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ORDINE DEI CHIMICI DELLA TOSCANA CORSO ANTINCENDIO – D.M. 25 marzo 1985 - Pisa, 7 febbraio – 30 maggio 2003 1 16 maggio 2003 Prof. Giorgio Valentini METODOLOGIE CHIMICHE DI CAMPIONAMENTO ED ANALISI INDICE 1. LA COSIDDETTA “INDAGINE INCENDIO” pag. 2 2. PRELIEVO DI CAMPIONI RAPPRESENTATIVI pag. 3 2.1. Scelta delle apparecchiature occorrenti pag. 4 2.2. Localizzazione dei punti di prelievo pag. 4 2.3. Conservazione dei campioni pag. 6 3. APPROCCIO ANALITICO PRIMARIO pag. 6 4. PROBLEMATICHE GENERALI pag. 7 4.1. CASO A: incendio in un Calzaturificio pag. 9 4.2. CASO B: incendio in un Maglificio pag. 14 4.3. CASO C: incendio in un Mobilificio pag. 17 4.4. CASO D: incendio in una ditta trasformatrice di carta pag. 20 5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE pag. 24

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116 maggio 2003 Prof. Giorgio Valentini

METODOLOGIE CHIMICHE DI CAMPIONAMENTO ED ANALISI

INDICE

1. LA COSIDDETTA “INDAGINE INCENDIO” pag. 2

2. PRELIEVO DI CAMPIONI RAPPRESENTATIVI pag. 3

2.1. Scelta delle apparecchiature occorrenti pag. 4

2.2. Localizzazione dei punti di prelievo pag. 4

2.3. Conservazione dei campioni pag. 6

3. APPROCCIO ANALITICO PRIMARIO pag. 6

4. PROBLEMATICHE GENERALI pag. 7

4.1. CASO A: incendio in un Calzaturificio pag. 9

4.2. CASO B: incendio in un Maglificio pag. 14

4.3. CASO C: incendio in un Mobilificio pag. 17

4.4. CASO D: incendio in una ditta trasformatrice di carta pag. 20

5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE pag. 24

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METODOLOGIE CHIMICHE DI CAMPIONAMENTO ED ANALISI

1. LA COSIDDETTA “INDAGINE INCENDIO”

Il sopralluogo rappresenta il punto di partenza di ogni attività investigativa dinatura tecnico-scientifica relativa ad un incendio e la fonte primaria per laraccolta di ogni elemento utile per la ricostruzione delle cause scatenanti.

Dal sopralluogo sulla scena, all’esame delle tracce, agli accertamenti dilaboratorio, il chimico concorre all’attività di indagine, diretta al fine diindividuare le cause dell’incendio.

La particolarità di questo campo è determinata non solo dalla generalenecessità di competenze interdisciplinari per individuare le cause del sinistro,ma anche dalle oggettive difficoltà tecniche connesse con la rilevazione dideterminati elementi di prova.

Il caso tipico, oltre ai classici approcci dell’indagine tecnico-impiantistica,che mirano ad individuare la presenza di uno o più punti di innesco e/o lapresenza di danneggiamenti di tipo particolare che possono derivaredall’uso di sostanze acceleranti, o dal verificarsi di scoppi o esplosioni, èquello in cui si richiedono competenze specialistiche di tipo chimico perl’individuazione di residui di sostanze estranee ricollegabili alla presenza ealla partecipazione di sostanze combustibili.

Lo scopo deve essere quello di ricavare elementi utili utilizzando, per questo,tutte le metodologie e le potenzialità offerte dalla moderna tecnologia.Così, nell’attività di sopralluogo, il chimico può disporre delle tecniche piùidonee per documentare ogni particolare della scena analizzata ed unconfronto in funzione di alcune chiavi primarie di ricerca.

Per quanto riguarda l’aspetto prettamente chimico per l’individuazionedegli elementi di unicità e di caratterizzazione, particolare attenzione deveessere riposta sul campionamento, che non ha sinora ricevuto l’attenzioneche merita.

D’altra parte, esasperare le prestazioni analitiche senza contempo-raneamente migliorare le prestazioni del campionamento non porta sensibilibenefici, anzi induce irragionevolmente elementi di pseudo-certezzaestremamente subdoli e negativi per l’accertamento della verità.

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Come tecniche di indagine analitica e strumentale vengono in genereimpiegate metodiche già largamente convalidate per la ricerca el’identificazione di sostanze eventualmente estranee al processo produttivoo all’attività in essere nei locali danneggiati.

Tali metodiche consentono quindi di rivelare eventuali anomalie chepossono ricondurre ad una origine dolosa dell’incendio.

2.PRELIEVO DI CAMPIONI RAPPRESENTATIVI

L’impiego e l’analisi dei risultati analitici richiede la tacita assunzione che leinformazioni provenienti da un campione possano riflettere fedelmente lamassa totale del materiale su cui è stata posta l’attenzione.

