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Memoria e fonti nella storia contemporanea nella storia contemporanea

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Memoria e fonti nella storia contemporanea nella storia contemporanea

• Nel mondo antico la storia non è che la memoria messa per iscritto. Lo storico è il testimone o colui che può risalire alla memoria dei testimoni più vicini ai fatti (tanto più la testimonianza è antica, tanto più è ritenuta veritiera).

• Erodoto, autore dei nove volumi di Storie sulle guerra persiane, è il primo storico a superare la narrazione mitologica e a definire dal punto di vista metodologico la “ricerca storica”. La sua scelta di narrare avvenimenti non troppo lontani nel tempo gli consente di raccogliere più facilmente informazioni e verificarne l'attendibilità. Il suo metodo è l’autopsia, nel informazioni e verificarne l'attendibilità. Il suo metodo è l’autopsia, nel significato originale del termine greco, usato dallo stesso Erodoto, di “vedere con i propri occhi”: per questo egli ha molto viaggiato, visitando i siti, raccogliendo oracoli, consultando gli archivi dei templi e le iscrizioni. Il più delle volte, però, deve fondarsi su notizie indirette, che possono essere inverosimili o discordanti tra loro. In tal caso egli riporta le diverse versioni e interviene spesso a valutare i dati e a esprimere il proprio giudizio, esercitando così una prima, elementare forma di critica storica.

• Nella modernità si fa strada sempre più chiaramente la consapevolezza che il sapere storico non è fondato sulla semplice testimonianza o memoria dei fatti. La presenza dello storico-testimone non è più considerata una garanzia di veridicità (anzi, spesso è il contrario).

• Nessun testimone della contemporaneità, nemmeno il più • Nessun testimone della contemporaneità, nemmeno il più attento e smaliziato, è pienamente consapevole della portata storica degli eventi che sta vivendo (nessuno avrebbe potuto scrivere, nell’agosto 1914: «è iniziata la prima guerra mondiale»)

• Il distacco temporale è sempre necessario per poter formulare un giudizio storico.

• Lo storico non è e non deve essere necessariamente un testimone dei fatti, ma un loro interprete critico; non è un “memorialista”, ma ricostruisce fatti storici di cui spesso non possiede ricordi ed esperienze personali.

• La storiografia inizia laddove finisce la testimonianza.• La storiografia si fonda sulla testimonianza e sulla • La storiografia si fonda sulla testimonianza e sulla

memoria, ma non si identifica mai con esse.

• La molteplicità delle memorie tramandate non coincide con la storia, ma è oggetto del lavoro storiografico.

La memoria individuale e la memoria collettiva sono sempre inaffidabili per lo storico

• La memoria umana è sempre selettiva; l’oblio di ciò che è stato selezionato alimenta e rafforza la memoria di ciò che è stato registrato.

• Ogni memoria umana è necessariamente egocentrica: ossia è organizzata intorno all’io (se individuale) o al noi (se collettiva). collettiva).

• Pertanto ogni memoria ingloba (e seleziona) anche una parte della memoria delle generazioni precedentiattraverso il racconto (o la storia), modellando la propria memoria sulla base di quei dati.

• La memoria cerca sempre di addurre prove, ma queste valgono solo per quanti abbiano già riconosciuto la verità della testimonianza e siano chiamati a convalidarla.

La differenza fra la memoria e la storia:«in un certo senso la memoria rifiuta la morte

e la storia la accetta» (A. Rossi Doria)

Memoria

1. La memoria vuole ricordare2. La memoria è calda3. La memoria è immediata4. La memoria è fragile

Storia

1. La storia vuole ricostruire2. La storia è fredda3. La storia è mediata4. La storia è solida4. La memoria è fragile

5. La memoria è autoreferenziale e stereotipata

6. La memoria è oggetto della storia

7. La memoria è assoluta e pretende di incarnare la verità dell’esperienza

4. La storia è solida5. La storia è verificata sulle

fonti6. La storia può essere parte

della memoria7. La storia è relativa e

soggetta al pluralismo delle interpretazioni

Memoria e storia contemporanea

• La questione si complica ulteriormente nel caso della storia contemporanea: la sua vicinanza cronologica al presente la espone al diretto giudizio e controllo dei protagonisti (viventi o discendenti) dei fatti storici.

• La memoria è un “ponte” verso la conoscenza storica, • La memoria è un “ponte” verso la conoscenza storica, ma può diventare anche una “barriera” (C. Pavone).

• Memoria e storia contemporanea rischiano dunque di sovrapporsi e, per gli storici contemporaneisti, risulta talvolta difficile distinguere i due piani.

