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Venerdì 4 Marzo 2005

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INAUGURAZIONE DELL' INTER-HADRIATICUM Giulianova sede del centro di studi internazionali

Si svolgera' lunedi' 7 marzo, a partire dalle ore 10.00, nella sede universitaria di Giulianova (Palazzo Gualandi), la giornata inaugurale del Centro Internazionale di Studi Inter-Hadriaticum, promosso dall'Universita' degli Studi di Teramo con lo scopo di incoraggiare, in una societa' multietnica, multiculturale e multireligiosa, la reciproca conoscenza delle rispettive identita'. Dopo i saluti del ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, del sindaco di Giulianova Claudio Ruffini, del presidente della Provincia di Teramo Ernino D'Agostino e del prefetto di Teramo Francesco Camerino, sara' il rettore dell'Universita' di Teramo, Luciano Russi, a presentare il Centro studi Inter-Hadriaticum. Eugenio La Rosa, prefetto di Rimini, Vincenzo D'Addario, vescovo della diocesi di Teramo-Atri e Giovanna Mancini, dell'Universita' di Teramo, presenteranno rispettivamente la sezione giuridica, interculturale e accademica del Centro. Momento centrale della giornata sara' la relazione sul tema "L'Adriatico nel Mediterraneo" tenuta dallo scrittore croato Predrag Matvejevic. Nel corso della giornata sono previsti numerosi interventi e testimonianze di autorita' civili, Rettori e rappresentanti di Universita' italiane e straniere (fra cui Spalato, Banya Luka, Zara e Budapest), rappresentanze religiose cattoliche, ebree, protestanti, islamiche e ortodosse dei Paesi frontalieri, della Comunita' di Sant'Egidio e del Pontificio Consiglio per il dialogo ecumenico.

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Venerdì 4 Marzo 2005

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"I campi di concentramento in Abruzzo" Se ne parlerà il 9 marzo nella facoltà di Scienze Politiche

L’Università degli Studi di Teramo - Facoltà di Scienze Politiche, la Provincia di Teramo, la Cooperativa Arkè presenta il catalogo: I campi di concentramento in Abruzzo: 1940-1944, che si terrà il girono 9 marzo 2005 dalle ore 16,00 presso l’Aula Lauree della facoltà di Scienze Politiche – Università degli Studi di Teramo, Coste Sant’Agostino. Il catalogo è nato in seguito alla realizzazione di una mostra storico-documentaria sui campi di concentramento in Abruzzo, ricostruendo così, una

vicenda di cui fino a qualche tempo fa si era persa ogni memoria. Infatti sebbene l'esistenza di campi di concentramento in Italia durante la seconda guerra mondiale fosse conosciuta, i pochi studi erano limitati ai più grandi ed importanti tra essi. Viceversa, era quasi completamente ignorata la fitta rete di campi di concentramento e località di internamento che punteggiava le regioni adriatiche e meridionali, luoghi da cui, non di rado, cominciò la deportazione verso i campi di sterminio europei. In Abruzzo fra il 1940 e il 1944 furono attivi 15 campi di concentramento e circa 60 località di internamento libero. Per essi passarono migliaia di cittadini di nazioni straniere, prigionieri politici, zingari ed ebrei molti dei quali furono deportati da fascisti e nazisti nei campi di sterminio. Nel 2004 è stato prodotto e stampato dalla Cooperativa Arkè il catalogo, utilizzando, principalmente documenti d'archivio, fotografie d'epoca e materiali eterogenei provenienti da collezioni private e in parte documenti diversi per rendere più complesso – ma allo stesso tempo più chiaro – il discorso iniziato con la mostra. Queste iniziative hanno avuto sin dall’inizio l’appoggio incondizionato del Direttore del Dipartimento di Storia e Critica della Politica, Prof. Filippo Mazzonis, che ha sostenuto e indirizzato la ricerca, fornendoci utili consigli. Abbiamo ritenuto importante dedicare questo lavoro alla Sua memoria. Per l’occasione la Provincia di Teramo, riconoscendo il catalogo come valido strumento didattico e come ulteriore elemento per continuare a non dimenticare, coglie l’opportunità per donare una copia omaggio a tutte le scuole del territorio provinciale.

