretta con il paziente

La comunicazione diretta con il paziente avviene attraverso colloqui formali e informali.

Alla base del modello del Primary Nursing vi è un rapporto di fiducia che si instaura, che

deve accrescere, tra il paziente, i famigliari e l’ Infermiere Referente.

Definizione di colloquio (9):

- “dialogo fra due o più persone riguardante fatti di una certa importanza”

e ancora;

- “dialogo per raggiungere un’intesa”.

I colloqui tra il paziente e il proprio infermiere, nell’ottica di un’assistenza centrata sul

primo, sono fondamentali per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni, base per la

pianificazione condivisa delle cure.

La premessa per la riuscita dei colloqui risiede nel saper ascoltare, nel rispettare i tempi,

nel porsi con empatia, nel valorizzare la persona, nel manifestare interesse e

partecipazione al vissuto del paziente e nel saper gestire le diverse situazioni con

professionalità.

L’obiettivo dei colloqui è coinvolgere il paziente nel processo decisionale e di cura.

Le tipologie di colloqui fondamentali nel processo di cura sono:

- colloquio di anamnesi infermieristica;

- colloquio informativo-formativo;

- colloquio di dimissione.

Il ruolo indispensabile dell’ Infermiere Referente nella pianificazione delle cure rende

indispensabile che tali colloqui siano effettuati in prima persona.

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La comunicazione nell’équipe di lavoro

Un operatore comunica direttamente con un altro operatore.

All’interno del modello del Primary Nursing vi è un abbattimento della piramide

comunicativa e le informazioni cliniche importanti non vengono più filtrate da

intermediari.

Questo permette una comunicazione più approfondita sui bisogni del paziente e un filtro

ulteriore delle possibili non conformità (ad esempio: l’intercettazione di errori di terapia).

L’Infermiere Referente deve istaurare una comunicazione diretta, efficace con gli altri

membri del team curante.

Le Consegne

- CONSEGNA IN PLENARIA

Viene effettuata ad ogni cambio turno e vi assistono gli infermieri, gli Infermieri

Referenti, gli Infermieri Associati, il Coordinatore, il Case Manager e tutto il personale

preposto all’assistenza.

Gli altri momenti di passaggio di consegne avvengono FACE-TO-FACE, ossia

l’Infermiere Referente passa le informazioni all’Associato che lo sostituirà o viceversa.

- CONSEGNA FACE-TO-FACE

Si ha una migliore gestione del tempo a disposizione, e si ottiene che la consegna diventi

un momento di riflessione, formazione e discussione.

Grande importanza nel momento di passaggio delle informazioni è rivestito dalla

documentazione infermieristica che deve essere assolutamente completa nella

pianificazione delle cure, cioè lasciare un mandato su come effettuare assistenza

infermieristica.

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Rapporto medico-infermiere

Diventa un momento privilegiato dedicato al paziente, allo scopo di concordare gli

obiettivi di cura, assicurare lo scambio delle informazioni.

Indipendentemente dalla struttura organizzativa, l’infermiere e il medico devono

confrontarsi, discutere e pianificare un’assistenza globale congruente e coerente con i

bisogni manifesti e potenziali del paziente e/o dei familiari.

La collaborazione deve essere comunque estesa alle figure professionali che a diverso

titolo intervengono nel processo di cura: psicologi, fisioterapisti, dietisti, altri consulenti

etc.

La visibilità del ruolo dell’Infermiere Referente nel gruppo professionale, permette

un’interfaccia mirata e volta alla massima e proficua collaborazione.

1.4.4. 4° assioma:

LA RESPONSABILITA’ DELL’ASSISTENZA 24 ORE SU 24

Gli elementi per garantire la continuità assistenziale sono:

- l’Infermiere di Riferimento è responsabile per la qualità delle cure dall’ammissione

alla dimissione, intesa come garanzia della continuità delle stesse, del flusso delle

informazioni e della coordinazione tra operatori della divisione con altri servizi.

- L’ Infermiere Referente pianifica l’assistenza.

- L’Infermiere di Riferimento pianifica la dimissione.

- A garanzia della continuità assistenziale, il Coordinatore deve facilitare la presenza

dell’ Infermiere Referente attraverso un’oculata programmazione dei turni.

- La pianificazione assistenziale è lo strumento a sostegno dell’erogazione delle cure

anche in assenza dell’ Infermiere Referente.

- Un Infermiere Referente può essere al contempo di sostegno ad un altro Infermiere

Referente nell’erogazione dell’assistenza.

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1.5. L’INFERMIERE E IL RUOLO NEL PRIMARY NURSING

Con tale modello gli infermieri assumono connotazioni differenti in merito alla

pianificazione e vengono suddivisi in Infermiere Referente o Primario e Infermiere

Associato.

L’infermiere Referente o di Riferimento

È il reale protagonista di tale modello: diventa il punto di riferimento, oltre che

professionale, anche “visivo”.

Garante della relazione, la personalizza, rendendo partecipi il paziente e/o le persone a lui

significative della pianificazione. Mette in risalto l’aspetto relazionale, vera e propria

arma nel far emergere non solo le problematiche cliniche, ma quelle psico-sociali, poco

considerate nelle unità di degenza.

Egli detiene la responsabilità della pianificazione assistenziale, strutturata insieme alla

persona ricoverata, dando così forma ad una assistenza veramente personalizzata.

Deve, inoltre, supervisionare le istanze pattuite con il paziente e/o i care/givers,

attuandole in parte direttamente o assegnandole al personale di supporto.

Attua interventi di educazione sanitaria al paziente e, qualora lo ritenga opportuno, anche

alle persone significative.

Ha diritto di valutare l’output relativo a quei ricoverati che gli sono stati assegnati perché

si assume la responsabilità dei risultati assistenziali.

Pianifica le dimissioni, affinché, nei limiti che riterrà opportuni, possa modificare le

condizioni che hanno portato l’individuo ad una condizione di non-salute.

La continuità assistenziale, il flusso delle informazioni e la coordinazione delle cure tra

operatori della divisione con altri servizi, è garantita dalla pianificazione dell’assistenza

infermieristica, effettuata dall’Infermiere di Riferimento, dall’ammissione alla dimissione

del paziente.

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L’Infermiere Associato

Presta assistenza sulla pianificazione determinata dall’Infermiere di Riferimento.

Valida i bisogni rilevati dall’Infermiere di Riferimento in base alla continua e costante

raccolta di informazioni e adatta il processo delle cure in caso di cambiamenti,

garantendo una presa in carico responsabile del paziente assegnato.

Attua le cure pianificate dall’Infermiere di Riferimento come riportate nella

documentazione infermieristica e in base ai criteri di qualità, standards e linee guida.

In caso di cambiamenti delle condizioni cliniche del paziente, prende decisioni in modo

responsabile, nell’ambito del processo di cura, coinvolgendo attivamente il paziente e ne

trasferisce poi le informazioni all’Infermiere di Riferimento.

Segnala al paziente e ai membri del team multidisciplinare che colloqui non urgenti

vanno effettuati con l’Infermiere di Riferimento.

Garantisce un adeguato scambio d’informazioni e collaborazione tra le varie figure

professionali coinvolte nel processo delle cure o in altre attività accessorie orientate al

paziente.

Un Infermiere Associato può anche essere di sostegno ad un Infermiere di Riferimento

presente in turno, in qualità di consulente o di supporto.

Mentre per l’Infermiere Referente si deve garantire una presenza costante ed in

particolare mattutina, per l’Infermiere Associato si può parlare di flessibilità di turno in

quanto non è necessario che sia una presenza costante. Per tale motivo si afferma che

l’Infermiere Associato rappresenta la linea discontinua nell’assistenza.

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1.6. LA RESPONSABILITA’ DELL’INFERMIERE COORDINATORE

Occorre distinguere tra responsabilità professionali, per le quali è necessario risalire alla

specificità delle competenze, e responsabilità gestionali, connesse all’esercizio di compiti

di programmazione/organizzazione dell’attività del gruppo.

Chi ha funzioni di direzione e organizzazione è titolare di un potere/dovere di fornire

preventivamente tutte le indicazioni di carattere programmatico e le direttive di carattere

tecnico-organizzativo necessarie per un efficiente svolgimento dell’attività all’interno del

gruppo di lavoro (équipe). La Legge 251/2000(2) attribuisce agli infermieri la diretta

responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica.

Il dirigente infermieristico viene chiamato a dirigere tutti i processi organizzativi della

funzione infermieristica e, quindi, a governare i professionisti sanitari che realizzano tali

processi, cioè gli infermieri.