• Primo Levi, uno dei pochi sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwtz e autore di libri come Se questo è un uomo e La tregua, testi fondamentali per comprendere la realtà dei campi di sterminio nazisti, non ha mai voluto essere qualificato come storico, ma come semplice testimone della Shoah.

• I sommersi e i salvati: «La memoria è uno strumento meraviglioso però fallace: è uno spazio di battaglie, verità, bugie».

• Naturalmente lo storico contemporaneista si trova a ricostruire • Naturalmente lo storico contemporaneista si trova a ricostruire fatti storici che spesso ha vissuto e di cui trattiene memoria personale. Storici italiani contemporaneisti, come Claudio Pavone, hanno partecipato personalmente alla Resistenza tra il 1943 e il 1945 ed hanno in più occasioni parlato – da testimoni – della loro esperienza. Come storici si sono invece posti su un piano diverso, esaminando una pluralità di fonti e di testimonianze cercando di essere condizionati il meno possibile dalla loro esperienza personale.

• Il rischio della storia contemporanea è quello di rimanere soggiogata da un «gigantismo della memoria» che inibisce il lavoro storiografico: «al passato non si chiede ragione, critica, ma modalità di identificazione» (M. Salvati) .

• L’ipertrofia memoriale rischia cioè di imporre una • L’ipertrofia memoriale rischia cioè di imporre una storia contemporanea “memorializzata”, «una contemporaneità cumulativa, addizionale, ma in contrasto con i presupposti dell’esperienza storiografica» (M. Moretti).

Valore storico della memoria

• Tuttavia il recupero e la considerazione della memoria sono un passaggio obbligato verso lo studio e la conoscenza della storia contemporanea.

• Il senso della memoria sostiene l’interesse verso la storia, mentre la crescente insensibilità memorialistica per il passato produce specularmente la scomparsa del senso passato produce specularmente la scomparsa del senso storico.

• La memoria rimane una premessa della storia in quanto educa a sentire “presente il passato” e costruisce l’identità storica, personale e comunitaria.

• In particolare la storia novecentesca – oggetto del nostro corso – oggi è ancora in parte recuperabile attraverso la memoria.

Funzione civile e funzione politica della memoria

• La memoria novecentesca è spesso memoria di tragedie ed è solennizzata da specifiche ricorrenze civili (ad es.: “giornata della memoria”, “giornata del ricordo”). Il loro obiettivo è quello di non far dimenticare il “passato che non passa” e che “non deve passare” (funzione pedagogica): cioè ravvivare la memoria civile di un passato che ha segnato tragicamente la storia dell’umanità o anche soltanto di una singola comunità nazionale.soltanto di una singola comunità nazionale.

• Ma le memorie, proprio perché individualmente e collettivamente soggettive, sono spesso “divise” e conflittuali. La cosiddetta “memoria condivisa” è una contraddizione in termini.

• Fondare la storia contemporanea soltanto sulla memoria significa dunque rinunciare alla comprensione, allargare il divario fra la sensibilità soggettiva e il senso oggettivo dell’esperienza storica.

L’uso pubblico della storia

• Secondo la definizione dello storico Nicola Gallerano (1994): «tutto ciò che si svolge fuori dei luoghi deputati della ricerca scientifica in senso stretto, della Storia degli storici, che è invece scritta di norma per gli addetti ai lavori e un segmento molto ristretto del pubblico. All’uso pubblico della Storia appartengono non solo i mezzi di comunicazione di massa, ciascuno per giunta con una sua specificità comunicazione di massa, ciascuno per giunta con una sua specificità (giornalismo, radio, tv, cinema, teatro, fotografia, pubblicità ecc.), ma anche le arti e la letteratura; luoghi come la scuola, i musei storici, i monumenti e gli spazi urbani ecc.; e infine istituzioni formalizzate o no (associazioni culturali, partiti, gruppi religiosi, etnici e culturali ecc.) che con obiettivi più o meno dichiaratamente partigiani si impegnano a promuovere una lettura del passato polemica nei confronti del senso comune storico-storiografico».

• La storia a uso e consumo dei non specialisti:-intenti pedagogici più o meno espliciti (costruire consenso, veicolare valori ritenuti decisivi nel presente);-finalità ludiche (storia come storytelling, oggetto di consumo e bene redditizio);di consumo e bene redditizio);-coinvolge direttamente memoria, identità individuali e collettive;-priorità politiche o ideologiche o di mercato, in ogni caso estrinseche rispetto alla logica della ricerca storica in senso stretto.