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DALL’ABRUZZO UN CENTRO DI STUDI PER IL DIALOGO CULTURALE, GIURIDICO E RELIGIOSO FRA I PAESI DELL’ADRIATICO

Si svolgerà lunedì 7 marzo, a partire dalle ore 10.00, nella sede universitaria di Giulianova (Palazzo Gualandi), la giornata inaugurale del Centro Internazionale di

Studi Inter-Hadriaticum, promosso dall’Università degli Studi di Teramo con lo scopo di incoraggiare, in una società multietnica, multiculturale e multireligiosa, la reciproca conoscenza delle rispettive identità. Dopo i saluti del ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, del sindaco di Giulianova Claudio Ruffini, del presidente della Provincia di Teramo Ernino D’Agostino e del prefetto di Teramo Francesco Camerino, sarà il rettore dell’Università di Teramo, Luciano Russi, a presentare il Centro studi Inter-Hadriaticum. Eugenio La Rosa, prefetto di Rimini, Vincenzo D’Addario, vescovo della diocesi di Teramo-Atri e Giovanna Mancini, dell’Università di Teramo, presenteranno rispettivamente la sezione giuridica, interculturale e accademica del Centro. Momento centrale della giornata sarà la relazione sul tema “L’Adriatico nel Mediterraneo” tenuta dallo scrittore croato Predrag Matvejevic che, nato nel 1932 in Bosnia Erzegovina, dopo la caduta del Muro, ha abbandonato la Jugoslavia per vivere tra «asilo ed esilio», opponendosi ai nuovi regimi instauratisi in alcuni Paesi dell’Est. Matvejevic ha vinto nel 1999 il Premio Internazionale Silone per la saggistica con il libro Il Mediterraneo e l’Europa in cui tratteggia una prospettiva di Europa aperta. Nel corso della giornata sono previsti numerosi interventi e testimonianze di autorità civili, Rettori e rappresentanti di Università italiane e straniere (fra cui Spalato, Banya Luka, Zara e Budapest), rappresentanze religiose cattoliche, ebree, protestanti, islamiche e ortodosse dei Paesi frontalieri, della Comunità di Sant’Egidio e del Pontificio Consiglio per il dialogo ecumenico. L’Università degli Studi di Teramo ha sempre attribuito particolare attenzione ai rapporti con le Università dei Paesi frontalieri dell’Adriatico, per i legami storici, le matrici culturali e le comuni attività scientifiche. È in quest’ottica che ha promosso il Centro Internazionale di Studi Inter-Hadriaticum, un laboratorio che, sulla base di riflessioni su valori e modelli culturali differenti, possa intessere un dialogo tra le diversità. Una vocazione che le regioni frontaliere dell’Adriatico hanno nella propria storia e nella propria geografia: da un lato l’Italia, e soprattutto l’Abruzzo costiero, dall’altro la Croazia, ponte verso il mondo slavo, ortodosso ed islamico. Il Centro, con sede a Giulianova, è composto da Università italiane, da quelle frontaliere del mar Adriatico, del vicino Oriente e del Mediterraneo e da quelle Pontificie Lateranense e Angelicum. Le attività saranno supportate da un Comitato costituito dai rappresentanti dell’Unione Europea, dei Ministeri delle Politiche comunitarie, delle Politiche sociali e dell’immigrazione, dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dell’Interno, della Fondazione dell’Università degli Studi di Teramo, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Teramo, della Diocesi di Teramo-Atri, del Comune di Giulianova, della Provincia di Teramo, della Regione Abruzzo e della Fondazione Tercas. Il Centro di Studi si articola in una sezione accademica, per lo studio delle culture giuridiche; una sezione interculturale, per il dialogo internazionale sui modelli dell’identità umana nelle diverse tradizioni culturali, religiose, filosofiche; una sezione giuridica che affronterà le problematiche del dialogo interreligioso con i governi, le istituzioni e la società.