Tenuto conto che l’attendibilità dell’analisi non può prescindere dalprocesso con cui il campione è stato acquisito, con il terminecampionamento, che è spesso il passaggio più complesso dell’interoprocesso analitico, si intende descrivere l’insieme delle operazioni coinvoltenell’ottenimento di una sufficiente quantità di materiale rappresentativadella massa totale; qualora il materiale consista di solidi disomogenei,l’impresa di produrre un campione rappresentativo può risultareparticolarmente complessa.

Il progetto di campionamento rappresenta l’insieme dei parametri teorico-pratici che devono essere adottati al fine di ottenere una ricostruzioneplausibile dello sviluppo dell’incendio.

Sebbene sia spesso necessario scendere a compromessi tra progetto erealizzazione pratica, i criteri fondamentali ai quali deve rispondere ogniprogetto di campionamento sono:- la scelta delle apparecchiature per il prelievo;- la localizzazione dei punti di prelievo;- la conservazione dei campioni.

A questi accorgimenti deve essere affiancata anche la redazione di unverbale tecnico che, unitamente alla planimetria, descriva puntualmente ipunti di prelievo e tutte le informazioni tecniche utili per inquadrarecorrettamente il significato di ogni singolo campione, per la cuinumerazione viene in genere adottato un criterio sequenziale.

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Nell’ambito delle “indagini incendio” gli obiettivi di interesse sono:- le situazioni “anomale”, che forniscono elementi informativi sulle cause

dell’incendio;- le situazioni “regolari”, che documentano la normalità del caso in esame.

I campioni rappresentativi vanno prelevati in relazione alle due distintesituazioni suddette; tali procedure rendono possibile una ricostruzioneattendibile e dettagliata delle condizioni dei luoghi.

2.1. Scelta delle apparecchiature occorrenti

Nella scelta delle apparecchiature idonee per il prelievo, occorre tenerepresente la necessità di raccogliere una quantità di materiale tale dapermetterne poi, generalmente, la suddivisione in tre aliquote(campionamento in triplo) destinate rispettivamente:- all’analisi di parte;- all’analisi di controparte;- ad eventuali successivi accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria.

L’attrezzatura occorrente richiede pertanto:- un numero di buste di polietilene sufficientemente capienti per il

contenimento e l’omogeneizzazione di ogni campione da suddividere;- un numero sufficiente di barattoli in vetro (tipo “Bormioli” o altro) di

dimensione opportuna, per il contenimento delle tre aliquote dei varicampioni (sono sufficienti, di norma, barattoli da 250 cc, da riempirepossibilmente fino all’orlo);

- materiale per la raccolta e la movimentazione dei detriti (pala,cucchiaio, spatola,...);

- indumenti protettivi (tute, guanti,...).

2.2.Localizzazione dei punti di prelievo

I campioni possono essere selezionati essenzialmente in due modi:- con criteri probabilistici (campionamento a reticolo);- con scelta ragionata (campionamento mirato).

Il campionamento a reticolo prevede la suddivisione dell’area in un numerosufficiente di settori di campionamento e il prelievo dei campioni stessi neipunti nodali. Tali tecniche di campionamento hanno un fattore in comune:la casualità nella selezione delle unità che entrano a far parte dell’insiemeda osservare. Questa proprietà li qualifica come campioni casuali, oprobabilistici o statistici.

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Le tecniche di campionamento con scelta ragionata sono legateall’osservazione preliminare dei luoghi ed alla individuazione di eventualielementi particolari e riflettono nel bene e nel male l’orientamento di coluiche le esegue.

Sebbene l’individuazione dei punti di campionamento rappresentativi dellearee danneggiate possa essere effettuata secondo entrambi i criteri,attualmente, a livello di raccolta delle informazioni, il campionamentomirato è certamente da privilegiare in quanto consente di ottenere risultatipiù interessanti con un numero minore di campioni e, di conseguenza, conminori oneri analitici.

Con i campionamenti effettuati si intende, in genere, coprire un’arearappresentativa delle diverse situazioni presenti nei locali danneggiati conparticolare attenzione alle situazioni in cui l’insulto termico è stato notevoleche quindi, per certi aspetti, potrebbero essere indiziate come aree in cui vipossa essere presenza di sostanze ausiliarie per innescare e mantenere lacombustione.

È inoltre fondamentale l’individuazione dei punti di campionamento definiti“campioni di riferimento” (o “bianco”), indispensabili per accertare lapresenza o meno di determinate sostanze nei materiali naturalmentepresenti nei locali, in cui non vi sono elementi di particolare significato peripotizzare che la partecipazione all’incendio non sia avvenuta secondomodalità “naturali” (cioè come conseguenza della normale propagazione).