Storiografia e uso pubblico della storia

• La storia degli storici di professione è dunque altra cosa da quella dei romanzi, della radio, delle trasmissioni televisive, dei film, del web, dei fumetti, dei giornali e anche da quella della scuola o delle commemorazioni ufficiali, dei musei storici, dei commemorazioni ufficiali, dei musei storici, dei monumenti che “istituzionalizzano” alcuni risultati storiografici ritenuti essenziali per rafforzare l’identità collettiva facendoli diventare “memoria pubblica”.

• Fuori dai libri di storia degli storici di professione c’è “molta storia” e questo ricchissimo flusso di comunicazioni dirette o indirette sul passato, diversamente dai testi storiografici che non raggiungono un vasto pubblico, raggiunge e fa presa su un pubblico vastissimo, plasmando in profondità convinzioni, mentalità, visioni del passato(“democratizza” dunque la storia).

• Oggi si sono modificate le caratteristiche di molti “agenti di • Oggi si sono modificate le caratteristiche di molti “agenti di storia”e soprattutto si sono trasformati i reciproci rapporti di forza fra la storia accademica e non accademica: il sapere storico che circola oggi nella nostra società è sempre meno veicolato dagli storici di professione ed è sempre più appannaggio dei media e del mercato.

Una nuova comunicazione storica: la public history

• Questa esorbitanza mette in gioco la responsabilità comunicativa degli storici di professione, la cui presenza nel dibattito pubblico può giocare un ruolo importante nella costruzione della visione del passato e del mondo presente.della visione del passato e del mondo presente.

• La public history è il tentativo degli storici di professione di riappropriarsi scientificamente dell’uso pubblico della storia (si veda, con l’avvento del digitale, l’esempio del canale televisivo RAI Storia).

Le fonti storiche

• Ciò che differenzia la storia dalla memoria è la ricerca, lo studio e la ricostruzione del passato attraverso le fonti storiche.

• Le fonti costituiscono il fondamento metodologico del lavoro storiografico:- il documento «è tutto ciò che porta in sé traccia dello spirito e della mano umana» (K. G. Droysen);- il documento «è tutto ciò che porta in sé traccia dello spirito e della mano umana» (K. G. Droysen);- la fonte si definisce solo in rapporto alle conoscenze storiche estrapolate dal documento.

• Secondo la definizione dello storico tedesco Leopold von Ranke, lo storico si avvale delle fonti per ricostruire e interpretare «le cose come sono veramente accadute»: ha il compito di fornire ricostruzioni oggettive degli avvenimenti e deve astenersi dalle distorsioni interpretative (frutto dei condizionamenti religiosi, politici e filosofici).

Fonti, bibliografia, archivi

• Fonti primarie: documenti archivistici e a stampa.• Fonti secondarie: la bibliografia (tutto ciò che è stato

scritto su un certo problema storico). • Bibliografia primaria: libri frutto di un lavoro di ricerca

diretta sui documenti (es.: una monografia originale su un problema storico particolare).problema storico particolare).

• Bibliografia secondaria: libri scritti lavorando su altri libri (es.: un manuale o una sintesi interpretativa).

• Archivio: luogo di conservazione delle fonti documentarie.– Archivi pubblici (ma purtroppo non sempre aperti al pubblico!)

statali, comunali o di enti pubblici;– Archivi privati (spesso confluiti in archivi pubblici) archivi di

grandi famiglie (spesso nobili) o di aziende.

La memoria come fonte storica

• Fonti memorialistiche:1) le tradizionali memorie dei protagonisti;2) il “luogo della memoria”. Questo concetto storiografico, elaborato dallo storico francese Pierre Nora a metà degli anni Ottanta (1984), indica uno spazio fisico e mentale che si caratterizza per essere costituito da elementi materiali o caratterizza per essere costituito da elementi materiali o puramente simbolici, dove un gruppo, una comunità o un’intera società riconosce se stessa e la propria storia mediante un forte aggancio con la memoria collettiva. Può essere un museo, un archivio, un monumento, un anniversario, certi territori e località segnati da eventi significativi, ma anche miti, pagine letterarie, personaggi, date;3) le testimonianze e le interviste orali “costruite” direttamente dallo storico e utili per orientarne l’approccio.