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UN CENTRO DI STUDI PER IL DIALOGO CULTURALE, GIURIDICO E RELIGIOSO FRA I PAESI DELL’ADRIATICO

Si svolgerà lunedì 7 marzo, a partire dalle ore 10.00, nella sede universitaria di Giulianova (Palazzo Gualandi), la giornata inaugurale del Centro Internazionale di Studi Inter-Hadriaticum, promosso dall’Università degli Studi di Teramo con lo scopo di incoraggiare, in una società multietnica, multiculturale e multireligiosa, la reciproca conoscenza delle rispettive identità. Dopo i saluti del ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, del sindaco di Giulianova Claudio Ruffini, del presidente della Provincia di Teramo Ernino D’Agostino e del prefetto di Teramo Francesco Camerino, sarà il rettore dell’Università di Teramo, Luciano Russi, a presentare il Centro studi Inter-Hadriaticum. Eugenio La Rosa, prefetto di Rimini, Vincenzo D’Addario, vescovo della diocesi di Teramo-Atri e Giovanna Mancini, dell’Università di Teramo, presenteranno rispettivamente la sezione giuridica, interculturale e accademica del Centro. Momento centrale della giornata sarà la relazione sul tema “L’Adriatico nel Mediterraneo” tenuta dallo scrittore croato Predrag Matvejevic che, nato nel 1932 in Bosnia Erzegovina, dopo la caduta del Muro, ha abbandonato la Jugoslavia per vivere tra «asilo ed esilio», opponendosi ai nuovi regimi instauratisi in alcuni Paesi dell’Est. Matvejevic ha vinto nel 1999 il Premio Internazionale Silone per la saggistica con il libro Il Mediterraneo e l’Europa in cui tratteggia una prospettiva di Europa aperta. Nel corso della giornata sono previsti numerosi interventi e testimonianze di autorità civili, Rettori e rappresentanti di Università italiane e straniere (fra cui Spalato, Banya Luka, Zara e Budapest), rappresentanze religiose cattoliche, ebree, protestanti, islamiche e ortodosse dei Paesi frontalieri, della Comunità di Sant’Egidio e del Pontificio Consiglio per il dialogo ecumenico. L’Università degli Studi di Teramo ha sempre attribuito particolare attenzione ai rapporti con le Università dei Paesi frontalieri dell’Adriatico, per i legami storici, le matrici culturali e le comuni attività scientifiche. È in quest’ottica che ha promosso il Centro Internazionale di Studi Inter-Hadriaticum, un laboratorio che, sulla base di riflessioni su valori e modelli culturali differenti, possa intessere un dialogo tra le diversità. Una vocazione che le regioni frontaliere dell’Adriatico hanno nella propria storia e nella propria geografia: da un lato l’Italia, e soprattutto l’Abruzzo costiero, dall’altro la Croazia, ponte verso il mondo slavo, ortodosso ed islamico. Il Centro, con sede a Giulianova, è composto da Università italiane, da quelle frontaliere del mar Adriatico, del vicino Oriente e del Mediterraneo e da quelle Pontificie Lateranense e Angelicum. Le attività saranno supportate da un Comitato costituito dai rappresentanti dell’Unione Europea, dei Ministeri delle Politiche comunitarie, delle Politiche sociali e dell’immigrazione, dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dell’Interno, della Fondazione dell’Università degli Studi di Teramo, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Teramo, della Diocesi di Teramo-Atri, del Comune di Giulianova, della Provincia di Teramo, della Regione Abruzzo e della Fondazione Tercas. Il Centro di Studi si articola in una sezione accademica, per lo studio delle culture giuridiche; una sezione interculturale, per il dialogo internazionale sui modelli dell’identità umana nelle diverse tradizioni culturali, religiose, filosofiche; una sezione giuridica che affronterà le problematiche del dialogo interreligioso con i governi, le istituzioni e la società.