Di fronte a una condotta di chi dirige e organizza (dirigente, coordinatore, capo équipe)

che, sul piano della programmazione e organizzazione, sia venuto meno all’obbligo di

fornire indicazioni e direttive sufficientemente dettagliate, qualsiasi atto di un

componente dell’équipe che si innesti su tale omissione colposa del capo équipe, non

esclude, ma anzi conferma la sua responsabilità.

La caratteristica della responsabilità di gestione a cui il soggetto è tenuto, è che non

risponde per la correttezza formale del suo comportamento, ma del risultato sostanziale

della sua attività.

L’obiettivo è quello di perseguire la strada dell’efficienza dell’attività, in aggiunta al

rispetto formale delle regole che alla stessa presiedono.

La responsabilità manageriale non si fonda tanto sulla violazione dolosa o colposa dei

doveri d’ufficio, ma piuttosto sulla inidoneità e sulla incapacità del professionista a

conseguire risultati adeguati, in senso formale e sostanziale, ai compiti loro affidati, con

conseguenti negative implicazioni sul buon andamento dell’attività dell’organizzazione:

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si parla di responsabilità per risultati.

A conferma dell’importanza di tale ruolo, occorre ricordare che il modello organizzativo

assistenziale viene promosso proprio da egli stesso. Starà a lui supportarlo e esserne il

garante in fase d’implementazione, fino alla completa assimilazione del progetto. In

poche parole è il primo professionista che deve credere nel cambiamento verso la qualità.

1.7. IL COORDINATORE INFERMIERISTICO NEL PRIMARY NURSING

Essere coordinatore nel Primary Nursing comporta un riorientamento dei ruoli: egli,

finalmente, abbandona la veste di detentore dei “segreti” sull’assistenza di ogni singolo

paziente, decisamente extra-ruolo, per calarsi nel contesto di “middle manager” quale

effettivamente è.

Quindi, il Coordinatore deve:

- conoscere al meglio il proprio team visto il suo ruolo essenziale nel processo di

assegnazione (2° assioma: attribuzione).

- Assegnare giornalmente gli Infermieri Referenti ai nuovi pazienti ed attribuire a

tutti i pazienti gli Infermieri Associati. Riassegnare i pazienti in base ai bisogni

emergenti.

- Analizzare periodicamente le competenze del proprio team infermieristico.

- Conoscere in modo approfondito i tipi di intervento/trattamento.

- Elaborare, mantenere ed aggiornare la Matrice delle abilitazioni.

- Stimolare la ciclicità, attraverso una turnazione corretta, ma tenendo conto delle

potenzialità del singolo professionista.

In quanto responsabile della qualità erogata in reparto deve:

- valutare il professionista;

- promuovere un processo di assegnazione meritocratico;

- formare e spingere all’autoformazione .

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Il Coordinatore è Mentor, laddove il caso è complesso e il professionista richieda dei

ragguagli in merito alla pianificazione. E’ una figura di riferimento dell’organizzazione

(indipendentemente da un’eventuale linea gerarchica), interprete significativo della

cultura e dei valori dell’organizzazione stessa, riconosciuto per autorevolezza e

competenza in merito ad una determinata materia.

È Counselor, cioè si pone come obiettivo quello di accompagnare il professionista in un

percorso di risoluzione di un problema orientativo, ma soprattutto di riattivare un

processo di ridefinizione e/o riorganizzazione delle dimensioni e dei fattori che

permettono alla persona di gestire il suo rapporto con le criticità connesse all’evoluzione

della stessa in ambito lavorativo. Attua, così, interventi consulenziali mirati per la

gestione di eventi critici che potrebbero segnare negativamente la sua esperienza

professionale.(10)

È Coach: favorisce il processo “creativo”, non fornendo soluzioni preconfezionate, ma

facilitando nel coachee processi di definizione degli obiettivi, pianificazione delle azioni

ed assunzione di responsabilità.

È Tutor: stimola e favorisce spazi di condivisione e riflessione sull’esperienza ed i suoi

significati, svolge funzioni di presidio,integrazione e sostegno, garantendo la

realizzazione e svolgimento del progetto concordato, gestendo il percorso di orientamento

a integrazione del percorso formativo che avviene sul campo, stimola la riflessione

sull’importanza e lo sviluppo delle competenze trasversali e sulla consapevolezza

organizzativa.(10) Contribuisce nel processo di formazione del personale coinvolto.

.

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CAP. 2

PROGETTO “PRIMARY NURSING IN SAN MARTINO” 2.1. NASCITA DEL PROGETTO E SUOI OBIETTIVI

Nel mese di gennaio del 2012 prende forma l’idea di implementare il modello in esame in

un’unità operativa di una realtà ospedaliera pubblica che, per quanto piccola, è

sicuramente rappresentativa del servizio sanitario erogato a livello regionale.

Inserire un modello organizzativo deve essere il mezzo per stimolare gli infermieri:

- a riflettere sui principi fondamentali dell’infermieristica e sul contesto che li

circonda;

- a prendere coscienza della loro responsabilità, autonomia e autorevolezza;

- a garantire un’assistenza infermieristica a misura d’uomo;

- ad acquisire un ruolo fondamentale all’interno dell’équipe assistenziale.

Secondo l’HMSO: “la determinazione dei bisogni dei pazienti e la coerenza con la quale

essi sono soddisfatti miglioreranno, con ogni probabilità, se ogni individuo, dal momento

dell’ammissione a quello della dimissione, è assistito da un infermiere identificabile,

responsabile della pianificazione e del controllo generale dell’assistenza”.[11]

2.1.1. L’UNITÀ OPERATIVA DI MEDICINA GENERALE

L’unità operativa di medicina generale del Presidio Ospedaliero “San Martino” di Mede,

sito in provincia di Pavia, consta di 30 posti/letto suddivisi in camere da 2 posti. I ricoveri

ordinari sono in minima parte programmati: il grosso di essi proviene dal pronto soccorso

o da una programmazione nelle 24 ore.

Il numero di ricoveri per l’anno 2011 è stato di 935 con una degenza media di 8,88 giorni.

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Il personale è così suddiviso:

- 11 infermieri di cui 4 part-time;

- 5 OSS;

- 5 ausiliari.

Tra il personale vi sono infermieri di provata esperienza: ad esempio, alcuni di loro sono

membri della Commissione di Studio sulle Lesioni da Pressione Cutanee (LDP) per

l’ASL Pavia, altri gestiscono in prima persona l’Ambulatorio Diabetologico.

L’organizzazione delle attività di assistenza è di tipo funzionale:

al mattino, un infermiere gestisce la preparazione e la somministrazione della terapia

parenterale, mentre un altro gestisce quella orale e transdermica; un’infermiera generica

o, in sua assenza, un’OSS, rilevano i parametri vitali di tutti i ricoverati. Durante questo

frangente, un ausiliario si occupa della somministrazione della colazione, aiutando le

persone che lo necessitano.

Successivamente, due gruppi, formati da due operatori, un infermiere e un OSS, iniziano

le cure igieniche dei pazienti bisognosi ed il rifacimento dei letti; in quel frangente

valutano eventuali rischi di LDP, prescrivendo all’occorrenza i presidi antidecubito,

rinnovano medicazioni, sostituiscono od effettuano cateterismi vescicali ed altre attività .

Il personale infermieristico riceve le richieste di esecuzione di esami e fornisce le

informazioni sui pazienti dopo il giro visite medico che purtroppo avviene negli orari più

disparati, creando una notevole dispersione di risorse.

Questa dispersione è ulteriormente aggravata dal comportamento del personale

infermieristico che, sia individualmente che in gruppo, delega svariati compiti relazionali

e decisionali alla Coordinatrice che viene quindi chiamata in causa spesso in modo

improprio.

Questo risulta particolarmente evidente quando i parenti dei ricoverati necessitano

spiegazioni e/o chiarimenti si rivolgono alla Coordinatrice, spesso indirizzati dagli

infermieri stessi. La Coordinatrice, a sua volta per dare una risposta plausibile, è costretta

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ad indagare proprio tra il personale infermieristico. In questa situazione, alla dispersione

si aggiunge la totale invisibilità della maggior parte infermieri.

Ciononostante, alcuni professionisti infermieri riescono ad emergere, un po’ per indole,

un po’ per il buon bagaglio culturale e professionale accumulato.

La cartella infermieristica si basa sul “Modello Cantarelli”(12) e, attualmente non

permette di documentare la relazione infermiere/paziente in modo dettagliato.

Le consegne avvengono in plenaria.