Tale operazione è necessaria in quanto il ritrovamento di certi componenti“potenzialmente estranei” rispetto alle sostanze chimiche che possanoessere presenti nei locali danneggiati, od a quelle che possano prodursi perdegradazione dai materiali presenti richiede necessariamente una serie diverifiche, soprattutto in termini di confronto con altre situazioni presenti nellastessa area.

Al fine di ottenere un attendibile criterio di paragone i campionamentivengono di norma eseguiti:- nei punti a minor livello termico raggiunto;- nei punti di mancata combustione.

In una seconda fase di processo, le risposte analitiche dei campioniprelevati sul luogo dell’incendio verranno messe a confronto con quelleottenute dai materiali presenti “naturalmente” sul luogo del sinistro.

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Questi materiali, se forniti come campioni integri, vengono sottoposti acombustione in laboratorio, in varie condizioni, per evidenziare le sostanzevolatili prodotte. In mancanza di campioni originali, le informazioni in meritopossono essere desunte da banche dati sui prodotti di combustione checontengono le informazioni relative ai materiali di più larga diffusionecommerciale.

2.3.Conservazione dei campioni

Nell’adozione di modalità di conservazione idonei, occorre tenere presenti iseguenti parametri:- impiego di contenitori a tenuta;- apposizione di eventuali sigilli sui contenitori recanti le firme del

responsabile del campionamento, della controparte e delle autoritàpresenti;

- conservazione del materiale a bassa temperatura fino al momentodell’analisi chimica.

3.APPROCCIO ANALITICO PRIMARIO

L’analisi chimica prende tipicamente l’avvio dalla ricerca di sostanzeinfiammabili, o di residui delle stesse.

Il campionamento dei residui della combustione, o dei materiali esposti aifumi della combustione, finalizzato alla ricerca di sostanze infiammabili,deve avvenire per quanto possibile nell’immediatezza dell’evento.

Le sostanze che possiedono le maggiori caratteristiche diagnostiche, cioèquelle che permettono di individuare con maggior “grado di confidenza” iltipo e la natura dell’infiammabile eventualmente usato, sono sostanzevolatili, che tendono cioè ad evaporare con una certa facilità.

A livello generale possiamo assumere che la concentrazione di tali sostanzenei residui della combustione, già ridottissima, tende inevitabilmente a ridursiprogressivamente nel tempo, raggiungendo già dopo pochi giorni valori talida non poter essere più rilevati, nemmeno con le più sensibili tecnichestrumentali.

Altre componenti meno volatili, presenti in materiali infiammabili quali lebenzine o i solventi industriali, permangono sicuramente per tempi maggiori,ma la loro rivelabilità è, già in partenza, decisamente minore per cui la loroutilizzabilità per fini probatori è già in via teorica assai limitata. In queste

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circostanze si deve eventualmente ricorrere a procedure di preventivoarricchimento dei campioni e successive complesse determinazioni basatesulla tecnica gas-cromatografica/spettrometria di massa.

In definitiva, la non rivelabilità di componenti volatili infiammabili incampioni prelevati a distanza di tempo dall’incendio, non costituisce provacerta circa la non presenza di infiammabili sul luogo dell’incendio.

Vero è invece il contrario, e cioè che la rilevazione di detti componentiinfiammabili, anche a concentrazioni minime, costituisce prova certadell’esistenza di tali sostanze nell’ambiente sinistrato e costituisce, diconseguenza, prova certa dell’origine dolosa dell’incendio in tutti i casi incui le stesse siano logicamente estranee al processo o all’attività che sisvolge nei locali oggetto del sinistro.

Alla luce di quanto appena esposto, la raccolta dei campioni in contenitoriermetici subito dopo l'incendio costituisce un requisito fondamentale pergarantire la conservazione delle eventuali tracce dell’infiammabile.

4.PROBLEMATICHE GENERALI

La ricerca di sostanze combustibili (o di residui di combustione) in materialirisultanti da un incendio costituisce generalmente un problema analitico dinon facile soluzione. Infatti, come è logico, le sostanze infiammabilisubiscono con estrema facilità processi di combustione che portano allaloro trasformazione pressoché completa in prodotti di combustione totale(anidride carbonica ed acqua).

Questi prodotti non sono riconducibili in via esclusiva a materialeinfiammabile, ma si originano dall’ossidazione completa di qualunquesostanza combustibile a base organica.

La natura gassosa e le caratteristiche ubiquitarie di tali composti rendono laloro determinazione analitica, peraltro complessa, del tutto inutile per risalireall’eventuale presenza di sostanze infiammabili nei materiali.

Ciò spiega come l’indagine si presenti particolarmente complessa, per nondire talvolta tecnicamente impossibile, in tutti quei casi in cui l’azione dellefiamme sia stata talmente devastante da lasciare solo residui dicombustione completa (ceneri). In questi casi infatti la distruzione dellesostanze infiammabili è praticamente totale.