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Il fascino di una collezione A Mantova a Palazzo Te un'esposizione ricostruisce la raccolta del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, segretario di Stato di Papa Benedetto XIV, che fu rappresentata in un celebre quadro di Giovanni Paolo Pannini. Un viaggio reale e immaginario nelle opere d'arte Mantova - Mantova era la sua città natale e Mantova ricostruisce la collezione del cardinale Silvio Valenti Gonzaga (1690 -1753), segretario di Stato di Papa Benedetto XIV, diplomatico e protettore delle arti, con una mostra che prende le mosse da un famoso dipinto di Giovanni Paolo Pannini che raffigura la sua raccolta. Quadro spettacolare per le dimensioni, quasi due metri per 2,67, eseguito nel 1749, prestato per l'esposizione dal Wadsworth Athenaum Musem di Hartford. Vi sono raffigurati 220 dipinti - ne sono stati identificati una settantina - di una collezione che era ricca di oltre 800 pezzi. L'esposizione, curata da Raffaella Morselli e Rossella Vodret, è dunque un'affascinante esplorazione del quadro e della collezione, fra stimoli ed enigmi. Per esempio la copia della Madonna della Seggiola di Raffaello, a figura intera, che viene presentata al cardinale al centro del quadro, probabilmente è una invenzione perché il dipinto di Raffaello è a metà figura e la copia non risulta nel catalogo 1756 della collezione fatto proprio dal Pannini. In mostra sono una sessantina di dipinti, con disegni e libri: il cardinale aveva anche una celebre collezione di disegni e stampe (fra cui uno dei rari cartoni di Michelangelo sull'epifania della Vergine). Facciamo allora questa esplorazione con Rossella Vodret, che ha avuto l'idea della mostra, neo soprintendente per il patrimonio artistico e storico di Roma e Lazio. Per voi la "Galleria" dipinta da Pannini è il quadro più importante del mondo, ma qual è il giudizio artistico? È un capolavoro?

Assolutamente sì ed è quasi un unicum nella pittura italiana. Non ci sono altri esempi di collezioni raffigurate in un dipinto con queste caratteristiche. È un genere nato nel Cinquecento con i fiamminghi che dipingevano le cose come erano, con modestia architettonica, e che prese piede in Europa. In Italia l'esempio del cardinale non fece moda. Ma è un capolavoro per la qualità della pittura, la grandiosità, la qualità di ritrattista, per fare alcune considerazioni. Presentate il quadro come un dipinto dalle molteplici chiavi di lettura. Il "manifesto" di una vita, in bilico fra finzione e realtà. Pannini ha fuso realtà e fantasia. Reali sono i quadri anche se non presentati in quella maniera. La Villa Paolina del cardinale aveva poche stanze per la presentazione delle opere più importanti. La grande maggioranza era ammassata. Fantastica è la monumentalità architettonica, vagamente ispirata alla Galleria Colonna per le due colonne. Forse il cardinale sognava una galleria proprio di quel tipo. Manifesto di una vita perché Valenti Gonzaga si fa raffigurare come persona e con gli amici, gli artisti, gli scienziati con cui "in cenacolo" a Villa Paolina discuteva, litigava. Con accanto il pittore preferito Pietro Navarro; il Pannini che raffigura se stesso; il nano a cui era affezionatissimo, Giambattista Mamo, il più famoso d'Italia per la ridottissima statura; il nipote Luigi, il fisico Wood, il matematico La Seur. Questa è una mostra che si valuta nel suo complesso perché punta a ricomporre un complesso. Ma anche in questa mostra non tutti i dipinti hanno un peso uguale. Quali sono i quadri più importanti? Intanto abbiamo ricostruito la personalità del cardinale che è una personalità di peso internazionale. Quanto alle opere, per la prima volta accanto al quadro di Pannini ci sono il bozzetto, arrivato dal