2.1.2. DEFINIZIONE DI PROGETTO

“Un progetto è un cambiamento che implica uno sforzo temporaneo necessario per creare

un servizio/prodotto ad elevato valore aggiunto.”(13)

La definizione che si propone, sottolinea alcuni aspetti:

- “un progetto è un cambiamento”: già nella definizione è importante legare il

concetto del progetto a quello del cambiamento. In questo modo si dà un valore

aziendalmente significativo ad ogni singolo progetto, in quanto è portatore di

valore e contribuisce alla realizzazione della missione aziendale. Si tratta dunque di

sensibilizzare i collaboratori, non solo al raggiungimento degli obiettivi, ma anche

alla volontà di creare valore aggiunto, di anticipare gli sviluppi futuri e di avere una

visione di lungo periodo;

- “implica uno sforzo temporaneo che è necessario”: il progetto, per definizione, è

un insieme di attività caratterizzate dal tempo e per le quali, dunque, è previsto un

loro inizio e un loro termine. Inoltre lo sforzo temporaneo si riferisce anche

all’utilizzo delle risorse che è necessario coinvolgere, investire e valorizzare per la

realizzazione del progetto;

- “creare”: nell’ultima parte della definizione è importante notare il verbo; in questo

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è implicito il collegamento al cambiamento: il creare rappresenta qualcosa di

nuovo, in ogni caso di diverso rispetto allo status quo e per questo in grado di

fornire un elevato valore aggiunto per i propri utilizzatori e/o clienti interni e/o

esterni (e ciò vale anche per progetti che implicano una razionalizzazione

dell’esistente: in ogni caso, il prodotto finale sarà qualcosa di nuovo);

- “un servizio/prodotto ad elevato valore aggiunto”: i progetti vengono identificati,

con questi due termini, come qualcosa il cui raggio di azione è molto ampio e che

potenzialmente potrà comprendere tutti gli ambiti nei quali si vorranno apportare

cambiamenti. L’output finale, in ogni caso, sarà qualcosa di tangibile sia si tratti di

una nuova struttura organizzativa, sia di una nuova modalità e approccio di lavoro,

sia di un nuovo macchinario che sarà in grado di fornire ai clienti interni ed esterni

un valore aggiunto concreto, visibile e funzionale.

2.1.3. INDIVIDUAZIONE DEL “GRUPPO PROGETTO”

Il gruppo progetto è così composto:

- Capo Progetto: infermiere Guarnaschelli Paolo, libero professionista e tirocinante

in Master in Coordinamento c/o l’Università C. Cattaneo di Castellanza (VA).

- Referente del progetto c/o il Presidio Ospedaliero San Martino di Mede (PV):

D.ssa Mascherpa Carla, Responsabile dell’Ufficio Infermieristico dell’Ospedale,

Infermiere Coordinatore dell’U. O. di Medicina Generale.

- Referente del Gruppo Operativo: Infermiera Cristina Pavanati operante presso l’U.

O. di Medicina Generale ed in possesso Master in Coordinamento Infermieristico.

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2.1.4. PRESENTAZIONE DEL PROGETTO ALLA DIRIGENZA INFERMIERISTICA

ED AL PERSONALE INFERMIERISTICO DELL’UNITÀ OPERATIVA

È stato approntato un opuscolo informativo/formativo posto all’attenzione della D.ssa G.

Pontello, Dirigente nell’ASL di Pavia del comparto infermieristico, che ha dato il

consenso all’avvio del Progetto.

Tale materiale ha avuto il compito di spiegare le motivazioni per cui si è pensato di

iniziare un esperimento d’implementazione di un modello organizzativo assistenziale

diverso da quello in uso e di spiegare in modo chiaro il Primary Nursing. È servito,

inoltre, per creare un momento formativo seguito da una discussione che ha evidenziato,

oltre a qualche perplessità, sentimenti di curiosità e un’occasione di approfondimento

reciproco.

L’opuscolo è suddiviso in due parti: una dedicata ai motivi che hanno portato al desiderio

di cambiamento, l’altra descrittiva del modello da applicare: gli assiomi, gli strumenti per

applicarlo, le aspettative.

2.2. BENCHMARKING

ALL’ISTITUTO EUROPEO DI ONCOLOGIA (I.E.O.)

2.2.1. DEFINIZIONI DI BENCHMARKING (14)

“Processo gestionale ininterrotto che richiede un continuo aggiornamento, la raccolta e il

vaglio delle migliori prassi e prestazioni esterne, da inserire poi nei processi decisionali”.

(Camp, 1989)

“Processo continuo e sistematico di valutazione delle aziende riconosciute come leader,

per determinare i processi operativi che rappresentano le pratiche migliori e stabilire

obiettivi razionali da raggiungere”.

(Cross, 1995)

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“Processo continuo, sistematico per valutare i prodotti, i servizi e i processi operativi

delle organizzazioni che sono riconosciute quali rappresentanti le prassi migliori allo

scopo di conseguire miglioramenti organizzativi”.

(Spendolini, 1996)

“Processo sistematico di confronto tra prodotti, servizi, prassi e caratteristiche di più

entità organizzative (Kearns, AD, Xerox Corporation) per consentire ad una impresa di

capire e gestire i fattori che determinano prestazioni superiori (Camp)”.

(Bottai, 2003)

“Processo continuo e sistematico di misura; un processo di continua misurazione e

comparazione dei processi di business di un’organizzazione con i processi di business

leader dovunque nel mondo, allo scopo di ottenere quelle informazioni che aiuteranno

l’organizzazione a predisporre azioni per migliorare le proprie prestazioni”.

(Scozzese, 2005)

Benchmark si può tradurre in “parametro di riferimento”:

- Quantitativo (data benchmarking) → riguarda il tempo, il peso, il costo,…;

- Qualitativo (process benchmarking) → confronto di processi simili per valutare la qualità

delle prestazioni.

Obiettivi del benchmarking:

- apprendere osservando gli altri;

- migliorare attraverso il confronto con altre organizzazioni,

- attivare una sistematica attività di confronto su prestazioni, servizi e processi con le

organizzazioni leader (best in class) e avviare processi interni di continuo

miglioramento.

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Benchmarking competitivo o esterno:

è volto alla comprensione degli elementi che determinano il vantaggio competitivo dei

migliori concorrenti diretti attraverso l’avvio di un confronto tra la propria azienda e altre

similari o identiche.

La metodologia del benchmarking:

È un confronto sistematico dei processi caratterizzanti le diverse aziende o le singole

UU.OO./Servizi/Distretti/Dipartimenti nel ricercare la “best practice” e apportare

correttivi per il miglioramento dell’intero processo.

Il Benchmarking risulta utile per:

- la scelta e la definizione delle strategie aziendali;

- la reingegnerizzazione dei processi aziendali;

- lo sviluppo di processi di miglioramento continuo dei processi aziendali;

- le attività di problem solving;

- l’attività di comparazione di efficacia e di efficienza;

- lo sviluppo del cambiamento.

2.2.2. L’ISTITUTO EUROPEO DI ONCOLOGIA (I.E.O.)(15)

Nato da un'idea di Umberto Veronesi e inaugurato nel maggio 1994, l'Istituto è diventato

un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) con decreto ministeriale

del gennaio 1996; è un ente di diritto privato senza fini di lucro che eroga prestazioni

anche in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.

Opera nel campo della prevenzione, della diagnosi e della cura dei tumori.

I valori ed i principi che ispirano e guidano gli operatori dell’Istituto sono:

- centralità della persona assistita;

- miglioramento continuo della qualità assistenziale;

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- sviluppo della ricerca sperimentale con rapido trasferimento dei risultati al

paziente;

- valorizzazione delle risorse umane;

- spirito europeo ed apertura a collaborazioni internazionali.

In questo Istituto viene utilizzato, come modello organizzativo assistenziale, il Primary

Nursing dal 2002: il Capo-Progetto è la D.ssa T. Suardi, il Referente I.E.O. è il Dott. G.

Magon.

2.2.3. SPUNTI ORGANIZZATIVI DALLA VISITA ALL’ ALL’ISTITUTO EUROPEO

DI ONCOLOGIA

Nell’ambito della progettazione del cambiamento da un modello organizzativo per

compiti al modello Primary Nursing, nel gennaio 2012 ci siamo recati all’Istituto

Europeo di Oncologia (I.E.O.) di Milano.

All’interno di tale azienda, abbiamo potuto verificare come tale modello faccia crescere

l’infermiere come professionista, dandogli, nel contempo, visibilità, stimolando il

potenziamento delle sue capacità relazionali, permettendo, inoltre, di dare continuità

all’assistenza mettendo al centro il paziente e non le attività da svolgere.