Le fonti non documentarie

• La rivista Annales d’histoire économique et sociale, fondata da Marc Bloch e Lucien Febvre (1929), portò avanti un radicale rinnovamento delle discipline storiche, superando la definizione di fonte avanzata dai tedeschi, rimasti rigidamente ancorati al rigore del metodo filologico (all’utilizzo delle sole testimonianze convenzionali, come epigrafi, monete, diplomi, documenti di carattere ufficiale). In ambito francese, maturò invece la capacità di reperire e interrogare anche altre tracce del passato, per studiare non solo l’uomo (e non solo le grandi personalità), ma anche i quadri non solo l’uomo (e non solo le grandi personalità), ma anche i quadri mentali collettivi delle diverse epoche, o i fattori naturali e ambientali caratteristici delle società storiche, con la consapevolezza che periodizzare significa interpretare, e che lo studio dei momenti di cesura tra un’epoca e l’altra non deve oscurare gli elementi di continuità tra passato e presente (F. Braudel).

• Il disprezzo delle Annales per l’impostazione evenemenziale della storia contemporanea si esprime proprio nel disprezzo delle sue fonti tradizionali e nella preferenza per quelle fluide e non codificabili, orali, fotografiche.

• «Questo cambiamento – lo stesso che permette di passare dalla fede alla ricerca, cambiamento fondamentale nella storia della storiografia – farà sì che la ricerca, progressivamente, si affermi sotto gli auspici della ragione, che in una continua ricerca della verità metterà in questione persino la stessa tradizione […] di conseguenza lo studio ricerca della verità metterà in questione persino la stessa tradizione […] di conseguenza lo studio critico di documenti e monumenti non genera un racconto di avvenimenti, ma valutazione critica di tali documenti e monumenti, che è cosa completamente diversa» [J. Lozano, Il discorso storico, 1991].

Le fonti della storia contemporanea

• La storia contemporanea, diversamente da quella medievale e moderna, è direttamente investita dal fenomeno dell’inflazione delle tracce documentarie. Documenti, articoli, discorsi, diari, carteggi, atti amministrativi si moltiplicano di pari passo con la democratizzazione della vita pubblica.democratizzazione della vita pubblica.

• Così la storia contemporanea è la disciplina storica che più necessita delle fonti documentarie per difendere la propria autonomia metodologica dalle scorciatoie della memoria, delle “narrazioni” e della modellistica delle scienze sociali, che talvolta creano l’illusione di poter affrontare la ricostruzione storica senza sporcarsi le mani con i documenti.

• Nella storia contemporanea le fonti documentarie sono al tempo stesso 1) necessarie ma 2) difficili da padroneggiare:

1) tanto più necessarie perché consentono di verificare l’abbondanza di fonti non documentarie (memorialistiche), anche se spesso la consultabilità degli archivi risulta subordinata a specifici limiti temporali.

2) la loro accumulazione produce una vera e propria 2) la loro accumulazione produce una vera e propria “ridondanza delle fonti”. Charles Seignobos, Storia politica dell’Europa contemporanea, 1897: «l’abbondanza schiacciante delle fonti [rende] materialmente impossibile scrivere una storia contemporanea dell’Europa conformemente ai principi della critica».

• Non esiste dunque storia contemporanea senza fonti, ma neanche la storia contemporanea si riduce a una mera opera di consultazione e di assemblaggio delle fonti.

• «“Carta canta”, si dice per sottolineare una sorta di forza “oggettiva” del documento; anche se, si dovrebbe aggiungere, da sola spesso “stona”, nel senso che la carta ha valore solo se immessa in un “coro” di altre carte, diretto da un più o meno sensibile in un “coro” di altre carte, diretto da un più o meno sensibile direttore d’orchestra, lo storico, cui spetta il difficile compito di amalgamare i suoni trasformandoli in interpretazione coerente e sensata» (F. Cammarano, Documenti e fonti della storia politica europea 1815-1968).

• Dalla conoscenza dei fatti mediata dalle fonti, lo storico deve infatti procedere all’interpretazione e alla narrazione storiografica.

• Ogni volume di storia ha alle spalle un’enorme quantità di “materiale grezzo” che lo storico deve “lavorare” per trasformarlo in una coerente narrazione storica.

• È pertanto possibile che uno studente non entri mai in contatto con una di queste fonti documentarie che spesso, quando presenti all’interno dei manuali, sono ridotte a semplice apparato esornativo dei testi scolastici. semplice apparato esornativo dei testi scolastici.

• Esistono invece delle antologie, pensate per affiancare i manuali di storia contemporanea, che mettono al centro del percorso narrativo proprio i documenti, molti dei quali poco conosciuti, per restituire la voce ai protagonisti e quindi permettere ai lettori di confrontarsi con testi e linguaggi non ancora filtrati dal “senso” storiografico.