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Casi meno sfavorevoli, in questa ipotesi, sono costituiti dalla presenza dimateriali dotati di elevata porosità dove le sostanze infiammabili possonorimanere adsorbite. In queste condizioni è possibile talvolta che, almeno inparte, le sostanze infiammabili possano conservare proprietà strutturali ecaratteristiche chimiche.

Coerentemente con queste considerazioni, ai fini di un campionamentomirato e produttivo, deve quindi essere individuata la zona in cui si èsviluppato l’incendio analizzando, ove possibile, i danni riportati sullestrutture murarie, sulla pavimentazione e sulle strutture in vetro ed i segnidella combustione lasciati sull’intonaco.

Situazione in parte più favorevole è costituita dai casi in cui l’incendio nonrivesta caratteristiche distruttive complete. In queste condizioni le sostanzeinfiammabili possono essere individuate con tecniche analitiche specifichein quanto sono presenti:- residui delle sostanze infiammabili originarie;- residui dei prodotti di combustione incompleta delle sostanze

infiammabili.

Le analisi vengono comunque limitate al numero minimo di campioniritenuto sufficiente per una caratterizzazione della situazione al fine diaccertare l’eventuale presenza di sostanze infiammabili estranee all’attività.

Successivamente si estendono a tutta una serie di elementi collaterali chepossono permettere ulteriori conferme e certezze.

L’esecuzione di rilievi fotografici relativi ai singoli punti di prelievo permettedi effettuare importanti correlazioni tra gli esiti analitici e gli effetti localidell’incendio.

Di seguito sono riportate situazioni reali in cui emerge l’incidenza deglielementi raccolti in sede di sopralluogo ai fini dei criteri di campionamentoadottati. Nel corso delle prossime lezioni, gli stessi “case study” verrannoriesaminati al fine di valutare l’approccio chimico nella ricerca delle causedell’incendio ed i metodi analitici correlati.

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4.1.CASO A: incendio in un Calzaturificio

Informazioni generaliCome è noto, la normale attività di un calzaturificio si caratterizza per lapresenza di una grande varietà di sostanze infiammabili costituite dasolventi e diluenti (prevalentemente utilizzati per la pulizia dei macchinari eper la diluizione dei mastici).

Elementi emersi in occasione dei sopralluoghiIn seguito all’incendio ed in occasione del primo sopralluogo effettuatopresso il Calzaturificio fu presa visione degli effetti dell’incendio stesso che, inalcune parti del locale aveva avuto caratteristiche decisamentedevastanti, mentre altre zone erano state interessate solo in maniera minoredall’evento termico. Gli effetti delle fiamme si erano manifestati non solo suimateriali combustibili presenti nei locali, ma anche sui macchinari edestesamente sulle strutture murarie dell’edificio.

Un elemento che apparve immediatamente decisivo per la ricostruzionedella evoluzione dell’incendio fu fornito dall’osservazione delle condizioni diconservazione delle superfici vetrate dello stabilimento, documentata dairilievi fotografici (Foto A1): tutti i vetri in parola, di tipo armato/retinato,presentavano diffuse lesioni strutturali ed evidenti incrinature.

Foto A1: Superfici vetrate dellostabilimento.

In particolare risultò significatival’osservazione delle vetrate relative allucernario a V rovescia ubicato al colmodelle falde che compongono la coperturadel capannone nell’area denominata conla lettera A (Planimetria A1).

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Planimetria A1: Planimetria del Calzaturificio.

Nella porzione di lucernario più vicina al portone di ingresso (zona A, latosinistro) si poteva rilevare un danneggiamento più consistente, con distaccoparziale o totale del vetro per più finestre (Foto A2), rispetto a quello che siaveva sul lato destro.

Foto A2: Effetti dellefiamme sulle superficivetrate.

Ciò portava a dedurre che tale situazione derivava da una erosione atemperature particolarmente elevate, almeno in raffronto a quelle cuierano state sottoposte le altre finestre dello stesso tipo poste alla stessaquota rispetto al piano di lavoro. Coerentemente con questaconsiderazione fu possibile dedurre che, in corrispondenza di tale posizione

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dovevano trovarsi materiali combustibili dotati di un elevato carico diincendio ed aventi caratteristiche tali per cui la loro combustione potevaprodurre uno sviluppo di calore di notevole intensità anche a quoteconsiderevoli (stimate in circa 6 metri).

Nella zona C, l’insulto termico, aveva interessato in misura devastante, oltreai macchinari e alle merci, anche la copertura, che era crollata pressochécompletamente (Foto A3).

Foto A3: Effetti dell’incendionella Zona C.

La propagazione delle fiamme in questa area era compatibile con uno“sfogo” dell’incendio originatosi nella Zona A.D’altra parte (Foto A4), le evidenze relative alla Zona A erano tutteunivocamente ed esclusivamente compatibili con la combustione di unasostanza facilmente infiammabile che aveva prodotto fiamme di notevoleintensità, altezza e calore e prive di residui carboniosi in condizioni termichetali da produrre gli effetti rilevati (sfiammatura incolore sulla parete, rotturadei vetri del lucernario, innesco di un incendio di vaste proporzioni,...).