Una delle difficoltà che l’I.E.O. ha dovuto affrontare, è stata soprattutto quella di adattare

i turni degli operatori per poter mettere nelle condizioni gli infermieri di garantire la

continuità assistenziale, considerando che il cambiamento è avvenuto in “isorisorse”. Al

contrario, tenendo presente le peculiarità dell’U. O. di Medicina di Mede, si è deciso di

utilizzare, per la sperimentazione, personale infermieristico fuori-turno, e che presenta

caratteristiche di professionalità consolidate ed avvalorate dalla stessa Coordinatrice di

reparto.

Allo I.E.O. gli infermieri “primary” fanno consegna con l’associato nella camera di

degenza, insieme al paziente, facendo intuire quanto il Primary Nursing porti l’infermiere

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ad essere protagonista nell’assistenza ed a sposare la moderna concezione di assistenza

che vorrebbe il paziente al centro delle cure. Al momento della sperimentazione si è

deciso di mantenere il locale Studio Infermieri come luogo di consegna.

Ci è stato poi illustrato il tabellone. E’ la fotografia dei reparti. Tale strumento permette

di individuare: gli infermieri referenti, le assegnazioni dei nuovi pazienti agli infermieri

suddetti, gli infermieri associati, il medico di riferimento, gli esami programmati, il tipo

di dieta, il giorno della dimissione.

Alle ore 9 abbiamo assistito ad un breve incontro, previsto tutte le mattine, tra medici,

coordinatrice e infermieri referenti durante il quale si sono evidenziati particolari

problemi di alcuni pazienti.

In seguito, dopo aver seguito l’ausiliaria specializzata, che accompagna il degente in

camera, gli spiega gli ausili, i tempi di vitto, le opportunità per l’accompagnatore, ecc.,

un’infermiera referente ci ha dato la possibilità di seguirla nella fase di accoglienza di un

paziente in reparto: era un paziente noto e si capiva che la relazione tra loro era già

avviata. Attualmente, nella Medicina dell’Ospedale “San Martino”, non è prevista una

figura dedicata per tale attività: sarà qualunque elemento del personale presente che si

occuperà dell’accoglienza, in quanto il tipo di ricovero prevalente non è programmato.

Si è assistito alla compilazione del Tabellone da parte della coordinatrice, alle consegne

face-to-face tra infermiere primary e associato e si è deciso di utilizzare la stessa modalità

in fase di sperimentazione.

Anche all’I.E.O. il Primary Nursing è visto come un modello flessibile, adattabile alle

esigenze; ciò che è fondamentale è l’atteggiamento mentale e culturale che lo sostiene:

l’infermiere si prende carico del paziente nella sua totalità, lo mette al centro del suo

lavoro.

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2.3. SPERIMENTAZIONE

2.3.1 L’INDIVIDUAZIONE DEL GRUPPO OPERATIVO

Il gruppo operativo è stato selezionato in base all’esperienza accumulata ed alla

propensione al dialogo con il paziente ed i care-givers. La scelta è stata effettuata sulla

base delle iob-descriptions dei singoli operatori e delle valutazioni effettuate dalla

coordinatrice infermieristica.

Il gruppo è così composto:

- Infermiere di Riferimento: Cristina Pavanati;

- Infermiere Associato: Roberta Ferraris;

- OSS che segue l’Infermiere Referente al mattino: Nadia Torta.

2.3.2. FORMAZIONE DEL GRUPPO OPERATIVO

I due infermieri prescelti sono stati formati, oltre che in fase iniziale durante la riunione

preliminare (vedi par. 2.1.4. “Presentazione del progetto…”), anche con ulteriore

materiale sul modello organizzativo, sulle dinamiche da attuare, sugli strumenti

approntati per facilitare l’implementazione del Primary Nursing, oltre alla partecipazione

allo stage all’Istituto Europeo Oncologico di Milano, avendo l’opportunità di soddisfare

curiosità e osservando in vivo l’applicazione del Primary Nursing.

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2.4. IMPLEMENTAZIONE DEL PRIMARY NURSING IN UNITÀ OPERATIVA

È stato scelto, sulla base di consigli avuti dalla coordinatrice dell’U.O. Medicina

dell’I.E.O., di iniziare con un numero massimo di 6 ricoverati seguiti dall’Infermiere d

Riferimento.

- Al mattino, dopo la consegna in plenaria, l’Infermiere Coordinatore assegna i

pazienti nuovi entrati all’Infermiere di Riferimento (vedi Cap. 1 - 2° assioma) ed

aggiornerà il Tabellone (par. 2.4.1.).

- L’Infermiere di Riferimento, insieme all’OSS, si occuperà dell’accoglienza del

soggetto e della raccolta dati. Gli consegnerà la brochure informativa (par. 2.4.1.) e

il questionario “Customer Satisfaction”.

- Successivamente, pianificherà con la persona e/o i care-givers l’assistenza

infermieristica.

- Insieme all’OSS assegnata, si dedicherà alle attività precedentemente concordate.

- Della terapia farmacologica si occuperanno gli infermieri incaricati: non il Primary.

- Al termine del turno, dopo aver trascritto tutti i dati che riterrà necessari sulla

cartella infermieristica, l’Infermiere Referente farà consegna face-to-face

all’Infermiere Associato, che avrà l’obbligo di sostenere le istanze pianificate

dall’Infermiere di Riferimento.

- L’Infermiere Referente compilerà (da solo o con il supporto dell’Infermiere

Associato (vedi par. 2.3.4.3 “procedura per la compilazione..”) il Modulo

Pianificazione Giornaliera, strumento pensato per “ricordare” la responsabilità

dell’Infermiere Referente e per aiutare tutto il gruppo operativo a garantire la

continuità assistenziale.

- Tutto il personale è coinvolto per ricordare alle altre figure sanitarie che chiunque

dovrà comunicare informazioni sui pazienti assegnati, dovrà farlo con l’Infermiere

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Referente o, in sua assenza, con l’Infermiere Associato (vedi par. 1.3.3 3°

assioma).

- Garante per i passaggi suddetti sarà l’Infermiere Coordinatore.

- Le consegne, al termine del turno pomeridiano, verranno effettuate

dall’Infermiere Associato agli operatori del turno notte, consegnando loro il

“Modulo Pianificazione Giornaliera”.

- Il mattino successivo, gli infermieri del turno notte consegneranno il modulo

in oggetto all’Infermier Referente che controllerà eventuali variazioni

avvenute in modo imprevisto in sua assenza.

2.4.1. STRUMENTI PER L’IMPLEMENTAZIONE DEL PRIMARY NURSING

Definizione di strumento: “apparecchio o dispositivo atto al compimento di determinate

operazioni”. (9)

Come per ogni modello organizzativo che si rispetti, anche nel Primary Nursing vengono

utilizzati diversi strumenti, aventi il compito di facilitare l’implementazione stessa.

I suddetti modelli sono stati “pensati” e redatti successivamente all’opera di

benchmarking all’I.E.O. di Milano e sulla base delle necessità e peculiarità dell’unità

operativa di medicina generale dell’Ospedale San Martino di Mede (PV), a riprova

dell’estrema flessibilità del modello organizzativo.

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La Brochure Informativa (fig. 1)

Con tale documento ci si è posti come obiettivo precipuo, quello di dare visibilità da

subito all’Infermiere Referente all’esterno dell’équipe lavorativa ed allo stesso tempo di

mettere a proprio agio, nei limiti del possibile, la persona ricoverata, attraverso semplici

informazioni in merito a:

- chi si prenderà cura del paziente;

- come tale figura espleterà il suo incarico;

- stimolando la persona a porre qualunque quesito, anche se apparentemente banale;

- dichiarando da subito, attraverso frasi cordiali e di benvenuto, la centralità del

soggetto.

Ospedale San Martino

U. O. MEDICINA

N. TEL: 0384808240

UNITA’ OPERATIVA

MEDICINA GENERALE

fig. 1 brochure informativa: facciata esterna del pieghevole

PROVINCIA DI PAVIA

Sede legale: Viale Repubblica, 34 -

27100 PAVIA

Tel.0382 530596 – Telefax 0382531174

www.ospedali.pavia.it

Ospedale San Martino - Mede

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32

Caro/a Signor/a

Con questo pieghevole si coglie

l’occasione per informarLa che

l’Unità Operativa di Medicina eroga

assistenza infermieristica basata sul

modello organizzativo che permette la

presa in carico della persona

ricoverata e la continuità delle cure.

Lei verrà assistito/a del suo

infermiere di riferimento (I.R.) e, in

sua assenza da un infermiere

“associato”, che garantirà la

continuità assistenziale.

Cosa fa l’infermiere?