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Museo di Belle Arti di Marsiglia, e la variante, di dimensioni molto più ridotte, dal Patrimonio Nacional di Madrid, dall'Escorial. Per la prima volta viene cosi documentato il processo creativo. L'allegoria della Fede di Paolo Veronese: una delle opere ritratte, ma era scomparsa ed è stata ritrovata in una collezione privata milanese. Poi due dipinti mai visti perché sono usciti da due collezioni private italiane. Da Bologna, il ritratto del cardinale, opera di Giuseppe Maria Montesanti. Da Trento, il ritratto del nipote Luigi, dello stesso autore. Dalla Pinacoteca Capitolina il ritratto del cardinale, di Pierre Subleyras. Dal Museo di Roma di Palazzo Braschi, il doppio ritratto, di Benedetto XIV e del cardinale, ancora di Pannini. E poi i 34 dipinti della collezione fatti uscire dai depositi di Palazzo Barberini e sui quali la mostra vuole portare l'attenzione degli studiosi. Tutti non esposti tranne uno, Bacco e un bevitore di Bartolomeo Manfredi, importante perché dimostra l'attenzione del cardinale per un caravaggesco quando a metà Settecento i caravaggeschi erano out. Rinunce dolorose, rifiuti? Non abbiamo avuto nessuno dei dipinti arrivati al re di Danimarca dopo le due vendite di molti dipinti della collezione, nel 1763 ad Amsterdam. Oggi sono nel "Museum fuer Kunst" di Copenaghen. Ci sono L'Annunciazione di Agostino Masucci, il San Matteo di Perin del Vaga. Il capolavoro del Perugino La Sacra Famiglia, il tondo che si nota sul fondo del quadro di Pannini. La grande pala del Garofalo, Santa Margherita. Il famoso Ritratto di Lorenzo Cybo del Parmigianino di cui scrive anche il Vasari. Mancano i dipinti finiti nei musei del Nord Europa attraverso un mercante olandese che in una sola vendita acquistò ben 40 quadri Valenti Gonzaga. La presentazione al tempio di Pietro Testa finita a San Pietroburgo, all'Ermitage (uno dei prezzi più alti pagati all'asta olandese). Come L'Annunciazione su rame, di Lanfranco. Madonna con santi del Tiziano finita a Stoccolma. Da Varsavia, almeno, è arrivata la bellissima Cacciata dal Paradiso di Pier Francesco Mola. C'è ancora molto da approfondire della collezione? Certo. La mostra non è un punto di arrivo, ma di partenza. Per esempio solleva il problema delle copie-non copie, uno dei nodi più importanti. Il cardinale Valenti Gonzaga voleva una collezione di storia dell'arte illustrata. Di tutte le scuole italiane aveva le opere più importanti. Quando poteva gli originali, ma non disdegnava le copie, come della Gioconda, una copia francese di bassa qualità (in deposito a Montecitorio). D'altra parte dobbiamo smetterla con la tradizione ottocentesca, romantica, per la quale esistono solo gli originali. Dai testi del Seicento e Settecento si scopre che le copie erano opere pregevolissime, poco meno dell'originale, di autori di grandissima levatura, Tiziano per Raffaello, Manfredi per Caravaggio. Gli originali venivano tenuti ben stretti perché se venivano copiati "si sverginavano". Esattamente così. Perdevano di valore. E naturalmente questo innescava un sistema di corruzione di servitori per poter cavare le copie. Le domande più interessanti sulla Valenti Gonzaga vengono da dipinti finora considerati copie. E quindi confinati nei depositi di Palazzo Barberini. Da più di 110 anni. Per la prima volta, in questa mostra, ne vengono presentati 34. Le domande si basano sull'alta qualità di alcuni dipinti, sulle varianti rispetto a quelli che vengono considerati gli originali e sugli antichi inventari. Fra i pochi casi che qui possiamo citare, è una delle due opere predilette da cui il cardinale non si separava mai, neppure in viaggio: la Maddalena che legge, copia da Correggio, inedita e che la mostra presenta per la prima volta al pubblico. Il piccolo rame è copia di una famosa opera di Correggio ritenuta perduta. Nel catalogo del 1756 aveva il "numero 1" e la valutazione più alta: viene allora il dubbio che la copia di Palazzo Barberini non sia il dipinto del catalogo. Altri casi cruciali. Il Ritratto di Baldassarre Castiglione, di qualità altissima e con qualche piccolo pentimento, attribuito a Giulio Romano che potrebbe aver completato quello che Raffaello aveva cominciato. Rispetto al Baldassar Castiglione di Raffaello al Louvre non ha il cappello e ha un'alta iscrizione. La copia (in mostra) del Ritratto di Giulio II Della Rovere di Raffaello, considerato perduto. Ha varianti significative rispetto alle copie agli Uffizi e a Pitti. Nella collezione era considerato di Sebastiano del Piombo. Un nodo che solo un restauro potrà sciogliere. In mostra c'è anche il grande quadro Papa Leone X con i due cardinali Giulio dè Medici e Innocenzo Cybo. Una iscrizione sul retro della tela ricorda che è una variante di Giuliano Bugiardini del capolavoro di Raffaello agli Uffizi. Con la testa del cardinale Dè Rossi sostituita da quella di Cybo. Insomma ci sarà molto da indagare. (Goffredo Silvestri)

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