Foto A4: Effetti rilevati.

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Tale zona dell’ambiente di lavoro fu quindi considerata, in prima ipotesi,come la zona in cui si era sviluppato l’incendio, dal momento che i danniriportati sulle strutture in vetro risultavano come ragio-nevole conseguenzadi una esplosione in seguito all’insulto termico per tempi maggiori rispettoad altre zone a pari quota.

La possibilità che l’evento fosse stato causato da un fulmine, seppureapparentemente compatibile con i danni rilevati sul lucernario sopra ilpunto di innesco, non risultò plausibile, stante il fatto che la “ruzzola”principalmente devastata dalle fiamme, che al momento dell’incendiorisultava “fuori uso”, tra i tanti materiali metallici presenti nel locale esicuramente collegati a terra, risultava scientificamente uno dei punti discarica più sfavorevoli.

Inoltre, la zona individuata come zona di innesco era priva di linee elettrichefisse, né furono rilevate tracce di linee elettriche “volanti”, confermandol’impossibilità che la causa dell’incendio fosse derivata da un inconvenienteelettrico.

Anche l’ipotesi del possibile accidente causato dal “classico” mozzicone disigaretta non apparve razionalmente congruente con i lunghi tempiintercorsi tra la cessazione dell’attività e la manifestazione delle fiamme.

Al contrario, e non solo come conseguenza di un processo logico “peresclusione”, le evidenze tecniche raccolte concordavano nel definire chel’evento termico avrebbe potuto essersi originato da:- un fenomeno di autocombustione della polvere della “ruzzola”, che

aveva lavorato fino alla sera precedente, a seguito di contatto tra utensilimetallici o carta abrasiva con parti metalliche presenti nei materiali inlavorazione;

- un innesco deliberato di materiale altamente infiammabile presente neilocali;

- un innesco deliberato di materiale altamente infiammabile estraneo alprocesso produttivo.

Scelte operative di campionamentoNel corso dei sopralluoghi furono esaminate in maniera minuziosa, dopouna laboriosa operazione di smassamento manuale dei materiali piùingombranti, le zone più interessanti ai fini di un campionamento mirato,ovvero:- la “ruzzola” operativa, che presentava danni da calore principalmente

sulla parte alta dell’apparecchiatura con residui di materiale incombusto;

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- la “ruzzola” dismessa, che presentava danni consistenti già alla base dellastruttura portante e che era andata completamente distrutta dall’eventotermico;

- la regione più vicina alla parete, in prossimità della “ruzzola” dismessa,che presentava evidenti sfiammature.

Particolare attenzione fu inoltre rivolta ai fusti contenente materialealtamente infiammabile naturalmente in uso nei locali danneggiati.

Relativamente alla possibilità di innesco a seguito di surriscaldamento dipolvere della “ruzzola” operativa, fu prelevato un campione residuato ditale polvere, con particolare interesse rivolto alla parte interna della massa,ovvero quella non coinvolta in fenomeni di carbonizzazione superficiale.

In linea di principio, le polveri provenienti esclusivamente dalla levigaturasono polveri a granulometria fine, che si impaccano fortemente, lasciandopoca aria tra una particella e l’altra; di conseguenza, la combustione di talimateriali fini risulta decisamente meno facile di quella degli stessi materiali informa più grossolana.

Sulla base delle evidenze sperimentali raccolte fu possibile concludere chela combustione delle polveri della ruzzola risultava un fenomeno altamenteimprobabile, almeno al livello di poter produrre una quantità di calore taleda indurre una propagazione delle fiamme ad altri materiali combustibili.

Nel corso dei successivi sopralluoghi furono prelevati ulteriori campioniall’interno del capannone, concisamente cosi descrivibili:- campione di adesivo prelevato da un fusto quasi intatto da impiegare

per valutarne l’infiammabilità oltre che le caratteristiche di fiamma;- campioni di residui di combustione in prossimità della ruzzola “fuori uso” al

fine di rilevare la presenza di residui della combustione dell’infiammabilee del relativo contenitore.

Campioni di riferimentoIn occasione dei sopralluoghi furono inoltre prelevati, con criterio statistico,anche vari campioni di materiali residuati dall’incendio con particolareattenzione rivolta a quelli giacenti sul piazzale esterno del calzaturificio aseguito delle operazioni di smassamento relativamente ai materialicontenuti nel locale contrassegnato con la lettera A al fine di poter disporredi un campione abbastanza rappresentativo della qualità dei materialipresenti nel locale al termine dell’incendio.