Assiste in base ai bisogni della

persona

Cosa fa l’I.R.(Infermiere di

Riferimento)?

Parla con Lei e le persone a Lei

care per identificare i suoi bisogni

Identifica con Lei le priorità

assistenziali

Si relaziona con le altre figure

professionali per garantire un

continuo aggiornamento sul suo

stato di salute

Effettuerà interventi di

educazione sanitaria, qualora

riterrà sia necessario, a Lei ed alle

persone a Lei care

Pianifica e organizza la Sua

dimissione

Le ricordiamo, inoltre, che nessuna

domanda è banale, in particolare

quando conoscere la risposta può

alleviare preoccupazioni ed ansie.

PROVINCIA DI PAVIA

Sede Legale: Viale Repubblica, 34 –

27100

PAVIA

Tel. 0382 530596 – Telefax 0382

531174

www.ospedali.pavia.it

Ospedale San Martino – Mede

U. O. MEDICINA

Gentile Signora, Egregio Signore

Il personale di questa unità Le dà il

benvenuto.

Le ricordiamo che, per tutta la

degenza, il Suo Infermiere di

Riferimento è

____________________________

La Coordinatrice dell’U. O. Medicina

Carla Mascherpa

fig. 1 la brochure informativa: interno del pieghevole

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Il Tabellone (fig. 2)

Strumento indispensabile per dare la massima visibilità all’Infermiere di Riferimento

all’interno dell’équipe sanitaria. In esso, strutturato come una tabella, compaiono, in

ordine sequenziale, il numero della camera e relativo posto/letto, il nome del paziente, il

nome dell’Infermiere Referente/Infermiere Associato, il nome del Medico Referente, la

data di accettazione, la data di dimissione, esami, altre informazioni.

fig. 2 Tabellone (facsimile)

N.

CAMERA

LETTO

NOME

PAZIENTE

INFERMIERE

REFERENTE/

ASSOCIATO

MEDICO DATA

ACCETTAZIONE

DATA

DIMISSIONE

ESAMI/

ALTRO

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Il Modulo Pianificazione Giornaliera (fig. 3)

Tale strumento è stato pensato per coadiuvare gli infermieri nel passaggio di consegne,

sia in plenaria che face-to-face (Cap. 1 La Consegna FACE-TO-FACE).

Le aspettative sono le seguenti:

- Oltre al passaggio diretto verbale dall’Infermiere Referente all’Infermiere

Associato non ci sarà nessuna interpretazione soggettiva da parte

dell’Infermiere Associata (il promemoria viene scritto dall’Infermiere Referente) e

si assicurerà la continuità assistenziale.

- Costituisce un valido promemoria, in quanto, visto che l’Infermiere Associato può

variare ogni giorno, è possibile visionare, ogni qualvolta lo si ritenga opportuno, le

attività decise.

- Il feed-back tra professionisti viene consolidato, in quanto, durante la stesura,

l’Infermiere Associato parteciperà in consulenza con l’Infermiere Referente.

- Il “riassumere” le consegne su tale modulo permette di non perdere di vista gli

obiettivi di continuità e qualità delle cure, consentendo la razionalizzazione del

tempo (l’Infermiere Associato non deve impiegare tempo ed energie per controllare

le cartelle ogni qualvolta abbia un dubbio sulla pianificazione di un paziente che

conosce poco).

- Rinforzare lo status dell’Infermiere Referente: come è chiaro sui testi di Primary

Nursing, l’Infermiere Responsabile della pianificazione del paziente deve avere la

massima visibilità.

Quindi, nell’intestazione, compare chiaramente chi è l’Infermiere Referente e chi

l’Infermiere Associato, partecipando a quel meccanismo inconscio che porterà a

riconoscere il professionista infermiere.

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35

Procedura di compilazione e utilizzo

- La compilazione del modulo avverrà durante l’arco del turno dell’Infermiere

Referente e comunque entro il termine delle consegne face-to-face delle ore 14.00.

- Il compilatore sarà l’Infermiere Referente, con l’Infermiere Assistente in

consulenza.

- Tale modulo verrà conservato dall’Infermiere Assistente durante il turno del

pomeriggio a garanzia e come promemoria delle istanze pianificate.

- Durante le consegne tra il turno pomeridiano e quello notturno, l’Infermiere

Assistente consegnerà tale modulo al personale della notte.

- Al mattino, prima della plenaria, l’infermiere del turno notte consegnerà il modulo

all’Infermiere Referente, che potrà utilizzarlo a sua volta come riferimento per il

modulo di quel giorno. Tale passaggio garantirà che le prescrizioni da lui lasciate il

giorno precedente siano state seguite e potrà procedere alla valutazione ed

all’analisi di efficacia.

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-

fig. 3 Modulo di Pianificazione Giornaliera

Mod. PIANIFICAZIONE GIORNALIERA

GIORNO __________________ I. R. __________________________ I.A. _______________________

N.CAM/

LETTO NOME PZ DESCRIZIONE INTERVENTI

Sigla I. R. ___________________________

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37

CAP. 3

VERIFICA

La verifica è un processo che rileva la qualità dei servizi offerti in cui il soggetto fruitore

ha un ruolo dominante, non solo come destinatario dei servizi ma anche come risorsa

strategica in quanto consente di valutare la rispondenza dei servizi erogati così come

percepiti dai soggetti fruitori stessi.

Lo strumento più utilizzato è la Customer Satisfaction.

Già il decreto legislativo n. 29 del 1993 nell’art. 12, così come la direttiva del Presidente

del Consiglio dei Ministri 27 gennaio1994, individuavano la partecipazione e l’ascolto

dei cittadini quali strumenti utili e costruttivi per verificare la qualità e l’efficacia dei

servizi prestati.

Il processo di rilevazione della qualità percepita consiste in quattro distinte fasi:

Nella fase preparatoria della rilevazione vengono definiti l’ambito e l’obiettivo

dell’indagine, viene identificato il gruppo di utenti da coinvolgere e viene chiesta

l’autorizzazione formale per l’avvio.

Nella fase della raccolta dei dati vengono definiti i fattori di soddisfazione da prendere

in considerazione, la progettazione dello strumento di rilevazione, la modalità di

somministrazione e la scelta dell’ampiezza dell’eventuale campione, la modalità di

somministrazione dello strumento predisposto.

Nella fase dell’elaborazione e dell’interpretazione dei dati vengono elaborati ed

interpretati i dati raccolti per valutare la soddisfazione degli utenti.

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Nella presentazione e nell’utilizzazione dei risultati (fase conclusiva) si procede alla

presentazione dei risultati e controllando l’andamento dei risultati ottenuti, si

individueranno specifiche responsabilità, attuando eventuali azioni correttive e

preventive, al fine di soddisfare pienamente le esigenze dei destinatari anticipandone le

aspettative.

3.1 LA CUSTOMER SATISFACTION(16)

Il questionario è stato formulato sulla base delle indicazioni della Joint Commission on

Accreditation in Healthcare e consiste in una serie di domande che mirano a raccogliere

le informazioni oggetto di indagine fornendo una classificazione omogenea delle

informazioni raccolte.

Si è scelto di fornire un questionario in autocompilazione per non discostarsi dallo

strumento aziendale standardizzato in uso. La consegna avviene personalmente il giorno

dell’ingresso in unità.

Vantaggi dell’autocompilazione:

- l’assenza dell’intervistatore evita condizionamenti;

- il soggetto può scegliere il momento opportuno per rispondere, avendo la

possibilità di meditare maggiormente;

- si può attivare e amministrare in modo facile e con costi contenuti;

- vi è la garanzia dell’anonimato e non è intrusiva per l’interlocutore, alleviando

l’eventuale sentimento di inadeguatezza che talvolta possono avere gli intervistati;

- assicura che tutte le domande siano rivolte nello stesso modo e nello stesso tempo.

Svantaggi dell’autocompilazione:

- incertezza sull’identità/caratteristiche di chi risponde;

- impossibilità di sciogliere dubbi;

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- limitazione/esclusione di chi non è in grado di rispondere per disabilità fisiche,

cognitive e mentali (in alcuni casi a questo si può ovviare facendo rispondere ad un

parente);

- tasso di ritorno inferiore:

il principale problema è il ridotto tasso di risposta. Non si tratta di un problema

solamente di tipo quantitativo, ma soprattutto qualitativo: in genere, chi risponde

ha caratteristiche differenti da chi non risponde (possono essere persone più

estroverse, più colte, con più tempo a disposizione, e soprattutto più interessate

all'argomento);

- l’autoselezione dei rispondenti:

può manifestarsi, ma in misura ridotta, visto che si tratta di un questionario

consegnato personalmente e i soggetti “selezionati” sono già di per sé un campione

rappresentativo, dato che nel nostro caso sono tutti pazienti in regime di ricovero

ordinario.

- allungamento dei tempi di esecuzione, relativo in ambito sanitario, in quanto il

ricovero ha comunque una scadenza;

- impossibilità di controllare le mancate risposte;

La decisione di far compilare la Costumer Satisfaction (allegato A) all’utente o chi per lui

senza la presenza del personale di reparto è stata presa per influenzare il meno possibile

la risposta e ridurre il fenomeno dell’acquiescenza(16), cioé la tendenza a rispondere

positivamente, ignorando il contenuto delle domande. Di solito, le ricerche sulla

soddisfazione del cliente sono caratterizzate dalla presenza di eccessive risposte positive e

blande risposte negative.

Le cause di ciò sono:

- la riconoscenza nei confronti di chi eroga il servizio;

- la riluttanza a criticare il servizio dal quale si dipende in mancanza di

un’alternativa.

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Il totale anonimato è stato assicurato informando tutti i soggetti della presenza di una

cassetta in reparto dove imbucare il questionario.

Nella costruzione del questionario si è utilizzato un metodo quali-quantitativo,

avvalendosi di domande sia a risposta chiusa che a risposta aperta, condividendo il

pensiero di Powell, Lovelock 1944:

“ ………..facendo affidamento solo su questionari strutturati e sulla formulazione di

domande a risposta chiusa, non sempre si mettono nelle condizioni gli utenti di esprimere

totalmente il proprio pensiero. Il problema può essere superato o quantomeno

ridimensionato con l’adozione di un approccio qualitativo o misto”.

e forti dell’affermazione di Barlett, 1966: “l’applicazione delle sole tecniche quantitative

presenta alcune limitazioni se si vogliono investigare aspetti e programmi assistenziali

non facilmente definibili.”

L’elaborazione dei quesiti è avvenuta impiegando minime risorse visto l’utilizzo di

computers e stampanti di reparto.

Anche i tempi per l’avvio sono stati minimi.

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41

3.1.1. COMPARAZIONE

MODELLO PRIMARY NURSING VS MODELLO FUNZIONALE

Nel periodo preso in esame, dal 13/02/12 al 15/03/12, il numero totale di persone

ricoverate/dimesse in regime ordinario è stato di 71 unità di cui, assistiti con modello

Primary Nursing, 35: il 49%.

A conferma di quanto detto sui limiti dell’autocompilazione, solo il 37 % (fig. 1) ha

consegnato il questionario: 16 moduli consegnati da assistiti con modello Primary

Nursing e 10 da assistiti con il modello preesistente (fig. 2).

figura 1

figura 2

26 pazienti hanno riconsegnato la

CS compilata 37%

45 pazienti non hanno

riconsegnato la CS compilata

63%

FEEDBACK (26 su 71 utenti)

"utenti responders" in

modello PN 62%

"utenti responders" in

modello funzionale

38%

RESPONDERS MODELLO PRIMARY NURSING VS MODELLO

FUNZIONALE

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La riflessione su tale risultato è il maggior feedback positivo dei ricoverati in Primary

Nursing, pur tenendo conto delle variabili presenti in reparto:

- condizioni psico-fisiche compromesse

- assenza di eventuali care-givers o tutori

- decessi

- rifiuti alla compilazione.

L’età media degli utenti che hanno compilato il questionario è 77,52 anni ed è compresa

tra 44 a 100 anni. Tale campione è suddiviso in 18 donne e 8 uomini.

Il 50% delle schede sono state compilate dai pazienti, l’altra metà da parenti e altri

soggetti (n. 1 badante).

__________

Il primo quesito “Si ricorda il nome dell’infermiere di riferimento?” (fig. 3) è stato

formulato per avere un chiaro nesso con la visibilità del professionista; è stato posto in

maniera univoca, con risposta sì o no.

Tutti 16 pazienti assistiti con modello Primary Nursing hanno risposto positivamente. Di

quelli sottoposti a modello assistenziale ordinario, solo 1 ha risposto affermativamente.

0

2

4

6

8

10

12

14

16

risposte: SI risposte: NO risposte: SI risposte: NO

UTE

NTI

MOD. PRIMARY NURSING (TOT 16 UTENTI) MOD. FUNZIONALE (TOT 10 UTENTI)

I QUESITO “SI RICORDA IL NOME DELL’INFERMIERE DI RIFERIMENTO?”

100 %

10 % 0 %

90 %

figura 3

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43

Tale analisi dimostra che, tra pazienti che non hanno fruito del nuovo modello,

l’infermiere ha poca visibilità, con un forte sospetto di confusione dei ruoli con le altre

figure assistenziali: solo uno ha risposto positivamente.

__________

Il secondo quesito “Che giudizio darebbe al tempo dedicato all’ascolto delle sue

problematiche?” (fig. 4), vuole esaminare un aspetto percettivo, legato alla qualità del

tempo impiegato dal personale che si è posto in ascolto dei pazienti.

Degli utenti con modello Primary Nursing 10 hanno risposto “ottimo”, 6 “buono”,

mentre di quelli con modello funzionale nessuno ha dato “ottimo”, 3 “buono”, 4

“discreto”, 2 “sufficiente” e 1 “insufficiente”.

figura 4

È fortemente auspicabile il modello sperimentato ad ottemperanza del D. Lgs. 29/1993 e

del Codice Deontologico(1a) venga applicato.

__________

Nel terzo quesito “L’infermiere ha discusso con lei delle possibili soluzioni relative al

suo stato di salute?” (fig. 5), si vuole analizzare un aspetto centrale del modello in

esame, dove, nel 3° assioma, si asserisce che il paziente deve essere protagonista della

pianificazione assistenziale insieme al suo Infermiere di Riferimento.

0

2

4

6

8

1010

6

0

3 4

2 1

UTE

NTI

MOD. PRIMARY NURSING MOD. FUNZIONALE

II QUESITO “CHE GIUDIZIO DAREBBE AL TEMPO DEDICATO ALL’ASCOLTO

DELLE SUE PROBLEMATICHE?”

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44

Nel modello Primary Nursing 11 pazienti hanno risposto “Sì”, 4 “No”, 1 non ha risposto;

nel modello comparato 4 ricoverati hanno risposto “Sì” e 6 “No”.

figura 5

E’ chiaro che, dei due gruppi, quello a maggior feedback positivo è certamente quello

__________

Da quest’ultima domanda “Che giudizio complessivo darebbe al trattamento

infermieristico avuto?” (fig. 6), si evince il grado di soddisfazione complessivo dei

pazienti, integrando e ampliando la risposta del secondo quesito. A questa domanda 11

pazienti hanno risposto “ottimo” e 5 “buono”, mentre gli utenti assistiti con il modello

funzionale rispondono con 1 “ottimo”, 6 “buono”, 1 “discreto” e 2 “sufficiente”.

0

2

4

6

8

10

12

risposte: SI risposte: NO nessunarisposta

risposte: SI risposte: NO

11

4

1

4

6

UTE

NTI

MOD. PRIMARY NURSING MOD. FUNZIONALE

III QUESITO “L’INFERMIERE HA DISCUSSO CON LEI DELLE POSSIBILI SOLUZIONI

RELATIVE AL SUO STATO DI SALUTE?”

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45

figura 6

Anche se in entrambi i gruppi il giudizio complessivo dato è più che positivo, è evidente

che gli utenti maggiormente soddisfatti si riscontrano nel gruppo Primary Nursing.

__________

3.2. LA SWOT ANALYSIS(17)

E’ un metodo che offre l’opportunità i analisi centrata su 4 punti di vista diversi e

contrastanti. Si basa, infatti, su una matrice divisa in quattro campi, e più precisamente:

- S (strenghts) forza

- W (weaknesses) debolezza

- O (opportunities) opportunità

- T (threats) minacce

La matrice si usa in gruppo e può venire applicata a qualsiasi soggetto, sia esso

un’azienda, un servizio/prodotto, un’iniziativa, un progetto.

0

2

4

6

8

10

12

ottimo buono ottimo buono discreto sufficiente

11

5

1

6

1 2

UTE

NTI

MOD. PRIMARY NURSING MOD. FUNZIONALE

IV QUESITO “CHE GIUDIZIO COMPLESSIVO DAREBBE

AL TRATTAMENTO INFERMIERISTICO AVUTO?”

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Solitamente si tende ad avere un solo punto di vista nello sviluppo di un progetto,

correndo il rischio di stroncare nuove idee e con queste l’intraprendenza nel caso in cui

fosse troppo pessimistico, mentre, al contrario, si rischia di avventurarsi in situazioni

critiche senza avere i giusti strumenti qualora fosse troppo ottimistico.