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Conclusioni preliminariSulla base delle evidenze raccolte sono stati prelevati, con criterio mirato,campioni residuati dall’incendio, con particolare attenzione rivolta:- ai residui di combustione in prossimità della “ruzzola” dismessa;- alle sostanze infiammabili presenti nei locali al momento dell’incendio;- ai fusti contenenti i diluenti ed i solventi in uso nel Calzaturificio.

4.2.CASO B: incendio in un Maglificio

Informazioni generaliLa normale attività di un Maglificio si caratterizza per la presenza di unagrande varietà di tessuti potenzialmente infiammabili.

Elementi emersi in occasione dei sopralluoghiNonostante al momento del sopralluogo fossero trascorsi quasi tre anni dalladata dell’incendio, i luoghi si erano mantenuti in condizioni pressochéinalterate in ragione delle seguenti circostanze:- il locale era stato tenuto sotto sequestro giudiziario;- l’opera di “smassamento” delle merci combustibili, effettuata da parte

dei Vigili del Fuoco, non era stata particolarmente estesa ed avevacoinvolto principalmente le merci non esposte direttamente alle fiamme;

- nonostante l’incendio avesse prodotto ingenti danni alle strutture murarie,la copertura dei locali aveva retto, sì da evitare una esposizione deiresidui dell’incendio alle intemperie.

Tali circostanze permisero una ricostruzione abbastanza dettagliata edattendibile delle condizioni dei luoghi.

I danni dell’incendio (Planimetria B1) rilevabili dall’esterno dell’attività,risultavano abbastanza contenuti e si limitavano alla rottura, da esposizionea calore, di alcuni vetri ed a fenomeni di annerimento piuttosto localizzati.

L’interno dei locali presentava condizioni molto disomogenee relativamenteai danni prodotti dall’incendio; in particolare i danni maggiori erano tutticoncentrati nella zona che, osservando la planimetria schematica deilocali, è ubicata sul lato sinistro.

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Planimetria B1: Planimetria dei locali danneggiati.

Qui si riscontravano infatti danni soffittatura, mentre nelle altre pprodotto come effetto principale la

L’osservazione dei danni alla soffisignificato perché evidentementeincendio (esposizione a temperatu

Il sopralluogo permise di rilevare cdel magazzino più nascosta risstabilimento. L’area interessata presentava limitatissime caratterisparticolarmente sfavorevoli sia perfiamme.

Prelievo

campioni

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consistenti alle strutture murarie ed allaarti dei locali l’insulto termico aveva deposizione di nerofumo.

ttatura dei locali assunse un particolare correlabile con un maggior carico di

re più elevate).

he l’incendio si era sviluppato nella zonapetto alla strada che fiancheggia loper prima allo sviluppo dell’incendio

tiche di ventilazione e quindi condizioni l’innesco, che per la propagazione delle

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Foto B1: Segni della combustionesull’intonaco.

Risultò ragionevole dedurre che lezone di innesco fossero statealmeno due, distanti circa 10 metril’una dall’altra, così comeindicavano i danni riportati dallestrutture murarie ed i segni dellacombustione rimasti sull’intonaco(Foto B1).

L’origine elettrica dell’incendio fuesclusa in base alle seguenticonsiderazioni:- nelle zone dell’innesco le lineeelettriche correvano ad altezzaconsiderevole (circa 3 metri) concalate per le utenze fino all’altezzadi circa 1.2 metri dal suolo; i residuidella combustione dimostravanoinvece che le fiamme erano partite

molto dal basso, quasi a contatto con il pavimento;- l’ipotesi del cortocircuito non era compatibile con l’osservazione di

almeno due zone distinte di innesco;- i conduttori elettrici risultavano essere stati preservati in buona parte dalle

fiamme, mentre erano andate completamente distrutte le canalette e lescatole di derivazione (questo fenomeno si osserva abitualmente quandole linee elettriche sono investite da una fonte di calore esterna e noninterna, come nel caso del cortocircuito).

Scelte operative di campionamentoDal momento che risultava del tutto ragionevole ipotizzare un’originedolosa dell’incendio, un primo screening analitico fu indirizzato verso unaricerca di tipo puramente qualitativo della presenza di sostanze infiammabilieventualmente estranee al processo produttivo (Foto B2).

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Foto B2: Individuazione dei punti diprelievo.

In corrispondenza di quantoosservato furono prelevate tipologiedi campioni corrispondentisostanzialmente a due categorie dimateriali:- residui di combustione- tessuti più o meno interessati dalfenomeno di combustione.

I primi risultavano i campioni più utiliai fini dell’indagine, mentre gli altripotevano essere utilizzati in termini diverifica (“bianco”).

Conclusioni preliminariSulla base delle evidenze raccolte sono stati prelevati, con criterio mirato,residui di combustione e tessuti variamente coinvolti dalle fiamme.

4.3.CASO C: incendio in un Mobilificio

Informazioni generaliLa normale attività di un Mobilificio si caratterizza per la presenza di unacerta varietà di sostanze infiammabili costituite da diluenti(prevalentemente utilizzati per le operazioni di laccatura) e solventi diprodotti vernicianti, in particolare acetone.