La SWOT analysis, invece, proprio perché basata su una matrice a 4 campi, è un modo

efficace di identificare i punti di forza e di debolezza, di esaminare le opportunità e le

minacce a cui far fronte, di focalizzare le attività nelle aree in cui si è forti e dove

risiedono maggiori opportunità, consentendo di rappresentare in modo visivo e razionale

l'influenza esercitata da diverse variabili del contesto ambientale sulla realizzazione del

progetto in questione.

3.2.1. LA SWOT ANALYSIS SUL PROGETTO DI IMPLEMENTAZIONE

DI UN MODELLO INFERMIERISTICO COME IL PRIMARY NURSING

Applicando questa analisi alla nostra ricerca emerge quanto segue:

PUNTI DI FORZA

Riprendendo i dati del paragrafo precedente, si può osservare che i pazienti con modello

Primary Nursing hanno un chiaro punto di riferimento nell’Infermiere Referente, cosa

che ovviamente non avviene nell’altro modello, nonostante l’assistenza erogata sia

considerata di buon livello, con un aumento del feedback positivo tra l’utente e il

professionista.

Siccome il modello porta ad un coinvolgimento e perciò alla valorizzazione del paziente,

ci si aspetta un aumento del feedback positivo tra l’utente e l’azienda: in ambito non

sanitario si potrebbe parlare di fidelizzazione.

Un aumento della gratificazione del professionista, che si vede in una posizione di

maggior rilievo, può comportare una riduzione dei costi del personale visto come minor

tasso d’assenteismo ed eventuali sostituzioni.

Ciò comporta un miglioramento del feedback tra gli operatori e l’azienda.

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Incrementando la comunicazione tra operatori, eliminando i passaggi intermedi, si riduce

il rischio di errore e si ottiene un miglioramento del feedback tra operatori.

La pianificazione, alla base di tale modello, crea un aumento della presa di coscienza

dell’importanza del ruolo infermieristico oltre le attività manuali, con maggior impulso

dell’attività intellettuale.

PUNTI DI DEBOLEZZA

Uno dei nodi nevralgici è la difficoltà di gestione dei turni, laddove sia necessario

intervenire al fine di garantire un equa distribuzione dei carichi e delle opportunità. In

particolare ogni minimo cambiamento, anche se positivo, viene vissuto con sospetto in

quanto va ad intaccare realtà consolidate, su cui gli operatori hanno ormai da tempo

costruito abitudini extralavorative.

Già in fase preliminare, durante la riunione informativa, si è potuto riscontrare che non

tutti i soggetti, almeno in apparenza, vogliono cambiamenti. La resistenza al

cambiamento, anche se simile alla precedente, di fatto si riferisce ad una sfera più ampia,

che sfiora tutti gli aspetti ambientali sia interni che esterni: il cambiamento è visto non

come la riduzione od annullamento di un privilegio, bensì come paura dell’ignoto, che

spesso ha minato processi virtuosi, salvaguardando situazioni avvilenti.

Bisogna riscontrare che, nelle strutture pubbliche persiste una lentezza e insensibilità

burocratica dettata dai tempi stessi tra un passaggio e l’altro e dai cavilli e limiti dettati

dall’amministrazione stessa. In un caso di assenza prolungata per gravi e documentati

motivi, normata dalla Legge 28/03/2000, n. 53, nell’unità operativa in esame, la

Coordinatrice si è vista negare la sostituzione richiesta in quanto la persona risultava

ancora in organico: la motivazione è stata che l’amministrazione non era intenzionata a

pagare per due figure assistenziali invece di una; il risultato è stato che la Medicina

Generale di Mede ha subito una riduzione di organico.

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48

OPPORTUNITA’

Dal confronto tra i modelli presi in esame, è fuori di ogni dubbio che quello sperimentato

dia un sicuro aumento della visibilità dell’Infermiere referente.

Ciò dovrebbe portare ad una miglior organizzazione del lavoro, vista come maggior

rispetto dei ruoli e nell’attribuzione delle attività al personale di supporto.

Privilegiando così l’aspetto intellettuale della professione, si vengono a creare le

condizioni per una pianificazione assistenziale mirata al singolo infermiere referente che

se ne assume la responsabilità.

Tale assunto, unito al coinvolgimento della persona nelle scelte assistenziali, richiama

inoltre al rispetto della normativa deontologica ed etica che vede il paziente

protagonista delle scelte assistenziali. Nell’art. 20 del Codice Deontologico

dell’Infermiere si cita: “L'infermiere ascolta, informa, coinvolge l’assistito e valuta con

lui i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito, e

facilitarlo nell’esprimere le proprie scelte.

Coinvolgendo il paziente, o chi per lui, nel proprio processo assistenziale, l’infermiere

contribuisce al miglioramento della tutela psico-fisica del soggetto rispettandone la

dignità come individuo, così come citato nell’art. 3 del succitato codice, dove si dichiara:

“La responsabilità dell'infermiere consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura

della persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità

dell'individuo”.

La gratificazione, conseguenza della maggior visibilità ed importanza data al

professionista dall’utente, può comportare un maggior stimolo alla formazione che

l’azienda deve mettere a disposizione del professionista e all’autoformazione sentita

dall’infermiere stesso come necessità al mantenimento delle proprie competenze (da

obbligo a strumento).

Nel già citato D.M. 739 del 14.09.1994, in merito al Profilo Professionale dell’Infermiere,

è chiaro il forte richiamo alla univoca responsabilità professionale. L’applicazione del

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Primary Nursing stimola e migliora la presa di responsabilità del singolo infermiere. Nei

modelli generalmente in uso in ambito assistenziale la responsabilità, chiara in caso

legale, viene sminuita o diluita dalla categoria stessa e, di conseguenza, anche dagli altri

operatori sanitari.

MINACCE

La minaccia più presente, perlomeno tra gli “organizzatori” del progetto, è certamente la

sfera delle convinzioni. Laddove non si monitora, anche con la presenza di un garante,

laddove il personale è poco motivato al cambiamento e non sussiste un’interazione

efficace, è forte il rischio del “ritorno” ad una situazione, magari difficile e poco

gratificante, ma consolidata, meno stressante.

La mancanza di un coordinatore leader, che agisca da “collante motivazionale”, che

infonda quotidianamente o quando sente che è necessario, nuovi stimoli al cambiamento,

può inficiare il processo o comunque limitarlo.

- Al riguardo, il rischio di fallimento è anche legato a figure intellettuali extraruolo. È

necessario un al riassetto dei ruoli, cioè il rispetto dei singoli ambiti: ancora una volta

viene chiamato in causa il coordinatore, che deve vedere il passaggio della visibilità dalla

sua figura all’infermiere non come una riduzione del suo status, bensì come

un’opportunità di crescita per tutto il comparto sanitario.

L’appoggio da parte dei vertici risulta essenziale per la buona riuscita di un

cambiamento. La sua mancanza può significare una grave carenza comunicativa ed una

insensibilità a migliorare lo standard assistenziale, a discapito del fruitore: il paziente.

Risulta pertanto evidente che non deve mai venir meno l’interazione tra i vertici e la base

con una figura ancora una volta basilare: il Coordinatore Infermieristico.

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TABELLA RIASSUNTIVA - S.W.O.T. ANALYSIS

S FORZA W DEBOLEZZA

I pazienti hanno un punto di

riferimento nell’Infermiere

Referente;

aumento del feedback

positivo tra l’utente e il

professionista;

aumento del feedback

positivo tra l’utente e

l’azienda;

riduzione dei costi del

personale;

miglioramento del feedback

tra gli operatori e l’azienda;

miglioramento del feedback

tra operatori;

aumento della presa di

coscienza dell’importanza del

ruolo infermieristico oltre le

attività manuali.

Difficoltà di gestione dei

turni;

non tutti i soggetti vogliono

cambiamenti

lentezza burocratica.

O OPPORTUNITA’ T MINACCE (RISCHI)

Aumento della visibilità

dell’Infermiere;

miglior organizzazione del

lavoro;

pianificazione assistenziale

mirata;

rispetto della normativa

deontologica che vede il

paziente protagonista delle

scelte assistenziali;

maggior stimolo alla

formazione e autoformazione;

miglioramento della presa di

responsabilità del singolo

infermiere;

assicurare la continuità delle

cure assistenziali;

miglioramento della tutela

psico-fisica del soggetto;

futuro miglioramento

economico;

le convinzioni;

mancanza di un coordinatore

leader;

mancanza di appoggio da

parte dei vertici;

figure intellettuali extraruolo.

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3.3. CONCLUSIONI

Di seguito è bene riportare le riflessioni che hanno dato vita all’idea del cambiamento

nell’Unità Operativa di Medicina Generale di Mede (PV):

- La certezza che l’infermieristica è una professione dalle molteplici potenzialità, in

grado di dare e dire ancora molto in ambito socio/sanitario.

- La garanzia che le debba essere lasciata, oggi più che mai, tutta l’autonomia di cui

necessita per garantire la piena responsabilità già sancita dalle norme.

- La costatazione che a tale responsabilità, purtroppo, non corrisponde un uguale

potere decisionale: potere di prendere decisioni in base alle proprie responsabilità,

quindi in modo consapevole.

- Il fatto che, troppo spesso, tale responsabilità di fatto non viene riconosciuta,

facendo insorgere un’incongruenza tra ciò che la legge dichiara (profilo) e ciò che

l’ambiente socio lavorativo pensa e permette al professionista, generadogli avvolte

una crisi di identità.

Da quanto detto sopra, viene naturale dedurre che “l’identità”, parola chiave in ambito

lavorativo e sociale, risulta fortemente compromessa insieme allo “status”, all’identità

strettamente legato. Ma lo “status” è fondamentale, perché è il valore riconosciuto dalla

collettività non al singolo, ma ad un’intera categoria!

Quindi, la domanda che ci si è posti ha una risposta semplice, ma uno sviluppo

complesso: “Cosa serve all’Infermiere per migliorare il suo status?”.

All’infermiere serve recuperare quella “identità” che hanno i professionisti di altri settori.

Un valido mezzo per raggiungere questo scopo è la Cartella Infermieristica, strumento

intellettuale di cui questa professione si è dotata che obbliga a in modo permanente le

attività svolte sul paziente, richiamando alla responsabilità di ciò che si dichiara.

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In oltre le pratiche infermieristiche si sono strutturate su linee guida sempre più specifiche

per standardizzare e successivamente personalizzare l’assistenza e si sono avvalse delle

Evidence Based Nursing per migliorare tali standard e rafforzare alcune performances.

Eppure ciò sembra non bastare; spesso è alta la percezione nel professionista infermiere,

di una scarsa considerazione non tanto da parte del singolo paziente, quanto della

collettività.

Va aggiunto a questo, la confusione di ruoli in ambito sanitario tra le diverse figure

sanitarie dovuta in massima parte alla mancanza di una cultura della collettività in questo

campo da imputare anche ad una “certa educazione sanitaria” che in Italia viene (troppo

spesso) fatta in TV da professionisti non sempre qualificati. A questa va aggiunta

l’influenza esercitata da serial TV americani dove per esempio la figura del “paramedic”

(esecutore di ordini medici) è stata maldestramente tradotta con “infermiere”. Non ultimo,

va sottolineato il proliferare di nuove figure professionali (OTA; OSS; ASA; OSSS ecc)

con ruoli dai labili confini che sfociano l’uno nell’altro generando parecchia confusione e

ambiguità.

Questa confusione dei ruoli ha contribuito a generare un altro paradosso: persone con

scarsa ambizione sono attratte dalla professione infermieristica convinte di entrare in un

qualcosa di limitato e poco autonomo fatto di ordini altrui, scarsa condivisione e senso di

responsabilità mentre, in realtà, è giustamente aumentata e continua ad aumentare la

complessità formativa (ad oggi laurea, masters, ecc..), che oltre a portare verso il

miglioramento della professionalità attrae intelletti, persone con l’ambizione di riuscire

nel mondo lavorativo in una professione con un enorme potenziale intellettuale come

quella infermieristica.

Erano gli anni settanta del secolo passato quando Marie Manthey denunciava un “difetto”

nel meccanismo sanitario e che ciò comportava la sofferenza di una categoria di operatori

sanitari che si proiettava sull’utente finale in termini di servizio approssimativo, legato al

compito e non alla persona.

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Di fatto, però, è proprio il modello per compiti ad essere il più applicato in Italia (pur

essendo riconosciuto da tempo come un “non-modello”).

L’infermiere, ad oggi, ha a disposizione molti strumenti (leggi, documentazione,

formazione, ecc.); manca un qualcosa che permetta di mettere in pratica tali ausili.

È ormai diffusa la certezza delle limitazioni che tale modello comporta:

- Contrasta con uno dei parametri dell’autonomia delle professioni intellettuali: la

gestione del proprio tempo in quanto “è importante che il professionista non sia

vincolato da un orario preciso in cui “deve” fare qualcosa”.

- Egli, per essere definito tale, deve avere a disposizione un determinato lasso di

tempo entro cui operare (il medico insegna..).

- Contrasta anche con un altro assioma: mentre per altre figure professionali la

compilazione della documentazione è fondamentale, in tale modello, esso è

relegato ad attività marginale, a “compito” da svolgere…

- Innesca un meccanismo di “esecuzione di compiti” che, nella sua forma, ricorda

una posizione subordinata (colui che esegue): il pensiero va all’abolito (?)

mansionario..

- Come se non bastasse, anche la generalizzazione va ad intaccare le basi

dell’identità della professione in discussione: escluse le professioni tecniche, che

entrano in un processo di ausilio o compendio alla diagnosi clinica, a quelle del

medico e del fisioterapista (le altre figure intellettuali che ragionano del paziente)

sono assegnati un certo numero di utenti in quanto è riconosciuto che

qualità/responsabilità sono inversamente proporzionali alla quantità..

Nel modello per compiti nato per esigenze “industriali” in cui si voleva, con la

frammentazione di attività (compiti) avere il controllo sulla produzione e sull’operaio,

non è previsto che l’infermiere possa avvalersi della responsabilità che gli compete,

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mettendolo nelle condizioni di offrire maggior qualità, su un numero limitato di

ricoverati: egli stesso è un numero in una moltitudine di cifre e dati.

Perciò, tale modello, va ad intaccare, in modo inequivocabile, il ruolo auspicato dalle

norme, in quanto relega l’infermiere in un meccanismo che lo limita e, spesso, gli

impedisce di esprimere le potenzialità della professione e di avere quella visibilità che

gioverebbe, per ultimo ma non ultimo, alla persona ricoverata.

Pur non potendo mettere sempre in pratica, l’infermiere, ad oggi, ha a disposizione molti

strumenti (leggi, documentazioni, formazione ecc) che incidono positivamente sulla

qualità del suo lavoro. Tra questi il Primary Nursing, sul quale è ricaduta la scelta della

Medicina Generale di Mede (PV) che rispetto al modello per compiti permette meglio di

esplicitare le potenzialità della professione.

Certamente il modello del Primary Nursing non è recente. E’ quasi paradossale che in

Italia la ricerca di un modello innovativo da applicare nel presente e decisamente

futuribile debba tornare indietro nel tempo per rifarsi a ciò che in altre zone dell’Europa è

già stato applicato da decenni (per esempio in Svizzera).

Dopo questo studio è mia ferma convinzione che questo modello, ormai datato, non sia la

soluzione come vorrebbe il titolo e come certi dati tendono a dimostrare, per “migliorare

lo status infermieristico”: a mio avviso è sì un valido strumento ma solo per stimolare il

professionista verso “l’assunzione o consapevolezza” di responsabilità.

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QUESTIONARIO DI CUSTOMER SATISFACTION*

U. O. DI MEDICINA GENERALE – OSPEDALE SAN MARTINO - MEDE

Età ____ Sesso ______ data: _________________________

Faccia una crocetta nella casella che più si avvicina al giudizio in merito all’esperienza da lei

vissuta in questa unità. Per ogni problematica chieda alla coordinatrice o sua referente.

Chi compila il questionario?

□ Il paziente □ Il parente ___________ □ Altro ________________________

Si ricorda il nome dell’Infermiere di Riferimento?

□ Si □ No

Che giudizio darebbe al tempo dedicato all’ascolto delle sue problematiche?

□ Ottimo □ Buono □ Discreto □ Sufficiente □ Insufficiente

L’infermiere ha discusso con lei delle possibili soluzioni relative il suo stato di

salute?

□ Sì □ No

Che giudizio complessivo darebbe del trattamento infermieristico avuto?

□ Ottimo □ Buono □ Discreto □ Sufficiente □ Insufficiente

Ha suggerimenti o commenti da fare per migliorare l’assistenza infermieristica?

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

____________________________________________________________________

*Tutti i dati in materia di privacy verranno trattati in base al D. lgs. 196/03

Grazie per la collaborazione

L’Unità Operativa di Medicina Generale

ALLEGATO A P.N.