Elementi emersi in occasione dei sopralluoghiIn occasione di un primo sopralluogo fu presa visione dei luoghiconstatando che, per gli effetti causati dall’incendio, la quantità di residui edetriti presenti nei locali danneggiati era di entità tale da renderepraticamente impossibile l’esame dei luoghi stessi se non addirittura, peralcune zone, il semplice accesso.

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Le attività tecniche, oltre a riguardare l’esame dei luoghi, furono indirizzateverso la ricerca di eventuali elementi che potessero far risalire alle causedell’incendio in via tecnica ed analitica.

Furono raccolte evidenze circa la zona del reparto dove ragionevolmente siera sviluppato l’incendio. Tale zona risultava individuabile in una porzioneristretta del locale magazzino dove l’insulto termico era risultatoparticolarmente violento (Foto C1).

Foto C1: Effetti delle fiamme.

Secondo la ricostruzione proposta,da tale zona le fiamme si eranopropagate rapidamente ed inmodo violento seguendo le lineecostituite dai materiali in deposito(Foto C2).

Tale propagazione dell’incendio risultava plausibile anche considerando lanatura e la combustibilità dei materiali presenti al momento dell’incendio.

Foto C2: Individuazione del puntodi innesco.

Minore era stata invece lapropagazione nella direzioneopposta, principalmente perl’esistenza di una porta taglia-fuoco che separavaefficacemente i locali della zonaverniciatura.

Altri elementi di sicuro interesse ai fini delle indagini furono costituiti dalladeterminazione che tale punto costituisse l’unica zona di innesco primario eche la propagazione delle fiamme, seppure indubbiamente agevolatadalle modeste quantità di sostanze infiammabili presenti in tale punto, nonera stata verosimilmente agevolata in maniera dolosa in altre zone dellocale.

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Scelte operative di campionamentoAi fini del campionamento la zona maggiormente interessata all’incendio fusuddivisa formalmente in 7 settori.

Foto C3: Prove di innesco.

Nel corso di un sopralluogofurono pure eseguite provedi innesco di materiali diversideposito (Foto C3) simu-lando condizioni di cortocircuito e furono effettuaticampionamenti al fine diindividuare residui disostanze infiammabili neiresti dell’incendio.

Campioni di riferimentoParticolare attenzione fu rivolta (Foto C4) ai materiali residuati dall’incendioe giacenti sul pavimento del locale, in quanto potevano, meglio di altri,avere conservato tracce di eventuali sostanze infiammabili e loro residui dicombustione.

Foto C4: Materiali residuatidall’incendio.

Conclusioni preliminariSulla base delle evidenze raccolte è stata adottata una metodologia“mirata” con campionamento statistico anche nelle zone limitrofe.

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4.4.CASO D: incendio in una ditta trasformatrice di carta

Informazioni generaliLa normale attività di una ditta trasformatrice di carta si caratterizza per lapresenza di materiale cartaceo altamente infiammabile e di macchinarialimentati a benzina o comunque a distillati del petrolio.

Elementi emersi in occasione dei sopralluoghiIn seguito al primo sopralluogo fu possibile osservare che il violento incendio,sviluppatosi nelle prime ore dell’alba, aveva avuto effetti decisamentedevastanti (Foto D1).

Foto D1: Effetti dell’incendio.

Le testimonianze dei lavoratoripresenti nel capannone almomento della prima rivelazionedelle fiamme indicarono unapropagazione eccezionalmenterapida a partire da un’area(locale deposito bobine) in cuinon vi potevano essere fonti diinnesco costituite da parti di

impianto sotto tensione (assenza di illuminazione), o di altra naturacompatibile con l’impiantistica della zona. In aggiunta, per le caratteristichedell’attività e dell’impiantistica, l’ipotesi dell’origine accidentaledell’incendio apparve immediatamente difficilmente giustificabile.

Scelte operative di campionamentoCon i tre campionamenti (Foto D2) effettuati nel corso del primo sopralluogofurono prelevati materiali in particolare provenienti dall’area stoccaggiobobine; tuttavia, a causa dell’intervento dei Vigili del Fuoco, gran parte delmateriale a diverso livello di combustione, presente nella zona dove eranostati eseguiti i campioni, era stato opportunamente smassato all’esterno, inmaniera da rendere più efficace l’azione di spegnimento.

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Foto D2: Localizzazione deipunti di prelievo.

Era quindi possibile che iprelievi effettuati nell’areaavessero una rappresentativitàlimitata rispetto ai materiali cheerano presenti al momentodell’incendio.

Campioni di riferimentoFinalizzati ad un confronto diretto, furono inoltre acquisiti, con criteriostatistico, anche campioni di residui della combustione prelevati in zonediverse dall’ambiente interessato dall’incendio in corrispondenza di aree incui in cui l’azione termica si era sviluppata in tempi e con modalità diverse,andando a coprire un’area rappresentativa delle diverse situazioni presentinei locali danneggiati.

Dalle indagini preliminari effettuate fu possibile ricavare che nell’area distoccaggio delle bobine, in corrispondenza del punto da cui i testimoniavevano affermato essersi per prime levate le fiamme, erano presentiresidui di idrocarburi aromatici volatili facenti parte di una miscelacommerciale e non compatibili con una formazione avvenuta in situ adopera di processi degradativi di materiali combustibili.

Rispetto alla composizione della benzina, la miscela di tali sostanzepresentava una parziale compatibilità, tanto da far ritenere più probabileuna sua provenienza da un “taglio” più leggero: la ricerca dei componentitipici e caratteristici della benzina, utilizzabili per una identificazione univocadel prodotto stesso, condotta secondo i protocolli utilizzati in ambitoforense, aveva dato esito solo parzialmente positivo, per cui gli elementiraccolti attraverso le prime indagini svolte non permisero di concludereunivocamente circa la presenza di Benzina per Autotrazione sul luogodell’incendio.

Dal momento che l’ipotesi che le sostanze volatili rilevate provenissero dallanaturale combustione dei materiali presenti presso l’attività danneggiataera comunque in aperto contrasto con le caratteristiche dei composti

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rilevati e con la loro distribuzione relativa, fu ritenuta ragionevole laricostruzione che individuava l’origine di dette sostanze in una miscela disolventi infiammabili (benzina o altro) presente in aree prossime a quelledove erano stati ritrovati i componenti più volatili della stessa, che si eranopropagati a seguito di parziale evaporazione.

La possibilità che tali sostanze derivassero da una contaminazione deimateriali combusti avvenuta “dopo” l’incendio, per esposizione ad ariainquinata dai gas di scarico di motori a combustione interna, contrastavacon l’evidenza che le sostanze idrocarburiche erano state rilevate in modopreponderante in un campione ed in quantità solo minime negli altri due.

Inoltre i campioni prelevati erano stati quelli a più diretto contatto con ilpavimento, raggiunti eliminando gli strati più superficiali esposti ad eventualicontaminazioni esterne.

In ragione di tali accertamenti analitici e tenendo presente che l’immobiledanneggiato risultava ancora sotto sequestro giudiziario, risultòparticolarmente utile, ai fini dell’indagine, effettuare ulterioricampionamenti, con particolare attenzione rivolta al materiale combustorimosso dall’area dell’innesco (Foto D3) e alla pavimentazione in cementoche, per la sua naturale porosità, aveva certamente conservato traccia dieventuali sostanze infiammabili e che, in alcuni punti, mostrava di aversubito un insulto termico particolarmente severo.

Foto D3: Localizzazione dei puntidi campionamento.

Per supportare l’ipotesi che lesostanze volatili rilevate nonprovenissero dalla naturalecombustione dei materialipresenti presso l’attivitàdanneggiata, furono inoltreeffettuate specifiche verifiche intal senso, sfruttando l’opportunità

di eseguire prove di combustione su materiali corrispondenti (per fornitore ecaratteristiche merceologiche) a quelli che si trovavano nei localidanneggiati al momento in cui si erano sviluppate le fiamme.

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Precisamente furono sottoposti a combustione, per essere in un secondomomento analizzati:- una serie di bobine di carta tissue del tipo di quelli che erano presenti nel

magazzino materie prime della Cartiera (Foto D4)- una confezione di fazzoletti “compact”, dello stesso tipo di quelli che,

presso la ditta sinistrata, erano ubicati nell’area di deposito del prodottofinito (Foto D5).

Foto D4: Prove di combustione.

Foto D5: Prove di combustione.

Conclusioni preliminariSulla base delle evidenze raccolte sono stati prelevati, con criterio mirato,campioni residuati dall’incendio, con particolare attenzione rivolta ai residuidi combustione provenienti dall’area stoccaggio bobine.

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5.CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

E’ ragionevole ipotizzare, in prima analisi, che di fronte ad un localedanneggiato da un incendio, avente caratteristiche completamentesconosciute, il campionamento a giudizio dell’operatore non offra risultatipratici sensibilmente migliori di un campionamento effettuato secondocriteri probabilistici.

Tuttavia, man mano che si accumulano le conoscenze, il campionamentomirato è in grado di utilizzarle in modo molto più efficace ed incisivo.

Chiunque sia impegnato continuativamente nel settore trova in genere utileavvalersi di un archivio, costruito con dati propri o altrui, in cui vengonodelineate le caratteristiche di campionamento di vari materiali residuati daun incendio.

I suggerimenti riportati in questa nota non sono in nessun modo esaurienti ditutti i problemi di un settore così vasto e complesso; è però auspicabile chepossano stimolare ulteriori approfondimenti.

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